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Cos'è la verità

Aperto da Jacopus, 06 Novembre 2018, 00:26:13 AM

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Phil

Come/perché affermare che, pur non sapendola identificare, la verità sia una, o meglio debba essere una? 
Se le nubi coprono davvero la vista, l'esistenza di una cima è solo una supposizione; come escludere che, al diradarsi delle nubi, non si veda alcuna cima perché semplicemente la montagna finisce appena al di sotto (non dietro) le nubi (e quindi la montagna è già tutta visibile)?

Per non incorrere nel circolo vizioso in cui postuliamo a priori la verità come unica e poi speculiamo sulle conseguenze di tale premessa, anziché (di)mostrarla valida, mi viene da chiedere se tale necessità ("la verità deve essere una") è in fondo tale:
- per definizione (tautologica); allora si resta in ostaggio del piano linguistico-semantico, per cui, ad esempio, definendo sulla carta Demiurgo come "il solo creatore del mondo", costatando l'esistenza del mondo, ottengo la conclusione (apparentemente)dimostrativa che Demiurgo esiste; giro di giostra fallace con cui si può dimostrare di tutto... 
- per tradizione storica; riscontrare che la verità sia sempre stata ritenuta unica da molte tradizioni, è un po' come ricordare che molte tradizioni stabiliscono (dogmaticamente) una vita dopo la morte o altri palliativi esistenziali... rintracciare denominatori comuni interculturali è attività squisitamente filologica, tuttavia non proficuamente filosofica
- per una (pseudo)logica secondo cui tutte le verità sono emanazioni dell'unica Verità; questo plotinismo mistico ci riporta alla differenza semiologica fra concetto-definizione (uno) e i suoi casi estensivi e concreti: ad esempio, il concetto-definizione di "peso" è uno, e tutti i pesi rilevati (interpretati come tali) rimandano a tale astrazione, sebbene non sia un rimando ontologico (emanazione dall'uno) ma semplicemente semantico (arbitrario e convenzionale)
- per fede; e qui non muovo obiezioni...

Suggerimenti per aiutarmi a capire perché l'unicità della verità (o Verità) è un topos dall'intramontabile fascino anche ai nostri tempi? 
Che sia un residuo monistico del pensiero metafisico antico? Fascino ludico della "caccia al tesoro" o, come dico sempre, della "caccia alla volpe" prima catturata (postulata) e poi inseguita? Ipotesi di lavoro per una ricerca minimalista (iniziamo a cercarne una e vediamo quante ne troviamo)? Rifiuto del complicato (relativismo pluralismo) in favore del semplice (anche se la pigrizia intellettuale è insolita, e forse indesiderata, compagna di viaggio per la filosofia)? 


P.s.
Verità come esperienza pre-linguistica e diretta del reale, che si opacizza e/o si ritrae nel momento in cui si apre bocca (o si mette mano alla tastiera)? 
La dicibilità della verità sarebbe allora un falso problema, o meglio, un mero capriccio linguistico di provare a narrare, fissandolo (in entrambi i sensi  ;) ), il fluire della verita...

bobmax

@ Phil

La Verità è una, non perché è quella piuttosto che quell'altra.
Con "Uno" non si intende l'uno numerico, e neppure l'unità di più parti.
Non è la cima nascosta della montagna.

L'uno viene dopo il due, infatti è frutto del molteplice.
Solo dopo aver pensato i molti si può pensare l'uno.

Il Tutto non è perciò uno, infatti non è un qualcosa.

Di modo che, affermare che la Verità è una indica lo slancio verso di Essa. Non che sia "una" determinata cosa.

L'unicità della Verità equivale alla sua nullità.
Non vi può essere differenza sostanziale tra il Tutto e il Nulla.

La Verità è la montagna e pure chi la osserva. E, appunto per questo, è anche Nulla.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 14:08:03 PM

"Tradizione filosofica" ???

Quale???


