Coscienza collettiva: se si riuscisse a crearla con la tecnologia?

Aperto da Apeiron, 06 Novembre 2016, 15:12:58 PM

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Sariputra

#15
Le nostre personalità non possono avere realtà ontologica, a parer mio, perchè cambiano e si trasformano continuamente. Mentre , citando il sabatino-Coletti ( tanto per usare un metro più possibile comune di definizione linguistica): Ontologico: filos. Che si riferisce all'essere in generale, alle sue strutture immutabili, oggettive e reali; che riguarda l'ontologia.
Se , in un ego o sé personale, non posso, come effettivamente non posso, definire un carattere immutabile, oggettivo e reale, visto che è un processo in divenire, non posso, a rigor di termine, dargli una "realtà ontologica".
Sulla realtà ontologica di un supposto sé universale ( il mare soggiacente di cui i vari sé personali sono epifenomeni), faccio mio il famoso "silenzio" del Buddha. Perché mi sembra che sia una conclusione per inferenza non dimostrabile.
Mi è capitato una volta di assistere ad un fenomeno particolarmente agghiacciante. Mi trovavo per lavoro a Medjugorie ( al seguito dei famosi vecchiotti...) e, durante una preghiera, una donna di mezza età ha iniziato a parlare a voce alta. Il fatto terrificante era che parlava con tre voci completamente diverse: due mi sembravano le voci di bambini maschi e una la voce di una bambina. I tre sembrava che stessero giocando in non so quale tempo e in quale luogo dell'inconscio della donna...capelli ( pochi) ritti naturalmente!! Anzi penso sia stato il colpo di grazia per la mia restante capigliatura...adesso ne vedo uno solo sulla cima della zucca...è il monumento ai caduti!  ;D ;D ;D   
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 09:08:47 AM
Le nostre personalità non possono avere realtà ontologica, a parer mio, perchè cambiano e si trasformano continuamente. Mentre , citando il sabatino-Coletti ( tanto per usare un metro più possibile comune di definizione linguistica): Ontologico: filos. Che si riferisce all'essere in generale, alle sue strutture immutabili, oggettive e reali; che riguarda l'ontologia.
Se , in un ego o sé personale, non posso, come effettivamente non posso, definire un carattere immutabile, oggettivo e reale, visto che è un processo in divenire, non posso, a rigor di termine, dargli una "realtà ontologica".

CitazioneMa nulla vieta (nemmeno Emanuele  Severino potrebbe farlo) di seguire un' ontologia (realtà in generale) implicante il mutamento.


Sariputra

Citazione di: sgiombo il 08 Novembre 2016, 09:19:37 AM
Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 09:08:47 AMLe nostre personalità non possono avere realtà ontologica, a parer mio, perchè cambiano e si trasformano continuamente. Mentre , citando il sabatino-Coletti ( tanto per usare un metro più possibile comune di definizione linguistica): Ontologico: filos. Che si riferisce all'essere in generale, alle sue strutture immutabili, oggettive e reali; che riguarda l'ontologia. Se , in un ego o sé personale, non posso, come effettivamente non posso, definire un carattere immutabile, oggettivo e reale, visto che è un processo in divenire, non posso, a rigor di termine, dargli una "realtà ontologica".
CitazioneMa nulla vieta (nemmeno Emanuele Severino potrebbe farlo) di seguire un' ontologia (realtà in generale) implicante il mutamento.

Certo, ma allora mi sembra che la "realtà ontologica" viene trasferita "in toto" alla realtà in generale, al suo complesso, all'insieme e non più al fenomeno in sé. O per meglio dire...il fenomeno ha realtà ontologica perchè parte di una realtà ontologica che lo comprende e di cui ne è manifestazione. Intiendo bien??
Non sono sicuro , a questo punto, che ci siano grosse  differenze con l'argomentazione di Eutidemo ( la famosa realtà ontologica del mare di cui le onde sono epifenomeni....) :-\
Sulla strada del bosco
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Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 09:31:22 AM
Citazione di: sgiombo il 08 Novembre 2016, 09:19:37 AM
Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 09:08:47 AMLe nostre personalità non possono avere realtà ontologica, a parer mio, perchè cambiano e si trasformano continuamente. Mentre , citando il sabatino-Coletti ( tanto per usare un metro più possibile comune di definizione linguistica): Ontologico: filos. Che si riferisce all'essere in generale, alle sue strutture immutabili, oggettive e reali; che riguarda l'ontologia. Se , in un ego o sé personale, non posso, come effettivamente non posso, definire un carattere immutabile, oggettivo e reale, visto che è un processo in divenire, non posso, a rigor di termine, dargli una "realtà ontologica".
CitazioneMa nulla vieta (nemmeno Emanuele Severino potrebbe farlo) di seguire un' ontologia (realtà in generale) implicante il mutamento.

Certo, ma allora mi sembra che la "realtà ontologica" viene trasferita "in toto" alla realtà in generale, al suo complesso, all'insieme e non più al fenomeno in sé. O per meglio dire...il fenomeno ha realtà ontologica perchè parte di una realtà ontologica che lo comprende e di cui ne è manifestazione. Intiendo bien??
Non sono sicuro , a questo punto, che ci siano grosse  differenze con l'argomentazione di Eutidemo ( la famosa realtà ontologica del mare di cui le onde sono epifenomeni....) :-\
CitazioneA me sembra che quella della fissità - divenire e della appartenza - realtà in sé siano due diverse questioni.

