Cos'è un ente? Perchè è diverso da un niente?

Aperto da Sariputra, 13 Gennaio 2017, 11:13:24 AM

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Sariputra

Dopo essermi scusato con Sgiombo e con tutte quelle persone che non conoscono i vari termini in Sanscrito o in Pali che ho, obiettivamente, usato  in eccesso ( e questa a volte può sembrare una forma di maleducazione, ma non era nelle mie intenzioni , in quanto tirato per la giacca da domande specifiche su termini che necessitavano di risposte specifiche...); volevo riprendere il discorso e proporre una riflessione che ho tentato, in questo fine settimana, di rendere coerente nella mia zucca vuota. Son partito dalla necessità di dare una dimensione al concetto di Vuoto ( Vacuità) che mi premeva illustrare e come questo , alla fine, possa risolvere la dicotomia linguistica 'Essere-Non Essere' che tanto affligge il pensiero.Questo Vuoto è sinonimo di Spazio mentale e pone l'accento sulla dimensione locativa e non solo su quella storica, tipicamente occidentale ( quindi anche dimensione astronomica). Sono partito, aiutato da un testo di Pino Blasone sul confronto tra la logica occidentale e quella orientale. che mi son letto e che ho trovato interessante, e sui differenti sillogismi. Sappiamo che il sillogismo logico classico aristotelico è:
Sari è un uomo. Un uomo è mortale. Sari è mortale.
Abbiamo poi quello stoico (modus ponens) che recita così:
Se Sari è un uomo, allora Sari è mortale. In effetti, Sari è un uomo. Quindi, Sari è mortale.
I due sillogismi appaiono molto simili. Uno mette l'accento sul soggetto, l'altro sulle proposizioni.
Poi abbiamo un tipico sillogismo della logica indiana classica:
Sari è mortale. Sari è un uomo. Sari è uomo e mortale, così come Sgiombo è uomo e mortale, e al contrario di un dio, che non è uomo né mortale. Sari è un uomo. Sari è mortale.
La differenza , con i sillogismi greci, è che qui non c'è solo il ragionamento deduttivo, ma anche quello induttivo. La premessa generale, che viene data per scontata in Aristotele e nello stoicismo, è induttivamente il problema della mortalità umana. in quello indiano lo si risolve presentando all'interno del sillogismo una similitudine e un opposto ( come Sgiombo, al contrario di un dio...). Ossia si da importanza non solo che una cosa si verifichi in presenza di una data condizione, ma anche che la stessa cosa non si verifichi in presenza di una condizione contraria ( si introduce perciò il famoso 'non-è').
Il Blasone scrive:
Per via apofatica, è proprio qui che affiora l'inespresso ed emerge il non-detto, 
quanto tuttavia latente sia nel sillogismo aristotelico sia nel modus ponens degli stoici. 
Sempre nel nostro caso, si tratta di concetti quali divinità e immortalità, in quanto opposti a
quelli di umanità e mortalità. Con ogni parvenza di logica consequenzialità, dall'essere 
scaturisce non tanto e solo il non-essere quanto piuttosto un essere-non, che presenti i 
caratteri di una reversibilità inversa.
Essere-non mi sembra definizione interessante, in quanto non negante l'essere ma definendolo legato a ciò che è non-essere ( essere uomo significa essere non-dio, per es.)
Adesso poniamo lo stesso nello spazio con un famoso sillogismo di Aksapada:
C'è fuoco su quella montagna. C'è fumo su quella montagna. Dove c'è fumo là c'è fuoco, come in una cucina e al contrario che su un lago. C'è fumo su quella montagna. C'è fuoco su quella montagna.
E' presente una figurazione di luogo letterale, oltre che mentale.
Aristotele direbbe:
C'è fumo su quella montagna. Dove c'è fumo c'è fuoco. C'è fuoco su quella montagna.
Per quanto esatta e rigorosa, è priva dell'aspetto induttivo.
I logici buddhisti, nel caso citato, mettono in evidenza: un luogo principale, un luogo affine e uno antitetico ma complementare per dimostrare la tesi. La coerenza logica è pertinente al luogo in cui si svolge l'evento da dimostrare. Questo 'luogo' è principalmente un luogo mentale. C'è uno 'spazio', un 'vuoto' che permette sia l'essere che l'essere-non di tutte le cose ( come in una cucina, al contrario che su un lago...). Questo spazio ( vuoto) permette quella che Kitaro Nishida chiama 'identità contradditoria', 'affermazione eppure negazione', 'essere locativo'.
"Con il termine mondo", afferma Nishida, ampliando l'orizzonte, "vorrei 
indicare l'assoluto essere locativo, per cui il mondo potrebbe essere chiamato l'assoluto 
(quando ho discusso di matematica, l'ho chiamato un campo di identità contraddittoria). 
[...] Il vero assoluto include un'assoluta autonegazione, è essere assoluto in quanto 
negazione-eppure-affermazione e per questo è veramente assoluto". Il mondo in quanto 
"essere locativo", insiste Nishida, è una "identità assolutamente contraddittoria".
Ho cercato di fare un riassunto. Spero sia comprensibile il senso... ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11