Quella sillogistica del tertium non datur. Essere-Nulla. E via cantando. Su cui si avvita tutta la veterometafisica

Citazione

Inoltre ritengo che non esista realmente solo la res extensa, con più dimensioni spaziali (e una temporale): la realtà é decisamente ancor più complessa di quanto sembreresti credere tu, implicando anche la res cogitans (che di dimensione ha solo quella temporale, e nemmeno quantificabile matematicamente, nemmeno misurabile, se non "indirettamente", riferendosi alla "contemporanea" res extensa).


Mi sono fermata alle 4 dimensioni fisiche. Ma poi c'è la quinta indotta dalla volontà autocosciente e ... mi fermo qui perchè ce n'è abbastanza per l'episteme, col suo riverbero di soggetti e oggetti che si scambiano continuamente la parte, come l'onda-corpuscolo dell'infinitamente piccolo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Phil il 11 Novembre 2018, 16:07:47 PM
Come/perché affermare che, pur non sapendola identificare, la verità sia una, o meglio debba essere una?
Se le nubi coprono davvero la vista, l'esistenza di una cima è solo una supposizione; come escludere che, al diradarsi delle nubi, non si veda alcuna cima perché semplicemente la montagna finisce appena al di sotto (non dietro) le nubi (e quindi la montagna è già tutta visibile)?
Citazione
Ma che ci sia la vetta o ci sia qualcos' altro (o anche nulla) può essere vera solo una delle ipotesi reciprocamente non identiche (non "sinonimiche", non traduzioni fedeli in diverse lingue della medesima, stessa proposizione): é vero unicamente o che c'é la cima, oppure c' é un' altra cosa reale, oppure ancora che non c' é nulla.





Per non incorrere nel circolo vizioso in cui postuliamo a priori la verità come unica e poi speculiamo sulle conseguenze di tale premessa, anziché (di)mostrarla valida, mi viene da chiedere se tale necessità ("la verità deve essere una") è in fondo tale:
- per definizione (tautologica); allora si resta in ostaggio del piano linguistico-semantico, per cui, ad esempio, definendo sulla carta Demiurgo come "il solo creatore del mondo", costatando l'esistenza del mondo, ottengo la conclusione (apparentemente)dimostrativa che Demiurgo esiste; giro di giostra fallace con cui si può dimostrare di tutto...
- per tradizione storica; riscontrare che la verità sia sempre stata ritenuta unica da molte tradizioni, è un po' come ricordare che molte tradizioni stabiliscono (dogmaticamente) una vita dopo la morte o altri palliativi esistenziali... rintracciare denominatori comuni interculturali è attività squisitamente filologica, tuttavia non proficuamente filosofica
- per una (pseudo)logica secondo cui tutte le verità sono emanazioni dell'unica Verità; questo plotinismo mistico ci riporta alla differenza semiologica fra concetto-definizione (uno) e i suoi casi estensivi e concreti: ad esempio, il concetto-definizione di "peso" è uno, e tutti i pesi rilevati (interpretati come tali) rimandano a tale astrazione, sebbene non sia un rimando ontologico (emanazione dall'uno) ma semplicemente semantico (arbitrario e convenzionale)
- per fede; e qui non muovo obiezioni...
Citazione
Per definizione.

Ma una definizione, essendo l' arbitrario stabilirsi del significato di un concetto e non una proposizione o predicato, non può essere "tautologica": non ha senso parlare di eventuale "affermazione identica (o meglio, non letteralmente:  in cui il predicato si limita a ripetere il soggetto)" che a proposito di un' affermazione e non di una mera definizione di un concetto.

