Credete nel libero arbitrio?

Aperto da Socrate78, 25 Dicembre 2020, 17:21:25 PM

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Il_Dubbio

Citazione di: iano il 21 Maggio 2024, 20:34:54 PME' significativo che Einstein, per evocare il puro caso faccia un esempio, il gioco dei dadi, in cui il caso viene solo simulato, perchè evidentemente un esempio di puro caso non c'è.
Ora, se l'ipotesi di puro caso funziona per la meccanica quantistica, noi in genere cosa ne parliamo a fare se un esempio di puro caso non lo possiamo produrre?
Da cosa deriva la necessità di assumere questo concetto metafisico al di fuori di una teoria?


Allora senza che ciò che dico sia preso per forza per vero, una risposta io me la sono data. 
Il puro caso (quello ontologico) funziona anzi è addirittura necessario perchè è l'unico modo che la natura avrebbe per rispettare le probabilità date. 
Ti faccio un esempio intuitivo. Io scappo da un leone che mi rincorre, ad un certo punto io so gia che ho tre possibilità di continuare a scappare, vado dritto ma c'è un burrone e muoio, giro a sinistra ma è un'altra strada lunga senza uscita (prima o poi il leone mi prende) giro a destra dove c'è un casolare, entro chiudo la porta e sono salvo. 

Vista da fuori io avrei tre possibilità di scappare, ovvero asetticamente tre valori possibili. 
Se ragioniamo secondo un criterio deterministico e logico tutti gireranno a destra verso il casolare. 
La m.q. non ragiona in questi termini. La m.q. ti da delle probabilità (facendo una operazione matematica) che un valore venga misurato. Ammettiamo di avere appunto tre possibilità. Se le probabilità sono del 33% per ciascuna opzione, allora l'individuo che arriva al bivio non è determinato da nulla se no dal fatto che ha il 33% di probabilità di scegliere una delle tre opzioni. E' quindi proprio il fatto che non sono determinati da nulla di piu che dalle probabilità concesse, che ci permette di misurare, dopo tanti esperimenti, che quelle probabilità sono rispettate (proprio come affermano gli esperimenti di m.q.).  
Quindi il caso ontologico serve eccome, altrimenti non si comprenderebbe come mai proprio quelle probabilità e non altre, vengano rispettate.

iano

#586
Citazione di: Il_Dubbio il 21 Maggio 2024, 23:07:57 PMAllora senza che ciò che dico sia preso per forza per vero, una risposta io me la sono data.
Il puro caso (quello ontologico) funziona anzi è addirittura necessario perchè è l'unico modo che la natura avrebbe per rispettare le probabilità date.

Se le probabilità sono date è sufficiente ipotizzare un dado di forma tale che le produca.
Allora sospetto che se la meccanica quantistica abbia evocato il puro caso come necessità, in ciò stia una delle chiavi per comprendere la teoria.
La complicazione è che non ci troviamo solo di fronte alla sovrapposizione di stati di una variabile fisica, ma anche a una sovrapposizione di variabili fisiche.
Cioè, l'onda di probabilità matematica che ci dice dove la particella potrebbe stare , si comporta come un onda fisica.
Non giuro su quello che dico, ma così mi pare di aver capito, o così provo a capire.
Se può sembrare strano che un fascio di elettroni si disponga sullo schermo che li intercetta come una figura di diffrazione, e' ancora più strano il fatto che lo stesso succede se lancio gli elettroni uno per volta.
Si potrebbe spiegare tutto ciò con un dado che abbia una forma ad hoc?
Si, credo che si possa fare.
Nell'esperimento delle due fenditure il dado visibile ha appunto la forma di due fenditure, ma da solo non basta a spiegare la distribuzione di particelle sullo schermo.
Però fra le due fenditure e lo schermo è possibile immaginare un altra serie di fenditure invisibili (teoriche più che invisibili) che giustifichino la distribuzione di cui sopra.
Questa è un ipotesi da non confondere con la realtà, perchè confondere le ipotesi con la realtà non è mai na buona idea.
E' un ipotesi che renderebbe conto del perchè non cambia nulla se sparo gli elettroni in un unico fascio, o li sparo uno per volta.
In tal caso sarebbe sufficiente vedere la particella come una sovrapposizione di stati di un unica variabile, la posizione.
Mettendoci di mezzo questo ulteriore dado, a integrazione delle due fenditure, l'onda di probabilità non fà il salto da matematica a fisica.
Non occorre cioè una sovrapposizione di variabili.
E quale sarebbe il vantaggio?
Dal punto di vista fisico nessuno.
Dal punto di vista filosofico farebbe una bella differenza.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Il_Dubbio

