Credete nel libero arbitrio?

Aperto da Socrate78, 25 Dicembre 2020, 17:21:25 PM

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Alexander

#45

Buongiorno Phil
Se la "gazzella Ornella" (giusto per parlare di una gazzella specifica), decide di affrontare il leone, la sua volontà poteva spingerla a non affrontarlo, oppure era inevitabile che quella specifica volontà di quella specifica gazzella in quella specifica situazione la spingesse a quello specifico gesto (quindi senza libera scelta)? Questo è il terreno in cui si gioca la partita fra le ipotesi di determinismo, libero arbitrio, determinismo parziale, libero arbitrio determinato, etc.

E' la possibilità di scelta che determina il grado di libertà della gazzella Ornella. Se la gazzella ha un'unica scelta possibile non è libera, ma avendone altre lo è, nel limite delle condizioni di gazzella e non di tigre. Mi sembra che continui a equiparare condizione con costrizione. La gazzella non è costretta ad affrontarlo, perché ha altre scelte possibili, ma lo fa sulla base di condizioni (e in altro frangente magari agire in modo diverso).

Donalduck

#46
Citazione di: bobmax il 03 Gennaio 2021, 15:51:25 PM
secondo me giungi troppo presto a delle conclusioni.
E ho l'impressione, che ciò dipenda dall'irritazione che provi quando ti si propone un pensiero fondato sui concetti.
L'irritazione non c'entra nulla, ma intuisco cosa te la fa supporre: il mio uso del termine "masturbazione". Eppure, se invece di dire a me che giungo troppo presto a conclusioni, semplicemente avessi considerato quello che hai letto e a cui hai risposto, e magari ci avessi riflettuto su, probabilmente ti saresti accorto che non ho usato il termine come sinonimo di inutile esercizio della mente (inutile è la pretesa di giungere a qualsivoglia conclusione, questo sì), infatti ho parlato della matematica come una sorta di grande masturbazione, intesa come il concetto che rinuncia a una aderenza alla realtà sensibile (ma diventa arbitrario e campato in aria se poi si scorda di questa rinuncia e pretende di applicare pari pari alla realtà i risultati delle sue peregrinazioni). Aggiungendo che, ovviamente, non intendo certo negare il valore della matematica.

Casomai l'irritazione può aver partecipato alla formazione di questa grande "area cieca" che ha eliminato la quasi totalità delle mie argomentazioni dal tuo "campo visivo" mentale.

Citazione
Così come usi il termine "volontà" come fosse sinonimo di "libera volontà".
Mentre sono concetti ben distinti.
Perché certamente percepisci la tua propria volontà!
Ma la questione non riguarda la volontà, bensì il fatto che sia libera...
Se la volontà non ha un grado di libertà non è volontà, è solo passiva esecuzione. Ovviamente si tratta di libertà relativa, ed è intrinseca al concetto di volontà. Mentre tu, necessariamente (anche se poi lo neghi), come Phil, ti rifai al concetto di libertà assoluta, l'unico che può essere considerato un "optional" applicabile alla libertà, dato che quella relativa è implicita. Ma il concetto di libertà assoluta, come ho già avuto modo di chiarire, lo considero privo di senso.

Citazione
Lo stesso approccio avviene con i paradossi di Zenone.
Prima di affossarli come vana masturbazione intellettuale, si dovrebbe dare almeno un po' di credito alla possibilità, che magari proprio idiozie Parmenide e il suo discepolo forse non dicevano.
Questa è la frase che, più di ogni altra, dimostra che non hai preso in considerazione neppure per un attimo il 90% di quello che ho scritto.
Solo così si può interpretare quello che ho scritto come la tesi che i paradossi di Zenone siano idiozie.
A coronamento della tua incomprensione (o vogliamo dire disattenzione?) arriva pure
Citazione
posso dichiarare serenamente che i paradossi di Zenone sono ancora irrisolti.
Se avessi cercato di capire qualcosa di quanto ho scritto ti saresti reso conto che per me tali paradossi sono semplicemente irrisolvibili, perché cercano di connettere indebitamente il pensiero astratto con quello riferito alla realtà sensibile, all'esperienza (connessione possibile ma non sempre e indiscriminatamente). La quale realtà, dal punto di vista razionale, è intrinsecamente paradossale (ho ripetuto questo pensiero ormai parecchie volte in varie discussioni a cui mi pare anche tu abbia partecipato) e non ha senso tentare di afferrarla per intero con gli strumenti della logica, della razionalità, che la possono "spiegare" solo entro certi limiti.
I paradossi di Zenone servono proprio a mostrare i limiti della razionalità e dell'applicabilità del pensiero astratto al mondo dell'esperienza.

donquixote

Credo che la locuzione "libero arbitrio" contenga in sé una contraddizione che ha alimentato nei secoli innumerevoli (e inutili) discussioni senza venire a capo di nulla. Diverso è infatti dire "l'uomo possiede il libero arbitrio" (oppure non lo possiede) e dire "l'uomo è libero" (oppure non lo è). Il fatto che si usino entrambe le frasi alternativamente come se fossero equivalenti non fa altro che aumentare la confusione. Infatti si può ritenere (come io ritengo) che l'uomo è libero ma non possiede il libero arbitrio.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Jacopus

