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Cos'è la verità

Aperto da Jacopus, 06 Novembre 2018, 00:26:13 AM

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paul11

Citazione di: sgiombo il 16 Novembre 2018, 10:45:28 AM
Anch' io cerco di coltivare sia interessi scientifici che filosofici (questi ultimi li sento maggiormente).

Concordo con il giudizio di Paul11 sulle infondate, pregiudiziali invettive antifilosofiche non infrequenti (perfino) in questo forum e sul fatto che chi le lancia non coglie importanti questioni filosofiche poste dalla vita reale e che la scienza non può per sua natura risolvere (anche perché generalmente compie l' errore opposto al suo, quello di ignorare le numerose e interessantissime filosofie non idealistiche).

Dissento invece, per l' appunto, con quella che mi sembra da parte sua un errata limitazione della filosofia alle sue correnti idealistiche (a parere mio ne esistono di ben più valide e attuali, maggiormente razionalistiche).
dove deduci che sarei idealista?
Ci sono dei luoghi comuni, dei termini che aprioristicamente vengono mal interpretati.
Trascendere o trascendentalità  significa prelevare dal dominio reale fisco e trasportarlo nel dominio del pensiero .Quindi saremmo tutti idealisti?
Adatto che hai comunque capito che la scienza non può fisicamente vedere ,dimostrare, il pensiero dentro la biochimica dei neuroni e sinapsi, questo  è appunto il limite scientifico, che non limita l'importanza della scienza, semplicemente appartiene ad un dominio
che non può essere verità incontrovertibile.

Le scienze dimostrative sperimentali  ci aiutano  a riposizionare il pensiero filosofico, a "limarlo", io non vedo l'antitesi ,semmai è una dialettica, un dialogo di scambi di pensiero che dovrebbero aiutare sia filosofia che scienza, ma sono su domini diversi.

0xdeadbeef

#196
Citazione di: Phil il 15 Novembre 2018, 17:52:13 PMCerto, il cosiddetto "significato" è diverso in ciascun caso, ma il referente empirico è il medesimo (l'animale leone).



Ciao Phil
Sono d'accordissimo su quello che chiami "referente empirico" (senonchè io lo chiamo "cosa in sè" - la semiotica,
o almeno una certa semiotica, "primum", o "oggetto primo").
Insomma: chiamiamolo "oggetto".
Ti dicevo che in questo contesto non ritengo indispensabile distinguere fra segno linguistico e non linguistico.
Allo stesso modo, non ritengo indispensabile (dunque lo ritengo inutile fonte di complicazioni) distinguere fra
un oggetto e un concetto. Questo perchè, per la tesi circa la necessaria assolutezza del linguaggio che ti
dicevo altrove, siamo in un certo qual modo "obbligati" a riferirci sempre e soltanto ad un qualcosa di assunto
come un oggetto (e quindi come un oggetto conoscibile in senso appunto "oggettivo" - cioè non in senso convenzionale).
Ad esempio, proprio sulla giustizia, dobbiamo riferirci ad essa come se essa presentasse "effettivamente" delle
caratteristiche di oggettività. Perchè? Semplicemente perchè se ci riferissimo ad essa come ad una convenzione
saremmo costretti ad ammettere la perfetta equivalenza di ogni convenzione su di essa.
E dunque saremmo costretti ad ammettere, che so, che il senso della giustizia dei nazisti vale il nostro (se
non che essi hanno perso la guerra...).
Saremmo in altre parole costretti ad ammettere quello che il "sottosuolo filosofico degli ultimi 200 anni" (per
usare un'espressione di Severino)  afferma, e cioè che non vi è altra discriminante che la "potenza".
Proprio questa necessità di riferirci sempre e comunque ad un "oggetto", ritengo invalidi in nuce la teoria
convenzionalista (a meno che, come dicevo, la teoria convenzionalista non ammetta quello che dice il "sottosuolo
filosofico degli ultimi 200 anni").
saluti
PS
Volevo in ogni caso ringraziarti degli interessanti e per me proficui scambi di opinione. E' sempre un piacere
discutere con persone come te.

