Credete nel libero arbitrio?

Aperto da Socrate78, 25 Dicembre 2020, 17:21:25 PM

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Alexander

#75

cit.Parlare ragionevolmente di una libertà relativa, condizionata, etc. non esenta dall'onere della prova che tale "libertà parziale" ci sia davvero, provando a spiegare come si fonda, in cosa consiste, etc. con tutte le difficoltà del caso.

La  prova è evidente: sei in gabbia non puoi andare a mangiare il gelato; sei in libertà condizionata puoi andarci. Il poterlo fare è la prova. Voglio mangiare un gelato e  posso farlo perché sono in libertà condizionata;voglio mangiare un gelato e non posso farlo perché sono chiuso in gabbia. Non ho questa libertà.


cit.Supporre che in teoria potrei anche fare scelte differenti (perché ci sono condizioni esterne che sembrano consentirlo), non dimostra che in pratica tale possibilità ci sia davvero, soprattutto alla luce di tutti i suddetti condizionamenti che descrivono una volontà non proprio "libera", che pare elaborare un'infinità di stimoli condizionanti, più che scegliere liberamente (parlo, come sempre, di interna libertà di volere, non libertà di muoversi o gradi di libertà esterna concessa, come nel caso del carcerato).


Non dimostra neppure il contrario però.Infatti la possibilità esiste: voglio andare a prendermi il gelato oppure...un caffè, o un'aranciata.Sono in gabbia, voglio un gelato, ma ricevo la "sbobba" giornaliera che non voglio. La possibilità di scegliere mi rende più libero. Più possibilità di scelta uguale maggiore libertà. Teoricamente se potessi far coincidere totalmente la mia volontà con le mie possibilità sarei totalmente libero, ma ciò è evidentemente impossibile. "L'interna volontà" è ciò che sceglie.Aggiungiamo che questa volontà dialoga costantemente con la ragione. Voglio prendere un gelato, ma la ragione mi dice di non farlo perché sono diabetico, ecc.Fa a pugni spesso anche con se stessa.
Secondo te non è libera perché determinata da altro. Secondo me invece è libera in relazione alle sue possibilità  di scelta. Tu vedi la "libertà" (che non c'è secondo te perché determinata da altro) come uno stato intrinseco, che non dovrebbe essere  condizionato da nulla per essere "vera libertà". Io come una possibilità partendo dalle condizioni.
Spero ci siamo chiariti.