E sulla seconda non mi sembra di trovare una convergenza fra me ed Eutidemo (ma vedremo cosa risponderà lui).

Eutidemo

Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 09:08:47 AM
Le nostre personalità non possono avere realtà ontologica, a parer mio, perchè cambiano e si trasformano continuamente. Mentre , citando il sabatino-Coletti ( tanto per usare un metro più possibile comune di definizione linguistica): Ontologico: filos. Che si riferisce all'essere in generale, alle sue strutture immutabili, oggettive e reali; che riguarda l'ontologia.
Se , in un ego o sé personale, non posso, come effettivamente non posso, definire un carattere immutabile, oggettivo e reale, visto che è un processo in divenire, non posso, a rigor di termine, dargli una "realtà ontologica".
Sulla realtà ontologica di un supposto sé universale ( il mare soggiacente di cui i vari sé personali sono epifenomeni), faccio mio il famoso "silenzio" del Buddha. Perché mi sembra che sia una conclusione per inferenza non dimostrabile.



Mi è capitato una volta di assistere ad un fenomeno particolarmente agghiacciante. Mi trovavo per lavoro a Medjugorie ( al seguito dei famosi vecchiotti...) e, durante una preghiera, una donna di mezza età ha iniziato a parlare a voce alta. Il fatto terrificante era che parlava con tre voci completamente diverse: due mi sembravano le voci di bambini maschi e una la voce di una bambina. I tre sembrava che stessero giocando in non so quale tempo e in quale luogo dell'inconscio della donna...capelli ( pochi) ritti naturalmente!! Anzi penso sia stato il colpo di grazia per la mia restante capigliatura...adesso ne vedo uno solo sulla cima della zucca...è il monumento ai caduti!  ;D ;D ;D  
Hai detto una cosa molto saggia:
"Sulla realtà ontologica di un supposto sé universale ( il mare soggiacente di cui i vari sé personali sono epifenomeni), faccio mio il famoso "silenzio" del Buddha. Perché mi sembra che sia una conclusione per inferenza non dimostrabile."
E' giusto!
Però, anche l'esistenza di un mondo fenomenico, materiale ed esterno, mi sembra una conclusione per inferenza non dimostrabile, in quanto io "sperimento direttamente" soltanto "idee mentali" -olfattive-visive-tattili-auditive-gustative; il fatto, poi, che si tratti di "percezioni" provocate in me da oggetti esistenti in un mondo al di fuori di me, è anche questa sicuramente una conclusione per inferenza non dimostrabile (tanto è vero che spesso si tratta solo di allucinazioni e miraggi).
Persino un rigoroso "empirista inglese" come Berkely ha dovuto riconoscerlo; per cui, inferenza per inferenza, siamo liberi di scegliere quella che più ci aggrada!
Anzi, considerando che le uniche AUTENTICHE ESPERIENZE DIRETTE che abbiamo sono solo di natura mentale, solo "la mente" è effettivamente sperimentata; il resto è meramente supposto!
Da questo punto in poi, però, a sostenere che esista una "mente universale" ce ne passa; dire, cioè, che il mio "IO" mentale è un epifenomendo di un SE' universale, infatti, a "livello meramente logico" è indubbiamente una "inferenza" di carattere argomentativo...come, appunto, dici tu.
La mia "inferenza" di carattere argomentativo, si basa sul fatto che trovo contraddittorio che l'intero Universo possa essere "il sogno" di uno "specifico individuo mentale"; perchè se esistono REALMENTE specifici individui, questi sono tali in quanto differenziati (per genere prossimo e differenza specifica) all'interno di un tutto che li contiene, e, quindi, "la parte contenuta non può essere anche parte contenente", per la famosa "contradizion che nol consente".
Ma, se è vero che sperimentiamo direttamente UNA MENTE (e non direttamente una realtà esterna ad essa) , e se questa non può essere quella di uno "specifico individuo mentale", deve trattarsi di qualche altra cosa: UNA MENTE UNIVERSALE, appunto, che "crede" (questo non so perchè) di essere soltanto individuale...cioè un'onda che è sicuramente onda (non lo nego), ma che non capisce che la sua "sostanza" è il mare.
Forse tu non pensavi ch'io löico fossi !!!
:D
Ma, come ho detto in altra sede, oltre un certo punto la logica va in "corto circuito"; anche perchè, se è vero che tutto è soltanto ESSERE UNO (che è in tutti i numeri, ma è diverso da tutti i numeri), è ovvio che NON E' UNA COSA CHE SI POSSA SPERIMENTARE, bensì è soltanto una COSA DI CUI PRENDERE COSCIENZA...se ci si riesce.
O, come nel mio caso, appena, molto vagamente, "intuire".
:-[

Apeiron

Citazione di: salvatore il 07 Novembre 2016, 21:14:05 PMLa coscienza collettiva, per acquisire una sua identità, dev'essere un'integrazione di sistemi di pensiero, in modo che il pensiero stesso possa compiere percorsi intellettualmente di maggiore spessore. E' riduttivo pensare e identificare la coscienza collettiva come somma di più coscienze individuali , in modo tale che possa condursi una interazione fra gli individui ed, eventualmente, le macchine, basata solo su tale ipotetica somma.Sembra più congruo pensare a una sintesi. Forse, scindere in maniera rigida una coscienza collettiva consapevole da una inconscia, quantomeno per l'essere umano, non è un'operazione fruttuosa, nel senso che le due dimensioni hanno un loro intrinseco collegamento, ove si ritenga che l'inconscio abbia un suo linguaggio, sia pure di matrice ben diversa, rispetto a quello della dimensione del conscio. Lo sviluppo di una coscienza collettiva consapevole, mediante la tecnica, può far sorgere qualche dubbio sulla possibilità di costruire nel silicio una dimensione di "coscienza" in senso proprio.

