Credete nel libero arbitrio?

Aperto da Socrate78, 25 Dicembre 2020, 17:21:25 PM

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Phil

@Jacopus

Non sono certo di aver compreso il tuo penultimo post: tutta la serie di condizionamenti e vincoli che hai citato (dalle variabili contestuali ai neurotrasmettitori), depongono a favore della libertà di volere?
Dopo aver elencato molto di ciò da cui il libero arbitrio non è libero, mi pare ancor più legittima l'inevasa domanda: che significa «libero», da cosa? Non dalla volontà che lo genera, non dal contesto empirico e sociale con cui interagisce, non dall'influenza dei neurotrasmettitori, non dal suo stesso passato, etc.
Anche donquixote, parlando di «libertà limitata dalla natura umana», di «poter essere ciò che si è» (determinismo edulcorato), propone una "libertologia negativa" che evidenzia ciò che non c'è di libero nell'essere umano (come quando osserva che «La cosiddetta "libertà di scelta" non esiste per il semplice fatto che ogni scelta volontaria e consapevole, per il solo fatto di essere volontaria e consapevole,  non sarà mai "libera" da condizionamenti»). InVerno vede il senso sociale del libero arbitrio nell'imprevedibilità delle azioni individuali, ma ciò non corrobora la fondatezza della libertà di volere.

Risulta che siamo quindi tutti concordi nell'argomentare e constatare ciò che non è libero nella volontà e nelle scelte; quando si tratta di argomentare in favore della libertà, mi pare invece ci si limiti a presupporla "apofaticamente", come ovvia e apodittica, a tutelarla da domande maieutiche e appellarsi alla tradizione che ci crede, o alla società che ne ha bisogno (rovesciamento logico già affrontato) o a mondi possibili/paralleli (che, indimostrabilmente, sarebbero anche potuti essere).
Questa discussione mi sembra alimentare l'ipotesi che «libertà» sia uno di quei concetti magici, oggetto di fede e di culti sociali, ma dalla scarsa attendibilità logico-epistemica. Non insisto con ulteriori domande, perché ormai ho redatto un questionario, ma saranno sempre ben accette argomentazioni non fallaci sulla "libertà di volere".

Alexander

#61

Buongiorno a tutti


La libertà è sempre una risposta, non un apriori. Sono libero di andare a passeggio? Sono libero di votare? ecc. ecc. Non ha senso porlo sul piano logico-epistemico, ma su quello fattuale. Perché la libertà è sempre legata alla possibilità di scelta. Nulla di magico quindi,nel concetto, ma molta, molta "concretezza".
Il problema logico nasce dal fatto che si vuole oltrepassare i limiti della domanda. Innumerevoli possono essere le cause, determinate o indeterminate, che muovono ragione e volontà, ma sono libero di andare a passeggio se sono carcerato? Questo è il senso della libertà.Questa è la domanda giusta da porre.Le cause invece sono soggette ad altre domande. Probabilmente, seguendo la logica, in una catena regressiva infinita.Il problema logico di oltrepassare i limiti della domanda è continuo e non può generare che sofismi estenuanti e inconcludenti.
"Porre la giusta domanda è più difficile del dare una risposta corretta." diceva Cantor


bobmax

Citazione di: donquixote il 03 Gennaio 2021, 23:07:05 PM
La libertà infatti altro non è, essenzialmente, che la possibilità di ogni ente di poter essere ciò che è, di poter esprimere la propria natura.

Essere ciò che si è, coincide con l'essere vero.

Ora, se la libertà consiste nella possibilità di esprimere la propria natura, e la propria natura è essere ciò che si è, allora la libertà è possibilità di espressione della propria verità.

A questo punto, il discorso non può più proseguire mantenendosi su concetti generali, universali, ma deve necessariamente rivolgersi alla mia individualità.

La logica concettuale non è più sufficiente, perché il concetto non è me stesso, ma solo uno strumento che mi permette di giungere a domandare sulla mia verità.
Strumento che ora devo abbandonare.
Se non lo abbandono, ne resto schiavo e mi impedisce di accedere a me stesso.

Quindi mi devo muovere a prescindere dai concetti.

Qual è la mia verità?

Cioè...

Chi sono io?

Questa domanda, se posta risolutamente, suscita in me sempre la medesima reazione.
Dapprima un brusio indistinto, dove compaiono brandelli momentanei di ricordi di mie scelte passate, nel bene e nel male, ma poi in breve tutto si placa. Per lasciare il posto a un nulla.

