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Cos'è la verità

Aperto da Jacopus, 06 Novembre 2018, 00:26:13 AM

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0xdeadbeef

Citazione di: altamarea il 18 Novembre 2018, 09:30:00 AM
Avete compilato 15 pagine per non farmi capire cos'è secondo voi la verità, in dieci parole ! Ma vi sembra normale ?


Battuta brillante, e perciò assolutamente ben accetta (naturalmente neppure mi passa per la testa che possa non
essere una battuta...)
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: bobmax il 17 Novembre 2018, 19:45:26 PM
Il concetto è un oggetto, che altro potrebbe essere?

Non vi è nulla, nè fisico nè mentale, che non sia oggetto.

Ciò che non è oggetto, propriamente non esiste, in nessuna forma.

Ed è perciò solo riguardo a degli oggetti che si può parlare di oggettività o soggettività.

Sarei curioso di sapere se per te può esservi qualcosa che non sia oggetto...

Ciao Bobmax
Naturalmente se, come nel tuo caso, si afferma che tutto ciò che "è" è vero allora non può esservi nulla che non sia
un oggetto.
Posizione, come già ti dissi, rispettabilissima ma frutto di un articolo di fede, cioè che parte da un principio assiomatico
(il problema semmai consiste nel rendersene conto).
Per me l'"oggetto" è la "res extensa" cartesiana. Che, come Cartesio, per me è da distinguere nettamente dalla "res
cogitans", o concetto che dir si voglia.
Che poi, per estensione E per necessità (come cerco di spiegare in questa mia tesi cira la "struttura assoluta del
linguaggio") si parli di "oggetto" anche nel caso di un concetto è un altro discorso (parafransando Nietzsche direi:
se ne parla così, per vivere).
saluti

0xdeadbeef

Citazione di: Phil il 17 Novembre 2018, 23:03:31 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 17 Novembre 2018, 16:51:05 PM
Ed è proprio la potenza effettiva, o dominante, a cancellare la sua "natura fattuale" e a voler in un certo qual
modo "obliare" se stessa obliando, tra le tante cose, anche la natura convenzionale dei concetti, che adesso essa
ha tutto l'interesse a far passare per oggetti.
Le tue parole sull'argomento (per quanto ricche di "abbellimenti") mi sembra concordino con questa "crudezza".
Certo; mi pare che la cruda realtà fattuale sia che abbiamo convenzioni e tradizioni a tenere in piedi (inevitabili) culture e visioni del mondo, e più ci "allontaniamo" dall'empirico, più diventa una questione di interpretazioni, gerarchia storicizzata e adesione comunitaria.


Ciao Phil
Premesso che per me anche l'empirico non ha una valenza totalmente oggettiva (appunto: la verità è conoscibile solo
come direzione di verità), c'è a parer mio da rimarcare che nel caso del non-empirico qualsiasi "cultura" assume i
suoi concetti e valori "come se" fossero oggettivi (un "come se" proprio nel senso strettamente kantiano).
Questo vuol dire che, "per poter vivere" (direbbe Nietzsche), qualsiasi cultura ha bisogno di "oggettivare" i
propri concetti e valori etico-morali come se essi fossero empiricamente evidenti (come del resto ha bisogno di
affermare non certo la "direzione", ma la verità dell'oggetto empirico).
Quel che Severino sottolinea (e io lo condivido) è che il "sottosuolo filosofico degli ultimi 200 anni" smaschera
questo "teatrino" (non tanto perchè lo sia "in sè", ma perchè l'occidente così lo ha pensato), riconducendo appunto
la tesi della convenzionalità della "verità" ad uno scontro di "potenze" (come del resto brillantemente intendeva
U.Eco nella provocazione circa una verità "che si dice").
Ripeto dunque quel che dicevo quasi all'inizio di questa lunga ed interessante discussione: la verità come convenzione
è un concetto rispettabilissimo, purchè si abbia "contezza" (direbbe l'insopportabile D.Fusaro...) di quali sono i
suoi presupposti e le sue possibili conseguenze.
saluti