La definizione di verità come (per dirlo un po' grossolanamente )"adeguatezza di un predicato a qualcosa della realtà quale é/diviene anche indipendentemente dall' esserci di tale predicato; oppure come condizione della proposizione "esiste x", intendendosi per "x" un qualsiasi ente o evento reale, nel caso in cui realmente esista x (anche indipendentemente dall' esistenza della proposizione stessa o meno: come denotazione o estensione reale del concetto di "x" di cui si predica l' esistenza reale e non solo come sua connotazione o intensione "cogitativa"; e corrispondentemente per quanto riguarda i predicati negativi, dell' inesistenza reale di enti o eventi) può piacere o meno (di fatto mi sembra piaccia moltissimo, essendo ciò che correntemente si intende di fatto per "verità"), ma non essere tautologica o meno (e nemmeno vera o meno) non essendo un predicato.


sgiombo

Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2018, 18:43:31 PM
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 14:08:03 PM

"Tradizione filosofica" ???

Quale???


Quella sillogistica del tertium non datur. Essere-Nulla. E via cantando. Su cui si avvita tutta la veterometafisica
Citazione
Quindi ammetti che esistono anche ben altre tradizioni (magari meno "avvitate" e/o meno "vetero": aggettivo che peraltro mi si confà molto -e ne sono assai fiero- in politica)!

Comunque "tertium non datur" non mi pare essere il "nocciolo teorico" di alcuna filosofia, ma solo una locuzione che sta a significare i casi nei quali una terza soluzione (una terza via, o possibilità) non esiste rispetto a una situazione che paia prefigurarne soltanto due (come nel caso della verità o falsità di un' affermazione semplice e inequivoca; oppure, come si soleva dire in altri tempi, non si può essere "quasi incinta", ma solo o incinta).

(Come metafora più che a qualsiasi filosofia mi sembra calzante a proposito della matematica intesa come sistema assiomatico formalizzato alla Hilbert-Peano-Russell; almeno prima dei  teoremi di Goedel).






Citazione
Inoltre ritengo che non esista realmente solo la res extensa, con più dimensioni spaziali (e una temporale): la realtà é decisamente ancor più complessa di quanto sembreresti credere tu, implicando anche la res cogitans (che di dimensione ha solo quella temporale, e nemmeno quantificabile matematicamente, nemmeno misurabile, se non "indirettamente", riferendosi alla "contemporanea" res extensa).

Mi sono fermata alle 4 dimensioni fisiche. Ma poi c'è la quinta indotta dalla volontà autocosciente e ... mi fermo qui perchè ce n'è abbastanza per l'episteme, col suo riverbero di soggetti e oggetti che si scambiano continuamente la parte, come l'onda-corpuscolo dell'infinitamente piccolo.
Citazione
Ma la volontà autocosciente non é (né credo possa indurre; qualsiasi cosa questo termine possa significare in questo contesto) una quinta dimensione dello spaziotempo.

Mi sembra di comprendere che tu sei monista materialista e non credi esistano-accadano altre cose che enti ed eventi fisici dotati di dimensioni spaziali e temporale.

Benissimo. Invece per quanto mi riguarda io sono dualista (relativamente ai fenomeni): era semplicemente questo che intendevo affermare; e che ribadisco senza particolari -pretese- "sfumature sentimentali o valoriali").



Ipazia

Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 13:55:57 PM

D'altra parte dove sta la realtà ontologica con la relatività e la quantistica?


Nel fatto che per mandare una sonda su Marte devi calcolare i tempi in maniera relativistica altrimenti toppi il bersaglio. Il tempo fisico dipende dall'attrazione di gravità e dalla velocità, che sulle lunge distanze e gradienti gravitazionali variabili pesano. Il postulato quantistico è che natura facit saltus e nel farlo accadono tutta una serie di altre cose rilevabili strumentalmente. Ontologia purissima.

Citazione

Dove sta il protocollo scientifico sperimentale che dovrebbe processare gli step della conoscenza? Ogni scienziato è un pensiero che si discosta da un altro e questo in tutte le discipline che si autodefiniscono scientifiche.


Ma il dato sperimentale mette tutti in riga. Fino alla prossima falsificazione, che non è un nulla metafisico ma una teoria di maggiore potenza esplicativa.