Donalduck

#76
Citazione di: bobmax il 04 Gennaio 2021, 16:06:28 PM
Di modo che non sono solo io a dovermi aprire...
Qui nessuno deve fare nulla. Sei stato tu a parlare di aprirsi e ti ho dato un suggerimento solo perché avevo l'impressione che fosse un tuo bisogno. Non sarò certo io a cercare di convincerti a fare alcunché.
Citazione
Citazione
Rispondere a cosa? Ho già detto e ripetuto che considero quello che tu chiami "fenomeno trascendente" come qualcosa che, qualunque sia la sua modalità di esistenza, si situa oltre i confini della razionalità. Con queste premesse, su di esso si possono solo fare domande senza senso a cui dare risposte senza senso.
Ma è proprio questo che ti sto chiedendo!
La libera volontà per te esiste perché fenomeno trascendente?
Come fai a motivare l'esistenza del libero arbitrio?
E' un fenomeno trascendente?
Quindi, in sostanza, dopo che ti ho spiegato che per me tutte le domande che riguardano cose che non sono afferrabili dalla razionalità sono senza senso, un inutile agitarsi della mente senza la minima probabilità di arrivare a nulla, continui a farmi domande che per me sono senza senso. Complimenti per il modo in cui porti avanti un "confronto".
Io non motivo in nessun modo l'esistenza del libero arbitrio, perché appunto non ha nessun mezzo per motivare nulla, se non in un determinato e limitato contesto, e cercare motivazioni assolute, come ho ripetuto fino alla nausea, lo considero insensato.
E credo che sia altrettanto futile appiccicare etichette come "trascendente" a qualcosa che sta fuori della portata del pensiero razionale. Cosa aggiungerebbe quest'etichetta? Per come la penso, niente del tutto, se non l'illusione di sapere qualcosa di qualcosa di cui non si sa nulla.
Il libero arbitrio (o volontà; per me, come ho spiegato, sono sinonimi)  mi limito a "constatarlo", l'ho già detto chiaramente, e non ritengo di avere alcun mezzo per fare nient'altro. Esiste non "perché fenomeno trascendente", ma perché lo vedo in azione.
E non è che lo senta particolarmente "mio", come del resto tutto ciò che si svolge nello scenario della coscienza. C'è, e basta.
Citazione
I paradossi di Zenone evidentemente non dimostrano l'impossibilità del movimento, ma la constatazione che il movimento è possibile solo in quanto non c'è nessuna cosa distinta dall'altra.
I paradossi di Zenone, come tutti gli altri paradossi, dimostrano solo che l'esistenza in generale è paradossale, e che è inutile affannarsi a voler capire razionalmente i paradossi, a voler superare i limiti della razionalità usando la razionalità (o qualcosa che pretende di esserlo), come stai facendo tu. La coperta è sempre troppo corta, e se cerchi di eliminare una contraddizione, una negazione dell'esperienza, ricadrai inevitabilmente su un'altra.
Quello che possiamo fare con la razionalità è selezionare degli aspetti dell'esperienza, osservarli, studiarli e organizzarli secondo dei criteri logici. Con l'esistenza in senso globale, è inutile stare a cercare spiegazioni, motivazioni, cause, è evidente (almeno per me) che non c'è alcuna possibilità di arrivare a nulla. Ma, se dopo che ho ripetuto innumerevoli volte queste cose siamo sempre al punto di partenza, significa che abbiamo esaurito quanto avevamo da dirci sull'argomento.
Citazione
Perché un conto è usare l'infinito per giungere al limite del razionale, dove il pensiero razionale è costretto a fermarsi e l'anima ha l'occasione per aprirsi.
E torniamo da capo. Come ho già detto, dato che parli di questo "aprirsi", che ovviamente sai solo tu cosa significa (almeno spero), anziché continuare a parlarne non lo mostri, in modo che anche altri possano capire cosa vuoi dire? A che serve parlare di cose evidentemente non facenti parte di esperienze condivise? A che pro tutte le tue allusioni, evocazioni, i tuoi termini con le iniziali maiuscole? Dove vuoi arrivare? Dopo tanti post, la cosa, per quanto mi riguarda, risulta altrettanto oscura che all'inizio.

Phil

Citazione di: Alexander il 04 Gennaio 2021, 23:24:42 PM
cit.Parlare ragionevolmente di una libertà relativa, condizionata, etc. non esenta dall'onere della prova che tale "libertà parziale" ci sia davvero, provando a spiegare come si fonda, in cosa consiste, etc. con tutte le difficoltà del caso.

La  prova è evidente: sei in gabbia non puoi andare a mangiare il gelato; sei in libertà condizionata puoi andarci. Il poterlo fare è la prova.
Il poterlo fare dimostra la possibilità di farlo, non la libertà di volerlo.
Ribadisco che ho sempre "mirato" alla libertà di volere, non di movimento (v. discriminazione interno/esterno), anche quando ne chiedo evidenze o argomentazioni (ancora mancanti: il prendere un gelato non dimostra che avrei potuto davvero volere altrimenti; sottolineo: «volere», non «fare»).

