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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM

Titolo: contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
Ritengo che una delle più forti critiche all'idea che il cervello, inteso nella sua connotazione meramente materiale, oggetto delle scienze della natura, possa essere condizione sufficiente a rendere ragione del fenomeno della coscienza, della sua origine, stia nella constatazione dell'irriducibilità del darsi dei vissuti psichici a livello interiore, nell'esperienza interiore in prima persona, rispetto ai vissuti nelle forme fisiche con cui si manifestano per un occhio che osserva dall'esterno. Questa irriducibilità esprime la dualità tra i vissuti nell'accezione della loro manifestazione fisica e nella manifestazione spirituale, e considera tutta la problematicità di un passaggio causale che porterebbe la prima accezione a determinare pienamente la seconda. Se quest'ultima, la coscienza intesa nell'esperienza interiore del flusso dei vissuti, fosse solo u derivato secondario, un epifenomeno, del cervello, noi dovremmo vivere i nostri pensieri e sentimenti come localizzati in determinato luogo del corpo, allo stesso modo di quando proviamo dolore a una gamba se qualcuno ci dà un calcio in quel punto. Dolore, caldo, freddo sono sensazioni prodotte dal corpo manipolato da uno stimolo esterno fisico, mentre, personalmente, a me non è mai capitato di provare paura nel braccio o gioia o serenità alla ...nuca. Questi sentimenti non sono spaziali perché a mio avviso non provengono dal corpo, che subirebbe l'urto di uno stimolo esterno, ma da una realtà spirituale che la tradizione filosofica identifica nell'anima, intesa come "forma corporis",  fattore di unificazione dello spazio corporeo, e che può svolgere tale "compito" di unificazione proprio perché non è di per sé ente spaziale, ma sistema di configurazione dello spazio corporeo, che in tale modo riceve un'unità, un'individualità, l'Io personale. Questo Io, con la sua struttura di motivazioni e valori interiori, è il luogo da dove provengono le mie paure e le mie speranze. Ho paura perché vedo nella realtà minacciati i miei valori, provo gioia se li vedo esaltati e confermati. In ciò consiste l'irriducibilità tra una mera causalità fisica, che accade sempre all'interno di uno spazio, e una causalità motivazionale, che pone come luogo di origine un livello della psiche non percepibile spazialmente. Il cervello è "solo" (si fa per dire...) uno strumento, umanamente necessario, con cui la coscienza interagisce tramite il medium del corpo con il mondo esterno, permettendogli di esprimere delle sue funzioni cognitive, e conseguentemente delle azioni. Ma la coscienza di per sé, non è un complesso di "funzioni", qualcosa che utilizziamo in vista di un fine, uno strumento, ma proprio quella condizione ontologica che ci permette di porre liberamente dei fini per il nostro agire, e dunque è una "luce" che può illuminare il corso della nostra esperienza vissuta anche a livelli psichici oscuri e profondi, nascosti ai nostri strumenti di osservazione superficiali che la coglierebbero solo come "funzioni" in vista dell'agire nel mondo esterno. A questo punto il riduzionismo materialista potrebbe provare a difendere le sue tesi dicendo che la non-spazialità dei pensieri è solo un'illusione dualista dell'Io, squalificando in linea con l'impostazione cartesiana e galileiana, l'esperienza dei dati qualitativi, rispetto a ciò che della realtà è possibile quantificare sulla base di un substrato spaziale: in realtà questa difesa non la ritengo valida, in quanto la coscienza non è un ente come un altro, per il quale sarebbe sempre legittimo quantomeno ipotizzare una "autentica realtà" al di là delle apparenze fenomeniche, in essa al contratio non c'è dualismo tra verità e apparenza, l'essere della coscienza coincide con i nostri vissuti, con il loro darsi come fenomeni, essere e apparenza nella coscienza coincidono.La coscienza è la condizione ontologica che comprende in sé la totalità dei modi con cui un Io fa esperienza del mondo, quindi non ha alcun senso pensare ad una verità della coscienza al di là del complesso dei vissuti esperienziali, perché proprio tali vissuti la costituiscono. Ecco perché l'unico modo a mio avviso di analizzare la coscienza nella sua struttura essenziale è l'approccio fenomenologico, che coglie i vissuti in loro stessi, nelle qualità essenziali del loro darsi come fenomeni alla nostra esperienza interiore in prima persona, non riducendola a  misure quantitative, non per svalutare la validità delle scienze che su tali misure fondano i loro risultati, ma per contestualizzarle all'interno di qualcosa di più ampio, il complesso delle qualità della nostra esperienza vissuta, il cosiddetto Lebenswelt, Mondo della vita, di cui le scienze positive sono solo una componente particolare non totalizzante
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Jacopus il 24 Ottobre 2017, 00:20:24 AM
Premetto che sono dalla parte di chi considera l'umanità qualcosa che va al di là dei modi in cui può essere misurata, poichè c'è sempre una domanda a cui la scienza non potrà mai rispondere: "perchè esistiamo?". Questo però non mi esime di far finta di niente. Se esistono delle scoperte scientifiche esse vanno valorizzate, poichè significa conoscere meglio la realtà e quindi anche quella spirituale. Ebbene bisogna anche prendere atto che alcune funzioni per così dire nobili del cervello hanno le loro zone deputate, esattamente come le funzioni del fegato o dei polmoni. Ad esempio la Corteccia fronto-orbitale (OFC) contiene quella parte del ns carattere che può essere definita auto-controllo e conformismo sociale. L'amigdala invece fa parte di un circuito interessato alle passioni e alla paura. Il cervello è sicuramente estremamente complicato ma le scoperte recenti della genomica e la possibilità di osservare il secondo organo preferito di Woody Allen attraverso strumenti potentissimi come la risonanza magnetica funzionale (FMRi) lo rendono meno alieno rispetto ad organo meccanico come l'intestino (che poi tanto meccanico non è). Insomma se la vita è un mistero, se l'uomo ha le sue parti insondabili, questo non significa che il cervello come organo non possa essere studiato in modo materialistico, ed anzi solo questo studio ci può aiutare ad affrontare i tanti problemi comportamentali e morali dell'uomo secondo una visione multidisciplinare.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Angelo Cannata il 24 Ottobre 2017, 02:46:25 AM
Secondo me, volersi contrapporre al riduzionismo neurologico in questo modo significa solo contrapporre al riduzionismo un altro riduzionismo, contrapporre una realtà a un'altra realtà, un'oggettività a un'altra oggettività. In questo modo non facciamo altro che continuare a muoverci pur sempre in una mentalità che vuole oggettivare, cosificare, reificare. Significa solo dire che la spiritualità non è una certa cosa, ma un'altra cosa. Ma si continua pur sempre in direzione di considerarla una cosa, cioè in direzione di prendere le distanze da essa e volerla padroneggiare col pensiero, per arrivare a dire: ecco, ho capito cos'è, l'ho compresa, l'ho acchiappata, l'ho ingabbiata. Questo significa continuare a muoversi in un modo di pensare greco, cioè ispirato alla filosofia greca, tutta protesa a comprendere, ingabbiare in concetti, acchiappare con la mente, oggettivare. Siamo insomma in Platone, il quale contrappose a questo mondo il mondo delle idee, ma non si accorse che parlava del mondo delle idee con gli stessi meccanismi mentali con cui parlava del mondo materiale, quindi non aveva fatto nessun passo in avanti quanto alla mentalità, alle strutture in cui muoversi mentalmente.

Questo modo di pensare contiene secondo me l'errore di avanzare la pretesa di potersi porre, rispetto a ciò che consideriamo, da un punto di vista esterno, mentre ciò a mio parere è impossibile. Cioè, anche quando prendiamo in considerazione una pietra, in realtà non siamo del tutto esterni ad essa, perché ci sono un mare di prospettive, di coordinate, di fattori, che rendono noi e la pietra parti di stessi contesti che ci contengono tutti e due, contengono me e la pietra, cosicché io, non potendo più sapere in che modo e misura possa distanziarmi da essa, considerarmi distinto da essa, non posso oggettivarla se non entrando in un pensare falso; falso perché decide di far finta che il non sapere quali distanze io possa prendere dalla pietra non esista.

Ora, tu potresti dirmi che proprio questo può essere considerato dimostrazione dell'esistenza di qualcosa di irriducibile alla neurologia. Ma questo non è altro che il penso dunque sono di Cartesio, che in realtà continua, pure esso, a muoversi nella mentalità dell'oggettivare: non sono oggettivabile, dunque esisto. Ma così facendo, Cartesio non fece altro che aver oggettivato la propria non oggettivabilità. Cioè, aveva appena intravisto vagamente una via diversa di ragionare, ma si affrettò all'istante a ricondurla nel ragionare tradizionale, quello greco, mirato tutto all'oggettivare, cosificare.

Questa mentalità greca si potrebbe paragonare al prendere l'elicottero: esso ci dà la sensazione di aver preso le distanze dal mondo e poterlo dominare con lo sguardo, ma non ci accorgiamo che, anche se ci siamo alzati di quota, siamo ancora totalmente dentro il mondo che stiamo guardando; in questo senso non abbiamo preso da esso nessuna distanza, non ci siamo distanziati di un millimetro. Vogliamo prendere un mezzo più potente affinché riusciamo finalmente a distanziarci? Si capisce che, qualunque mezzo prendiamo, resteremo pur sempre immersi nelle coordinate di ciò da cui vogliamo distanziarci. Tanto più se pensiamo di prendere come mezzo di trasporto la nostra mente: alla pari di qualsiasi elicottero, si trova invischiata in ciò da cui vorrebbe avere la pretesa di prendere le distanze.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Sariputra il 24 Ottobre 2017, 10:34:54 AM
Francamente io non ho ancora capito se è la 'mente' che sta 'dentro' al cervello o se è il cervello che sta dentro alla mente.
Sono io che sono 'cosciente' o c'è 'qualcosa' che è cosciente a me - in me, di cui 'io' sono specchio?
Sono io che sogno di essere di una  farfalla o  sono solo il sogno di una farfalla?  :-\
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: viator il 24 Ottobre 2017, 13:09:29 PM
Salve. Io sono ciò che resterà di me dopo che mi sia separato da tutto ciò che è separabile da me. Non trovo altro modo di definire la mia identità.
Ciò significa che io non sono la mia sostanza, bensì unicamente la forma (**) in cui risulta disposto il pur indispensabile substrato materiale al cui interno, senza nessuna precisa ubicazione (la forma di un insieme non sta in alcun angolo particolare dell'insieme) io sono.

(**) La forma dei filosofi si chiama spirito per i mistici ed anima per i religiosi. La differenza è che per il filosofo nessuna forma può esistere disgiuntamente da una sostanza che la ospiti. E' per via di quest'ultimo aspetto che le discussioni e polemiche che hanno animato ed animano l'argomento materialismo/spiritualismo NON FINIRANNO MAI.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Phil il 24 Ottobre 2017, 20:58:39 PM
Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
constatazione dell'irriducibilità del darsi dei vissuti psichici a livello interiore, nell'esperienza interiore in prima persona, rispetto ai vissuti nelle forme fisiche con cui si manifestano per un occhio che osserva dall'esterno.
Concordo; la spiegazione scientifica e fisiologica di un fenomeno di coscienza non può coincidere con l'esperienza diretta (esistenziale e psicologica) del fenomeno stesso (come ci ricorda sempre il buon Sgiombo ;) ).

Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
Se quest'ultima, la coscienza intesa nell'esperienza interiore del flusso dei vissuti, fosse solo u derivato secondario, un epifenomeno, del cervello, noi dovremmo vivere i nostri pensieri e sentimenti come localizzati in determinato luogo del corpo, allo stesso modo di quando proviamo dolore a una gamba se qualcuno ci dà un calcio in quel punto. Dolore, caldo, freddo sono sensazioni prodotte dal corpo manipolato da uno stimolo esterno fisico, mentre, personalmente, a me non è mai capitato di provare paura nel braccio o gioia o serenità alla ...nuca.
Se non sbaglio (e non lo escludo!) l'apparente localizzazione del dolore è solo un'illusione percettiva: la gamba ci fa male perché invia input al cervello che ci fa sentire il dolore (che quindi, come sensazione cosciente, "parte" dal cervello, che aumenta i battiti, tende i muscoli, etc.); se i nervi (o altre connessioni?) della gamba fossero recisi o fosse isolata la zona del cervello deputata al dolore, non sentiremmo più il dolore della/nella gamba, pur essendo rotta (credo, ma correggetemi pure, che molti antidolorifici funzionino così, ingannando il cervello piuttosto che risolvendo il problema/infiammazione/trauma...).

Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
l'approccio fenomenologico, che coglie i vissuti in loro stessi, nelle qualità essenziali del loro darsi come fenomeni alla nostra esperienza interiore in prima persona, non riducendola a  misure quantitative, non per svalutare la validità delle scienze che su tali misure fondano i loro risultati, ma per contestualizzarle all'interno di qualcosa di più ampio,
Se mi è concesso, direi semmai "qualcosa di più ridotto": l'esperienza individuale contingente, il vissuto personale del singolo... l'approccio riduzionista non riduce né aumenta la qualità del mio piacere o del mio dolore (così come la neuroestetica non alterna il mio godimento estetico), al massimo spiega quali sono i meccanismi reconditi che denotano tali vissuti; spiegazione che rispetto al vissuto in prima persona, rientra nel capitolo "curiosità" o "nozionismo" (ad eccezione di chi deve lavorare su tali meccanismi con farmaci o affini...).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 24 Ottobre 2017, 22:26:49 PM
Obiezioni a Davintro
Citazione
Concordo con la pars destruens delle tue considerazioni (salvo l' uso del termine "spirituale" al quale preferirei quello di "cosciente"; in generale, e in particolare "cosciente mentale", dato che anche la materia che esperiamo non é che insieme e successione di sensazioni fenomeniche coscienti, anche se intersoggettivamente constatabili e conoscibili scientificamente in senso stretto, al contrario di quelle mentali).

In particolare concordo circa l' assurdità della pretesa determinazione della coscienza da parte degli eventi neurofisiologici cerebrali: i potenziali d' azione e le stimolazioni o inibizioni trans-sinaptiche nel mio cervello che inevitabilmente chiunque rileverebbe qualora lo osservasse (il mio cervello) "come si deve" (nei modi adeguati) mentre vedo un bell' arcobaleno, mi godo un crescendo rossiniano, mentre seguo la dimostrazione di un teorema geometrico o mentre provo la gioia di vedere un amico raggiungere un traguardo da gran tempo sperato sono tutt' altro (ben diversi enti ed eventi) che la mia visione dell' arcobaleno, il mio piacere musicale, i miei ragionamenti, la mia gioia che a quei determinati eventi neurofisiologici inevitabilmente, necessariamente corrispondono biunivocamente.

Per parte mia rilevo però che allo stesso identico modo é del tutto assurdo, per la chiusura causale del mondo fisico, pensare che il mio desiderio di compiere una certa azione sia la causa della mia azione, la quale é invece costituita da determinati eventi neurofisiologici nell' ambito del mio cervello che ad esso (il mio desiderio)n necessariamente corrispondono biunivocamente.

Dissento dalla tesi che <<Il cervello è "solo" (si fa per dire...) uno strumento, umanamente necessario, con cui la coscienza interagisce tramite il medium del corpo con il mondo esterno, permettendogli di esprimere delle sue funzioni cognitive, e conseguentemente delle azioni>>. Infatti la coscienza non interagisce col corpo (e il resto del mondo "esterno" o materiale del quale il corpo fa parte), ma invece include sia il corpo e la materia in generale, sia i pensieri, sentimenti, e tutto ciò che é "mentale" in generale.

Noi non siamo né il nostro cervello (materiale) né i nostri pensieri, sentimenti, ecc. (mentali); i quali, tutti allo stesso modo, non sono che eventi fenomenici coscienti, con diverse caratteristiche ma parimenti reali solo ed unicamente in quanto insiemi e successioni di sensazioni.
Noi, se esistiamo come soggetti delle nostre sensazioni fenomeniche coscienti (sia materiali che mentali, delle quali ultime -riflessivamente- siamo anche oggetti; come credo senza che sia possibile dimostrarlo logicamente né men che meno rilevarlo empiricamente), soggetti (e oggetti) esistenti anche allorché le nostre sensazioni non lo sono (per esempio nel sonno senza sogni o nel coma reversibile), non possiamo essere identificati con i nostri pensieri e stati mentali esattamente come gli oggetti delle nostre sensazioni materiali non possono essere identificati con queste ultime, e per il medesimo motivo: perché pretendere che qualcosa sia reale, accada realmente anche allorché non é reale, non accade realmente sarebbe autocontraddittorio.
Perciò se oggetti e soggetto delle sensazioni fenomeniche coscienti sono reali, dal momento che (stando a quanto comunemente si crede) lo sono anche allorché le sensazioni stesse non lo sono, allora non possono (per un' impossibilità logica) essere anch' essi (successioni e sequenze di) -anche inesistenti- sensazioni fenomeniche, ma invece qualcosa d' altro, di non fenomenico (non costituito da sensazioni) ma invece di reale "in sé", di non sensibile ma casomai "congetturabile ("noumeno").

Dunque non sono d' accordo che <<la coscienza non è un ente come un altro, per il quale sarebbe sempre legittimo quantomeno ipotizzare una "autentica realtà" al di là delle apparenze fenomeniche, in essa al contrario non c'è dualismo tra verità e apparenza, l'essere della coscienza coincide con i nostri vissuti, con il loro darsi come fenomeni, essere e apparenza nella coscienza coincidono>>.
La parte mentale della coscienza per me, esattamente come la parte materiale, non é che apparenza fenomenica, coincidente con i nostri vissuti (di pensiero o" cogitantes"), con il loro darsi come fenomeno (mentali), e non coincidenti con noi come loro soggetti (e riflessivamente oggetti) realmente esistenti anche allorché essa (i nostri vissuti) non sono reali perché il nostro corpo o cervello da chiunque altro intersoggettivamente constatabile dorme in una fase del sonno senza sogni.
<<La coscienza è la condizione ontologica che comprende in sé la totalità dei modi con cui un Io fa esperienza del mondo, quindi non ha alcun senso pensare ad una verità della coscienza al di là del complesso dei vissuti esperienziali, perché proprio tali vissuti la costituiscono>>, d' accordo; ma il soggetto della coscienza e dei suoi vissuti, che c' é anche mentre la coscienza e suoi vissuti non ci sono, l' "io" soggetto dei vissuti materiali e riflessivamente soggetto – oggetto di quelli mentali non é fatto né di fenomeni materiali né di fenomeni mentali inesistenti in certi casi mentre esso é esistente, dal momento che sarebbe palesemente contraddittorio pretenderlo.