Non trovo più niente.
Se non, un pathos indeterminato, una mancanza, che è forse barlume d'amore.

Allora, l'autentica libertà è proprio questo amore, che vuole venire alla luce...
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Ciao Donalduck,
provo a rispondere, ma vorrei premettere che qui siamo a ciò che fonda lo stesso pensiero razionale.
Il quale evidentemente non può accedere al proprio fondamento.
Di modo che non sono solo io a dovermi aprire...

Citazione
Dire che qualcosa è "dovuto al caso", in senso generale, coincide in tutto e per tutto col dire che qualcosa "è accaduto", non aggiunge nulla e non ha alcun contenuto informativo, se non riguardo alla incapacità di chi parla di risalire alle cause.

No, il caso è ben altro.
Il caso è la negazione della necessità. Punto.
Ed è su questa negazione che occorre concentrarsi.

Allora potrai ben percepire il Caos!

Citazione
Quale sarebbe allora la differenza tra un atto volontario e un atto involontario, dal momento che entrambi sarebbero eterodeterminati? Quale sarebbe la peculiarità dell'atto volontario, se non la sua autodeterminazione, il suo essere il risultato di una elaborazione, di un vaglio di un certo numero di dati in vista di un fine? Non basta fare asserzioni , bisogna anche giustificarle.

Nell'atto volontario compare l'io.
Cioè nella coscienza compare l'io che vuole.

Mentre l'atto involontario è semplicemente inconsapevole. Non compare nella coscienza.

La differenza è soltanto nell'esistenza o meno di quell'io che vuole.

Inoltre, chi lo ha detto che siano eterodeterminati?

Il caso lo escludi a priori?

Citazione
Citazione
Far coincidere la libertà con lo stesso volere, come fai tu, può avere solo una giustificazione: trattasi di un fenomeno trascendente.
Perché se no bisognerebbe dire da dove si origina questa libera volontà.
E pure su questo punto non rispondi...
Rispondere a cosa? Ho già detto e ripetuto che considero quello che tu chiami "fenomeno trascendente" come qualcosa che, qualunque sia la sua modalità di esistenza, si situa oltre i confini della razionalità. Con queste premesse, su di esso si possono solo fare domande senza senso a cui dare risposte senza senso.

Ma è proprio questo che ti sto chiedendo!
La libera volontà per te esiste perché fenomeno trascendente?

Non ti chiedo cosa sia la causa!
Solo se questa trascende il mondo immanente oppure no.

Come fai a motivare l'esistenza del libero arbitrio?
E' un fenomeno trascendente?

Se rispondi di sì, ok. Non ho nulla da dire.

Ma se rispondi di no, allora sei in contraddizione!

Perché tutto quello che avviene nel mondo, avviene per necessità o per caso.

Citazione
Citazione
I paradossi di Zenone non sono elaborazioni concettuali astratte. Ma concrete!
Ho capito benissimo cosa vorresti intendere.
Non si direbbe, se fai affermazioni del genere. Non credi che dovresti quantomeno spiegare in che senso sarebbero concrete, dal momento che si riferiscono a impossibili, inesperibili infinità e infinitesimi?

I paradossi di Zenone evidentemente non dimostrano l'impossibilità del movimento, ma la constatazione che il movimento è possibile solo in quanto non c'è nessuna cosa distinta dall'altra.

La freccia si muove e raggiunge il bersaglio solo in quanto la freccia, intesa come oggetto distinto da tutto il resto, non esiste.

E' il molteplice che Zenone mette in discussione!

L'infinito e gli infinitesimi sono utilizzati per mostrare come la loro attualizzazione porti all'assurdo: il movimento è impossibile.

Però il movimento c'è... E allora le cose che paiono muoversi altro non sono che astrazioni!
Sono le cose ad essere delle astrazioni!

Mentre i paradossi puntano al concreto.

E' il pensiero razionale che viene messo sotto scacco.
E per farlo è necessario mettere in discussione proprio il caposaldo della razionalità.
Quel A = A.

Un uso dell'infinito ben diverso da quello di Cantor, nominato prima da Alexander.
Perché con Cantor abbiamo l'infinito attualizzato per farne costruzioni immaginifiche con i piedi d'argilla.

