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Cosmo e Caos

Aperto da bobmax, 26 Maggio 2024, 08:31:50 AM

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niko

Citazione di: bobmax il 08 Giugno 2024, 10:45:23 AMGiacchè ciò che avviene può avvenire soltanto o per Necessità o per Caso.


I sostenitori del libero arbitrio ti direbbero che no: oltre al caso e/o alla necessita', qualcosa, nel mondo avviene, pure per il libero arbitrio degli esseri viventi intelligenti.

In effetti il libero arbitrio e' un'origine degli eventi terza, rispetto sia al caso che alla necessita'.

Ed e' l'unica origine degli eventi che contempli la liberta'.

Infatti, se in ogni momento e in ogni aspetto della mia vita io fossi in balia del caso, e/o della necessita', non sarei libero.

Io comunque, contemplo e ammetto solo la necessita'.

Non c'e' alcun caso e, ovviamente non c'e' alcun libero arbitrio, in niente, di reale.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Koba II

#16
Citazione di: bobmax il 08 Giugno 2024, 10:45:23 AMIl libero arbitrio individuale richiede che l'individuo, quell'individuo lì specifico, oggettivo, distinto da tutto il resto del mondo, sia: una origine incondizionata di eventi.
Ma la Necessità nega che vi possa essere qualcosa che sia davvero incondizionato.
Quindi la Necessità nega il libero arbitrio individuale.
Tuttavia, anche supponendo che la Necessità non sia onnipresente, che cioè la legge di causa-effetto possa essere infranta, ciò può avvenire soltanto ammettendo la realtà del Caso.
Giacchè ciò che avviene può avvenire soltanto o per Necessità o per Caso.
Ma il Caso, una volta reale, cosa implica?
Non nega forse anch'esso che possa esistere una origine incondizionata di eventi?
Infatti il Caso ammette l'incondizionatezza, ma nega che vi possa essere una origine!
La Necessità non permette l'incondizionato, il Caso annulla l'origine.
In nessun modo il libero arbitrio individuale è possibile.
Vorrei sottolineare: individuale...
Secondo me nel tuo ragionamento c'è un errore.
Tu dici: se la causalità è infranta allora entriamo nell'ambito del caos (della casualità), dopodiché mostri che le conseguenze di esso implicano la stessa conseguenza del dominio della necessità, ovvero l'impossibilità del libero arbitrio.

Noi però non abbiamo altro modo di comprendere la realtà che attraverso la causalità. Per cui se dovessimo trovarci di fronte ad una eccezione, allora tutta la nostra capacità di conoscere il mondo sarebbe confutata. Cioè avremmo per così dire la prova che conoscere per noi può significare solo tentare di interpretare la natura.
Cioè, mettere in crisi il nesso di causalità non ci condurrebbe a soppesare l'altro versante, quello del caso, quindi valutando le conseguenze filosofiche dell'esistenza reale di un fenomeno senza un perché, ma saremmo condotti invece a riflettere sui limiti delle nostre capacità conoscitive, e anche sulla consistenza ontologica dei concetti di causalità e di caso.

Non so se sono riuscito a spiegarmi...
Il tuo ragionamento è: se A (causalità) non è sempre vero, e quindi B (il caso) si manifesta, allora vediamo cosa ne consegue da B. E ciò che ne consegue è ancora la negazione di C (il libero arbitrio).
Ma se A non è sempre vero, allora la nostra stessa capacità di conoscere il mondo per quello che è viene meno, quindi non ha senso valutare B.
Piuttosto la conseguenza del fatto che A non è sempre vero è la dimostrazione che la nostra conoscenza non sa se le sue asserzioni hanno valenza ontologica: riducendo di necessità il sapere a qualcosa di strumentale.

bobmax

Citazione di: niko il 08 Giugno 2024, 11:19:18 AMI sostenitori del libero arbitrio ti direbbero che no: oltre al caso e/o alla necessita', qualcosa, nel mondo avviene, pure per il libero arbitrio degli esseri viventi intelligenti.

In effetti il libero arbitrio e' un'origine degli eventi terza, rispetto sia al caso che alla necessita'.