Obiezioni a Jacopus

Ciò che ci dice la scienza (se bene intesa) non é <<che alcune funzioni per così dire nobili del cervello hanno le loro zone deputate, esattamente come le funzioni del fegato o dei polmoni. Ad esempio la Corteccia fronto-orbitale (OFC) contiene quella parte del ns carattere che può essere definita auto-controllo e conformismo sociale>>, ma invece che a certe manifestazioni del ns carattere che ciascuno di noi avverte nella propria coscienza necessariamente  corrispondono biunivocamente nelle coscienze di altri (purché si compiano le "opportune osservazioni") determinati eventi neurofisiologici in determinate aree del nostro cervello.

<<il cervello come organo>> non solo può, ma anzi deve << essere studiato in modo materialistico, ed anzi solo questo studio ci può aiutare ad affrontare i tanti problemi>> neurofisiologici e neuropatologici e in qualche misura comportamentali>>. Ma invece i problemi <<morali dell'uomo>>, pur avendo inevitabilmente corrispettivi neurofisiologici, non possono che essere affrontati in ben altri modi (quelli delle scienze umane).
Citazione

Obiezioni ad Angelo Cannata

Distinguere la realtà in sé di noi come soggetti (e oggetti) di esperienza cosciente e la realtà in sé degli oggetti (non anche soggetti) di esperienza cosciente non é riduzionismo.
Lo sarebbe casomai l' identificarle; o l' identificare (l' esperienza cosciente de-) il pensiero con (l' esperienza cosciente de-) la materia (cerebrale).

E non vedo perché mai dovrebbe essere vietato o comunque impossibile cercare di conoscere e di comprendere razionalmente noi stessi e il mondo in cui viviamo, attraverso una sana ricerca filosofica, perché mai dovremmo invece necessariamente affidarci all' uopo a una non meglio precisata irrazionale "spiritualità".

Non vedo perché non dovremmo poter cercare di capire razionalmente noi stessi senza pretendere assurdamente di "uscire da noi stessi", per esempio (anche) con l' introspezione.
E perché non dovremmo poter cercare di capire razionalmente l' altro da noi senza ignorare ma tenendo nella debita considerazione la prospettiva, la distanza, ecc. dalla quale lo osserviamo.

Cartesio ha ragionato (commettendo a mio modesto avviso gravi errori, pur essendo un genio) sul dato immediato del suo dubitare, ergo pensare, in quanto fatto reale immediato, indipendentemente (come punto di partenza del suo ragionare) da qualsiasi considerazione circa l' oggettività o soggettività di esso, ma unicamente considerando di esso la realtà in quanto immediatamente constatata.

Indipendentemente da quanto tu possa intendere con la metafora, prendendo un elicottero si può benissimo <<accorgersi che, anche se ci siamo alzati di quota, siamo ancora totalmente dentro il mondo che stiamo guardando>> e guardarlo cogliendone importanti (non tutti onniscientemente, com é ovvio) aspetti oggettivi o per lo meno intersoggettivi.
E la nostra mente può benissimo ragionare correttamente su se stessa, esattamente come un elicottero può benissimo levarsi in volo e consentire dii osservare la terra: perché mai non dovrebbe poterlo fare?
"Dove sta scritto?"

X Sariputra

Sia la mente (propria di ciascuno) che il cervello (di altri) stanno dentro le rispettive esperienze fenomeniche coscienti (ne sono parte): la mente di ciascuno dell' esperienza cosciente di tale "ciascuno" insieme ai cervelli degli altri, il cervello di tale "ciascuno" nelle esperienze di altri insieme alla mente di ciascun altro.


X Viator

Ma a me pare che i cervelli, come tutte le cose materiali, hanno una forma macroscopica immediatamente evidente e dei costituenti microscopici scientificamente dimostrabili, mentre le esperienze coscienti ad essi necessariamente coesistenti (come scientificamente dimostrato) comprendono sensazioni materiali (circa le quali vedi immediatamente qui sopra) e costituenti mentali per i quali non vedo che senso possa avere il concetto di "forma" (che forma avrebbe mai un sentimento o un ragionamento?).

Mentre il concetto di sostanza mi sembra di scarsa utilità teorica (non mi aiuta a comprendere questo come altri problemi).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 24 Ottobre 2017, 22:47:38 PM
Citazione di: Phil il 24 Ottobre 2017, 20:58:39 PM
Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
constatazione dell'irriducibilità del darsi dei vissuti psichici a livello interiore, nell'esperienza interiore in prima persona, rispetto ai vissuti nelle forme fisiche con cui si manifestano per un occhio che osserva dall'esterno.
Concordo; la spiegazione scientifica e fisiologica di un fenomeno di coscienza non può coincidere con l'esperienza diretta (esistenziale e psicologica) del fenomeno stesso (come ci ricorda sempre il buon Sgiombo ;) ).
CitazioneGrazie della benevola citazione!

Per la verità per me la differenza non é fra la spiegazione scientifica di un fatto e il "vissuto" immediato in prima persona dello stesso fatto, ma fra due fatti ben diversi fra loro, anche se necessariamente coesistenti e biunivocamente corrispondenti: il mio essere felice é una cosa "A" appartenete alla mia coscienza, mentre invece ciò che accade nel mio cervello allorché sono felice ed é appartenente alla coscienza tua o di chiunque altro osservi il mio cervello negli appropriati modi  é una ben diversa cosa "B" appartenete alle coscienze tua o degli altri miei osservatori e viceversa.

Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
Se quest'ultima, la coscienza intesa nell'esperienza interiore del flusso dei vissuti, fosse solo u derivato secondario, un epifenomeno, del cervello, noi dovremmo vivere i nostri pensieri e sentimenti come localizzati in determinato luogo del corpo, allo stesso modo di quando proviamo dolore a una gamba se qualcuno ci dà un calcio in quel punto. Dolore, caldo, freddo sono sensazioni prodotte dal corpo manipolato da uno stimolo esterno fisico, mentre, personalmente, a me non è mai capitato di provare paura nel braccio o gioia o serenità alla ...nuca.
Se non sbaglio (e non lo escludo!) l'apparente localizzazione del dolore è solo un'illusione percettiva: la gamba ci fa male perché invia input al cervello che ci fa sentire il dolore (che quindi, come sensazione cosciente, "parte" dal cervello, che aumenta i battiti, tende i muscoli, etc.); se i nervi (o altre connessioni?) della gamba fossero recisi o fosse isolata la zona del cervello deputata al dolore, non sentiremmo più il dolore della/nella gamba, pur essendo rotta (credo, ma correggetemi pure, che molti antidolorifici funzionino così, ingannando il cervello piuttosto che risolvendo il problema/infiammazione/trauma...).
CitazioneIn realtà sia arto (dolente) che dolore sono nella esperienza cosciente di chi sente il dolore.
Il dolore é (sentito) nel braccio, il quale é (sentito) nella esperienza cosciente; ergo il dolore é (sentito) nell' esperienza cosciente, esattamente come la caramella é nella scatola, la quale é sul tavolo, ergo: la caramella é sul tavolo.

E' anzi noto che si sentono dolori in arti amputati: chi li sente sente l' arto dolente nella sua coscienza (pur essendo l' arto non presente intersoggettivamente nelle coscienze di chiunque lo osservi nella maniera adeguata), nell' arto localizza il dolore, ergo localizza il dolore nella sua coscienza nella quale é braccio).


Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: viator il 25 Ottobre 2017, 09:44:29 AM
Salve. Per Sgiombo: La forma non rappresenta l'insieme dei profili visibili di qualcosa. Tale parola è il condensato filosofico del termine struttura. LA FORMA E' LA STRUTTURA INTRINSECA DI QUALCOSA, CIOE' L'INSIEME DELLE RELAZIONI CHE NE LEGANO I COMPONENTI, GLI INGREDIENTI.

Con centomila mattoni identici collocati all'interno di volumi identici, si possono costruire centinaia di edifici diversi. La stessa qualità e quantità di sostanza, se diversamente disposta all'interno di un medesimo spazio, genera strutture diverse. IO SONO LA FORMA DELLA MIA COSCIENZA LA QUALE E' COSTITUITA DALL'INSIEME DEL TUTTO PERSONALIZZATO, INDIVIDUALE ED IMMATERIALE DEI COLLEGAMENTI TRA I NEURONI OSPITATI DALLA MIA SCATOLA CRANICA.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: baylham il 25 Ottobre 2017, 11:06:46 AM
C'è un riduzionismo materialistico, ma c'è anche un riduzionismo spiritualistico e tra i due il più sterile mi appare il secondo.

Mentre il riduzionismo materialistico, specificamente e complessivamente la neuroscienza, continua a progredire nella conoscenza sempre più dettagliata della struttura e dei processi del sistemi nervosi, del cervello, della mente degli animali, uomo compreso, dall'altra parte non vedo alcun progresso se non l'estrema difesa dell'impenetrabilità della coscienza, o dell'anima, o dello spirito alla conoscenza.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Sariputra il 25 Ottobre 2017, 15:24:29 PM
Citazione di: baylham il 25 Ottobre 2017, 11:06:46 AMC'è un riduzionismo materialistico, ma c'è anche un riduzionismo spiritualistico e tra i due il più sterile mi appare il secondo. Mentre il riduzionismo materialistico, specificamente e complessivamente la neuroscienza, continua a progredire nella conoscenza sempre più dettagliata della struttura e dei processi del sistemi nervosi, del cervello, della mente degli animali, uomo compreso, dall'altra parte non vedo alcun progresso se non l'estrema difesa dell'impenetrabilità della coscienza, o dell'anima, o dello spirito alla conoscenza.

Non sono molto d'accordo. La spiritualità sta vivendo un periodo di transizione, ma ci sono moltissimi fermenti ed esperienze interessanti in giro per il mondo e anche un'ampia rielaborazione in chiave più attualizzata di dottrine storiche o 'tradizionali'. Certo che, se l'argomento interessa poco o niente, tutto questo non si coglie...
Come una persona interessata solo alla spiritualità non coglie i progressi continui delle scienze naturali...
Ma è veramente un 'luogo comune' dire che tutta la spiritualità è arroccata in un'estrema difesa delle sue vecchie e 'vetuste' posizioni. Non si può usare il criterio del 'progresso' che si applica alle scienze naturali, alla spiritualità. Sono ambiti diversi a mio modesto parere... :)
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Phil il 25 Ottobre 2017, 19:55:21 PM
Anche per me, come per Sariputra (se non fraintendo), le differenze che impediscono di valutare scienza e spiritualità con i medesimi criteri sono piuttosto insormontabili: come osserva baylham, il progresso è una categoria scientifica, non religiosa; la scienza dice sempre "cose" nuove e scarta le vecchie, mentre la spiritualità non scarta le vecchie (magari svela che erano solo metafore ;) ) e cerca semmai di renderle attuali, aggiornate, spesso "ammorbidendole" un po'... la scienza scopre e inventa, la spiritualità rielabora la sua stessa storia.
I "classici" della spiritualità sono tutti già scritti (oggi mi pare che nascano perlopiù sincretismi, spiritualità fai-da-te, non culti ex novo, salvo casi tipo scientology o simili), e in quanto "classici", che magari hanno inaugurato una tradizione millenaria, hanno sempre qualcosa da dire, o almeno da suggerire, da bisbigliare all'uomo di tutte le epoche e di tutte le latitudini, poiché alcuni bisogni e alcune domande non hanno una scadenza storica e prescindono quasi totalmente dal contesto storico (basti pensare alle questioni esistenziali). Intendo che mentre nella scienza i testi più attuali sono i più "esatti" (o almeno vorrebbero esserlo), in campo spirituale invece i testi moderni sono spesso parafrasi dei classici, un modo contemporaneo di citare e riproporre principi antichi, antichi come alcune questioni a cui la scienza non ha dato ancora risposta... 
Una ulteriore asimmetria è che il riduzionismo neurologico "metabolizza" la dimensione spirituale sconfessandola, mentre quello spirituale riduce la neurologia e la materia ad un accidente contingente, ma non ne nega la sensatezza (anzi gli riconosce in genere una certa utilità strumentale).

Per me, l'essenziale umanità è fuori dalle spiegazioni del riduzionismo neurologico, ovvero, come ricordava davintro, è la qualità dell'esperienza diretta come vissuto (a prescindere dal risvegliarsi ed accorgersi di essere solo un cervello in vasca... e se addirittura fossi burattino fra i burattini, il ricordarmi che ho i fili non renderebbe meno avvincente il vivere le mie avventure nel teatrino della vita  :) ).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 25 Ottobre 2017, 21:12:48 PM
Per Viator
Mi sembra che la "forma" della tua coscienza, che suppongo consti di molteplici esperienze materiali (per esempio visioni di paesaggi, ascolto di musiche, degustazione di cibi e bevande, ecc.) e mentali (per esempio ricordi, immaginazioni, ragionamenti, sentimenti, ecc.), sia costituita da siffatti insiemi e successioni di sensazioni (materiali e mentali) e non affatto dall'insieme del tutto personalizzato, individuale ed esclusivamente materiale (perché solo ed unicamente materiale, costituito da molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, vuoto, ecc. é) dei collegamenti tra i neuroni ospitati dalla tua scatola cranica, che é ben diversa da paesaggi, musiche, sapori, immaginazioni, ricordi, sentimenti, ecc.; e che inoltre non é parte della tua coscienza, ma casomai delle coscienze di osservatori del tuo cervello; del quale solo (e non della tua coscienza) in esperienze "altrui" le connessioni sinaptiche "personalizzate" in esso presenti possono essere considerate "la forma".
 
Per Baylham
La neuroscienza continua a progredire (a mio parere senza scoperte effettivamente "rivoluzionarie", ma come "scienza normale", per dirla a là Kuhn, del quale peraltro non sono un estimatore, almeno dai tempi di Broca e Wernicke) nella conoscenza sempre più dettagliata della struttura e dei processi dei sistemi nervosi, dei cervelli degli animali, uomo compreso, ma non della mente (casomai delle correlazioni fra mente e cervello).
 

La mente, contrariamente alla materia (che é comunque anch' essa fatta di sensazioni fenomeniche "contenute" nelle, appartenenti alle coscienze), non può in linea di principio (e conseguentemente nemmeno di fatto) essere oggetto di conoscenza scientifica perché mancante delle caratteristiche dell' intersoggettività (detta anche "pubblicità") e della misurabilità, ma invece soggettiva (ovvero "privata") e incommensurabile.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: baylham il 26 Ottobre 2017, 15:59:29 PM
A sgiombo

La neuroscienza è un campo relativamente giovane, i progressi mi appaiono rilevanti, sia dal punto di vista teorico che tecnico.
Intuisco i problemi sottostanti alla ricerca scientifica sulla mente, forse sono irresolubili, il principale mi sembra l'autoreferenzialità e la relazione soggetto-oggetto. Infatti sono problemi schiettamente filosofici.
Posso immaginare che nel futuro il pensiero di un individuo possa essere letto attraverso una tecnologia. Già ora considero il linguaggio una causa ed effetto della mente. Inoltre comprendo il rigore e la precisione dei modelli matematici e quantitativi tuttavia non li considero essenziali per la scienza, che quindi può bene occuparsi della mente. Conosco la tua posizione dualistica sulla mente e cervello ma la mia posizione è monista. In particolare condivido l'impostazione biologica ed evoluzionista darwiniana di Edelmann.

a Sariputra e Phil.

Dal monismo ricavo che la filosofia, la scienza e la religione hanno campi e prospettive diverse ma non sono separate o separabili: ciascuna influisce ed è influenzata dalla altre. Non si può accogliere un principio della fisica o della chimica o della logica e contemporaneamente un principio filosofico o etico o religioso in contrasto con esso: come minimo si dovrebbe riconoscere la contraddizione e porsi il dubbio di quale sia valido. Anche nell'ambito religioso e filosofico vale il concetto di ordine e di progresso, sia pur relativo.

Dubito che ci sia un solo neuro scienziato che sostenga che il dolore sia un fatto fisico localizzato sulla parte colpita, come giustamente rilevato da Phil. La scienza è riduzionista per natura, ma gli scienziati più attenti e riflessivi sono consapevoli delle implicazioni filosofiche e spirituali e dei limiti del loro lavoro.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: viator il 26 Ottobre 2017, 18:04:38 PM
Salve a tutti. Per Sgiombo: tutto quello che citavi circa la mia (o altrui coscenza) rappresenta i CONTENUTI COSCIENTI DELLA MIA MENTE (poi ci sono i contenuti inconsci, ospitati dalla psiche) e non la FORMA della mia COSCIENZA.

Tornando alla descrizione di un edificio, quelli che citavi sono gli arredi degli ambienti dell'edificio, non la disposizione ed il ruolo dei diversi ambienti dell'edificio.
L'edificio ha anzitutto delle fondamenta: il corpo (senza il quale non esiste NESSUNO PSICHISMO, NESSUN MENTALISMO, NESSUNA SPIRITUALITA'). Sulle fondamenta poggia la struttura portante formata da colonne : l'istinto di sopravvivenza. A questo punto abbiamo uno scheletro che è in grado di reggersi (può quindi "sopravvivere" passivamente) ma è privo di funzioni chiare e ragionevoli.
Occorre completare, raffinare, RENDERE PIU' COMPLESSA la struttura, LA FORMA, per poter utilmente allestire l'edificio. Questo è il lavoro del costruttore, cioè dell'evoluzione darwiniana.
Si provvede allora a suddividere gli spazi interni per creare ambienti diversi. Al piano terreno creeremo un unico ambiente assai ampio e soprattutto pieno di aperture vetrate che permettano di veder fuori e, da fuori, di veder dentro (una specie di autosalone!!). Cinque vetrine che chiameremo SENSI. Servono per comunicare all'esterno o dall'esterno.
Al primo piano invece creeremo un ambiente privo di finestre: la PSICHE.
Al secondo piano, altro ambiente senza finestre : la MENTE, con un tramezzo che divide la COSCIENZA dall'INTELLETTO
Al terzo piano, l'ultimo ambiente. Anch'esso senza finestre ma con il soffitto di vetro perchè dovrà permettere agli occupanti di poter osservare solo ciò che è sopra di loro : si chiamerà CAPACITA' di ASTRAZIONE........................................
La parte più interessante della costruzione, una volta che essa risulti completata, sarà poi l'impianto elettrico, installato nelle colonne portanti, e che permetterà ai diversi piani di comunicare tra loro......................
A questo punto non posso però dilungarmi, ma è proprio oltre la CAPACITA' di ASTRAZIONE che inizia il cammino che genera lo SPIRITUALISMO, cioè la struttura sempre più minuta ed ordinata dell'interiorità - questa volta umana e non più edilizia - talmente complessa da non potersi nemmeno più chiamare STRUTTURA bensì' PURA FORMA. Infatti la COSCIENZA consiste nella capacità di concepire astrattamente sia il significato della propria identità che l'esistenza degli altri.

