Critica al COEMM e spunti riflessivi

Aperto da Voltaire, 02 Novembre 2016, 23:02:41 PM

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sgiombo

Citazione di: Apeiron il 03 Novembre 2016, 18:45:57 PM


Tuttavia, secondo me, alcuni diritti sono inviolabili, come quello della vita (legittima difesa a parte ).
CitazionePer me la legittima difesa non é una negazione o una deroga, bensì un' affermazione del diritto alla vita (intendo dire la legittima difesa correttamente intesa; e anche se sentenze per me scandalosissime hanno assolto indebitamente per pseudo-"legittima difesa" chi ha inseguito un ladro in fuga e lo ha ucciso, come se il furto -o magari il "tentato furto"- meritasse la pena di morte, comminata sui due piedi senza processo; un po' come il superterrorista Obama -non per niente insignito di quell' autentico marchio di infamia che é il cosiddetto Premio Nobel "per la pace" fa ogni settimana decretando chi i suoi letali droni elimineranno in compagnia di persone che casualmente siano nei paraggi).

Comunque é una discussione interessante.
E ancora una volta, se devo dire la mia, dico che concordo soprattutto con Sariputra, (malgrado il molto che mi diversifica dalle sue convinzioni; molto ma forse non molto importante...); ma anche con Apeiron ("e chissenefrega?" Penserete giustamente: interessante é sentire argomenti pro e contro una tesi, non mere professioni di adesione; avete ragione: chiedo scusa).

Apeiron

@sgiombo,

La questione della legittima difesa l'ho scritta perchè in apparenza negherebbe il diritto alla vita dell'aggressore. Tuttavia in questo caso se non si agisse si negherebbe il diritto alla vita della vittima. Quindi in questo caso il "diritto alla vita" non si applica. Questo era il mio pensiero quando ho scritto "legittima difesa".

Comunque è anche vero quello che dici tu: potrebbe anche essere vista come un'affermazione del diritto visto che l'aggressore voleva toglierlo alla vittima e non il contrario.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

@ Apeiron scrive:

La tua definizione di dignità è la migliore, tuttavia secondo me si sovrebbe dire così: "ogni essere che può soffrire ha dignità". Tuttavia non è propriamente una definizione di dignità, si sta qui solo dicendo che si "possiede dignità". Non si può definire a mio giudizio la dignità perchè l'etica deve essere "assoluta".

Sono d'accordo, è un possedere dignità perché ci accomuna una stessa sorte, una sofferenza che ci lega, per così dire. Non è propriamente una definizione, ma forse una "qualità" della dignità e questa qualità ci deve responsabilizzare verso l'altrui soffrire. L'introduzione di questa qualità mi sembra possa superare la barriera del considerare la dignità qualcosa che spetta solo a noi, come esseri umani.
Sono anche d'accordo sul fatto che, quanto più un lavoro o un impegno ti "realizza" ( non mi piace molto il termine...direi "ti fa sentire meno insoddisfacente la vita") tanto più la tua vita sembra nobilitarsi ( o acquistare più dignità). In questo caso però è la vita che meni che diventa il soggetto e non la persona, a cui spetta la dignità indipendentemente dalla vita stessa che mena. La vita può essere più o meno dignitosa, non la persona.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Duc in altum!

**  scritto da Voltaire:
CitazioneQuesto secondo me è sbagliato perché è attraverso il lavoro che l'essere umano si esplica, acquista dignità, diventa essere umano
Questa sentenza può andar bene, può essere cosa buona e giusta, solo per chi ha fede nel materialismo, nel consumismo, o per chi ha scritto all'ingresso di Auschwitz: Arbeit macht frei (dal tedesco: 'Il lavoro rende liberi')

CitazionePotete dire che un nullafacente abbia una dignità? Uno che sta tutto il giorno a far niente?
«Tutti credono che far niente sia una cosa facile, ma bisogna vedere questo niente come lo fanno. Socrate, Platone, Diogene, non facevano niente tutto il giorno, ma quel niente lo facevano in modo perfetto». - Eduardo De Filippo


CitazionePotete dire che un uomo in miseria, che vive sotto i ponti facendo la carità sia veramente un uomo? Dov'è la sua umanità? Cosa lo rende uomo?

