Menu principale

Cos'è un sofisma?

Aperto da cvc, 22 Giugno 2016, 09:33:20 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

cvc

Nella storia della filosofia i sofisti hanno sempre avuto un'accezione negativa. Sebbene con spirito revisionista si può osservare che i sofisti hanno introdotto Socrate e, in un certo senso, il nuovo approccio scientifico che rileva l'importanza della discrezionalità umana nell'osservazione dei fatti; tuttavia i sofisti sono quelli che hanno fatto condannare Socrate. Kant aborriva l'uso sofistico della filosofia in quanto arte della parvenza. Seneca che prese da Cicerone il termine cavilliones per indicare i sofismi, fece dell'attacco alla parvenza di verità uno dei suoi capi saldi. Parlando dell'uso sconsiderato del sillogismo ne cita uno volutamente ingannevole: "Non puoi perdere ciò che non hai, non hai le corna; dunque non puoi perdere le corna: hai le corna". Questo modo di esprimersi volutamente ambiguo ed equivoco, è riscontrabile in molte cose attuali. Si pensi alla pubblicità, alla politica, ma c'è anche chi lo usa per il puro piacere di essere un buon schermidore della parola, un bravo spadaccino verbale che ha a cuore non tanto la profondità dei temi trattati, quanto la soddisfazione di aver dato una bella stoccata. Soddisfazione che magari viene anche amplificata dal consenso di un pubblico televisivo o virtuale. Peccato che come sottofondo non si possano udire le parole di Seneca: "Quanto è insensato l'uomo che si allontana soddisfatto per gli applausi di un pubblico ignorante! Perché rallegrarsi di essere elogiati da chi non può essere a sua volta elogiato?"
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

paul11

#1
Non sono niente affatto d'accordo di nulla.
Non sono niente affatto d'accordo su tutto.

......sono completamente d'accordo cvc, con le parole si gioca, l'esercizio sofistico è l'arte di persuadere con immagini appunto di retorica costruite su un linguaggio ambiguo. Da ciò e dai paradossi nasce la logica predicativa e proposizionale.. della scuola di Aristotele e degli stoici della Stoà.
Ma non penso che sia possible togliere l'ambiguità alla parola e alle proposizioni, perchè  la nostra mente costruisce un'immagine dalla parola, la nostra qualità di astrazione è già in sè un "ponte" fra il fatto, l'evento che la parola tenta di descrivere  e l'immagine ,fra il segno e il simbolo e noi che interpretiamo.
Il pensiero culturale, la filosofia allora si rivolge alla fattualità come elemento che dirima la parola e il fatto.la logica dovrebbe  formalizzare quindi la descrizione del fatto con la parola all'interno della predicazione e proposizione. Ma le parole sono appunto sfuggenti per l'ambiguità che ho prima descritto, per cui alla fine ognuno di noi interpreta a proprio modo.la logica dovrebbe tentare di far interpretare il meno possible per oggettivare la parola stessa nel fatto od evento od oggetto naturale.

Fin quando si tratta di trasmettere, comunicare un'informazione di un evento,naturale  quindi "scientificizzare" la parola,  possiamo avvicinarci ad una oggettività.
Ma se l'argomento comincia  ad essere metafisico o astratto e i concetti astratti non sono più oggetti naturali allora il vero, il falso e il verosimile si confondono, per cui il sofista, l'eloquente, può affabulare la parola con l'esercizio retorico.Si tratta da parte di colui che riceve la comunicazione ,di capire dove sta l'onesta della buonafede o la malafede, e quì sorge un'altro problema......

acquario69

Citazione di: cvc il 22 Giugno 2016, 09:33:20 AM
Nella storia della filosofia i sofisti hanno sempre avuto un'accezione negativa. Sebbene con spirito revisionista si può osservare che i sofisti hanno introdotto Socrate e, in un certo senso, il nuovo approccio scientifico che rileva l'importanza della discrezionalità umana nell'osservazione dei fatti; tuttavia i sofisti sono quelli che hanno fatto condannare Socrate. Kant aborriva l'uso sofistico della filosofia in quanto arte della parvenza. Seneca che prese da Cicerone il termine cavilliones per indicare i sofismi, fece dell'attacco alla parvenza di verità uno dei suoi capi saldi. Parlando dell'uso sconsiderato del sillogismo ne cita uno volutamente ingannevole: "Non puoi perdere ciò che non hai, non hai le corna; dunque non puoi perdere le corna: hai le corna". Questo modo di esprimersi volutamente ambiguo ed equivoco, è riscontrabile in molte cose attuali. Si pensi alla pubblicità, alla politica, ma c'è anche chi lo usa per il puro piacere di essere un buon schermidore della parola, un bravo spadaccino verbale che ha a cuore non tanto la profondità dei temi trattati, quanto la soddisfazione di aver dato una bella stoccata. Soddisfazione che magari viene anche amplificata dal consenso di un pubblico televisivo o virtuale. Peccato che come sottofondo non si possano udire le parole di Seneca: "Quanto è insensato l'uomo che si allontana soddisfatto per gli applausi di un pubblico ignorante! Perché rallegrarsi di essere elogiati da chi non può essere a sua volta elogiato?"