paul11

#228
Citazione di: Phil il 18 Novembre 2018, 00:53:17 AM
Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PM
Cosa è l'intuizione del tautos a cui persino Pierce e Wittgenstein, stremati dalle loro contorsioni , chi semiologiche e chi  linguistiche,, dissero che alla fine..............è quello il motore del pensiero.
L'evidenza empirica ha la sua funzione come verifica di fatti che coinvolgono enti empirici (ecco una prima forma del tautos). Per questioni etiche o puramente concettuali, non c'è una Verità fondante (oggettiva, verificabile, etc.), ma solo la verità conforme a quanto preimpostato dai suoi stessi assiomi (ecco un'altra forma del tautos), siano essi assiomi etici o matematici o esistenziali o altro (inevitabilmente arbitrari, culturali, personali, etc.).
Per questo distinguevo (ma senza proporre una separazione "a tenuta stagna") l'oggetto empirico (e la sua possibile verifica interpersonale) dal concetto (e la sua frequente infalsificabile autoreferenza à la Godel), l'evidenza dalla ambiguità, la scienza dalla metafisica, etc.

Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PM
Allora cosa vuol dire evidente, che S.Tommaso ha bisogna di toccare con mano?
«Evidente», nel senso empirico con cui lo intendo in queste conversazioni, è etimologicamente «e-video», ovvero «ciò che si dà alla vista», che si manifesta percepibilmente ed è verificabile intersoggettivamente (per cui l'«incapacità di intendere e di volere» durante un fatto delittuoso, non rientra, secondo me, nelle evidenze, semmai nelle interpretazioni dei fatti, seppur corroborate magari da prove degne di valutazione).

Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PM
Ma tu sai dove albergano i tuoi pensieri?
Se proprio dovessi scommettere sul «dove», direi (per adesso e fino a prova contraria) nella scatola cranica, perché è lì che mi pare di percepirli...

Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PM
E se i convinto, forse se non mi sbaglio, che i pensieri necessariamente trovino le verità nelle cose fisiche?
Per me, nelle cose fisiche si possono trovare (più o meno agevolmente) solo verità fisiche (e riecco il suddetto tautos).
Il problema filosofico Phil è il perchè di certe scelte diciamo culturali. Perchè l' occidentale ha compiuto un certo cammino?
I termini come validità, dimostrazione oggi li convogliamo  come  scopo, telos, al dominio fisico e materiale.
Eppure il dominio fisico è quello che ci disvela crudelmente la morte.
Noi utilizziamo altri domini, il pensiero con le sue sintassi logiche e appunto il linguaggio per capire e carpire dal dominio naturale.Ma noi vogliamo disvelarlo o "possederlo"? Ci interessa davvero la verità, o ci nascondiamo dalla verità? Come è possibile che pensiero e linguaggio che non appartengono al dominio naturale si debbano conformare e piegarsi come un animale alla necessità del sopravviere solo per trasformare "le cose" del mondo?
la tecnica non vuole conoscere, vuole possederla come potenza, come illusione verso il nulla, la morte.
Ma se pongo semanticamente il "nulla", da cui da sempre tutte le culture, non solo occidentali, ognuna a loro modo, ne hanno in qualche modo, magari in forma religiosa, spirituale, mitica, contemplato,  devo al nulla contrapporre un tutto: è quì che nacque la filosofia greca. Non è sfuggendo alla domanda che possiamo consolarci nell'appropriarci delel cose pensando che questa sia conoscenza,
Per questo dico ,va bene la scienza, ha un suo metodo, ma ha anche il suo limite in un determinato dominio naturale e fisico, va doppiamente bene, perchè ci dà i comfort, un benessere materiale, il potere umano di trasformare; va bene anche il linguaggio, inteso come forma relazionale fra il pensiero e il "mondo".
Ma al di là della potenza tecnica io non solo non percepisco come pensiero la verità, ma addirittura il fuggirla,

Non è nemmeno giustificabile sostenere il pensiero che se le metafisiche, le religioni possono avere sbagliato (ma dove, nella teoresi o nella prassi o in entrambe?), allora dobbiamo "scappare" da loro.

