contro il riduzionismo neurologico

Aperto da davintro, 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM

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Sariputra

#30
@Sgiombo scrive:
Non credo invece che si provabile "(Parnia 2007) che la coscienza e la mente, in condizione di sospensione della circolazione cerebrale che si determina durante l'arresto cardiaco, continuano a funzionare, mentre si riscontra che l'attività elettrica del cervello è cessata".
Come già rilevato da AngeloCannata, questa presunta continuità cosciente oltre l' inattività cerebrale non può che essere riferita a posteriori come ricordo da chi ritiene di averla avvertita; ma in quanto tale non é qualcosa di oggettivamente provato (ci si può erroneamente illudere di ricordare qualcosa di mai accaduto; fra l' altro non vedo come possa essere cronologicamente misurata in minuti o secondi): costoro dovrebbero riferire le loro persistenti sensazioni coscienti durante la (oltre l' inizio della) inattività del loro cervello, pretesa evidentemente autocontraddittoria: nessuno parla se il suo cervello non funziona.

Questo passo l'ho citato solamente, perché si trova all'interno di uno scritto che mi sembrava interessante in "Treccani.it" di Luigi Scoppola che mi par di capire sia un clinico ospedaliero.
Se interessa leggere l'intero articolo metto il link:

www.treccani.it/.../il-rapporto-tra-mente-e-cervello_%28XXI-Secolo%29/

Se non vi funziona il link , digitate "Luigi Scoppola Il rapporto tra mente e cervello". E' la prima voce ( almeno con il mio browser di navigazione... :))
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

paul11

Citazione di: green demetr il 04 Novembre 2017, 14:03:20 PM
Citazione di: paul11 il 26 Ottobre 2017, 19:00:48 PM
Davintro,
sono d'accordo su tutta la parte di premessa, ho delle perplessità che la fenomenologia di Husserl a cui fai riferimento sia la strada "giusta". C'è un problema ontologico nel suo epochè o giudizio in sospensione.
Husserl è stato importante storicamente nel togliere lo steccato fra oggetto e soggetto, aprendo a due strade,
una filosofica che è l'esistenzialismo ,ma non in "senso stretto" e l'altro alla scienza naturale, perché dopo di lui
diverse branche di scienze hanno accettato questo nuovo approccio scientifico ,dalla psicologia alla corrente costruttivista.

Alla scienza chiederei semplicemente: ci sono 4 forze o interazioni fondamentali, elettromagnetismo, gravità ,
interazione nucleare debole, interazione nucleare forte.
Il pensiero a quale delle 4 forze risulterebbe? Le imaging utilizzano l'elettromagnetismo, un computer lavora sull'energia elettromagnetica ,il nostro corpo percepisce sensitivamente l'elettromagnetismo dai sensi.
Allora perché non appaiono i nostri pensieri? Siamo sicuri che è dominio fisico, quale energia porta al pensiero e quale energia costituisce il pensiero?

Non ho ben capito.

Comunque si parla di epifenomeno, qualcosa di fenomenico oltre il fenomenico.

Il punto è se vi sia una coincidenza o meno, tra mondi fenomenici.

Esattamente come per le forze da te elencate avviene.

Ossia la coincidenza è proprio la presunzione che queste forze esistano.

Cioè siano calcolabili rispetto al mondo fenomenico percepito.

Voglio dire vedo il sasso cadere, vedo una noce cadere, ipotizzo sia calcolabile esista epifenomenicamente qualcosa come la forza di gravità etc....

Hai ragione a far notare come esista comunque una fenomenologia dlle scienze naturali, come il pittorialismo, neologismo da me inventato (prima o poi devo fare il 3d in cui espongo tutte le correnti contemporanee...è che le odio tutte!)

Per me invece è meglio ragionare in termini di computazione. (vedi la mia risposta a Davintro, tu cosa ne pensi?)


Il pensiero esiste o non esiste? Lo scienziato riduzionista non lo vede, vede solo attività cerebrali nelle imaging.
Se io penso solamente, è solo una configurazione del mio cervello, ma se io lo scrivo diventa tangibile e verificabile.
Come dire che a posteriori, come al solito, la scienza ci crede.Il dimostrabile è sempre riconducibile ai cinque sensi della percezione.ma allora lo scienziato riduzionista quando pensa cosa pensa del suo pensiero e di sé: non è forse una contraddizione in termini?

Come l'anima convive con il corpo, la mente convive con il cervello.

InVerno

Non avendo una posizione "forte" sulla questione ma avendo seguito il topic con interesse mi limito ad annotare alcune mie ipotesi e sensazioni, se qualcuno vorrà criticarle.
Penso innanzitutto che ll riduzionismo neurologico sia intrinsecamente impossibilitato ad una tesi definitiva e coerente per il semplice fatto che una scienza che studi il soggetto anzichè l'oggetto non arriverà mai a compimento, penso che sia necessario oggettivizzare la coscienza studiandola altrove che nell'uomo, penso perciò che se una risposta più chiara sulla filosofia della mente sarà mai disponibilie essa non arriverà dalla neurologia ma altrove, per esempio dalle nostre capacità di creare un intelligenza artificiale credibile. Dico credibile perchè non penso sarà mai possibile replicare quella umana nelle sue limitazioni biologiche finchè l'intelligenza artificiale sarà sviluppata in un contesto inorganico, e perciò l'unica cosa che ci rimarrà possibile sarà "credere" che essa sia coscienza nonostante non assomigli per niente alla nostra e ci possa risultare controintuitivo. Se in futuro saremo capaci di credere ad una coscienza artificiale, fondamentalmente penso dovremmo ammettere che anche la nostra non sia poi cosi diversa, e perciò accettare la tesi di una sovrapposizione di complessità logiche. Recentemente una trovata pubblicitaria degli arabi dice che ad un "robot è stata data cittandinza", una boutade in cerca di avanspettacolo, ma in futuro un tema importante. Se arriveremo a credere che le IA possano avere diritti perchè il contatto con essa ci trasmette sensazioni, diritti tali e quali ai nostri se non più ampi (in virtù di una non precisata fiducia nella tecnica) saremo costretti ad ammettere che la coscienza umana non è poi cosi diversa, come abbiamo fatto con altri esseri viventi. Non credo per niente sia una questione politica come la parola "diritti"  potrebbe suggerire, tutt'altro, ma una questione "di pelle" alla quale potrebbe essere penoso e vano tentare di sfuggire, perchè prima che alla forma crediamo alle nostre sensazioni quali l'empatia. Penso altresi che il contributo dato da filosofi come David Chalmers non vada sottovalutato, alidila che si concordi o meno con la tesi dello stesso, sembra innegabile la necessità di un cambio drastico e direi drammatico nei fondamentali attraverso i quali cerchiamo di interpretare la questione, l'idea che la coscienza sia un fondamentale anzichè un epifenomeno, un unità di misura anzichè una misurata, dovrebbe essere seriamente presa in considerazione, per un principio filosofico molto semplice, ovvero che prima che chiedersi delle risposte sia d'obbligo verificare la correttezza formale e non delle domande.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

