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Cosa vuol dire Logos?

Aperto da Alberto Knox, 12 Marzo 2022, 00:58:59 AM

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Ipazia

L'importante è che quando Tizio dice "albero", Caio non capisca "casa". Poi possiamo farci metafisica a piacere. Il logos ha già fatto quello che gli compete.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

Sappiamo benissimo che tutto il nostro filosofare gira sempre intorno ad un unico problema. Che in modo sconsiderato si manifesta di fatto nel ritenere il problema della comprensione delle cose secondario a quello di porre in atto un'etica. Ma dove dovrebbe appoggiarsi quest'etica se non nell'aver compreso qualcosa che ti fa procedere in quel dato modo coerentemente con quel che conosci? Tanto per prendere questa cazzo di guerra che ci è giunta da chissà dove, come fai ad avere un metro per giudicarla in termini di ragione conciliandola coi tuoi sentimenti? Innanzi tutto e per lo più il sentimento si offende di fronte alla violenza, giustamente, ma la nostra mente quali mezzi ha in uso per determinare le ragioni dell'uno o dell'altro? Se uno sostiene le ragioni della Russia lo fa perché trova motivi sufficienti a sostenere la sua azione. Altrettanto fa quello che agisce dall'altra riva. Tutteddue lo fanno in base alla loro comprensione del fenomeno. Tutto ciò si può fare in malafede (mentendo), ma pure no. Ma a prescindere dal fenomeno della menzogna, si tratta infine sempre e solo di fede. Chi può garantire che i russi si stiano solo difendendo? Nessuno può dirlo. Nessuno può dirlo con una ragione inoppugnabile. La via giusta può derivare quindi solo da una critica di se stessi. La mia critica è che noi inviamo armi agli ucraini e questo, se si vuole il dialogo, è inequivocabilmente sbagliato a prescindere dalle ragioni dei russi. Non si sta col culo su due sedie e si vis pacem para bellum vale in tempo di pace, non quando la guerra è alle porte (altro gesto sconsiderato, tra molti altri, dell'Europa). E allora se la critica di se stessi è la via giusta, perché ostinatamente ci si oppone a non criticare le fondamenta sulle quali si muove la nostra zoppa ragione (chissà se c'entra con la Sfinge), ovvero criticare la parola stessa? Se non si abbatte questo tabù andremo certamente incontro alla rovina. Il cane esiste perché conviene in senso convenzionale oppure perché se ne accetta semplicemente l'esistenza? Le parole inaccettabili di Lavrov nei confronti di Guerini sono accettabili o no secondo la ragione da me sostenuta? Sì, sono accettabili. Allora le vie sono due. O si affronta il toro per le corna, oppure si parla dei motivi per cui non si debba parlare dell'ultimo totem. In termini filosofici naturalmente, ovvero non intimamente personali. Ipazia, mi raccomando

Alberto Knox

Siamo passati , da dove nascono le parole, al significato delle parole e infine sul giudizio etico del significato delle parole? Non abbiamo che andare alla ragione del fenomeno umano inteso come quella ragione che vuole vedere tutto, non solo quello che le fa comodo e la ragione che vuole vedere tutto dice esattamente una cosa :
"Contradictio est regula veri, non contradictio falsi", la contraddizione è la regola del vero, la non contraddizione del falso. la veduta di insieme di Hegel ci rimanda propio a quella ragione che non vuole vedere solo la tesi ma vuole vedere anche l antitesi come parti totalitarie della visione di insieme e la visione di inseme vede esattamente quell antinomia che impasta l esistenza di pace e di guerra, di odio e di amore, di amicizia e inimicizia, di sincerità e falsità. Questa ..è la ragione che vede l'insieme di hegel.

. In quanto  il giudizio etico sulla guerra , poi, essa non viene dalla ragione. Viene dai sentimenti. Ma la ragione , e vado a concludere, non è esaustiva nemmeno riguardo alla domanda kantiana di "cosa posso sapere" cioè la conoscenza . Naturalmente la ragione fornisce dati, esattezze. Ma quando si tratta poi di pensare a queste esattezze, e di dare un significato complessivo a loro, Per giungere esattamente al significato complessivo della natura dell universo , dove solo all interno del quale può prendere ragione e consistenza la domanda sul senso dell esistenza dal quele poi trarne un giudizio complessivo.  Il senso della mia vita, me lo posso forse costruire io?
ebbene, quando si tratta di capire il significato ultimo della natura , ecco che le esattezze che la ragione consegna , vengono interpretate diversamente dagli stessi che la producono, dagli stessi scienziati.
Gli elementi che la ragione fornisce, all elaborazione della costruzione intellettuale , non possono essere sintetizzati in una visione complessiva  in un sistema. Non si può dare quella prospettiva razionalista che dice "ti dimostro che dio c'è" laddove dimostrare l'esistenza di dio significa chiudere il mistero dell essere perchè significa trovare la chiave che pone l'inizio e la fine dell essere , l alfa e l' omega perchè questo è in gioco nel concetto di dio.  e ve bene..
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Ipazia