C' è un limite umano, ma è il pensiero e non la cosa-in sè  del mondo fisico, che decide dove e come rivolgere lo sguardo, per cui è nel pensiero che necessita trovare la verità e non nelle multiforme "cose" del mondo che vengono dal "nulla" e "muoiono nel nulla". Dove sta il senso e i significati?
In qualche modo tutti i filosofi, compresi i moderni, hanno dovuto far trascendere "le cose del mondo" per accettare un'altrettanto tautos, il pensiero. E' altrettanto chiaro che se penso alle evidenze, giustificazioni e dimostrazioni, alle cose che appaiono, lì non c'è pensiero, non c'è etica,  non c'è quello che oggi intendiamo come immateriale e quindi luogo ambiguo dell'indimostrabile. 
Ma lo vediamo che si sono capovolti i paradigmi? Siamo altrettanto sicuri, non dico certi, che la storia della cultura è sempre un passo in avanti, per cui oggi siamo migliori di ieri?
Ma siamo davvero sicuri che l'uomo,al netto del benessere materiale, sia migliore?O è solo il benessere materiale ciò che conta?

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
C' è un limite umano, ma è il pensiero e non la cosa-in sè  del mondo fisico, che decide dove e come rivolgere lo sguardo, per cui è nel pensiero che necessita trovare la verità e non nelle multiforme "cose" del mondo che vengono dal "nulla" e "muoiono nel nulla". Dove sta il senso e i significati?



Ciao Paul
Te la dico in maniera spiccia e "politicamente scorrettissima" (...): vedi tu altro senso e significato se non la speranza
che esista un "dio" che ci salvi dalla morte e dal nulla?
Ah certo, potremmo per così dire "tornare a Parmenide"; ad un tempo in cui l'Essere "era e non poteva non essere"; ad un
tempo in cui il "divenire" non aveva ancora inghiottito tutto e tutti, ma per fare cosa? Per ipotizzare, con Severino,
l'eternità di ogni istante (un'eternità che, ancora, ci salverebbe dal nulla e dalla morte)?
Perchè non chiamare questa speranza di senso e significato col suo vero nome? Di cosa abbiamo paura?
saluti

Ipazia

Citazione di: altamarea il 18 Novembre 2018, 09:30:00 AM
Avete compilato 15 pagine per non farmi capire cos'è secondo voi la verità, in dieci parole ! Ma vi sembra normale ?

La verità, con il suo complemento negativo, è il Tutto. Per cui non bastano tutte le pagine di internet per raccontarla. Essa si intrufola in ogni fatto passato, presente e futuro, suddividendosi in miriadi di verità. Se vogliamo una formuletta io propongo questa: adeguare la narrazione ai fatti. Da cui deriva anche la formuletta per il suo complemento: adeguare i fatti alla narrazione.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#231
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Novembre 2018, 12:54:41 PM
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
C' è un limite umano, ma è il pensiero e non la cosa-in sè  del mondo fisico, che decide dove e come rivolgere lo sguardo, per cui è nel pensiero che necessita trovare la verità e non nelle multiforme "cose" del mondo che vengono dal "nulla" e "muoiono nel nulla". Dove sta il senso e i significati?



Ciao Paul
Te la dico in maniera spiccia e "politicamente scorrettissima" (...): vedi tu altro senso e significato se non la speranza
che esista un "dio" che ci salvi dalla morte e dal nulla?
Ah certo, potremmo per così dire "tornare a Parmenide"; ad un tempo in cui l'Essere "era e non poteva non essere"; ad un
tempo in cui il "divenire" non aveva ancora inghiottito tutto e tutti, ma per fare cosa? Per ipotizzare, con Severino,
l'eternità di ogni istante (un'eternità che, ancora, ci salverebbe dal nulla e dalla morte)?
Perchè non chiamare questa speranza di senso e significato col suo vero nome? Di cosa abbiamo paura?
saluti
ciao Mauro(Oxdeadbeef),
non è la "speranza" diversamente si rischia di creare un ragionamento filosofico che sarebbe solo consolatorio, ma privo di razionalità. Sono convinto di un archè filosofico ( e per me è questa la verità incontrovertibile), che unisce i sensi e i significati di tutti i domini dello scibile universale. Perchè tutto si muove, vive, secondo ordini e regole universali. persino il caos dello "scompigliare le carte" è parte delle regole Se le scienze ci aiutano a capire la materia ,l'energia, le essenze sono la sintesi, la sintassi in cui il conoscibile e l'inconoscibile si disvela, Questa operazione non
è parte delle scienze, ma ci aiuta dialetticamente a capire a portare in nuce conoscenze. E' la technè, come nostra forma culturale che tende a strumentalizzare la conoscenza per "possederla" piegarla ai nostri scopi, telos.