Ormai il lavaggio del cervello delle istituzioni sulle masse è tale che riescono a convincerli che un buon piatto di pasta è quello dove prima si gratta il parmigiano, poi si versa il ragù, ed infine si aggiunge la pasta scolata in cima.  ???

E dov'è l'umanità di colui che con il suo lavoro/guadagno ha permesso, infischiandosene, che l'altro giunga alla povertà (giacché la miseria è un'altra cosa)?  >:(

CitazioneLa specie? Sono i suoi diritti umani a renderlo tale?

Non solo che senza diritti umani l'uomo non può essere tale, ma l'uomo può riconoscersi davvero degno, solo in proporzione all'amore caritatevole che sviluppa verso di sé e che elargisce al prossimo.

Come può sentirsi con dignità un uomo che per disperazione lavora a nero e sottopagato o pagato con i voucher?!?!
Come può avere dignità chi lavora grazie ad una raccomandazione e non per merito proprio (non tralasciando che forse il suo posto di lavoro era di quello che è finito a elemosinare sotto i ponti)??!!!
Ecc. ecc..... :-X

Come puoi ben accertare, il lavoro "non sempre" nobilita l'uomo, quindi, oggettivamente, purtroppo o grazie a Dio, non è il fondamento della dignità della specie.

Sono d'accordo con il COEMM: prima i diritti e poi il lavoro.
Infatti l'Italia non è una repubblica fondata sul lavoro, - questo è un bello slogan, questa è la giustificazione affinché il popolo faccia un mutuo anche per la pensione (madre mia!!   :'( ) - ma sul lavoro degli altri!!


La delicatezza e la dignità non s'imparano dal maestro di ballo (e, aggiungo, al lavoro) ma alla scuola del cuore.
(Fëdor Dostoevskij)
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Sariputra

@ Duc
Sono d'accordo con molto di quello che hai scritto.
Secondo te a  un'entità immateriale del forum, come siamo noi, che tipo di dignità potremmo assegnarli? Io non sono Sariputra, eppure c'è Sariputra. Tu non sei Duc in Altum, eppure c'è un'entità Duc in Altum. Sgiombo sembra che fosse Sgiombo realmente ( ma questo è un altro discorso...). E' chiaro che noi non siamo al 100% Sariputra, Sgiombo, Duc,Green, Jean ecc. eppure lo siamo in un certo senso. Queste entità immateriali, virtuali, hanno una dignità o bisogna sempre pensare alla dignità di chi scrive con quel nick? Ma quello che scrive non è al 100% l'entità virtuale. Si potrebbe postulare una dignità virtuale?
Sulla strada del bosco
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Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

#20
Citazione di: Sariputra il 04 Novembre 2016, 12:22:21 PM@ Duc Sono d'accordo con molto di quello che hai scritto. Secondo te a un'entità immateriale del forum, come siamo noi, che tipo di dignità potremmo assegnarli? Io non sono Sariputra, eppure c'è Sariputra. Tu non sei Duc in Altum, eppure c'è un'entità Duc in Altum. Sgiombo sembra che fosse Sgiombo realmente ( ma questo è un altro discorso...). E' chiaro che noi non siamo al 100% Sariputra, Sgiombo, Duc,Green, Jean ecc. eppure lo siamo in un certo senso. Queste entità immateriali, virtuali, hanno una dignità o bisogna sempre pensare alla dignità di chi scrive con quel nick? Ma quello che scrive non è al 100% l'entità virtuale. Si potrebbe postulare una dignità virtuale?
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Duc in altum!