Citazione di: Sariputra il 20 Gennaio 2017, 11:21:49 AM
@Paul11
Figlio della cascata non è niente male, vero?.. ;D
La questione del significato che ogni essere umano si pone osservando il dramma della vita e che porta a chiedersi: "Che razza di gioco è questo? Qual'è il suo significato e scopo, e che cos'è tutto questo?" è alla base delle risposte che le religioni umane tentano di dare. Religioni diverse danno risposte diverse. Mi sembra ci siano due approcci prinicipali: la visione giudaico-cristiana che tanto ha influenzato e permeato l'intero "senso della vita" occidentale e quella buddhista ( che differisce da quella hindu in diversi punti). Il dramma viene dipinto, più o meno, in questo modo: Visione storica ( giudaico-cristiana) e non-storica ( come viene definita da molti teologi quella buddhista).
La visione storica:
1. La storia ha un inizio e una fine.
2.E' teleologica. L'universo è progettato e la storia dell'umanità va diretta verso una fine, per uno scopo ben definito.
3.La storia è pregna di significato ( anche se questo significato può risultare incomprensibile all'uomo). La storia, ossia il dramma umano, non è accidentale; ha un significato nell'adempimento di una volontà o di un piano Divino. Questo significato è noto solo a Dio, il Creatore.
4.La storia umana, proprio come un dramma, è a intensità crescente. Ha un inizio, un momento culminante e una fine.
5. Questo unico dramma viene recitato sul palcoscenico chiamato Terra, inteso quindi come centro dell'universo per quanto riguarda questa rappresentazione.
La visione non-storica ( ma i buddhisti la definiscono trans-storica):
1.La storia ha un inizio e una fine , ma solo in senso relativo, non assoluto.
2.La storia è piena di significato poichè è un processo necessario per la realizzazione della Perfezione per tutti gli esseri viventi.
3.La storia umana non è l'unica con un significato:;ci sono numerose storie di altri esseri senzienti in altri luoghi o universi.
4.La Terra non è affatto il solo palcoscenico su cui un unico dramma , voluto da Dio, viene recitato.
5.la storia umana non è progettata e organizzata da Dio; viene in essere dall'azione collettiva ( Karma collettivo) di esseri senzienti.
6.Non c'è un modello o una struttura ben definita dentro
cui tutte le storie devono "rientrare". La struttura della storia viene dettata dalla natura del'azione collettiva ( karma collettivo) degli esseri viventi "in quella particolare" storia.
La visione ciclica, come giustamente scrivi, orientale ( e in particolare quella buddhista) secondo molti pensatori occidentali toglie qualsivoglia significato alla storia. A noi occidentali il samsara, il divenire inteso secondo la concezione indiana, sembra soltanto una monotona seccatura che si ripete senza significato (quanto siamo presi da questo termine occidentale, da questo "significato"?).
E' vero  che ammettiamo che questa concezione orientale, questa visione astronomica della storia, porta a una radicale modifica del pregiudizio innato in ogni creatura verso l'egocentrismo, ma ci sembra al prezzo di togliere significato alla storia e infine all'intero universo.
Invece per l'orientale , questa ciclicità, questo samsara ciclico e permanente può essere del tutto piena di significato. Infatti , i critici occidentali, sembrano dimenticare che il significato non dipende interamente da circostanze esterne. Dipende dall'atteggiamento di ognuno di noi verso quelle circostanze. La vita ricorrente allora non è necessariamente uno stato ripetitivo di noia, ma può garantire un'ampia opportunità di progresso spirituale. Il significato e la scopo della vita allora vengono visti come una sfida e un'opportunità perché ogni uomo possa attingere un bene più "alto" ( nel caso del buddhismo, lo stato di Buddhità...).