Lou

#197
Citazione di: Ipazia il 16 Novembre 2018, 08:20:29 AM
Citazione di: Lou il 15 Novembre 2018, 18:24:43 PM

Vedi, questo "a prescindere dall'osservatore" lo trovo poco convincente, visto e considerato che lo sguardo dell'osservatore "intenziona" in un certo qual modo l'emergere dell'aspetto tra gli aspetti del ta onta indagato. Io, ad esempio, ritengo che Husserl in queste analisi sia ammirabile. Ma la "cosa stessa" a cui tornare non è riducibile alla narrazione neuroscientifica e, più in generale, scientifica. Questo è il punto. Il biologico, il neuroscientifico, il fisico sono un modo in cui si dice l'essere e la sua verità, sostituire una narrazione dell'essere all'essere stesso è una operazione che io trovo fraudolenta. Per questo sostengo che ci sia una verità dell'essere che si dice in molti modi, ma è il modo di dirla che è plurale, non la verità. E pure le neuroscienze se vogliono dire al dire sono piegate. E perciò rientrano a pieno titolo alle regole dei segni e tutto l'ambaradan del caso.
Ci sono una o più immagini on-line che si riferiscono a questo busillis, ispirate alla celebre favola dell'elefante e del saggio cieco.

Infatti io non ne sostengo alcuna in particolare, bensì auspico come il principe, un'unificazione, anche federativa, dei saperi sulla cognitività umana. Il metodo scientifico è perfettamente consapevole di quanto difficile sia prescindere dall'osservatore, ma nelle sue dimostrazioni sperimentali e applicazioni pratiche si sforza di farlo. Un pace-maker, progettato e impiantato correttamente, funziona a prescindere da qualsiasi osservatore e nel farlo afferma un principio di verità, ovvero di corrispondenza del fatto alla narrazione. Altrettanto bene funziona l'organo, qualunque ne sia la narrazione e il presidio antropico, che la natura ha predisposto al medesimo scopo.

Che le facoltà cognitive richiedano un mediatore logico, talvolta logorroico, per esplicitarsi e svolgere il processo cognitivo non significa che tale mediatore debba essere sempre presente all'interno del mondo che il processo modifica. Se tale processo ha un carattere effettuale, il suo risultato si limiterà, per dirla con Wittgenstein, a mostrarsi, senza più alcun bisogno di un supporto logico o narrante (se non ai margini del suo mostrarsi). Il logos in tal caso diviene la scala, per dirla sempre con LW, che possiamo lasciarci alle spalle una volta oltrepassato l'ostacolo.
L'applicazione di un metodo ne comporta l'assunzione e questa assunzione è una assunzione prescientifica (azzardando e sbilanciandomi, è una assunzione di senso a dirne l'estrema ratio), cioè affonda le sue radici nel mondo della vita, illudersi di indagare senza presupporre un cogito indagatore equivale ad asserire che la scienza non sia una delle avventure umane volte all'impresa conoscitiva, quando proprio le scoperte scientifiche sono tra le più grandi conquiste conoscitive. In forza delle ragioni che tento di descrivere, la storia dell' "a prescindere dall'osservatore" mostra, a mio parere,  tutta la sua inconsistenza, la possibilità di conoscere implica l'impegno dell'osservatore, assunzione di metodi e codificazioni di linguaggi che sono elementi fondativi e costitutivi degli stessi risultati conseguiti.

Trovo molto interessante il discorso sul "mostrarsi" ed effettivamente riconosco che con aletheia, inizialmente, non si contemplava l'idea di un soggetto che è con metodi e ravanamenti che si giunge allo scoprimento dell'essere e al rapimento dell'oblio, ma ci sono brillanti pagine del "simpaticone" Heidegger che sviscera tale questione, e nonostante la sua "simpatia" lo sa far meglio di me.

