Coscienza collettiva: se si riuscisse a crearla con la tecnologia?

Aperto da Apeiron, 06 Novembre 2016, 15:12:58 PM

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sgiombo

Citazione di: Apeiron il 08 Novembre 2016, 23:03:22 PM
Allora se non c'è nulla di non riproducibile allora non c'è differenza qualitativa tra me e un mio clone. Questo significa che puoi ancora parlare di persone, identità ecc ma il problema è che non tratteresti più gli esseri umani come "unici". Ora siccome una cosa di valore è in un certo senso unica ne segue che se c'è un'"anima" non riproducibile allora abbiamo in effetti molto valore proprio perchè siamo unici. Il discorso fenomeno-noumeno intendilo in questo senso: se anche riuscissi a creare una mia copia che si comporta esattamente come me, ha tipo il mio stesso corpo ecc, allora chiaramente considerando solo il fenomeno siamo identici e quindi l'eventuale differenza c'è nel noumeno (il "vero sé").

Parlavo dei cicli perchè l'unico modo di identificare una persistenza nel tempo è verificare la presenza di una struttura temporale. Se pensi ad un fiume (sì ancora  ;D ) questo cambia continuamente le acque (è diverso ogni istante) ma rimane lo stesso fiume proprio perchè ha una struttura spazio-temporale. Chiaramente però non ha una identità fissa, una certa convenzionalità nel definirlo "identico" c'è.

L'analogia con Kant c'è (è uno dei pensatori che mi ha influenzato in questo aspetto...) ma con grosse differenze come hai rilevato.
CitazioneNon comprendo bene la faccenda dell' anima.
Io e un mio clone (ammesso e non concesso che sia realizzable di fatto) potremmo essere due differenti cose  identiche all' inzio, che subito iniziano a differenziarsi vivendo separatamente e avendo esperienze diverse.

Per parte mia non ritengo necessariamente che per avare valore si debba essere unici.

Diamo evidentemente ai termini "fenomeni" e "noumeno" signgnificati diversi (per questo non avevo inteso).
Per me l' esperienza interiore o mentale é "fenomeni" (apparenza fenomenica cosciente) quanto l' insieme delle sensazioni esterne - materiali.
"Noumeno" o cose in sé (reali enche indipendentemente dalle esperienze coscienti, dai fenomeni, anche allorché queste non accadono) possono essere per me il soggeto e gli oggetti di esse.

Apeiron

Beh è normale che tu non comprenda la faccenda dell'anima perchè io stesso non ho un'idea chiara  ;D 

Comunque contraddicendo quanto ho affermato in precedenza il "nostro vero sé" a mio giudizio è contingente ma irriproducibile. Per così dire è la nostra "cosa in sé", la nostra "sostanza". Chiaramente appartiene al noumeno perchè nei fenomeni tutto è riproducibile oltre ad essere contingente.

Sul fatto del valore: prova a pensare una cosa che è insostituibile. Il solo fatto di essere insostituibile la rende di valore. Altrimenti come ho già detto tra me e il clone non ci sarebbe alcuna differenza nel momento in cui "viene al mondo" (supponendo che a quell'istante siamo due copie esatte). Se però abbiamo qualcosa di "non visibile" che ci distingue e ci rende unici allora siamo diversi.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

maral

Mi pare un'ipotesi molto suggestiva quella introdotta da questa domanda, anche perché finora la tecnologia ha ben più spesso tentato di creare un'incoscienza collettiva, piuttosto che una coscienza e c'è riuscita pure con notevole successo. Decisamente l'incoscienza collettiva pare assai più funzionale della coscienza individuale o collettiva che sia. :)

Apeiron

Già gli scenari erano i seguenti (i numeri si riferiscono a quelli usati nel primo messaggio):
1) costruire una coscienza collettiva in cui tutti conserviamo la nostra coscienza
2) Trascendere la propria coscienza: andare oltre all'io.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

maral

Andare oltre l'io suona bellissimo, ma significa morire come quell'io nei cui limiti in cui solo possiamo riconoscere la nostra esistenza. Sono infatti solo i nostri limiti che determinano il significato della nostra esistenza in ogni atto (di pensiero o di azione) che facciamo, senza questi limiti non vedo né coscienza né esistenza. D'altra parte non sarà mai possibile costruire una coscienza collettiva senza annientare l'io di tutti coloro che ne sono parte. In ogni caso occorre morire e a farlo senza dubbio la tecnologia può già aiutare. 

Apeiron

Citazione di: maral il 15 Novembre 2016, 14:33:07 PMAndare oltre l'io suona bellissimo, ma significa morire come quell'io nei cui limiti in cui solo possiamo riconoscere la nostra esistenza. Sono infatti solo i nostri limiti che determinano il significato della nostra esistenza in ogni atto (di pensiero o di azione) che facciamo, senza questi limiti non vedo né coscienza né esistenza. D'altra parte non sarà mai possibile costruire una coscienza collettiva senza annientare l'io di tutti coloro che ne sono parte. In ogni caso occorre morire e a farlo senza dubbio la tecnologia può già aiutare.

Motivo per cui ho io stesso dubbi sullo scenario (2) che però assomiglia a tanti stati descritti come "unione con Dio", "nirvana"...
Fai conto che l'idea però non sarebbe proprio una "morte" ma uno stato "superiore". Altrimenti il "nirvana" ad esempio sarebbe solamente "morire".
Per lo scenario (1) mi sono già espresso
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

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