Perdonate la rozza allegoria con la quale ho cercato di spiegare in cosa consista la STRUTTURA di una costruzione indipendentemente dai materiali impiegati, dalla tinteggiatura delle pareti, dall'arredamento etc.
Mentre la STRUTTURA di una costruzione o di un essere umano può variare per robustezza o leggerezza, l'insieme delle funzioni svolgibili ed il grado della loro complessità vanno a costituire la FORMA INTRINSECA di una costruzione. In questo caso del nostro encefalo. Il quale si è geneticamente evoluto mantenendo (grosso modo) la stessa FORMA basata sulla stessa STRUTTURA e sulla stessa SOSTANZA che poi le nostre vicende individuali hanno riempito di CONTENUTI del tutto specifici.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 26 Ottobre 2017, 19:00:48 PM
Davintro,
sono d'accordo su tutta la parte di premessa, ho delle perplessità che la fenomenologia di Husserl a cui fai riferimento sia la strada "giusta". C'è un problema ontologico nel suo epochè o giudizio in sospensione.
Husserl è stato importante storicamente nel togliere lo steccato fra oggetto e soggetto, aprendo a due strade,
una filosofica che è l'esistenzialismo ,ma non in "senso stretto" e l'altro alla scienza naturale, perché dopo di lui
diverse branche di scienze hanno accettato questo nuovo approccio scientifico ,dalla psicologia alla corrente costruttivista.

Alla scienza chiederei semplicemente: ci sono 4 forze o interazioni fondamentali, elettromagnetismo, gravità ,
interazione nucleare debole, interazione nucleare forte.
Il pensiero a quale delle 4 forze risulterebbe? Le imaging utilizzano l'elettromagnetismo, un computer lavora sull'energia elettromagnetica ,il nostro corpo percepisce sensitivamente l'elettromagnetismo dai sensi.
Allora perché non appaiono i nostri pensieri? Siamo sicuri che è dominio fisico, quale energia porta al pensiero e quale energia costituisce il pensiero?
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 26 Ottobre 2017, 21:26:06 PM
Citazione di: baylham il 26 Ottobre 2017, 15:59:29 PM
A sgiombo

La neuroscienza è un campo relativamente giovane, i progressi mi appaiono rilevanti, sia dal punto di vista teorico che tecnico.
Intuisco i problemi sottostanti alla ricerca scientifica sulla mente, forse sono irresolubili, il principale mi sembra l'autoreferenzialità e la relazione soggetto-oggetto. Infatti sono problemi schiettamente filosofici.
Posso immaginare che nel futuro il pensiero di un individuo possa essere letto attraverso una tecnologia. Già ora considero il linguaggio una causa ed effetto della mente. Inoltre comprendo il rigore e la precisione dei modelli matematici e quantitativi tuttavia non li considero essenziali per la scienza, che quindi può bene occuparsi della mente. Conosco la tua posizione dualistica sulla mente e cervello ma la mia posizione è monista. In particolare condivido l'impostazione biologica ed evoluzionista darwiniana di Edelmann.

CitazioneNaturalmente sono anch' io ben consapevole delle nostre divergenze di opinioni sulla portata dei progressi compiuti dalla neurologia negli ultimi decenni e di quelle relative alle rispettive concezioni ontologiche.

Non comprendo però come la scienza possa fare a meno de- (non siano per essa essenziali) il rigore e la precisione dei modelli matematici e quantitativi (e dunque in che modo, per questo motivo, possa occuparsi della mente; ovviamente non nel senso di limitarsi a stabilire le corrispondenze fra processi cerebrali e processi coscienti, che mi pare fosse un programma scientifico ben chiaro e fuori discussione fin dai tempi di Broca e Wernicke).

Mi resta inoltre un dubbio circa la possibilità (che mi pare tu intenda in senso effettivo, pratico, di fatto e non solamente teorico, di principio) che nel futuro il pensiero di un individuo possa essere letto attraverso una tecnologia.
Non credo nel senso che si possano produrre macchine che, analizzando l' imaging neurologico esternamente osservabile intersoggettivamente da "osservatori" di un determinato cervello, riproducano esteriormente, intersoggettivamente, "in terza persona" le esperienze coscienti interiori, soggettive "in prima persona" o "private" ad esso corrispondenti, così da immediatamente farle sentire agli utilizzatori di tali macchine.
Questo infatti non é possibile nemmeno solo in linea teorica o di principio dal momento che inevitabilmente ciò che tali macchine farebbero percepire agli osservatori che le utilizzassero non potrebbe che essere costituito da dati empirici esterni, intersoggettivi, "in terza persona" e non da sensazioni interiori soggettive, "private" "in prima persona" ( e dunque non dal pensiero soggettivo, "privato" "in prima persona" dell' individuo in questione): quanto da me scritto qui sopra in grassetto é puramente e semplicemente contraddittorio.
Credo che in linea teorica o di principio (anche se non credo di fatto, per parte mia) ciò che simili macchine comunicherebbero agli osservatori di un determinato cervello che le impiegassero potrebbe al massimo essere costituito da una sorta di resoconto linguistico simile alla descrizione che del proprio pensiero potrebbe fare il "titolare" del cervello osservato (che non é una sorta di impossibile perché autocontraddittoria sensazione pubblica in terza persona di quanto privatamente sta esperendo in prima persona).

Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 26 Ottobre 2017, 21:41:03 PM
Citazione di: viator il 25 Ottobre 2017, 09:44:29 AM
Salve. Per Sgiombo: La forma non rappresenta l'insieme dei profili visibili di qualcosa. Tale parola è il condensato filosofico del termine struttura. LA FORMA E' LA STRUTTURA INTRINSECA DI QUALCOSA, CIOE' L'INSIEME DELLE RELAZIONI CHE NE LEGANO I COMPONENTI, GLI INGREDIENTI.

Con centomila mattoni identici collocati all'interno di volumi identici, si possono costruire centinaia di edifici diversi. La stessa qualità e quantità di sostanza, se diversamente disposta all'interno di un medesimo spazio, genera strutture diverse. IO SONO LA FORMA DELLA MIA COSCIENZA LA QUALE E' COSTITUITA DALL'INSIEME DEL TUTTO PERSONALIZZATO, INDIVIDUALE ED IMMATERIALE DEI COLLEGAMENTI TRA I NEURONI OSPITATI DALLA MIA SCATOLA CRANICA.
CitazioneCome con centomila mattoni identici collocati all'interno di volumi identici, si possono costruire centinaia di edifici diversi, e non altre cose che edifici (nessun fiore, frutto o animale, per esempio), così con miliardi e più di diverse connessioni sinaptiche in diversi cervelli si possono realizzare moltissimi diversi cervelli in moltissime diverse situazioni funzionali.
Ma le numerosissime esperienze coscienti ciascuna delle quali necessariamente corrisponderebbe a ciascuno di tali cervelli non sarebbero comunque la stessa cosa di tali cervelli, non si identificherebbero con essi.

Dunque la forma del tuo cervello percepibile da altri intersoggettivamente "in terza persona" (qualsiasi cosa sia: confesso che non l' ho ben capito) ) é una cosa, la forma (qualsiasi cosa sia) della tua esperienza cosciente percepita da te soggettivamente "in prima persona" é ben altra cosa (essendo cose reciprocamente ben diverse quelle delle quali sono le forme).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 26 Ottobre 2017, 21:59:47 PM
Citazione di: viator il 26 Ottobre 2017, 18:04:38 PM
Salve a tutti. Per Sgiombo: tutto quello che citavi circa la mia (o altrui coscenza) rappresenta i CONTENUTI COSCIENTI DELLA MIA MENTE (poi ci sono i contenuti inconsci, ospitati dalla psiche) e non la FORMA della mia COSCIENZA.

Tornando alla descrizione di un edificio, quelli che citavi sono gli arredi degli ambienti dell'edificio, non la disposizione ed il ruolo dei diversi ambienti dell'edificio.
L'edificio ha anzitutto delle fondamenta: il corpo (senza il quale non esiste NESSUNO PSICHISMO, NESSUN MENTALISMO, NESSUNA SPIRITUALITA'). Sulle fondamenta poggia la struttura portante formata da colonne : l'istinto di sopravvivenza. A questo punto abbiamo uno scheletro che è in grado di reggersi (può quindi "sopravvivere" passivamente) ma è privo di funzioni chiare e ragionevoli.
Occorre completare, raffinare, RENDERE PIU' COMPLESSA la struttura, LA FORMA, per poter utilmente allestire l'edificio. Questo è il lavoro del costruttore, cioè dell'evoluzione darwiniana.
Si provvede allora a suddividere gli spazi interni per creare ambienti diversi. Al piano terreno creeremo un unico ambiente assai ampio e soprattutto pieno di aperture vetrate che permettano di veder fuori e, da fuori, di veder dentro (una specie di autosalone!!). Cinque vetrine che chiameremo SENSI. Servono per comunicare all'esterno o dall'esterno.
Al primo piano invece creeremo un ambiente privo di finestre: la PSICHE.
Al secondo piano, altro ambiente senza finestre : la MENTE, con un tramezzo che divide la COSCIENZA dall'INTELLETTO
Al terzo piano, l'ultimo ambiente. Anch'esso senza finestre ma con il soffitto di vetro perchè dovrà permettere agli occupanti di poter osservare solo ciò che è sopra di loro : si chiamerà CAPACITA' di ASTRAZIONE........................................
La parte più interessante della costruzione, una volta che essa risulti completata, sarà poi l'impianto elettrico, installato nelle colonne portanti, e che permetterà ai diversi piani di comunicare tra loro......................
A questo punto non posso però dilungarmi, ma è proprio oltre la CAPACITA' di ASTRAZIONE che inizia il cammino che genera lo SPIRITUALISMO, cioè la struttura sempre più minuta ed ordinata dell'interiorità - questa volta umana e non più edilizia - talmente complessa da non potersi nemmeno più chiamare STRUTTURA bensì' PURA FORMA. Infatti la COSCIENZA consiste nella capacità di concepire astrattamente sia il significato della propria identità che l'esistenza degli altri.

Perdonate la rozza allegoria con la quale ho cercato di spiegare in cosa consista la STRUTTURA di una costruzione indipendentemente dai materiali impiegati, dalla tinteggiatura delle pareti, dall'arredamento etc.
Mentre la STRUTTURA di una costruzione o di un essere umano può variare per robustezza o leggerezza, l'insieme delle funzioni svolgibili ed il grado della loro complessità vanno a costituire la FORMA INTRINSECA di una costruzione. In questo caso del nostro encefalo. Il quale si è geneticamente evoluto mantenendo (grosso modo) la stessa FORMA basata sulla stessa STRUTTURA e sulla stessa SOSTANZA che poi le nostre vicende individuali hanno riempito di CONTENUTI del tutto specifici.
CitazioneMa mentre le fondamenta, i pilastri portanti, i muri, gli intonaci, le finestre, ecc. di un edificio sono in continuità fisica gli uni con gli altri ed esercitano reciprocamente effetti gli uni sugli altri, invece la coscienza non é in continuità col corpo e col cervello, il quale é un insieme di ben diverse sensazioni fenomeniche all' interno di altre coscienze diverse da quella che vi corrisponde.

Ciò che chiami psiche, mente, intelletto, capacità di astrazione mi sembrano in realtà i processi cerebrali a queste funzioni mentali (sulle quali avrei motivi di dissenso che però non mi sembrano essenziali per la comprensione del problema; io per esempio ritengo che tutto ciò che é mentale debba necessariamente essere cosciente) corrispondenti, e non esse stesse.

La selezione naturale ha prodotto (fra l' altro) i cervelli degli animali (uomo compreso) così come sono; ma sulle menti coscienti che ai cervelli corrispondono non ha avuto alcun effetto, dal momento che ai cervelli potrebbero anche non corrispondere esperienze coscienti (altri uomini e animali potrebbero essere delle specie di zombi privi di coscienza comportatisi esattamente come se di coscienza fossero corredati) e nulla cambierebbe nella realtà fisica, e non potremmo accorgercene in alcun modo (e così pure, per dirlo con una metafora antropomorfica, nemmeno la selezione naturale potrebbe accorgersene).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: baylham il 27 Ottobre 2017, 16:08:54 PM
A sgiombo

Non contesto affatto alla scienza l'impiego di modelli formali matematici, quantitativi, ritengo che non siano essenziali. L'evoluzionismo di Darwin, che considero la teoria scientifica più rivoluzionaria, non ha richiesto alcun modello formale matematico per essere formulato.

Sulla lettura del pensiero. Il pensiero ha la forma del linguaggio, il linguaggio è una tecnica di comunicazione tra gli uomini. C'è un linguaggio interiore, il pensare, il parlarsi, e uno esteriore, l'esprimere il pensiero, il parlare all'altro. Come è possibile comprendere il linguaggio esteriore immagino che sia possibile l'invenzione di un congegno tecnologico che legga, senta, riveli il pensiero interiore. Ovviamente non ritengo possibile l'immedesimazione delle coscienze, la cessazione della distinzione, relazione tra soggetto ed oggetto, tra esperienza interiore ed esteriore, come è altrettanto impossibile l'autoreferenzialità della coscienza. Questi sono temi centrali della filosofia ma riguardano anche la scienza e la religione.


Tornando al nucleo dell'argomento ripeto la mia impressione che si imputi alla scienza, nello specifico la neuroscienza, delle limitazioni di cui molti scienziati sono consapevoli, mentre tali deficienze andrebbero attribuite in maggior grado alla religione e alla filosofia, dato che le condizioni da cui originano fanno parte dei loro temi principali.

Studiare la mente in termini di forze elettromagnetiche, ormoni, sinapsi è estremamente riduttivo, ma quale approccio, indirizzo alternativo propone la filosofia o la religione? Qualche indicazione, per esempio, su come accade che la realtà spirituale o Io o anima sia influenzata da allucinogeni, psicofarmaci o altre sostanze oppure dalle demenza senile o malattia di Alzheimer.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 27 Ottobre 2017, 19:57:12 PM
Citazione di: baylham il 27 Ottobre 2017, 16:08:54 PM
A sgiombo

Non contesto affatto alla scienza l'impiego di modelli formali matematici, quantitativi, ritengo che non siano essenziali. L'evoluzionismo di Darwin, che considero la teoria scientifica più rivoluzionaria, non ha richiesto alcun modello formale matematico per essere formulato.
CitazioneLa scienza empirica (prescindendo dalla matematica pura) non é di certo limitata alla biologia, ma comprende anche la fisica, la chimica, la cosmologia, la geologia, ecc., per le quali l' applicazione della matematica, del suo formalismo, dei suoi calcoli e operazioni quantitative é essenziale.
Dunque, se anche alcune sue branche possono forse farne a meno, non ne può fare a meno di certo la scienza complessivamente intesa.



Sulla lettura del pensiero. Il pensiero ha la forma del linguaggio, il linguaggio è una tecnica di comunicazione tra gli uomini. C'è un linguaggio interiore, il pensare, il parlarsi, e uno esteriore, l'esprimere il pensiero, il parlare all'altro. Come è possibile comprendere il linguaggio esteriore immagino che sia possibile l'invenzione di un congegno tecnologico che legga, senta, riveli il pensiero interiore. Ovviamente non ritengo possibile l'immedesimazione delle coscienze, la cessazione della distinzione, relazione tra soggetto ed oggetto, tra esperienza interiore ed esteriore, come è altrettanto impossibile l'autoreferenzialità della coscienza. Questi sono temi centrali della filosofia ma riguardano anche la scienza e la religione.
CitazionePenso che il pensiero linguistico possa essere comunicato con notevole precisione (quasi sempre, per fortuna, più che sufficiente per intendersi ragionevolmente bene).
La questione che ponevo é che per pensiero si intendono solitamente sensazioni coscienti mentali, esperite privatamente, soggettivamente, "in prima persona", e queste possono essere comunicate ad altri da parte di chi le esperisce e (e in linea teorica ma non in pratica, secondo la mia certamente discutibile opinione) da eventuali congegni artificiali che le ricavassero dall' attività cerebrale di chi le esperisce solo indirettamente attraverso simboli verbali materiali (sonori o visivi), intersoggettivi, vissuti (e non: espressi grammaticalmente) "in terza persona" dal significato condiviso, e non come immediata "condivisione" degli stessi: ciò che accade nelle altre esperienze coscienti ci può essere comunicato a mezzo del linguaggio, non "mostrato" o "fatto sentire" immediatamente come tale, a nessun uomo e a nessuna futuribile macchina é dato di "sbirciare" nelle coscienze altrui.
Ma questa non era propriamente un' obiezione a quanto da te affermato, ma una precisazione a mio avviso necessaria (e tale da evidenziare le differenze fra coscienza e cervello, l' impossibilità di identificare l' una con l' altro) che ti chiedevo se condividi, come mi pare chiaro di fatto sia da questa tua risposta.



Tornando al nucleo dell'argomento ripeto la mia impressione che si imputi alla scienza, nello specifico la neuroscienza, delle limitazioni di cui molti scienziati sono consapevoli, mentre tali deficienze andrebbero attribuite in maggior grado alla religione e alla filosofia, dato che le condizioni da cui originano fanno parte dei loro temi principali.