A scanso di equivoci: non mi sembra di aver mai inteso la libertà come «uno stato intrinseco, che non dovrebbe essere condizionato da nulla per essere "vera libertà"»(cit.). Tutto il mio mettere in questione l'attendibilità del concetto di «libertà» ti ha portato a delineare questa "mia" idea di libertà assoluta e incontaminata? Paradossale. Al contrario: proprio non avendo idea di come si possa corroborare la libertà di volere, mi limito a chiedere, a chi ne sostiene l'esistenza, come la prova, la spiega, la fonda, la giustifica, in quanto libertà (non di movimento) condizionata (ma che essendo libertà eccede tali condizionamenti).
L'esistenza di differenti possibilità di scelta esterne non implica (né dimostra) che la scelta interna, della volontà, sia parzialmente libera (mentre abbiamo detto che i condizionamenti sono oggettivi e dimostrati...). Semplificando per chiarirci meglio: se sono scettico sulla libertà della volontà, posso motivarlo facendo appello a tutti i condizionamenti citati; se invece credo in una volontà "condizionatamente libera", a cosa mi appello per spiegarne la parziale libertà (escludendo presupposizioni ed indebite "esternalizzazioni")?

Alexander

Andare a prendere il gelato non è solo "libertà di movimento", è realizzazione della mia volontà. Se posso andarci realizzo la mia volontà, se non posso non la realizzo. E' evidente. Strano che tu non lo capisca. La "libertà di volere" si scontra sempre con la possibilità di realizzare. Altrimenti rimane un desiderio irrealizzabile.E cosa significa "libertà di volere"?  Una libertà che non sia condizionata? Abbiamo visto che non c'è. Sono le condizioni stesse che determinano il grado possibile di realizzo della volontà. Io sento che voglio, non sento le ipotetiche condizioni del mio volere. Ho evidenza del mio volere, non delle ipotetiche condizioni varie. E io lavoro su quelle condizioni, non le subisco meccanicamente come una macchina, interagisco con la mia ragione, le vaglio. La coscienza le osserva, ecc.

Phil

Se dunque le scelte sono condizionate, dalla volontà, dalla ragione, dall'inconscio, dalle possibilità esterne, etc. che a loro volta sono condizionate direttamente (ovvero senza alcun bisogno di regresso all'infinito) da altri fattori (le esperienze individuali precedenti, i vincoli dello specifico contesto, etc.), allora chiedo: dov'è e qual è, in tutto ciò, il fondamento della libertà?
Perché parliamo di «libertà condizionata» e non solo di «condizionamenti»? Cosa c'è di concreto che rende sensato parlare, nonostante l'oggettività dei condizionamenti, di «libertà (di/da)»?

Se non si risponde esplicitamente a questa domanda (filosofica) sul fondamento della libertà, mi pare sia possibile parlare di libertà solo presupponendola (come chi sostiene che l'esistenza dell'uomo sia una chiara evidenza di un dio creatore: lo presuppone già come creatore della vita, ma non lo dimostra; infatti pare non sia andata proprio così, sebbene il creazionismo sia stata per secoli una "verità ovvia"... similmente, oggi sembra ovvio che se compio scelte è perché sono libero, perché potrei scegliere diversamente, etc. sebbene una chiara risposta alla suddetta domanda venga sempre evitata, o deviata verso l'esterno, senza tuttavia che in esso vi sia traccia concreta della "libertà condizionata" individuale, ma solo dei condizionamenti).

Alexander

Cosa c'è di concreto che rende sensato parlare, nonostante l'oggettività dei condizionamenti, di «libertà (di/da)»?
La libertà di scegliere senza costrizioni esterne alla volontà stessa. E' semplicissimo.

La "libertà di volere", in mancanza di una possibilità di scelta, rimane semplicemente un desiderio. Tornando sempre all'esempio ormai famoso del carcerato: l'uomo in gabbia può desiderare di rivedere una persona che ama. E' libero di desiderarlo,  quindi di volerlo, ma non libero di farlo. La volontà, come passo successivo si scontra con le sbarre. Non potendo soddisfare il desiderio di rivedere la persona cara, viene privato di una libertà. Se invece gli è concessa una sola visita della persona, ecco che viene soddisfatto il desiderio realizzando una libertà, basata su quell'unica possibilità. Il carcerato in libertà condizionata invece può stare diverse volte al giorno con la persona cara, così da disporre di un maggior grado di libertà. Naturalmente l'uomo in gabbia desidera rivedere una persona cara, per esempio, e non di scavare gallerie come una talpa. Ed ecco le condizioni.