Resta in ogni caso irrisolta, questa tua tacita assunzione, che prende per mostrarsi della verità o in qualche modo la correla, un principio del tipo " funziona,  allora è vero".
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Lou

Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2018, 09:01:21 AM
Citazione di: Lou il 15 Novembre 2018, 18:24:43 PM
Citazione di: Ipazia il 15 Novembre 2018, 07:41:41 AM
Citazione di: Lou il 14 Novembre 2018, 17:39:23 PM
@Ipazia
"Quindi la struttura triadica peirciana può essere un bel modellino rappresentativo di un processo, ma da qui all'ontologia il passo è mooolto lungo. "
Non troppo, una ontologia che non ricade in questo processo, che non si fa a sua volta segno, sarebbe del tutto muta, sine "logia", detto banalmente, non sarebbe tale. Ma le neuroscienze di discorsi e narrazioni ne fanno assai..:) che poi se nel loro a(m)bito di pertinenza non si sognano che un fotone possa esser segno, beh su questo aspetto, chissà.

Confutazione ineccepibile dal punto di vista del logos (linguistica), incluso il logos scientifico (ontologia). Un po' meno dal punto di vista delle neuroscienze che studiano l'essere (ta onta) a prescindere dall'osservatore.
Vedi, questo "a prescindere dall'osservatore" lo trovo poco convincente, visto e considerato che lo sguardo dell'osservatore "intenziona" in un certo qual modo l'emergere dell'aspetto tra gli aspetti del ta onta indagato. Io, ad esempio, ritengo che Husserl in queste analisi sia ammirabile. Ma la "cosa stessa" a cui tornare non è riducibile alla narrazione neuroscientifica e, più in generale, scientifica. Questo è il punto. Il biologico, il neuroscientifico, il fisico sono un modo in cui si dice l'essere e la sua verità, sostituire una narrazione dell'essere all'essere stesso è una operazione che io trovo fraudolenta. Per questo sostengo che ci sia una verità dell'essere che si dice in molti modi, ma è il modo di dirla che è plurale, non la verità. E pure le neuroscienze se vogliono dire al dire sono piegate. E perciò rientrano a pieno titolo alle regole dei segni e tutto l'ambaradan del caso.
Ci sono una o più immagini on-line che si riferiscono a questo busillis, ispirate alla celebre favola dell'elefante e del saggio cieco.
ogni tanto una corrente d'aria in un forum che è diventato antifilosofico e pochezza scientifico linguistica.

Due almeno sono gli aspetti essenziali nel criticismo kantiano e nella fenomenologia husserliana:
universali e trascendenza.
Perchè il nocciolo del problema non è la cosa in-sè-e-per- sè, ma la trascendenza concettuale dell'essenza dell'ente
L'errore fu nel separare il soggetto dall'oggetto e pensare di oggettivare L'Essere, quando non sappiamo nemmeno oggettivare un sasso.
Lasciamo pure al linguaggio scientifico, che è una modalita epistemologica importante, "calcolare" e "quantifcare" pensare che la verità venga riscontrata in beute e apparati di laboratori,, ma non può qualificare il sistema relazionale fra essenze degli universali e l'Essere.
Le domande poste dalla scienza  e direi almeno in parte dai linguaggi (Wittgenstein filosoficamente dice scempiaggini, nemmeno Godel lo sopportava)sono diverse dalle modalità filosofiche
La dico spiccia -il mio timore attuale è l'oggetivizzazione del soggetto: non vorrei che in quell'abbraccio (mortale), tra soggetto e oggetto, il secondo annichilisca il primo.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Ipazia

Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 17:59:55 PM
Resta in ogni caso irrisolta, questa tua tacita assunzione, che prende per mostrarsi della verità o in qualche modo la correla, un principio del tipo " funziona,  allora è vero".

Se la verità di un pacemaker sta nel suo funzionare, e non può stare in nient'altro, se funziona allora è vero (se non funziona è falso). Ma lo stesso discorso vale per un ente immateriale afferente alla morale e per la sua esplicitazione in norma giuridica.

Sull'oggettivazione del soggetto tocca alla filosofia sostenere le ragioni del soggetto. Di un soggetto reale però, non di un ineffabile fantasma metafisico. Perchè altrimenti l'"oggettività" scientifica lo asfalterà a furor di popolo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 18:29:55 PM
La dico spiccia -il mio timore attuale è l'oggettivizzazione del soggetto: non vorrei che in quell'abbraccio (mortale), tra soggetto e oggetto, il secondo annichilisca il primo.

L'annichilimento sta già avvenendo. Anche se magari non se ne è del tutto consapevoli, è diffuso il convincimento che il soggetto altro non sia che un oggetto.