Perché un conto è usare l'infinito per giungere al limite del razionale, dove il pensiero razionale è costretto a fermarsi e l'anima ha l'occasione per aprirsi.
Un altro è voler utilizzare l'infinito come "cosa".
Pretesa che contraddistingue questa nostra epoca intrisa di nichilismo.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Finchè si resta sul piano della metafisica sillogistica (sì/no, vero/falso) non si caverà una libertà dal buco. La realtà non è sillogistica, bensì dialettica. Lo è la natura, con i suoi cicli di retroazione. Lo è l'universo antropologico coi meccanismi di feedback. Dopo la siberia pare ci si stia ricordando pure di Engels che, depurato da qualche fisicalismo ottocentesco, sta vivendo una rinascenza da parte di chi ha scoperto la relazione dialettica contenuta nelle retroazioni e nel feedback.

Abbandonando la logica veterometafisica sì/no e recuperando la impostazione dialettica, la libertà "arbitraria" si pone come tesi, ciò che le si contrappone, come antitesi, e il risultato finale come sintesi. La sintesi è il luogo in cui le ragioni della libertà (tetica e antitetica) finiscono con l'affermarsi in un intreccio di nuove possibilità di vivere/agire e nuovi vincoli. Come giustamente osservato da Jacopo, vedere solo l'ingorgo e ignorare i fattori positivi della viabilità meccanica è un bias inaccettabile.

Ciò vale anche in termini di dialettica naturale nelle specie sociali. Che tali non sarebbero se gli svantaggi superassero i vantaggi. La "libertà complessiva" è il risultato finale della partita doppia tra libertà individuale e vincoli sociali.

Vale la pena a questo punto calare il concetto di libertà non solo dall'asfittico e inconcludente empireo metafisico delle categorie assolute, ma pure dalle visioni romantiche che ignorano la dimensione sociale della categoria "libertà". In teoria, perchè in pratica ci stanno immersi e ne godono i benefici quanto coloro che non la ignorano.

Riportata la libertà nel terreno sociale della polis, si può cominciare a dire qualcosa di sensato individuando i paletti di confine tra "libero arbitrio" (gelato, granita o acqua minerale ?) e limitazioni sociali. Variabili in ragione del carattere autoritario/libertario di una società. Carattere definibile per comparazione, mai in assoluto, tenuto conto delle condizioni storiche, ambientali e politiche delle varie formazioni sociali. Le quali tendono ad unificarsi in un unico contesto antropologico con le sue contraddizioni retroattive. Interne però, in quanto globali. Come lo è l'economia che "muove il sole e l'altre stelle". Come lo sono le discipline esoteriche, le visioni del mondo, che da oriente ad occidente si sono globalizzate pure loro.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Alexander il 04 Gennaio 2021, 13:53:42 PM
Innumerevoli possono essere le cause, determinate o indeterminate, che muovono ragione e volontà, ma sono libero di andare a passeggio se sono carcerato? Questo è il senso della libertà.Questa è la domanda giusta da porre.
Riducendo la libertà a quella esteriore di movimento e di azione, come già osservato, siamo lontani dal tema del libero arbitrio, che si occupa di libertà interiore, volontà, etc.
Capisco il tuo "pragmatismo", tuttavia se non (ci) poniamo domande logico-epistemiche rivolgendoci alla fattualità, nella sezione «tematiche filosofiche», dove potremmo porle? A ben vedere, le stesse domande che poni, «Sono libero di andare a passeggio?»(cit.), etc. usano già il concetto di "libertà", quindi lo presuppongono come un "a priori" delle domande stesse (o come "tesi", stando ad Ipazia).
Se «libertà» non è un concetto magico, dovremmo poterne argomentare il funzionamento, senza presupporlo (senza il circolo vizioso di usarlo per "dimostrare" se stesso, come accade nelle domande che poni). Per constatare la libertà chiamandola per nome, devo prima averla già definita, magari con un'idea vaga (e se la definizione è troppo vaga, la filosofia può essere un invito ad approfondire la questione; certo: «un invito», non un obbligo).

Sul timore del regresso all'infinito (anch'esso paventato, ma mai argomentato), continuo a non ravvisarne il rischio: quello che qui è in discussione è solo il passaggio subito prima della volontà, quello che fonderebbe la libertà di volere; si tratta di un passo indietro (per quanto non facile), non di una corsa all'indietro fino agli albori dei tempi.