Citazione di: iano il 21 Maggio 2024, 23:54:10 PMe' ancora più strano il fatto che lo stesso succede se lancio gli elettroni uno per volta.


ogni elettrone che trova entrambe le fenditure aperte, le supera come sistema (cioè come se le prendesse entrambe) e poi si dispone sulla lastra in fondo tenendo conto della probabilità di distribuzione della funzione d'onda. Nel senso che alla fine l'elettrone deve decide dove impattare, ma lo fa non per un suo capriccio o secondo qualcosa che lo ha determinato inizialmente, ma perchè esiste una probabilità o meglio una distribuzione di probabilità che è ricavata dalla funzione d'onda.
I fisici del tempo presero sul serio la questione che il sistema fosse un'onda o una particella. Bohr ci ricavò un suo principio, quello di complemantarietà. Ma secondo me non è corretto. La cosa corretta e scientificamente approvabile, è che i sistemi si adeguano alle probabilità, e quindi la particella impatta in una zona probabile. Se poi questa assomiglia alla distribuzione di un'onda...per me è solo un caso. O comunque appunto non è dimostrabile che sia un onda. 
Infatti Heisenberg non era molto d'accordo con la formulazione di Schoindiger della m.q. .infatti Heisenberg ne scrisse un'altra, quella delle matrici, che però non ebbe molto successo di "pubblico" solo perche quello ondulatorio era piu "intuibile" o meglio visualizzabile. 

iano

Citazione di: Il_Dubbio il 22 Maggio 2024, 00:10:12 AMInfatti Heisenberg non era molto d'accordo con la formulazione di Schoindiger della m.q. .infatti Heisenberg ne scrisse un'altra, quella delle matrici, che però non ebbe molto successo di "pubblico" solo perche quello ondulatorio era piu "intuibile" o meglio visualizzabile.
Si, interessante la tua lettura della questione, ma ho come l'impressione di averla capita solo perchè a mia volta indegnamente ho provato a scriverne un altra.
Nella mia versione ho evocato un dado teorico, ma pur sempre un dado, che come tale simula il caso.
Per cui dal capire la necessità di chiamare in causa il puro caso resto ancora lontano.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Il_Dubbio

Citazione di: iano il 22 Maggio 2024, 00:55:54 AMSi, interessante la tua lettura della questione, ma ho come l'impressione di averla capita solo perchè a mia volta indegnamente ho provato a scriverne un altra.
Nella mia versione ho evocato un dado teorico, ma pur sempre un dado, che come tale simula il caso.
Per cui dal capire la necessità di chiamare in causa il puro caso resto ancora lontano.
purtroppo il dado non funziona adeguatamente come simulatore di caso in senso ontologico, ma solo di caso in senso epistemico.
Quello che non funziona in questi esempi (anche nel mio, cioè immaginando un uomo che fugge da un leone e che arrivato ad un bivio abbia tre possibilità di fuga) sono quelle che potremmo chiamare "variabili" non controllate o controllabili che farebbero da spinta verso una delle soluzioni possibili. Nel caso ontologico tali variabili non ci sono. 

Prendi ad esempio il dado. Quanto è grande il dado? Come lanci il dado? C'è del vento? Riesci a calcolare la velocità di rotazione del dado? ecc. Tutte queste sono variabili, se riesci a calcolare tutto potresti addirittura prevedere il risultato di ogni lancio. Il caso in questa simulazione vien fuori dal fatto che non puoi calcolare e prevedere tutte le variabili. La tua conoscenza è limitata, quindi quella è una casualità epistemica. 

Ipazia

#590
Probabilmente la complicazione è più epistemica che ontologica e le complicazioni epistemiche la scienza le risolve per la via principale della matematica, individuando funzioni ad hoc.

Anche Einstein per scrivere la relatività generale chiese aiuto ad un matematico esperto di geometria curva tridimensionale, e solo così riuscì a formularla e pubblicarla.