green demetr

Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2017, 01:30:24 AM
Citazione di: green demetr il 04 Novembre 2017, 14:03:20 PM
Citazione di: paul11 il 26 Ottobre 2017, 19:00:48 PM
Davintro,
sono d'accordo su tutta la parte di premessa, ho delle perplessità che la fenomenologia di Husserl a cui fai riferimento sia la strada "giusta". C'è un problema ontologico nel suo epochè o giudizio in sospensione.
Husserl è stato importante storicamente nel togliere lo steccato fra oggetto e soggetto, aprendo a due strade,
una filosofica che è l'esistenzialismo ,ma non in "senso stretto" e l'altro alla scienza naturale, perché dopo di lui
diverse branche di scienze hanno accettato questo nuovo approccio scientifico ,dalla psicologia alla corrente costruttivista.

Alla scienza chiederei semplicemente: ci sono 4 forze o interazioni fondamentali, elettromagnetismo, gravità ,
interazione nucleare debole, interazione nucleare forte.
Il pensiero a quale delle 4 forze risulterebbe? Le imaging utilizzano l'elettromagnetismo, un computer lavora sull'energia elettromagnetica ,il nostro corpo percepisce sensitivamente l'elettromagnetismo dai sensi.
Allora perché non appaiono i nostri pensieri? Siamo sicuri che è dominio fisico, quale energia porta al pensiero e quale energia costituisce il pensiero?

Non ho ben capito.

Comunque si parla di epifenomeno, qualcosa di fenomenico oltre il fenomenico.

Il punto è se vi sia una coincidenza o meno, tra mondi fenomenici.

Esattamente come per le forze da te elencate avviene.

Ossia la coincidenza è proprio la presunzione che queste forze esistano.

Cioè siano calcolabili rispetto al mondo fenomenico percepito.

Voglio dire vedo il sasso cadere, vedo una noce cadere, ipotizzo sia calcolabile esista epifenomenicamente qualcosa come la forza di gravità etc....

Hai ragione a far notare come esista comunque una fenomenologia dlle scienze naturali, come il pittorialismo, neologismo da me inventato (prima o poi devo fare il 3d in cui espongo tutte le correnti contemporanee...è che le odio tutte!)

Per me invece è meglio ragionare in termini di computazione. (vedi la mia risposta a Davintro, tu cosa ne pensi?)


Il pensiero esiste o non esiste? Lo scienziato riduzionista non lo vede, vede solo attività cerebrali nelle imaging.
Se io penso solamente, è solo una configurazione del mio cervello, ma se io lo scrivo diventa tangibile e verificabile.
Come dire che a posteriori, come al solito, la scienza ci crede.Il dimostrabile è sempre riconducibile ai cinque sensi della percezione.ma allora lo scienziato riduzionista quando pensa cosa pensa del suo pensiero e di sé: non è forse una contraddizione in termini?

Come l'anima convive con il corpo, la mente convive con il cervello.

Dobbiamo ragionare meglio sulla questione dell'anima.


Ovviamente io non sono un riduzionista per il semplice fatto che per me il Pensiero è tale in quanto a stretto contatto con il trascendente. E ne è informato.
Dunque non esisterà mai un computer all'"autostoppista galattico".
In quanto vi saranno sempre nuovi simboli e segni che allargheranno le possibilità computazionali.

Ma non posso dimostrarlo, può benissimo essere che invece sia il cervello ad essere il computer. E perciò tutte le informazioni sono in lui.

Dico solo, che anche se fosse così, il livelli computazionali per definire cosa sia il cervello sarebbero così complicati che lo stesso cervello li escluderebbe come innessenziali per mantenere la sua esistenza.

E dunque il deliro riduzionista si trasferirà. si sta già trasferendo, perchè le mode intellettuali cambiano al ritmo vertiginoso di quelle sociali, a quello cibernetico.

Ma lè rientrerebbe il discorso dell'autostoppista galattico cito: "il senso dell'esistenza è 42."

Ok, ma cosa diavolo significa?????

Insomma facciano pure il loro lavoro computazionale e si illudano pure, io non c'ho tempo da perdere.

;)





Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: InVerno il 05 Novembre 2017, 20:23:31 PM
Non avendo una posizione "forte" sulla questione ma avendo seguito il topic con interesse mi limito ad annotare alcune mie ipotesi e sensazioni, se qualcuno vorrà criticarle.
Penso innanzitutto che ll riduzionismo neurologico sia intrinsecamente impossibilitato ad una tesi definitiva e coerente per il semplice fatto che una scienza che studi il soggetto anzichè l'oggetto non arriverà mai a compimento, penso che sia necessario oggettivizzare la coscienza studiandola altrove che nell'uomo, penso perciò che se una risposta più chiara sulla filosofia della mente sarà mai disponibilie essa non arriverà dalla neurologia ma altrove, per esempio dalle nostre capacità di creare un intelligenza artificiale credibile. Dico credibile perchè non penso sarà mai possibile replicare quella umana nelle sue limitazioni biologiche finchè l'intelligenza artificiale sarà sviluppata in un contesto inorganico, e perciò l'unica cosa che ci rimarrà possibile sarà "credere" che essa sia coscienza nonostante non assomigli per niente alla nostra e ci possa risultare controintuitivo. Se in futuro saremo capaci di credere ad una coscienza artificiale, fondamentalmente penso dovremmo ammettere che anche la nostra non sia poi cosi diversa, e perciò accettare la tesi di una sovrapposizione di complessità logiche. Recentemente una trovata pubblicitaria degli arabi dice che ad un "robot è stata data cittandinza", una boutade in cerca di avanspettacolo, ma in futuro un tema importante. Se arriveremo a credere che le IA possano avere diritti perchè il contatto con essa ci trasmette sensazioni, diritti tali e quali ai nostri se non più ampi (in virtù di una non precisata fiducia nella tecnica) saremo costretti ad ammettere che la coscienza umana non è poi cosi diversa, come abbiamo fatto con altri esseri viventi. Non credo per niente sia una questione politica come la parola "diritti"  potrebbe suggerire, tutt'altro, ma una questione "di pelle" alla quale potrebbe essere penoso e vano tentare di sfuggire, perchè prima che alla forma crediamo alle nostre sensazioni quali l'empatia. Penso altresi che il contributo dato da filosofi come David Chalmers non vada sottovalutato, alidila che si concordi o meno con la tesi dello stesso, sembra innegabile la necessità di un cambio drastico e direi drammatico nei fondamentali attraverso i quali cerchiamo di interpretare la questione, l'idea che la coscienza sia un fondamentale anzichè un epifenomeno, un unità di misura anzichè una misurata, dovrebbe essere seriamente presa in considerazione, per un principio filosofico molto semplice, ovvero che prima che chiedersi delle risposte sia d'obbligo verificare la correttezza formale e non delle domande.

No è epifenomeno ANCHE a livello computazionale.

Non esiste una misura base. Infatti un conto è calcolare a 10 cifre un conto è calcolare a 32 cifre.

Si ritiene che sebbene a livello atomico questo avvenga, non avvenga a livello nanturale per così dire.
Pensiamo solo alla memoria selettiva.

Ovviamente la macchina lo può e lo potrà fare, ma nessuno capirà quello che sta dicendo.


Sul fatto della cittadinanza ai robot, io non sono in disaccordo. (cioè è ok)

Basta pensarle per quello che sono, ossia unità computazionali, al servizio della cittadinanza, e perciò parte della cittadinanza.

E' indubbio che l'essere umano sia robotico, ossia prevedibile a livello di comportamento.
Infatti i grandi poteri lo sanno. Pensiamo solo allo slogan.

Se il problema sarà quello che la gente comincerà a farsoi dubbi sul proprio modo di vivere.
Beh sarà solo una cosa buona, magari si svegliano.
In realtà pensiamo al cellulare, è già parte integrante di noi.

Però l'uomo Non è robotico a livello di pensiero. (in quanto esso è creativo)

La distopia orwelliana sarebbe quella delle società che non vogliono che l'essere umano pensi.

In qualche misura è vero, ma non penso lo sarà mai del tutto.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

baylham

Il senso della mie precedenti osservazioni critiche non è affatto quello di contrapporre la scienza dinamica e progressista alla filosofia statica e retriva, ma un'obiezione all'impostazione data al tema.
Contesto che ci sia una scienza che si occupa della mente in termini riduttivi o che la scienza non sia in grado di spiegare la mente o che addirittura la scienza non si possa occupare della mente. La mia contestazione non è rivolta alla filosofia, ma a certe filosofie che sono in opposizione alla scienza, incapaci di adattarsi alle scoperte e nuove teorie della scienza (evoluzionismo, termodinamica, indeterminazione, relatività, quantistica, ...). Certamente c'è una distinzione di campo, di problemi tra la filosofia e la scienza, ma non c'è separazione tra di loro, siamo sempre nell'ambito della conoscenza. Inoltre non accolgo la distinzione tra una scienza empirica e induttiva e una filosofia speculativa e deduttiva: il processo della conoscenza è comune ed è circolare.
Per me il punto quindi non è il riduzionismo della scienza e il suo presunto materialismo, il punto è quali sono la filosofia e la scienza adatte alla conoscenza della mente e capaci di progredire in tal senso. Come progresso indico chiaramente la capacità di spiegare le origini biologiche della mente, di "leggere" la mente, di influire, di agire sulla mente, a partire dalle sue malattie. Questo per me è l'oggetto della sfida, concorrenza tra le diverse posizioni filosofiche e scientifiche.
Il progresso ha per me un significato ben preciso, sia individuale che collettivo: considero la conoscenza, quindi la scienza e la filosofia, un processo evolutivo cumulativo e selettivo simile al processo della mente. Mente che nel suo sviluppo biologico ha aumentato le capacità di memoria quantitativa e di elaborazione qualitativa e selettiva. Lo stesso accade alla filosofia e alla scienza.

sgiombo

X Baylham

Premesso che per "mente" intendo la componente non materiale della coscienza, distinguendola dalla componente materiale (grosso modo le cartesiane res cogitans e res extensa), mi sembra che la scienza in senso stretto (le scienze naturali) possa studiare il cervello e non la mente.
Il cervello é un oggetto materiale perfettamente inserito nel modo (fenomenico) materiale - naturale intersoggettivo e misurabile quantitativamente, che alla materia in generale e alla leggi del suo divenire può essere "perfettamente ridotto"; che dunque le scienze naturali studiamo benissimo: la biologia evolutiva per quanto riguarda la sua comparsa nei vertebrati e il suo sviluppo, in particolare, nei primati e nell' uomo, la neurofisiologtia e la neuropatologia per quanto riguarda il suo funzionamento normale e patologico e la ricerca di terapie farmacologiche o chirurgiche.