**  scritto da Sariputra:
CitazioneSecondo te a un'entità immateriale del forum, come siamo noi, che tipo di dignità potremmo assegnarli?
Beh, penso che non ci sia bisogno di essere immateriali nel forum per crearsi una dignità apparente o virtuale, questo accade già, quotidianamente, nelle relazioni interpersonali (familiari comprese).


Senti questa (tratto da una storia reale di Duc in altum!): domenica scorsa, incontro durante una ricerca in facebook, così come faccio da tempo, un vecchio amico delle superiori, e non avendo l'amicizia gli mando un messaggio privato dove, anche se avendo ormai la certezza che è lui, gli chiedo, se avesse frequentato 35 anni prima quel determinato istituto, e se, siccome l'abbiamo fatto per 4 anni, era solito trascorrere i filoni agli scavi di Pompei a cercare di sedurre le turiste francesi e tedesche.
Lui non poteva sapere chi era che gli inviasse il messaggio delatore, e quindi mi aspettavo, come prima sua risposta: "...sì, andavo a quella scuola, ma tu chi sei?!...", invece, quasi casco dalla sedia sia per lo stupore che per la risata, mi risponde (aspetta ti faccio un copia/incolla in diretta): "...Ciao sono proprio io ma non farlo sapere ai miei figli che facevo filone negli scavi Io per loro sono sempre stato un padre che a scuola andavo volentieri è un alunno sempre presente Anche se gli ho insegnato che se non hanno voglia quella mattina o perché se non si sentono preparati di dirmelo e rimanere ne letto a dormire invece di filonare..."
Da non tralasciare che per le nostre assenze e la nostra condotta non solo non ci siamo diplomati, ma ci hanno espulsi dall'istituto.
Vaglielo a dire, a questo vecchio ( e forse oggi ambiguo) amico, che forse il lavoro non è la dignità dell'uomo, giacché ancora, dopo 5 giorni, per questa sua doppiezza, non so ancora cosa e come rispondergli.  :-[
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Voltaire

Citazione di: Duc in altum! il 04 Novembre 2016, 10:43:55 AM
**  scritto da Voltaire:
CitazioneQuesto secondo me è sbagliato perché è attraverso il lavoro che l'essere umano si esplica, acquista dignità, diventa essere umano
Questa sentenza può andar bene, può essere cosa buona e giusta, solo per chi ha fede nel materialismo, nel consumismo, o per chi ha scritto all'ingresso di Auschwitz: Arbeit macht frei (dal tedesco: 'Il lavoro rende liberi')


(scrivo nello spazio dedicato ai codici perchè credo che così si visualizzino meglio le mie risposte)

Citando me stesso:
"Io non dico (o almeno non volevo dire) che l'uomo ha una dignità finché compie un lavoro.[color=#000000][size=1][font=verdana, sans-serif][/font][/size][/color]
Ciò che intendevo è che il lavoro esporta la dignità dell'uomo nella sua vita. [color=#000000][size=1][font=verdana, sans-serif][/font][/size][/color]
Voi sostenete che la dignità sia intrinseca all'uomo, e sono d'accordo con voi. Quel che io dico è che questa dignità intrinseca è astratta, non si realizza nella realtà direttamente, ma tramite il lavoro."




CitazionePotete dire che un nullafacente abbia una dignità? Uno che sta tutto il giorno a far niente?
«Tutti credono che far niente sia una cosa facile, ma bisogna vedere questo niente come lo fanno. Socrate, Platone, Diogene, non facevano niente tutto il giorno, ma quel niente lo facevano in modo perfetto». - Eduardo De Filippo

Come già detto un lavoro per essere tale non deve essere necessariamente retribuito ma, come suggerisce l'origine latina del termine (labor= fatica), essere frutto di fatica


CitazionePotete dire che un uomo in miseria, che vive sotto i ponti facendo la carità sia veramente un uomo? Dov'è la sua umanità? Cosa lo rende uomo?

Ormai il lavaggio del cervello delle istituzioni sulle masse è tale che riescono a convincerli che un buon piatto di pasta è quello dove prima si gratta il parmigiano, poi si versa il ragù, ed infine si aggiunge la pasta scolata in cima.  ???