#48
Gli esempi naturalistici, per quanto possono essere un ottimo spunto, perchè semplificano la visione, non danno l'esatta misura di cosa sia la libera volontà dell'uomo (la libera volontà, o free-willing, è il termine che secondo me, è corretto per affrontare la questione, il termine libero arbitrio, invece è già alquanto arbitrario e getta subito una cattiva luce sul concetto che vorrebbe rappresentare).
La gazzella che scappa, o che affronta il predatore o che si finge morta (freezing), opera azioni procedurali che sono molto "deterministiche", e che solo in parte vengono apprese attraverso l'esperienza. Se noi fossimo a quel livello non ci interrogheremo sul significato di libera volontà. Anche i quesiti di Zenone o quelli più recenti sul "lancio dell'uomo grasso", permettono una semplificazione del problema, che può essere utile, ma che non è la questione fondamentale della libera volontà.
Sul punto che la libera volontà sia una qualità (nel caso sia provata la sua esistenza) individuale, ho molte riserve. Come ho già scritto, la libera volontà è un margine di risposta più o meno largo a problemi sociali sempre più complessi, a causa della espansione della complessità nella vita associata umana. E le risposte individuali, anche per un popolo molto individualista come quello italiano, sono sempre condizionate dalle interazioni del soggetto con gli altri.
C'è un film famoso, American History X. Spero che la trama la conosciate, altrimenti guardate un riassunto su internet. Verso la fine il protagonista ha dei flash back sul suo passato, sulla costruzione dell'ideologia razzista che gli viene trasmessa dal padre, un "sovranista" lo potremmo definire oggi. Una ideologia che viene assorbita da quel ragazzo nell'infanzia e nell'adolescenza e che lo porterà a commettere un omicidio a sfondo razziale. Ovvero il rapporto emotivamente intenso con una figura genitoriale ha definito l'azione dell'omicidio, "liberamente" scelta dal protagonista (un Edward Norton a dir poco splendido).
Il famoso esperimento di Zimbardo, alla Stanford University è un altro esempio, di come la cosiddetta libera volontà sia condizionata dalle relazioni fra i soggetti. Zimbardo usò le cantine dell'Università per inscenare una prigione e scelse, su base volontaria, i secondini e i detenuti. L'esperimento fu interrotto dopo pochi giorni, perchè i secondini erano entrati così tanto nella parte, che avevano iniziato a picchiare i "detenuti" e i "detenuti" erano divenuti in breve dipendenti e paurosi, come se avessero davvero commesso dei crimini e meritassero di stare in "prigione".
Una équipe di psicologi e biologi, che insieme hanno sicuramente slatentizzato il loro lato sadico, hanno fatto un esperimento con i criceti. Hanno messo alcuni di loro in una gabbia priva di passatempi "cricetici", ruote, cibo vario, spazio ampio e diversificato e accanto al cibo una sostanza stupefacente, che i criceti potessero assumere senza subire danni. In un'altra gabbia i criceti sono stati messi in una gabbia spoglia, priva di qualsivoglia passatempo, tranne la sostanza. Non è una grande scoperta intuire che nella gabbia priva di altri passatempi, il consumo di sostanza era molto più elevato. Ma l'esperimento è servito a dimostrare come le nostre azioni, compresa quella di spingerci ad usare sostanze stupefacenti è anche legato alle possibili alternative, all'ambiente in cui l'assuntore vive.
Vi sono persone, che a causa di traumi spaventosi, sono determinati in modo rigoroso. Ad esempio alcuni serial killer o gli stupratori seriali. Non possono agire diversamente. Al lato opposto vi sono persone che sono e si sentono più libere e mettono in gioco questa libertà nelle loro scelte. La libera volontà in qualche modo è come una fisarmonica, che si può stringere o allargare e ciò dipende dal tipo di società e dalle esperienze sociali del singolo soggetto. Senza dimenticare che agiamo anche sulla base di altri presupposti, che in qualche modo influenzano la nostra libertà di agire. Vi sono ad esempio dei modelli operativi che vengono chiamati in gergo "patterns" che si ripetono. Una volta che un soggetto inizia un certo pattern e trova una sua ragione in quell'azione, sarà molto più probabile che la ripeta nel corso del tempo, poichè il nostro cervello è innovatore, ma è molto più conservatore e si consuma meno glucosio nel fare cose che già si conoscono.
Ho fatto un gran guazzabuglio, probabilmente, ma quello che mi premeva sottolineare è che nella questione della libera volontà interagiscono i fattori più disparati (compresa la casualità) ma un aspetto importante è proprio quello della interazione sociale che costruisce le nostre scelte e soprattutto la nostra possibilità di avere scelte più o meno "ampie". Ed è per questo che la questione della libera volontà è collegata con quella etico/politica, fino a quella pedagogica e di Kultur (come avrebbe amato dire il mio simpatico amico cocainomane, Sigmund Freud).
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Donalduck

Citazione di: Phil il 03 Gennaio 2021, 16:31:19 PM
Affermare che «la volontà vuole» o che non può autocondizionarsi, non mi pare comporti un regresso all'infinito (quale?): uso il verbo «volere» semplicemente per individuare l'attività della volontà; se preferisci si può usare, ad esempio, la forma «io voglio», sebbene più che parlare di «io» mi sembra pertinente parlare nel dettaglio di «volontà» (anche se capisco risulti talvolta più ambiguo). Il chiedersi come funziona (v. sopra e post precedenti) credo sia, opinione mia, una questione sensata (seppur forse troppo ostica), tanto quanto chiedersi come funzionano la psiche o la libido o altri fattori "mentali" che condizionano le nostre azioni.
Provo a spiegarmi in un altro modo. L'idea secondo me senza senso è quella di applicare il concetto di volontà alla volontà stessa. Un po' come il concetto di autocoscienza. Se si analizza da un certo punto di vista (del tutto sterile, a mio parere) si può considerare il fatto che l'autocoscienza implica la coscienza dell'autocoscienza, o autoautocoscienza, e così via all'infinito, senza aggiungere nulla al concetto stesso e senza dar nessun contributo alla comprensione di alcunché. Il che, secondo me, dimostra che certi sentieri del pensiero astratto non portano da nessuna parte.