Ma prendiamo pure l'argomento dalla "parte inversa" come fa Nietzsche in due scritti:"Verità e menzogna in senso
extramorale" e  quella che è stata battezzata come"la seconda considerazione inattuale" che poi sarebbe "Sull'utilità
eil danno della storia per la vita".
La premessa è che l'uomo non si sa come "è quel che è" ed è inutile farsi domande, in quanto inutile arrogarsi una conoscenza così tanto superiore all'insetto o agli altri animali.L'uomo è natura, è volontà di potenza
Tant'è che il rimedio di Nietzsche è obliare la storia, le morali che rattristano l'uomo, lo "inchiodano" nella mediocrità, se l'uomo vuole essere felice.
Mi scuso per la sintesi "di poche parole".
Il discorso è serio, e lo dico per onestà personale. Può essere davvero che Nietzsche abbia ragione.E per questo viene ripreso il suo pensiero o parti di esso da quasi tutti  i filosofi venuti dopo di lui.
Ma non risolve il problema della domanda.Quale è il RIMEDIO?
Heidegger e direi Severino hanno riletto la metafisica greca , imputando errori originari e proponendo, a loro modo
un pensiero.

Direi semplicemente che se l'uomo fosse ritenuto nitzscheamente un animale con qualità intellettuali ed è nel dominio naturale che deve vivere e ragionare, non risolve le domande originarie della filosofia, tant'è che non è chiaro cosa sia "l'Eterno ritorno"? Il tornare eternamente è il ciclo naturale,sia del "cielo che della terra", ma questo era già predicato e mitizzato dagli antichi, perchè mai Nietzsche "ci ritorna"? Ma soprattuo perchè questa regola che detta gli ordini degli unversali e quale è l'origine di tutto ciò?
Non è obliando le domande, che si risolvono i quesiti, semplicemente li si fugge, ma rimangono a chiederci il senso della vita e quali significati sono importanti in essa?

Ipazia

Technè non viene dall'iperuranio ma è necessità, destino antropologico. E' grazie ad essa che siamo diventati quello che siamo. Non è nemmeno espressione di una fantomatica e strumentalizzante volontà di potenza, ma piuttosto volontà di sopravvivenza. I greci ne avevano così rispetto e alta opinione da considerare technè anche la morale: tecnica del vivere e dell'abitare (etica). Technè è arte di governo della polis. Technè estetica è la creazione artistica. Technè era il dono sottratto agli dei dal titano Prometeo.

Senza technè cala il sipario. Anche sulla filosofia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 14:12:44 PM
Non è obliando le domande, che si risolvono i quesiti, semplicemente li si fugge, ma rimangono a chiederci il senso della vita e quali significati sono importanti in essa?


