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Cos'è il piacere?

Aperto da Carlo Pierini, 29 Giugno 2018, 12:30:42 PM

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Carlo Pierini

Per capire meglio quel mistero che chiamiamo "essere umano" dal punto di vista di quell'altro mistero che chiamiamo "piacere", o "felicità", credo che non dobbiamo partire dalla domanda diretta: "cos'è il piacere?", perché ad essa non possiamo che rispondere: "il piacere è la soddisfazione di un desiderio". Dovremmo, piuttosto, cominciare col chiederci: perché certi desideri SANI e propriamente umani - come, per esempio, il desiderio di una vita economicamente agiata, il desiderio sessuale, il desiderio di successo, il desiderio di potere (finalizzato al bene collettivo), ecc. - si trovano spesso in conflitto frontale con un ALTRO ordine di desideri (o di aspirazioni), anch'essi sani e anch'essi propriamente umani, - come, per esempio, il desiderio di realizzare ideali di onestà e di solidarietà, il desiderio di fedeltà-appartenenza amorosa, il desiderio di contemplazione e di comprensione di noi stessi e del mondo, il desiderio di contribuire alla felicità del prossimo, il desiderio di trascendenza, ecc.-?

Ecco se ci poniamo questa domanda, cominciamo già a capire che il famoso "principio del piacere", che Freud e il materialismo in generale pongono a fondamento dell'agire umano, si fa fumoso e ambiguo e che la felicità dell'uomo non dipende tanto da una passiva obbedienza a realizzare dei (fantomatici) desideri già dati univocamente, quanto da una attiva e spiritualmente impegnativa impresa di *armonizzazione-mediazione-trasformazione* di desideri la cui natura è opposta per principio. E in questa impresa, solo la speranza che si tratti di una opposizione *solo apparentemente* contraddittoria, e che invece sia nella sua essenza *complementare*, può sostenerci quando le difficoltà ci appariranno tali da consigliarci di lasciar perdere tutto e di "prendere la vita così come viene", sia pure nella sua trivialità. Perché se i desideri che ci animano fossero in sé irriducibilmente conflittuali e contraddittori, non avemmo alcuna speranza di poter essere un giorno, nello stesso tempo, ONESTI e FELICI.

E' essenzialmente intorno a questo dilemma che gravita la psicologia di C.G. Jung:

"Il principio spirituale (qualunque cosa esso sia) si impone con forza inaudita contro il principio puramente naturale. Si può dire anzi che anch'esso è "naturale" e che entrambi i principi scaturiscono da una medesima natura. [...] Questa "cosa naturale" consiste in un conflitto tra due principi ai quali si può dare questo o quel nome, e che questo contrasto è l'espressione e forse anche il fondamento di quella tensione che definiamo come energia psichica . [...] Senza tensione è impossibile che esista un'energia, come disse anche Eraclito: «Il conflitto è il padre di tutte le cose»".  [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.62]  

"Il conflitto tra ethos e sessualità, oggi non è una pura e semplice collisione tra pulsionalità e morale, ma una lotta per il diritto all'esistenza di una pulsione o per il riconoscimento di una forza che in questa pulsione si manifesta, forza che, a quanto pare, non ha voglia di scherzare e di conseguenza non vuole neppure rassegnarsi alle nostre leggi morali da benpensanti. [...]
Potremmo definire la sessualità il portavoce delle pulsioni, ed è per questo che il punto di vista spirituale scorge in essa il suo avversario principale. Ma non perché la dissolutezza sessuale sia in sé e per sé più immorale dell'avidità, della tirannia o della prodigalità, ma perché lo spirito fiuta nella sessualità un suo pari, anzi, un che di affine. [...] Che cosa sarebbe mai dopotutto lo spirito, se non gli si opponessero pulsioni a lui pari?". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.66/67]

"L'Io conserva la sua autonomia soltanto se NON si identifica con uno dei termini opposti, se sa mantenere una posizione equidistante tra gli estremi. Questo è però possibile soltanto se l'Io è cosciente non di uno solo dei termini, ma anche dell'altro". [JUNG: La dinamica dell'Inconscio - pg.236]

"Gli istinti biologici urtano non solo contro barriere esterne, ma anche contro barriere interne. Lo stesso sistema psichico, che da una parte si basa sulla concupiscenza degli istinti, poggia dall'altra su una volontà diretta in senso opposto, che è forte almeno quanto l'istinto biologico.
La volontà di rimuovere o di reprimere gli istinti naturali, o per essere più esatti di aver ragione del loro predominio e della loro mancanza di coordinazione, proviene da una fonte spiritualei". [JUNG: Simboli della trasformazione - pg.159]