Un'idea simile potrebbe essere un super-individuo simile per certi versi al Geist Hegeliano (il mio caso 1) in cui le nostre coscienze sono "collegate" ma ancora individuali. In questo modo si avrebbe se vuoi una sintesi tra "me" e "gli altri" in modo da ottenere un'unità "dialettica" in cui magati il conflitto servirebbe al bene del super-individuo in modo simile al rapporto cellule-corpo umano (tant'è che a volte delle cellule vengono "sacrificate" per il bene superiore). E qui arriva la mia obiezione: questo discorso vale se e solo se rinunciamo totalmente alla nostra libertà individuale e ci trasformiamo in "macchine": solo in tal modo ci andrebbe bene sacrificarci per il super-indidviduo. Si badi bene che una volta che siamo "connessi" non siamo più "separati" e quindi in pratica siamo totalmente "parti" del sistema. Ergo la situazione sarebbe simile a quella delle narrazioni distopiche (tipo "A Brave New World") in cui per imposizione ci sacrifichiamo per il "tutto".  Chiaramente con questo non intendo dire che l'individualismo è una bella cosa ma che in realtà è necessaria una "via di mezzo" tra le due prospettive che verrebbe persa con la coscienza collettiva di tipo (1).

A sgiombo, Eutidemo e Sariputra rispondo con la mia attuale concezione dell'identità. A mio giudizio se fossimo solo formati dal "nostro corpo" e fossimo riducibili ad esso (voglio dire: se per spiegare la nostra identità "servisse" solo la conoscenza completa di ciò che è osservabile) allora mi pare chiaro che se mi clonassi adesso e morissi un istante dopo allora io e il mio clone saremo "similissimi" proprio perchè appunto in me nulla non è riproducibile. Chiaramente se in me nulla non è riproducibile allora tutto in me è contingente e condizionato: ne consegue che appunto "non c'è in realtà nessun io". Viceversa se c'è qualcosa di unico di non riproducibile allora ciò si identificherebbe con la mia (vera) identità quindi io e il mio clone saremo due persone diverse se vogliamo a livello noumenico. Ora la procedura della disedintificazione che probabilmente è la grande scoperta del Buddha a mio giudizo non ci fa vedere che non c'è nessun io ma invece ci dovrebbe far scoprire il nostro "vero io" (un po' come il Neti- Neti dell'Advaita Vedanta).
Il motivo per cui dico ciò è etico. Se non esistesse nulla di me non-riproducibile allora mi pare ovvio che potrei essere "rimpiazzato", potrei d'altronde essere sostituito. Perciò anche se cognitivamente ho difficoltà ad accettare l'esistenza di un "vero sé" dal punto di vista etico mi pare quasi un assioma di partenza.

Infine per sgiombo: il fatto che non indentifico me stesso come un'identità in divenire è perchè al massimo potrei identificarmi come un "pattern" temporale, una sorta di "ciclo". Tuttavia mi sembra pur chiaro che tale ciclo ad ogni istante non sarebbe sempre identico a sé stesso ma sarebbe "identico e diverso" allo stesso tempo.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Eutidemo

In un certo senso, il SUPERINDIVIDUO (simile per certi versi al Geist Hegeliano) in cui le nostre coscienze e intelligenze sono "collegate" ma ancora individuali, già c'è: INTERNET!
Ed è in continua evoluzione "sinaptica", in quanto:
1)
Il Web 1.0 ha interconnesso per la prima volta, ONLINE MILIONI di esseri umani, collegati tra loro dalle "sinapsi" dipartentesti in entrata ed uscita dagli assoni e dai dendriti dei loro modem a 57 kbs; l'arcaica connessione "a stella" di ARPANET, si era evoluta in quella a "rete neurale" di INTERNET.
2)
 Il Web 2.0, a 2 mega, ha rivoluzionato il nostro modo di usare e pensare la rete: gli utenti, divenuti MILIARDI, da fruitori passivi, diventano creatori collaborativi di contenuti, il web diventa più interconnesso, assumendo quasi le caratteristiche un "metasistema" intelligente analogo alla SWARM INTELLIGENCE.
3)
Il Web 3.0 connetterà  praticamente TUTTI gli esseri umani, con più integrazione di contenuti, motori di ricerca evoluti ecc.: insomma avremo una rete che è in grado di interpretare se stessa e senza ridondanza di informazione, divenendo il più fantastico repository di conoscenza mai visto, e lo scambio in tempo reale di informazioni, opinioni, e idee, diventerà sempre più rapido e "integrato", come in un MEGACERVELLO!
Già dal 2004, Thomas Vander Wal ha creato il neologismo "Folksonomia" (fondendo le parole 'folk' (popolo) e 'taxonomy' (tassonomia)): applicando etichette (tags) agli oggetti digitali nella rete, si  possono identificare contenuti e informazioni e creare liste orizzontali di metadati, con lo scopo di semplificare il recupero delle informazioni in rete, poiché le stesse parole di ricerca corrispondono alle 'meta-informazioni', generate dagli agenti umani...un po' come nelle sintesi biochimiche e biolettriche delle sinapsi neurali. 
Questo significa rinunciare totalmente alla nostra libertà individuale, e trasformarci in semplici "neuroni" pensanti di un megacervello?
:(
Non credo proprio...se non in mero senso metaforico.
O, almeno, così spero!
;)

