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Cos'è la verità

Aperto da Jacopus, 06 Novembre 2018, 00:26:13 AM

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0xdeadbeef

Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2018, 14:55:50 PM
ci vuole fede e ragione

I linguaggi seguono regole sintattiche in cui vi sono le semantiche, così la semiologia dei token e type.
La logica che vi sussiste è il sistema di regole che ci permette di descrivere correttamente il passaggio, il processo, di una percezione al concetto e stabilirne regole, leggi che ora sono concettuali.
Ma la verità non è la veridicità di un sillogismo, di un'argomentazione semiologica,di un'inferenza,ecc.
La verità filosofica è incontrovertibile,dove i linguaggi possono aiutare a seguirne il processo razionale.

Incontrovertible per la filosofia è il vero che non può mutare nel relativo fino a diventare "la verità è  a misura di uomo", scadere nell'opinione. Per cui una verità non può che essere eterna e non in ciò che diviene.
Per questo la filosofia cerca l'essenza degli enti, intese in cose, eventi che ci vengono incontro nell'esistenza.
Dalla torre di Babele dei linguaggi, dagli infiniti enti che appaiono e scompaiono, gli enti ci vengono incontro e si dis-velano nella conoscenza.Ma gli innumerevoli enti devono rispondere a loro volta  ad una  unica regola che le essenze degli enti portano all'Essere

Ciao Paul
La filosofia cerca l'essenza; ma non la trova, potremmo ben dire...
La ragione filosofica ci porta a disquisire di assoluto, di eterno, di Essere. Ma è la medesima ragione che
istituisce un "tribunale" di se stessa; perchè in fondo sa che a quelle domande fondamentali non potrà dare
risposta alcuna (tanto che, giustamente, si dice che di queste domande c'è storia, non risposte).
Questo vuol forse dire che dobbiamo arrenderci, sospendere ogni ricerca della verità ed equiparare l'opinione
di un saggio a quella di un pazzo? Certamente no...
La filosofia può arrivare ad una verità incontrovertibile, che è quella di sapere la "direzione" in cui si
trova la verità; di sapere con certezza che la verità si sta "svelando", pur se mai sarà "svelata".
La verità incontrovertibile cui può giungere la filosofia è di sapere con certezza che la ricerca della verità
ha un significato reale, concreto, "vero".
saluti

Jean

Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 13:31:06 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 08:23:30 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 19:06:14 PM
Se chiamo questo oggetto "tastiera" dico il vero, mentre se lo chiamo "pianta" dico il falso.Questo vuol dire che la verità non risiede nell'oggetto con cui scrivo, ma nel termine linguistico (segno) che uso per designare tale oggetto. Perchè è esso, il segno linguistico, che pone il criteriodi verità (cioè è esso che dice che "tastiera" è il vero e "pianta" è il falso).

Anche se dico keyboard dico il vero. Il vero non sta nel significante (segno), ma nel significato (concetto) e qui si riaprono le danze. E si riducono anche le illusioni di una conoscenza tutta per via linguistica.

Ciao Ipazia
Ritengo capzioso distinguere fra la parola propriamente detta e il concetto, o immagine mentale. Perchè
con il termine "segno" (semioticamente inteso) li intendiamo entrambi.
Da questo punto di vista, se dico "keyboard" dico il vero adesso, cioè in una società nella quale la
terminologia è mutata nel tempo assumendo nuovi ed inediti significati. Ma non sarei stato nel vero ieri,
cioè in una società nella quale l'uso di termini informatici e della lingua inglese non aveva ancora avuto
luogo.
In altre parole oggi è mutato il "segno", per cui la validità della definizione di "verità" che ho dato ("la
corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola che un certo segno linguistico ha posto come
criterio di verità") ritengo resti immutata pure chiamando la tastiera "keyboard".
saluti

Buonasera Oxdeadbeaf,

se invece di "tastiera" o Keybord" la chiamassi "convertitore", parola di ieri e di oggi?

Ossia, quanto si può tollerare l'approssimazione nella definizione?

Se "abbastanza" allora tutti i contributi in questa discussione solo per il fatto d'esser presenti e di cercar di descriverla, in linguaggio o altrimenti, van nella direzione giusta, appunto la ricerca del significato reale.

Se non "abbastanza" allora quanto?
 