Ciao Paul
C'è un aneddoto di Camus che mi è sempre sembrato bellissimo: "è meraviglioso vedere un'intelligenza alle prese con
cose che non può capire...".
Ecco dunque un tipico tratto camusiano: l'essere umano, finito, che però anela all'infinito; che contraddizione; che
"assurdità". Ecco dunque, dice Camus, che l'autentico tratto distintivo dell'essere umano diventa la "rivolta". Una
rivolta che non è la "rivoluzione" (ad es. di Sartre), ma la rivolta contro l'ingiustizia rappresentata dall'anelare
all'infinito da parte di un essere finito: "mi rivolto, dunque sono" è l'interpretazione di Camus del celebre detto
cartesiano.
E dunque no, non è obliando le domande che si risolvono i quesiti; ma, ritengo, è anche cosa "buona e giusta" non
obliare a noi stessi ciò che siamo...
Sono anch'io convinto di un "archè" che unisca i sensi e i significati, e sono pure convinto di averlo individuato.
Ma esso non è un "qualcosa"; un oggetto; un concetto; ma è una domanda: "uomo, cosa sei?" (e per estensione: "universo,
cosa sei?").
E dunque qual'è l'Essere dell'uomo, la "sostanza" unitaria e privilegiata che lega tutti gli esseri umani?
E' forse esso la natura, la "physis" come ipotizza Heidegger dopo la "svolta"? O forse esso è Dio come "comunione"?
Per me questa non è "una" domanda, ma l'unica ipotesi capace di fondare un senso ed un significato delle cose.
E non c'è "rimedio", a meno che con questa parola non intendessimo l'accontentarci di questo terribile e capitale
dilemma.
saluti

Phil

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Perchè l' occidentale ha compiuto un certo cammino?
Domandone... semplificando brutalmente risponderei: perché c'erano le condizioni di possibilità per compierlo (e riecco il tautos del logos) e perché un immane ed immanente effetto domino (causa/effetto) l'ha spinto in quella direzione.

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Noi utilizziamo altri domini, il pensiero con le sue sintassi logiche e appunto il linguaggio per capire e carpire dal dominio naturale.Ma noi vogliamo disvelarlo o "possederlo"?
Per me l'uomo-teoreta (dall'asceta al filosofo passando per l'esteta) vuole disvelarlo, l'uomo-tecnico mira a mano-metterlo per dominarlo, l'uomo-utente tende ad usarlo. Ogni epoca ha avuto i suoi teoreti, tecnici e utenti; la nostra non fa eccezione.

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Come è possibile che pensiero e linguaggio che non appartengono al dominio naturale si debbano conformare e piegarsi come un animale alla necessità del sopravviere solo per trasformare "le cose" del mondo?
Non mi pare ci sia altra scelta (suicidio per inedia a parte). L'animalità è il substrato umano più inalienabile, a prescindere dallo sviluppo tecnico, dalla fede, dalla storia e persino dal linguaggio.

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Dove sta il senso e i significati?
Secondo me, nell'uso concettuale del linguaggio (e quindi in numerose narrazioni possibili, anche in quelle che sembrano proiettare l'ombra ontologica di tale senso...).

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Ma lo vediamo che si sono capovolti i paradigmi? Siamo altrettanto sicuri, non dico certi, che la storia della cultura è sempre un passo in avanti, per cui oggi siamo migliori di ieri?
Ma siamo davvero sicuri che l'uomo,al netto del benessere materiale, sia migliore?O è solo il benessere materiale ciò che conta?
Per giudicare questo capovolgimento di paradigmi serve un meta-paradigma (un paradigma che valuti altri paradigmi) e se ne possono edificare/scegliere di differenti; così come per parlare di miglioramento o peggioramento storico, oppure decidere «ciò che conta»... sono i criteri di lettura a dare valore ("ambiguo") alle evidenze.

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Ci interessa davvero la verità, o ci nascondiamo dalla verità?
Domanda che presuppone una definizione di «verità»; e qui il cerchio si chiude riportandoci alla prima pagina del topic (e/o ognuno al suo "vocabolario").

Ipazia

Citazione di: Phil il 17 Novembre 2018, 11:47:09 AM
Per quanto riguarda il «poiché funziona allora è vero» (cit.), credo si stia camminando su un affilato crinale semantico fra «verità» e «realtà», non necessariamente sinonimi, seppur affini...

P.s.
Tutta questione di linguaggio e vocabolari, c.v.d.  ;D
Ma anche no. E' "vero" proprio nel senso di veridico, non di reale (che essendo affine certamente lo accompagna). Nel senso di causa finale, non di causa materiale, usando il vocabolario aristotelico. La verità di un artefatto sta nel suo funzionamento secondo progetto. E questo vale anche in campo etico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

Citazione di: Ipazia il 18 Novembre 2018, 14:45:36 PM
Technè non viene dall'iperuranio ma è necessità, destino antropologico. E' grazie ad essa che siamo diventati quello che siamo. Non è nemmeno espressione di una fantomatica e strumentalizzante volontà di potenza, ma piuttosto volontà di sopravvivenza. I greci ne avevano così rispetto e alta opinione da considerare technè anche la morale: tecnica del vivere e dell'abitare (etica). Technè è arte di governo della polis. Technè estetica è la creazione artistica. Technè era il dono sottratto agli dei dal titano Prometeo.