E dov'è l'umanità di colui che con il suo lavoro/guadagno ha permesso, infischiandosene, che l'altro giunga alla povertà (giacché la miseria è un'altra cosa)?  >:(
Io credo di saper rispondere alla tua domanda ma non posso dire lo stesso di te.
La dignità di " colui che con il suo lavoro/guadagno ha permesso, infischiandosene, che l'altro giunga alla povertà (giacché la miseria è un'altra cosa)"  sta proprio nel luogo ove abita: "intrinsecamente nell'uomo"



CitazioneLa specie? Sono i suoi diritti umani a renderlo tale?

Non solo che senza diritti umani l'uomo non può essere tale, ma l'uomo può riconoscersi davvero degno, solo in proporzione all'amore caritatevole che sviluppa verso di sé e che elargisce al prossimo.


Come può sentirsi con dignità un uomo che per disperazione lavora a nero e sottopagato o pagato con i voucher?!?!
Come può avere dignità chi lavora grazie ad una raccomandazione e non per merito proprio (non tralasciando che forse il suo posto di lavoro era di quello che è finito a elemosinare sotto i ponti)??!!!
Ecc. ecc..... :-X

Difatti credo di dover specificare la caratteristicha del lavoro che ti "rende umano"
Questa è:
Il lavoro in questione deve essere espressione della propria volontà, la necessità di sopravvivere o l'obbligo di svolgere un lavoro non sono espressione della propria volontà ma dei propri bisogni
Per come la vedo il fantomatico "minatore peruviano" svolge la stessa vita, e questa ha pari dignità, di quella di un leone affamato che si ciba delle prede.



Come puoi ben accertare, il lavoro "non sempre" nobilita l'uomo, quindi, oggettivamente, purtroppo o grazie a Dio, non è il fondamento della dignità della specie.

Non ne è il fondamento ma "funzione esportatrice", riconosco i valori intrinsechi all'uomo, ma li vedo come astratti e non realizzati nella realtà

Sono d'accordo con il COEMM: prima i diritti e poi il lavoro.
Infatti l'Italia non è una repubblica fondata sul lavoro, - questo è un bello slogan, questa è la giustificazione affinché il popolo faccia un mutuo anche per la pensione (madre mia!!   :'( ) - ma sul lavoro degli altri!!


La delicatezza e la dignità non s'imparano dal maestro di ballo (e, aggiungo, al lavoro) ma alla scuola del cuore.
(Fëdor Dostoevskij)

Duc in altum!

**  scritto da Voltaire:
CitazioneLa dignità di " colui che con il suo lavoro/guadagno ha permesso, infischiandosene, che l'altro giunga alla povertà (giacché la miseria è un'altra cosa)"  sta proprio nel luogo ove abita: "intrinsecamente nell'uomo"
? ? ?

Citazione"Io non dico (o almeno non volevo dire) che l'uomo ha una dignità finché compie un lavoro.
Ciò che intendevo è che il lavoro esporta la dignità dell'uomo nella sua vita.
Nooone!! Non è un principio oggettivo. E' un'idea generata da chi dirige (lavorando poco o quasi nulla), nei confronti di chi subisce il lavoro.
Il lavoro è un mezzo non un fine, mentre la dignità è un fine e non un mezzo.
Se il lavoro esportasse la dignità dell'uomo nella vita, come farebbe a esportarla chi non lavora, o chi decide, convenientemente (mica è peccato non lavorare),  di non voler lavorare??
Quindi, ribadisco, puoi pensare che sia così nella tua esperienza esistenziale, ma se vivessi in Corea del Nord o a Cuba, vorrei vedere se ancora la penseresti così.