Ed e' l'unica origine degli eventi che contempli la liberta'.

Infatti, se in ogni momento e in ogni aspetto della mia vita io fossi in balia del caso, e/o della necessita', non sarei libero.

Io comunque, contemplo e ammetto solo la necessita'.

Non c'e' alcun caso e, ovviamente non c'e' alcun libero arbitrio, in niente, di reale.

Posizione netta e senz'altro legittima, quella di escludere il caso in quanto non reale.
E direi pure doverosa, il caso non esiste. Non può esistere.

Tuttavia, anche se lo escludi qui, nel presente, non ricompare forse alla origine di tutte le cose?
Non sei forse qui, ora, per caso?

Ma se all'origine non può che esservi il caso, tutta questa onnipresente necessità, non è in fin dei conti essa stessa espressione del Caos?

Di modo che, non sei forse tu figlio del Caos?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Citazione di: Koba II il 08 Giugno 2024, 11:31:40 AMSecondo me nel tuo ragionamento c'è un errore.
Tu dici: se la causalità è infranta allora entriamo nell'ambito del caos (della casualità), dopodiché mostri che le conseguenze di esso implicano la stessa conseguenza del dominio della necessità, ovvero l'impossibilità del libero arbitrio.

Noi però non abbiamo altro modo di comprendere la realtà che attraverso la causalità. Per cui se dovessimo trovarci di fronte ad una eccezione, allora tutta la nostra capacità di conoscere il mondo sarebbe confutata. Cioè avremmo per così dire la prova che conoscere per noi può significare solo tentare di interpretare la natura.
Cioè, mettere in crisi il nesso di causalità non ci condurrebbe a soppesare l'altro versante, quello del caso, quindi valutando le conseguenze filosofiche dell'esistenza reale di un fenomeno senza un perché, ma saremmo condotti invece a riflettere sui limiti delle nostre capacità conoscitive, e anche sulla consistenza ontologica dei concetti di causalità e di caso.

Non so se sono riuscito a spiegarmi...
Il tuo ragionamento è: se A (causalità) non è sempre vero, e quindi B (il caso) si manifesta, allora vediamo cosa ne consegue da B. E ciò che ne consegue è ancora la negazione di C (il libero arbitrio).
Ma se A non è sempre vero, allora la nostra stessa capacità di conoscere il mondo per quello che è viene meno, quindi non ha senso valutare B.
Piuttosto la conseguenza del fatto che A non è sempre vero è la dimostrazione che la nostra conoscenza non sa se le sue asserzioni hanno valenza ontologica: riducendo di necessità il sapere a qualcosa di strumentale.


Concordo con il tuo ragionamento.
E pure sono d'accordo che, nella tua prospettiva, nel mio discorso compaia un errore.
Infatti la tua considerazione è corretta, logicamente corretta.
E conduce in una situazione di stallo.

Inevitabilmente, perché per proseguire, il pensiero logico dovrebbe fare a meno di ciò che lo fonda.

Questa è la ragione per cui parlavo di un necessario cambio di prospettiva.
Cioè privilegiare l'etica alla logica.

Non per sbragarsi nel fantasticare illogico! Ma per giungere là dove la logica subisce lo smacco e provare a intuire se vi possa essere comunque una risposta.
Una possibilità inconcepibile logicamente, ma che sia comunque etica.

La butto lì, come possibilità paradossale (ma non troppo):

Se la necessità, cioè la legge di causa-effetto, non esistesse per niente?
Se nessun evento avesse mai una causa?

Se cioè il Caos fosse qui, ora, onnipresente?

Perché supporlo?

Etica.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

niko

Citazione di: bobmax il 08 Giugno 2024, 15:30:57 PMPosizione netta e senz'altro legittima, quella di escludere il caso in quanto non reale.
E direi pure doverosa, il caso non esiste. Non può esistere.

Tuttavia, anche se lo escludi qui, nel presente, non ricompare forse alla origine di tutte le cose?
Non sei forse qui, ora, per caso?

Ma se all'origine non può che esservi il caso, tutta questa onnipresente necessità, non è in fin dei conti essa stessa espressione del Caos?