Ma la coscienza (e in particolare la mente) non é il cervello e il suo funzionamento, non é nulla che possa trovarsi nel cervello (é anzi il cervello a trovarsi nella coscienza di chi lo osserva), bensì qualcosa che diviene "di pari passo al cervello (in determinate condizioni funzionali; non nel sonno senza sogni o in anestesia o in coma)" ma che in esso non si trova, da esso non emerge, ad esso non sopravviene.
"Ciò che la scienza [neurologica] può fare", come ha già ben detto Apeiron, "é associare ogni fenomeno mentale a qualcosa di neurologico. Ma Il problema di ogni teoria scientifica della coscienza è che fin dal principio esclude la possibilità che esista qualcosa di "non rilevabile" [aggiungerei a quanto afferma Apeiron: intersoggettivamente, "in terza persona"]. "Ergo l'esperienza soggettiva può essere certamente associata a fenomeni "oggettivi" però per sua natura non può essere rilevata [intersoggettivamente]".
E dunque non può essere studiata scientificamente (per lo meno intendendo la scienza, "in senso stretto" e non nel senso delle cosiddette "scienze umane").

Apeiron

Citazione di: sgiombo il 06 Novembre 2017, 19:26:34 PMX Baylham Premesso che per "mente" intendo la componente non materiale della coscienza, distinguendola dalla componente materiale (grosso modo le cartesiane res cogitans e res extensa), mi sembra che la scienza in senso stretto (le scienze naturali) possa studiare il cervello e non la mente. Il cervello é un oggetto materiale perfettamente inserito nel modo (fenomenico) materiale - naturale intersoggettivo e misurabile quantitativamente, che alla materia in generale e alla leggi del suo divenire può essere "perfettamente ridotto"; che dunque le scienze naturali studiamo benissimo: la biologia evolutiva per quanto riguarda la sua comparsa nei vertebrati e il suo sviluppo, in particolare, nei primati e nell' uomo, la neurofisiologtia e la neuropatologia per quanto riguarda il suo funzionamento normale e patologico e la ricerca di terapie farmacologiche o chirurgiche. Ma la coscienza (e in particolare la mente) non é il cervello e il suo funzionamento, non é nulla che possa trovarsi nel cervello (é anzi il cervello a trovarsi nella coscienza di chi lo osserva), bensì qualcosa che diviene "di pari passo al cervello (in determinate condizioni funzionali; non nel sonno senza sogni o in anestesia o in coma)" ma che in esso non si trova, da esso non emerge, ad esso non sopravviene. "Ciò che la scienza [neurologica] può fare", come ha già ben detto Apeiron, "é associare ogni fenomeno mentale a qualcosa di neurologico. Ma Il problema di ogni teoria scientifica della coscienza è che fin dal principio esclude la possibilità che esista qualcosa di "non rilevabile" [aggiungerei a quanto afferma Apeiron: intersoggettivamente, "in terza persona"]. "Ergo l'esperienza soggettiva può essere certamente associata a fenomeni "oggettivi" però per sua natura non può essere rilevata [intersoggettivamente]". E dunque non può essere studiata scientificamente (per lo meno intendendo la scienza, "in senso stretto" e non nel senso delle cosiddette "scienze umane").

Concordo anche con le tue doverose aggiunte  ;) la coscienza la "postuliamo" per "esperienza diretta", non perchè i dati osserviamo implichi l'esistenza della coscienza  :)

Un po' come dice Wittgenstein:
Se io scrivessi un libro "Il mondo, come io lo trovai", vi si dovrebbe riferire anche del mio corpo e dire quali membra sottostiano alla mia volontà, e  quali no, etc., e questo è un metodo d'isolare il soggetto, o piuttosto di mostrare che, in un senso importante, soggetto non v'è: D'esso soltanto, infatti, non si potrebbe parlare in questo libro. -

In un'analisi strettamente scientifica non si potrebbe nemmeno parlare della  propria esperienza, figuriamoci l'altrui!
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

paul11

Citazione di: sgiombo il 04 Novembre 2017, 12:59:10 PM

L' uso (aristotelico?) del concetto di "forma immateriale", accanto a quello di "materia" per affrontare la questione materia-coscienza mi sembra si configuri come un "materialismo di fatto".
Se "Considerando lo spirituale non come sostanza separata ma forma immanente alla materia, lo stesso cervello, non è, come nessun ente, pura materia, bensì materia formata, da una forma che consiste nel principio vitale e razionale che lo configura in un certo modo", allora la forma "immateriale" non é in realtà che un mero aspetto ("dinamico") della realtà materiale, non é che il modo di divenire ordinatamente secondo determinate modalità universali e costanti, di "organizzarsi" (in particolare in seguito alla comparsa nel suo ambito della vita e all' evoluzione biologica) della materia stessa.
E allora resta da risolvere il problema di come, in che senso, questo ente fisico fatto di materia e forma (ovvero, secondo quanto mi par di capire, di materia non informe e caotica ma in divenire ordinato) "lo determina [lo "spirituale", il mentale] come supporto dalle varie funzionalità cognitive, nonché supporto del formarsi dei vari vissuti sensibili o sentimentali-assiologici che costituiscono il flusso di coscienza": il mondo fisico ("materiale" secondo il corrente modo di esprimersi, ovvero costituito da materia e forma costituenti la natura "corporea", e nel suo ambito in particolare il cervello, non comprende in sé la coscienza (e in particolare il pensiero; ma invece neuroni, assoni, potenziali d' azione, ecc. in divenire ordinato secondo le leggi neurofisiologiche perfettamente riducibili a quelle fisico–chimiche) perché é anzi esso stesso ad essere contenuto nella coscienza (di chi di volta in volta lo osserva).
Allora come "La forma psichica che pone la materia come contenuto del suo interagire con l'esterno" potrebbe essere intesa (posto che non potrebbe, del tutto materialisticamente, come i modi di funzionare del cervello)?