Studiare la mente in termini di forze elettromagnetiche, ormoni, sinapsi è estremamente riduttivo, ma quale approccio, indirizzo alternativo propone la filosofia o la religione? Qualche indicazione, per esempio, su come accade che la realtà spirituale o Io o anima sia influenzata da allucinogeni, psicofarmaci o altre sostanze oppure dalle demenza senile o malattia di Alzheimer.
CitazionePer parte mia trovo non più né meno grossolanamente errato e falso dello "spiritualismo o del dualismo interazionista" delle religioni il monismo materialista molto diffuso soprattutto fra i cultori di neuroscienze, specialmente fra quelli che amano spesso discettare di filosofia della mente senza avere un' adeguata preparazione in materia, ma piuttosto radicati pregiudizi "da senso comune" e finiscono generalmente per pretendere di ridurre la mente al cervello..
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: davintro il 03 Novembre 2017, 17:01:46 PM
grazie a tutti per gli spunti!
 
non volevo negare la necessità di uno studio della componente materiale del cervello, quindi do ragione a Jacopus riguardo l'ammettere la validità dei risultati delle scienze naturali, come appunto le neuroscienze, anche perché io non intendevo soffermarmi sullo studio del cervello in sé, ma provavo ad argomentare la non esauribilità a partire dal cervello dei temi della coscienza, e dell'aspetto spirituale. Considerando lo spirituale non come sostanza separata ma forma immanente alla materia, lo stesso cervello, non è, come nessun ente, pura materia, bensì materia formata, da una forma che consiste nel principio vitale e razionale che lo configura in un certo modo e lo determina come supporto dalle varie funzionalità cognitive, nonché supporto del formarsi dei vari vissuti sensibili o sentimentali-assiologici che costituiscono il flusso di coscienza. Inteso in questo modo, la stessa localizzazione cerebrale di alcune componenti psichiche non andrebbe necessariamente interpretata come fisico causa efficiente dello psichico, ma al contrario come modellazione del fisico per rendersi adeguato all'essere supporto della forma psichica che pone la materia come contenuto del suo interagire con l'esterno. In questo senso la validità dei risultati delle scienze naturali, fintanto che indagano la materialità del cervello, va certamente riconosciuta, come integrazione ai risultati dell'approccio filosofico, fintanto che non presumono di essere onniesplicativi del problema della coscienza, travalicando i limiti ontologici del loro ambito di attinenza, quello materiale, che non esaurisce la realtà in questione, anche se ne fa parte a pieno titolo.
 
Rispondendo a Phil mi verrebbe da dire che il riconoscimento del ruolo fondamentale del cervello nella percezione localizzata del dolore, non cambia il senso del mio discorso riguardo la localizzazione spaziale dei sentimenti sensibili come appunto il dolore, che il meccanismo comprenda come medium necessario il cervello, non cambia il fatto che il dolore viene avvertito nel punto in cui il corpo subisce un'azione causale di un oggetto, in un rapporto di causalità prettamente fisico, e che dunque la spazializzazione di un vissuto sia una ragione sufficiente per ammettere un dualismo tra vissuti caratterizzati da tale spazializzazione, e quelli che non lo sono, e che dunque dovrebbero essere ricondotti ad un'origine distinta da quella corporea, seppur mai separata da essa, cioè l'Io inteso come soggetto di atti intenzionali regolati da una causalità non di tipo fisico, ma motivazionale, spirituale, una causalità che non consiste nel "mi dai un calcio alla gamba ergo provo dolore", ma nel "mi stai a cuore ergo mi preoccupo per te". Non sentirei il dolore se fossero recisi i nervi, ma in ogni caso il presupposto del dolore è la presenza di una certa struttura fisica, che comprende i nervi, e ciò è sufficiente per ricondurlo nella serie di vissuti la cui origine può essere spiegate fermandosi al livello della dimensione psico-fisica, ma non spirituale, che era il punto che mi interessava quando sono andato a esporre.
 
Concordo con la precisazione di Sgiombo riguardo la considerazione del cervello come "strumento". Effettivamente messa come l'avevo posta parlare di "strumentalità" poteva sembrare alludere a un rapporto troppo estrinseco tra mente e cervello, come se quest'ultimo fosse solo qualcosa che, una volta effettuata una certa azione, potrebbe anche essere dismesso o sostituito da qualcos'altro, come noi usiamo forbici o tagliacarte come strumenti, solo fino a quando non ne troviamo di più efficienti per poterli sostituire. In realtà il cervello è condizione necessaria per il funzionamento di attività cognitive, che private di un contenuto materiale a cui applicarsi non potrebbero in alcun modo porsi come sostanza autosufficiente. Intendendo l'uomo non come puro forma, né come pura materia, ma sintesi delle due componenti, allora è inevitabile che l'interazione con il mondo esterno, nelle quali le funzioni cognitive si attuano, cioè l'interazione con l'ambito della causalità fisica, presupponga il coinvolgimento della materialità, che sia adeguata a esprimere la forma immateriale che le attribuisce il proprio modo d'essere e funzionalità. In questo senso parlavo di "strumento", adeguazione della materia ai fini posti dalla coscienza, che però a sua volta necessita di tale substrato materiale per interagire con un mondo materiale a sua volta composto da enti materiali.
 
La coincidenza essere-apparenza la riferisco alla coscienza intesa come complesso degli atti di un Io cosciente, cioè complesso di vissuti intesi dal punto di vista soggettivo, il residuo del radicalizzarsi del dubbio riguardo le pretese conoscitive dei giudizi riferiti al mondo, inteso come insieme di fatti esistenti. In questo senso, non è possibile negare la realtà della coscienza: posso mettere in dubbio i giudizi riferiti al mondo dei fatti oggettivi , trascendenti, ma non la mia esperienza soggettiva, che in quanto tale, soggettiva, non rientra tra gli oggetti del giudizio, dunque è sempre al riparo da ogni possibile dubbio riferito a quei giudizi. Va distinto il soggetto empirico, anche se portatore di coscienza, e il soggetto trascendentale. Quell'esistenza soggettiva, che resterebbe reale anche in assenza di attività soggettiva mentale (i casi del sonno senza sogni, del coma ecc.), rientra nell'aspetto empirico, che effettivamente rientra tra l'ambito potenziale della messa in discussione, effettivamente per quanto ne so, potrei smettere di esistere nel sonno, e nel come, per poi tornare di nuovo all'esistenza ad ogni risveglio, dato che non esisterebbe un'autocoscienza che attesti una reale continuità. L'esistenza che invece non può essere messa in discussione, cioè rientra nell'ambito del non-dualismo tra verità e apparenza, è il soggetto trascendentale, quel nucleo del soggetto pensante la cui esistenza è necessariamente dedotta dall'esistenza della coscienza, come abbiamo visto necessaria. Una volta ammessa la non dubitabilità della mia coscienza, questa però richiede, per la sua attualità reale, che non sia solo astrazione, ma che sia supportata da un soggetto reale, avente una reale energia psichica che renda possibile il concretizzarsi dei vissuti della coscienza, anche se di tale soggetto, l'indubitabilità dovrebbe restare entro i limiti per i quali esso si pone come necessario supporto della coscienza, a sua volta riconosciuta indubitabile. Cioè se nella coscienza essere e apparenza coincidono, ma a sua volta la coscienza presuppone un soggetto reale, un Io dal quale i suoi atti di esperienza vissuta scaturiscono, allora anche tale soggetto va "salvato" dalla dubitabilità. Del resto la coincidenza realtà-apparenza nel mio post di apertura l'aveva esplicitamente riservata solo alla "coscienza", senza tirare in ballo "soggetti" o "oggetti", proprio alla luce dell'ambiguità della nozione di "soggetto" che può essere considerata in modo diverso, o empirico o trascendentale, dubitabile o indubitabile.
 
Non ho capito come si concilierebbe il rifiuto del riduzionismo materialista per cui la connotazione materiale determinerebbe i vissuti della coscienza con il negare che sia il desiderio dell'azione ad essere la causa dell'azione stessa. Se la coscienza non si esaurisce nella causalità fisica, allora nemmeno le azioni volontarie che provengono da vissuti cosciente, come gli impulsi volontari dovrebbero essere determinati dalle reazioni volontarie, ma proprio dai desideri di compiere le azioni. Tramite l'introspezione noi siamo in grado, di riconoscere le motivazioni che stanno dietro alle azioni, motivazioni legate al sentire etico, il sentire valoriale che differisce da individuo a individuo. Se fosse il cervello la causa fondamentale delle nostre azioni, queste dovrebbero essere pressoché identiche da persona a persona, sulla base di una sostanziale uguaglianza della struttura fisica del cervello, mentre in realtà la differenza proviene da qualcosa di non materiale come il carattere, cioè la sensibilità valoriale che differisce in ogni singolo individuo. Il che non esclude la convergenza di una causalità materiale, la predisposizione materiale del corpo, a partire appunto dal cervello, ad essere adeguato ad assecondare la spinta psichica proveniente dal nostro libero (entro certi limiti) arbitrio.
 
 
Per Angelo Cannata
 
Il rifiuto estremo di qualunque razionalità oggettivante, se coerentemente seguito, impedirebbe qualunque comunicazione e discussione teoretica, dato che il presupposto di ogni confronto è pur sempre la convinzione che ciò si pensa corrisponda alla realtà oggettiva. Non c'è pensiero senza oggettività, il pensiero è proprio ciò tramite cui si supera il livello esperienziale in cui subisce passivamente il flusso dei dati sensibili proveniente dall'influsso degli oggetti esterni, senza alcuna possibilità di rielaborazione e critica, finché si giunge a un livello di distacco che consente di porre il flusso come oggetto distinto da noi, polo verso cui potersi rivolgere attivamente, interpretandolo, concettualizzandolo, individuando delle forme e delle leggi, cosicché il flusso di pure sensazioni immediate diviene mondo di oggetti, latori di un senso che il soggetto può riconoscere. E se spiritualità vuol dire capacità di dare un senso e un valore alle cose, allora essa presuppone necessariamente l'oggettivazione. Ma non solo la comunicazione dialettica, ma anche quella narrativa, quella in cui uno invece di esporre un pensiero, racconta di sé, della propria vita, degli eventi individuali, comunicazione che poi si esprime nelle forme dell'estetica, romanzi, poesie, arti figurative..., diverrebbe impossibile senza pensiero oggettivante. Perché anche quando esprimo una verità soggettiva, che riguarda me, io sto pur sempre riflettendo su di me, cioè oggettivando me stesso, divengo il tema oggettivo a cui la mia attività riflettente, e poi la mia attività espressiva-linguistica si riferisce. In pratica la condanna del pensiero oggettivamente implica la condanna di ogni forma di comunicazione, dato che le parole non sono cose individuali, ma generalizzazioni che il pensiero produce per astrazione dalle cose individuali, che subiscono la nostra attività astrattiva nella misura in cui sono oggetti della nostra coscienza, cioè riconoscibili come distinti rispetto al soggetto, di fronte a noi.


Per Baylam

non necessariamente il "progresso" è un parametro adeguato di validità di un sapere rispetto a un altro. Non ha senso dire che le scienze naturali sarebbero più valide della metafisica perché maggiormente progressive. Ciò che rende valida una forma di sapere è il rispecchiamento della natura degli oggetti che costituiscono il loro ambito di ricerca. L'ambito della metafisica sono i princìpi primi, immutabili in quanto assoluti dell'essere, le altre scienze si occupano della realtà contingente diveniente, quindi nel loro punto di vista la progressività è fondamentale, intesa come costante aggiornamento delle teorie in relazioni al divenire reale dei loro oggetti di studio. Ma non ha senso porre tale progressività come fattore "vincente" in confronto alla metafisica, in quanto la metafisica, mirante a individuare princìpi e leggi aprioriste e immutabili, non deve mirare a essere progressiva, ma deve raggiungere certezze il più possibile definitive, che rispecchino il carattere d' immutabilità, cioè necessità, dei propri oggetti di indagine. Se mi interessa cogliere i princìpi immutabili, allora il divenire della ricerca non potrebbe essere elemento positivo, ma limitativo, in quanto testimoniante l'incapacità di raggiungere il fine della ricerca, cioè una visione teorica definitiva che rispecchi l'immutabilità degli oggetti della visione. Cioè non ha a mio avviso senso, confrontare le scienze naturali, empiriche e induttive, con la razionalità metafisica deduttiva e speculativa, sulla base di un parametro, quello della "progressività" totalmente interno all'ottica di una delle parti in confronto, cioè le scienze naturali.

Senza contare che il termine "progresso" presuppone una valenza positiva, qualcosa che tende verso il miglioramento, applicato alla conoscenza, vorrebbe dire che i risultati della ricerca migliorerebbero via via lo stato attuale e provvisorio delle conoscenze scientifiche in direzione del conseguimento di una meta ideale, cioè il sapere assoluto e totalizzante. Per dire che la scienza amplia sempre di più la verità sulle cose io devo per forza presupporre un ideale, un modello regolativo di "verità" in relazione al quale lo stato delle ricerche si starebbe sempre più avvicinandosi. Se io parto da Milano e affermo di stare sempre più avvicinandomi a Roma, come potrei affermarlo se non avessi già in questo momento un'idea della locazione di Roma? Dunque affermare che le scienze naturali siano "progressive" implica porre apriosticamente un'idea di verità universale, seppur vaga e generica, del fine verso cui i risultati di tali scienze starebbero conducendo l'uomo, ed è la filosofia a definire l'ideale regolativo di verità universale, certo non ricavabile per via empirica, dunque a individuare il fine ultimo e il senso del divenire della scienza. Tutto ciò è ulteriore testimonianza che ogni critica alla filosofia, come il contrapporre alla sua (presunta) staticità il valore progressivo delle scienze particolari, è pur sempre critica filosofica. Solo la filosofia possiede gli strumenti per criticare se stessa. Ecco perché tutti gli epistemologi, coloro che hanno riflettuto sulla scienza, sui suoi metodi, sui fini, sulle possibilità, i limiti ecc. sono sempre filosofi, l'epistemologia è una branca della filosofia, filosofia della scienza, mentre non mi risulta esistano branche della fisica, della chimica, della biologia che riflettano sui problemi filosofici, ed ecco perché lo stesso positivismo che in nome del progresso delle scienze sperimentali vedeva lo spazio della metafisica via via ridursi fino a scomparire, era a tutti gli effetti una corrente filosofica, non scientifica. Sono convinto che gli scienziati, quelli autentici e seri, non trovino in alcun modo sensato contrapporre il loro lavoro a quello dei filosofi, sentendosi migliori, ma si limitino a concentrarsi sul loro lavoro rispettando la distinzione dei diversi ambiti di ricerca, senza sconfinare o squalificare gli ambiti a loro trascendenti.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Phil il 03 Novembre 2017, 23:05:12 PM
Citazione di: davintro il 03 Novembre 2017, 17:01:46 PM
il senso del mio discorso riguardo la localizzazione spaziale dei sentimenti sensibili come appunto il dolore, che il meccanismo comprenda come medium necessario il cervello, non cambia il fatto che il dolore viene avvertito nel punto in cui il corpo subisce un'azione causale di un oggetto, in un rapporto di causalità prettamente fisico, e che dunque la spazializzazione di un vissuto sia una ragione sufficiente per ammettere un dualismo tra vissuti caratterizzati da tale spazializzazione, e quelli che non lo sono, e che dunque dovrebbero essere ricondotti ad un'origine distinta da quella corporea, seppur mai separata da essa, cioè l'Io inteso come soggetto di atti intenzionali regolati da una causalità non di tipo fisico, ma motivazionale, spirituale, una causalità che non consiste nel "mi dai un calcio alla gamba ergo provo dolore", ma nel "mi stai a cuore ergo mi preoccupo per te".
Non è il tema centrale, ma vorrei capire meglio questa dualità fra vissuti spazializzati e non-spazializzati. Nel mio piccolo, mi pare che anche i vissuti psichici-emotivi abbiano una "spazializzazione": il mio "preoccuparmi per te"(riprendo il tuo esempio, non dico sul serio ;D ) ha un suo posto nella mia coscienza/spirito/anima/psiche/etc. che, almeno in questo caso, mi sembra localizzata stabilmente nel mio cervello. Lo dimostra la variazione dei parametri fisiologici gestiti dal cervello (se sono in ansia per te avrò battiti alti e altri sintomi fisici tutti regolati, se non erro, proprio dal cervello), inoltre tale ansia sfumerà quando il mio cervello sarà distratto da altro (supponiamo l'incontro improvviso con un vecchio amico che mi riporta alla memoria episodi passati emotivamente rilevanti). Reazioni fisiche (vissute emotivamente) e attività di pensiero condizionante: il ruolo del cervello non è quindi marginale nel mio all'essere preoccupato per te; come/perché supporre che tuttavia ci sia dell'altro?

Indubbiamente non ho una percezione sensibile del mio cervello e della sua attività, come non ho una percezione sensibile di un mio rene e della sua funzione (salvo sia ammaccato o dolorante); infatti se mi chiedi esattamente dov'è, non so indicartelo per sensazione percettiva, ma solo per cognizione di (carenti) studi del corpo umano, ma ciò non toglie che il mio rene funzioni (almeno spero!). Ugualmente i fenomeni di coscienza psichica-emotiva, suppongo ma non sono affatto erudito in materia, siano plausibilmente localizzati nel cervello, poiché neurotrasmettitori e altre "strutture biologiche" producono, rispondendo a stimoli esterni, una reazione fisica che io vivo (rieccoci a "spiegazione vs vissuto") come ansia, gioia, perplessità, etc.
Forse mi dirai che la gioia non ha solo il suo aspetto fisiologico, ma ciò comporterebbe, radicalizzando, che si possa provare gioia anche senza secrezione di endorfina, serotonina o non so quale altra sostanza, perché in fondo è l'anima/psiche/spirito a gioire in sé... siamo sicuri sia possibile un qualche forma di verifica di ciò?
Oppure alludi forse a una catena di reazioni di questo tipo: tu mi dici una bella notizia / la percepisco con l'udito / il mio cervello decodifica il senso di quei suoni / il senso piace alla mia anima-psiche-spirito / l'anima-psiche-spirito innesca un meccanismo cerebrale / il cervello attiva la secrezione di serotonina o altro / provo gioia e annesse reazioni fisiologiche (sorrido, etc.)?
Non si ritorna sempre all'atavica questione aporetica di spiegare come l'immateriale (spirito o altra postulazione) condizioni il materiale (corpo)?
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Sariputra il 04 Novembre 2017, 00:25:17 AM
Il problema della coscienza non è univoco. Le neuroscienze al momento attuale non sono in grado di fornire dati sui meccanismi interni del cervello tali da poter spiegare il funzionamento della coscienza e come essa abbia la qualità di emergere dall'attività bioelettrica dei neuroni. Ciò che è possibile attendersi dalla ricerca è l'individuazione nelle strutture del cervello dei correlati neurofisiologici di ciascuna esperienza mentale. Nella consapevolezza che non potrà mai trattarsi di un'equivalenza che abbia il valore di una simmetria funzionale tra struttura neuronale e pensiero.
......... ........