Di modo che, non sei forse tu figlio del Caos?


Capisco cosa vuoi dire, ma per me il tempo e' circolare ed eternamente ritornante percio' l' "origine di tutte le cose" non esiste.

Ogni attimo, di questo cosmo che e' nel tempo, e' sia iniziale, che finale, che intermedio. Compreso questo attimo, nel qui ed ora.

Per me, la concezione lineare del tempo e' il piu' grande degli antropomorfismi: l'uomo, fenomenico ed esperibile, inizia e finisce, e immaggina, a vari livelli, un cosmo simile a lui, un cosmo che anch'esso inizi e finisca.

Ma io personalmente, rifiuto questo antropomorfismo. La natura, ha ben il diritto di differire da me. Nel suo non iniziare e non finire. Mentre io lo faccio.

Anche nel piu' rigido meccanicismo, il concetto di "caso" viene recuperato nel concetto di dipendenza, del sistema, dalle condizioni iniziali. Esistono le leggi di natura, ed esistono le condizioni iniziali, e, per prevedere cosa succedera' in ogni attimo, si deve avere contezza di entrambe.
Ma se ci spingiamo ancora piu' oltre nel meccanicismo, e immagginiamo un sistema locale, circolare e infinito, e ripetentesi all'infinito nel tempo, non esistono (piu') condizioni iniziali, per far rientrare dalla finestra il concetto di "caso". Le condizioni iniziali non ci sono, o meglio non hanno senso, sono qualsiasi momento e qualsiasi punto.

Rimane solo gelida necessita'.

E al limite volonta', vita.

Vita che presso la necessita' abita, e che in definitiva non puo' fare altro che abbracciarla, corrispondervi con un inane sforzo.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

bobmax

Citazione di: niko il 08 Giugno 2024, 22:51:27 PMCapisco cosa vuoi dire, ma per me il tempo e' circolare ed eternamente ritornante percio' l' "origine di tutte le cose" non esiste.

Ogni attimo, di questo cosmo che e' nel tempo, e' sia iniziale, che finale, che intermedio. Compreso questo attimo, nel qui ed ora.

Per me, la concezione lineare del tempo e' il piu' grande degli antropomorfismi: l'uomo, fenomenico ed esperibile, inizia e finisce, e immaggina, a vari livelli, un cosmo simile a lui, un cosmo che anch'esso inizi e finisca.

Ma io personalmente, rifiuto questo antropomorfismo. La natura, ha ben il diritto di differire da me. Nel suo non iniziare e non finire. Mentre io lo faccio.

Anche nel piu' rigido meccanicismo, il concetto di "caso" viene recuperato nel concetto di dipendenza, del sistema, dalle condizioni iniziali. Esistono le leggi di natura, ed esistono le condizioni iniziali, e, per prevedere cosa succedera' in ogni attimo, si deve avere contezza di entrambe.
Ma se ci spingiamo ancora piu' oltre nel meccanicismo, e immagginiamo un sistema locale, circolare e infinito, e ripetentesi all'infinito nel tempo, non esistono (piu') condizioni iniziali, per far rientrare dalla finestra il concetto di "caso". Le condizioni iniziali non ci sono, o meglio non hanno senso, sono qualsiasi momento e qualsiasi punto.

Rimane solo gelida necessita'.

E al limite volonta', vita.

Vita che presso la necessita' abita, e che in definitiva non puo' fare altro che abbracciarla, corrispondervi con un inane sforzo.


Sì, il divenire può essere inteso lineare oppure circolare.
Ed è quest'ultima interpretazione pure quella di Nietzsche.
Il divenire come ultima verità, cioè la Verità.

E per Nietzsche non poteva essere che così, volendo a tutti i costi rimanere fedele alla terra. Che poi in realtà era un voler rimanere fedeli alla propria interpretazione razionale della terra...
E così immagino fai tu.

Però in Nietzsche vi è pure tanta disperazione. Un dolore a cui reagisce sfidando lo stesso divenire, con l'oltreuomo.
Ma perché questa sofferenza?
Il motivo non è forse etico?
Un'etica che confligge con il divenire.