Per quanto riguarda il "come funziona" ho già espresso il mio pensiero in un post precedente:
Citazione
La volontà, la scelta, l'arbitrio sono per forza vincolati, ossia fanno parte di quel grande insieme di nessi, di relazioni che costituisce la nostra realtà. Non c'è nulla di non correlato, di non connesso. Ma in questa rete di relazioni si possono distinguere dei centri decisionali, che sono innanzitutto centri di elaborazione. Centri in cui si elaborano grandi quantità di informazioni e queste elaborazioni danno luogo a esiti e azioni. Quando questi centri di elaborazione sono viventi i risultati dell'elaborazione si chiama volontà. Quanto è libera questa volontà? Dipende; in ogni caso non può essere assoluta, perché l'assoluto non appartiene alla realtà.

bobmax

Ciao Donalduck

La libertà assoluta non c'entra nulla.
Perché coincide con il caso.
Ossia manifestazione del Caos.

E questo è l'abisso.

Qui stiamo parlando della libertà del volere.

Un conto è la libertà, un altro la volontà.

Perché io posso volere un'infinità di volte, ma in ognuna di queste, se ben osservo... questa mia volontà era condizionata da altro che non me stesso.
E se non trovo nulla... ebbene è stato il caso!
Ed è proprio qui che non si risponde in merito, se non "lo constato".

Far coincidere la libertà con lo stesso volere, come fai tu, può avere solo una giustificazione: trattasi di un fenomeno trascendente.
Perché se no bisognerebbe dire da dove si origina questa libera volontà.

E pure su questo punto non rispondi...

I paradossi di Zenone non sono elaborazioni concettuali astratte. Ma concrete!
Ho capito benissimo cosa vorresti intendere.
Il  pensiero razionale non ha la pretesa di spiegare totalmente la realtà, ma di portarci al limite.
Limite che tu ti rifiuti di affrontare.

Infatti affermare che i paradossi "cercano di connettere indebitamente il pensiero astratto con quello riferito alla realtà sensibile, all'esperienza" in sostanza cosa significa? Che non sono in fin dei conti delle idiozie, se relative alla realtà sensibile?

Mentre è proprio la realtà che descrive Zenone.
Che non è un qualcosa da cui possiamo prescindere perché tanto è inarrivabile...

Perché ci scuote, nel profondo. Ci costringe a chiederci chi siamo. Ci dà una possibilità, pur remota, nell'affrontare il male!
Se però ragioniamo solo con l'esperienza empirica, allora potremmo ancora credere al Sole che gira attorno alla Terra...
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Citazione di: donquixote il 03 Gennaio 2021, 17:24:10 PM
Credo che la locuzione "libero arbitrio" contenga in sé una contraddizione che ha alimentato nei secoli innumerevoli (e inutili) discussioni senza venire a capo di nulla. Diverso è infatti dire "l'uomo possiede il libero arbitrio" (oppure non lo possiede) e dire "l'uomo è libero" (oppure non lo è). Il fatto che si usino entrambe le frasi alternativamente come se fossero equivalenti non fa altro che aumentare la confusione. Infatti si può ritenere (come io ritengo) che l'uomo è libero ma non possiede il libero arbitrio.

In che senso è libero?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Jacopus

Forse un modo diverso per affrontare il problema è considerare la libera volontà come un processo evolutivo. Il suo esprimersi è correlato con la sempre maggiore incidenza degli spazi creativi dell'uomo grazie alla sua tecnè, che ben lungi da essere solo strumento, diventa anche modello per esprimere sè stessi e definire una propria impronta. Se si guarda alla storia naturale è evidente che un maggior repertorio di risposte è proprio delle specie che hanno acquisito delle tecniche, magari solo quella di mettere delle pietruzze su una bottiglia per bere (come fanno i corvi). Parlare di libera volontà a proposito di un batterio o di un alga mi sembrerebbe coraggioso. Già di fronte ad un cane qualche domandina me la farei, e ancor di più di fronte ad un maschio adulto di scimpanzè che uccide un suo competitore intraspecifico invece di limitarsi a vincerlo nella lotta. La libera volontà è insita nei trilioni di sinapsi che conserviamo nel cervello? Questa effettivamente è una caratteristica che ci distingue notevolemente da ogni altro essere vivente conosciuto.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Sull'assist "evolutivo" di Jacopus e parafrasando Galileo direi "se la natura si è presa la briga di realizzare sistemi nervosi centrali così complessi e multifunzionali è perchè ce ne servissimo, non per ridurre il tutto a quattro formulette metafisiche catechistiche".

La crescente complessità delle nostre funzioni neurologiche decisionali è in rapporto alla infinita variabilità di situazioni che un anima-le deve affrontare nella "res-extensa" in cui è immerso e si gioca la vita. I bit neuronici che si sono via via aggiunti durante l'evoluzione di specie sempre più multi-tasking hanno aumentato anche i gradi di libertà della loro esistenza fino al grande salto tecnologico nella specie umana che ha ampliato esponenzialmente il grado di libertà evolutiva naturale. Di concerto sono aumentate anche le resistenze ambientali a tale espansione specista, stimolando dialetticamente la ricerca di nuove soluzioni ai problemi - extra ed intra moenia - creati dagli umani .