Citazione

Dove sta allora la verità quando un teorico della conoscenza del Novecento riducendo la gnoseologia che era la totalità della conoscenza all'epistemologo come teorico solo della conoscenza cosiddetta scientifica? E il resto delle forme della conoscenza?


Filosofi, se ci siete battete un colpo. E' materia vostra. Marx ci aveva provato con la filosofia della prassi, che purtroppo aveva il difetto di non moltiplicare le cattedre universitarie.

Citazione

Su cosa poggia allora la scienza moderna, quando non è più chiaro cosa sia oggetto e soggetto,


Azzardo un'ipotesi: la conoscenza funziona anche senza la vexata questio soggetto-oggetto

Citazione

e si è pure illuso che il linguaggio chiarisse la relazione fra uomo e mondo? Quando Frege, maestro di B Russell, ripropone la logica proposizionale, che ricordo fu originata dalla scuola della Stoà, dagli stoici, e si illude che desoggettivando la persona, togliendoli la psiche ,un linguaggio possa funzionare, in realtà descrive allora solo parole privo del soggetto conoscitivo, dell'agente conoscitivo.


In realtà la linguistica ha diradato molte nebbie e, cosa altrettanto importante, ha mostrato la nebulosità di tante ipotesi ontologico-epistemiche caricate fraudolentemente su di essa.

Citazione

La modernità ha alterato completamente le forme della conoscenza. illudendosi che andando incontro alle cose, agli enti, sezionandoli, categorizzandoli, facendo tassonomie, classificando, noi abbiamo"preso" il mondo a nostra umana somiglianza.


La modernità, ma anche l'antichità di un Archimede, ci ha reso il mondo fruibile fisicamente, non metafisicamente. Il che ha arrecato grandi vantaggi alla nostra specie. Se i metafisici non sono stati parimenti bravi nel renderci fruibile il mondo di loro competenza è colpa dei metafisici, non della modernità.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

Citazione di: Phil il 11 Novembre 2018, 16:07:47 PM
Come/perché affermare che, pur non sapendola identificare, la verità sia una, o meglio debba essere una?
Se le nubi coprono davvero la vista, l'esistenza di una cima è solo una supposizione; come escludere che, al diradarsi delle nubi, non si veda alcuna cima perché semplicemente la montagna finisce appena al di sotto (non dietro) le nubi (e quindi la montagna è già tutta visibile)?



Ciao Phil
Beh, dipende da quel che tu intendi con il termine "verità"...
Per me, come ho più volte ripetuto, la verità è la corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola
che un certo "segno" (semioticamente inteso) ha posto come criterio di verità.
Questo naturalmente vuol dire che la verità non è nell'oggetto ma nel segno linguistico che lo indica.
Ora, in questa indubbia "relatività" della verità, dicevo, è possibile però individuare non la verità
"ab-soluta" (cioè non interpretata da un interpretante), ma la direzione verso tale verità ("ab-soluta").
E riportavo a tal proposito la celebre metafora della montagna, di Popper.
Ora, personalmente intendo la verità "ab-soluta" nel medesimo ed identico modo in cui Kant intendeva la
"cosa in sè", e cioè "la" verità al singolare come concetto, mentre quando riferita alle cose dovremmo
parlare "delle" verità (così come, in Kant, "la" cosa in sè era concetto per "le" cose in sè).
In sostanza, dal mio punto di vista è da stabilire se i tuoi "strali" vanno contro un concetto della
verità, diciamo, universalmente univoco, oppure se vanno contro un concetto della verità (o delle
verità) come "ab-soluto" (se il termine disturba possiamo usare "oggettivo", ma è la stessa cosa).
saluti