Le difficoltà autenticamente ontologiche prima o poi vengono risolte col miglioramento della tecnologia sperimentale. Dopodiché si possono individuare le funzioni matematiche e completare la teoria.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#591
Citazione di: Il_Dubbio il 22 Maggio 2024, 07:53:56 AMpurtroppo il dado non funziona adeguatamente come simulatore di caso in senso ontologico, ma solo di caso in senso epistemico.
Quello che non funziona in questi esempi (anche nel mio, cioè immaginando un uomo che fugge da un leone e che arrivato ad un bivio abbia tre possibilità di fuga) sono quelle che potremmo chiamare "variabili" non controllate o controllabili che farebbero da spinta verso una delle soluzioni possibili. Nel caso ontologico tali variabili non ci sono.
Se può farlo allora è in grado di giocare a dadi.
Se non può farlo allora no.
In un modo o nell'altro è limitato.

Prendi ad esempio il dado. Quanto è grande il dado? Come lanci il dado? C'è del vento? Riesci a calcolare la velocità di rotazione del dado? ecc. Tutte queste sono variabili, se riesci a calcolare tutto potresti addirittura prevedere il risultato di ogni lancio. Il caso in questa simulazione vien fuori dal fatto che non puoi calcolare e prevedere tutte le variabili. La tua conoscenza è limitata, quindi quella è una casualità epistemica.
Se conoscessimo tutte le variabili potremmo certamente prevedere il risultato di un dado, essendo un dado un sistema deterministico, ma un dado è volutamente un sistema costruito di modo che non  possiamo controllarne le variabili,  rendendo impossibile la previsione, al pari del puro caso.
In tal senso col dado simuliamo il puro caso.
Infatti Einstein quando dice ''Dio non gioca a dadi'' non trova evidentemente altro modo di evocare il puro caso che con una sua simulazione.
Infatti diversamente, se noi giochiamo a dadi, perchè non potrebbe farlo anche Dio?
Dio al pari di noi è capace di costruire sistemi deterministici, e ci mancherebbe, e un dado è un esempio di sistema deterministico.
Ma diversamente da noi non è in grato di simulare il caso, in quanto ha il pieno controllo di tutte le variabili.
Non è cioè in grado di costruire un sistema deterministico così complesso da non riuscire a prevederne il comportamento.
Viceversa, potrebbe Dio costruire un sistema puramente casuale, cioè un sistema  che, una volta costruito, sfugga al suo controllo?
Paradossalmente un potere assoluto diventa un limite.
Se Dio sa, può scegliere di ignorare ciò che sa?
Cioè non di simulare ignoranza, ma scegliere la condizione dell'ignorante.
In un modo o nell'altro c'è un limite al suo libero arbitrio.
Trovare i limiti del libero arbitrio sarebbe un modo indiretto di definirlo.
Il libero arbitrio avrebbe tutte le apparenze della simulazione del caso, se non fosse che siamo noi a scegliere come simularlo.
 
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Il_Dubbio

Citazione di: iano il 22 Maggio 2024, 10:31:18 AMSe conoscessimo tutte le variabili potremmo certamente prevedere il risultato di un dado, essendo un dado un sistema deterministico, ma un dado è volutamente un sistema costruito di modo che non  possiamo controllarne le variabili,  rendendo impossibile la previsione, al pari del puro caso.
In tal senso col dado simuliamo il puro caso.
Infatti Einstein quando dice ''Dio non gioca a dadi'' non trova evidentemente altro modo di evocare il puro caso che con una sua simulazione.
Infatti diversamente, se noi giochiamo a dadi, perchè non potrebbe farlo anche Dio?
Dio al pari di noi è capace di costruire sistemi deterministici, e ci mancherebbe, e un dado è un esempio di sistema deterministico.
Ma diversamente da noi non è in grato di simulare il caso, in quanto ha il pieno controllo di tutte le variabili.
Non è cioè in grado di costruire un sistema deterministico così complesso da non riuscire a prevederne il comportamento.
Viceversa, potrebbe Dio costruire un sistema puramente casuale, cioè un sistema  che, una volta costruito, sfugga al suo controllo?
Paradossalmente un potere assoluto diventa un limite.
Se Dio sa, può scegliere di ignorare ciò che sa?
Cioè non di simulare ignoranza, ma scegliere la condizione dell'ignorante.
In un modo o nell'altro c'è un limite al suo libero arbitrio.
Trovare i limiti del libero arbitrio sarebbe un modo indiretto di definirlo.
Il libero arbitrio avrebbe tutte le apparenze della simulazione del caso, se non fosse che siamo noi a scegliere come simularlo.
 