Penso che questo sia un processo inevitabile, e direi anche necessario. Ci porterà infatti nella perfetta crisi esistenziale. Dove il nichilismo, che da tempo alligna nei nostri cuori, smetterà di camuffarsi con finti ideali, per mostrarsi in tutto il suo orrore.

Quando tutto sarà oggetto, ogni rimedio all'angoscia esistenziale si rivelerà inefficace.

Allora, forse, se ancora ci saremo, cercheremo finalmente dentro di noi la risposta.

Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Lou

#201
Citazione di: Ipazia il 16 Novembre 2018, 18:51:24 PM
Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 17:59:55 PM
Resta in ogni caso irrisolta, questa tua tacita assunzione, che prende per mostrarsi della verità o in qualche modo la correla, un principio del tipo " funziona,  allora è vero".

Se la verità di un pacemaker sta nel suo funzionare, e non può stare in nient'altro, se funziona allora è vero (se non funziona è falso). Ma lo stesso discorso vale per un ente immateriale afferente alla morale e per la sua esplicitazione in norma giuridica.
Sì molto bello, ma il "se"? Tu l'hai risolto?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 15:14:59 PM
Allo stesso modo, non ritengo indispensabile (dunque lo ritengo inutile fonte di complicazioni) distinguere fra
un oggetto e un concetto. Questo perchè, per la tesi circa la necessaria assolutezza del linguaggio che ti
dicevo altrove, siamo in un certo qual modo "obbligati" a riferirci sempre e soltanto ad un qualcosa di assunto
come un oggetto (e quindi come un oggetto conoscibile in senso appunto "oggettivo" - cioè non in senso convenzionale).
Secondo me, la differenza fra la verificabilità intersoggettiva di un oggetto empirico e la pura teoreticità di un concetto (magari infalsificabile) è una discriminante cruciale, specialmente se si parla di "verità" (e quindi la veri-ficazione non sarebbe attività facoltativa); ma provo a stare al gioco senza fare troppo il guastafeste...

Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 15:14:59 PM
Ad esempio, proprio sulla giustizia, dobbiamo riferirci ad essa come se essa presentasse "effettivamente" delle
caratteristiche di oggettività. Perchè? Semplicemente perchè se ci riferissimo ad essa come ad una convenzione
saremmo costretti ad ammettere la perfetta equivalenza di ogni convenzione su di essa.
Come dicevo con altri esempi, una convenzione non vale l'altra, perché al banco di prova dell'applicazione pragmatica, la differenza la fa il contesto d'applicazione; è partendo da ciò che affermavo che «Né il convenzionalismo, né il relativismo, né il pluralismo sono un "qualunquismo" (come vengono spesso stereotipati)». Come antidoto alla paventata «equivalenza» bisognerebbe ricorrere alla differenza fra oggetti empirici e concetti (ma non insisto), declinare il pluralismo in "contestualismo", distinguere fra "verità" e "realtà", fare una fenomenologia dei concetti (giustizia, verità, etc.) sospendendo l'adesione al loro impiego, etc.


Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 15:14:59 PM
E dunque saremmo costretti ad ammettere, che so, che il senso della giustizia dei nazisti vale il nostro (se
non che essi hanno perso la guerra...).
Saremmo in altre parole costretti ad ammettere quello che il "sottosuolo filosofico degli ultimi 200 anni" (per
usare un'espressione di Severino)  afferma, e cioè che non vi è altra discriminante che la "potenza".
Non è tanto il «sottosuolo filosofico», ma la "superficie storica" a sancire il valore di una gerarchia: in ambito concettuale-culturale (non empirico), chi vince non detta la verità, ma solo la convenzione dominante.
Riuso il tuo esempio: perché il nostro senso di giustizia "vale" più di quello dei nazisti? In primis, perché è il nostro (ovvero è quello in cui crediamo adesso, e già ciò lo pone sopra le possibili alternative), poi perché è più condiviso socialmente dalla nostra comunità (l'accettazione sociale è una potente forma di "conferma psicologica"), poi perché quella visione di giustizia ha perso storicamente, soppiantata dal nostro pensiero dominante attuale (che spazia dalla convinzione spiritual-religiosa sino alla facciata del "politicamente corretto").
Tuttavia, al netto degli eventi e delle preferenze, si tratta di due visioni del mondo con una loro coerenza interna (proprio come quella dei kamikaze, dei vegani, degli amish, etc.), il cui "valore" e "ruolo" è dettato dal contesto, degli eventi storici (maggioranza/minoranza, etc.) e da chi giudica, ma non da qualcosa di "oggettivo".
Il che non significa che da dentro una prospettiva non si possa giudicare male l'altra; tuttavia se si prova ad assumere uno sguardo tendenzialmente super partes (fenomenologico), non si trovano sempre incoerenze e contraddizioni nelle prospettive divergenti dalla propria, ma semplicemente assiomi di partenza differenti (Godel docet).
Che un assioma valga un altro? Epistemologicamente, dipende solo dal sistema che ne origina: se è coerente, applicabile, utilizzato, etc. se non ha queste caratteristiche direi che vale meno di uno che le ha (almeno secondo i miei assiomi...).
Moralmente, ogni assioma sarà invece giudicato a partire da altri assiomi, e gli verrà quindi assegnata un'interpretazione (giusto, sbagliato, etc.).

Se la nostra giustizia è oggettivamente più "valida" di quella nazista, come verificare tale "oggettività"? Il fatto che la nostra giustizia sia la nostra, la più comunemente accettata e quella storicamente vincente, la rende forse oggettiva? No; direi egemonica, e (secondo me, e laicamente) l'"oggettività etica" è un non-senso.
Pensiamo alla democrazia e a un referendum: ciò che viene ritenuto giusto dalla maggior parte dei votanti è oggettivamente giusto? L'oggettività è data dunque dalla quantità di soggettività concordi? Oppure è solo un'altra occasione per riscrivere la definizione di "oggettività" (sempre alla luce del soggetto)?

Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 15:14:59 PM
PS
Volevo in ogni caso ringraziarti degli interessanti e per me proficui scambi di opinione. E' sempre un piacere
discutere con persone come te.
Piacere mio.

0xdeadbeef

Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 18:29:55 PMLa dico spiccia -il mio timore attuale è l'oggetivizzazione del soggetto: non vorrei che in quell'abbraccio (mortale), tra soggetto e oggetto, il secondo annichilisca il primo.



Scusami se mi intrometto Lou, ma non hai l'impressione sia piuttosto il soggetto ad annichilire l'oggetto?
A me sembra che questo emerga, e fin da quando Kant non fu compreso dai primi Idealisti.
E l'Idealismo in effetti fu proprio questo: la sintesi di soggetto e oggetto che si risolve in un "assorbimento"
dell'oggetto da parte di un soggetto che diventa in tal modo "creatore".
Non mi sembra sia cambiato granchè da quando l'Idealismo entrò in crisi. La crisi dell'Idealismo si risolse infatti
non in un recupero della dimensione oggettiva, ma piuttosto in una ulteriore esaltazione del soggetto e della sua
volontà (come già evidente in Schopenhauer). La qual cosa portò, attraverso il fondamentale pensiero di Nietzsche,
al nichilismo e all'esistenzialismo. Che durano tutt'ora...
saluti

Lou

#204
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 19:15:57 PM
Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 18:29:55 PMLa dico spiccia -il mio timore attuale è l'oggetivizzazione del soggetto: non vorrei che in quell'abbraccio (mortale), tra soggetto e oggetto, il secondo annichilisca il primo.

Ti ringrazio per questa domanda. No, trovo una tendenza a considerare i soggetti pietre rotolanti sen'arte nè parte. A rotolare, funzionano bene.