Un'azione volontaria si può dire "libera" quando non nasce da condizionanti fattori esterni (la costituzione mentale e comportamentale umana è un fattore interno invece). Ovviamente ci sono diversi gradi di questa libertà che saranno più elevati in rapporto alla conoscenza che il soggetto ha di tutte le particolare circostanze e implicazioni che contornano la scelta. Ad una più accurata conoscenza dei fattori esterni corrisponde quindi una maggiore libertà (di scelta).
Nell'esempio che portavi, in cui sostenevi che la persona che entrava dal gelataio era alla fine costretta (predeterminata) a scegliere il gusto fragola, piuttosto che quello cocco, questa costrizione diviene via via meno forte man mano che aumenta l'accuratezza delle informazioni di cui dispone il soggetto. Se entro con semplicemente un desiderio di fragola ossessivo, ho un grado di libertà minore che non se entro conoscendo tutte le caratteristiche organolettiche del gelato che vado a scegliere, in confronto agli altri gusti . Questa conoscenza aumenta la mia capacità di scelta e quindi libertà (alla fine però sono sempre libero di scegliere di uscire senza acquistare nessun gelato, ovviamente).
Nell'antichità la libertà consisteva nel "disporre di se stessi", cioè essere liberi e non schiavi, ed era quindi principalmente uno status giuridico.

Phil

Citazione di: Alexander il 05 Gennaio 2021, 12:17:26 PM
Cosa c'è di concreto che rende sensato parlare, nonostante l'oggettività dei condizionamenti, di «libertà (di/da)»?
La libertà di scegliere senza costrizioni esterne alla volontà stessa.
Le costrizioni esterne alla volontà stessa non sono forse numerose (essendo la volontà condizionata dai vissuti precedenti, dai neurotrasmettitori, dagli input del contesto, etc.)?
Affermare che la libertà di scegliere rende sensato parlare di libertà, non è un circolo vizioso?
Sostenere che l'uomo in gabbia è libero di desiderare l'incontro con la persona amata (ovvero potrebbe anche non desiderarlo) non è ciò che andrebbe dimostrato (non presupposto)?

Alexander

#82
Buon pomeriggio Phil



Se il desiderio d'incontrare ovvero di non incontrare viene negato dalle sbarre c'è la dimostrazione EVIDENTE della mancanza di libertà. Si dimostra che viene a mancare un bene desiderato , ossia si è costretti a privarsi del bene, questa privazione contro volontà della possibilità di scelta si definisce (in qualche modo dobbiamo definirla) come la mancanza di una libertà. A questo punto cosa si dovrebbe dimostrare? Che il desiderare la libertà dalla gabbia è condizionata? E' evidente anche questo, perché l'essere umano non è fatto per stare in una gabbia. Sembra quasi che sia il termine stesso "libertà" che ti scoccia, ma se non lo usassimo per descrivere la costrizione estrinseca che s'impone alla volontà, con che cosa lo sostituiamo?  Dovremmo dire:mi manca la condizione per esercitare la mia volontà? Libertà è anche un concetto culturale di ampio respiro, che non riguarda solamente la volontà del singolo, ma più in generale quella di un popolo, di un'etnia, di una categoria, ecc.
Quindi il termine "libertà" che chiarisce una certa posizione  a riguardo delle costrizioni è perfettamente sensato, a mio giudizio.
Certo non possiamo pretendere una "radiografia" della volontà.  (anche le radiografie sono interpretabili come amaramente constatato di persona).


Comunque mi sembra che ci siamo chiariti a vicenda le rispettive prospettive sull'argomento. Sto iniziando a ripetermi.