Sariputra

Citazione di: Eutidemo il 08 Novembre 2016, 14:52:12 PMIn un certo senso, il SUPERINDIVIDUO (simile per certi versi al Geist Hegeliano) in cui le nostre coscienze e intelligenze sono "collegate" ma ancora individuali, già c'è: INTERNET! Ed è in continua evoluzione "sinaptica", in quanto: 1) Il Web 1.0 ha interconnesso per la prima volta, ONLINE MILIONI di esseri umani, collegati tra loro dalle "sinapsi" dipartentesti in entrata ed uscita dagli assoni e dai dendriti dei loro modem a 57 kbs; l'arcaica connessione "a stella" di ARPANET, si era evoluta in quella a "rete neurale" di INTERNET. 2) Il Web 2.0, a 2 mega, ha rivoluzionato il nostro modo di usare e pensare la rete: gli utenti, divenuti MILIARDI, da fruitori passivi, diventano creatori collaborativi di contenuti, il web diventa più interconnesso, assumendo quasi le caratteristiche un "metasistema" intelligente analogo alla SWARM INTELLIGENCE. 3) Il Web 3.0 connetterà praticamente TUTTI gli esseri umani, con più integrazione di contenuti, motori di ricerca evoluti ecc.: insomma avremo una rete che è in grado di interpretare se stessa e senza ridondanza di informazione, divenendo il più fantastico repository di conoscenza mai visto, e lo scambio in tempo reale di informazioni, opinioni, e idee, diventerà sempre più rapido e "integrato", come in un MEGACERVELLO! Già dal 2004, Thomas Vander Wal ha creato il neologismo "Folksonomia" (fondendo le parole 'folk' (popolo) e 'taxonomy' (tassonomia)): applicando etichette (tags) agli oggetti digitali nella rete, si possono identificare contenuti e informazioni e creare liste orizzontali di metadati, con lo scopo di semplificare il recupero delle informazioni in rete, poiché le stesse parole di ricerca corrispondono alle 'meta-informazioni', generate dagli agenti umani...un po' come nelle sintesi biochimiche e biolettriche delle sinapsi neurali. Questo significa rinunciare totalmente alla nostra libertà individuale, e trasformarci in semplici "neuroni" pensanti di un megacervello? :( Non credo proprio...se non in mero senso metaforico. O, almeno, così spero! ;)

Posso sempre decidere di scollegarmi al Megacervello, gettando nel famoso cesso ( che ormai è intasato...) qualsiasi strumento di connessione allo stesso. Ne pagherei drammaticamente le inevitabili conseguenze: solitudine esistenziale, noia, derisione, umiliazione, emarginazione, esposizione al pubblico ludibrio virtuale, probabilmente, alla fine...morte.
Però potrei essere il primo nucleo di resistenza al megacervello. L'inizio della rivolta nel dolore!!...si, lo so, sono un sognatore romantico, quasi ottocentesco! :(
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

Citazione di: Eutidemo il 08 Novembre 2016, 14:52:12 PMIn un certo senso, il SUPERINDIVIDUO (simile per certi versi al Geist Hegeliano) in cui le nostre coscienze e intelligenze sono "collegate" ma ancora individuali, già c'è: INTERNET! Ed è in continua evoluzione "sinaptica", in quanto: 1) Il Web 1.0 ha interconnesso per la prima volta, ONLINE MILIONI di esseri umani, collegati tra loro dalle "sinapsi" dipartentesti in entrata ed uscita dagli assoni e dai dendriti dei loro modem a 57 kbs; l'arcaica connessione "a stella" di ARPANET, si era evoluta in quella a "rete neurale" di INTERNET. 2) Il Web 2.0, a 2 mega, ha rivoluzionato il nostro modo di usare e pensare la rete: gli utenti, divenuti MILIARDI, da fruitori passivi, diventano creatori collaborativi di contenuti, il web diventa più interconnesso, assumendo quasi le caratteristiche un "metasistema" intelligente analogo alla SWARM INTELLIGENCE. 3) Il Web 3.0 connetterà praticamente TUTTI gli esseri umani, con più integrazione di contenuti, motori di ricerca evoluti ecc.: insomma avremo una rete che è in grado di interpretare se stessa e senza ridondanza di informazione, divenendo il più fantastico repository di conoscenza mai visto, e lo scambio in tempo reale di informazioni, opinioni, e idee, diventerà sempre più rapido e "integrato", come in un MEGACERVELLO! Già dal 2004, Thomas Vander Wal ha creato il neologismo "Folksonomia" (fondendo le parole 'folk' (popolo) e 'taxonomy' (tassonomia)): applicando etichette (tags) agli oggetti digitali nella rete, si possono identificare contenuti e informazioni e creare liste orizzontali di metadati, con lo scopo di semplificare il recupero delle informazioni in rete, poiché le stesse parole di ricerca corrispondono alle 'meta-informazioni', generate dagli agenti umani...un po' come nelle sintesi biochimiche e biolettriche delle sinapsi neurali. Questo significa rinunciare totalmente alla nostra libertà individuale, e trasformarci in semplici "neuroni" pensanti di un megacervello? :( Non credo proprio...se non in mero senso metaforico. O, almeno, così spero! ;)