In tale processo si attua una sempre maggiore importanza del momento decisionale tra opzioni che aumentano in numero e complessità. Crescendo il grado di libertà (lavoro, gelato, granita, politica, hobby, visioni del mondo,...) cresce anche la responsabilità di fronte alle posizioni assunte, ponderata in rapporto ai fondamenti et(olog)ici che vengono mobilitati. I quali introducono al mondo ancora meno deterministico, e più stimolante verso la libertà, dei valori. Inclusiva pure di aspetti autogeni, Phil, ad esempio nella ricerca. Esteriore, nella conoscenza dell'universo, ed interiore, nello spirito raccomandato dall'oracolo di Delfi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Phil

Citazione di: Alexander il 03 Gennaio 2021, 16:47:00 PM
La gazzella non è costretta ad affrontarlo, perché ha altre scelte possibili, ma lo fa sulla base di condizioni (e in altro frangente magari agire in modo diverso).
Rispondere alle domande (gentilezza forse un po' fuori moda, ma che gradisco ancora) fa sempre bene alla discussione; questa tua risposta arriva infatti al nucleo del (mio) discorso: la gazzella non ha costrizioni esterne che la spingano ad affrontare il leone ed ha contestualmente altre scelte possibili (la fuga, restare a guardare, emettere versi, etc.). Se consideriamo invece anche l'"interno" di Ornella, ovvero la sua volontà, possiamo ancora affermare che aveva realmente altre scelte? La sua volontà, connessa al suo "carattere", alla sua genetica, etc. avrebbe, in quella situazione specifica, potuto anche spingerla alla fuga o era inevitabile che la sua volontà (plausibilmente non una "tabula rasa") la spingesse ad intervenire (in quella determinata occasione con tutti i dettagli del caso)? La domanda mira quindi adesso all'interno di Ornella, alla sua volontà.
Certo, trattandosi di un evento singolo, non lo sapremo mai e potremmo concludere che non importa, è irrilevante, etc. tuttavia se allarghiamo la casistica può emergere una certa tendenza (i patterns giustamente citati da Jacopus) che forse rende sempre meno opportuno parlare di "libertà di volere" di Ornella e sempre più di comportamento come risultante deterministica di un condizionamento, sia esterno (del contesto) che interno (per noi umani: della forma mentis, del carattere, dei meccanismi psicologici consolidati, etc.) senza per questo considerare la coscienza/mente/altro qualcosa di rigido o chiuso, piuttosto qualcosa di strutturato, ricettivo e non casuale. Il determinismo infatti, se applicato alle scelte umane, non prevede il reagire sempre allo stesso modo di fronte alla stessa situazione (ammesso e non concesso che possa essere esattamente identica), perché ciò che cambia, come minimo, è appunto la condizione del soggetto (livello di stress, parametri biologici, pensieri antecedenti l'evento, etc.), i suoi vissuti accumulati, l'elaborazione delle sue esperienze pregresse, etc. che condizioneranno la reazione quando l'individuo si troverà nuovamente (in entrambi i sensi) in una situazione apparentemente simile. Questo dinamismo rende l'ipotesi del determinismo tendenzialmente inverificabile (il che non comporta però che la "libertà di volere" sia più verificabile o più attendibile).

Passiamo dunque (seguendo il diligente consiglio di Jacopus) agli esseri umani (e ad uno che conosco un po'): se sono alla guida della mia auto, in ritardo per un appuntamento importante, il semaforo è appena diventato rosso, è di quelli che "dura un'eternità", di fronte a me (tanto per essere originali) una mamma con annessa carrozzina mi attraversa la strada... esternamente, ho oggettivamente la possibilità di partire a razzo con l'auto, anticipando il verde delle altre corsie, rischiando di travolgere la carrozzina ed evitando di accrescere irrimediabilmente il ritardo. Nulla me lo impedisce: sono io l'unico alla guida dell'auto, non ci sono ostacoli fisici fra me e la carrozzina e sono certo che la mia auto può agevolmente spazzarla via. La mia volontà (non quella di un uomo in generale) potrebbe, in quella specifica situazione, contemplare la possibilità di compiere tale gesto? Rispettare il rosso, non travolgendo la carrozzina, è davvero una libera scelta, oppure per come funziona/è la mia volontà (solitamente, da sobrio, etc.), è inevitabile che io voglia restare fermo al semaforo (cioè non possa volere altrimenti, quindi nessuna libertà, bensì "scelta obbligata", ovvero, in fondo, non-scelta)? Perché la mia volontà, fino a prova contraria, tende a scegliere di non arrotare passeggini? Perché è libera o perché è condizionata da altro più "a monte" (come dicevo qualche post fa)?
L'esempio è chiaramente estremo e non va preso troppo sul serio (o cavillato ad hoc), ma forse può aiutare almeno a spiegare a cosa alludo quando chiedo se è scontato che Ornella abbia davvero compiuto una libera scelta, andando a sfidare il leone, oppure quando metto in discussione che la volontà produca scelte libere, ma piuttosto reazioni deterministicamente causate dalla specifica condizione mentale, situazionale, etc. che forse non potrebbero essere differenti da quelle che vengono di fatto compiute (per cui la libertà di scelta è magari solo esterna, apparente, funzionale per il funzionamento di alcuni paradigmi socialmente utili, ma non autentica).


P.s.
Se, per inciso, si parlasse antropologicamente della "evoluzione della libera volontà umana", intendendo in generale l'elaborazione di riposte sempre più complesse, "tecniche" o altro, agli input esterni, sarei, per quel che vale, fra quelli che non sentirebbero la nostalgia dell'aggettivo «libera» (la cui assenza lascerebbe un vuoto utile per iniziare a riflettere sul suo effettivo ruolo).