Phil

Citazione di: Alexander il 05 Gennaio 2021, 15:15:48 PM
questa privazione contro volontà della possibilità di scelta si definisce (in qualche modo dobbiamo definirla) come la mancanza di una libertà. [...] Sembra quasi che sia il termine stesso "libertà" che ti scoccia, ma se non lo usassimo per descrivere la costrizione estrinseca che s'impone alla volontà, con che cosa lo sostituiamo?  Dovremmo dire:mi manca la condizione per esercitare la mia volontà?
Evitando di "interpretare radiografie" (quindi di capire la causa del dolore o valutare la guarigione), trascurando dunque l'irrisolta questione filosofica del fondamento della libertà (concetto tanto diffuso ed utile quanto discutibile, come molti altri tipici della tradizione metafisica di cui siamo impregnati) e passando al piano più strettamente linguistico, direi che non c'è necessità di un (ulteriore) concetto per descrivere la situazione in cui «manca la condizione per esercitare la mia volontà»(cit.), perché esiste già il concetto di «possibilità».
Da notare, rispetto a quanto affermi sopra, che la libertà non ha un nesso necessario con la volontà: posso essere "libero" di compiere azioni che non voglio fare, etc. (sempre se ci rifiutiamo di mettere in discussione il fondamento di tale "libertà", dandola per scontata). Oltre a dire «non sono libero di», si può dire semplicemente «non posso»; in entrambi i casi potrò poi spiegare perché, qual è l'ostacolo, etc.. Pensa anche alla "libertà di espressione" (che poi, come tutte le "libertà", si scopre essere condizionata, piena di precondizioni, vincoli, etc.): "possibilità di espressione" suona certo meno aulica ed enfatica, ma il senso è pressoché lo stesso (anzi, se provi a sostituire «possibilità» a «libertà» in molti aforismi e discorsi, ti accorgerai come tale sostituzione ti costringa a chiarificarne il senso, rendendoli meno vaghi).
La «possibilità» mi pare un concetto meno ambiguo, più "fattuale" e constatabile della libertà, sia perché non è tenuta ad emanciparsi (seppur solo parzialmente) da innegabili ed oggettivi condizionamenti, sia perché non produce ambiziosi ideali che non si riesce poi a radicare facilmente su un terreno solido (certo, ormai è "tardi" per riscrivere codici della legge, poesie, categorie della forma mentis comune, etc. ma forse non è tardi per provare a capire, fenomenologicamente e criticamente, l'effettiva validità onto-logica e linguistica del concetto di «libertà»).

P.s.
Nulla di personale contro la libertà (magari indagherei con pari curiosità un altro concetto), avrei voluto solo collaudarne i fondamenti in un "allenamento maieutico".

Alexander

#84

Non trovo nulla di sbagliato nel fatto che un termine abbia un certo fascino. Può anzi aiutare, ispirare, spingere a..
Il suo fascino ha sicuramente aiutato in modo decisivo il progresso dell'umanità. Non vedo perché abbandonarlo in un momento storico in cui viene messo continuamente in atto un tentativo per diminuire e non per per spronare a cercare la diversificazione nelle scelte, ma anzi, al contrario, l'omologazione.
La libertà, come concetto, non è mai stato una gabbia. Anzi.
"Hai la possibilità di essere libero" ha ben altra forza che non "Hai possibilità di cambiare" ( tra l'altro tu ritieni non libera nemmeno la possibilità da quel che ho capito).

Ipazia

Libertà  è un concetto storicamente determinato come giustizia, uguaglianza, ricchezza, ... Che i metafisici, per quanto relativisti, legati come sono alle definizioni assolute, non ci si raccapezzino non deve stupire,  perché la libertà ha un ambito semantico troppo esteso per i loro sillogismi.

Alexander lo ha spiegato in lungo e in largo, ma i metafisici vogliono la formuletta che si incastri logicamente nel loro catechismo.