Scusami se mi intrometto Lou, ma non hai l'impressione sia piuttosto il soggetto ad annichilire l'oggetto?
A me sembra che questo emerga, e fin da quando Kant non fu compreso dai primi Idealisti.
E l'Idealismo in effetti fu proprio questo: la sintesi di soggetto e oggetto che si risolve in un "assorbimento"
dell'oggetto da parte di un soggetto che diventa in tal modo "creatore".
Non mi sembra sia cambiato granchè da quando l'Idealismo entrò in crisi. La crisi dell'Idealismo si risolse infatti
non in un recupero della dimensione oggettiva, ma piuttosto in una ulteriore esaltazione del soggetto e della sua
volontà (come già evidente in Schopenhauer). La qual cosa portò, attraverso il fondamentale pensiero di Nietzsche,
al nichilismo e all'esistenzialismo. Che durano tutt'ora...
saluti
Ti ringrazio per questa domanda, non c'è intromissione alcuna, no, trovo che la tendenza sia a considerare i soggetti sassi rotolanti, sen'arte nè parte, è così che funzionano bene.
E Nietzsche, essendo poliedrico allo stato brado, proprio lui, quando si scaglia contro il positivismo, da un primo avvertimento di ciò. Il nichilismo estremo si risolve in un appiattimento del soggetto sull'oggetto, per quanto di mio riesco intendere.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

0xdeadbeef

Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 19:31:30 PM

Ti ringrazio per questa domanda, non c'è intromissione alcuna, no, trovo che la tendenza sia a considerare i soggetti sassi rotolanti, sen'arte nè parte, è così che funzionano bene.
E Nietzsche, essendo poliedrico allo stato brado, proprio lui, quando si scaglia contro il positivismo, da un primo avvertimento di ciò. Il nichilismo estremo si risolve in un appiattimento del soggetto sull'oggetto, per quanto di mio riesco intendere.

Permettimi di insistere (l'argomento è per me molto interessante in quanto concetto-chiave), io non credo sia come dici.
Tutto ci dice dell'obliarsi dell'oggetto. Anche nell'arte, con la trasformazione del "bello" oggettivo in "bello"
soggettivo (dicevo in un altro post che Michelangelo era apprezzato non perchè era Michelangelo, ma perchè faceva
opere considerate belle - a diferenza di oggi, che anche uno scarabocchio vale milioni solo perchè l'ha fatto il
tal artista).
Anche nell'economia, con il fondamentale passaggio fra un criterio di "valore" economico come valore dato dalla
quantità di lavoro (quindi un valore oggettivo) ad un criterio del valore come valore di scambio fra venditore
e compratore (quindi un valore soggettivo).
Guarda anche ad esempi terra-terra, come certe cose che vengono dette ai bambini ("con la volontà si ottiene tutto"),
o a certi motti come "volere è potere" (per non parlare della volontà di potenza nietzschiana). Ti sembrerebbe plausibile dire questo della volontà se alla base non ci
fosse la convinzione che l'oggetto sia quanto meno "plasmabile" da parte del soggetto?
saluti

paul11

#206
Citazione di: bobmax il 16 Novembre 2018, 19:01:29 PM
Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 18:29:55 PM
La dico spiccia -il mio timore attuale è l'oggettivizzazione del soggetto: non vorrei che in quell'abbraccio (mortale), tra soggetto e oggetto, il secondo annichilisca il primo.

L'annichilimento sta già avvenendo. Anche se magari non se ne è del tutto consapevoli, è diffuso il convincimento che il soggetto altro non sia che un oggetto.

Penso che questo sia un processo inevitabile, e direi anche necessario. Ci porterà infatti nella perfetta crisi esistenziale. Dove il nichilismo, che da tempo alligna nei nostri cuori, smetterà di camuffarsi con finti ideali, per mostrarsi in tutto il suo orrore.

Quando tutto sarà oggetto, ogni rimedio all'angoscia esistenziale si rivelerà inefficace.