Non ho capito.
A noi cosa interessa se Dio abbia costruito o no un sistema puramente casuale o meno?

Per me è interessante soltanto capire se esista e in che termini.  

Poi questa discussione sul determinismo l'avevo ripreso io stesso dopo un intervento di Jacopus, perchè mi sono accorto che non c'era sintonia fra cosa penso io del determinismo e alcuni interventi. Tali interventi poi mettevano in evidenza concetti come la casualità ( con il diminutivo "caso" ) privi di una descrizione. 
Insomma una ragnatela di argomentazioni che non stanno insieme, secondo me, se non si fornisce una descrizione piu appropriata.  

Molti interventi si basano su una convinzione abbastanza banale: se sono determinato, esiste il determinismo, come posso essere libero di agire? 
Ok, va bene, ma allora parliamo di cosa voglia dire determinismo. Io ho spiegato qual è il punto per me focale del determinismo. Poi qualcuno parla di caso e necessità. Sulla necessità non c'ero ancora arrivato (anche se non ne avrei ragione di parlarne nel futuro), ma mi stavo concentrando sul concetto di caso e abbiamo visto che vi sono tanti aspetti del problema che sono per lo meno equivocati. 

Cioè non credo che qui si possa stare come si sta alle giostre quando si lanciano le pallina sperando che entri nella vaschetta del pesciolino cosi tu possa portartelo a casa. 
Ora che stavamo indirizzando una strada mi parli di Dio e del suo sistema di creazione. Che c'entra?
Non ho capito dove vuoi andare a parare.

daniele22

Per cercare di risolvere la questione della realtà "là fuori" e la realtà "che sta dentro al nostro cabezón" definii una cosa ricorrendo alla parola cosa. Forse ho compiuto un illecito amministrativo, ma io me ne frego delle regole quando secondo me sia giusto farlo. La definizione che ne uscì fu quindi: una cosa è qualsiasi cosa che la nostra mente possa imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera. Pertanto, giusto pure per regolare i conti tra oggetto ed evento, sarebbero cose ed evento tanto la mela quanto la rivoluzione francese, l'ippogrifo e pure Dio.
.
.
@Alberto Knox
Non so per quali vie tu ti sia preso licenza di mettermi in bocca cose che non ho detto, e nemmeno mi interessa saperlo. Un ateo può infischiarsene di Dio e può pure fare finta che Dio non esista, ma resta il fatto che Dio esiste, giacché tu lo nomini e pure io lo nomino. Allora, l'ateo può dire ciò che vuole, ma quando si accinge a fare filosofia no. Infatti il filosofo, nella sua disamina della realtà, non può cancellare una parola fintanto che essa circoli all'interno di essa, e le parole cessano di esistere, o meglio, si assopiscono, solo quando cadono nell'oblio. Certuni, non i filosofi intendo, hanno provato a farlo con le bastonate, ma con scarsi risultati date le evidenze che la storia ci insegna.
PQM, ¿cosa dovrei mai pensare di tali filosofi, ma pure di semplici atei che la pensano come te? Beh, a dire la verità io non ho ancora capito se tu sei un ateo o un credente, ma, come già detto, tali atei sarebbero i già citati sacerdoti occulti dell'ateismo, ovvero quelli che si sono tenuti per buona la libertà di agire, quelli che dicono che la neuroplasticità non ci garantisce di automoderarci nel forum deputando a tal fine le istituzioni, e, probabilmente, giusto per metterci un po' di malizia, quelli che vorrebbero pontificare su ciò che è bene e su ciò che è male a loro "libero arbitrio", magari con la legge del cinquantuno per cento ... Fragorosa risata isolata nella platea e qualcuno chiede ¿ma chi è costui?
"Dai ragazzi!, forza!", dice il regista, "Ripetiamo la scena