Allos tesso tempo il contributo di altri ricercatori (Parnia 2007) ha messo in evidenza che la coscienza e la mente, in condizione di sospensione della circolazione cerebrale che si determina durante l'arresto cardiaco, continuano a funzionare, mentre si riscontra che l'attività elettrica del cervello è cessata.

( Luigi Scoppola- Il rapporto tra mente e cervello)

Un piccolo contributo alla discussione, che comunque mi sembra di aver compreso fosse già stato toccato da altri... :)
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Angelo Cannata il 04 Novembre 2017, 01:03:51 AM
Mi aveva incuriosito quest'affermazione a prima vista straordinaria, ma poi, come sempre succede, appena si comincia ad approfondire, tutto svanisce come minimo nell'incertezza, quando non chiaramente nella fantasia o nell'impostura.

Come ha fatto Parnia a giungere all'affermazione che in mancanza di attività cerebrale c'era coscienza? Semplicissimo: si è basato sui racconti dei pazienti, i quali riferivano ricordi relativi a quei momenti.

Ma è ovvio che possedere il ricordo di qualcosa non significa affatto che quel qualcosa si sia davvero verificato.

In questo senso viene in mente un paragone molto facile: è risaputo che persone, che purtroppo avevano dovuto subire l'amputazione di un arto, nonostante i loro stessi occhi dicessero alla loro coscienza che quell'arto non c'era più, avevano la netta sensazione che quell'arto ci fosse ancora. Secondo il criterio di Parnia, questa sarebbe una chiara dimostrazione che esiste un corrispettivo spirituale (o immateriale, chiamiamolo come vogliamo), ad esempio, di una gamba. La gamba ha una sua anima, tant'è vero che l'interessato la percepisce perfettamente presente anche dopo che è stata amputata.

Riguardo all'affermazione di davintro,
Citazione di: davintro il 03 Novembre 2017, 17:01:46 PMNon c'è pensiero senza oggettività
mi viene in mente un altro semplice paragone: secondo questo criterio, anche un gatto potrebbe affermare tranquillamente che non esiste pensiero senza fare "miao", o fisicamente o come minimo mentalmente. La cosa interessante è che questo gatto non potrà mai essere smentito: egli potrà sempre ribattere che siamo noi a non accorgerci che, tutte le volte che elaboriamo un pensiero, in realtà la nostra mente, senza accorgersene, s'immette nella struttura mentale del fare "miao".

Voglio dire, quando uno s'immette in uno schema mentale e decide di mantenersi ermeticamente al suo interno, non solo tutti i suoi conti tornano, ma non esiste neanche alcuna possibilità di smentire le sue affermazioni.

Il problema è che ciò vale per qualsiasi sistema mentale, cosicché alla fine tornano i conti e non c'è possibilità di smentita sia per chi dice che due e due fanno quattro, sia per chi dice che fa cinque.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Sariputra il 04 Novembre 2017, 08:20:23 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 04 Novembre 2017, 01:03:51 AMMi aveva incuriosito quest'affermazione a prima vista straordinaria, ma poi, come sempre succede, appena si comincia ad approfondire, tutto svanisce come minimo nell'incertezza, quando non chiaramente nella fantasia o nell'impostura. Come ha fatto Parnia a giungere all'affermazione che in mancanza di attività cerebrale c'era coscienza? Semplicissimo: si è basato sui racconti dei pazienti, i quali riferivano ricordi relativi a quei momenti. Ma è ovvio che possedere il ricordo di qualcosa non significa affatto che quel qualcosa si sia davvero verificato. In questo senso viene in mente un paragone molto facile: è risaputo che persone, che purtroppo avevano dovuto subire l'amputazione di un arto, nonostante i loro stessi occhi dicessero alla loro coscienza che quell'arto non c'era più, avevano la netta sensazione che quell'arto ci fosse ancora. Secondo il criterio di Parnia, questa sarebbe una chiara dimostrazione che esiste un corrispettivo spirituale (o immateriale, chiamiamolo come vogliamo), ad esempio, di una gamba. La gamba ha una sua anima, tant'è vero che l'interessato la percepisce perfettamente presente anche dopo che è stata amputata. Riguardo all'affermazione di davintro,
Citazione di: davintro il 03 Novembre 2017, 17:01:46 PMNon c'è pensiero senza oggettività
mi viene in mente un altro semplice paragone: secondo questo criterio, anche un gatto potrebbe affermare tranquillamente che non esiste pensiero senza fare "miao", o fisicamente o come minimo mentalmente. La cosa interessante è che questo gatto non potrà mai essere smentito: egli potrà sempre ribattere che siamo noi a non accorgerci che, tutte le volte che elaboriamo un pensiero, in realtà la nostra mente, senza accorgersene, s'immette nella struttura mentale del fare "miao". Voglio dire, quando uno s'immette in uno schema mentale e decide di mantenersi ermeticamente al suo interno, non solo tutti i suoi conti tornano, ma non esiste neanche alcuna possibilità di smentire le sue affermazioni. Il problema è che ciò vale per qualsiasi sistema mentale, cosicché alla fine tornano i conti e non c'è possibilità di smentita sia per chi dice che due e due fanno quattro, sia per chi dice che fa cinque.

Possedere il ricordo significa forse che c'era coscienza , altrimenti come si fa a possedere il ricordo circostanziato di quel momento? Comunque le ricerche di Parnia sono considerate 'serie' e scientifiche e si trovano in numerose pubblicazioni scientifiche. Non mi sembra che lo stesso sia giunto a conclusioni che definiscono cos'è o non è la coscienza..."lavori in corso", si direbbe...allo stato attuale sembra che nessuna ricerca sia in grado di capire l'insorgere dela coscienza...ci sono anche quelli che negano che esista del tutto... :)

Nel XX secolo di pari passo con lo sviluppo della fisica moderna e delle neuroscienze sono state proposte diverse teorie sulla formazione della coscienza, nessuna delle quali ancora provata sperimentalmente; una di queste è stata elaborata dal fisico teoricoRoger Penrose ed implicherebbe fenomeni connessi alla meccanica quantistica e alla teoria della relatività .
(Coscienza in Wikipedia),
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Apeiron il 04 Novembre 2017, 11:09:31 AM
Personalmente, a differenza di quanto forse pensa la maggioranza dei miei colleghi scienziati, ritengo che il problema del riduzionismo sia dovuto ad un fraintendimento di cosa è la "coscienza".

Per capirci supponiamo di descrivere un fenomeno mentale, ad esempio io che stamattina decido di scrivere questo messaggio. Supponiamo che il mio cervello sia collegato con un macchinario perfetto che rileva e assoccia correttamente ogni mio pensiero (o altra attività mentale, come un'emozione) ad un determinato fenomeno neurologico. Un fantomatico neuroscienziato che studia la mia attività cerebrale dirà: "ora ti si sono attivati questi neuroni, QUINDI scrivi il messaggio". Questo "QUINDI" mette in relazione un fenomeno "oggettivo" (mi si perdoni il termine dogmatico  ;D ) ossia l'attivazione di "questi neuroni" con un altro fenomeno oggettivo, ossia la mia decisione di scrivere "questo messaggio". Qual è il problema? Semplice questa descrizione fin dal principio non ha MAI tenuto conto che ci possa essere qualcosa di associato a tali fenomeni rilevabili che non può essere rilevato. Il problema di ogni teoria scientifica della coscienza è che fin dal principio esclude la possibilità che esista qualcosa di "non rilevabile". Ergo l'esperienza soggettiva può essere certamente associata a fenomeni "oggettivi" però per sua natura non può essere rilevata.  E questo nel caso estremo in cui è possibile associare ogni fenomeno mentale a qualcosa di neurologico.

Poi ci sono i cosiddetti "philosophical zombies" (zombie filosofico). Visto il carattere soggettivo dell'esperienza e visto che nessuno di noi può avere coscienza di quello che sperimenta "davvero" un altro, se faccio una descrizione dei fenomeni che fin dal principio non tiene conto di eventuali fenomeni non rilevabili allora posso pensare a questo esperimento mentale. Ossia ad "esseri" che si comportano come esseri coscienti pur non essendolo. Questo io ritengo sia il punto fondamentale di questo dibattito. Visto che non è possibile "provare" ciò che prova un altro (e ciò vale anche per la lettura del pensiero: in tal caso io conosco gli stati mentali dell'altro ma non provo ciò che lui prova!) allora per quanto mi riguarda in una descrizione puramente "oggettivistica" posso benissimo dimenticarmi della "coscienza" - o meglio dire della "soggettività". Eppure come ben sappiamo la soggettività c'è. Quindi la domanda è: come posso distinguere se quello che ho davanti è uno zombie filosofico o un essere "senziente"? (questo è legato al problema dei "qualia")

Poi ci sono altri problemi. Ad esempio: l'informazione può essere ridotta alla sua "attualizzazione" fisica. Pensiamo ad un bit e ad avere due sistemi di codifica dell'informazione. Un interruttore spento o acceso e una porta aperta o chiusa. Associo al valore "zero" l'interruttore spento e la porta chiusa. Ora: un calcolatore deve spegnere l'interruttore ogni volta che vede la porta chiusa. La porta si chiude e quindi spegne l'interruttore. Ora il problema è che l'informazione è qualcosa di molto interessante perchè questo "evento" può in realtà avere molti significati. Uno è quello banale appena visto. Un altro è questo: un mio amico per dirmi che è uscito il mio film preferito al cinema chiude la porta. Io ho davanti invece l'interruttore. Lo vedo spegnersi e capisco che è uscito il mio film preferito. Tuttavia il mio amico invece di farmi questo tipo di messaggio poteva anche darmi un colpo di telefono. Come possiamo vedere tutti queste "attualizzazioni" dell'informazione sono "associate" allo stesso significato. Quindi lancio questa sfida al materialista. Da dove dunque nasce il significato?


Altro problema: la stanza cinese di Searle (personalizzo la variante). Io non conosco né il cinese né l'inglese ma sono in possesso di un vocabolario cinese-inglese. Sono intrappolato in una stanza a due porte. Sotto una delle due porte arriva un messaggio in cinese. Io utilizzando il vocabolario traduco la frase dal cinese all'inglese e passo il messaggio sotto l'altra porta. Io non ho capito il messaggio. Però chi riceve il messaggio in inglese può pensare che invece io abbia capito tutto. Se poi questo "vocabolario" in realtà è il testo di un programma di intelligenza artificiale che ha passato il Test di Turing, io ho simulato la capacità di comprendere il testo, pur non comprendendo affatto le lingue (la versione di Searle è più semplice: doveva "solo" tradurre dal cinese all'inglese, che conosceva). Nuovamente come può un osservatore esterno capire se ho "capito" o meno qualcosa? Nuovamente mi si potrebbe dire: guardando l'attività neuronale. Ma nuovamente il fatto che a tale attività sia associata un'esperienza è un mero assioma. Qui non c'è una "spiegazione" dell'esperienza soggettiva.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 04 Novembre 2017, 12:59:10 PM
X Davintro
 
Poiché potrebbe sembrare che sia stato frainteso, preciso che quando affermo che secondo me dai tempi di Broca e Wernicke la neurologia non ha compiuto progressi "rivoluzionari" o "sostanziali", intendo riferire queste valutazioni alla portata filosofica delle conoscenze neurologiche stesse (senza certo negarne in assoluto la validità e la "bontà" nel loro specifico campo di indagine scientifico): secondo me per un' adeguata filosofia della mente sarebbe stata più che sufficiente (anche se gli sviluppi successivi ne confermano e ampliano le conoscenze filosoficamente rilevanti, ma senza alcun vero e proprio "salto di qualità") la neurologia dei tempi di Brooca e di Wernicke.
 

L' uso (aristotelico?) del concetto di "forma immateriale", accanto a quello di "materia" per affrontare la questione materia-coscienza mi sembra si configuri come un "materialismo di fatto".
Se "Considerando lo spirituale non come sostanza separata ma forma immanente alla materia, lo stesso cervello, non è, come nessun ente, pura materia, bensì materia formata, da una forma che consiste nel principio vitale e razionale che lo configura in un certo modo", allora la forma "immateriale" non é in realtà che un mero aspetto ("dinamico") della realtà materiale, non é che il modo di divenire ordinatamente secondo determinate modalità universali e costanti, di "organizzarsi" (in particolare in seguito alla comparsa nel suo ambito della vita e all' evoluzione biologica) della materia stessa.
E allora resta da risolvere il problema di come, in che senso, questo ente fisico fatto di materia e forma (ovvero, secondo quanto mi par di capire, di materia non informe e caotica ma in divenire ordinato) "lo determina [lo "spirituale", il mentale] come supporto dalle varie funzionalità cognitive, nonché supporto del formarsi dei vari vissuti sensibili o sentimentali-assiologici che costituiscono il flusso di coscienza": il mondo fisico ("materiale" secondo il corrente modo di esprimersi, ovvero costituito da materia e forma costituenti la natura "corporea", e nel suo ambito in particolare il cervello, non comprende in sé la coscienza (e in particolare il pensiero; ma invece neuroni, assoni, potenziali d' azione, ecc. in divenire ordinato secondo le leggi neurofisiologiche perfettamente riducibili a quelle fisico–chimiche) perché é anzi esso stesso ad essere contenuto nella coscienza (di chi di volta in volta lo osserva).
Allora come "La forma psichica che pone la materia come contenuto del suo interagire con l'esterno" potrebbe essere intesa (posto che non potrebbe, del tutto materialisticamente, come i modi di funzionare del cervello)?
 
 
Il dolore viene avvertito nel punto in cui il corpo subisce un'azione causale di un oggetto, in un rapporto di causalità prettamente fisico, ma sia il corpo e l' oggetto, sia il dolore avvertiti spazialmente sono contenuti (con lo spazio stesso) nella coscienza: non é la coscienza ad essere nello spazio (vi é casomai il cervello ad essa corrispondente), ma invece lo spazio a essere nella coscienza, come parte materiale del "vissuto", per l' appunto, cosciente, accanto alla parte costituita dalle sensazioni mentali.
 
 
La distinzione fra il soggetto empirico, anche se portatore di coscienza, e il soggetto trascendentale non riesco a comprenderla se non come distinzione fra (un determinato) soggetto in quanto oggetto fenomenicamente percepito riflessivamente da parte di se stesso "interiormente", come sensazioni mentali ("res cogitans": i suoi pensieri, sentimenti, ecc.), e soggetto "in sé", in quanto "entità noumenica*" al cui "essere in determinate relazioni*" con se stessa corrispondono (nell' ambito della "sua propria" esperienza fenomenica cosciente) determinate sensazioni interiori o mentali, e al cui "essere in determinate relazioni*" con "altre, da se stessa diverse, entità o eventualità noumeniche*" corrispondono nella medesima esperienza fenomenica cosciente determinate sensazioni esteriori o materiali.
Di modo che allorché l' "io" inteso come soggetto in sé della mia propria (di Sgiombo) esperienza fenomenica cosciente "si trova in determinate relazioni riflessive con se stesso*", allora nell' ambito della "sua propria (di Sgiombo)" esperienza cosciente accadono determinate sensazioni interiori o mentali (costituenti l' "io fenomenico", il "soggetto in sé in quanto fenomenicamente percepito" come oggetto,riflessivamente da se stesso); mentre se un altro soggetto in sé (per esempio Davintro) si trova in determinate relazioni non riflessive con l' "io" di cui sopra (Sgiombo, da questo secondo soggetto in sé altro, diverso), allora nell' ambito dell' esperienza cosciente "propria di questo secondo soggetto in sé (Davintro)" accadono determinate sensazioni esteriori o materiali costituite dal determinato cervello corrispondente all' "io" (al primo soggetto in sé considerato: il cervello di Sgiombo) in una determinata situazione funzionale (neurofisiologica).
Ovviamente si danno anche casi nei quali i soggetti in sé di esperienze fenomeniche coscienti non si trovano in relazioni con sé stesse o con altre diverse "entità o eventualità noumeniche*" tali che ad esse corrispondano eventi fenomenici coscienti, né materiali, né mentali: sonno senza sogni.
 
Dunque l'esistenza che rientra nell'ambito del non-dualismo tra apparenza fenomenica mentale e materiale, è per me il noumeno, comprendente il soggetto in sé, il soggetto senziente materia e pensiero (fenomenici) l' esistenza del quale è dedotta dall'esistenza della coscienza come non limitata all' esistenza dell' esperienza fenomenica cosciente stessa, (alla coesistenza con quest' ultima), ma comunque secondo me non dimostrabile né men che meno mostrabile (empiricamente, fenomenicamente constatabile) ma invece solo ipotizzabile per spiegare i nessi e rapporti esistenti fra le diverse esperienze fenomeniche coscienti (peraltro anch' essi credibili ma non dimostrabili).
 
Concordo peraltro con la non dubitabilità della mia coscienza, e col fatto che questa però richiede, per la sua attualità reale, che non sia solo astrazione, ma che sia supportata da un soggetto reale, anche se di tale soggetto, l'indubitabilità dovrebbe restare entro i limiti per i quali esso si pone come necessario supporto esplicativo della coscienza, a sua volta riconosciuta indubitabile.
Ma secondo me se nella coscienza essere e apparenza coincidono, ma a sua volta la coscienza presuppone un soggetto reale, un Io dal quale i suoi atti di esperienza vissuta scaturiscono, allora l' "indubitabilità" (la necessità onde comprendere i nessi fra le diverse coscienze) di  tale soggetto é un po' meno forte dell' indubitabilità immediatamente constatata dell' esperienza fenomenica cosciente stessa.
 