"O figlio della cascata" (Sariputra), ma in generale a tutti.

I libri Veda sono migliaia e migliaia di pagine, ho letto poco rispetto alla grande mole, alcuni studiosi hanno capito qualcosa nell'ultimo secolo, molti non hanno capito nulla perchè lo interpretano simbolicamente come mito.

E' un testo ritenuto sacro e rivelato, uguale alla Torah ebrea, verità inalienabile e inviolabile.
Il fondamento non è l'interpretazione spirituale e religiosa ( non vuol dire che non sia importante, ma ne deriva) che è la modalità
del genere umano di uscire dal tempo.Il tempo essendo il metronomo che scandisce il divenire ,ma solo in un senso quello di incrementazione, ma non di sottrazione (nasciamo bebè e moriamo vecchi e non viceversa) a cui è condizionata tutta la vita e i fenomeni, appare altrettanto ina alienabile non sottraibile alla materialità e al corpo fisico.

I libri veda indicano una creazione e il "meccanismo" temporale.
Pochi studiosi hanno capito che il meccanismo è il sistema planetario solare ( e forse oltre...) e del pianeta Terra.
Sono i tempi di rivoluzione e rotazione.
Gli umani che raccolsero la scienza antica la tramandarono oralmente "alla loro maniera", vale adire nel linguaggio che la mente umana poteva comprendere in quel tempo antico.
L'orologio scandisce le ore 24, ma poi torna all'1, tuto passa e va, ma anche tutto torna.
La linearità è dentro il ciclo, questa è la verità.
Il meccanismo vedico essendo sacralità rivelata ed è qualcosa di più potente della spiritualità come la intende il genere umano, in quanto si confà.Tutta la cultura dal Tao al bramanesimo e buddismo, compreso le arti mediche e il concetto quindi di energia che sono impliciti per la medicina orientale, derivano dalle prime rivelazioni.

Queste rivelazioni non sono alla portata della comprensione umana e arriveranno ,cone altre civiltà, tradizioni e culture,ai greci come linguaggio ormai del mito. La teosofia della Blavatsky, tanto per capirci, è l'ennesima speculazione, dell'immensa portata conosciitva che era stata trasmessa al genere umano .

Perchè gli dei dell'Olimpo e poi tradotti nella civiltà latina-romana, sono collocati nei pianeti?
Ma il primo dio è Crono, il tempo ,padre di Zeus(Giove)
Perchè tutte le piramidi, sumeriche, egiziane, precolombiane sono orientate in precise costellazioni?
Attendo che studiosi e scienziati contemporanei che spediscono sonde per ogni dove dicano spiegazioni,.Intanto hanno capito che c'è acqua un pò ovunque sui pianeti.
C'è un inno nel rigveda, se non ricordo male, dove ogni dio è collocato in precisi punti orientati.

Il mito greco ,rappresentato da esiodo nella "Teogonia" è la banalizzazione del mito di una scienza antica.
L'aperion di Anassimandro è il banale errore che non c'era già millenni prima nei Veda.
Agni è il potente dio del fuoco vedico.

Succede che la cultura greca, da una parte perde la scienza antica, estinguendola nel mito e dall'altra riformula la conoscenza dal punto di vista del genere umano. Mentre il mito, come retaggio di una scienza antica, muore e con lui la forma conoscitiva premoderna, dall'altra i filosofi greci riformulano il sistema conoscitivo umano.