Alberto Knox

Citazione di: daniele22 il 22 Maggio 2024, 18:38:26 PM
Non so per quali vie tu ti sia preso licenza di mettermi in bocca cose che non ho detto, e nemmeno mi interessa saperlo.
non ti ho messo in bocca nulla per fortuna. Le cose che dico vengono dalla mia. Sereno Daniele, è bene che non la pensiamo tutti allo stesso modo.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Citazione di: daniele22 il 22 Maggio 2024, 18:38:26 PMPer cercare di risolvere la questione della realtà "là fuori" e la realtà "che sta dentro al nostro cabezón" definii una cosa ricorrendo alla parola cosa. Forse ho compiuto un illecito amministrativo, ma io me ne frego delle regole quando secondo me sia giusto farlo. La definizione che ne uscì fu quindi: una cosa è qualsiasi cosa che la nostra mente possa imbrigliare tanto da poterne parlare, anche a vanvera. Pertanto, giusto pure per regolare i conti tra oggetto ed evento, sarebbero cose ed evento tanto la mela quanto la rivoluzione francese, l'ippogrifo e pure Dio.
interessante questa tua interpretazione della parola "cosa". Etimologicamente cosa deriva dalla parola "causa". Ciò che è causa della percezione, il mondo con le sue cose potremmo dire . se non ci fossero cose, non percepiremmo niente in effetti. Tutta la conoscenza deriva dall esperienza, tutte le facoltà umane come la memoria e l'intelligenza nascono e si sviluppano esclusivamente sulla base delle sensazioni , non vi è nulla nella mente umana oltre alla percezione che in ogni momento essa riceve dall esterno . Ciò che chiamiamo memoria è solo il confronto fra queste sensazioni e altre precedenti ; fantasia , la loro libera composizione . Gusto e giudizio sono la constatzione del loro effetto benefico o dannoso. Intelligenza la loro ristrutturazione in nuove e creative rappresentazioni. Creative. sottolineo creative.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

daniele22

Citazione di: Alberto Knox il 25 Maggio 2024, 10:54:47 AMnon ti ho messo in bocca nulla per fortuna. Le cose che dico vengono dalla mia. Sereno Daniele, è bene che non la pensiamo tutti allo stesso modo.
Certo Alberto, hai solo interpretato male il mio dire, tanto che sono riuscito a trascinarti con me nel paradiso dei buffoni. Mi chiami poi sereno daniele; beh, sereno lo sono in effetti, ma adagiato su di un mare di merda, non di un "quanto verde tutto intorno e ancor più in là, sembra quasi un mare l'erba......".
La cosa? Sai come mi è passato per la mente? Pensando all'espressione ¿ma cosa fai? ... e in successione ¿ma che cos'è una cosa?

PhyroSphera

Citazione di: Il_Dubbio il 21 Maggio 2024, 23:07:57 PMAllora senza che ciò che dico sia preso per forza per vero, una risposta io me la sono data.
Il puro caso (quello ontologico) funziona anzi è addirittura necessario perchè è l'unico modo che la natura avrebbe per rispettare le probabilità date.
Ti faccio un esempio intuitivo. Io scappo da un leone che mi rincorre, ad un certo punto io so gia che ho tre possibilità di continuare a scappare, vado dritto ma c'è un burrone e muoio, giro a sinistra ma è un'altra strada lunga senza uscita (prima o poi il leone mi prende) giro a destra dove c'è un casolare, entro chiudo la porta e sono salvo.

Vista da fuori io avrei tre possibilità di scappare, ovvero asetticamente tre valori possibili.
Se ragioniamo secondo un criterio deterministico e logico tutti gireranno a destra verso il casolare.
La m.q. non ragiona in questi termini. La m.q. ti da delle probabilità (facendo una operazione matematica) che un valore venga misurato. Ammettiamo di avere appunto tre possibilità. Se le probabilità sono del 33% per ciascuna opzione, allora l'individuo che arriva al bivio non è determinato da nulla se no dal fatto che ha il 33% di probabilità di scegliere una delle tre opzioni. E' quindi proprio il fatto che non sono determinati da nulla di piu che dalle probabilità concesse, che ci permette di misurare, dopo tanti esperimenti, che quelle probabilità sono rispettate (proprio come affermano gli esperimenti di m.q.). 
Quindi il caso ontologico serve eccome, altrimenti non si comprenderebbe come mai proprio quelle probabilità e non altre, vengano rispettate.
La probabilità nella meccanica quantistica non definisce nulla di decisivo. C'è un àmbito di probabilità che è ristretto. Si può stabilire cioè una probabilità circa la posizione di un elettrone, al contempo si possono stabilire delle zone di presenza, senza ricorrere alla probabilità né alla statistica. Tuttavia non è determinata né determinabile, a causa del funzionamento materiale stesso (!), quale delle zone. Non si tratta quindi di essere a un trivio e di sapere percentuali di probabilità. Restando all'esempio, si tratterebbe di capire che non si può sapere quale strada la materia imboccherà, ma si ha a disposizione una mappa, mentre le percorrenze particolari in ciascuna strada, le modalità, possono essere definite secondo calcoli probabilistici. Questi dunque hanno un 'range' e non dipende da essi il calcolo, per così dire, della struttura materiale.