Senza technè cala il sipario. Anche sulla filosofia.
Infatti la technè nulla rientra nell'iperuranio. Ma soprattutto le scienze antropologiche, di cui Nietzsche ha detto "peste e corna" è un tentativo di dare spiegazione alle scienze ,all'evoluzione culturale e umana, come se continuamente l'uomo migliorasse a tutto i livelli.E' antropomorfismo culturale che giustifica scelte culturali.

La "poiesis"(così scateno ricerche semantiche etimologiche da parte di Phil) è altro dalla technè .Heidegger, per fare un nome, la differenzia significativamente.

Il nomos come ho già scritto in altre discussioni è ben diverso dal governo personale. E l'etica o morale, stava nella qualità di saper armonizzare le regole degli ordini nei domini del sociale, intesa come unità dei particolari, degli individui.Tutto torna alla fine.

Direi che antecedente al mito di Prometeo vi è quello del serpente, che segretamente dona conoscenza agli umani  richiamando l'ira degli dei o dio.

Ipazia

Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Novembre 2018, 15:12:02 PM

Sono anch'io convinto di un "archè" che unisca i sensi e i significati, e sono pure convinto di averlo individuato. Ma esso non è un "qualcosa"; un oggetto; un concetto; ma è una domanda: "uomo, cosa sei?" (e per estensione: "universo, cosa sei?"). E dunque qual'è l'Essere dell'uomo, la "sostanza" unitaria e privilegiata che lega tutti gli esseri umani? E' forse esso la natura, la "physis" come ipotizza Heidegger dopo la "svolta"? O forse esso è Dio come "comunione"? Per me questa non è "una" domanda, ma l'unica ipotesi capace di fondare un senso ed un significato delle cose. E non c'è "rimedio", a meno che con questa parola non intendessimo l'accontentarci di questo terribile e capitale dilemma.


Attenzione però, perchè tra com'è il mondo e cos'è il mondo si spalanca un abisso che LW chiama "mistico". E FN mette in guardia dal guardare troppo a lungo nell'abisso, perchè finisce che l'abisso guarderà dentro di te. Lui credo l'abbia sperimentato di persona cosa succede quando l'abisso ti guarda dentro.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Novembre 2018, 15:12:02 PM
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 14:12:44 PM
Non è obliando le domande, che si risolvono i quesiti, semplicemente li si fugge, ma rimangono a chiederci il senso della vita e quali significati sono importanti in essa?


Ciao Paul
C'è un aneddoto di Camus che mi è sempre sembrato bellissimo: "è meraviglioso vedere un'intelligenza alle prese con
cose che non può capire...".
Ecco dunque un tipico tratto camusiano: l'essere umano, finito, che però anela all'infinito; che contraddizione; che
"assurdità". Ecco dunque, dice Camus, che l'autentico tratto distintivo dell'essere umano diventa la "rivolta". Una
rivolta che non è la "rivoluzione" (ad es. di Sartre), ma la rivolta contro l'ingiustizia rappresentata dall'anelare
all'infinito da parte di un essere finito: "mi rivolto, dunque sono" è l'interpretazione di Camus del celebre detto
cartesiano.
E dunque no, non è obliando le domande che si risolvono i quesiti; ma, ritengo, è anche cosa "buona e giusta" non
obliare a noi stessi ciò che siamo...
Sono anch'io convinto di un "archè" che unisca i sensi e i significati, e sono pure convinto di averlo individuato.
Ma esso non è un "qualcosa"; un oggetto; un concetto; ma è una domanda: "uomo, cosa sei?" (e per estensione: "universo,
cosa sei?").
E dunque qual'è l'Essere dell'uomo, la "sostanza" unitaria e privilegiata che lega tutti gli esseri umani?
E' forse esso la natura, la "physis" come ipotizza Heidegger dopo la "svolta"? O forse esso è Dio come "comunione"?
Per me questa non è "una" domanda, ma l'unica ipotesi capace di fondare un senso ed un significato delle cose.
E non c'è "rimedio", a meno che con questa parola non intendessimo l'accontentarci di questo terribile e capitale
dilemma.
saluti