"Il fatto che gli opposti, nei simbolismi religiosi, appaiano  come dèi deriva dal semplice riconoscimento della loro grande potenza; la filosofia cinese ne dedusse che erano principi cosmici e li chiamò yang e yin. Quanto più vogliamo separare gli opposti, tanto maggiore diventa la loro potenza. «Se un albero cresce fino al cielo, le sue radici affondano nell'inferno», diceva Nietzsche. Eppure si tratta, sopra e sotto, dello stesso albero. È caratteristico della nostra mentalità occidentale il fatto che noi scindiamo i due aspetti in personificazioni antagonistiche, come Dio e il diavolo, ed è altrettanto caratteristico del gaio ottimismo dei protestanti avere messo delicatamente a tacere il diavolo (omne bonum a Deo, omne malum ab homine) ". [JUNG: Psicologia e religione - pg.510]

"Il termine sanscrito per "coppia di opposti" in senso psicologico è dvandva. Esso significa anche coppia (uomo-donna), conflitto, litigio, duello, dubbio. Le coppie degli opposti sono state generate dal creatore del mondo. [...] «Il mondo ha sempre da soffrire a causa delle coppie di opposti», dice il Ramayana (II, 84, 20). È quindi un dovere etico di essenziale importanza non lasciarsi influenzare dagli opposti (nirvandva = libero dagli opposti), ma elevarsi al di sopra di essi, giacché la liberazione dagli opposti conduce alla redenzione.
Dal libro di Manu: «Chi si è affrancato progressivamente da tutti i legami e da tutte le coppie di opposti riposa in Brahman» (Manava-Dhar-masastra VI, 80 sg.)".    [JUNG: Tipi psicologici - pg.212]

"Il problema dei contrari inteso come principio inerente alla natura umana rappresenta un altro passo avanti nel nostro graduale processo conoscitivo. Questo problema è un problema dell'età matura, sia sul piano individuale che storico-collettivo".  [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.107]

"Una teoria psicologica che voglia essere più di un semplice sussidio tecnico deve fondarsi sul principio dei contrari; senza tale principio potrebbe ricostruire soltanto una psiche nevroticamente squilibrata. Non esiste equilibrio e non esiste sistema autoregolantesi senza un termine di opposizione. E la psiche è un sistema dotato di autoregolazione".  [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.110]

sgiombo

Il problema é che abbiamo molteplici aspirazioni e desideri, e spessissimo non possiamo realizzarli tutti (molti sono di fatto reciprocamente incompatibili).

Per questo la felicità completa, integrale, assoluta non é possibile e possiamo solo aspirare a una felicità parziale, relativa.
A questo scopo sono necessarie una conoscenza che sia la migliore possibile dell' ambiente naturale e sociale in cui ci troviamo ad agire onde stabilire quali insiemi di scopi sono congiuntamente realizzabili in alternativa a quali altri insiemi di scopi e con quali mezzi (e a quali prezzi, cioè rinunciando a quali altri scopi con essi incompatibili).
E a questo scopo la guida migliore sono l' analisi razionale e la ricerca scientifica.
E inoltre un' attenta valutazione dell' importanza o dell' intensità (non quantificabile!) con la quale avvertiamo i diversi desideri e aspirazioni, onde metaforicamente "ponderare" quali insiemi di soddisfazioni di aspirazioni reciprocamente compatibili ci darebbero la soddisfazione complessiva maggiore fra tutti i reciprocamente incompatibili insiemi complessivi di soddisfazioni di aspirazioni( reciprocamente compatibili nell' ambito di ciascun insieme incompatibile con gli altri insiemi).
"Metaforicamente "ponderare" e non prpriamente misurare quantitativamente, come sarebbe per esempio il "pesare" letteralmente, cosa infatti impossibile nell' ambito della res cogitans la quale ci prospetta i fini delle nostre azioni, e contrariamente al caso della res extensa, la conoscenza la migliore possibile (auspicabilmente scientifica) della quale ci può fornire i mezzi per conseguire quelli fra di essi che sono realisticamente ottenibili nelle circostanze in cui ci veniamo a trovare e ad agire.
La cosa più difficile nella ricerca della felicità é proprio la non misurabilità quantitativa letterale, sotto forma di rapporti matematici esprimibili da numeri, dell' intensità delle diverse aspirazioni spesso non reciprocamente compatibili e dunque fra le quali scegliere quali ricercare e a quali altre rinunciare onde conseguire le prime in alternativa alle seconde così da essere il più possibile felici.
Anche perché la vicinanza spaziotemporale di possibili soddisfazioni, il fatto di "constatarle come realtà presente o per lo meno imminente, in atto o quasi" tende a farcele avvertire falsamente come più intense, mentre altre soddisfazioni incompatibili con le presenti o imminenti ma più lontane nel tempo, per il fatto che si possono soltanto "immaginare come mere potenzialità future" tendono a sembrarci falsamente meno intense (in una sorta di "illusione mentale" analoga all' illusione ottica o prospettica che ci fa sembrare più grande di quanto non sia un oggetto materiale -res extensa- allorché ci é vicino e più piccolo quando é più lontano da noi).