Quello che ci appaiono  agli occhi dell'occidentale contemporaneo sono diversità, in cui l'uomo sentendosi più progredito ed evoluto rivede la scienza antica, come banalità, elementarietà, di una umanità primitiva.
La teoria,evolutiva, il concetto intrinseco di progresso ed evoluzione dell'uomo moderno, ma anche la battaglia ideologica secolare ormai per sconfiggere religioni e spiritualità come retaggio di quella cultura "elementare", banale, portano alla risultante della relativizzazione di tutto nella post-modernità..

Ma ritorniamo al punto, il samsara è l''adattamento umano al "meccanismo" del tempo che dviene ,ma ritorna, ma all'interno di un sovrameccanismo che è eterno.Tant'è che Buddha non va oltre il meccanismo, quella cultura non si pone un al di là.
Detto così è semplice, ma mentalmente è molto diverso vivere in quella cultura, piuttosto che che nella tradizione occidentale.
perchè è inutle per l'orientale ,aggredire il tempo, perchè l'ordine del meccanismo ha insita la giustizia. E' l'uomo che deve adeguarsi e lo può fare solo dentro di sè, (ecco lo spirito, atman), non contro l'ordine naturale che deriva dal meccanismo temporale.
Tutto il sistema di relazione cambia, il concetto di libero arbitrio, di volontà, di rapporto uomo-realtà-tempo.
i concetti positivi e negativi convivono, perchè non è come l'occidentale, che supera i concetti rendendoli obsoleti, e quindi avanzando ridà all'oscurità dell'oblio la propria memoria, Noi occidentali avanziamo con una torcia elettrica , vediamo davanti a noi  oltre i nostri passi, ma perdiamo tutto ciò che  è stato , aggrediamo il futuro ferocemente, perchè pensiamo che la vita è tutta quì e il tempo brucia le opportunità.Quindi è ovvi che filosoficamente la contraddizione è di enti che arrivano e spariscono, di linguaggi che riformulano di parole di "lingue morte"(il cretinismo occidentale...) e di nuovi vocaboli social-tecnologici.

Il sutra del cuore è un esempio di un linguaggio in cui l'uomo è immerso nel meccanismo contraddittorio di un tutto passa e va, ma ritorna.

Il filosofo se da una parte non può vivere isolandosi nella torre d'avorio e deve relazionarsi al suo tempo, non significa assoggettarsi alle forme conoscitive della scienza, in tutt'altro modo orientata finalisticamente e quindi come metodo.

Ribadisco quindi: noi viviamo esistenzialmente in una realtà materiale che è contraddittoria alla razionalità.
ma questo lo avevano già capito prima dei greci,prima della filosofia moderna.

baylham

A Sariputra

Premetto che non sono un esperto né di logica né di filosofia e perciò non sono in grado di approfondire le mie osservazioni. Mi baso sulle limitate conoscenze di logica, di Aristotile, di Russel.

Ho appreso da Russel, e concordo, che la logica occidentale moderna non è fondata sul sillogismo aristotelico.

Il sillogismo aristotelico Barbara non è nella forma che hai esposto, che è invece la proprietà transitiva dell'implicazione e dell'uguaglianza, ma in questa:
Tutti gli uomini sono mortali. Sari è un uomo. Sari è mortale.
Il principio di induzione è alla base del sillogismo, laddove si afferma che tutti gli uomini siano mortali.

La logica orientale, se è quella che hai esposto, non ha affatto basi diverse da quella occidentale: c'è un lungo circuito per ritornare alle condizioni di partenza, oltretutto mettendo in campi enti ideali e metafisici quali Dio e immortalità. Evidentemente ha tempo per meditare e riflettere.

Comunque la logica, antica e moderna, orientale o occidentale, non può garantire, assicurare, rendere necessario il passaggio, il salto dal singolare al generale (induzione), di cui comunque non si occupa, lo postula, e dal generale al singolare (deduzione) nella realtà.

Sul tema, definire l'ente apre numerosi problemi irrisolti, enigmi, tra cui quello dell'autoreferenzialità: per definire l'ente devi far ricorso all'ente. L'ente è differente dal niente, entrambi sono indefinibili, inafferrabili.

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