personalmente i sofismi non mi sono mai piaciuti e di primo acchito mi viene subito in sospetto.
per come la vedo io il sofista e' colui che si schermisce dietro le parole,una sorta di maschera,o maschere intercambiabili da indossare a seconda delle circostanze.

secondo me un conto e' il voler,o almeno tentare di descrivere una "visione interna" e portarla fuori,condividendola e di seguito accrescerla vicendevolmente,un altra esaltare il proprio orgoglio di un io che attraverso le parole consegue l'unico scopo che gli rimane concepibile,di gonfiarsi a dismisura negando a se stesso la stessa possibilità di com-prensione

Phil

La sofistica, intesa come arte del convincere dialogicamente (o eristica) è l'applicazione del linguaggio per finalità retoriche(persuasive) e non logico-argomentative, quindi è proprio l'approccio logico che può permettere di smascherare le trappole della sofistica: qualunque imbonitore non può incantare facilmente l'ascoltatore che è dotato dell'antidoto composto da competenze logiche e spirito critico (e magari una sana diffidenza di base).

Il fatto che le asserzioni del retore/sofista non siano apofantiche (dimostrative e falsificabili), ma incentrate su meccanismi di ricerca del consenso, stabiliscono, secondo me, un rapporto di parentela fra la sofistica ed un'altra applicazione del linguaggio: la poesia.
Sia la poesia che la retorica, infatti, prescindono dall'ambizione veridica del dire, mirando a solleticare l'emisfero destro dell'ascoltatore, ad ammaliarlo, ad incantarlo... entrambe si servono di figure retoriche (appunto!) per rendere il linguaggio ammiccante ed evocativo... entrambe abusano delle parole per "ipnotizzare" l'uditore/destinatario (non credo che i poeti, in generale, scrivano "per loro" o perché hanno "bisogno di scrivere"; il gesto stesso della scrittura presuppone inevitabilmente un destinatario, fosse anche il proprio Io-futuro), mentre un discorso strettamente formalizzato logicamente può funzionare anche come "soliloquio analitico".

A scanso di equivoci, sottolineo che ho parlato di "parentela" fra poesia e retorica/sofistica: indubbiamente, ci sono anche sostanziali differenze...


P.s. Curiosando, ho letto che la retorica, arte del trivium, talvolta veniva rappresentata come una donna allo specchio... il tema di quel topic ha riflessi ovunque!

cvc

Citazione di: Phil il 03 Luglio 2016, 21:27:28 PMLa sofistica, intesa come arte del convincere dialogicamente (o eristica) è l'applicazione del linguaggio per finalità retoriche(persuasive) e non logico-argomentative, quindi è proprio l'approccio logico che può permettere di smascherare le trappole della sofistica: qualunque imbonitore non può incantare facilmente l'ascoltatore che è dotato dell'antidoto composto da competenze logiche e spirito critico (e magari una sana diffidenza di base).

Il fatto che le asserzioni del retore/sofista non siano apofantiche (dimostrative e falsificabili), ma incentrate su meccanismi di ricerca del consenso, stabiliscono, secondo me, un rapporto di parentela fra la sofistica ed un'altra applicazione del linguaggio: la poesia.
Sia la poesia che la retorica, infatti, prescindono dall'ambizione veridica del dire, mirando a solleticare l'emisfero destro dell'ascoltatore, ad ammaliarlo, ad incantarlo... entrambe si servono di figure retoriche (appunto!) per rendere il linguaggio ammiccante ed evocativo... entrambe abusano delle parole per "ipnotizzare" l'uditore/destinatario (non credo che i poeti, in generale, scrivano "per loro" o perché hanno "bisogno di scrivere"; il gesto stesso della scrittura presuppone inevitabilmente un destinatario, fosse anche il proprio Io-futuro), mentre un discorso strettamente formalizzato logicamente può funzionare anche come "soliloquio analitico".

A scanso di equivoci, sottolineo che ho parlato di "parentela" fra poesia e retorica/sofistica: indubbiamente, ci sono anche sostanziali differenze...


P.s. Curiosando, ho letto che la retorica, arte del trivium, talvolta veniva rappresentata come una donna allo specchio... il tema di quel topic ha riflessi ovunque!
Sono d'accordo, ma credo anche che quando il ricorso alla "arte di avere ragione" diventa talmente diffuso da permeare ogni ambito del quotidiano, diventa anche difficile procurarsi degli antidoti da avere sempre sottomano, perchè non si tratta solo di distinguere la sostanza dalla parvenza, si tratta di capire anche se nell'altro ci sia o meno il desiderio di verità. Perchè l'uso strumentale della verità non è amore di verità, la verità deve essere il fine (pur essendo un fine forse inaccessibile) e non lo strumento per altri fini. 
Sul parallelo che mi pare tu faccia fra retorica e poesia sarei un pò meno del parere, poichè il retore ha dei fini pratici. Nell'antica Roma si studiava retorica per poi farsi strada nel foro e nella vita pubblica, e chi insegnava lo faceva dietro compenso. La persuasione poetica ha scopi meno materiali, in primis estetici o sentimentali, cui non può giungere con la sola dimostrazione o confutazione logica, ma ricorrendo anche al linguaggio simbolico ed evocativo. Cosa cui senz'altro ricorre anche il retore, ma indubbiamente per altri fini.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Discussioni simili (5)