Un cordiale saluto
Jean

Ipazia

Mi spiace Ox ma il segno è segno e il concetto è concetto. Il concetto (significato) viene prima del segno ed è univoco rispetto ai molteplici segni (significanti) che lo indicano. Per cui, ripeto, la verità per via linguistica si riduce ad un corretto uso della grammatica. Insomma è meramente formale, convenzionale. Cercare la verità nel concetto è impresa assai più ardua e riesce bene solo laddove vi è una relazione biunivoca rigorosa tra significato e significante, ovvero nel linguaggio tecnicoscientifico (inclusa la matematica e le sue appendici applicative). Invece nel linguaggio etico filosofico si apre il vaso di Pandora: giustizia, libertà, bene, male, altruismo, egoismo, amore... Apriti cielo  :-\ : il linguaggio segna il passo col cerino in mano.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

paul11

#78
ciao Mauro(Oxdeadbeef) e ciao Sgiombo,
il problema quì posto è la verità: o è incontrovertibile o è opinione.
Non si tratta di dire se una filosofia è più degna di un'altra o un filosofo, o un uomo più degno di un altro filosofo o uomo.
Si tratta di capire quale siano le vie giuste e quelle errate.

E' un errore pensare che chi ha argomentato in filosofia, sapendo che la verità non può che essere incontrovertibile, si sia fermato
agli eterni, agli assoluti, agli enti, all'essere. Ha solo interpretato e interpreta, in maniera diversa, le modalità del conoscere.
Di come si dis-vela(aletheia) la storia, la natura; non solo un cercare, ci vengono incontro.
Forse che coloro che ritengono incontrovertibile la verità, non mangiavano, non vivevano e anche morivano?

Secondo voi, faccio un esempio pratico, i filosofi che credevano la verità incontrovertible sarebbero filo capitalisti?
Benedirebbero questo tempo umano?
Un esempio, la creamatistica nel trattato della politica e nell'etica nicomachea è un termine economico in cui Aristotele dice chiaramente che è giusta e felice per l'economia famigliare, ma non deve creare accumulazione.Credeva nel valore d'uso, e non di scambio, e secoli e secoli, molto prima degli economisti.

Questo per dire che si interpreta il mondo, la propria esistenza, la nostra società, in modo diverso, a cominciare dai predicati del conoscere, del'esistere. Perchè poi tutti gli enti devono avere un essenza comune, un unico significato.

La filosofia del linguaggio, va bene, la scienza moderna va bene, è giusto anche cercare il vero e il falso, su piani, ordini, domini diversi. Ma alla fine tutto deve ricondursi ad una estrema sintesi affinchè gli infiniti ragionamenti, quanti sono gli enti ,siano coerenti, rispecchino appunto una filosofia. che permea una cultura, o avrete tante culture e  tanti uomini che riterranno "la verità a misura d'uomo", con tanti umani e tante verità. e allora non ci sarà più nè cultura, nè filosofia.

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 19:20:46 PM
Mi spiace Ox ma il segno è segno e il concetto è concetto. Il concetto (significato) viene prima del segno ed è univoco rispetto ai molteplici segni (significanti) che lo indicano. Per cui, ripeto, la verità per via linguistica si riduce ad un corretto uso della grammatica. Insomma è meramente formale, convenzionale. Cercare la verità nel concetto è impresa assai più ardua e riesce bene solo laddove vi è una relazione biunivoca rigorosa tra significato e significante, ovvero nel linguaggio tecnicoscientifico (inclusa la matematica e le sue appendici applicative). Invece nel linguaggio etico filosofico si apre il vaso di Pandora: giustizia, libertà, bene, male, altruismo, egoismo, amore... Apriti cielo  :-\ : il linguaggio segna il passo col cerino in mano.


Ma quale "cerino in mano"?
Io mi scotto volentieri se ne vale la pena (ma non é nemmeno particolarmente doloroso, nella fattispecie)!

Il fatto che quelli di giustizia, libertà, bene, male, altruismo, egoismo, amore., ecc. sono concetti più complicati e controversi di quelli di massa, energia o campo di forze non li rende intrattabili razionalmente (e trattarli é di certo non meno interessante che trattare quelli scientifici naturali o metematici).

Si deve essere consapevoli di queste difficoltà intrinseche alle scienze umane e tenerle bene in conto, non certo ricavarne la conclusione che non convenga coltivarle.