Hai colto il succo del discorso! Il problema è che più la tecnologia va avanti più siamo dipendenti da essa e quindi meno siamo liberi. Lo scenario "apocalittico" che ho scritto io è appunto un'estremizzazione di questo processo. Se Hegel aveva torto sul Geist nell'ottocento ora potrebbe prendersi la rivincita vedendo quanto la connessione tra gli individui limita l'espressione individuale e la rende minuscola rispetto a quella collettiva. Prova a pensare poi all'omologazione e alla specializzazione dei lavori che si è avuta negli ultimi cinquanta anni: il mondo che vedo io è un mondo di specialisti estremamente bravi nel loro settore ma molto carenti nel resto. Sinceramente vedendo l'evoluzione della nostra società non sono ottimista: il crimine sarà pur sceso ma ho l'impressione che lo sia perchè si è "indottrinati" e non perchè "da dentro" siamo "migliorati". Quello che mi spaventa a me dello scenario (1) è che non è poi così assurdo considerando quanto già oggi la tecnologia e il "super-individuo" influenzi la nostra vita. Il vero problema è che se lo rendiamo troppo complesso potrebbe letteralmente schiavizzarci.

Lo scenario (2) invece è totalmente diverso. Qui le distinzioni individuali sono sparite. Questo scenario comunque credo che rimarrà per sempre nella fantasia. il primo invece lo ritengo, seppur nelle dovute misure, quasi attuale.

@Sariputra,
Lo scollegamento però secondo me diventerà sempre più irrealizzabile.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

sgiombo

Citazione di: Eutidemo il 08 Novembre 2016, 12:41:10 PM

Hai detto una cosa molto saggia:
"Sulla realtà ontologica di un supposto sé universale ( il mare soggiacente di cui i vari sé personali sono epifenomeni), faccio mio il famoso "silenzio" del Buddha. Perché mi sembra che sia una conclusione per inferenza non dimostrabile."
E' giusto!
Però, anche l'esistenza di un mondo fenomenico, materiale ed esterno, mi sembra una conclusione per inferenza non dimostrabile, in quanto io "sperimento direttamente" soltanto "idee mentali" -olfattive-visive-tattili-auditive-gustative; il fatto, poi, che si tratti di "percezioni" provocate in me da oggetti esistenti in un mondo al di fuori di me, è anche questa sicuramente una conclusione per inferenza non dimostrabile (tanto è vero che spesso si tratta solo di allucinazioni e miraggi).
Persino un rigoroso "empirista inglese" come Berkely ha dovuto riconoscerlo; per cui, inferenza per inferenza, siamo liberi di scegliere quella che più ci aggrada!
Anzi, considerando che le uniche AUTENTICHE ESPERIENZE DIRETTE che abbiamo sono solo di natura mentale, solo "la mente" è effettivamente sperimentata; il resto è meramente supposto!
Da questo punto in poi, però, a sostenere che esista una "mente universale" ce ne passa; dire, cioè, che il mio "IO" mentale è un epifenomendo di un SE' universale, infatti, a "livello meramente logico" è indubbiamente una "inferenza" di carattere argomentativo...come, appunto, dici tu.
La mia "inferenza" di carattere argomentativo, si basa sul fatto che trovo contraddittorio che l'intero Universo possa essere "il sogno" di uno "specifico individuo mentale"; perchè se esistono REALMENTE specifici individui, questi sono tali in quanto differenziati (per genere prossimo e differenza specifica) all'interno di un tutto che li contiene, e, quindi, "la parte contenuta non può essere anche parte contenente", per la famosa "contradizion che nol consente".
Ma, se è vero che sperimentiamo direttamente UNA MENTE (e non direttamente una realtà esterna ad essa) , e se questa non può essere quella di uno "specifico individuo mentale", deve trattarsi di qualche altra cosa: UNA MENTE UNIVERSALE, appunto, che "crede" (questo non so perchè) di essere soltanto individuale...cioè un'onda che è sicuramente onda (non lo nego), ma che non capisce che la sua "sostanza" è il mare.
Forse tu non pensavi ch'io löico fossi !!!
:D
Ma, come ho detto in altra sede, oltre un certo punto la logica va in "corto circuito"; anche perchè, se è vero che tutto è soltanto ESSERE UNO (che è in tutti i numeri, ma è diverso da tutti i numeri), è ovvio che NON E' UNA COSA CHE SI POSSA SPERIMENTARE, bensì è soltanto una COSA DI CUI PRENDERE COSCIENZA...se ci si riesce.
O, come nel mio caso, appena, molto vagamente, "intuire".
:-[

CitazionePersonalmente preferirei, per chiarezza, dire che tutti fenomeni cui abbiamo accesso sono "esperienza"; che si divide in una parte "mentale" (pensieri, concetti, desideri, ecc.) e una parte "materiale", parimenti (cioé entrambe in quanto apparenze fenomeniche: "esse est percipi") reali.