Non so Spartaco a cosa mirava, ma suppongo avesse a che fare con la libertà. Del tutto indifferente al fatto che questa parola, allora come ora, fosse incomprensibile per qualcuno, al punto da cercare di convincerlo che la libertà è una fallacia logica. Del resto anche con Zenone bastò portare il celebre  paradosso dalla sofistica alla realtà empirica perché il paradosso annichilisse. Continuando a vincere la tartaruga solo nel magico mondo della metafisica. Per pochi eletti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

donquixote

Citazione di: Phil il 05 Gennaio 2021, 17:24:02 PM
Citazione di: Alexander il 05 Gennaio 2021, 15:15:48 PM
questa privazione contro volontà della possibilità di scelta si definisce (in qualche modo dobbiamo definirla) come la mancanza di una libertà. [...] Sembra quasi che sia il termine stesso "libertà" che ti scoccia, ma se non lo usassimo per descrivere la costrizione estrinseca che s'impone alla volontà, con che cosa lo sostituiamo?  Dovremmo dire:mi manca la condizione per esercitare la mia volontà?
Evitando di "interpretare radiografie" (quindi di capire la causa del dolore o valutare la guarigione), trascurando dunque l'irrisolta questione filosofica del fondamento della libertà (concetto tanto diffuso ed utile quanto discutibile, come molti altri tipici della tradizione metafisica di cui siamo impregnati) e passando al piano più strettamente linguistico, direi che non c'è necessità di un (ulteriore) concetto per descrivere la situazione in cui «manca la condizione per esercitare la mia volontà»(cit.), perché esiste già il concetto di «possibilità».
Da notare, rispetto a quanto affermi sopra, che la libertà non ha un nesso necessario con la volontà: posso essere "libero" di compiere azioni che non voglio fare, etc. (sempre se ci rifiutiamo di mettere in discussione il fondamento di tale "libertà", dandola per scontata). Oltre a dire «non sono libero di», si può dire semplicemente «non posso»; in entrambi i casi potrò poi spiegare perché, qual è l'ostacolo, etc.. Pensa anche alla "libertà di espressione" (che poi, come tutte le "libertà", si scopre essere condizionata, piena di precondizioni, vincoli, etc.): "possibilità di espressione" suona certo meno aulica ed enfatica, ma il senso è pressoché lo stesso (anzi, se provi a sostituire «possibilità» a «libertà» in molti aforismi e discorsi, ti accorgerai come tale sostituzione ti costringa a chiarificarne il senso, rendendoli meno vaghi).
La «possibilità» mi pare un concetto meno ambiguo, più "fattuale" e constatabile della libertà, sia perché non è tenuta ad emanciparsi (seppur solo parzialmente) da innegabili ed oggettivi condizionamenti, sia perché non produce ambiziosi ideali che non si riesce poi a radicare facilmente su un terreno solido (certo, ormai è "tardi" per riscrivere codici della legge, poesie, categorie della forma mentis comune, etc. ma forse non è tardi per provare a capire, fenomenologicamente e criticamente, l'effettiva validità onto-logica e linguistica del concetto di «libertà»).