 
Il rifiuto del riduzionismo materialista per cui la connotazione materiale determinerebbe i vissuti della coscienza (o vi coinciderebbe) si concilia secondo me con il negare che sia il desiderio dell'azione ad essere la causa dell'azione stessa postulando il "divenire parallelo su piani ontologici reciprocamente trascendenti, in corrispondenza biunivoca senza reciproche interferenze" di materia e mente (entrambe fenomeniche :"esse est percipi"!).
Se decido di alzare un braccio (eventi fenomenici nell' ambito della "mia propria" coscienza, quella "di Sgiombo"), allora inevitabilmente, purché si compiano le appropriate osservazioni, nell' ambito di altre coscienze (per esempio della "tua", quella "di Davintro") accadono determinati eventi fenomenici all' interno del "mio, di Sgiombo" cervello (in esse compreso) costituiti dall' attività neurofisiologica che si conclude con le scariche dei potenziali d' azione dei motoneuroni che determinano le contrazioni muscolari appropriate al gesto del mio alzare quel braccio; dunque non é il desiderio di alzarlo nell' ambito della mia coscienza a determinare causalmente il gesto mio, ma invece sono gli eventi neurofisiologici da esso trascendenti ma biunivocamente corrispondenti che accadono nel mio cervello nell' abito di altre esperienze coscienti diverse dalla mia (e che accadrebbero anche nella mia, comunque trascendendo l' esperienza mentale del desiderio: solamente insieme, contestualmente, o "accanto ad essa", qualora mi fosse possibile osservare - di fatto in qualche modo indiretto, per esempio con la RM funzionale- il mio cervello).
Essendo il cervello la causa fondamentale delle nostre azioni, queste non dovrebbero essere pressoché identiche da persona a persona, in quanto sulla base di un' apparente sostanziale uguaglianza della struttura fisica del cervello in quanto grossolanamente osservata, in realtà vi sono grandissime differenze "di grana fine" nelle connessioni sinaptiche fra i neuroni e nei loro funzionamenti, differenze biunivocamente corrispondenti alle differenze fra i pensieri, fra le "disposizioni d' animo", le caratteristiche comportamentali personali delle menti corrispondenti ai vari cervelli, nonché e ai soggetti in sé corrispondenti biunivocamente ad entrambi.
Tutto ciò mi sembra chiaramente comprensibile, contrariamente a una differenza di comportamento che provenisse "da qualcosa di non materiale come il carattere, cioè la sensibilità valoriale che differisce in ogni singolo individuo", sia pure senza escludere "la convergenza di una causalità materiale, la predisposizione materiale del corpo, a partire appunto dal cervello, ad essere adeguato ad assecondare la spinta psichica proveniente dal nostro libero (entro certi limiti) arbitrio".
 
 
 
X Phil

"I fenomeni di coscienza psichica-emotiva", non sono affatto "plausibilmente localizzati nel cervello" poiché "neurotrasmettitori e altre "strutture biologiche" producono, rispondendo a stimoli esterni, una reazione fisica" che altri possono rilevare osservando il tuo cervello, sono altre, ben diverse cose (che tu non "vivi"; come "vissuti fenomenici mentali": le "vivrebbero" invece casomai come "vissuti fenomenici materiali" quelli che osservassero il tuo cervello) che ansia, gioia, perplessità, etc. nell' ambito della tua esperienza cosciente in necessaria corrispondenza biunivoca con tali eventi neurofisiologici del tuo cervello in altre esperienze coscienti diverse dalla tua.
 
 
 
X Sariputra

Concordo che "Le neuroscienze al momento attuale non sono in grado di fornire dati sui meccanismi interni del cervello tali da poter spiegare il funzionamento della coscienza e come essa abbia la qualità di emergere dall' attività bioelettrica dei neuroni [né secondo me lo saranno mai per incontrovertibili ragioni di principio] e che "Ciò che è possibile attendersi dalla ricerca è l'individuazione nelle strutture del cervello dei correlati neurofisiologici di ciascuna esperienza mentale. Nella consapevolezza che non potrà mai trattarsi di un'equivalenza che abbia il valore di una simmetria funzionale [identità] tra struttura neuronale e pensiero".

Non credo invece che si provabile "(Parnia 2007) che la coscienza e la mente, in condizione di sospensione della circolazione cerebrale che si determina durante l'arresto cardiaco, continuano a funzionare, mentre si riscontra che l'attività elettrica del cervello è cessata".
Come già rilevato da AngeloCannata, questa presunta continuità cosciente oltre l' inattività cerebrale non può che essere riferita a posteriori come ricordo da chi ritiene di averla avvertita; ma in quanto tale non é qualcosa di oggettivamente provato (ci si può erroneamente illudere di ricordare qualcosa di mai accaduto; fra l' altro non vedo come possa essere cronologicamente misurata in minuti o secondi): costoro dovrebbero riferire le loro persistenti sensazioni coscienti durante la (oltre l' inizio della) inattività del loro cervello, pretesa evidentemente autocontraddittoria: nessuno parla se il suo cervello non funziona.
 
 
 
X AngeloCannata

Trovo del tutto "fuori bersaglio le tue obiezioni a Davintro.

Non c' é alcuno "schema mentale" che aprioristicamente "decide di mantenersi ermeticamente al suo interno" nel constatare che l' esperienza cosciente é tutt' altra, diversa cosa della (necessariamente coesistente) corrispondente attività cerebrale (in altre esperienze coscienti): ma come si fa a confondere cose completamente diverse come il vedere un colorato arcobaleno, ragionare su un teorema della geometria, evocare un ricordo, provare un sentimento, ecc. da parte tua e i necessariamente coesistenti determinati eventi neurofisiologici (trasmissioni di potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche nel tuo cervello) percepiti da parte di altri (per esempio da parte mia) mentre tali diversissime esperienze accadono nella tua coscienza.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: green demetr il 04 Novembre 2017, 13:48:57 PM
Si Davintro scusa il ritardo.

Io sono contro il riduzionismo neurologico.

E' che non mi convincono le argomentazioni, il cervello non ha dolore. E questo squalifica la tua argomentzione sulla localizzazione.

Sull'epifenomeno, io sarei in massima linea d'accordo con l'accetarlo (se proprio devo), ma il punto non è tanto quello lato fenomenologico, quanto quello di controllo della mappature mentali.
Perchè di fatto l'epifenomeno sarebbe comunque indagabile, proprio per il suo emergentismo, anche a livello fenomenologico. (voglio dire esiste anche un riduzionismo fenomenologico, nel caso tu non lo sappia già, dualista e non monista, ma nel 3d non specifici che tipo di riduzionismo alludi anche se mi pare sia quello monista).

Ma come ben dici come si può mappare il vissuto?
Credo che la vera sfida che ci pongono è appunto quella di hackerare il sistema cognitivo umano.
Di modo che non importa cosa io viva, esso sarà previsto dalla mappature mentali del nostro livello cognitivo.

Cioè da una cosa che vivo non posso aggiungere dati rispetto a quelli disponibili. Questo sarebbe il trionfo del riduzionismo. E ci stanno lavorando sodo per arrivarci.

Dunque più che una contro-argomentazione mi pare invece un banco di prova per loro.


L'argomentazione migliore invece per me è quella della Divina Commedia, perchè è sulla loro metodologia che vanno battuti.
Infatti il vocabolario italiano ha tot parole, ma uno solo è stato in grado di scrivere la commedia.

Questo porterebbe il livello di complicazione a dei livelli epifenomenici a potenze di 32 numeri. (da una ricerca californiana),

Voglio dire ok, può anche essere che noi viviamo a quel livello computazionale, ma questo vorrebbe dire una miriade di possibilità calcolatorie, più di quante una vita umana è in grado di provare.

Non è in sè il riduzionsimo qui in discussione, quanto le sue manie di controllo dell'agire umano.

Anche perchè un livello a 32 cifre computazionale, è comunque un livello epifenomenico diverso da quello cellulare che viene computato a 1 cifra, 1 - 0. 

Sono sistemi assolutamente non convertibili, umanamente parlando. (l'AI è altra cosa ancora anche se evidentemente strettamente connessa, e infatti penso che la bolla del riduzionismo verrà infine assorbita dalle scienze dell'informazione e della cibernetica, che io impropriamente chiamo AI).

Perciò ritengo il vecchio dualismo ancora valido, proprio perchè riguarda grandezze  a misura d'uomo.

Una estesa (la res cogitans) e una inerente contenuta in quella estesa, ossia quella extensa, ossia quella extensa percepita dal soggetto.

Lasciando per un attimo i 2 problemi fondamentali della metafisica, ossia l'origine e il das ding, fuori dalla nostra discussione.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: green demetr il 04 Novembre 2017, 14:03:20 PM
Citazione di: paul11 il 26 Ottobre 2017, 19:00:48 PM
Davintro,
sono d'accordo su tutta la parte di premessa, ho delle perplessità che la fenomenologia di Husserl a cui fai riferimento sia la strada "giusta". C'è un problema ontologico nel suo epochè o giudizio in sospensione.
Husserl è stato importante storicamente nel togliere lo steccato fra oggetto e soggetto, aprendo a due strade,
una filosofica che è l'esistenzialismo ,ma non in "senso stretto" e l'altro alla scienza naturale, perché dopo di lui
diverse branche di scienze hanno accettato questo nuovo approccio scientifico ,dalla psicologia alla corrente costruttivista.

Alla scienza chiederei semplicemente: ci sono 4 forze o interazioni fondamentali, elettromagnetismo, gravità ,
interazione nucleare debole, interazione nucleare forte.
Il pensiero a quale delle 4 forze risulterebbe? Le imaging utilizzano l'elettromagnetismo, un computer lavora sull'energia elettromagnetica ,il nostro corpo percepisce sensitivamente l'elettromagnetismo dai sensi.
Allora perché non appaiono i nostri pensieri? Siamo sicuri che è dominio fisico, quale energia porta al pensiero e quale energia costituisce il pensiero?

Non ho ben capito.

Comunque si parla di epifenomeno, qualcosa di fenomenico oltre il fenomenico.

Il punto è se vi sia una coincidenza o meno, tra mondi fenomenici.

Esattamente come per le forze da te elencate avviene.

Ossia la coincidenza è proprio la presunzione che queste forze esistano.

Cioè siano calcolabili rispetto al mondo fenomenico percepito.

Voglio dire vedo il sasso cadere, vedo una noce cadere, ipotizzo sia calcolabile esista epifenomenicamente qualcosa come la forza di gravità etc....

Hai ragione a far notare come esista comunque una fenomenologia dlle scienze naturali, come il pittorialismo, neologismo da me inventato (prima o poi devo fare il 3d in cui espongo tutte le correnti contemporanee...è che le odio tutte!)

Per me invece è meglio ragionare in termini di computazione. (vedi la mia risposta a Davintro, tu cosa ne pensi?)



Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Sariputra il 04 Novembre 2017, 14:33:53 PM
@Sgiombo scrive:
Non credo invece che si provabile "(Parnia 2007) che la coscienza e la mente, in condizione di sospensione della circolazione cerebrale che si determina durante l'arresto cardiaco, continuano a funzionare, mentre si riscontra che l'attività elettrica del cervello è cessata".
Come già rilevato da AngeloCannata, questa presunta continuità cosciente oltre l' inattività cerebrale non può che essere riferita a posteriori come ricordo da chi ritiene di averla avvertita; ma in quanto tale non é qualcosa di oggettivamente provato (ci si può erroneamente illudere di ricordare qualcosa di mai accaduto; fra l' altro non vedo come possa essere cronologicamente misurata in minuti o secondi): costoro dovrebbero riferire le loro persistenti sensazioni coscienti durante la (oltre l' inizio della) inattività del loro cervello, pretesa evidentemente autocontraddittoria: nessuno parla se il suo cervello non funziona.

Questo passo l'ho citato solamente, perché si trova all'interno di uno scritto che mi sembrava interessante in "Treccani.it" di Luigi Scoppola che mi par di capire sia un clinico ospedaliero.
Se interessa leggere l'intero articolo metto il link:

www.treccani.it/.../il-rapporto-tra-mente-e-cervello_%28XXI-Secolo%29/

Se non vi funziona il link , digitate "Luigi Scoppola Il rapporto tra mente e cervello". E' la prima voce ( almeno con il mio browser di navigazione... :))
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 05 Novembre 2017, 01:30:24 AM
Citazione di: green demetr il 04 Novembre 2017, 14:03:20 PM
Citazione di: paul11 il 26 Ottobre 2017, 19:00:48 PM
Davintro,
sono d'accordo su tutta la parte di premessa, ho delle perplessità che la fenomenologia di Husserl a cui fai riferimento sia la strada "giusta". C'è un problema ontologico nel suo epochè o giudizio in sospensione.
Husserl è stato importante storicamente nel togliere lo steccato fra oggetto e soggetto, aprendo a due strade,
una filosofica che è l'esistenzialismo ,ma non in "senso stretto" e l'altro alla scienza naturale, perché dopo di lui
diverse branche di scienze hanno accettato questo nuovo approccio scientifico ,dalla psicologia alla corrente costruttivista.

Alla scienza chiederei semplicemente: ci sono 4 forze o interazioni fondamentali, elettromagnetismo, gravità ,
interazione nucleare debole, interazione nucleare forte.
Il pensiero a quale delle 4 forze risulterebbe? Le imaging utilizzano l'elettromagnetismo, un computer lavora sull'energia elettromagnetica ,il nostro corpo percepisce sensitivamente l'elettromagnetismo dai sensi.
Allora perché non appaiono i nostri pensieri? Siamo sicuri che è dominio fisico, quale energia porta al pensiero e quale energia costituisce il pensiero?

Non ho ben capito.

Comunque si parla di epifenomeno, qualcosa di fenomenico oltre il fenomenico.

Il punto è se vi sia una coincidenza o meno, tra mondi fenomenici.

Esattamente come per le forze da te elencate avviene.

Ossia la coincidenza è proprio la presunzione che queste forze esistano.

Cioè siano calcolabili rispetto al mondo fenomenico percepito.

Voglio dire vedo il sasso cadere, vedo una noce cadere, ipotizzo sia calcolabile esista epifenomenicamente qualcosa come la forza di gravità etc....

Hai ragione a far notare come esista comunque una fenomenologia dlle scienze naturali, come il pittorialismo, neologismo da me inventato (prima o poi devo fare il 3d in cui espongo tutte le correnti contemporanee...è che le odio tutte!)

Per me invece è meglio ragionare in termini di computazione. (vedi la mia risposta a Davintro, tu cosa ne pensi?)


Il pensiero esiste o non esiste? Lo scienziato riduzionista non lo vede, vede solo attività cerebrali nelle imaging.
Se io penso solamente, è solo una configurazione del mio cervello, ma se io lo scrivo diventa tangibile e verificabile.
Come dire che a posteriori, come al solito, la scienza ci crede.Il dimostrabile è sempre riconducibile ai cinque sensi della percezione.ma allora lo scienziato riduzionista quando pensa cosa pensa del suo pensiero e di sé: non è forse una contraddizione in termini?

Come l'anima convive con il corpo, la mente convive con il cervello.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: InVerno il 05 Novembre 2017, 20:23:31 PM
Non avendo una posizione "forte" sulla questione ma avendo seguito il topic con interesse mi limito ad annotare alcune mie ipotesi e sensazioni, se qualcuno vorrà criticarle.
Penso innanzitutto che ll riduzionismo neurologico sia intrinsecamente impossibilitato ad una tesi definitiva e coerente per il semplice fatto che una scienza che studi il soggetto anzichè l'oggetto non arriverà mai a compimento, penso che sia necessario oggettivizzare la coscienza studiandola altrove che nell'uomo, penso perciò che se una risposta più chiara sulla filosofia della mente sarà mai disponibilie essa non arriverà dalla neurologia ma altrove, per esempio dalle nostre capacità di creare un intelligenza artificiale credibile. Dico credibile perchè non penso sarà mai possibile replicare quella umana nelle sue limitazioni biologiche finchè l'intelligenza artificiale sarà sviluppata in un contesto inorganico, e perciò l'unica cosa che ci rimarrà possibile sarà "credere" che essa sia coscienza nonostante non assomigli per niente alla nostra e ci possa risultare controintuitivo. Se in futuro saremo capaci di credere ad una coscienza artificiale, fondamentalmente penso dovremmo ammettere che anche la nostra non sia poi cosi diversa, e perciò accettare la tesi di una sovrapposizione di complessità logiche. Recentemente una trovata pubblicitaria degli arabi dice che ad un "robot è stata data cittandinza", una boutade in cerca di avanspettacolo, ma in futuro un tema importante. Se arriveremo a credere che le IA possano avere diritti perchè il contatto con essa ci trasmette sensazioni, diritti tali e quali ai nostri se non più ampi (in virtù di una non precisata fiducia nella tecnica) saremo costretti ad ammettere che la coscienza umana non è poi cosi diversa, come abbiamo fatto con altri esseri viventi. Non credo per niente sia una questione politica come la parola "diritti"  potrebbe suggerire, tutt'altro, ma una questione "di pelle" alla quale potrebbe essere penoso e vano tentare di sfuggire, perchè prima che alla forma crediamo alle nostre sensazioni quali l'empatia. Penso altresi che il contributo dato da filosofi come David Chalmers non vada sottovalutato, alidila che si concordi o meno con la tesi dello stesso, sembra innegabile la necessità di un cambio drastico e direi drammatico nei fondamentali attraverso i quali cerchiamo di interpretare la questione, l'idea che la coscienza sia un fondamentale anzichè un epifenomeno, un unità di misura anzichè una misurata, dovrebbe essere seriamente presa in considerazione, per un principio filosofico molto semplice, ovvero che prima che chiedersi delle risposte sia d'obbligo verificare la correttezza formale e non delle domande.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: green demetr il 05 Novembre 2017, 21:39:24 PM
Citazione di: paul11 il 05 Novembre 2017, 01:30:24 AM
Citazione di: green demetr il 04 Novembre 2017, 14:03:20 PM
Citazione di: paul11 il 26 Ottobre 2017, 19:00:48 PM
Davintro,
sono d'accordo su tutta la parte di premessa, ho delle perplessità che la fenomenologia di Husserl a cui fai riferimento sia la strada "giusta". C'è un problema ontologico nel suo epochè o giudizio in sospensione.
Husserl è stato importante storicamente nel togliere lo steccato fra oggetto e soggetto, aprendo a due strade,
una filosofica che è l'esistenzialismo ,ma non in "senso stretto" e l'altro alla scienza naturale, perché dopo di lui
diverse branche di scienze hanno accettato questo nuovo approccio scientifico ,dalla psicologia alla corrente costruttivista.