Jacopus

CitazionePassiamo dunque (seguendo il diligente consiglio di Jacopus agli esseri umani (e ad uno che conosco un po'): se sono alla guida della mia auto, in ritardo per un appuntamento importante, il semaforo è appena diventato rosso, è di quelli che "dura un'eternità", di fronte a me (tanto per essere originali) una mamma con annessa carrozzina mi attraversa la strada...esternamente ho oggettivamente la possibilità di partire a razzo con l'auto, anticipando il verde delle altre corsie, rischiando di travolgere la carrozzina ed evitando di accrescere irrimediabilmente il ritardo. Nulla me lo impedisce: sono io l'unico alla guida dell'auto, non ci sono ostacoli fisici fra me e la carrozzina e sono certo che la mia auto può agevolmente spazzarla via. La mia volontà (non quella di un uomo in generale) potrebbe, in quella specifica situazione, contemplare la possibilità di compiere tale gesto? Rispettare il rosso, non travolgendo la carrozzina, è davvero una liberascelta, oppure per come funziona/è la mia volontà (solitamente, da sobrio, etc.), è inevitabile che io vogl restare fermo al semaforo (cioè non possa volere altrimenti, quindi nessuna libertà, bensì "scelta obbligata", ovvero, in fondo, non-scelta)? Perché la mia volontà, fino a prova contraria, tende a scegliere di non arrotare passeggini? Perché è libera o perché è condizionata da altro più "a monte" (come dicevo qualche post fa)?L'esempio è chiaramente estremo e non va preso troppo sul serio (o cavillato ad hoc), ma forse può aiutare almeno a spiegare a cosa alludo quando chiedo se è scontato che Ornella abbia davvero compiuto una libera scelta, andando a sfidare il leone, oppure quando metto in discussione che la volontà produca scelte libere, ma piuttosto reazioni deterministicamente causate dalla specifica condizione mentale, situazionale, etc. che forse non potrebbero essere differenti da quelle che vengono di fatto compiute (per cui la libertà di scelta è magari solo esterna, apparente, funzionale per il funzionamento di alcuni paradigmi socialmente utili, ma non autentica).

Restando fedeli al tuo esempio, il tuo automobilista in ritardo lo associ ad una situazione tipicamente digitale on/off. Nella fattispecie ON (investire la carrozzina), OFF (aspettare il verde). Nella realtà, e qui inevitabilmente mi associo a quanto scritto da Donalduck, siamo immersi in un continuum di decisioni e mezze decisioni, che a loro volta implicano decisioni successive. Potresti anche aspettare imprecando contro la signora, che si fermerebbe impaurita facendoti perdere altro tempo. Oppure potresti passare con il rosso, riuscendo ad evitare la carrozzina con una manovra acrobatica. Oppure aspettare ma dopo avresti talmente rosicato, che al lavoro saresti stato pieno di rabbia e di livore, finendo con litigare con un tuo collega che, casualmente si chiama Carrozzino. Oppure avresti potuto prendere tutto con calma, rassegnandoti al ritardo. Questa rassegnazione sarebbe rimasta a covare dentro di te, come una frustrazione, oppure avresti incolpato te stesso, come di un eterno ritardatario, finendo per scendere in uno stato depressivo che ti farà decidere di non andare a teatro. Questa è la vita quotidiana, concatenata da tanti fatti più o meno situazionali, connessi al livello di serotonina/andrenalina/gluttamato/dopamina che il nostro organismo rilascia nei vari tempi della giornata.
Ma se tu sei in ritardo magari dipende dal fatto che hai dovuto accompagnare i figli a scuola, perchè l'assessore ha tolto i pulmini, per via di un taglio al bilancio, e magari ha incassato una mazzetta da una ditta che fa un servizio peggiore.
Un altro automobilista in un paese meno corrotto, invece arriva in orario e non deve dibattere interiormente se investire un infante in carrozzina oppure no, a totale beneficio della sua salute mentale.
Tutto ciò per dire che la nostra libera volontà e i nostri pensieri sono correlati a quanto accade intorno a noi e a quanto fanno i nostri simili, ma nei limiti dei nostri poteri anche noi possiamo influenzare il nostro ambiente e così via. Insomma non abbiamo super-poteri. Siamo molto condizionati da una serie molto varia e complessa di fattori, ma siamo, nello stesso tempo un fattore delle decisioni altrui.
Ed è per questo, lo ripeto ancora, che la questione del libero arbitrio va sempre connessa con la questione etica, poichè una certa visione etica produrrà azioni di un certo tipo che influenzeranno l'ambiente circostante. Insomma, è un mondo di meme, dove vi è una lotta per la soppravvivenza del meme più forte. E fra i meme esiste anche quello della "libera volontà", a cui mi aggrego felicemente, consapevole che altri meme affermano altro o quasi-altro, o quasi-quasi-altro.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

donquixote

Citazione di: bobmax il 03 Gennaio 2021, 17:47:56 PM
Citazione di: donquixote il 03 Gennaio 2021, 17:24:10 PM
Credo che la locuzione "libero arbitrio" contenga in sé una contraddizione che ha alimentato nei secoli innumerevoli (e inutili) discussioni senza venire a capo di nulla. Diverso è infatti dire "l'uomo possiede il libero arbitrio" (oppure non lo possiede) e dire "l'uomo è libero" (oppure non lo è). Il fatto che si usino entrambe le frasi alternativamente come se fossero equivalenti non fa altro che aumentare la confusione. Infatti si può ritenere (come io ritengo) che l'uomo è libero ma non possiede il libero arbitrio.