Ipazia

@ sgiompo

a te il manicheismo iperuranico delle antinomie metafisiche  (soggetto-oggetto, bene-male, essere-nulla, vero-falso), decrepite ma tuttora imperanti, ti fa un baffo. Sulle dimensioni del reale, altri molto più titolati di me, individuano la comunicazione come una quinto vettore dello spaziotempo (quindi sarei una pentista dialettica  ;D ). Che poi ci siano mondi paralleli e dimensioni a gogò è fuori dalla mia portata e anche ci fossero li riterrei del tutto trascurabili.
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sgiombo

#113
Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2018, 20:21:16 PM
@ sgiompo

a te il manicheismo iperuranico delle antinomie metafisiche  (soggetto-oggetto, bene-male, essere-nulla, vero-falso), decrepite ma tuttora imperanti, ti fa un baffo.
CitazioneIn che senso "mi fa un baffo"?

Cerchiamo di limitare l' uso delle metafore e delle espressioni colorite ma non rigorose al minimo indispensabile per cercare di venire incontro alle legittime esigenze di comprensione degli interlocutori.

Innanzitutto bisognerebbe dimostrare che le antinomie soggetto-oggetto, bene-male, essere-nulla, vero-falso sono:

a) Manicheistiche iperuraniche (ma non mi pare che il manicheismo parli di "ipeuranio"):

b) Metafisiche;

c) Decrepite;

d) Tuttora imperanti.

Poi mi sembra che in questo forum le mie considerazioni critiche razionali su tali questioni abbondino.




Sulle dimensioni del reale, altri molto più titolati di me, individuano la comunicazione come una quinto vettore dello spaziotempo (quindi sarei una pentista dialettica  ;D ). Che poi ci siano mondi paralleli e dimensioni a gogò è fuori dalla mia portata e anche ci fossero li riterrei del tutto trascurabili.
Citazione
MI sembra poco o punto razionale (e dunque é il tipo di considerazioni che personalmente non mi interessa affatto) fidarsi ciecamente su quanto affermano altri ritenuti a torto o a ragione "più titolati di noi" .

Non vedo che c' entrino le fantasticherie su presunti mondi paralleli e dimensioni a gogò fuori dalla tua portata con le mie obiezioni.

Phil

Citazione di: bobmax il 11 Novembre 2018, 18:32:52 PM
La Verità è la montagna e pure chi la osserva. E, appunto per questo, è anche Nulla.
Ok, allora rientra di ciò di cui parlavo nel P.s.  :)


Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 18:49:22 PM
Ma che ci sia la vetta o ci sia qualcos' altro (o anche nulla) può essere vera solo una delle ipotesi reciprocamente non identiche (non "sinonimiche", non traduzioni fedeli in diverse lingue della medesima, stessa proposizione): é vero unicamente o che c'é la cima, oppure c' é un' altra cosa reale, oppure ancora che non c' é nulla.
Per comprendere il mio discorso da "alpinista", bisogna tener presente che non mi riferivo a una montagna in generale, ma a quella citata da 0xdeadbeef:
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 10:53:46 AM
Mi sembra che Popper abbia descritto in maniera meravigliosa questo concetto: "la verità è la cima di una
montagna coperta di nubi. Sai che la vetta è lì, da quella parte, ma non sai esattamente dove..".

Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 18:49:22 PM
Ma una definizione, essendo l' arbitrario stabilirsi del significato di un concetto e non una proposizione o predicato, non può essere "tautologica": non ha senso parlare di eventuale "affermazione identica (o meglio, non letteralmente:  in cui il predicato si limita a ripetere il soggetto)" che a proposito di un' affermazione e non di una mera definizione di un concetto.
Per definizione tautologica intend(ev)o che se definiamo la verità come "x" (a piacere), la frase "la verità è x" sarà sempre vera, ma, appunto, solo circolarmente e per definizione (non per dimostrazione); non è quindi una verità in senso ontologico, ma solo, tautologicamente, semantico.