Provo ad esemplificare: posso dire che finché premo il freno e la macchina rallenta, sono contento e mi basta; non mi interessa sapere perché, come funzionano i freni, poiché sarebbe una conoscenza che non mi serve e che non incide sulla frenata della mia auto (avrò quindi ben poco da dire nella sezione "meccanica e manutenzione" dei forum di auto, quando si parla di freni). L'atteggiamento filosofico (correggimi se sbaglio), in generale, è piuttosto quello che vuole curiosare nel cofano, sotto l'auto, nell'abitacolo, per capire, o almeno ipotizzare, come funzionano i freni (conoscenza che rende possibile aggiustarli, manometterli, etc. ma questo è il passo successivo, non bruciamo le tappe).
Nell'indagare sui meccanismi frenanti, non c'è rischio (né motivo) che l'indagine ci porti al bisnonno dell'operaio che in fabbrica, dieci anni fa, ha controllato l'avvitatura di uno dei bulloni che stringono le pastiglie del freno, poiché ciò che è oggetto di comprensione è l'impianto frenante dell'auto, senza alcuna necessità di un regresso a oltranza che esuli dall'auto nella sua individuale concretezza.
Piuttosto insolito (e sintomatico) che la (fenomeno)logica sia vista talvolta, da alcuni, solo come aut-aut: deleteria/assolutistica.

Ipazia

Per Gaber-Luporini la libertà è partecipazione. Forse è uno di quegli oggetti che la metafisica sillogistica non comprenderà mai perchè appartiene alla filosofia popolare della prassi. Una filosofia che suoi teoremi li scrive con la carne e col sangue oltre che con la mente.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Alexander

#67
Buona sera Phil



Non esiste "libertà" come concetto a sé, ma sempre libertà di/da..., come coscienza di.., verità di...
L'esempio del freno non è pertinente, perché si tratta di un unico fattore che frena l'auto. Ma la volontà ha un unico fattore che la dirige o la "costringe"? Dimostralo. Qual'è l'interazione di tutti i fattori, le condizioni, interne e d esterne, e in più l'apporto dell'unicum intellettivo, o dall'animo, o la manipolazione del reale come sovrastruttura della  coscienza,  di cui disponiamo, diverso l'uno dall'altro? L'atteggiamento tipicamente riduzionista ( a questo corrisponde sempre necessariamente quello) che cerca di trovare una causa diretta e non la complessità a volte casuale non permette , secondo me, di cogliere la complessità dei fattori.Non ha alcun senso domandarsi :"Siamo liberi?"
Ha invece senso domandarsi, per esempio. "Siamo liberi di...?"

baylham

Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2021, 16:48:04 PM

Sul timore del regresso all'infinito (anch'esso paventato, ma mai argomentato), continuo a non ravvisarne il rischio: quello che qui è in discussione è solo il passaggio subito prima della volontà, quello che fonderebbe la libertà di volere; si tratta di un passo indietro (per quanto non facile), non di una corsa all'indietro fino agli albori dei tempi.
iuttosto insolito (e sintomatico) che la (fenomeno)logica sia vista talvolta, da alcuni, solo come aut-aut: deleteria/assolutistica.


Forse la libertà riguarda il passaggio subito dopo la volontà, di un passo in avanti.

Phil

Citazione di: Alexander il 04 Gennaio 2021, 17:44:17 PM
Non esiste "libertà" come concetto a sé, ma sempre libertà di/da..., come coscienza di.., verità di...
L'esempio del freno non è pertinente, perché si tratta di un unico fattore che frena l'auto. Ma la volontà ha un unico fattore che la dirige o la "costringe"?
Libertà-di e libertà-da possono avere senso solo se ha senso il concetto di libertà, in quanto ne rappresentano una declinazione; ciò non significa affatto postulare una libertà assoluta, ma solo riconoscere che in un'espressione, dare un senso alle singole parole è imprescindibile, prima di poterle combinare nell'espressione complessiva.
Gli esempi che propongo sono sempre semplici, per spiegare meglio il senso della questione; nondimeno, se consideri tutto ciò che separa il pedale del freno dalla ruota, ogni leva, ogni bullone, ogni componente, etc. puoi intuire che non sia questione di pochi elementi; ma non indugiamo troppo sull'esempio e passiamo alla domanda cruciale: «la volontà ha un unico fattore che la dirige o la "costringe"?». Abbiamo già appurato (concordando, credo) che i fattori sono molteplici (come ricordato da Jacopus): dai vissuti precedenti alle influenze del contesto, dai neurotrasmettitori a possibili predisposizioni genetiche, dall'educazione ricevuta a contingenze specifiche della situazione, etc.
Quando parlo di fare un passo indietro, non intendo che c'è un solo fattore a determinare la volontà, ma che dobbiamo interrogarci (come proponi) sulle cause dirette della volontà (il passo indietro è passare dalla volontà-effetto a ciò che la causa, per indagarne l'eventuale apporto "libertario"; fermandosi lì, senza risalire ad Adamo ed Eva). Interrogandoci su tali cause, mi pare che non otteniamo nulla che fondi la libertà, ma solo condizionamenti e vincoli. La complessità è innegabile, eppure non vi si rintraccia nulla che giustifichi il parlare di libertà, perché è una complessità di fattori condizionanti.