CitazioneIl lavoro in questione deve essere espressione della propria volontà

Altra conferma che il lavoro (siccome la stragrande maggioranza della popolazione mondiale non fa il lavoro che gli piace, ma quel che trova per sbarcare il lunario, per sopravvivere), non nobilita, né concede dignità all'uomo. A qualcuno forse sì, ma speriamo che poi in famiglia non sia come il mio vecchi amico dell'aneddoto sovrascritto. Altrimenti siamo punto e accapo
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Voltaire

Duc in altum! credo che tu mi stia fraintendendo oppure che io non stia capendo la tua posizione.


CitazioneIl lavoro è un mezzo non un fine, mentre la dignità è un fine e non un mezzo.
Mai detto e mai inteso il contrario

CitazioneSe il lavoro esportasse la dignità dell'uomo nella vita, come farebbe a esportarla chi non lavora, o chi decide, convenientemente (mica è peccato non lavorare),  di non voler lavorare??
Nella mia concezione di lavoro, una vita in cui non lo si è conosciuto non si può dire che abbia un valore, è una vita vuota quella senza lavoro

CitazioneQuindi, ribadisco, puoi pensare che sia così nella tua esperienza esistenziale, ma se vivessi in Corea del Nord o a Cuba, vorrei vedere se ancora la penseresti così.
Beh magari se vivessi in Africa penserei che la dignità sia una pianta

Duc in altum!

**  scritto da Voltaire:
CitazioneNella mia concezione di lavoro, una vita in cui non lo si è conosciuto non si può dire che abbia un valore, è una vita vuota quella senza lavoro
Esatto, io non ti fraintendo, ti comprendo perfettamente, purtroppo non sei il solo a pensarla così.
Perciò sto cercando di dirti che una vita vuota è quella in cui non si ha amato e non quella dove non si ha lavorato.

Ripeto l'esempio: Platone non ha mai lavorato, vorresti forse farmi credere che la sua vita abbia meno valore della mia?? ...o che la sua sia stata una vita vuota?!?!
Non è difficile da capire.
Inoltre, se può servirti, ho un amico hippie che gira il pianeta da 45 anni, ha iniziato a 18, prova a parlargli di pensione, contributi, sindacato, del valore intrinseco alla dignità del lavoro, e vedrai le risate che si fa. Eppure, è talmente conscio del suo valore morale (che ripeto non è direttamente proporzionale con lo "sgobbare"), garantito dal suo rispetto alla natura, agli uomini e a se stesso, che il suo comportamento dovrebbe essere preso a modello per chi lavora, ma non ha dignità.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

Voltaire

Citazione di: Duc in altum! il 04 Novembre 2016, 21:48:04 PMPerciò sto cercando di dirti che una vita vuota è quella in cui non si ha amato e non quella dove non si ha lavorato.
E in ciò ho un pensiero simile anche se per certo verso diverso

CitazioneRipeto l'esempio: Platone non ha mai lavorato, vorresti forse farmi credere che la sua vita abbia meno valore della mia?? ...o che la sua sia stata una vita vuota?!?!
Non è difficile da capire. 
Il lavoro di Platone anche se non retribuito o riconosciuto è uno dei più nobili

maral

#27
Non c'è dubbio che il discorso sul lavoro sia un discorso che si va facendo sempre più interessante, dati i tempi e merita di essere considerato per i suoi fondamentale aspetti sociali, politici ed esistenziali compresa la domanda fondamentale: si può vivere in una società senza lavoro? Quale lavoro ci attende?