Mauro Pastore

Il_Dubbio

Citazione di: PhyroSphera il 07 Agosto 2024, 20:35:14 PMLa probabilità nella meccanica quantistica non definisce nulla di decisivo. C'è un àmbito di probabilità che è ristretto. Si può stabilire cioè una probabilità circa la posizione di un elettrone, al contempo si possono stabilire delle zone di presenza, senza ricorrere alla probabilità né alla statistica. Tuttavia non è determinata né determinabile, a causa del funzionamento materiale stesso (!), quale delle zone. Non si tratta quindi di essere a un trivio e di sapere percentuali di probabilità. Restando all'esempio, si tratterebbe di capire che non si può sapere quale strada la materia imboccherà, ma si ha a disposizione una mappa, mentre le percorrenze particolari in ciascuna strada, le modalità, possono essere definite secondo calcoli probabilistici. Questi dunque hanno un 'range' e non dipende da essi il calcolo, per così dire, della struttura materiale.

Mauro Pastore
La probabilità di ottenere un risultato (un valore), non la probabilità che l'oggetto sia in possesso di quel valore prima di ottenere il risultato. Facendo lo stesso esperimento, avendo sempre le stesse probabilità, per un gran numero di oggetti, si ottengono dei risultati che si avvicinano alle probabilità date per ogni singolo oggetto (quantistico). Altrimenti la m.q. sarebbe gia fallita e quindi falsificata. 
Cioè se un fotone avesse il 50% di essere polarizzato verticalmente e 50% di essere polarizzato orrizontalmente, spedendo contro il polarizzatore posizionato verticalmente ci aspettiamo di ottenere il 50% degli oggetti quantistici passati da un polarizzatore verticale. Non il 70% o 80%.

Senza prenderlo alla lettera, ma solo per capire dove si può andare a parare, se la Luna fosse fatta solo di particelle quantistiche e tu avessi in mano una tabella con l'indicazione della probabilità che quegli elettroni hanno di stare vicino alla posizione dove sta la Luna, vedresti che la tabella ti fornisce una probabilità molto ampia che sia in quella zona, anche se è diversa dallo zero la probabilità che ogni elettrone siano da un'altra parte dell'universo. Ma quello che vedi è la Luna, perchè la piccola parte di probabilità che non sia li quando la si osserva è cosi bassa che è praticamente impossibile non osservarla li. E' la somma delle probabilità che alla fine da il risultato tangibile. Poco interessa se uno o due elettroni di quella Luna non siano li per davvero. 

iano

#599
Citazione di: PhyroSphera il 07 Agosto 2024, 20:35:14 PMLa probabilità nella meccanica quantistica non definisce nulla di decisivo.
Una misura in fisica non è mai un numero solo, ma un numero accompagnato dalla stima dell'errore di misura, errore che , per quanto migliori la bontà degli strumenti di misura ci sarà sempre.
Quindi la fisica aveva a che fare con una distribuzione probabilistica ancor prima della meccanica quantistica, laddove la ''certezza'' dell'errore di misura  comporta una indeterminazione di fatto,  che è relativa alla strumentazione di misura.
Con la meccanica quantistica invece non abbiamo una indeterminazione di fatto, ma una  indeterminazione assoluta.
Questo per dire che, se una indeterminazione di fatto non ha impedito alla scienza di andare avanti, neanche una indeterminazione assoluta glielo impedirà.
Pero perchè ciò non sia un impedimento è necessario conoscere, cioè determinare, questa ideterminazione.
Quindi dal punto di vista pratico per i fisici non è cambiato nulla, mentre è cambiato molto dal punto di vista dei filosofi, e indirettamente quindi è cambiato molto dal punto di vista dei fisici, nella misura in cui sono filosofi.
 

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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