#78
Citazione di: Ipazia il 20 Marzo 2022, 09:21:56 AMLa non condivisibilità universale dei concetti ideologici è intrinseca alla loro natura, appunto ideologica.

Devo citare me stessa per rispondere. Ben prima di Hegel, Eraclito pose nella figura metafisica di polemos il carattere dialettico delle relazioni umane. Il logos nasce dialettico, irriducibile ad ogni semplificazione manichea tra bene e male. Che esistono, ma vanno storicizzati, contestualizzati. E lasciano sempre un residuo di bene nel male e viceversa.

L'ideologia, anche la più onesta intellettualmente, esprime solo una parte della complessità delle relazioni umane, cui sempre si contrappongono interessi di natura diversa. Quando suona la campana non sempre è un funerale. Talvolta è una festa.   
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

daniele22

#79
Ipazia, non avendo letto il post che si è infiltrato immagino che quest'ultimo tuo intervento sia la tua risposta al mio punto di domanda. Per conto mio l'errore che compi è di considerare diversa la natura delle ideologie dei massimi sistemi dalla natura dell'idea di un albero. Sono tutte idee. Sarebbe per me questa la decostruzione alla quale tu ti appelli che si deve compiere. Non per nulla in quello stralcio di dialogo farlocco che ho pubblicato l'anno scorso definii la cosa come qualsiasi cosa che la tua mente possa imbrigliare tanto da poterne parlare. Per finire, dall'albero a Dio, nella nostra civiltà, tutto è in funzione della nostra professione. Non professione di fede, ma professione a scopo di lucro. Chiaro è che è lecito assimilare il lucro ad una fede. Personalmente però io non penso che tu sia così sciocca come vorresti farmi credere. O svaldo?
Quindi la condivisibilità dei concetti c'è, quel che invece non c'è è di sicuro la condivisibilità dell'etica. Quella la darà il numero di seguaci della nuova concettualità, consapevolezza da condividere per accettazione

Alberto Knox

#80
Citazione di: daniele22 il 22 Marzo 2022, 08:42:42 AMQuindi la condivisibilità dei concetti c'è, quel che invece non c'è è di sicuro la condivisibilità dell'etica. Quella la darà il numero di seguaci della nuova concettualità, consapevolezza da condividere per accettazione
Dal momento che questo è il mio argomento posso intervenire senza essere tacciato per infiltrato.
Detto questo , Se dici che la condivisibilità dei concetti c'è . Devi anche spiegarne le regole su cui si basa, questa condivisibilità. Ovviamente si ritorna sui significati , ma i significati delle parole non possono essere soggettive, e il significato di un concetto,poi,  prende forma in base al contesto . Per quanto riguarda l'etica essa è ben diversa dai soli significati e dalla comprensione concettuale. Poichè per la logica, può essere molto conveniente uccidere una persona, o dichiarare guerra a un popolo per trarne i numerosi vantaggi. Allora che cosa fa L' etica di un uomo? Pensate quando kant , riprendo sempre lui, il quale volle giungere a fondare un etica non più solo eteronoma (bisogna fare il bene perchè lo dice il papa , perchè lo dice il genitore , perchè lo dice chissa chi) ma autonoma , bisogna fare il bene per  il bene stesso che si impone, per rispetto verso il dovere che costruisce queso tipo di ragioen.  Ebbene , kant, nella morale autonoma non può che fondare questa morale su due cose che non hanno a che fare con la ragione , 1 "il sentimento2 e secondo "l'imperativo categorico" non c'è etica , e ripeto, non c'è etica, senza l'emozione vitale di un uomo di trovarsi al cospetto di qualcosa di più grande e di  importante di sè. L'etica nasce da questa percezione di dovere , imperativo categorico. tanto la morale eteronama tanto la morale autonoma sono sotto questa dimensione imperativa. L'etica dunque ha che fare con la ragione o col sentimento?
"bonum facendum male evitandum" Questo gerundivo di Tommaso D'Aquino rivive nella morale kantiana.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