Prevale la certezza del divenire, della verità razionale, a scapito dell'etica.

Etica, che in Nietzsche è però fondamento di ogni suo agire.
Difatti lo stesso Nietzsche percepisce, qui e là, la possibile non verità del divenire. Ma non vuole ingannarsi!
Da onest'uomo che è.

Senza avvedersi che non si tratta di auto ingannarsi. Bensì di affrontare il nulla valoriale, implicito nel divenire, con il Nulla sostanziale!
Essere = Nulla

Solo così l'etica prende il sopravvento.

Dio = Caos
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

niko

#21
Citazione di: bobmax il 12 Giugno 2024, 10:18:03 AMSì, il divenire può essere inteso lineare oppure circolare.
Ed è quest'ultima interpretazione pure quella di Nietzsche.
Il divenire come ultima verità, cioè la Verità.

E per Nietzsche non poteva essere che così, volendo a tutti i costi rimanere fedele alla terra. Che poi in realtà era un voler rimanere fedeli alla propria interpretazione razionale della terra...
E così immagino fai tu.

Però in Nietzsche vi è pure tanta disperazione. Un dolore a cui reagisce sfidando lo stesso divenire, con l'oltreuomo.
Ma perché questa sofferenza?
Il motivo non è forse etico?
Un'etica che confligge con il divenire.

Prevale la certezza del divenire, della verità razionale, a scapito dell'etica.

Etica, che in Nietzsche è però fondamento di ogni suo agire.
Difatti lo stesso Nietzsche percepisce, qui e là, la possibile non verità del divenire. Ma non vuole ingannarsi!
Da onest'uomo che è.

Senza avvedersi che non si tratta di auto ingannarsi. Bensì di affrontare il nulla valoriale, implicito nel divenire, con il Nulla sostanziale!
Essere = Nulla

Solo così l'etica prende il sopravvento.

Dio = Caos


L'etica, prende il sopravvento perche' e' proprio qui ed ora, che il mondo potrebbe benissimo non ritornare, e, invece, contro ogni pronostico, ritorna.

Il mondo, non e' sospinto ad essere ora quello che e' dal passato, quale aspetto dominante del tempo, ma dalla volonta', quale aspetto dominante della vita.

In questo senso, ogni ciclo temporale, ogni eone, e' diverso da tutti gli altri, perche' ognuno singolarmente e' voluto, e da volersi, e passibile di fallimento, ogni volta.

Non c'e' una produzione automatica del futuro a partire dal passato, che esima di volta in volta la volonta' di tutti i volenti dal dilemma, e dallo sforzo, intrinseco nel ri-volere il (loro) mondo.

Non c'e' Laplace, che aveva posto il passato come causa del futuro, e dunque che aveva posto il chiasmo:

Passato = causa > futuro = effetto.

E' possibile, un meccanicismo oltre Laplace.

Un meccanicismo oltre la dipendenza, dalle condizioni iniziali (unica e possibile, concessione al caso).

Se il futuro e' il doppio del passato, paradossalmente, non ne e' (allora) l'effetto.

Passato = futuro.

Causa = effetto.

Ma, banalmente: il passato e' passato, il futuro e' futuro. Qualcosa non torna e tutti sappiamo del lutto, sappiamo della irreversibilita'.

Sembra piu' assennato, di Nietzsche, Laplace.

Al di la' della provocazione, e' (solo) il nostro dire di si' al mondo, il nostro restare fedeli alla terra, che puo' fare del mondo un doppio, insomma che puo' fare, di questo mondo, due mondi, racchiusi in una sopravvenuta (e benvenuta) uguaglianza, recuperando la realta' del desiderio, tramite il desiderio, della realta'.

Totalita' della realta', e totalita' del desiderio.

Due Dio, due causa sui, due uomini in piedi, sulle loro quattro gambe.

Futuro e passato, che si guardano, in un rapporto piu' complesso di qualsiasi composizione ghestaltica e qualsiasi causazione, divisi dal presente.

Essere = nulla.

Se lo vogliamo, e dopo averlo voluto.

Ma non siamo obbligati, a volere.

L'evoluzione, non e' un destino.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

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