P.s.
Nulla di personale contro la libertà (magari indagherei con pari curiosità un altro concetto), avrei voluto solo collaudarne i fondamenti in un "allenamento maieutico".
In un altro 3d citavo alcune frasi tratte da "L'uno e la sua proprietà" di Stirner: una di queste era: "Non rivendico diritti; perciò non ne devo riconoscere alcuno. Ciò che posso prendere con la forza, con la forza lo prendo; a quello che non posso ottenere con la forza non ho nessun diritto, e non mi dò arie, né mi consolo parlando dei miei imperscrutabili diritti... Non m'interessa se ho diritto o no a una data cosa, se sono autorizzato o no a fare questo o quello; quando ho il potere, diritti e autorizzazioni me li prendo da solo, e non ho bisogno che me li riconosca un altro." Se i condizionamenti che muovono la volontà e la spingono ad agire sono irrilevanti (e quindi non giudicabili sotto nessun profilo) e contano solo quelli esterni all'agente allora la "libertà di scelta", che ovviamente io ritengo concetto ben più complesso della semplice possibilità (ma questo non conta) è assimilabile a "potere": se si ha il potere si è liberi, se non lo si ha non lo si è. Il potere dunque, economico, politico, militare, dialettico, intellettuale o di qualunque altro genere è la misura della libertà, e dato che chiunque nel mondo ritiene la libertà un concetto positivo tanto da auspicarne una sempre maggiore "quantità" chiunque eserciti il potere, dunque la libertà, in qualunque modo lo faccia diventa non solo questione non sindacabile, ma anzi auspicabile dato che se la "libertà di scelta" non sceglie, non viene espressa, non si concretizza in azioni nel mondo non ha più nemmeno senso. Appare superfluo fare esempi di come il "libero potere" si sia espresso in tante occasioni, è importante però sottolineare che chiunque ritenga che la libertà sia questa cosa qui,  non si permetta più di criticare qualunque "uomo libero" (dunque "uomo di potere") per le scelte che fa o le azioni che compie in nome della sua pura e semplice libertà di compierle. E non vale nemmeno citare quella sciocca frase senza senso attribuita a Bentham che afferma "La mia libertà finisce dove inizia quella degli altri", per il semplice fatto che la libertà degli altri risiede nel limite del loro potere di esercitarla, ma se il mio maggior potere mi permette di conculcarla potrò "liberamente" farlo, incluso impedir loro di lamentarsi perchè tali lamentele mi provocano un fastidioso ronzio alle orecchie. In definitiva la libertà "storicamente determinata" dalle società illuministe e progressiste è una mera lotta di potere ammantata di stucchevole "poesia".
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Ipazia

Passi per chi crede nei numi e negli enti eterni, ma mi stupisce che un relativista come Phil non voglia cogliere il contenuto relativistico della libertà che è una condizione, uno stato, assolutamente relativi (rispetto ad un determinante di riferimento), e non un ente metafisico.

Ha perfettamente ragione Alexander: si è "liberi da" e "liberi di" ed è insensato parlare di libertà senza referente alcuno.

Lo stato di libertà è sempre esistito, molto prima che i metafisici ci mettessero il cappello. Esiste in natura e basta osservare il comportamento di un animale in gabbia per rendersi conto della sua non opinabilità. Esiste nello stato antropologico, con tutte le complicazioni che i processi evolutivi specifici della condizione umana - detti sommariamente civilizzazione - hanno aggiunto alla condizione naturale e se dovesse avere un antico nume protettore si chiamerebbe sicuramente Spartaco.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: donquixote il 06 Gennaio 2021, 10:57:20 AM
Se i condizionamenti che muovono la volontà e la spingono ad agire sono irrilevanti (e quindi non giudicabili sotto nessun profilo) e contano solo quelli esterni all'agente allora la "libertà di scelta" [...] è assimilabile a "potere": se si ha il potere si è liberi, se non lo si ha non lo si è.
Questo è quello che ho suggerito più volte ad Alexander: il considerare come l'eventuale libertà individuale della volontà non sia solo una questione esterna di potersi muovere per andare a incontrare qualcuno, o l'avere molte vaschette di gelato da cui scegliere, ma si tratti di appurare proprio, come, giustamente (per me) osservi, «i condizionamenti che muovono la volontà e la spingono ad agire» (già sottolineati più volte).

Citazione di: donquixote il 06 Gennaio 2021, 10:57:20 AM
Il potere dunque, economico, politico, militare, dialettico, intellettuale o di qualunque altro genere è la misura della libertà, e dato che chiunque nel mondo ritiene la libertà un concetto positivo tanto da auspicarne una sempre maggiore "quantità"
Qui il discorso si fa socio-politico, ma ho qualche esitazione nel concordare: a tutti i livelli, sia politici che popolari, la libertà mi pare sia qualcosa da dosare e, quasi paradossalmente (ma molto significativamente), da (de)limitare: dalla libertà d'ingresso dei migranti alla libertà di culto, dalla libertà sessuale alla liberalizzazione di alcune sostanze, dal liberalismo/liberismo alla libertà del possesso di armi, etc. c'è una lunga lista di questioni rilevanti in cui, correggimi se sbaglio, riguardo le rispettive libertà non c'è universale accordo nell'«auspicarne una sempre maggiore "quantità"» da parte di «chiunque nel mondo» (cit.).