Se ci domandiamo «siamo liberi di...» (oltre, come detto, a presupporre già la libertà), ci allontaniamo dalla questione di quanto sia libera o meno la volontà, per passare a contingenze esterne (che nulla dimostrano della libertà di volere; e se la domanda diventa «siamo liberi di volere?», tutti quei fattori rispondono in una certa direzione...).
Se la libertà, come suggerisce bahylam la poniamo un passo dopo la volontà, resta ancora da indagare su cosa si fondi tale libertà (salvo prenderla per esistente a priori o non ritenere interessante capirne l'origine).

Alexander

#70
Buona sera Phil


Come fa una cosa che è espressione di un essere condizionato essere assolutamente libera? Può esistere il figlio di una donna sterile? Possiamo certo immaginarcelo in tanti modi: alto, basso, biondo, grasso, ecc. e magari costruirci sopra un poema e poi una riflessione sul poema e infine una filosofia, ma esiste per questo? Ma nemmeno i primi teologi proponevano questo. Il libero arbitrio nacque come riflessione sulla capacità o meno dell'uomo di discernere il bene dal male e agire in conseguenza, non che questa possibilità fosse priva di condizioni.Infatti nessuno ha mai negato che ci sono condizioni alla base della libertà, ma condizioni non implica necessariamente che la libertà non esiste. Anche un carcerato, dopo aver scontato un periodo di pena, vive una "libertà condizionata", ma sarebbe assurdo dire che non ha alcuna libertà, come un uomo in gabbia 24h. Se invece ti scagli contro il concetto di libertà assolutamente svincolata da tutto, arbitrio puro, allora ribadisco il mio precedente post: la libertà, come puro concetto, non esiste, è sempre legata a... E' come il figlio della donna sterile.

Ipazia

Citazione di: Phil il 04 Gennaio 2021, 16:48:04 PM
Capisco il tuo "pragmatismo", tuttavia se non (ci) poniamo domande logico-epistemiche rivolgendoci alla fattualità, nella sezione «tematiche filosofiche», dove potremmo porle? A ben vedere, le stesse domande che poni, «Sono libero di andare a passeggio?»(cit.), etc. usano già il concetto di "libertà", quindi lo presuppongono come un "a priori" delle domande stesse (o come "tesi", stando ad Ipazia).
Se «libertà» non è un concetto magico, dovremmo poterne argomentare il funzionamento, senza presupporlo (senza il circolo vizioso di usarlo per "dimostrare" se stesso, come accade nelle domande che poni). Per constatare la libertà chiamandola per nome, devo prima averla già definita, magari con un'idea vaga (e se la definizione è troppo vaga, la filosofia può essere un invito ad approfondire la questione; certo: «un invito», non un obbligo).

Opportunamente Alexander è tornato all'origine metafisica del "libero arbitrio" nel contesto etico-religioso della responsabilità delle proprie azioni innanzi alla divinità. Fin dall'inizio il l.a. ha un carattere giuridico e tale rimane nella giurisprudenza quando definisce la "capacità di intendere e volere" quale condizione di punibilità penale.

Il carattere sociale e non metafisico del concetto di libertà, antropologicamente declinato, è trasparente in tutta la sua storia e il suo carattere non è certo magico e nemmeno del tutto illusionale. La "tesi" di Ipazia non è un apriori metafisico bensì un'istanza dialettica presente pure nell'antitesi che contrappone libertà a libertà, posto che la libertà dell'uno è negazione della libertà dell'altro e viceversa. La sintesi determina una ancora diversa declinazione della libertà.