Allora, forse, se ancora ci saremo, cercheremo finalmente dentro di noi la risposta.
condivido.Rispondendo anche a Lou (dovresti essere meno timida nell'esporre le tue argomentazioni, hai delle basi intuitive di fondo.........), il linguaggio prescientifico e la potenza data alle scienze con il metodo sperimentale è stata delegata dalla filosofia.Il res cogitans ed extensa è stata la prima divisone fra soggetto, inteso come agente conoscitivo che aveva già perso l'Essere e in quanto tale già oggettuale e l'oggetto della relazione conoscitiva.
Il cambiamento di linguaggio anche filosofico, mostra il mutamento dello scopo dei filosofi.
Penso che sia stato Aristotele a iniziare la fase di allontanamento dall'Essere, ma ad esempio Heidegger la pensa diversamente imputandolo a Platone. Perchè la poiesis e la techè erano sinonimi, ma si relazionavano nell'artificio umano, nella creazione umana , in modo diverso. L'esaltazione della tecnica come termine attuale, la technè, è proprio nel linguaggio che è divenuto scienza e che la modernità ha esaltato.La problematica della tecnica è che essendo linguaggio e quindi prescienza è ancora attuale e tranne pochi filosofi moderni, lo hanno analizzato.
Perchè la technè ha la caratteristica del possesso, del dominare,Quindi concetti etici diventano nella modernità "funzionale" e "utile", è piegare la natura, modellarla, in funzione dell'esaltazione del soggetto che non è più Essere è EGO. L'oggettivazione dell'essere accade quando l'uomo che per Aristotele era anche definito "zoon logon ekhon", ma più antica era un'altra definizione "deinon"( "deinos"nel coro di Antigone di Sofocle) che è un essere violento fino al "to deinotaton" il più violento,; vive per-la-morte, detto in termini heideggeriani,diventa nichilista.
E' già accaduto nei lager l'oggettivazione dell'essere, dove le persone non avevano più un nome, ma erano un numero stampigliato sul braccio.
Uno dei compiti della filosofia è depotenziare degli istituti metafisici, intesi come pensiero metamorfico e mimetico
adattativo storicamente che continuano a far parte di un Essere che dal logos è passato al deinon

Ipazia

Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 19:06:14 PM
Citazione di: Ipazia il 16 Novembre 2018, 18:51:24 PM
Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 17:59:55 PM
Resta in ogni caso irrisolta, questa tua tacita assunzione, che prende per mostrarsi della verità o in qualche modo la correla, un principio del tipo " funziona,  allora è vero".

Se la verità di un pacemaker sta nel suo funzionare, e non può stare in nient'altro, se funziona allora è vero (se non funziona è falso). Ma lo stesso discorso vale per un ente immateriale afferente alla morale e per la sua esplicitazione in norma giuridica.
Sì molto bello, ma il "se"? Tu l'hai risolto?

Nella fungibilità della tecnoscienza e dell'etica il "se" si risolve da solo nel funzionare (poichè funziona allora è vero). Il problema nasce quando quella techne non funziona più, diviene falsa. In quel momento, come sublimemente evidenziato da Wittgenstein, nasce il problema e la necessità di risolvere. L'ottimista Marx dice che i problemi si presentano con la soluzione incorporata, anche se di non facile lettura.
Pure il pessimista Nietzsche, nelle sue riflessioni finali in Ecce Homo, vede la scienza non come asfaltatrice, ma come antitesi all'innaturale morale degli schiavi. L'oggettivazione, per FN, è quella "buona" nello stato di natura, demonizzato dai preti. Semmai è Marx più sensibile alla natura alienante, alla "cattiva" oggettivazione della tecnoscienza, alla reificazione dei valori economici in valori universali. Peraltro fondativi di una nuova religione. Che FN intuì solo a tratti, ma non nella sua autonomia (che diamine: 2000 anni senza inventare alcun nuovo Dio!), ma come "tisica" manifestazione (Genealogia della morale) della "cattiva" volontà di potenza storicizzata nella morale da schiavi giudaico-cristiana. Ennesimo maneggio, aggiornato allo spirito copernicano dei tempi, per continuare nel processo generale di mistificazione della, e dominio sulla,  natura umana.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

#208
CitazioneOppure è solo un'altra occasione per riscrivere la definizione di "oggettività" (sempre alla luce del soggetto)?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 19:31:30 PM
E Nietzsche, essendo poliedrico allo stato brado, proprio lui, quando si scaglia contro il positivismo, da un primo avvertimento di ciò. Il nichilismo estremo si risolve in un appiattimento del soggetto sull'oggetto, per quanto di mio riesco intendere.

Il nichilismo estremo per FN è quello degli ideali ascetici incarnati nella figura del prete giudaico-cristiano (Genealogia della morale). Un soggettivista estremo come FN non poteva ricondurre il nichilismo all'oggettività, ma solo alla falsa coscienza soggettiva. L'oggettività in FN è lo stato di natura, ovvero l'esatto opposto del nichilismo ascetico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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