viator

Salve Alberto. Citandoti : " L'etica nasce da questa percezione di dovere , imperativo categorico............la percezione del dovere (in ambito etico, cioè relativamente ai comportamenti INDIVIDUALI), è frutto della esigenza interiore di scegliere appunto comportamenti che soddisfino la propria personale coscienza, quindi il proprio modo di sentire, quindi il nostro modo poco o tanto originale di credere vero ciò in cui crediamo. Hai mai visto qualcuno scegliere dei comportamenti personali, di coscienza, che siano in contrasto con ciò che egli stesso crede essere vero??.
 ..............tanto la morale eteronoama tanto la morale autonoma sono sotto questa dimensione imperativa..................la morale è cosa del tutto diversa dall'etica. La morale è l'insieme dei comportamenti collettivi dati come ammessi e SOCIALMENTE utili, positivi, indipendentemente dall'etica personale del singolo.
Hai mai udito l'espressione "morale ipocrita" ? Come mai la morale di una società può predicare che la morte di una certa categoria di umani (esempio, i nemici in guerra oppure i grandi criminali), possa o debba venir considerata un bene, una utilità, una necessità mentre la vita di altre persone deve venir difesa e sacralizzata ? Pertanto la MORALE non corrisponde affatto ad un imperativo categorico !!.................... L'etica dunque ha a che fare con la ragione o col sentimento?.................. Tornando quindi all'ETICA depurata da ciò che con essa non c'entra (la morale), è ovvio che essa etica sia fondata sul sentimento (dimensione psichica evolutivamente anteriore e quindi archetipicamente infinitamente più fondante, più importante, rispetto alla dimensione mentale, intellettuale, razionale, sociale, morale..........".

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#82
Citazione di: Jacopus il 18 Marzo 2022, 09:09:57 AMLe parole nascono da due organi umani o insiemi di organi. Il primo è il sistema laringe, bocca, palato o sistema oro-laringeo. Il secondo è il cervello. Se non avessimo la laringe e la bocca fatta in un certo modo, non saremmo in grado di parlare con la complessità che ci contraddistingue. Una complessità simile è stata scoperta solo fra certi cetacei come le orche, che attraverso i loro fischi sottomarini hanno creato un vocabolario molto articolato e addirittura suddivisibile in vari idiomi, per cui è possibile identificare un orca come appartenente ad un gruppo in base al tipo di fischi che emette, come per gli esseri umani. La specie umana però ha affinato l'uso delle parole in virtù di dell'ingombrante contenuto della ns scatola cranica. Dai primi grugniti che avvisavano del pericolo o coordinavano la caccia di gruppo, ad un certo punto e progressivamente abbiamo iniziato a nominare le cose e gli animali, esattamente come fa Dio in Genesi. La domanda quindi diventa in realtà: "perché abbiamo, come specie, sentito il bisogno di nominare il mondo?". Continuerò il discorso appena possibile.
Discorso interessante e attendo la sua continuazione.Per intanto direi che abbiamo usato e sviluppato  ciò di cui l'evoluzione ci ha accidentalmente dotati, che se non ricordo male è una conseguenza  dell'aver assunto una posizione eretta, la quale, come si dice in altra discussione sul forum, ha pure i suoi inconvenienti.
Non credo quindi che si sia seguito un bisogno, e credo che anche un grugnito animalesco equivalga a nominare a suo modo il mondo.
Come qualcuno ha detto in altra discussione, forse tu stesso, non bisogna confondere la quantità con la qualità.
Parlando di logos mi sembra fondamentale distinguere fra la sua versione orale e scritta, e quest'ultima versione, non grugnita, mi sembra maggiormente fondativa dell'umanità, producendo testi ai quali, a distanza di millenni si fà ancora sostanziale riferimento, come a testi sacri alla cui stesura noi abbiamo fatto solo da tramite.
E' come se il logos, in quanto scritto, e quindi esternalizzato, abbia iniziato ad assumere una sua autonomia, dotandosi di attributi magici e sacri, e comunque come altro da noi. in una progressione di alterità che si coniuga oggi in termini di intelligenza artificiale.