Non sono d' accordo che se si ammette una pluralità di esperienze fenomeniche coscienti per logica si debba anche ammettere una "coscienza universale che starebbe a quelle come il mare sta alle sue onde: mi sembra perfettamente logico (e preferibile per il rasoio di Ockam) ritenere che ciascuna personale esperienza fenomenica cosciente é una parte dell' insieme o della somma o del totale delle esperienze fenomeniche coscienti 
(che é e crede ovviamente di essere individuale, singolare) senza bisogno di un' ulteriore coscienza universale (ma casomai, per spiegarne i rapporti di parziale intersoggettività e di corrispondenza poliunivoca, di una realtà in sé o noumeno).

Phil

Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 19:41:31 PMvedendo quanto la connessione tra gli individui limita l'espressione individuale e la rende minuscola rispetto a quella collettiva
Spunto interessante per una distinzione fra "limita l'espressione individuale" e "la rende minuscola": la prima affermazione mi pare un po' "luddista", nel senso che obiettivamente oggi è molto più facile esprimersi (basti pensare a blog, youtube, etc.) ed avere una vetrina accessibile a (quasi) tutti in cui "esporre" la propria creatività, talento, etc. la seconda osservazione, il "rendere minuscolo" il controbuto del singolo, è una conseguenza proprio del fatto che un'espressione più facile, senza selezione, aumenta vertiginosamente il numero di coloro che si esprimono, per cui il "pubblico interessato" ha il problema di "filtrare" nel marasma della reperibilità, non più quello di "trovare" qualcosa di adatto al suo palato (com'era magari una volta...)

Citazione di: Eutidemo il 08 Novembre 2016, 14:52:12 PMIl Web 3.0 connetterà praticamente TUTTI gli esseri umani, con più integrazione di contenuti, motori di ricerca evoluti ecc.: insomma avremo una rete che è in grado di interpretare se stessa e senza ridondanza di informazione, divenendo il più fantastico repository di conoscenza mai visto, e lo scambio in tempo reale di informazioni, opinioni, e idee, diventerà sempre più rapido e "integrato", come in un MEGACERVELLO![...]Questo significa rinunciare totalmente alla nostra libertà individuale, e trasformarci in semplici "neuroni" pensanti di un megacervello? :( Non credo proprio...se non in mero senso metaforico. O, almeno, così spero! ;)
Concordo sul fatto che, per quanto affascinante, sia uno scenario perlopiù metaforico: rete neuronale, metacervello, etc. sono rappresentazioni icastiche ma, fuor di metafora, sono più le differenze che le somiglianze con un cervello vero.
Già adesso, l'interazione fra milioni (o miliardi?!) di utenti, è caratterizzata anche da cattiva informazione, ridondanza, problemi di privacy e di attendibilità delle fonti, usi illegali della rete, virus, hackeraggi vari, etc. è la disorganizzazione incontrollabile (basti pensare a "pirateria" e affini) fatta sistema (informatico), ovvero l'antitesi di ogni cervello, che è invece organizzato per funzioni distinte, ma ha comunque una sua omogeneità operativa, un suo equilibrio (si spera  ;D) e, soprattutto, i suoi componenti non hanno volontà e autonomia propria...
Pensa se collegassimo tutti gli utenti di questo forum in un unico sistema (praticamente ciò che già succede! :) ): ne conseguirebbero una frequente incapacità di concordare su una prospettiva condivisa, tensioni fra alcuni membri, fraintendimenti e conciliazioni, praticamente sarebbe il (meta)cervello di uno psicopatico multipolare (che finirebbe forse con l'uccidersi per pacificare quel ronzio disturbante di voci...).

Quello che il web offre non credo potrà essere coniugato con una inglobazione totalizzante dei suoi utenti al punto da privarli consesualmente della loro volontà(!): anche quando avremo browser sotto pelle, microchip nel cervello e il wi-fi avrà segnale anche sulla luna, scommetto ci sarà ancora qualcuno (vero, Sariputra? ;) ) che vorrà essere off-line per farsi una passeggiata nel parco, senza informare in diretta tutto il mondo che la sta facendo, senza ascoltare musica, senza seguire un navigatore satellitare e senza avvisare la sua casa domotizzata che quando tornerà vuole trovare la vasca piena di acqua calda e schiuma all'aroma di fiordaliso... questo non  tanto per il gusto anacronistico di fare qualcosa "all'antica", ma forse solo per vivere qualcosa che non lasci una traccia in kilobytes su una memoria artificiale (cookies e affini), ma che sia semplicemente e totalmente hic et nunc, in una sola parola, "impermanente" come la realtà...