In che senso è libero?
Nel senso che, al pari degli altri esseri, gode della libertà tipica della sua natura, che ovviamente non può essere assoluta dato che la sua natura è quella di un essere limitato, finito, e dunque la sua libertà sarà limitata appunto dalla sua natura umana come ad esempio la libertà di un leone sarà limitata dalla sua natura leonina. La libertà infatti altro non è, essenzialmente, che la possibilità di ogni ente di poter essere ciò che è, di poter esprimere la propria natura.
Se questo è il punto di partenza il passo successivo è affermare che l'uomo, che nasce libero, nel corso della vita diminuisce questa sua libertà, e in seguito che l'uomo occidentale moderno è il meno libero che sia apparso nella storia, anche se paradossalmente afferma il contrario. Se infatti l'uomo è, come è, un animale sociale, dovrà innanzitutto adattarsi alle regole vigenti nella società in cui vive, che sono a tutti gli effetti delle "gabbie" da cui non può uscire pena l'alienazione sociale, che ovviamente limitano ulteriormente la sua libertà. Se le regole sono poche e semplici la libertà degli individui è maggiore, ma se le regole sono tante e complicate allora anche la libertà individuale diminuirà proporzionalmente: nelle società cosiddette "complesse" le norme sono pressoché infinite e costantemente variabili, per cui è facile trarne le conseguenze. Se il primo aspetto riguarda l'ambiente sociale in cui si vive che condiziona e quindi limita la libertà degli individui, ovvero la famosa "libertà da" (e sia detto en passant a me pare assai ridicola la polemica "democrazia/dittatura", come se avere o meno la possibilità di criticare, o magari insultare, gli uomini di potere fosse chissà quale "libertà"), il secondo  aspetto riguarda invece la cosiddetta "libertà di" ovvero quel che si intende con la locuzione "libero arbitrio".
La volontà razionale in questo caso, ovvero l'arbitrio, è sempre mossa da qualche condizionamento, e spinge l'uomo all'azione rispondendo ad una esigenza, un bisogno, un desiderio o una tentazione che proviene dall'interno dell'uomo stesso, oppure alla re-azione sollecitata da un condizionamento esterno al medesimo; in entrambi i casi la volontà si attiva sulla base di condizionamenti e quindi non certo per un mero anelito di libertà. Parlare di "libero arbitrio" è dunque contradditorio perché la volontà, l'arbitrio, non sarà mai "libero". La cosiddetta "libertà di scelta" non esiste per il semplice fatto che ogni scelta volontaria e consapevole, per il solo fatto di essere volontaria e consapevole,  non sarà mai "libera" da condizionamenti. A maggior ragione poi se si aggiunge l'aggettivo "responsabile" alle decisioni che uno prende o alle scelte che uno fa: la responsabilità, mai disgiunta di questi tempi dalla libertà, inserisce ulteriori condizionamenti per cui la percentuale di libertà diminuirà ulteriormente.
Per questo Theodor Adorno diceva che "la libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta", ed è così perché ogni scelta, ovvero ogni affermazione della propria volontà, è dipendente da qualche condizionamento, esterno o interno all'uomo, mentre la libertà è semplicemente l'assenza di condizionamenti. Si tende di questi tempi a pensare che più opportunità, più possibilità vi siano fra cui scegliere e più aumenti la libertà, mentre invece è il contrario perché la libertà aumenta per sottrazione: ogni possibilità è un potenziale condizionamento, e quanto più queste saranno tanto meno libertà sarà disponibile, poiché nessuno sarà più in grado di resistere a tutti.
Non c'è cosa più deprimente dell'appartenere a una moltitudine nello spazio. Né più esaltante dell'appartenere a una moltitudine nel tempo. NGD

Donalduck

Citazione di: bobmax il 03 Gennaio 2021, 17:45:07 PM
La libertà assoluta non c'entra nulla.
Perché coincide con il caso.
Ossia manifestazione del Caos.
E questo è l'abisso.
Continui a inserire concetti non spiegati, e le maiuscole non aiutano. Dire che qualcosa è "dovuto al caso", in senso generale, coincide in tutto e per tutto col dire che qualcosa "è accaduto", non aggiunge nulla e non ha alcun contenuto informativo, se non riguardo alla incapacità di chi parla di risalire alle cause. Può avere maggior contenuto informativo solo se cisi riferisce a un determinato contesto. In un preciso contesto qualcosa è casuale perché le cause non appartengono a quel contesto. Quindi siamo sempre lì, se si parla in generale, in assoluto, niente ha senso, perché qualunque cosa perde ogni senso logico quando lo si proietta nell'immaginario "assoluto". E credo che enunciare vocaboli evocativi ma di significato oscuro, con o senza maiuscole, non risolva la situazione.

Citazione
Qui stiamo parlando della libertà del volere.
Un conto è la libertà, un altro la volontà.
Ho già affermato che non sono d'accordo. Quale sarebbe allora la differenza tra un atto volontario e un atto involontario, dal momento che entrambi sarebbero eterodeterminati? Quale sarebbe la peculiarità dell'atto volontario, se non la sua autodeterminazione, il suo essere il risultato di una elaborazione, di un vaglio di un certo numero di dati in vista di un fine? Non basta fare asserzioni , bisogna anche giustificarle.

Citazione
Perché io posso volere un'infinità di volte, ma in ognuna di queste, se ben osservo... questa mia volontà era condizionata da altro che non me stesso.
E se non trovo nulla... ebbene è stato il caso!
Ed è proprio qui che non si risponde in merito, se non "lo constato".
Certo che la volontà è condizionata, tutto è condizionato da qualcos'altro, proprio perché ogni cosa e interconnessa, e non può essere altrimenti. Ogni cosa, ogni fenomeno, riceve esistenza, senso e identità dalle sue relazioni con altre cose e altri fenomeni, ogni entità è definita da altre entità per mezzo delle sue relazioni. Qualunque cosa, isolata dal contesto (cosa in realtà impossibile) smetterebbe di esistere.

Citazione
Far coincidere la libertà con lo stesso volere, come fai tu, può avere solo una giustificazione: trattasi di un fenomeno trascendente.
Perché se no bisognerebbe dire da dove si origina questa libera volontà.
E pure su questo punto non rispondi...
Rispondere a cosa? Ho già detto e ripetuto che considero quello che tu chiami "fenomeno trascendente" come qualcosa che, qualunque sia la sua modalità di esistenza, si situa oltre i confini della razionalità. Con queste premesse, su di esso si possono solo fare domande senza senso a cui dare risposte senza senso.
Se tu invece pensi che su questi "fenomeni trascendenti" si possa indagare e trovare spiegazioni e risposte sensate a domande sensate, dovresti dimostralo, anzi mostrarlo praticamente. E non certo con frasi sibilline a cui ognuno può dare il significato che gli pare.