Restando nella sillogistica mi pare pure evidente l'esempio di Alexander sui gradi di libertà del carcerato dalla gabbia, alla condizionale, alla libertà vigilata, alla libertà piena. Con la metafisica che se ne sta al palo, chiedendo inutilmente ragguagli su una dimensione che non le è propria. Mentre riguarda la filosofia nella sua prassi etica e nel relativistico mondo dei valori.

Mi stupisce sempre, per il contrasto stridente, l'accanimento metafisico dei relativisti dichiarati. Ma anche questa è libertà (di pensiero).
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#72
 Il termine libertà è pochissimo utilizzata nella filosofia originaria greca  e nei testi sacri.
Il motivo è che la libertà comincia ad essere utilizzata nel naturalismo medievale, poi nel giusnaturalismo e filosoficamente da Hegel.


Nell'antichità si utilizza molto di più il termine volontà e infatti: libero arbitrio, libera volontà.
Se per arbitrio viene indicato il giudizio, la libertà né è una condizione. Se per volontà si intende una motivazione di pensiero teorico o fattuale, la libertà è ancora una precondizione.


Significa allora che se già la libertà fosse una precondizione affinché altre facoltà possano esplicarsi, chiedersi come, perché, che cosa la libertà condizioni rischia di cadere in una circumnavigazione infinita priva di senso, ovvero: cosa determina la condizione della  precondizione ?


La libertà quindi è una condizione apriori affinché anche fattualmente atre facoltà possano esplicarsi.
E' libero il giudizio? E' libera la volontà? O da che cosa sono condizionate, e quindi scendendo il livello di libertà, anche il giudizio e la volontà scendono man mano da una piena libertà a giudizi e volontà condizionati.


Se viene esaltata la libertà, come fece Hegel, condividendo la stessa stanza e gli istessi ideali da studente con Schelling, con Holderlin, proprio allo scoppio della Rivoluzione francese, tende ad indicare come le condizioni restrittive sociali ,culturali potessero essere superate per spiegare le ali al nuovo vento storico ,a nuovi orizzonti di più ampie possibilità.


La nuova esaltazione storica della libertà ha i suoi epigoni nelle nuova scienza sperimentale moderna, nelle speranze di nuove strutture sociali, in una maggiore libertà di espressione.


Se lo si pone  fra la teoresi e la prassi il libero arbitrio ,come la libera volontà, si originano dalla filosofia morale/politica, passeranno per il diritto di natura, il giusnaturalismo per essere superate proprio dallo storicismo hegeliano, fino al diritto positivo.
Perchè il problema morale è che cosa me ne faccio della libertà se il giudizio non è corretto, se la volontà è mistificatoria?
Cadendo nel dimenticatoio moderno, la morale, la libertà diventerà lo "slogan" caratterizzante del sistema culturale, sociale, politico occidentale. E sarà prassi, al più temperata non dalla morale, ma dai comportamenti pratici, l'etica. La libertà economica, la libertà politica, la libertà di espressione, la libertà personale, la libertà nel "negozio" giuridico.


Mostrando l'ambiguità del termine solitario ,libertà, privo del corretto giudizio morale e dell'altrettanta corretta volontà,  diventerà ideologia con il liberismo economico e il liberalismo politico, fino all'utopia del libertarismo anarchico.

Phil

Citazione di: Alexander il 04 Gennaio 2021, 18:57:58 PM
Il libero arbitrio nacque come riflessione sulla capacità o meno dell'uomo di discernere il bene dal male e agire in conseguenza, non che questa possibilità fosse priva di condizioni.Infatti nessuno ha mai negato che ci sono condizioni alla base della libertà, ma condizioni non implica necessariamente che la libertà non esiste.
Questo «agire in conseguenza»(cit.) credo presupponga una certa libertà (avevo già anticipato che non parlo di libertà assoluta, v. post precedente); oltre a presupporla, potrebbe essere interessante fondarla, dimostrarla o almeno argomentarla. Affermare che «ci sono condizioni alla base della libertà»(cit.) presuppone già che la libertà ci sia, seppur delimitata da tali condizioni; in assenza di argomenti solidi, essa viene quindi introdotta surrettiziamente affianco a condizioni oggettive che la negano (almeno fino a prova contraria).
Parlare ragionevolmente di una libertà relativa, condizionata, etc. non esenta dall'onere della prova che tale "libertà parziale" ci sia davvero, provando a spiegare come si fonda, in cosa consiste, etc. con tutte le difficoltà del caso; fossero anche mere ipotesi o opinioni abbozzate, resta rilevante (filosoficamente parlando) che siano comunque sostenute da argomentazioni e non fallacie (come circoli viziosi che presuppongono ciò che dovrebbero dimostrare).