Ma ho qualche dubbio che fosse questo che intendevi dire.

sgiombo

Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2018, 19:31:34 PM
ciao Mauro(Oxdeadbeef) e ciao Sgiombo,
il problema quì posto è la verità: o è incontrovertibile o è opinione.
Non si tratta di dire se una filosofia è più degna di un'altra o un filosofo, o un uomo più degno di un altro filosofo o uomo.
Si tratta di capire quale siano le vie giuste e quelle errate.

E' un errore pensare che chi ha argomentato in filosofia, sapendo che la verità non può che essere incontrovertibile, si sia fermato
agli eterni, agli assoluti, agli enti, all'essere. Ha solo interpretato e interpreta, in maniera diversa, le modalità del conoscere.
Di come si dis-vela(aletheia) la storia, la natura; non solo un cercare, ci vengono incontro.
Forse che coloro che ritengono incontrovertibile la verità, non mangiavano, non vivevano e anche morivano?
Citazione
Ovviamente sì che lo facevano (e lo fanno)
Ma secondo me sbagliano e si illudono nella ricerca della verità se pretendono che le verità siano tutte necessariamente (pena il non essere "verità") incontrovertibili: a rigore lo sono solo quelle matematiche, e logiche, i giudizi analitici a priori, che non dicono nulla su come é o meno la realtà, ma solo qualcosa sulle conseguenze che si possono e/o si devono trarre da delle premesse (sulle quali é sempre lecito il dubbio, a meno che si tratti di mere definizioni arbitrarie, puri e semplici giochi di parole).




Secondo voi, faccio un esempio pratico, i filosofi che credevano la verità incontrovertible sarebbero filo capitalisti?
Benedirebbero questo tempo umano?
Un esempio, la creamatistica nel trattato della politica e nell'etica nicomachea è un termine economico in cui Aristotele dice chiaramente che è giusta e felice per l'economia famigliare, ma non deve creare accumulazione.Credeva nel valore d'uso, e non di scambio, e secoli e secoli, molto prima degli economisti.
Citazione
Francamente non vedo il nesso fra essere sostenitori di verità metafisiche incontrovertibili (o meno) ed essere filocapitalistici (o meno): l' esperienza ci insegna (con tutti gli inevitabili limiti di "controvertibilità" che sono propri dei giudizi sintetici a posteriori) che sono esistiti ed esistono atei reazionarissimi e  fascistissimi e atei democraticissimi e comunistissimi, preti reazionarissimi e fascistissimi e preti democraticissimi e comunistissimi. 




Questo per dire che si interpreta il mondo, la propria esistenza, la nostra società, in modo diverso, a cominciare dai predicati del conoscere, del'esistere.
CitazioneScusa, ma se questo non significa che molte importanti verità sono controvetritbilissime non capisco più che cosa intenda per "controvertibilità.

Perchè poi tutti gli enti devono avere un essenza comune, un unico significato.
Citazione
Un significato ce l' hanno i concetti (definiti arbitrariamente, dotati sempre per definizione di una connotazione o intensione "cogitataiva" ed eventualmente anche di una denotazione o estensione reale; ed eventualmente indicati, "simboleggiati" da parole).
Enti ed eventi diversi dai concetti del pensiero ed eventualmente del linguaggio non hanno alcun significato ("essenza" non capisco che cosa possa significare): semplicemente sono ed accadono.

La filosofia del linguaggio, va bene, la scienza moderna va bene, è giusto anche cercare il vero e il falso, su piani, ordini, domini diversi. Ma alla fine tutto deve ricondursi ad una estrema sintesi affinchè gli infiniti ragionamenti, quanti sono gli enti ,siano coerenti, rispecchino appunto una filosofia. che permea una cultura, o avrete tante culture e  tanti uomini che riterranno "la verità a misura d'uomo", con tanti umani e tante verità. e allora non ci sarà più nè cultura, nè filosofia.
Citazione
Ma perché mai?
Io vedo intorno a me parecchie culture e parecchie filosofie reciprocamente diverse, talune più razionalistiche (per me migliori) talaltre più irrazionalistiche (per me peggiori), talune più coerenti, talaltre meno, talune più vicine al "senso comune o alle apparenze più immediate, talaltre più sofisticate, talune più conservatrici o magari reazionarie, talatre più progressive o magari rivoluzionarie, ecc., ecc. ecc.