Phil

Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 19:52:09 PM
Ora, in questa indubbia "relatività" della verità, dicevo, è possibile però individuare non la verità
"ab-soluta" (cioè non interpretata da un interpretante), ma la direzione verso tale verità ("ab-soluta").
E riportavo a tal proposito la celebre metafora della montagna, di Popper.
[...] In sostanza, dal mio punto di vista è da stabilire se i tuoi "strali" vanno contro un concetto della
verità, diciamo, universalmente univoco, oppure se vanno contro un concetto della verità (o delle
verità) come "ab-soluto" (se il termine disturba possiamo usare "oggettivo", ma è la stessa cosa).
Niente strali, solo banali domande da "uomo della strada".
Anche quando parliamo di "ab-solutus/a", di "oggettività", di "noumeno", etc. siamo pur sempre a bordo del linguaggio, anche se cerchiamo di sbirciarne fuori... il discorso sul noumeno (o sulla verità) è pur sempre un discorso: linguistico, logico, concettuale, etc. e bisogna ammettere che ci possono essere anche discorsi fallimentari che, seppur in buona fede, indicano "a vuoto"...
Che il linguaggio e il suo utilizzo siano una "funivia" che porta dritti alla cima della "montagna Verità" è una legittima ipotesi; tuttavia, finché ci sono le nubi, è una scommessa azzardare il numero delle vette nascoste e, come dicevo, persino il pensare che ci sia davvero qualcosa di nascosto: siamo certi della direzione, ma dove essa porti è solo un'antica profezia  ;)

Lou

#116
@phil
"Suggerimenti per aiutarmi a capire perché l'unicità della verità (o Verità) è un topos dall'intramontabile fascino anche ai nostri tempi"

Perchè è assunta ( tacitamente ) pure quando si sostiene la prospettiva secondo cui vi siano molteplici verità. Non si presenta forse anch'essa come una posizione che afferma l'unicitá della verità nello stesso istante che afferma la pluralità delle verità?
Detto per un altro verso, preso atto delle pluralità non si cerca di ricomporre queste pluralità in "una" montagna? In questo atto di ricomposizione perchè non si vuol vedere esattamente la stessa ripetizione dell'evento della verità, una?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

Phil

@Lou
Non necessariamente: (proprio come accade con il relativismo pluralismo) affermare che ci siano tante verità non comporta per forza intendere tale affermazione come l'unica (meta)verità, bensì diventano possibili sia la verità delle molteplici verità che la verità dell'unica verità, che la verità dell'assenza di Verità, etc. e tutte queste verità sono constatazioni "incarnate" dai sostenitori delle rispettive posizioni filosofiche. Difficile disconoscere tale pluralità (basta leggere le differenti verità già emerse in questa stessa discussione... ;) ).
Detto in altro modo, chi crede in più verità non sostiene necessariamente che chi non concorda con lui (ovvero chi crede in una sola verità) si sbagli, anzi costui è proprio ulteriore dimostrazione/conferma di come ci siano molte verità: se "mister x" non concorda con chi sostiene la plurivocità delle verità, anziché confutarlo, "mister x" (suo malgrado) lo corrobora, proprio perché alla verità del pluralista aggiunge la sua verità (di "mister x"), moltiplicando le verità possibili, esattamente come il pluralista afferma.
Se "mister x" sostiene che la verità è una sola dovrebbe poi dimostrarlo e, se non erro, non c'è sempre1 constatazione fattuale a cui possa appellarsi; è anzi per coerenza costretto a sostenere che chi non concorda con lui si sbaglia, sebbene "mister x" non possa poi fornire evidenze incontrovertibili per la sua posizione "monista" (ironico che sia comunque l'altro ad essere tacciato di pensiero "debole" ;D ).


1In caso di verità scientifiche, è da notare come, ad esempio, di fronte alla spiegazione di cosa sia il sole e come funzioni, un aborigeno potrebbe continuare imperterrito a sostenere la sua verità (il sole è un dio) e ciò segnerebbe di fatto l'esistenza di (almeno) due verità, poiché la nostra verità non è in grado di dimostrare inconfutabilmente che il sole non sia un'immensa forma di vita infuocata che dorme, assecondando le leggi fisiche che potrebbe nondimeno violare se volesse, andandosene poi gaiamente a dormire in un'altra galassia...

paul11

Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 15:28:44 PM
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 13:55:57 PM
D'altra parte dove sta la realtà ontologica con la relatività e la quantistica?