Si tratta dell'ilemorfismo aristotelico accompagnato dall'entelechia quando discute del rapporto psuche(termine greco antico di psiche che stava per anima) e materia. Aristotele riteneva(inizialmente) che l'anima ,la forma, morisse con il corpo, la materia.
Salvo poi "incartarsi" nelle sottocategorie intellettive per poi dire che qualcosa dell'anima non moriva,
Cercò di andare oltre il cosiddetto dualismo (che non è proprio così) di Platone.
In effetti Aristotele fu più empirico e il problema non fu risolto da Cartesio nel ritorno dualistico o dalla monade di Leibniz, mentre Husserl, di cui Davintro ha scritto alcuni suoi termini ma non so se come indizio a cui rivolgersi o semplici contenuti dentro la sua argomentazione, con la sua intenzionalità per arrivare a ciò che ha intuito il soggetto è più un vissuto che un atto ontologico,nel senso che a Husserl non importa la correlazione fra mente e cervello, ma il vissuto del sogetto nelle relazioni fra l'atto intenzionale e la conoscenza intuitiva attraverso l'oggetto: quindi il soggetto "fa suo" l'oggetto in termini di vissuto( e si intravvede qualcosa dell'esistenzialismo...)

Il problema della relazione mente e cervello è chi preside l'altro o sono paritari?
Se il cervello è materia e la mente qualcosa che lo trascende materialmente, non si capisce chi comanda chi?
L'intenzionalità husserliana, le motivazioni, da dove nascono?
Ad esempio l'entelechia aristotelica è la teleologia il finalismo innato di ogni forma vivente a spingersi verso una finalità.
E' il cervello che costituisce la mente, è la materia che costruisce la forma o viceversa?E' il cervello che presiede alla mente o è la mente che presiede al cervello?
Poi si tratterebbe di capire gli oggetti ontologici; mente, coscienza, intelletto, sono tutti sinonimi o vi sono differenziazioni semantiche nelle definizioni.C'è molta ambiguità sui termini con il rischio di "incartarsi"

sgiombo

#39
Citazione di: paul11 il 07 Novembre 2017, 00:58:12 AM


Il problema della relazione mente e cervello è chi preside l'altro o sono paritari?
Se il cervello è materia e la mente qualcosa che lo trascende materialmente, non si capisce chi comanda chi?
L'intenzionalità husserliana, le motivazioni, da dove nascono?
Ad esempio l'entelechia aristotelica è la teleologia il finalismo innato di ogni forma vivente a spingersi verso una finalità.
E' il cervello che costituisce la mente, è la materia che costruisce la forma o viceversa?E' il cervello che presiede alla mente o è la mente che presiede al cervello?
Poi si tratterebbe di capire gli oggetti ontologici; mente, coscienza, intelletto, sono tutti sinonimi o vi sono differenziazioni semantiche nelle definizioni.C'è molta ambiguità sui termini con il rischio di "incartarsi"
CitazioneSecondo me materia e mente, entrambe fenomeniche, costituite da insiemi - successioni di sensazioni (esteriori o materiali e interiori o mentali rispettivamente) si trascendono reciprocamente: il divenire dell' una non interferisce con il divenire dell' altra; lo impedisce la chiusura causale del mondo fisico (materiale). Divengono per così dire "parallelamente", cioé "in corrispondenza puntuale ed univoca" ovvero biunivoca,  "su piani ontologici non interferenti" ma correlati (un po' come le rotaie di una ferrovia, che non si toccano mai, ma non c' é cambio di direzione o di pendenza dell' una senza un analogo cambio di direzione o di pendenza dell' altra).
Dunque sono ontologicamente paritarie: entrambe fenomeniche, nessuna dipendendo causalmente dall' altra bensì coesistendo-codivenendo separatamente (in reciproca trascendenza) ma in reciproca corrispondenza biunivoca.

Intenzioni, finalità, desideri e in generale eventi interiori o mentali (a là Descartes: "res cogitans") nascono nell' ambito delle sviluppo della res cogitans stessa e non dal cervello (che é res extensa e contiene solo neuroni e assoni  e altre cellule e strutture biologiche, materiali in funzione fisiologicamente); ma in corrispondenza di un certo determinato mio pensiero (o più in generale stato di coscienza; mia propria) necessariamente coesiste un certo determinato stato funzionale del mio cervello (intersoggettivo; nell' ambito delle esperienze di chiunque sia in grado di compiere le opportune osservazioni) e nessun altro.

Dunque la mente non costruisce il cervello né il cervello costruisce la mente, ma ciascuno di essi diviene (o si costruisce) secondo le sue proprie modalità non interferendo causalmente con l' altro ma comunque, per dirlo un po' antropomorficamente, "essendo reciprocamente vincolato al -e/o vincolante il- divenire dell' altro".

Secondo me l' ambiguità più spesso corrente nelle discussioni sui rapporti mente - cervello é quella fra coscienza fenomenica (in generale apparenze sensibili: sia "cogitantes" sia "extensae") in generale da una parte e mente (sola e unicamente res cogitans in psarticolare) dall' altra.
La coscienza fenomenica comprende, oltre alle sensazioni o apparenze fenomeniche mentali, anche le sensazioni o apparenze fenomeniche materiali. Ivi compresi i cervelli (le sensazioni materiali costiituenti i cervelli).
Per me al fine di porre correttamente la questione é necessario compiere una sorta di "rivoluzione copernicana" rispetto al senso comune (comune anche a quasi tutti gli scienziati, neurologi, ecc. e a moltissimi filosofi), secondo il quale l' esperienza (e in particolare le esperienze mentali, i pensieri) é (é situata, accade) nella testa (e più precisamente nel cervello), mentre invece é la testa (e in particolare il cervello) ad essere (essere situato, accadere nel suo funzionamento fisiologico) nella coscienza (di chiunque intersoggettivamente lo osservi; fra i fenomeni materiali; in divenire "accanto", ma senza interferirvi causalmente, a quelli mentali).
Invece nei cervelli ci sono solo neuroni, assoni e altre strutture anatomiche e vi accadono solo trasmissioni di potenziali d' azione ed eccitazioni, inibizioni trans-sinaptiche e altri eventi fisiologici: eventi -comunque fenomenici, ma- ben diversi dalle determinate esperienze coscienti, con i loro contenuti materiali e mentali, del "titolare" di ciascun cervello osservato da altri nell' ambito di determinate altre esperienze fenomeniche coscienti.

paul11

Citazione di: sgiombo il 07 Novembre 2017, 11:50:51 AM
Citazione di: paul11 il 07 Novembre 2017, 00:58:12 AM