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I paradossi di Zenone non sono elaborazioni concettuali astratte. Ma concrete!
Ho capito benissimo cosa vorresti intendere.
Non si direbbe, se fai affermazioni del genere. Non credi che dovresti quantomeno spiegare in che senso sarebbero concrete, dal momento che si riferiscono a impossibili, inesperibili infinità e infinitesimi?

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Il  pensiero razionale non ha la pretesa di spiegare totalmente la realtà, ma di portarci al limite.
Limite che tu ti rifiuti di affrontare.
E cosa ci sarebbe da affrontare? E soprattutto in che modo? Dal mio punto di vista l'unica cosa da affrontare qui è l'incapacità di accettare questi limiti, che portano a circoli viziosi, ermetismi lirici o quant'altro una coscienza che gira in folle possa escogitare.
Mi rifiuto di cercare spiegazioni razionali di qualcosa che non è razionalizzabile come mi rifiuto di tentare di spiccare il volo agitando le braccia o di cercare di scacciare le mosche urlando loro delle minacce.
Non escludo che possa esserci qualche modo di "affrontare" (qualunque cosa possa significare) questo "oltre i limiti", ma anche tu finisci con l'ammettere che non lo si potrebbe fare con strumenti razionali (quelli che si usano e sono pertinenti in una discussione filosofica come questa), che è appunto quello che continuo a ripetere.

Citazione
Infatti affermare che i paradossi "cercano di connettere indebitamente il pensiero astratto con quello riferito alla realtà sensibile, all'esperienza" in sostanza cosa significa? Che non sono in fin dei conti delle idiozie, se relative alla realtà sensibile?
Ma che ragionamento è? Che c'entra l'idiozia? I paradossi di Zenone mostrano che quando si ragiona in termini di infinito o infinitesimo e si tenta di considerarli come "reali", si cade inevitabilmente in contraddizione, perché si tratta di qualcosa che non appartiene all'esperienza, ossia alla nostra realtà "esterna", fisica, che contiene solo il finito, il limitato. L'errore consiste nel trasferire entità di un contesto (ideale) in un altro contesto (fisico) a cui non appartengono.
Non a caso gli "infiniti" sono la bestia nera che i fisici fanno di tutto per evitare. Perché quando si arriva a un'infinità in una formula matematica quella formula non risolve nulla e risulta inutile. Infinite soluzioni e nessuna soluzione finiscono col coincidere.

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Mentre è proprio la realtà che descrive Zenone.
Che non è un qualcosa da cui possiamo prescindere perché tanto è inarrivabile...
Non è questione di prescindere, ma di non attribuire indebite corrispondenze tra entità appartenenti, come ho già detto, a diversi contesti, a diversi piani di realtà.

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Perché ci scuote, nel profondo. Ci costringe a chiederci chi siamo. Ci dà una possibilità, pur remota, nell'affrontare il male!
Non ti accorgi che qui, come altre volte, parti per la tangente e perdi ogni legame logico con quello di cui si parla? Che passi senza soluzione di continuità, ma anche senza legami logici, da problemi razionali o presunti tali a Amore, Trascendente, Bene e Male, figli che si ricongiungono al padre, e che così facendo annulli ogni contenuto comunicativo dei tuoi discorsi? O che lo rendi talmente vago che risulta praticamente equivalente a nessun contenuto?

La nostra esperienza di vita è immersa nel mistero, e questo può essere ignorato oppure preso in considerazione, nel qual caso può capitare di essere "scossi nel profondo". E anche le persone più superficiali sentono questa scossa quando in un modo o nell'altro si ritrovano ad aver a che fare con la morte.
Ma due sono le cose: o si trova un modo per andare oltre la razionalità, trovando legami e significati (ma trovandoli sul serio, non fantasticandoci sopra e basta) che non sono esprimibili razionalmente, oppure si cerca di placare l'inquietudine e di accettare semplicemente il mistero e il fatto che resti tale.

Ciò che non può essere espresso razionalmente può essere espresso in forma poetica o più in generale artistica, oppure si può cercare di raccontarlo, di raccontare l'esperienza vissuta che l'ha portato alla coscienza.
Se c'è qualcosa che puoi e vuoi raccontare, c'è nel forum un'apposita sezione Percorsi ed esperienze, ma in questa sede mi sembra fuori luogo cercare di portare i discorsi al di fuori della razionalità. In un precedente post, hai parlato di "aprirti", il che mi fa pensare che forse qualcosa da dire (al di là delle razionalizzazioni e delle frasi sibilline) ce l'hai.

