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Cosa significa capire?

Aperto da iano, 02 Marzo 2018, 23:12:15 PM

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Phil

Secondo me, capire/comprendere è un'attività mentale che si presenta come l'individuazione di un significato/senso (anche fuori dal linguaggio simbolico, come ci ricorda Eutidemo). 
Il parlante di Putnam che recita il cinese senza conoscerlo non è in grado di dare un senso a ciò che dice, ovvero non lo capisce.

Capire il teorema di Pitagora significa impossessarsi di un senso fruibile, riutilizzabile. Convocare la dimensione estetica permette però di allargare il campo del "capire" senza ridurlo all'utilitarismo: posso gradire un quadro senza capirlo, e quando mi viene spiegato (e qui entra in gioco l'aspetto sociale citato da Epicurus) non vengo in possesso di un senso utilizzabile ulteriormente, ma solo "archiviabile" (banalizzando: il quadro x "significa" y). Per cui il capire non implica sempre un'acquisizione strumentale, ma talvolta solo cognitiva, come quando, osservando qualcuno, capisco che è nervoso o capisco che la frase che usa è una parodia di un proverbio famoso. 
Il denominatore comune a tutte le sfumature di "comprensione" è quindi l'individuazione di un senso/significato? Si tratta allora di definire cos'è un senso/significato... e in bocca al lupo  ;D  (Il senso è una decifrazione concettuale-mentale che sovrapponiamo alla realtà o associamo ad un input, visivo o uditivo?).

Come osserva Angelo, per capire si parte sempre dal noto; Krashen parlava di "acquisito +1", ovvero si aumenta gradualmente la conoscenza che già si ha (se non ho conoscenze di elementare matematica di base, difficilmente capirò il teorema di Pitagora). 
La (ri)combinazione del noto può poi fare luce sull'ignoto, come nel caso della fisica quantistica a cui allude Iano (la risultante della combinazione fra conoscenze note non è sempre solo la mera somma delle nozioni usate). Tuttavia per capire la fisica quantistica, bisogna prima che essa sia stata formulata... e spesso la formulazione della comprensione scientifica è la creazione di un senso, più che una "scoperta" (il "senso" del tragitto del sole è stato prima interpretato come geocentrismo, poi come eliocentrismo), e ritorniamo alla vecchia faccenda della mappa e del territorio  ;)

iano

#16
Citazione di: Phil il 06 Marzo 2018, 21:31:42 PM


Capire il teorema di Pitagora significa impossessarsi di un senso fruibile, riutilizzabile.
Non ho capito molto degli ultimi interventi,ma leggendo questa frase mi si è accesa una lampadina.
Potrei decidere di fruire del teorema di Pitagota senza visionare alcuna sua dimostrazione, limitandomi a verificarne l'utilità sul campo , verificandone eventuali limiti applicativi.
Oppure posso fare la stessa cosa dopo aver visionato svariate dimostrazioni di esso , e magari essere stato suggestionato da una di esse in particolare.
Purtroppo non ricordo una di queste dimostrazioni particolari che mi ha suggestionato in tal senso quando l'ho visionata.
Ricordo solo che dissi "adesso l'ho capito" aggiungendo " è una cosa di una banalità unica" e " è solo la,forma in cui viene classicamente esposto che gli dà' un fascino misterioso."
Queste sono solo alcune riflessioni legate a una particolare esperienza.
Prendetele per quel che sono.
Possiamo allora dire che comprendiamo veramente un teorema quando troviamo una particolare sua dimostrazione che meglio si armonizza con la forma delle mie conoscenze già accumulate?
Il,fatto è che in matematica la dimostrazione non ha questa precisa funzione .
La,sua funzione è quella di approvare una nuova preposizione, incassarla, e passare oltre , posando un passo dopo l'altro in sicurezza.
Però di,fatto le dimostrazioni sembrano essere qualcosa di più.
La dimostrazione che preferiamo fra le tante a disposizione è quella che ci fa' acchiappare il teorema quasi con un atto unico?
Non sempre la comprensione passa attraverso un tale processo cosciente , ma la sensazione di immediatezza sembra comunque essere compagna della comprensione.
È' come se una particolare dimostrazione contribuisse a a far il teorema ovviamente mio , e questo ovviamente non può non avere una influenza nella mia ricerca matematica.
Sia in matematica , che nella vita vissuta , diverse sono le strade che possiamo decidere di prendere, e le nostre scelte  non dipendono solo dalla nostra conoscenza nella sua essenza, ma anche dalle forme arbitrarie , fra le tante possibili , in cui abbiamo scelto di  codificata, o,se preferite nel modo in cui abbiamo capito
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Il_Dubbio