Alla scienza chiederei semplicemente: ci sono 4 forze o interazioni fondamentali, elettromagnetismo, gravità ,
interazione nucleare debole, interazione nucleare forte.
Il pensiero a quale delle 4 forze risulterebbe? Le imaging utilizzano l'elettromagnetismo, un computer lavora sull'energia elettromagnetica ,il nostro corpo percepisce sensitivamente l'elettromagnetismo dai sensi.
Allora perché non appaiono i nostri pensieri? Siamo sicuri che è dominio fisico, quale energia porta al pensiero e quale energia costituisce il pensiero?

Non ho ben capito.

Comunque si parla di epifenomeno, qualcosa di fenomenico oltre il fenomenico.

Il punto è se vi sia una coincidenza o meno, tra mondi fenomenici.

Esattamente come per le forze da te elencate avviene.

Ossia la coincidenza è proprio la presunzione che queste forze esistano.

Cioè siano calcolabili rispetto al mondo fenomenico percepito.

Voglio dire vedo il sasso cadere, vedo una noce cadere, ipotizzo sia calcolabile esista epifenomenicamente qualcosa come la forza di gravità etc....

Hai ragione a far notare come esista comunque una fenomenologia dlle scienze naturali, come il pittorialismo, neologismo da me inventato (prima o poi devo fare il 3d in cui espongo tutte le correnti contemporanee...è che le odio tutte!)

Per me invece è meglio ragionare in termini di computazione. (vedi la mia risposta a Davintro, tu cosa ne pensi?)


Il pensiero esiste o non esiste? Lo scienziato riduzionista non lo vede, vede solo attività cerebrali nelle imaging.
Se io penso solamente, è solo una configurazione del mio cervello, ma se io lo scrivo diventa tangibile e verificabile.
Come dire che a posteriori, come al solito, la scienza ci crede.Il dimostrabile è sempre riconducibile ai cinque sensi della percezione.ma allora lo scienziato riduzionista quando pensa cosa pensa del suo pensiero e di sé: non è forse una contraddizione in termini?

Come l'anima convive con il corpo, la mente convive con il cervello.

Dobbiamo ragionare meglio sulla questione dell'anima.


Ovviamente io non sono un riduzionista per il semplice fatto che per me il Pensiero è tale in quanto a stretto contatto con il trascendente. E ne è informato.
Dunque non esisterà mai un computer all'"autostoppista galattico".
In quanto vi saranno sempre nuovi simboli e segni che allargheranno le possibilità computazionali.

Ma non posso dimostrarlo, può benissimo essere che invece sia il cervello ad essere il computer. E perciò tutte le informazioni sono in lui.

Dico solo, che anche se fosse così, il livelli computazionali per definire cosa sia il cervello sarebbero così complicati che lo stesso cervello li escluderebbe come innessenziali per mantenere la sua esistenza.

E dunque il deliro riduzionista si trasferirà. si sta già trasferendo, perchè le mode intellettuali cambiano al ritmo vertiginoso di quelle sociali, a quello cibernetico.

Ma lè rientrerebbe il discorso dell'autostoppista galattico cito: "il senso dell'esistenza è 42."

Ok, ma cosa diavolo significa?????

Insomma facciano pure il loro lavoro computazionale e si illudano pure, io non c'ho tempo da perdere.

;)





Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: green demetr il 05 Novembre 2017, 21:49:58 PM
Citazione di: InVerno il 05 Novembre 2017, 20:23:31 PM
Non avendo una posizione "forte" sulla questione ma avendo seguito il topic con interesse mi limito ad annotare alcune mie ipotesi e sensazioni, se qualcuno vorrà criticarle.
Penso innanzitutto che ll riduzionismo neurologico sia intrinsecamente impossibilitato ad una tesi definitiva e coerente per il semplice fatto che una scienza che studi il soggetto anzichè l'oggetto non arriverà mai a compimento, penso che sia necessario oggettivizzare la coscienza studiandola altrove che nell'uomo, penso perciò che se una risposta più chiara sulla filosofia della mente sarà mai disponibilie essa non arriverà dalla neurologia ma altrove, per esempio dalle nostre capacità di creare un intelligenza artificiale credibile. Dico credibile perchè non penso sarà mai possibile replicare quella umana nelle sue limitazioni biologiche finchè l'intelligenza artificiale sarà sviluppata in un contesto inorganico, e perciò l'unica cosa che ci rimarrà possibile sarà "credere" che essa sia coscienza nonostante non assomigli per niente alla nostra e ci possa risultare controintuitivo. Se in futuro saremo capaci di credere ad una coscienza artificiale, fondamentalmente penso dovremmo ammettere che anche la nostra non sia poi cosi diversa, e perciò accettare la tesi di una sovrapposizione di complessità logiche. Recentemente una trovata pubblicitaria degli arabi dice che ad un "robot è stata data cittandinza", una boutade in cerca di avanspettacolo, ma in futuro un tema importante. Se arriveremo a credere che le IA possano avere diritti perchè il contatto con essa ci trasmette sensazioni, diritti tali e quali ai nostri se non più ampi (in virtù di una non precisata fiducia nella tecnica) saremo costretti ad ammettere che la coscienza umana non è poi cosi diversa, come abbiamo fatto con altri esseri viventi. Non credo per niente sia una questione politica come la parola "diritti"  potrebbe suggerire, tutt'altro, ma una questione "di pelle" alla quale potrebbe essere penoso e vano tentare di sfuggire, perchè prima che alla forma crediamo alle nostre sensazioni quali l'empatia. Penso altresi che il contributo dato da filosofi come David Chalmers non vada sottovalutato, alidila che si concordi o meno con la tesi dello stesso, sembra innegabile la necessità di un cambio drastico e direi drammatico nei fondamentali attraverso i quali cerchiamo di interpretare la questione, l'idea che la coscienza sia un fondamentale anzichè un epifenomeno, un unità di misura anzichè una misurata, dovrebbe essere seriamente presa in considerazione, per un principio filosofico molto semplice, ovvero che prima che chiedersi delle risposte sia d'obbligo verificare la correttezza formale e non delle domande.

No è epifenomeno ANCHE a livello computazionale.

Non esiste una misura base. Infatti un conto è calcolare a 10 cifre un conto è calcolare a 32 cifre.

Si ritiene che sebbene a livello atomico questo avvenga, non avvenga a livello nanturale per così dire.
Pensiamo solo alla memoria selettiva.

Ovviamente la macchina lo può e lo potrà fare, ma nessuno capirà quello che sta dicendo.


Sul fatto della cittadinanza ai robot, io non sono in disaccordo. (cioè è ok)

Basta pensarle per quello che sono, ossia unità computazionali, al servizio della cittadinanza, e perciò parte della cittadinanza.

E' indubbio che l'essere umano sia robotico, ossia prevedibile a livello di comportamento.
Infatti i grandi poteri lo sanno. Pensiamo solo allo slogan.

Se il problema sarà quello che la gente comincerà a farsoi dubbi sul proprio modo di vivere.
Beh sarà solo una cosa buona, magari si svegliano.
In realtà pensiamo al cellulare, è già parte integrante di noi.

Però l'uomo Non è robotico a livello di pensiero. (in quanto esso è creativo)

La distopia orwelliana sarebbe quella delle società che non vogliono che l'essere umano pensi.

In qualche misura è vero, ma non penso lo sarà mai del tutto.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: baylham il 06 Novembre 2017, 11:13:08 AM
Il senso della mie precedenti osservazioni critiche non è affatto quello di contrapporre la scienza dinamica e progressista alla filosofia statica e retriva, ma un'obiezione all'impostazione data al tema.
Contesto che ci sia una scienza che si occupa della mente in termini riduttivi o che la scienza non sia in grado di spiegare la mente o che addirittura la scienza non si possa occupare della mente. La mia contestazione non è rivolta alla filosofia, ma a certe filosofie che sono in opposizione alla scienza, incapaci di adattarsi alle scoperte e nuove teorie della scienza (evoluzionismo, termodinamica, indeterminazione, relatività, quantistica, ...). Certamente c'è una distinzione di campo, di problemi tra la filosofia e la scienza, ma non c'è separazione tra di loro, siamo sempre nell'ambito della conoscenza. Inoltre non accolgo la distinzione tra una scienza empirica e induttiva e una filosofia speculativa e deduttiva: il processo della conoscenza è comune ed è circolare.
Per me il punto quindi non è il riduzionismo della scienza e il suo presunto materialismo, il punto è quali sono la filosofia e la scienza adatte alla conoscenza della mente e capaci di progredire in tal senso. Come progresso indico chiaramente la capacità di spiegare le origini biologiche della mente, di "leggere" la mente, di influire, di agire sulla mente, a partire dalle sue malattie. Questo per me è l'oggetto della sfida, concorrenza tra le diverse posizioni filosofiche e scientifiche.
Il progresso ha per me un significato ben preciso, sia individuale che collettivo: considero la conoscenza, quindi la scienza e la filosofia, un processo evolutivo cumulativo e selettivo simile al processo della mente. Mente che nel suo sviluppo biologico ha aumentato le capacità di memoria quantitativa e di elaborazione qualitativa e selettiva. Lo stesso accade alla filosofia e alla scienza.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 06 Novembre 2017, 19:26:34 PM
X Baylham

Premesso che per "mente" intendo la componente non materiale della coscienza, distinguendola dalla componente materiale (grosso modo le cartesiane res cogitans e res extensa), mi sembra che la scienza in senso stretto (le scienze naturali) possa studiare il cervello e non la mente.
Il cervello é un oggetto materiale perfettamente inserito nel modo (fenomenico) materiale - naturale intersoggettivo e misurabile quantitativamente, che alla materia in generale e alla leggi del suo divenire può essere "perfettamente ridotto"; che dunque le scienze naturali studiamo benissimo: la biologia evolutiva per quanto riguarda la sua comparsa nei vertebrati e il suo sviluppo, in particolare, nei primati e nell' uomo, la neurofisiologtia e la neuropatologia per quanto riguarda il suo funzionamento normale e patologico e la ricerca di terapie farmacologiche o chirurgiche.

Ma la coscienza (e in particolare la mente) non é il cervello e il suo funzionamento, non é nulla che possa trovarsi nel cervello (é anzi il cervello a trovarsi nella coscienza di chi lo osserva), bensì qualcosa che diviene "di pari passo al cervello (in determinate condizioni funzionali; non nel sonno senza sogni o in anestesia o in coma)" ma che in esso non si trova, da esso non emerge, ad esso non sopravviene.
"Ciò che la scienza [neurologica] può fare", come ha già ben detto Apeiron, "é associare ogni fenomeno mentale a qualcosa di neurologico. Ma Il problema di ogni teoria scientifica della coscienza è che fin dal principio esclude la possibilità che esista qualcosa di "non rilevabile" [aggiungerei a quanto afferma Apeiron: intersoggettivamente, "in terza persona"]. "Ergo l'esperienza soggettiva può essere certamente associata a fenomeni "oggettivi" però per sua natura non può essere rilevata [intersoggettivamente]".
E dunque non può essere studiata scientificamente (per lo meno intendendo la scienza, "in senso stretto" e non nel senso delle cosiddette "scienze umane").
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Apeiron il 06 Novembre 2017, 22:58:36 PM
Citazione di: sgiombo il 06 Novembre 2017, 19:26:34 PMX Baylham Premesso che per "mente" intendo la componente non materiale della coscienza, distinguendola dalla componente materiale (grosso modo le cartesiane res cogitans e res extensa), mi sembra che la scienza in senso stretto (le scienze naturali) possa studiare il cervello e non la mente. Il cervello é un oggetto materiale perfettamente inserito nel modo (fenomenico) materiale - naturale intersoggettivo e misurabile quantitativamente, che alla materia in generale e alla leggi del suo divenire può essere "perfettamente ridotto"; che dunque le scienze naturali studiamo benissimo: la biologia evolutiva per quanto riguarda la sua comparsa nei vertebrati e il suo sviluppo, in particolare, nei primati e nell' uomo, la neurofisiologtia e la neuropatologia per quanto riguarda il suo funzionamento normale e patologico e la ricerca di terapie farmacologiche o chirurgiche. Ma la coscienza (e in particolare la mente) non é il cervello e il suo funzionamento, non é nulla che possa trovarsi nel cervello (é anzi il cervello a trovarsi nella coscienza di chi lo osserva), bensì qualcosa che diviene "di pari passo al cervello (in determinate condizioni funzionali; non nel sonno senza sogni o in anestesia o in coma)" ma che in esso non si trova, da esso non emerge, ad esso non sopravviene. "Ciò che la scienza [neurologica] può fare", come ha già ben detto Apeiron, "é associare ogni fenomeno mentale a qualcosa di neurologico. Ma Il problema di ogni teoria scientifica della coscienza è che fin dal principio esclude la possibilità che esista qualcosa di "non rilevabile" [aggiungerei a quanto afferma Apeiron: intersoggettivamente, "in terza persona"]. "Ergo l'esperienza soggettiva può essere certamente associata a fenomeni "oggettivi" però per sua natura non può essere rilevata [intersoggettivamente]". E dunque non può essere studiata scientificamente (per lo meno intendendo la scienza, "in senso stretto" e non nel senso delle cosiddette "scienze umane").

Concordo anche con le tue doverose aggiunte  ;) la coscienza la "postuliamo" per "esperienza diretta", non perchè i dati osserviamo implichi l'esistenza della coscienza  :)

Un po' come dice Wittgenstein:
Se io scrivessi un libro "Il mondo, come io lo trovai", vi si dovrebbe riferire anche del mio corpo e dire quali membra sottostiano alla mia volontà, e  quali no, etc., e questo è un metodo d'isolare il soggetto, o piuttosto di mostrare che, in un senso importante, soggetto non v'è: D'esso soltanto, infatti, non si potrebbe parlare in questo libro. -

In un'analisi strettamente scientifica non si potrebbe nemmeno parlare della  propria esperienza, figuriamoci l'altrui!
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 07 Novembre 2017, 00:58:12 AM
Citazione di: sgiombo il 04 Novembre 2017, 12:59:10 PM

L' uso (aristotelico?) del concetto di "forma immateriale", accanto a quello di "materia" per affrontare la questione materia-coscienza mi sembra si configuri come un "materialismo di fatto".
Se "Considerando lo spirituale non come sostanza separata ma forma immanente alla materia, lo stesso cervello, non è, come nessun ente, pura materia, bensì materia formata, da una forma che consiste nel principio vitale e razionale che lo configura in un certo modo", allora la forma "immateriale" non é in realtà che un mero aspetto ("dinamico") della realtà materiale, non é che il modo di divenire ordinatamente secondo determinate modalità universali e costanti, di "organizzarsi" (in particolare in seguito alla comparsa nel suo ambito della vita e all' evoluzione biologica) della materia stessa.
E allora resta da risolvere il problema di come, in che senso, questo ente fisico fatto di materia e forma (ovvero, secondo quanto mi par di capire, di materia non informe e caotica ma in divenire ordinato) "lo determina [lo "spirituale", il mentale] come supporto dalle varie funzionalità cognitive, nonché supporto del formarsi dei vari vissuti sensibili o sentimentali-assiologici che costituiscono il flusso di coscienza": il mondo fisico ("materiale" secondo il corrente modo di esprimersi, ovvero costituito da materia e forma costituenti la natura "corporea", e nel suo ambito in particolare il cervello, non comprende in sé la coscienza (e in particolare il pensiero; ma invece neuroni, assoni, potenziali d' azione, ecc. in divenire ordinato secondo le leggi neurofisiologiche perfettamente riducibili a quelle fisico–chimiche) perché é anzi esso stesso ad essere contenuto nella coscienza (di chi di volta in volta lo osserva).
Allora come "La forma psichica che pone la materia come contenuto del suo interagire con l'esterno" potrebbe essere intesa (posto che non potrebbe, del tutto materialisticamente, come i modi di funzionare del cervello)?


Si tratta dell'ilemorfismo aristotelico accompagnato dall'entelechia quando discute del rapporto psuche(termine greco antico di psiche che stava per anima) e materia. Aristotele riteneva(inizialmente) che l'anima ,la forma, morisse con il corpo, la materia.
Salvo poi "incartarsi" nelle sottocategorie intellettive per poi dire che qualcosa dell'anima non moriva,
Cercò di andare oltre il cosiddetto dualismo (che non è proprio così) di Platone.
In effetti Aristotele fu più empirico e il problema non fu risolto da Cartesio nel ritorno dualistico o dalla monade di Leibniz, mentre Husserl, di cui Davintro ha scritto alcuni suoi termini ma non so se come indizio a cui rivolgersi o semplici contenuti dentro la sua argomentazione, con la sua intenzionalità per arrivare a ciò che ha intuito il soggetto è più un vissuto che un atto ontologico,nel senso che a Husserl non importa la correlazione fra mente e cervello, ma il vissuto del sogetto nelle relazioni fra l'atto intenzionale e la conoscenza intuitiva attraverso l'oggetto: quindi il soggetto "fa suo" l'oggetto in termini di vissuto( e si intravvede qualcosa dell'esistenzialismo...)