Il problema della relazione mente e cervello è chi preside l'altro o sono paritari?
Se il cervello è materia e la mente qualcosa che lo trascende materialmente, non si capisce chi comanda chi?
L'intenzionalità husserliana, le motivazioni, da dove nascono?
Ad esempio l'entelechia aristotelica è la teleologia il finalismo innato di ogni forma vivente a spingersi verso una finalità.
E' il cervello che costituisce la mente, è la materia che costruisce la forma o viceversa?E' il cervello che presiede alla mente o è la mente che presiede al cervello?
Poi si tratterebbe di capire gli oggetti ontologici; mente, coscienza, intelletto, sono tutti sinonimi o vi sono differenziazioni semantiche nelle definizioni.C'è molta ambiguità sui termini con il rischio di "incartarsi"
CitazioneSecondo me materia e mente, entrambe fenomeniche, costituite da insiemi - successioni di sensazioni (esteriori o materiali e interiori o mentali rispettivamente) si trascendono reciprocamente: il divenire dell' una non interferisce con il divenire dell' altra; lo impedisce la chiusura causale del mondo fisico (materiale). Divengono per così dire "parallelamente", cioé "in corrispondenza puntuale ed univoca" ovvero biunivoca,  "su piani ontologici non interferenti" ma correlati (un po' come le rotaie di una ferrovia, che non si toccano mai, ma non c' é cambio di direzione o di pendenza dell' una senza un analogo cambio di direzione o di pendenza dell' altra).
Dunque sono ontologicamente paritarie: entrambe fenomeniche, nessuna dipendendo causalmente dall' altra bensì coesistendo-codivenendo separatamente (in reciproca trascendenza) ma in reciproca corrispondenza biunivoca.

Intenzioni, finalità, desideri e in generale eventi interiori o mentali (a là Descartes: "res cogitans") nascono nell' ambito delle sviluppo della res cogitans stessa e non dal cervello (che é res extensa e contiene solo neuroni e assoni  e altre cellule e strutture biologiche, materiali in funzione fisiologicamente); ma in corrispondenza di un certo determinato mio pensiero (o più in generale stato di coscienza; mia propria) necessariamente coesiste un certo determinato stato funzionale del mio cervello (intersoggettivo; nell' ambito delle esperienze di chiunque sia in grado di compiere le opportune osservazioni) e nessun altro.

Dunque la mente non costruisce il cervello né il cervello costruisce la mente, ma ciascuno di essi diviene (o si costruisce) secondo le sue proprie modalità non interferendo causalmente con l' altro ma comunque, per dirlo un po' antropomorficamente, "essendo reciprocamente vincolato al -e/o vincolante il- divenire dell' altro".

Secondo me l' ambiguità più spesso corrente nelle discussioni sui rapporti mente - cervello é quella fra coscienza fenomenica (in generale apparenze sensibili: sia "cogitantes" sia "extensae") in generale da una parte e mente (sola e unicamente res cogitans in psarticolare) dall' altra.
La coscienza fenomenica comprende, oltre alle sensazioni o apparenze fenomeniche mentali, anche le sensazioni o apparenze fenomeniche materiali. Ivi compresi i cervelli (le sensazioni materiali costiituenti i cervelli).
Per me al fine di porre correttamente la questione é necessario compiere una sorta di "rivoluzione copernicana" rispetto al senso comune (comune anche a quasi tutti gli scienziati, neurologi, ecc. e a moltissimi filosofi), secondo il quale l' esperienza (e in particolare le esperienze mentali, i pensieri) é (é situata, accade) nella testa (e più precisamente nel cervello), mentre invece é la testa (e in particolare il cervello) ad essere (essere situato, accadere nel suo funzionamento fisiologico) nella coscienza (di chiunque intersoggettivamente lo osservi; fra i fenomeni materiali; in divenire "accanto", ma senza interferirvi causalmente, a quelli mentali).
Invece nei cervelli ci sono solo neuroni, assoni e altre strutture anatomiche e vi accadono solo trasmissioni di potenziali d' azione ed eccitazioni, inibizioni trans-sinaptiche e altri eventi fisiologici: eventi -comunque fenomenici, ma- ben diversi dalle determinate esperienze coscienti, con i loro contenuti materiali e mentali, del "titolare" di ciascun cervello osservato da altri nell' ambito di determinate altre esperienze fenomeniche coscienti.
.......proviamo a ragionarci.,,,,
Fisiologicamente il nostro organismo comunica fra le parti e l'istruzione è una sorta di sovrastruttura che preside i meccanismi e decide, In automatico noi respiriamo e il cuore batte regolarmente. Sappiamo che vi sono ghiandole endocrine che rispondono a determinati meccanismi sollecitati da organi apparati. Ad esempio lo stimolo a bere, a mangiare, a dormire e così via, sono quell'automatismo e quindi sul piano involontario(esclude la mente e la sfera della volontà).
Già il meccanismo omeostatico di un organismo complesso come il corpo è straordinario.

Quindi la premessa è che esiste una finalismo autoconservativo e omeostatico  del corpo dove la periferia di organi e apparati comunica con il cervello. Quì mi sfugge come avviene la comunicazione (sono solo i nervi, o qualcosa misura ad esempio la disidratazione, la pressione sanguigna, la mancanza di energia, la necessità di riposare,ecc.).La "centrale" del cervello riceve le informazioni e risponde in automatico(ipotalamo in primis)
(Ma tu che sei medico correggi pure le imprecisioni)

Fin quì la mente non c'entra nulla.
Il rapporto mente e cervello ha comunque correlati fisici, deve comunicare in qualche modo. Le sinapsi si formano ,così come svaniscono, in funzione di atti percettivi sensori .Le memorie, a breve e lungo termine sono formate da sinapsi che si configurano come una struttura che comunque comunica alla mente, per forza quì c'è correlazione fisica fra cervello fisico e quella cosa .
chiamata mente.
A mio parere le sinapsi possono essere costruite sia dalle percezioni sensoriali che dalla mente senza percezioni sensoriali e quindi fisiche.
Mi sfuggono come fisicamente , volendo sposare per puro esercizio la tesi riduzionista, dovrebbero essere allocate quegli stimoli mentali e non fisici(così come ad esempio  la correlazione degli stimoli fisici nella psiche che sono le pulsioni).
Sostengo che comunque il piano mentale, quello fisico del cervello "materiale" e se vogliamo aggiungerci quello psichico(anche se poi potrebbe essere il mentale) interagiscono dinamicamente. In fondo è un'omeostasi anche lo stato psicofisico, nel senso che stiamo bene, ci sentiamo bene, quando lo stato del nostro umore, dei nostri equilibri mentali e psichici sono armonicamente relazionati a quello fisico: se uno si ammala, in qualche misura influisce sull'altro.