Citazione di: iano il 02 Marzo 2018, 23:12:15 PM
Significa comprendere ,  possedere dentro se ?
Se costruisco una teoria certamente la possiedo.
Perché allora nessuno ha mai detto di aver capito la fisica quantistica , compresi i suoi padri fondatori?
Alla luce di ciò forse è arrivato il momento di aggiornare il significato che diamo al termine capire.
Cosa ne pensate?
In che senso voi dite di capire una cosa , quando lo dite ?

la comprensione si ha quando una certa informazione viene decodificata da un programma.
Il programma piu semplice è l'associazione fra due elementi.
Se prendo la parola albero e la associo con una foto di un albero il programma d'ora in avanti comprenderà che un albero (dalle sembianze della foto) è sia la parola che il concetto che essa esprime nella foto. Le associazioni diventano però sempre piu difficili. Se ad esempio mettiamo 2 accanto alla foto di due mele, il 2 non rappresenta piu la foto in se (come nel primo esempio) ma la quantità che essa esprime. Per cui nel nostro programma dovrà esistere una differenza fra le parole che esprimono concetti astratti e le parole che usiamo per indicare cose concrete. Ma come facciamo a far comprendere cose astratte?
Per caso ill concetto astratto nasce da un programma che fa risalire cose astratte da cose concrete? Dovrebbe essere piu veritiero il contrario, i concetti astratti dovrebbero essere stati avviati da dalle associazioni tra cose concrete. Ma se il 2 non è una parola che possiamo associare ad un albero, in quanto il 2 non è una parola che contiene un messaggio identificativo dell'oggetto mostrato nella figura, come nasce la quantità che essa esprime?

 Il concetto di quantità è un concetto astratto, anche se per incominciare a  comprenderlo iniziamo ad apprenderlo attraverso le figure.
Ma il 2 non identifica gli alberi ma il solo fatto che siano due. Come è possibile incominciare a comprendere le quantità partendo dalle associazioni fra cose? Dovrebbe essere innato un programma che renda comprensibili concetti astratti, ma se esistesse questo programma potrebbe mai girare in un mega computer? Si se si riuscisse a sapere come funziona.

Secondo me, però, un programma del genere non può esistere.

p.s.
per quanto riguarda la meccanica quantistica ed il fatto che è incomprensibile questo è dovuto al fatto che parte  (come molta, se non tutta, roba di fisica) da concetti astratti e quando finisce la sua cosa verso la nostra comprensione sembra scontrarsi con una serie di nostre elaborazioni precedenti che la rendono appunto incomprensibile. In buona sostanza li abbiamo un programma (la m.q.) che gira male all'interno del programma che ci siamo fatti noi per circa 2000 anni di storia. Buttare a mare 2000 anni di storia non è facile... e siccome ogni teoria che si rispetti ha sempre qualche falla, si spera che sia proprio quella falla a renderla cosi poco digeribile.

iano

#18
@ Il dubbio.
Anche la nostra percezione ha delle falle , ma non per questo la buttiamo via , anche se qualcuno per un malinteso senso della scienza ci prova sempre.
Si parte dal concreto e si giunge all'astratto , e i due termini si portano dietro i nostri pregiudizi al proposito , laddove il concreto e positivo e l'astratto ni e so.
Inoltre se i conigli figliano conigli , bene , e bene se le idee figliano idee.
Ma quando il concreto inizia a figliare l'astratto , questo ci crea una qualche perplessità.Concordo.
Ma i matematici ci insegnano che per,fare due ci vuole uno e uno e che uno e due appartengono alla stessa specie , quindi normalmente figliano fra loro.
Non potremmo avere due conigli se prima non ne abbiamo uno, e un coniglio quindi ha già in partenza un attributo astratto , uno , e quindi forse è meno concreto di quel che sembra .
Per avere un coniglio in effetti devi astrarlo dal cilindro dell'universo , che sembra una magia solo perché lo facciamo senza sapere come.
Forse quindi  una buona definizione fattiva di concreto è dire che concreto è ciò che astraiamo senza sapere di farlo.
Nel linguaggio che usiamo permangono prove di questo processo che parte dal cosiddetto concreto, per arrivare al cosiddetto astratto.
Per partire dal concreto bue e arrivare a due buoi , siamo passati da una pariglia di buoi , che possiamo considerare come l'anello di congiunzione fra le due diverse , forse solo appunto apparentemente , specie.😊
A dire il vero non so' neanche se pariglia si addica ai buoi.
Comunque se dici coppia , qualcuno ti chiederà di cosa ,mentre se dici due , magari no.
Ecco , mettiamola così.😊
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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