0xdeadbeef

Citazione di: Jean il 10 Novembre 2018, 17:52:40 PMBuonasera Oxdeadbeaf,

se invece di "tastiera" o Keybord" la chiamassi "convertitore", parola di ieri e di oggi?

Ossia, quanto si può tollerare l'approssimazione nella definizione?

Se "abbastanza" allora tutti i contributi in questa discussione solo per il fatto d'esser presenti e di cercar di descriverla, in linguaggio o altrimenti, van nella direzione giusta, appunto la ricerca del significato reale.

Se non "abbastanza" allora quanto?


Un cordiale saluto
Jean

Ciao Jean
Trovo ci si fossilizzi troppo sulle parole, laddove invece il "segno", semioticamente inteso, è anche il concetto,
o immagine mentale che dir si voglia.
Se (e io chiaramente ne sono convinto), come afferma Peirce, già il solo pensare a qualcosa è inserire questo
qualcosa all'interno di una determinata catena segnica (che, detto in termini kantiani, vuol dire trasformare
quel qualcosa in "fenomeno"), allora perde completamente di importanza la distinzione fra segno linguistico
e segno mentale, o concettuale.
Se, ad esempio, invece di disporre delle parole "tastiera", "keyboard" e "convertitore" disponessimo di un
disegno, o addirittura dell'oggetto stesso, questo sarebbe ugualmente inserito in una certa catena segnica
(quella di coloro che già conoscono l'oggetto in questione, cioè che ne hanno la stessa immagine fenomenica).
Un saluto altrettanto cordiale.
mauro

Ipazia

Citazione di: sgiombo il 10 Novembre 2018, 21:49:13 PM
Ma ho qualche dubbio che fosse questo che intendevi dire.
Infatti non era questo. Ma ripristinare il giusto rapporto tra significante e significato, tra segno e concetto. Ripristinato il quale le pretese conoscitive e asseverative del linguaggio mostrano tutti i loro limiti. Spostare la verità dal mondo delle idee al mondo dei segni è il solito vicolo cieco platonico. La conoscenza, intesa come ricerca della verità, sta altrove.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

0xdeadbeef

#83
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 19:20:46 PM
Mi spiace Ox ma il segno è segno e il concetto è concetto. Il concetto (significato) viene prima del segno ed è univoco rispetto ai molteplici segni (significanti) che lo indicano.

Ciao Ipazia
Vuoi forse dire di conoscere l'oggetto "ab-soluto" (la cosa in sè)?
Mi risulta sia molto, molto difficile, dal momento che anche il concetto è un interpretato, cioè è un "fenomeno".
A parer mio è necessario tenere presente quanto sostiene Peirce: già il pensarlo è inserire l'oggetto pensato
all'interno di una certa catena segnica.
saluti
PS
Il rapporto fra significante e significato acquista semmai importanza solo a seguito della prima interpretazione, cioè
quando il primo interprete si è già rapportato all'"oggetto primo", o "cosa in sè" che dir si voglia.

paul11

#84
Citazione di: sgiombo il 10 Novembre 2018, 22:12:18 PM
Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2018, 19:31:34 PM
ciao Mauro(Oxdeadbeef) e ciao Sgiombo,
il problema quì posto è la verità: o è incontrovertibile o è opinione.
Non si tratta di dire se una filosofia è più degna di un'altra o un filosofo, o un uomo più degno di un altro filosofo o uomo.
Si tratta di capire quale siano le vie giuste e quelle errate.

E' un errore pensare che chi ha argomentato in filosofia, sapendo che la verità non può che essere incontrovertibile, si sia fermato
agli eterni, agli assoluti, agli enti, all'essere. Ha solo interpretato e interpreta, in maniera diversa, le modalità del conoscere.
Di come si dis-vela(aletheia) la storia, la natura; non solo un cercare, ci vengono incontro.
Forse che coloro che ritengono incontrovertibile la verità, non mangiavano, non vivevano e anche morivano?
Citazione
Ovviamente sì che lo facevano (e lo fanno)
Ma secondo me sbagliano e si illudono nella ricerca della verità se pretendono che le verità siano tutte necessariamente (pena il non essere "verità") incontrovertibili: a rigore lo sono solo quelle matematiche, e logiche, i giudizi analitici a priori, che non dicono nulla su come é o meno la realtà, ma solo qualcosa sulle conseguenze che si possono e/o si devono trarre da delle premesse (sulle quali é sempre lecito il dubbio, a meno che si tratti di mere definizioni arbitrarie, puri e semplici giochi di parole).