Carlo Pierini

Citazione di: sgiombo il 29 Giugno 2018, 22:11:10 PM
Il problema é che abbiamo molteplici aspirazioni e desideri, e spessissimo non possiamo realizzarli tutti (molti sono di fatto reciprocamente incompatibili).

Per questo la felicità completa, integrale, assoluta non é possibile e possiamo solo aspirare a una felicità parziale, relativa.
A questo scopo sono necessarie una conoscenza che sia la migliore possibile dell' ambiente naturale e sociale in cui ci troviamo ad agire onde stabilire quali insiemi di scopi sono congiuntamente realizzabili in alternativa a quali altri insiemi di scopi e con quali mezzi (e a quali prezzi, cioè rinunciando a quali altri scopi con essi incompatibili).
E a questo scopo la guida migliore sono l' analisi razionale e la ricerca scientifica.
E inoltre un' attenta valutazione dell' importanza o dell' intensità (non quantificabile!) con la quale avvertiamo i diversi desideri e aspirazioni, onde metaforicamente "ponderare" quali insiemi di soddisfazioni di aspirazioni reciprocamente compatibili ci darebbero la soddisfazione complessiva maggiore fra tutti i reciprocamente incompatibili insiemi complessivi di soddisfazioni di aspirazioni( reciprocamente compatibili nell' ambito di ciascun insieme incompatibile con gli altri insiemi).
"Metaforicamente "ponderare" e non prpriamente misurare quantitativamente, come sarebbe per esempio il "pesare" letteralmente, cosa infatti impossibile nell' ambito della res cogitans la quale ci prospetta i fini delle nostre azioni, e contrariamente al caso della res extensa, la conoscenza la migliore possibile (auspicabilmente scientifica) della quale ci può fornire i mezzi per conseguire quelli fra di essi che sono realisticamente ottenibili nelle circostanze in cui ci veniamo a trovare e ad agire.
La cosa più difficile nella ricerca della felicità é proprio la non misurabilità quantitativa letterale, sotto forma di rapporti matematici esprimibili da numeri, dell' intensità delle diverse aspirazioni spesso non reciprocamente compatibili e dunque fra le quali scegliere quali ricercare e a quali altre rinunciare onde conseguire le prime in alternativa alle seconde così da essere il più possibile felici.
Anche perché la vicinanza spaziotemporale di possibili soddisfazioni, il fatto di "constatarle come realtà presente o per lo meno imminente, in atto o quasi" tende a farcele avvertire falsamente come più intense, mentre altre soddisfazioni incompatibili con le presenti o imminenti ma più lontane nel tempo, per il fatto che si possono soltanto "immaginare come mere potenzialità future" tendono a sembrarci falsamente meno intense (in una sorta di "illusione mentale" analoga all' illusione ottica o prospettica che ci fa sembrare più grande di quanto non sia un oggetto materiale -res extensa- allorché ci é vicino e più piccolo quando é più lontano da noi).

...Ovvero: quando il non dir niente (o quasi) diventa letteratura (o quasi)!

sgiombo

Citazione di: Carlo Pierini il 29 Giugno 2018, 23:43:40 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Giugno 2018, 22:11:10 PM
Il problema é che abbiamo molteplici aspirazioni e desideri, e spessissimo non possiamo realizzarli tutti (molti sono di fatto reciprocamente incompatibili).