Il lavoro è un valore? Direi di no, in senso universale. Ci sono stati tempi e luoghi in cui il lavoro non era per nulla un valore (in una società aristocratica dover lavorare per vivere è degradante, come è degradante essere attendere di essere pagati per il lavoro che si svolge) e biblicamente il lavoro è una maledizione divina (anche se poi in Occidente, in era moderna, agli inizi del pensiero scientifico, questa maledizione è stata vista implicante il riscatto salvifico del genere umano). Oggi direi che il lavoro sta diventando sempre più un privilegio da conquistare, anche il lavoro più abbruttente e degradante (grande furbizia del capitale che così si risparmia pure la pena e la spesa di cercare schiavi, dato che li trova volontari, tra loro competitivi e in grande abbondanza).
Il significato valoriale del lavoro inizia con l'affermarsi del modo di pensare e di vivere borghese. Ecco che allora entra in gioco il significato di dignità legata a quello che si dimostra di saper fare, cosa che implica che fondamentalmente, prima di saper fare non vi sia alcuna dignità nella esistenza in sé. Il lavora instaura la dignità nell'essere umano che si rivela a se stesso, mediante il proprio lavoro, capace di conquistarsi la propria autonomia esistenziale, di costruirsela con le proprie mani senza dipendere da nessun altro che da se stesso. In tal modo il lavoro è lo strumento di realizzazione della propria individualità autentica, della propria libera ontogenesi e letteralmente, a questo punto, per vivere occorre lavorare.
Green Demetr giustamente dice che il soggetto si viene a conoscere (conosce se stesso) nel suo rapporto con l'oggetto, il lavoro costruisce questo rapporto ed è sempre il lavoro che costruisce una relazione pubblica tra soggetti che reciprocamente si rispettano e si ammirano per quello che sono capaci di fare l'uno per l'altro: è il lavoro che permette l'esistenza di una società, di un senso oggettivo della realtà e di una stabilità di se stessi in questa realtà, non vi è dubbio.
Ma, ammettiamolo, c'è lavoro e lavoro, questo è il punto, e non tutti i lavori vanno nella direzione della dignità, anzi direi che questo accade sempre di meno, perché la necessità di un continuo incremento di potenza non richiede dignità, anzi. Senza dubbio il lavoro intellettuale, il lavoro del poeta, il lavoro del filosofo, che diano a loro o meno di ché vivere sono lavori a tutti gli effetti, sono dello stesso tipo dei lavori dello scienziato, dell'artigiano, del bravo tecnico e operaio che ci mette l'anima in quello che fa, fosse anche stringere un bullone in una catena di montaggio, finché quel bullone gli restituisce una dignità in cui può riconoscersi, ma purtroppo non è così in generale. Ed è senza il sentimento di questa dignità che si può solo essere dei miserabili, anche se si può vivere di rendita anziché dipendere dall'altrui elemosina.
Prima di dire che il lavoro dà dignità all'uomo ed è quindi un valore universale occorrerebbe analizzare e definire il tipo di lavoro di cui si parla e forse anche il tipo di uomo che quel lavoro costruisce, fermo restando che senza lavoro non ci si può sentire comunque liberi. Quello che c'era scritto all'entrata dei campi di sterminio era purtroppo vero: il lavoro rende liberi. E' perché è vera che quella frase rispecchia tutto l'orrore e la nefandezza schifosa a cui riesce a giungere e anche piuttosto spesso l'essere umano (ad Auschwitz, come in un gulag in Siberia, in una fabbrica che lavora per la Apple in Cina o in una miniera di Coltan in Congo non fa molta differenza).

sgiombo

Citazione di: maral il 05 Novembre 2016, 22:53:07 PM
Il significato valoriale del lavoro inizia con l'affermarsi del modo di pensare e di vivere borghese. Ecco che allora entra in gioco il significato di dignità legata a quello che si dimostra di saper fare, cosa che implica che fondamentalmente, prima di saper fare non vi sia alcuna dignità nella esistenza in sé. Il lavora instaura la dignità nell'essere umano che si rivela a se stesso, mediante il proprio lavoro, capace di conquistarsi la propria autonomia esistenziale, di costruirsela con le proprie mani senza dipendere da nessun altro che da se stesso. In tal modo il lavoro è lo strumento di realizzazione della propria individualità autentica, della propria libera ontogenesi e letteralmente, a questo punto, per vivere occorre lavorare.