Secondo voi, faccio un esempio pratico, i filosofi che credevano la verità incontrovertible sarebbero filo capitalisti?
Benedirebbero questo tempo umano?
Un esempio, la creamatistica nel trattato della politica e nell'etica nicomachea è un termine economico in cui Aristotele dice chiaramente che è giusta e felice per l'economia famigliare, ma non deve creare accumulazione.Credeva nel valore d'uso, e non di scambio, e secoli e secoli, molto prima degli economisti.
Citazione
Francamente non vedo il nesso fra essere sostenitori di verità metafisiche incontrovertibili (o meno) ed essere filocapitalistici (o meno): l' esperienza ci insegna (con tutti gli inevitabili limiti di "controvertibilità" che sono propri dei giudizi sintetici a posteriori) che sono esistiti ed esistono atei reazionarissimi e  fascistissimi e atei democraticissimi e comunistissimi, preti reazionarissimi e fascistissimi e preti democraticissimi e comunistissimi.




Questo per dire che si interpreta il mondo, la propria esistenza, la nostra società, in modo diverso, a cominciare dai predicati del conoscere, del'esistere.
CitazioneScusa, ma se questo non significa che molte importanti verità sono controvetritbilissime non capisco più che cosa intenda per "controvertibilità.

Perchè poi tutti gli enti devono avere un essenza comune, un unico significato.
Citazione
Un significato ce l' hanno i concetti (definiti arbitrariamente, dotati sempre per definizione di una connotazione o intensione "cogitataiva" ed eventualmente anche di una denotazione o estensione reale; ed eventualmente indicati, "simboleggiati" da parole).
Enti ed eventi diversi dai concetti del pensiero ed eventualmente del linguaggio non hanno alcun significato ("essenza" non capisco che cosa possa significare): semplicemente sono ed accadono.

La filosofia del linguaggio, va bene, la scienza moderna va bene, è giusto anche cercare il vero e il falso, su piani, ordini, domini diversi. Ma alla fine tutto deve ricondursi ad una estrema sintesi affinchè gli infiniti ragionamenti, quanti sono gli enti ,siano coerenti, rispecchino appunto una filosofia. che permea una cultura, o avrete tante culture e  tanti uomini che riterranno "la verità a misura d'uomo", con tanti umani e tante verità. e allora non ci sarà più nè cultura, nè filosofia.
Citazione
Ma perché mai?
Io vedo intorno a me parecchie culture e parecchie filosofie reciprocamente diverse, talune più razionalistiche (per me migliori) talaltre più irrazionalistiche (per me peggiori), talune più coerenti, talaltre meno, talune più vicine al "senso comune o alle apparenze più immediate, talaltre più sofisticate, talune più conservatrici o magari reazionarie, talatre più progressive o magari rivoluzionarie, ecc., ecc. ecc.
il problema è la verità in questa discussione.
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura  contemporanea.

citazione Sgiombo
Io vedo intorno a me parecchie culture e parecchie filosofie reciprocamente diverse, talune più razionalistiche (per me migliori) talaltre più irrazionalistiche (per me peggiori), talune più coerenti, talaltre meno, talune più vicine al "senso comune o alle apparenze più immediate, talaltre più sofisticate, talune più conservatrici o magari reazionarie, talatre più progressive o magari rivoluzionarie, ecc., ecc. ecc.

Infatti: questo è relativismo.

Ipazia

#85
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 22:45:15 PM

A parer mio è necessario tenere presente quanto sostiene Peirce: già il pensarlo è inserire l'oggetto pensato all'interno di una certa catena segnica.

Secondo me Peirce si limita ad affermare, ma da qui a dimostrare il passo è lungo. Io posso "segnare" un leone in molteplici modi: fonetici, grafici, rappresentativi, artistici. Ma l'esperienza di fronte ad un leone in carne ed ossa è tutt'altra cosa e accade "a priori" di qualsiasi speculazione semiologica. Ancor più se non so cosa sia un leone e me lo trovo davanti.