Per questo la felicità completa, integrale, assoluta non é possibile e possiamo solo aspirare a una felicità parziale, relativa.
A questo scopo sono necessarie una conoscenza che sia la migliore possibile dell' ambiente naturale e sociale in cui ci troviamo ad agire onde stabilire quali insiemi di scopi sono congiuntamente realizzabili in alternativa a quali altri insiemi di scopi e con quali mezzi (e a quali prezzi, cioè rinunciando a quali altri scopi con essi incompatibili).
E a questo scopo la guida migliore sono l' analisi razionale e la ricerca scientifica.
E inoltre un' attenta valutazione dell' importanza o dell' intensità (non quantificabile!) con la quale avvertiamo i diversi desideri e aspirazioni, onde metaforicamente "ponderare" quali insiemi di soddisfazioni di aspirazioni reciprocamente compatibili ci darebbero la soddisfazione complessiva maggiore fra tutti i reciprocamente incompatibili insiemi complessivi di soddisfazioni di aspirazioni( reciprocamente compatibili nell' ambito di ciascun insieme incompatibile con gli altri insiemi).
"Metaforicamente "ponderare" e non prpriamente misurare quantitativamente, come sarebbe per esempio il "pesare" letteralmente, cosa infatti impossibile nell' ambito della res cogitans la quale ci prospetta i fini delle nostre azioni, e contrariamente al caso della res extensa, la conoscenza la migliore possibile (auspicabilmente scientifica) della quale ci può fornire i mezzi per conseguire quelli fra di essi che sono realisticamente ottenibili nelle circostanze in cui ci veniamo a trovare e ad agire.
La cosa più difficile nella ricerca della felicità é proprio la non misurabilità quantitativa letterale, sotto forma di rapporti matematici esprimibili da numeri, dell' intensità delle diverse aspirazioni spesso non reciprocamente compatibili e dunque fra le quali scegliere quali ricercare e a quali altre rinunciare onde conseguire le prime in alternativa alle seconde così da essere il più possibile felici.
Anche perché la vicinanza spaziotemporale di possibili soddisfazioni, il fatto di "constatarle come realtà presente o per lo meno imminente, in atto o quasi" tende a farcele avvertire falsamente come più intense, mentre altre soddisfazioni incompatibili con le presenti o imminenti ma più lontane nel tempo, per il fatto che si possono soltanto "immaginare come mere potenzialità future" tendono a sembrarci falsamente meno intense (in una sorta di "illusione mentale" analoga all' illusione ottica o prospettica che ci fa sembrare più grande di quanto non sia un oggetto materiale -res extensa- allorché ci é vicino e più piccolo quando é più lontano da noi).

...Ovvero: quando il non dir niente (o quasi) diventa letteratura (o quasi)!

CitazioneNon commento ciò che si commenta già abbondantemente da sé: non saprei come mostrarne l' inconsistenza in maniera più evidente che lasciandolo sotto gli occhi di tutti tale e quale, nella sua originale "nudità".

baylham


Il piacere va distinto dalla felicità: sono entrambi variazioni di stato transitorie, hanno origini e caratteristiche diverse. Il piacere è più una sensazioni fisica, la felicità più spirituale (adotto due termini comuni che non descrivono bene le dinamiche). Con il carattere di transitorio escludo ogni possibilità di una felicità o piacere stabili, permanenti.

Il piacere o la felicità non sono la la soddisfazione di un desiderio. Soddisfare un desiderio può appunto dare soddisfazione, non è detto che dia piacere o felicità, spesso produce delusione. Il piacere e la felicità più intensi sono involontari, inattesi.

Il conflitto e la mediazione tra la fisicità e la spiritualità non produce affatto piacere o felicità. La mediazione dell'io mi appare una economia del piacere, all'interno di schemi, modalità già sperimentate, quotidiane. La felicità, l'estasi, si ha quando il fisico coincide con lo spirituale, non dalla loro opposizione ovviamente.

Carlo Pierini

Citazione di: baylham il 01 Luglio 2018, 09:23:50 AM
Il conflitto e la mediazione tra la fisicità e la spiritualità non produce affatto piacere o felicità. La mediazione dell'io mi appare una economia del piacere, all'interno di schemi, modalità già sperimentate, quotidiane. La felicità, l'estasi, si ha quando il fisico coincide con lo spirituale, non dalla loro opposizione ovviamente.

Infatti, per "mediazione" intendevo il passaggio (molto impegnativo) dal conflitto tra pulsioni opposte alla loro armonizzazione complementare. Per esempio, scrive Jung:

"L'erotismo è per sua natura ambiguo e lo sarà sempre. [...] Esso appartiene da un lato all'originaria natura animale dell'uomo, la quale sopravvivrà fin quando l'uomo avrà un corpo animale; dall'altro lato l'erotismo è apparentato con le forme più alte dello spirito: ma fiorisce soltanto quando spirito e istinto trovano il giusto accordo. Se l'uno o l'altro aspetto manca ne deriva uno squilibrio o una unilateralità che degenera facilmente nel morboso. Un eccesso di animalità svisa l'uomo civilizzato, troppa civiltà crea animali ammalati".    [JUNG: Psicologia dell'inconscio - pg.67]

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