Ma il logos, nella sua più alta espressione attuale, quella matematica, si sta progressivamente spogliando di ogni significato predeterminato, potendo assumere così ogni possibile significato.
Il modo in cui viene attribuito un significato al logos oggi ce lo mostrano gli scienziati con li loro lavoro.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#83
Riassumendo, il logos, esternalizzando, in una progressione che sembra inarrestabile, i nostri processi mentali, sembra un potenziale veicolo di alienazione, ma sta solo a noi decidere se ciò che sembra diventare sempre più altro da noi, siamo ancora noi.
Non è un decisione facile perché comporta una riconsiderazione dell'io, il quale forse è stato sopravvalutato.
Parlando di intelligenza ad esempio noto che ''IO'' non controllo la mia intelligenza più di quanto non controlli quella artificiale, senza che perciò mi senta alienato.
In che senso quindi io sono intelligente? Non è ben chiaro.

In principio era il logos e il logos era alienazione.
Per ricomporre questa alienazione che viene da lontano, occorre ridefinire l'io, cosa per niente facile, perché è quella cosa che più di ogni altra diamo per scontata, tanto che alcuni testi sacri ne prefigurano l'eternità.
Il logos però sembra minacciare questa eterna unità, con il suo farsi altro da noi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Premesso che morale è la traduzione dal greco al latino di etica, e viceversa, il logos viene prima di tutti i concetti etico/morali quali: imperativo categorico, bene, giustizia, ... offrendo a tali concetti il linguaggio che permette loro di incarnarsi nella ragione ed agire, collettivamente e individualmente.

Ragione & sentimento sono una coppia indissolubile nell'ethos antropologico, declinanti il logos in una dialettica su cui si costituisce il processo evolutivo umano comprensivo di più o meno idonei contenuti etico/morali alla luce, e alle ombre, della gnosi dominante. La consapevolezza di ciò evita di feticizzare la scienza in un super imperativo categorico ancora più infernale di quello religioso ancora, in subordine, vigente.



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daniele22

Tutte fanfalucche ben disposte con linguaggio accademico. Il vostro errore, o mia cara filosofia, l'abbiamo visto sul passaggio dalla cosa in sé alla cosa per noi. Dovevano emergere delle critiche più accurate in seno a questo delicato passaggio. Voi però non accettate. 
Il logos è una capacità che pertiene al vivente, senza scomodare la ferraglia. E' la capacità di un organismo di riconoscere una causa, di valorizzarla, e, per forza di cose di produrre poi un effetto. Tale capacità di riconoscimento di una causa è trasmissibile pure senza il bisogno della lingua umana la quale invece intorbida spesso le acque anche fraudolentemente. La gnosi dominante, data soprattutto la capraggine degli intellettuali, non riesce ad uscire dal ristagno di due tesi non decidibili, nonostante che tu dica che questa gnosi odierna eviti di feticizzare la scienza ... date pure le molte evidenze in proposito dico io. 
Insomma Ipazia, dobbiamo aprire un topic donna vs uomo per parlare un po' di voi o che altro? Donne ce ne sono poche in questo forum. Debbo forse dedurne che solo tu riesci a sopportare l'arroganza tout court di molti maschi? Guarda, io ho provato a metterti il sonaglio intorno al collo, però non ho visto bene se ci sono riuscito. Erabbuio! ... e so' scappato in fretta.

Ps: Per quel che riguarda etica e morale ho sempre fatto confusione, ma mi sembra ora di aver compreso grazie a te.
Esiste il tempo. Quello che viene dal passato forma la morale, la quale produce l'etica nel presente rivolgendosi al futuro specchiato sulla morale che viene dal passato. Giusto?

Ipazia

Le ombre ci sono e finiscono col pesare più della luce, posto che grande è l'ignoranza sotto il cielo. È la consapevolezza dell'ignoranza il farmaco che permette di non feticizzare alcuna forma di gnosi/episteme. Che ci salva dall'insuperata bestemmia del feticismo umano, oggi imperversante nauseabonda più che mai: "lo dice la scienza !"

La dialettica maschile-femminile è certamente argomento interessante, ma rischia di essare già datato, inghiottito dal feticcio alla moda: il gender.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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iano

Sulla spiegazione etica/morale un grazie anche da parte mia a Ipazia. :)
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iano

Citazione di: daniele22 il 23 Marzo 2022, 15:55:12 PMTutte fanfalucche ben disposte con linguaggio accademico. Il vostro errore, o mia cara filosofia, l'abbiamo visto sul passaggio dalla cosa in sé alla cosa per noi. Dovevano emergere delle critiche più accurate in seno a questo delicato passaggio. Voi però non accettate.
...............omissis................ Giusto?
Giusto,purtroppo.
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Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

La filosofia, ormai da due secoli, ha prodotto strumenti critici adeguati per superare la cosa in sé in cosa per noi. Riconoscendo con ciò la natura antropologicamente immanente del logos.
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