CitazioneConcordo e personalmente ritengo (da marxista) un progresso di civiltà di cui siamo debitori alla borghesia mercantile, artigianale e manifatturiera e "protocapitalistica" (la borghesia nella sua ormai remotissima fase progressiva e rivoluzionaria da gran tempo tramontata) questo passaggio dall' attribuzione di dignità umana dai natali al personale operare.
Il che non esclude che anche nell' antichità nobili e aristocratici talora non fossero dei semplici parassiti ma operassero con molta dignità umana; questo si può dire, oltre che di filosofi da me più apprezzati e forse perfino del da me disprezzato Platone, dello stesso Aristotele che spesso viene citato (non saprei dire con quale fondamento: per me è un semplice "sentito dire") come esplicito teorizzatore dell' essere degradante e indegno di un uomo realizzato il dover lavorare per vivere e l' attendere di essere pagati per il lavoro che si svolge.


Green Demetr giustamente dice che il soggetto si viene a conoscere (conosce se stesso) nel suo rapporto con l'oggetto, il lavoro costruisce questo rapporto ed è sempre il lavoro che costruisce una relazione pubblica tra soggetti che reciprocamente si rispettano e si ammirano per quello che sono capaci di fare l'uno per l'altro: è il lavoro che permette l'esistenza di una società, di un senso oggettivo della realtà e di una stabilità di se stessi in questa realtà, non vi è dubbio.

CitazioneNemmeno per me.
Il "lavoro in senso biblico" (o la fatica alla latina), cioè il doversi sacrificare e dovere svolgere attività non affatto piacevoli e gratificanti in sé ma solo come mezzi indispensabili per conseguire ben altri fini desiderabili, oltre che per la stessa sopravvivenza che è condizione di qualsiasi possibile soddisfazione, può (in teoria e "di per sé" non per tutti, non equamente) essere limitato dai progressi della tecnica (soprattutto) e della scienza, ma mai completamente essere eliminato: sarebbe "contro natura", "sopra-" o "preter-" naturale, se per assurdo accadesse (e infatti lo scientismo, che ideologicamente lo promette a vantaggio delle classi dominanti privilegiate e parassitarie, é irrazionalismo, non molto diverso dalla superstizione e dalla religione; anzi, per certi versi molto peggiore).

E la sua più o meno equa ripartizione (oltre che la sua riduzione in sinergia con i progressi della tecnica con la quale sono in rapporto di complesso condizionamento reciproco) dipende dagli assetti sociali (e dunque in determinante misura dalla lotta di classe).

Ma ogni progresso tecnico e scientifico (e probabilmente anche puramente sociale) è inevitabilmente relativo, limitato, comportando anche effetti collaterali non desiderati e indesiderabili (i quali oggi comprendono perfino la –scusate l' ennesima ripetizione del concetto- estinzione prematura e di sua propria mano dell' umanità; oltre che di moltissime altre specie biologiche).


Ma, ammettiamolo, c'è lavoro e lavoro, questo è il punto, e non tutti i lavori vanno nella direzione della dignità, anzi direi che questo accade sempre di meno, perché la necessità di un continuo incremento di potenza non richiede dignità, anzi.

CitazioneSecondo me (da convinto seguace del materialismo storico) perché i rapporti di forza nella lotta di classe sono pessimi (per le classi lavoratrici) e gli attuali assetti sociali oggettivamente sono ormai abbondantemente superati dallo sviluppo delle forze produttive, sono "in avanzato stato di putrefazione".

anthonyi

No, non credo che la dignità sia nel lavoro, d'altronde sappiamo l'ambiguità retorica del primo articolo della Costituzione, fatto per dare un contentino alle sinistre di allora.
Naturalmente c'entra anche il fatto che, come il Sari, non ho un lavoro anche perché devo pensare a cose più importanti, ma sarebbe lungo.
Per me la dignità è la coscienza dell'altrui coscienza. Quando ti accorgi che fuori di te c'è un altro che, come te, vive, gioisce, soffre, diventa naturale volere per l'altro quello che si reputa buono per noi, da questo nasce ogni diritto individuale.

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