sgiombo

Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 13:37:39 PM


A sgiombo, Eutidemo e Sariputra rispondo con la mia attuale concezione dell'identità. A mio giudizio se fossimo solo formati dal "nostro corpo" e fossimo riducibili ad esso (voglio dire: se per spiegare la nostra identità "servisse" solo la conoscenza completa di ciò che è osservabile) allora mi pare chiaro che se mi clonassi adesso e morissi un istante dopo allora io e il mio clone saremo "similissimi" proprio perchè appunto in me nulla non è riproducibile. Chiaramente se in me nulla non è riproducibile allora tutto in me è contingente e condizionato: ne consegue che appunto "non c'è in realtà nessun io". Viceversa se c'è qualcosa di unico di non riproducibile allora ciò si identificherebbe con la mia (vera) identità quindi io e il mio clone saremo due persone diverse se vogliamo a livello noumenico. Ora la procedura della disedintificazione che probabilmente è la grande scoperta del Buddha a mio giudizo non ci fa vedere che non c'è nessun io ma invece ci dovrebbe far scoprire il nostro "vero io" (un po' come il Neti- Neti dell'Advaita Vedanta).
Il motivo per cui dico ciò è etico. Se non esistesse nulla di me non-riproducibile allora mi pare ovvio che potrei essere "rimpiazzato", potrei d'altronde essere sostituito. Perciò anche se cognitivamente ho difficoltà ad accettare l'esistenza di un "vero sé" dal punto di vista etico mi pare quasi un assioma di partenza.

Infine per sgiombo: il fatto che non indentifico me stesso come un'identità in divenire è perchè al massimo potrei identificarmi come un "pattern" temporale, una sorta di "ciclo". Tuttavia mi sembra pur chiaro che tale ciclo ad ogni istante non sarebbe sempre identico a sé stesso ma sarebbe "identico e diverso" allo stesso tempo.

CitazioneNon vedo perché non potrebbe esserci in realtà un io (soggetto -in sé, noumenico- della mia esperienza fenomenica cosciente) che fosse riproducibile -in linea puramente teorica, di principio, non di fatto, realizzandone altri similissimi- e contingente.
E credo che io e un mio eventuale clone (ammesso e non concesso che potesse esistere di fatto) saremmo "cose diverse" sia a livello fenomenico che noumenico.

Mi sembra che un io in divenire (ciclico; o meno) secondo logica dovrebbe essere identico allo stesso tempo, diverso in tempi diversi (salvo la periodica ripetizione di ogni e ciascun istante in tutti i diversi cicli).

Mi sembra di rilevare un' analogia (non di più; e inoltre parziale) fra il ricorso kantiano alla Ragion Pratica per credere in Dio e nell' anima immortale (non dimostrabili dalla Ragion Pura o teoretica) e il tuo superamento della difficoltà cognitiva ad accettare l'esistenza di un "vero sé" mediante l' adozione di un punto di vista etico.

sgiombo

Citazione di: Eutidemo il 08 Novembre 2016, 14:52:12 PM
In un certo senso, il SUPERINDIVIDUO (simile per certi versi al Geist Hegeliano) in cui le nostre coscienze e intelligenze sono "collegate" ma ancora individuali, già c'è: INTERNET!
Ed è in continua evoluzione "sinaptica", in quanto:
1)
Il Web 1.0 ha interconnesso per la prima volta, ONLINE MILIONI di esseri umani, collegati tra loro dalle "sinapsi" dipartentesti in entrata ed uscita dagli assoni e dai dendriti dei loro modem a 57 kbs; l'arcaica connessione "a stella" di ARPANET, si era evoluta in quella a "rete neurale" di INTERNET.
2)
Il Web 2.0, a 2 mega, ha rivoluzionato il nostro modo di usare e pensare la rete: gli utenti, divenuti MILIARDI, da fruitori passivi, diventano creatori collaborativi di contenuti, il web diventa più interconnesso, assumendo quasi le caratteristiche un "metasistema" intelligente analogo alla SWARM INTELLIGENCE.
3)
Il Web 3.0 connetterà  praticamente TUTTI gli esseri umani, con più integrazione di contenuti, motori di ricerca evoluti ecc.: insomma avremo una rete che è in grado di interpretare se stessa e senza ridondanza di informazione, divenendo il più fantastico repository di conoscenza mai visto, e lo scambio in tempo reale di informazioni, opinioni, e idee, diventerà sempre più rapido e "integrato", come in un MEGACERVELLO!
Già dal 2004, Thomas Vander Wal ha creato il neologismo "Folksonomia" (fondendo le parole 'folk' (popolo) e 'taxonomy' (tassonomia)): applicando etichette (tags) agli oggetti digitali nella rete, si  possono identificare contenuti e informazioni e creare liste orizzontali di metadati, con lo scopo di semplificare il recupero delle informazioni in rete, poiché le stesse parole di ricerca corrispondono alle 'meta-informazioni', generate dagli agenti umani...un po' come nelle sintesi biochimiche e biolettriche delle sinapsi neurali.
Questo significa rinunciare totalmente alla nostra libertà individuale, e trasformarci in semplici "neuroni" pensanti di un megacervello?
:(
Non credo proprio...se non in mero senso metaforico.
O, almeno, così spero!
;)
CitazioneConcordo unicamente con quest' ultima osservazione, in quanto più cervelli reciprocamente comunicanti, e dunque in qualche misura condizionantisi (ciascuno corrispondente a un' unica certa determinata esperienza cosciente individuale distinta, separata, trascendente tutte le altre), sono ben altro che un unico cervello (con parti funzionalmente integrate in maniera ben determinata e non semplicemente in qualche misura reciprocamente condizionantisi; e corrispondente a un' unica esperienza fenomenica cosciente "integrata o complessiva": anche se siamo collegati tramite Internet, non ho accesso diretto ai tuoi "contenuti di coscienza", ma solo ai miei; e viceversa)

Apeiron

@Phil,
Il problema è che la condivisione alla fine rischia di creare omologazione. Questo a sua volta causa o lo stigma o la "banalizzazione" della creatività (tutto diventa "popolare", nulla diventa importante). Inoltre l'essere sempre in contatto elimina la possibilità di "pensare di testa propria". Non sto diendo chiaramente che 1000 anni fa c'era più libertà di pensiero, sto solo dicendo che si sta passando da una situazione che aveva i suoi difetti ad un'altra pure difettosa.