Non so se la mente sia, faccio un esempio, una sorta di  ologramma del cervello, come una sua proiezione.
Se, (continuo a ragionare ....ad "alta voce") gli organismo viventi sono riusciti da unicellulari a diventare pluricellulari, a costruirsi dei gradini e di volta in volta salirli in termini di complessità fino a costruirne delle funzionalità, degli apparati, armonici fra loro,
 potrebbe essere(continuo  a ragionare per ipotesi) che il cervello umano ha superato un limite fisico in cui la complessità ha di nuovo alzato di un gradino la sua evoluzione, generando una mente.

Avrai notato che nel ragionamento ipotetico ho scritto quasi l'antitesi di quel che penso.ma è proprio per non scartare nessuna ipotesi. A mio modesto parere, sono proprio i "salti" evolutivi che sono poco chiari.Come ha fatto una ameba, un protozoo ad "autoimparare" la riproduzione.Per questo deve esserci quella entelechia aristotelica, quel finalsimo, quella teleologia per cui già a livello di particelle atomiche c'è un briciolo di potenza intellettiva, che in funzione di configurazioni energetiche?(altra ipotesi) saltano un gradino creando nuova complessità.
Ma significherebbe che esiste una forma, una struttura, una sintassi universale, che aprioristicamente ha un ordine a cui fa tendere tutta la sostanza, vale a dire la morfologia e la physis.

Ora ,se la premessa dell'ultima frase fosse vera, significa che anche il piano mentale agisce teleologicamente, per finalità innate(apriori) perchè intenzionalmente tende a conoscere, a capire, a riflettere anche su se stessa, affinche trovi una omeostasi ad un gradino superiore evolutivamente, anche sul piano mentale.

Quindi,  e finisco questo ragionamento, pur essendoci diversi piani complessi, in apparenza distinti, ma comunicanti fra loro, tutti concorrono al medesimo fine ,dentro un unico morphos, un'unica struttura, una forma e tantissime sostanze.

green demetr

Ma anche a voler trovare la modalità illustrativa di come avviene la comunicazione tra anima e corpo, a che servirebbe?
A niente, perchè sarà solo una dell mille modalità illustrative, ognuna computabile rispetto al piano di grandezza preso in considerazione.
Come dice il pluri-laureato Michel Bitbol, solo la fisica può veramente spiegare il perchè del biologico.
Ma con un definitivo caveat, che l'osservazione incide direttamente sulla computabilità.
Dunque non si potrà MAI trovare il "perchè "e dunque il "come" anima e corpo comunichino, coincidano, esistano o meno, etc...etc..

Si produrranno modelli, certo, e si deciderà in base al periodo storico quale convenga divulgare e quale no.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

green demetr

Citazione di: baylham il 06 Novembre 2017, 11:13:08 AM
Il senso della mie precedenti osservazioni critiche non è affatto quello di contrapporre la scienza dinamica e progressista alla filosofia statica e retriva, ma un'obiezione all'impostazione data al tema.
Contesto che ci sia una scienza che si occupa della mente in termini riduttivi o che la scienza non sia in grado di spiegare la mente o che addirittura la scienza non si possa occupare della mente. La mia contestazione non è rivolta alla filosofia, ma a certe filosofie che sono in opposizione alla scienza, incapaci di adattarsi alle scoperte e nuove teorie della scienza (evoluzionismo, termodinamica, indeterminazione, relatività, quantistica, ...). Certamente c'è una distinzione di campo, di problemi tra la filosofia e la scienza, ma non c'è separazione tra di loro, siamo sempre nell'ambito della conoscenza. Inoltre non accolgo la distinzione tra una scienza empirica e induttiva e una filosofia speculativa e deduttiva: il processo della conoscenza è comune ed è circolare.
Per me il punto quindi non è il riduzionismo della scienza e il suo presunto materialismo, il punto è quali sono la filosofia e la scienza adatte alla conoscenza della mente e capaci di progredire in tal senso. Come progresso indico chiaramente la capacità di spiegare le origini biologiche della mente, di "leggere" la mente, di influire, di agire sulla mente, a partire dalle sue malattie. Questo per me è l'oggetto della sfida, concorrenza tra le diverse posizioni filosofiche e scientifiche.
Il progresso ha per me un significato ben preciso, sia individuale che collettivo: considero la conoscenza, quindi la scienza e la filosofia, un processo evolutivo cumulativo e selettivo simile al processo della mente. Mente che nel suo sviluppo biologico ha aumentato le capacità di memoria quantitativa e di elaborazione qualitativa e selettiva. Lo stesso accade alla filosofia e alla scienza.

Mi piace l'idea che hai esposto che la scienza non ragiona solo per riduttivismi.
Ciò non toglie che però l'argomento che è emerso sia stato quello.

Sul proseguio, che non condivido minimamente, c'è il solito problema di voialtri scienziati o entusiasti della scienza: chi decide della qualità e della selezione???

(e l'ipotesi della malattia non tiene, anche se vi sono teorie forti ma filosoficamente parlando non certo scientifciamente: infatti quale sarebbe il deterrente a non sapere del rapporto anima-cervello, per la mia sopravvivenza?)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

paul11

Citazione di: green demetr il 08 Novembre 2017, 14:27:24 PM
Ma anche a voler trovare la modalità illustrativa di come avviene la comunicazione tra anima e corpo, a che servirebbe?
A niente, perchè sarà solo una dell mille modalità illustrative, ognuna computabile rispetto al piano di grandezza preso in considerazione.
Come dice il pluri-laureato Michel Bitbol, solo la fisica può veramente spiegare il perchè del biologico.
Ma con un definitivo caveat, che l'osservazione incide direttamente sulla computabilità.
Dunque non si potrà MAI trovare il "perchè "e dunque il "come" anima e corpo comunichino, coincidano, esistano o meno, etc...etc..