Jacopus

Intanto ben tornato, Don Quixote e data la densità del tuo intervento sono obbligato a rispondere.
Noto, nel tuo discorso, dei punti che mi sembrano non coerenti. Infatti inizi il tuo commento paragonando l'indole leonina che si afferma "leoninamente" a quella umana, che dovrebbe affermarsi "umanamente".
Sembra però che ad un certo punto, le istituzioni, la storia, la società, abbiano ingabbiato l'uomo rendendolo meno libero ora, di quando vi era la schiavitù. Sia ben chiaro, il discorso lo conosco ed ha in Rousseau il suo primo archetipo. Ma la domanda è: le istituzioni, la storia, le società sono in qualche modo l'indole dell'uomo che si afferma, oppure vi è stato qualche ingranaggio che si è inceppato e l'uomo è stato alienato dalla sua condizione di libertà?
Il mio parere è, confrontando la storia, che il nostro livello di libertà è infinitamente superiore a quello di cui potevo godere nel 1200, allorquando il mio status era definito dalla nascita. Se mio padre faceva il becchino, anch'io e i miei fratelli avremmo fatto i becchini, con santa rassegnazione e buona pace per ogni tipo di attitudine.
Sulla complessità delle società moderne e le tante norme anche contraddittorie a cui dobbiamo sottostare, credo che sia sufficiente dire che sono il risultato necessario proprio di tutte le possibili alternative che abbiamo di fronte. Una società medievale non legiferò sul diritto alla trasfusione o non trasfusione di sangue a favore di un testimone di Geova, semplicemente perché non era possibile trasfondere il sangue.
La semplicità delle società del passato, a meno che non si voglia risalire all'uomo di Neanderthal, è inoltre una visione vera fino ad un certo punto. Basti pensare alle infinite giurisdizioni esistenti, per cui un sacerdote poteva essere giudicato solo da una corte ecclesiastica, anche per reati comuni, un soldato da un corte militare e così via, fino alle corti per gli artigiani e per i commercianti. Per non parlare della possibilità, in caso di punizioni corporali, che la pena venisse sofferta da un servo, che si offriva (non proprio volontariamente) al posto del padrone.
Sulla affermazione incidentale della irrilevanza di differenze fra dittature e democrazie, sono davvero molto, molto lontano da quanto hai affermato, ma non posso dire altro perchè andrei sicuramente fuori argomento, allungando ulteriormente questo polpettone indigesto, che state leggendo.
Che la nostra libertà sia condizionata è stato già detto e ridetto, come ho già affermato che il termine libero arbitrio è pessimo. Termine che nei paesi anglosassoni viene espresso con "free willing", volontà libera, che mi sembra più accettabile (su cosa sia la volontà non libera, non mi dilungo, ma esiste anche una volontà non libera, ad esempio quella dei riflessi condizionati, per cui agiamo come se avessimo un pilota automatico).
Che le troppe possibilità di scelta rendano difficoltosa la scelta è anche questo vero. Al punto da renderla addirittura impossibile. Occorre in qualche modo addestrare la nuova umanità anche a questo nuovo ambiente antropico, che ritengo molto più "free willing oriented" di quello rigidamente castale del passato.
Non viviamo nel migliore dei mondi possibili, ma quelli che ci hanno preceduto, con buona pace di Theodor Wiesengrund Adorno, non erano questo paradiso di buone maniere e di armonia e di fratellanza, constatazione ben nota anche ad Adorno, che risolveva tutta la questione attraverso una giusta "pars destruens" a cui però non seguiva una altrettanto necessaria "pars costruens", se non attraverso il rifugio dato dall'arte.
A proposito di scuola di Francoforte, mi hai fatto tornare in mente l'Angelus Novus di Benjamin, "ciò che chiamiamo tempesta è questo progresso". Tutto vero, per carità, non sarò certo qui a confutare il percorso che dall'Illuminismo porta direttamente ad Auschwitz. Ci sono molte prove, robuste, in merito. Ma la storia la vedo come un fiume, con mille rivoli che scorrono accanto e lungo la narrazione principale, e che la intersecano, portando nuove acque che si mescolano e che rendono difficile dichiarare in modo definitivo: "quest'acqua e migliore di quell'altra".
Ed è la soluzione di Damiel quella più interessante. Damiel, l'angelo di "Il cielo sopra Berlino", di fronte alla tempesta del progresso, decide di lasciare il luogo del dominio, il cielo e farsi uomo, mortale, per inseguire il suo sogno d'amore. Ed in questo ricorda da vicino un altro uomo che si è fatto tale ed ha abbandonato il cielo, siglando in questo modo una tappa importante del processo culturale dell'uomo.
Si potrebbe parlare a lungo del significato che ha la venuta di Cristo, di un Dio che diventa carne, in termini di libera volontà, ma andremo sicuramente off topic e probabilmente anche off sezione.
Quello che mi preme dire, concludendo il discorso, è che la tua visione è molto radicale e nega positività a tutto il processo di civilizzazione dell'occidente da Omero in poi, ma di questo credo che tu sia consapevole.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

InVerno

Citazione di: donquixote il 03 Gennaio 2021, 17:24:10 PM
Credo che la locuzione "libero arbitrio" contenga in sé una contraddizione che ha alimentato nei secoli innumerevoli (e inutili) discussioni senza venire a capo di nulla. Diverso è infatti dire "l'uomo possiede il libero arbitrio" (oppure non lo possiede) e dire "l'uomo è libero" (oppure non lo è). Il fatto che si usino entrambe le frasi alternativamente come se fossero equivalenti non fa altro che aumentare la confusione. Infatti si può ritenere (come io ritengo) che l'uomo è libero ma non possiede il libero arbitrio.
Io direi che il problema sta proprio nel concetto di "libertà" perchè è un termine che accende immendiatamente una seria di connessioni linguistiche e concettuali con idee romantiche e sentimentali, in opposizione netta tralaltro a una serie di altri concetti che modernamente hanno un accezione immediatamente negativa (es. la servitù), ne deriva che le persone non riescono a pensare a questo tema in termini specifici senza tirare in ballo una serie di considerazioni che ruotano intorno al concetto romantico di "libertà", siano esse in antitesi o coniugate. Per esempio, molti inferiscono che abbandonare il concetto di "libero arbitrio" significhi in qualche modo abbandonare la responsabilità morale delle proprie azioni, quando in realtà diversi studi hanno messo in luce l'esatto contrario (es. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5239816/). Il punto è che dal punto di vista fisico il concetto di libero arbitrio non ha alcun senso, ma ce l'ha dal punto di vista umano perchè stabilisce semplicemente che le azioni di un determinato essere vivente non sono predicibili, ovvero è di difficile manipolazione, e la questione non cambierà, se non attraverso l'ausilio di potenza di calcolo esterna. Io partirei dal scartare l'idea che il "libero arbitrio" sia una sorta di club esclusivo dal quale si è dentro o fuori, anzichè un fattore prospettico che varia a seconda dell'osservatore e dell'osservato.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

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