Citazione di: sgiombo il 08 Novembre 2016, 21:42:17 PM
Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 13:37:39 PMA sgiombo, Eutidemo e Sariputra rispondo con la mia attuale concezione dell'identità. A mio giudizio se fossimo solo formati dal "nostro corpo" e fossimo riducibili ad esso (voglio dire: se per spiegare la nostra identità "servisse" solo la conoscenza completa di ciò che è osservabile) allora mi pare chiaro che se mi clonassi adesso e morissi un istante dopo allora io e il mio clone saremo "similissimi" proprio perchè appunto in me nulla non è riproducibile. Chiaramente se in me nulla non è riproducibile allora tutto in me è contingente e condizionato: ne consegue che appunto "non c'è in realtà nessun io". Viceversa se c'è qualcosa di unico di non riproducibile allora ciò si identificherebbe con la mia (vera) identità quindi io e il mio clone saremo due persone diverse se vogliamo a livello noumenico. Ora la procedura della disedintificazione che probabilmente è la grande scoperta del Buddha a mio giudizo non ci fa vedere che non c'è nessun io ma invece ci dovrebbe far scoprire il nostro "vero io" (un po' come il Neti- Neti dell'Advaita Vedanta). Il motivo per cui dico ciò è etico. Se non esistesse nulla di me non-riproducibile allora mi pare ovvio che potrei essere "rimpiazzato", potrei d'altronde essere sostituito. Perciò anche se cognitivamente ho difficoltà ad accettare l'esistenza di un "vero sé" dal punto di vista etico mi pare quasi un assioma di partenza. Infine per sgiombo: il fatto che non indentifico me stesso come un'identità in divenire è perchè al massimo potrei identificarmi come un "pattern" temporale, una sorta di "ciclo". Tuttavia mi sembra pur chiaro che tale ciclo ad ogni istante non sarebbe sempre identico a sé stesso ma sarebbe "identico e diverso" allo stesso tempo.
CitazioneNon vedo perché non potrebbe esserci in realtà un io (soggetto -in sé, noumenico- della mia esperienza fenomenica cosciente) che fosse riproducibile -in linea puramente teorica, di principio, non di fatto, realizzandone altri similissimi- e contingente. E credo che io e un mio eventuale clone (ammesso e non concesso che potesse esistere di fatto) saremmo "cose diverse" sia a livello fenomenico che noumenico. Mi sembra che un io in divenire (ciclico; o meno) secondo logica dovrebbe essere identico allo stesso tempo, diverso in tempi diversi (salvo la periodica ripetizione di ogni e ciascun istante in tutti i diversi cicli). Mi sembra di rilevare un' analogia (non di più; e inoltre parziale) fra il ricorso kantiano alla Ragion Pratica per credere in Dio e nell' anima immortale (non dimostrabili dalla Ragion Pura o teoretica) e il tuo superamento della difficoltà cognitiva ad accettare l'esistenza di un "vero sé" mediante l' adozione di un punto di vista etico.

Allora se non c'è nulla di non riproducibile allora non c'è differenza qualitativa tra me e un mio clone. Questo significa che puoi ancora parlare di persone, identità ecc ma il problema è che non tratteresti più gli esseri umani come "unici". Ora siccome una cosa di valore è in un certo senso unica ne segue che se c'è un'"anima" non riproducibile allora abbiamo in effetti molto valore proprio perchè siamo unici. Il discorso fenomeno-noumeno intendilo in questo senso: se anche riuscissi a creare una mia copia che si comporta esattamente come me, ha tipo il mio stesso corpo ecc, allora chiaramente considerando solo il fenomeno siamo identici e quindi l'eventuale differenza c'è nel noumeno (il "vero sé").

Parlavo dei cicli perchè l'unico modo di identificare una persistenza nel tempo è verificare la presenza di una struttura temporale. Se pensi ad un fiume (sì ancora  ;D ) questo cambia continuamente le acque (è diverso ogni istante) ma rimane lo stesso fiume proprio perchè ha una struttura spazio-temporale. Chiaramente però non ha una identità fissa, una certa convenzionalità nel definirlo "identico" c'è.

L'analogia con Kant c'è (è uno dei pensatori che mi ha influenzato in questo aspetto...) ma con grosse differenze come hai rilevato.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Eutidemo

Citazione di: Sariputra il 08 Novembre 2016, 15:10:48 PM

Però potrei essere il primo nucleo di resistenza al megacervello. L'inizio della rivolta nel dolore!!...si, lo so, sono un sognatore romantico, quasi ottocentesco! :(
A volte, in effetti, viene voglia anche a me di scollegarmi al Megacervello, perchè sono eminentemente un estimatore della solitudine e del pensiero solitario.
Però, eccoci qui, ancora collegati ad interconneterci sinapticamente "via cavo", come bravi neuroncini di un gran Megacervello.
Ma, in fondo, non credo che questo deprima la mia libertà individuale.
Almeno, lo spero.
:)

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