Si produrranno modelli, certo, e si deciderà in base al periodo storico quale convenga divulgare e quale no.


Mai dire mai......
Serve eccome capire come funzionano, si relazionano ,in questo caso mente e cervello e cervello corpo.
Le scoperte scientifiche possono incidere sul mutamento del pensiero, di come abbiamo una visione di insieme della totalità.
Il dualismo, o comunque i diversi domini, possono a mio parere essere ontologicamente diversi, ma per forza di cosa devono relazionarsi fra loro ,interagire. A che serve la mente senza un cervello o un cervello senza mente se deve ragionare?
Come può un computer farti vedere immagini attraverso byte, bit, matematica binaria, circuiti stampati che istruiscono con un programma l'apertura e la chiusura di porte elettroniche? C'è sempre un rapporto materia e programma che traduce segnali da una   dimensione fisica in un'altra o a qualcosa di "etereo", dall'elettronica a stato solido alla programmazione che le manipola fino a farci vedere immagini.

green demetr

Citazione di: paul11 il 08 Novembre 2017, 15:01:16 PM
Citazione di: green demetr il 08 Novembre 2017, 14:27:24 PM
Ma anche a voler trovare la modalità illustrativa di come avviene la comunicazione tra anima e corpo, a che servirebbe?
A niente, perchè sarà solo una dell mille modalità illustrative, ognuna computabile rispetto al piano di grandezza preso in considerazione.
Come dice il pluri-laureato Michel Bitbol, solo la fisica può veramente spiegare il perchè del biologico.
Ma con un definitivo caveat, che l'osservazione incide direttamente sulla computabilità.
Dunque non si potrà MAI trovare il "perchè "e dunque il "come" anima e corpo comunichino, coincidano, esistano o meno, etc...etc..

Si produrranno modelli, certo, e si deciderà in base al periodo storico quale convenga divulgare e quale no.


Mai dire mai......
Serve eccome capire come funzionano, si relazionano ,in questo caso mente e cervello e cervello corpo.
Le scoperte scientifiche possono incidere sul mutamento del pensiero, di come abbiamo una visione di insieme della totalità.
Il dualismo, o comunque i diversi domini, possono a mio parere essere ontologicamente diversi, ma per forza di cosa devono relazionarsi fra loro ,interagire. A che serve la mente senza un cervello o un cervello senza mente se deve ragionare?
Come può un computer farti vedere immagini attraverso byte, bit, matematica binaria, circuiti stampati che istruiscono con un programma l'apertura e la chiusura di porte elettroniche? C'è sempre un rapporto materia e programma che traduce segnali da una   dimensione fisica in un'altra o a qualcosa di "etereo", dall'elettronica a stato solido alla programmazione che le manipola fino a farci vedere immagini.

Per capire come funziono basta lavorare su stessi, ovvero fare filosofia.

Vi è un limite all'osservazione umana, non capisco a cosa ti riferisci con quel "mai dire mai".

Certo che conta avere un modello! Ma nel senso negativo del termine.

L'intero biopotere è lì ad aspettarti.

A meno che si pensi che la filosofia è in grado di proporre un suo modello, totalmente inferenziale e critico.

Certamente in una stretta cerchia di amici è anche possibile, e sicuramente lo è, o lo sarà nell'ambito dell'editoria.

Poi ti ripeto se lo stai chiedendo a me in particolare provo a rispondere:


la relazione tra mente e cervello non esiste, come dice sgiombo al massimo è una relazione che avviene all'interno o secondo la prospettiva della mente stessa non materiale.
E' perciò solo una questione medica, dell'uomo automa.

Non incide per me in alcuna maniera se lobotomizzando un uomo questo perde parti cognitive o comportamentali.
Non incide per me in alcuna maniera se la scannerizzazione degli impulsi del cervello possa aumentare tramite macchine computazionali, le nostre parti cognitive o comportamentali.

Sarà solo un bene per l'uomo se risparmia tempo, o se riesce a ricostruire parti cognitive offese.


Ma cosa c'entra con il Pensiero? con lo scontro politico tra e dentro le civiltà? con il dramma dell'agenda?
Con il nostro presente? Con la gerarchia? Con Dio? Con il Potere in effetti?

Niente! sono considerazioni che non grattano che in superficie delle questioni, che sono le stesse, dai primi ominidi fino a noi, ossia il rapporto con la tecnica, il culto, la violenza, il desiderio.

Cambieranno, sono già cambiati gli scenari, le epoche, ma le domande su cosa sia l'uomo sono sempre là davanti a noi, completamente separate, e all'interno del Pensiero, della Filosofia.

Su questa mania di trovare il mezzo per unire l'anima al corpo, mi permetto visti i nostri buoni rapporti, e la nostra profonda simpatia intellettuale, che si tratti di una proiezione fantasmatica, dovuta al solito blocco del soggetto.

Non ti accorgi che ogni sforzo della scienza non è finalizzato a trovare l'anima, ma bensì a eliminarla?
Non ti accorgi quale è il contraccolpo al loro delirio di onnipotenza della macchina? La marginalizzazione (l'estinzione direbbero i più radicali) del Pensiero!

La nostra è una società sempre più omologata, se prima era dai tipi umani (dalle professioni) ora sempre più dall'uso delle macchine (cellulari, pc....etc!)

Ciò detto.

Non dico che è interessante parlare delle possibilità, dell'idealità che esistano questi rapporti, ma senza farli diventare ossessioni, come nel caso di Pierini.
Con attacchi bulimici di produzione intellettuale e crisi depressive.

Bisogna leggere attentamente, e quindi criticamente da dove nasce la produzione delle ideee, e quanto questo luogo di astrazione (e materialità, sia essa sociale che artificiale) incida sui presupposti, sulle motivazioni e finanche sui risultati.

Con stima, il tuo Green.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

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