Ciao Paul
Potrei risponderti che la realtà ontologica, cioè la verità, sta da quella parte, non da quell'altra...
Ti pare poco? Io non direi sia poco. Ma cos'è che ci permette di dire il "dove", il "luogo" della verità?
Per la mia pratica discorsiva (direbbero i semiologi) la risposta è molto semplice: ciò che ci permette di
sapere "dove", e di saperlo incontrovertibilmente, è il concetto di "cosa in sè", che è quel concetto che
permette di mantenere l'oggettività in un mondo fatto di soggetti.
Il "noumeno" kantiano non è dunque un punto interrogativo; ma è un qualcosa che "c'è" allo stesso modo con
cui un grande filosofo del 900, E.Levinas, afferma esserci qualcosa anche senza un soggetto interpretante
(mi riferisco qui al'"l'y'a", il "ronzio cosmico" che avrebbe luogo anche in un'ipotetico "nulla").
Come faccio a sapere che il noumeno "ex-siste" (e a saperlo incontrovertibilmente)?
Allo stesso modo cui so esserci una betulla lì fuori, in giardino, pur se in questo momento non la vedo...
Il noumeno esiste semplicemente perchè esiste il fenomeno, la qual cosa è esattamente speculare che dire:
il fatto esiste perchè esiste l'interpretazione.
Ma se il noumeno, il fatto, l'oggetto, "esiste", allora ciò vuol dire che il soggetto non ha piena potenza
su di esso (come ha pensato l'Idealismo); che come non lo crea non lo può distruggere (come l'Occidente
pensa all'interno del suo "destino").
Ciò che chiami "verità incontrovertibile" non può essere un essente univocamente inteso. La verità
incontrovertibile è la biunivocità dell'essente (cioè la direzione di verità).
saluti
ciao Mauro(Oxdeadbef)
.Rileggendo l'intera discussione mi trovo d'accordo con Donquixote in particolare con l'archè e con  Sariputra che aveva già espresso il concetto di verità: non è soggettivazione per cui è "erga omnes", vale per tutti, come sottolineava Donquixote.

Mancano i presupposti per approfondire, e io scrivo in dipendenza del livello di conoscenza  dei partecipanti, per questo non apro discussioni,
Ma ci vuol davvero tanto a capire che esiste solo una unica verità?

Il problema non è tanto il dove, ma come ci arrivi alla verità.per questo bisogna conoscere l'essenza stessa del pensiero dei filosofi, di tutta la storia della filosofia e saperli confrontare sui primitivi, sui fondativi del loro pensiero e come arrivano a costruire le loro asserzioni.

Ma è chiaro che esiste una realtà indipendentemente da noi anche perchè noi interagiamo in quella realtà ci viviamo spaziotemporalmente.
Il noumeno kantiano è una sua invenzione per non allontanarsi dall'empirismo.Ma capisco l'errore e il tempo in cui Kant è vissuto e poteva maturare l'empirismo.La fede illuminista verso la ragione umana, sospinta dal vento della tecnica, il vedere le prima macchina a vapore, le prime forme industriali, l'avvento della borghesia,insomma una rivoluzione non solo quella francese, fa degli empiristi i padri dei positivisti e i nonni dei relativisti.
In mezzo ci stanno gli illusi, i pragmatisti americani, la filosofia analitica del linguaggio.
Grazie  a tutti loro oggi c'è solo gran confusione, appunto la nebbia metropolitana, non so se naturale o per inquinamento umano delle menti.
Quindi mi chiedo: chi sono veramente gli illusi?I cercatori di verità nei meta-meta- meta- linguaggi, o in tutte le logiche da paragnosti che si sono formate, o nelle matematiche delle quantistica a dodici dimensioni fisiche con universi paralleli? Questo è  il prodotto della modernità.