ciao Mauro(Oxdeadbeef)
potrei chiederti, ma cosa cerchi nella filosofia? Sul mio epitaffio "cercò la verità, andandosene dal mondo senza trovarla" così accontento Camus.
Non anelo affatto all'infinito, siamo ancora nel consolatorio che proprio non mi i"tocca",semmai interessa a chi teme il "nulla".
Certo che l'archè è anche una domanda. infatti non credo alle metafisiche o dogmi teologici che fanno l'errore inverso all'attuale cultura, quello di piegare il mondo alla logica precostituita, come se lìesistenza ne fosse funzionale a chissà quale volere di un archè. Non antropomorfizzo l'archè in un dio, il saggio con il barbone dentro un triangolo di luce, questa è psicanalisi.Per questo non sono antiscientifico, "antilinguista", ecc, seguo tutto quello che posso nei limiti temporali e di conoscenza.Ma c'è un vedere e un sentire che non appartengono nè all'occhio e neppure all'orecchio ,si tratta di raccordare le conoscenze, l'archè con il granello di sabbia.
Credo nello spirito o anima e non necessariamente quello definito da altrettanti dogmi religiosi.
Perchè leggendo sia Heidegger che Severino, così come i Platone soprattutto o  Aristotele, mi pare ad oggi, almeno per me, l'unica spiegazione razionale.Diversamente siamo solo animali con un pò di intelligenza come di ce Nietzsche, e ribadisco, può essere  vero.Ma razionalmente è impossibile nascere dal nulla e sparire nel nulla.
Quando Leibniz scrisse dei "mondi possibili", utilizzato da Kripke nella linguistica per costruire le formule dagli enunciati atomici attraverso gli operatori modali come ad esempi quelli aletici (necessità e possibilità), mi pone delle domande, perchè il mondo mi si presenta in questo modo, con le quattro forze interagenti, poteva esserci un mondo senza gravità? ecc. Intendo dire che noi diamo spesso per scontato che dovesse essere così?
Ma se è così. c'è una ragione?
Ad esempio nelle religioni si dice che Dio creò il mondo. E perchè mai , poteva anche non crearlo?
Perchè ha creato anche l'uomo? Non sapeva che avrebbe disubbidito?

Quante condizioni e scelte si aprono storicamente, quante interpretazioni potremmo farci .
Al mio personale "stato dell'arte attuale" ritengo, ribadisco, l'archè come verità incontrovertibile, non regge qualsiasi argomentazione contraria soprattutto se è frammentaria.Altro è dire, e quì sta l"angoscia", come razionalmente è possible o necessario capire per relazionare la nostra esistenza all'archè, e quì vengono meno anche le religioni.Ritenere che nasciamo per espiare chissà quale "colpa" la ritengo una irrazionalità, irragionevole, strumentalizzata dai poteri temporali, prima ancora che psicologica.
Se allora l'archè corrispondesse a Dio, non è il dio celebrato dalle religioni.

paul11

#239
Citazione di: Phil il 18 Novembre 2018, 16:41:25 PM
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Perchè l' occidentale ha compiuto un certo cammino?
Domandone... semplificando brutalmente risponderei: perché c'erano le condizioni di possibilità per compierlo (e riecco il tautos del logos) e perché un immane ed immanente effetto domino (causa/effetto) l'ha spinto in quella direzione.

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Noi utilizziamo altri domini, il pensiero con le sue sintassi logiche e appunto il linguaggio per capire e carpire dal dominio naturale.Ma noi vogliamo disvelarlo o "possederlo"?
Per me l'uomo-teoreta (dall'asceta al filosofo passando per l'esteta) vuole disvelarlo, l'uomo-tecnico mira a mano-metterlo per dominarlo, l'uomo-utente tende ad usarlo. Ogni epoca ha avuto i suoi teoreti, tecnici e utenti; la nostra non fa eccezione.