Le interpretazioni storico-politiche che presuppongono la libertà come valore ideale, non risvegliano in me particolare interesse (e solitamente non ci indugio), tuttavia, en passant, la citazione di Bentham è una di quelle che avevo in mente quando alludevo a come «libertà» sia una parola magica (che, antropologicamente parlando, non è termine denigratorio) che va spesso disambiguata per essere davvero comprensibile (basta provare, come detto, a sostituire «libertà», con qualcosa che spighi meglio il senso di quella frase).


P.s.
Forse una delle difficoltà nell'indagare il fondamento onto-logico ed epistemico (@Ipazia: intendo neurale e razionale, non ideal-metafisico, o circolarmente a posteriori come fanno etica ed etologia) della libertà, al di là delle comprensibili resistenze psicologiche, è che ormai è un concetto troppo consolidato e ritenuto imprescindibile, pur nella sua vaghezza (al punto che chi lo mette in questione viene interpretato, come è accaduto, in veste di cultore di una libertà assoluta, quasi fosse inevitabile dover credere ad una qualche forma di libertà, qualunque sia il suo fantomatico "referente", senza farsi troppe domande fenomeno-logiche).

Alexander

#89

Questo è quello che ho suggerito più volte ad Alexander: il considerare come l'eventuale libertà individuale della volontà non sia solo una questione esterna di potersi muovere per andare a incontrare qualcuno, o l'avere molte vaschette di gelato da cui scegliere, ma si tratti di appurare proprio, come, giustamente (per me) osservi, «i condizionamenti che muovono la volontà e la spingono ad agire» (già sottolineati più volte).


Buongiorno a tutti


Ma siamo sempre lì: i condizionamenti non rendono la libertà meno "libera", ma sono le costrizioni oggettive alla volontà che la rendono meno libera. I condizionamenti sono innumerevoli ( e trovo veramente riduzionista ridurli al sistema neurologico, che ha sì un'importanza fondamentale, ma ce ne sono tantissimi altri).
Tu hai un concetto di libertà, come ho già rilevato, che la nega perché condizionata, ma non esiste fenomeno o concetto nell'universo che non lo sia  e allora sarebbero tutti irreali.Non si può negare, a mio avviso, realtà ad un concetto solo perché è condizionato. Dimmi un concetto che non lo sia ? Allora sì che, di condizionamento in condizionamento, torniamo ad un regresso all'infinito. Cambiare termine non serve a nulla praticamente e non lo si può fare per editto ("La libertà non esiste più, esiste solo la possibilità condizionata").


Per libertà s'intende la condizione per cui un individuo può decidere di pensare, esprimersi e agire senza costrizioni, ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un'azione, mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla.
Riguardo all'ambito in cui si opera la libera scelta si parla di libertà morale, giuridica, economica, politica, di pensiero, libertà metafisica, religiosa, ecc. (WP)


Come vedi la definizione del concetto di "libertà" prevede lo scegliere senza costrizioni da parte " di un individuo" ( imprescindibile), non senza condizioni, e si tratta sempre di scelta in relazione a , scelta di...
Se tu equipari condizione con costrizione non so che farci. Come si potrebbe operare una scelta in mancanza di condizioni?
Negare il concetto di libertà con un processo puramente logico "a ritroso" e che poi, arbitrarmente s'arresta  ad un certo punto, non ha senso a mio parere. (la volontà è determinata dal sistema nervoso centrale, che è determinato dall'azione di neuroni, che sono determinati da...e così via all'infinito)

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