Supporre che in teoria potrei anche fare scelte differenti (perché ci sono condizioni esterne che sembrano consentirlo), non dimostra che in pratica tale possibilità ci sia davvero, soprattutto alla luce di tutti i suddetti condizionamenti che descrivono una volontà non proprio "libera", che pare elaborare un'infinità di stimoli condizionanti, più che scegliere liberamente (parlo, come sempre, di interna libertà di volere, non libertà di muoversi o gradi di libertà esterna concessa, come nel caso del carcerato).

In fondo, basta chiedersi cosa rende possibile parlare di «libertà» di volere (o arbitrio che sia): dimostrazioni, constatazioni, interpretazioni, ragionamenti, tradizione, etc. l'importante, per me, è che essa sia compatibile con i vincoli su cui abbiamo concordato e che abbia un suo perché non fallace (altrimenti potrebbe essere solo un "filosofema spuntato", tramandato per inerzia culturale, poco epistemologico, per quanto suggestivo e demagogico).

donquixote

Citazione di: Jacopus il 04 Gennaio 2021, 01:09:44 AM

Noto, nel tuo discorso, dei punti che mi sembrano non coerenti. Infatti inizi il tuo commento paragonando l'indole leonina che si afferma "leoninamente" a quella umana, che dovrebbe affermarsi "umanamente".
Sembra però che ad un certo punto, le istituzioni, la storia, la società, abbiano ingabbiato l'uomo rendendolo meno libero ora, di quando vi era la schiavitù. Sia ben chiaro, il discorso lo conosco ed ha in Rousseau il suo primo archetipo. Ma la domanda è: le istituzioni, la storia, le società sono in qualche modo l'indole dell'uomo che si afferma, oppure vi è stato qualche ingranaggio che si è inceppato e l'uomo è stato alienato dalla sua condizione di libertà?
Una differenza fra l'uomo e le altre specie sta nel fatto che l'uomo, almeno negli ultimi millenni ovvero dal cosiddetto neolitico in poi, non accetta più la propria natura, rifiuta la sua condizione con la pretesa di elevarsi al livello di Dio e sostituirsi a Lui, di diventare padrone della terra in attesa di poter essere anche quello del cielo. In tal modo non solo obbliga se stesso a farsi sempre diverso da quel che è inseguendo utopie sociali ed individuali sempre nuove, ma obbliga anche i propri discendenti a rincorrere una pretesa "evoluzione" che nessuno sa più dove dovrebbe portare. In questo modo ogni uomo sarà sempre meno libero perchè i condizionamenti non proverranno solo dalle regole sociali ma soprattutto da innumerevoli modelli utopici, veicolati con ogni mezzo, che costringeranno le persone a cambiare costantemente, ad essere sempre diverse da ciò che sono: è l'uomo stesso che ha rinunciato alla sua libertà per sostituirla con uno o più "ideali", individuali e sociali.
Citazione di: Jacopus il 04 Gennaio 2021, 01:09:44 AM
Quello che mi preme dire, concludendo il discorso, è che la tua visione è molto radicale e nega positività a tutto il processo di civilizzazione dell'occidente da Omero in poi, ma di questo credo che tu sia consapevole.
Non nego a priori la (o meglio le) positività del processo di civilizzazione (anche se è molto difficile valutare i pro e i contro di tale processo e non è argomento di discussione qui), mi limito a tentare di spiegare per quale ragione questo processo ha necessariamente sacrificato la libertà dell'uomo, e forse non è del tutto casuale che mai come negli ultimi secoli si sia parlato e scritto sulla libertà e sul desiderio della medesima tanto da inventarsi una filosofia ad essa ispirata, fare guerre in suo nome e porla al primo posto degli ideali auspicabili: se davvero la libertà fosse aumentata esponenzialmente, come mai l'uomo di oggi ne sente tanto la mancanza da evocarla in ogni occasione?
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

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