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Come è possibile che pensiero e linguaggio che non appartengono al dominio naturale si debbano conformare e piegarsi come un animale alla necessità del sopravviere solo per trasformare "le cose" del mondo?
Non mi pare ci sia altra scelta (suicidio per inedia a parte). L'animalità è il substrato umano più inalienabile, a prescindere dallo sviluppo tecnico, dalla fede, dalla storia e persino dal linguaggio.

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Dove sta il senso e i significati?
Secondo me, nell'uso concettuale del linguaggio (e quindi in numerose narrazioni possibili, anche in quelle che sembrano proiettare l'ombra ontologica di tale senso...).

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Ma lo vediamo che si sono capovolti i paradigmi? Siamo altrettanto sicuri, non dico certi, che la storia della cultura è sempre un passo in avanti, per cui oggi siamo migliori di ieri?
Ma siamo davvero sicuri che l'uomo,al netto del benessere materiale, sia migliore?O è solo il benessere materiale ciò che conta?
Per giudicare questo capovolgimento di paradigmi serve un meta-paradigma (un paradigma che valuti altri paradigmi) e se ne possono edificare/scegliere di differenti; così come per parlare di miglioramento o peggioramento storico, oppure decidere «ciò che conta»... sono i criteri di lettura a dare valore ("ambiguo") alle evidenze.

Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
Ci interessa davvero la verità, o ci nascondiamo dalla verità?
Domanda che presuppone una definizione di «verità»; e qui il cerchio si chiude riportandoci alla prima pagina del topic (e/o ognuno al suo "vocabolario").
A mio parere non si riesce a capire bene cosa sia una certa interpretazione della tecnica che è stata analizzata dai filosofi, anche se a partire da argomentazioni diverse.
La tecnica è divenuta un accanito modo di possedere la natura, dominandola.Non c'è nelle altre culture.
Anticamente si pensava, ma arriva a tutt'oggi, battezzata come"pseudoscienza",che se altero la natura ,la natura si rivarrà su di me, perchè tutto torna alla fine.Adesso la  scienza capisce i limiti dell'inquinamento, dell'alterazione delle risorse, ecc, ma ovviamente sposta la domanda al governo umano della politica e dell'economia: che spostano sempre più in là.
In questo circuito, dal capire che vi è un problema e non volerlo risolverlo perchè ben più importanti sono i profitti personali, vi sono i mutamenti dei paradigmi "antichi".Il nomos. come governo rispettoso di un ordine; il bene comune, superiore al bene particolare, la scienza come rispetto di un limite(attenzione oggi alle bioingegnerie e ai problemi che pone e porrà sull'alterazione dei dna, giocare con la vita, senza sapere cosa sia la vita).
Non so come far comprendere in altro modo cosa sia la tecnica filosoficamente in termini di aberrazione., Non è avversione alla creazione o trasformazione della natura, è chiaro che questo è un nostro "potere". Ma deve essere chiaro anche il limite che la tecnica ha perso.
Questo è un processo di deresponsabilizzazione che inizia però già dalla scienza moderna.

Sono d'accordo che l'animalità è il substrato su cui poggia la ragione.Quindi l'"animale" c'è sempre; si tratta di capire se la ragion razionale ha capacità di "educarlo" e quì necessita etica e morale,

Nel linguaggio non tutte le parole pesano in ugual modo.C'è un'analisi del periodo, della grammatica, un'analisi
logica insomma, ma il senso e i significati è chiederci "cosa hai capito e cosa ti "ha dato", insegnato, leggendo quel libro?Oppure è stato piacevole o meno? La parola non  è anestesia delle emozioni umane, questo è un errore.
Ognuno di noi è una narrazione che porta intimamente dentro di sè momenti di senso e significazioni nella sua memoria.Quando la vita finirà in "nulla", "spremendo" la vita, il succo, che i filosofi chiamano essenza, saranno proprio quei momenti di senso e significati.

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