Chissà nel mondo delle idee semiologiche feline qual'è la differenza di segno tra topi e cani ?  ;D

O, in quello umano, il "segno concettuale" di giustizia ?
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 22:43:11 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Novembre 2018, 21:49:13 PM
Ma ho qualche dubbio che fosse questo che intendevi dire.
Infatti non era questo. Ma ripristinare il giusto rapporto tra significante e significato, tra segno e concetto. Ripristinato il quale le pretese conoscitive e asseverative del linguaggio mostrano tutti i loro limiti. Spostare la verità dal mondo delle idee al mondo dei segni è il solito vicolo cieco platonico. La conoscenza, intesa come ricerca della verità, sta altrove.
 


Fin qui concordo, aggiungendo per parte mia:

e non esclusivamente nella ricerca scientifica.

Non so (francamente non lo so: non é retorica, e mi piacerebbe saperlo) se e fino a che punto sia d' accordo anche tu.

Ipazia

Certo, anche negli oggetti immateriali propri della ricerca filosofica. Magari sbaglierò, ma per me il concetto viene prima di ciò che lo segna e in ciò concordo coi padri nobili della fenomenologia.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

sgiombo

Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 22:45:15 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 19:20:46 PM
Mi spiace Ox ma il segno è segno e il concetto è concetto. Il concetto (significato) viene prima del segno ed è univoco rispetto ai molteplici segni (significanti) che lo indicano.

Ciao Ipazia
Vuoi forse dire di conoscere l'oggetto "ab-soluto" (la cosa in sè)?
Mi risulta sia molto, molto difficile, dal momento che anche il concetto è un interpretato, cioè è un "fenomeno".
A parer mio è necessario tenere presente quanto sostiene Peirce: già il pensarlo è inserire l'oggetto pensato
all'interno di una certa catena segnica.


Citazione
Però noi constatiamo (e possiamo pensare) fenomeni nel senso di "contenuti di coscienza" e non cose in sé reali indipendentemente dalle nostre esperienze coscienti.

E pensare (linguisticamente o meno) la realtà (per conoscerla; prescindendo dal pensare in maniera deliberatamente "immaginativa", per esempio nella letteratura e nella poesia) non é far diventare l' oggetto (fenomenico nel senso -peraltro kantiano- di "apparente alla coscienza") interno al pensiero (o al linguaggio nel caso d pensiero linguistico: non é "letteralmente "inserire" l' oggetto nel pensiero e/o nel linguaggio), ma "intendere", alludere a, "intenzionare", mediante i concetti, qualcosa di diverso dai e letteralmente esterno ai concetti stessi: la loro denotazione o estensione reale (di fatto inevitabilmente fenomenica nel senso di "apparente", di presentare un "esse" che é meramente un "percipi").

Notazione "di colore": 
Discussioni come queste nelle quali personalmente concordo per certi versi con Ipazia per altri con Ox, mi sembrano le più interessanti e proficue: lasciatemi esprimere la mia soddisfazione!



sgiombo

Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 00:03:36 AM

il problema è la verità in questa discussione.
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura  contemporanea.
CitazioneBisogna intendersi sui termini usati.

La verità é incontrovertibile astrattamente, nel senso che una proposizione non può essere vera e contemporaneamente falsa (il falso "controventirebbe" il vero) e viceversa per definizione.

Ma ciò non toglie che su molte questioni di fatto non si raggiunge e su molte altre non si può raggiungere il linea di principio alcuna conoscenza sulla cui "incontrovertibilità" si possa mettere la mano sul fuoco.




citazione Sgiombo
Io vedo intorno a me parecchie culture e parecchie filosofie reciprocamente diverse, talune più razionalistiche (per me migliori) talaltre più irrazionalistiche (per me peggiori), talune più coerenti, talaltre meno, talune più vicine al "senso comune o alle apparenze più immediate, talaltre più sofisticate, talune più conservatrici o magari reazionarie, talatre più progressive o magari rivoluzionarie, ecc., ecc. ecc.

Infatti: questo è relativismo.
Citazione
NO!

Sarebbe relativismo affermare che tutte queste filosofie "per me pari sono".

Invece é realismo (e tolleranza) ammettere che ciò che di esse si ritiene vero non é l' unica e sola possibilità di risolvere i problemi trattati, obbligatoria o comunque oggettivamente inevitabile per tutti (ammettendo che esistono anche risposte che si ritengono sbagliate e false ma non per questo necessariamente -come per esempio é di fatto il caso di quelle Nietzchiane, per quanto mi riguarda) non interessanti, degne di considerazione, "istruttive").

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