Se ci si fida dei propri occhi e dei propri sensi si sopravvive come fanno gli animali, se si vuol conoscere non è
 in ciò che appare e scompare che si trova la verità, ma infinite piccole verità relative che durano il tempo che trovano e intanto il tempo fa tic e toc e la vita scorre. Quale è l'essenza della vita? Cosa ci facciamo al mondo?

Obnulare le domande fondamentali dicendo che sono indimostrabili e ridursi a cercare le piccole verità perche il laboratorio del piccolo chimico o del fisico dimostrano, significa che siamo già perduti e il destino è segnato.
Questo è il tempo di mediocri umani decadenti nello spirito e nella conoscenza.Spero velocemente che questa cultura a sua volta venga obnulata.

Senza fatti e senza mondo noi interpreteremmo un bel niente.E adatto che siamo nel mondo e anche questo è un fatto, ci dobbiamo chiedere se la relazione fra noi e il mondo ha un senso.
Ma ciò che scrivo non è assolutamente nuovo. lo scrivevano già i greci.
Ma i moderniti e post modernisti tronfi della loro tecnica da suicidi, ritengono superate e vecchia qualunque cultura che la storia ha stritolato nel divenire temporale.Come se una verità seguisse un tempo.

Per fare serie analisi si deve rivedere se e dove il pensiero greco ha sbagliato e cominciare ad ammettere che anche nella modernità soprattutto ci sono errori madornali che hanno portato a nessuna verità e un formicaio chiamato umanità  che sussiste camminando sul filo di contraddizioni continue che esplicano nella pratica e parlo soprattutto di economia e politica .
La verità incontrovertibile non può avere una doppiezza, ma può sussistere una negatività, può assumere la contraddizione e farla vivere :l'uomo.

sgiombo

Citazione di: Phil il 11 Novembre 2018, 21:13:59 PM



Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 18:49:22 PM
Ma che ci sia la vetta o ci sia qualcos' altro (o anche nulla) può essere vera solo una delle ipotesi reciprocamente non identiche (non "sinonimiche", non traduzioni fedeli in diverse lingue della medesima, stessa proposizione): é vero unicamente o che c'é la cima, oppure c' é un' altra cosa reale, oppure ancora che non c' é nulla.
Per comprendere il mio discorso da "alpinista", bisogna tener presente che non mi riferivo a una montagna in generale, ma a quella citata da 0xdeadbeef:
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 10:53:46 AM
Mi sembra che Popper abbia descritto in maniera meravigliosa questo concetto: "la verità è la cima di una
montagna coperta di nubi. Sai che la vetta è lì, da quella parte, ma non sai esattamente dove..".
Appunto!

E infatti la ia obiezione era rivolta alla tua critica al passo su Popper e la montagna metaforica.






Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 18:49:22 PM
Ma una definizione, essendo l' arbitrario stabilirsi del significato di un concetto e non una proposizione o predicato, non può essere "tautologica": non ha senso parlare di eventuale "affermazione identica (o meglio, non letteralmente:  in cui il predicato si limita a ripetere il soggetto)" che a proposito di un' affermazione e non di una mera definizione di un concetto.
Per definizione tautologica intend(ev)o che se definiamo la verità come "x" (a piacere), la frase "la verità è x" sarà sempre vera, ma, appunto, solo circolarmente e per definizione (non per dimostrazione); non è quindi una verità in senso ontologico, ma solo, tautologicamente, semantico.
Citazione
Appunto: non é una tauto-logia non essendo una "logia" (affermazione, predicato, "dicitura").

Ma se vogliamo parlare di qualcosa (verità o altro) dobbiamo pur stabilire (arbitrariamente; accordandoci) il significato dei concetti che impieghiamo.

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