Il problema della relazione mente e cervello è chi preside l'altro o sono paritari?
Se il cervello è materia e la mente qualcosa che lo trascende materialmente, non si capisce chi comanda chi?
L'intenzionalità husserliana, le motivazioni, da dove nascono?
Ad esempio l'entelechia aristotelica è la teleologia il finalismo innato di ogni forma vivente a spingersi verso una finalità.
E' il cervello che costituisce la mente, è la materia che costruisce la forma o viceversa?E' il cervello che presiede alla mente o è la mente che presiede al cervello?
Poi si tratterebbe di capire gli oggetti ontologici; mente, coscienza, intelletto, sono tutti sinonimi o vi sono differenziazioni semantiche nelle definizioni.C'è molta ambiguità sui termini con il rischio di "incartarsi"
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 07 Novembre 2017, 11:50:51 AM
Citazione di: paul11 il 07 Novembre 2017, 00:58:12 AM


Il problema della relazione mente e cervello è chi preside l'altro o sono paritari?
Se il cervello è materia e la mente qualcosa che lo trascende materialmente, non si capisce chi comanda chi?
L'intenzionalità husserliana, le motivazioni, da dove nascono?
Ad esempio l'entelechia aristotelica è la teleologia il finalismo innato di ogni forma vivente a spingersi verso una finalità.
E' il cervello che costituisce la mente, è la materia che costruisce la forma o viceversa?E' il cervello che presiede alla mente o è la mente che presiede al cervello?
Poi si tratterebbe di capire gli oggetti ontologici; mente, coscienza, intelletto, sono tutti sinonimi o vi sono differenziazioni semantiche nelle definizioni.C'è molta ambiguità sui termini con il rischio di "incartarsi"
CitazioneSecondo me materia e mente, entrambe fenomeniche, costituite da insiemi - successioni di sensazioni (esteriori o materiali e interiori o mentali rispettivamente) si trascendono reciprocamente: il divenire dell' una non interferisce con il divenire dell' altra; lo impedisce la chiusura causale del mondo fisico (materiale). Divengono per così dire "parallelamente", cioé "in corrispondenza puntuale ed univoca" ovvero biunivoca,  "su piani ontologici non interferenti" ma correlati (un po' come le rotaie di una ferrovia, che non si toccano mai, ma non c' é cambio di direzione o di pendenza dell' una senza un analogo cambio di direzione o di pendenza dell' altra).
Dunque sono ontologicamente paritarie: entrambe fenomeniche, nessuna dipendendo causalmente dall' altra bensì coesistendo-codivenendo separatamente (in reciproca trascendenza) ma in reciproca corrispondenza biunivoca.

Intenzioni, finalità, desideri e in generale eventi interiori o mentali (a là Descartes: "res cogitans") nascono nell' ambito delle sviluppo della res cogitans stessa e non dal cervello (che é res extensa e contiene solo neuroni e assoni  e altre cellule e strutture biologiche, materiali in funzione fisiologicamente); ma in corrispondenza di un certo determinato mio pensiero (o più in generale stato di coscienza; mia propria) necessariamente coesiste un certo determinato stato funzionale del mio cervello (intersoggettivo; nell' ambito delle esperienze di chiunque sia in grado di compiere le opportune osservazioni) e nessun altro.

Dunque la mente non costruisce il cervello né il cervello costruisce la mente, ma ciascuno di essi diviene (o si costruisce) secondo le sue proprie modalità non interferendo causalmente con l' altro ma comunque, per dirlo un po' antropomorficamente, "essendo reciprocamente vincolato al -e/o vincolante il- divenire dell' altro".

Secondo me l' ambiguità più spesso corrente nelle discussioni sui rapporti mente - cervello é quella fra coscienza fenomenica (in generale apparenze sensibili: sia "cogitantes" sia "extensae") in generale da una parte e mente (sola e unicamente res cogitans in psarticolare) dall' altra.
La coscienza fenomenica comprende, oltre alle sensazioni o apparenze fenomeniche mentali, anche le sensazioni o apparenze fenomeniche materiali. Ivi compresi i cervelli (le sensazioni materiali costiituenti i cervelli).
Per me al fine di porre correttamente la questione é necessario compiere una sorta di "rivoluzione copernicana" rispetto al senso comune (comune anche a quasi tutti gli scienziati, neurologi, ecc. e a moltissimi filosofi), secondo il quale l' esperienza (e in particolare le esperienze mentali, i pensieri) é (é situata, accade) nella testa (e più precisamente nel cervello), mentre invece é la testa (e in particolare il cervello) ad essere (essere situato, accadere nel suo funzionamento fisiologico) nella coscienza (di chiunque intersoggettivamente lo osservi; fra i fenomeni materiali; in divenire "accanto", ma senza interferirvi causalmente, a quelli mentali).
Invece nei cervelli ci sono solo neuroni, assoni e altre strutture anatomiche e vi accadono solo trasmissioni di potenziali d' azione ed eccitazioni, inibizioni trans-sinaptiche e altri eventi fisiologici: eventi -comunque fenomenici, ma- ben diversi dalle determinate esperienze coscienti, con i loro contenuti materiali e mentali, del "titolare" di ciascun cervello osservato da altri nell' ambito di determinate altre esperienze fenomeniche coscienti.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 07 Novembre 2017, 23:42:02 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Novembre 2017, 11:50:51 AM
Citazione di: paul11 il 07 Novembre 2017, 00:58:12 AM


Il problema della relazione mente e cervello è chi preside l'altro o sono paritari?
Se il cervello è materia e la mente qualcosa che lo trascende materialmente, non si capisce chi comanda chi?
L'intenzionalità husserliana, le motivazioni, da dove nascono?
Ad esempio l'entelechia aristotelica è la teleologia il finalismo innato di ogni forma vivente a spingersi verso una finalità.
E' il cervello che costituisce la mente, è la materia che costruisce la forma o viceversa?E' il cervello che presiede alla mente o è la mente che presiede al cervello?
Poi si tratterebbe di capire gli oggetti ontologici; mente, coscienza, intelletto, sono tutti sinonimi o vi sono differenziazioni semantiche nelle definizioni.C'è molta ambiguità sui termini con il rischio di "incartarsi"
CitazioneSecondo me materia e mente, entrambe fenomeniche, costituite da insiemi - successioni di sensazioni (esteriori o materiali e interiori o mentali rispettivamente) si trascendono reciprocamente: il divenire dell' una non interferisce con il divenire dell' altra; lo impedisce la chiusura causale del mondo fisico (materiale). Divengono per così dire "parallelamente", cioé "in corrispondenza puntuale ed univoca" ovvero biunivoca,  "su piani ontologici non interferenti" ma correlati (un po' come le rotaie di una ferrovia, che non si toccano mai, ma non c' é cambio di direzione o di pendenza dell' una senza un analogo cambio di direzione o di pendenza dell' altra).
Dunque sono ontologicamente paritarie: entrambe fenomeniche, nessuna dipendendo causalmente dall' altra bensì coesistendo-codivenendo separatamente (in reciproca trascendenza) ma in reciproca corrispondenza biunivoca.

Intenzioni, finalità, desideri e in generale eventi interiori o mentali (a là Descartes: "res cogitans") nascono nell' ambito delle sviluppo della res cogitans stessa e non dal cervello (che é res extensa e contiene solo neuroni e assoni  e altre cellule e strutture biologiche, materiali in funzione fisiologicamente); ma in corrispondenza di un certo determinato mio pensiero (o più in generale stato di coscienza; mia propria) necessariamente coesiste un certo determinato stato funzionale del mio cervello (intersoggettivo; nell' ambito delle esperienze di chiunque sia in grado di compiere le opportune osservazioni) e nessun altro.

Dunque la mente non costruisce il cervello né il cervello costruisce la mente, ma ciascuno di essi diviene (o si costruisce) secondo le sue proprie modalità non interferendo causalmente con l' altro ma comunque, per dirlo un po' antropomorficamente, "essendo reciprocamente vincolato al -e/o vincolante il- divenire dell' altro".

Secondo me l' ambiguità più spesso corrente nelle discussioni sui rapporti mente - cervello é quella fra coscienza fenomenica (in generale apparenze sensibili: sia "cogitantes" sia "extensae") in generale da una parte e mente (sola e unicamente res cogitans in psarticolare) dall' altra.
La coscienza fenomenica comprende, oltre alle sensazioni o apparenze fenomeniche mentali, anche le sensazioni o apparenze fenomeniche materiali. Ivi compresi i cervelli (le sensazioni materiali costiituenti i cervelli).
Per me al fine di porre correttamente la questione é necessario compiere una sorta di "rivoluzione copernicana" rispetto al senso comune (comune anche a quasi tutti gli scienziati, neurologi, ecc. e a moltissimi filosofi), secondo il quale l' esperienza (e in particolare le esperienze mentali, i pensieri) é (é situata, accade) nella testa (e più precisamente nel cervello), mentre invece é la testa (e in particolare il cervello) ad essere (essere situato, accadere nel suo funzionamento fisiologico) nella coscienza (di chiunque intersoggettivamente lo osservi; fra i fenomeni materiali; in divenire "accanto", ma senza interferirvi causalmente, a quelli mentali).
Invece nei cervelli ci sono solo neuroni, assoni e altre strutture anatomiche e vi accadono solo trasmissioni di potenziali d' azione ed eccitazioni, inibizioni trans-sinaptiche e altri eventi fisiologici: eventi -comunque fenomenici, ma- ben diversi dalle determinate esperienze coscienti, con i loro contenuti materiali e mentali, del "titolare" di ciascun cervello osservato da altri nell' ambito di determinate altre esperienze fenomeniche coscienti.
.......proviamo a ragionarci.,,,,
Fisiologicamente il nostro organismo comunica fra le parti e l'istruzione è una sorta di sovrastruttura che preside i meccanismi e decide, In automatico noi respiriamo e il cuore batte regolarmente. Sappiamo che vi sono ghiandole endocrine che rispondono a determinati meccanismi sollecitati da organi apparati. Ad esempio lo stimolo a bere, a mangiare, a dormire e così via, sono quell'automatismo e quindi sul piano involontario(esclude la mente e la sfera della volontà).
Già il meccanismo omeostatico di un organismo complesso come il corpo è straordinario.

Quindi la premessa è che esiste una finalismo autoconservativo e omeostatico  del corpo dove la periferia di organi e apparati comunica con il cervello. Quì mi sfugge come avviene la comunicazione (sono solo i nervi, o qualcosa misura ad esempio la disidratazione, la pressione sanguigna, la mancanza di energia, la necessità di riposare,ecc.).La "centrale" del cervello riceve le informazioni e risponde in automatico(ipotalamo in primis)
(Ma tu che sei medico correggi pure le imprecisioni)

Fin quì la mente non c'entra nulla.
Il rapporto mente e cervello ha comunque correlati fisici, deve comunicare in qualche modo. Le sinapsi si formano ,così come svaniscono, in funzione di atti percettivi sensori .Le memorie, a breve e lungo termine sono formate da sinapsi che si configurano come una struttura che comunque comunica alla mente, per forza quì c'è correlazione fisica fra cervello fisico e quella cosa .
chiamata mente.
A mio parere le sinapsi possono essere costruite sia dalle percezioni sensoriali che dalla mente senza percezioni sensoriali e quindi fisiche.
Mi sfuggono come fisicamente , volendo sposare per puro esercizio la tesi riduzionista, dovrebbero essere allocate quegli stimoli mentali e non fisici(così come ad esempio  la correlazione degli stimoli fisici nella psiche che sono le pulsioni).
Sostengo che comunque il piano mentale, quello fisico del cervello "materiale" e se vogliamo aggiungerci quello psichico(anche se poi potrebbe essere il mentale) interagiscono dinamicamente. In fondo è un'omeostasi anche lo stato psicofisico, nel senso che stiamo bene, ci sentiamo bene, quando lo stato del nostro umore, dei nostri equilibri mentali e psichici sono armonicamente relazionati a quello fisico: se uno si ammala, in qualche misura influisce sull'altro.

Non so se la mente sia, faccio un esempio, una sorta di  ologramma del cervello, come una sua proiezione.
Se, (continuo a ragionare ....ad "alta voce") gli organismo viventi sono riusciti da unicellulari a diventare pluricellulari, a costruirsi dei gradini e di volta in volta salirli in termini di complessità fino a costruirne delle funzionalità, degli apparati, armonici fra loro,
 potrebbe essere(continuo  a ragionare per ipotesi) che il cervello umano ha superato un limite fisico in cui la complessità ha di nuovo alzato di un gradino la sua evoluzione, generando una mente.

Avrai notato che nel ragionamento ipotetico ho scritto quasi l'antitesi di quel che penso.ma è proprio per non scartare nessuna ipotesi. A mio modesto parere, sono proprio i "salti" evolutivi che sono poco chiari.Come ha fatto una ameba, un protozoo ad "autoimparare" la riproduzione.Per questo deve esserci quella entelechia aristotelica, quel finalsimo, quella teleologia per cui già a livello di particelle atomiche c'è un briciolo di potenza intellettiva, che in funzione di configurazioni energetiche?(altra ipotesi) saltano un gradino creando nuova complessità.
Ma significherebbe che esiste una forma, una struttura, una sintassi universale, che aprioristicamente ha un ordine a cui fa tendere tutta la sostanza, vale a dire la morfologia e la physis.

Ora ,se la premessa dell'ultima frase fosse vera, significa che anche il piano mentale agisce teleologicamente, per finalità innate(apriori) perchè intenzionalmente tende a conoscere, a capire, a riflettere anche su se stessa, affinche trovi una omeostasi ad un gradino superiore evolutivamente, anche sul piano mentale.

Quindi,  e finisco questo ragionamento, pur essendoci diversi piani complessi, in apparenza distinti, ma comunicanti fra loro, tutti concorrono al medesimo fine ,dentro un unico morphos, un'unica struttura, una forma e tantissime sostanze.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: green demetr il 08 Novembre 2017, 14:27:24 PM
Ma anche a voler trovare la modalità illustrativa di come avviene la comunicazione tra anima e corpo, a che servirebbe?
A niente, perchè sarà solo una dell mille modalità illustrative, ognuna computabile rispetto al piano di grandezza preso in considerazione.
Come dice il pluri-laureato Michel Bitbol, solo la fisica può veramente spiegare il perchè del biologico.
Ma con un definitivo caveat, che l'osservazione incide direttamente sulla computabilità.
Dunque non si potrà MAI trovare il "perchè "e dunque il "come" anima e corpo comunichino, coincidano, esistano o meno, etc...etc..

Si produrranno modelli, certo, e si deciderà in base al periodo storico quale convenga divulgare e quale no.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: green demetr il 08 Novembre 2017, 14:30:30 PM
Citazione di: baylham il 06 Novembre 2017, 11:13:08 AM
Il senso della mie precedenti osservazioni critiche non è affatto quello di contrapporre la scienza dinamica e progressista alla filosofia statica e retriva, ma un'obiezione all'impostazione data al tema.
Contesto che ci sia una scienza che si occupa della mente in termini riduttivi o che la scienza non sia in grado di spiegare la mente o che addirittura la scienza non si possa occupare della mente. La mia contestazione non è rivolta alla filosofia, ma a certe filosofie che sono in opposizione alla scienza, incapaci di adattarsi alle scoperte e nuove teorie della scienza (evoluzionismo, termodinamica, indeterminazione, relatività, quantistica, ...). Certamente c'è una distinzione di campo, di problemi tra la filosofia e la scienza, ma non c'è separazione tra di loro, siamo sempre nell'ambito della conoscenza. Inoltre non accolgo la distinzione tra una scienza empirica e induttiva e una filosofia speculativa e deduttiva: il processo della conoscenza è comune ed è circolare.
Per me il punto quindi non è il riduzionismo della scienza e il suo presunto materialismo, il punto è quali sono la filosofia e la scienza adatte alla conoscenza della mente e capaci di progredire in tal senso. Come progresso indico chiaramente la capacità di spiegare le origini biologiche della mente, di "leggere" la mente, di influire, di agire sulla mente, a partire dalle sue malattie. Questo per me è l'oggetto della sfida, concorrenza tra le diverse posizioni filosofiche e scientifiche.
Il progresso ha per me un significato ben preciso, sia individuale che collettivo: considero la conoscenza, quindi la scienza e la filosofia, un processo evolutivo cumulativo e selettivo simile al processo della mente. Mente che nel suo sviluppo biologico ha aumentato le capacità di memoria quantitativa e di elaborazione qualitativa e selettiva. Lo stesso accade alla filosofia e alla scienza.

Mi piace l'idea che hai esposto che la scienza non ragiona solo per riduttivismi.
Ciò non toglie che però l'argomento che è emerso sia stato quello.

Sul proseguio, che non condivido minimamente, c'è il solito problema di voialtri scienziati o entusiasti della scienza: chi decide della qualità e della selezione???

(e l'ipotesi della malattia non tiene, anche se vi sono teorie forti ma filosoficamente parlando non certo scientifciamente: infatti quale sarebbe il deterrente a non sapere del rapporto anima-cervello, per la mia sopravvivenza?)
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 08 Novembre 2017, 15:01:16 PM
Citazione di: green demetr il 08 Novembre 2017, 14:27:24 PM
Ma anche a voler trovare la modalità illustrativa di come avviene la comunicazione tra anima e corpo, a che servirebbe?
A niente, perchè sarà solo una dell mille modalità illustrative, ognuna computabile rispetto al piano di grandezza preso in considerazione.
Come dice il pluri-laureato Michel Bitbol, solo la fisica può veramente spiegare il perchè del biologico.
Ma con un definitivo caveat, che l'osservazione incide direttamente sulla computabilità.
Dunque non si potrà MAI trovare il "perchè "e dunque il "come" anima e corpo comunichino, coincidano, esistano o meno, etc...etc..

Si produrranno modelli, certo, e si deciderà in base al periodo storico quale convenga divulgare e quale no.


Mai dire mai......
Serve eccome capire come funzionano, si relazionano ,in questo caso mente e cervello e cervello corpo.
Le scoperte scientifiche possono incidere sul mutamento del pensiero, di come abbiamo una visione di insieme della totalità.
Il dualismo, o comunque i diversi domini, possono a mio parere essere ontologicamente diversi, ma per forza di cosa devono relazionarsi fra loro ,interagire. A che serve la mente senza un cervello o un cervello senza mente se deve ragionare?
Come può un computer farti vedere immagini attraverso byte, bit, matematica binaria, circuiti stampati che istruiscono con un programma l'apertura e la chiusura di porte elettroniche? C'è sempre un rapporto materia e programma che traduce segnali da una   dimensione fisica in un'altra o a qualcosa di "etereo", dall'elettronica a stato solido alla programmazione che le manipola fino a farci vedere immagini.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: green demetr il 08 Novembre 2017, 15:34:34 PM
Citazione di: paul11 il 08 Novembre 2017, 15:01:16 PM
Citazione di: green demetr il 08 Novembre 2017, 14:27:24 PM
Ma anche a voler trovare la modalità illustrativa di come avviene la comunicazione tra anima e corpo, a che servirebbe?
A niente, perchè sarà solo una dell mille modalità illustrative, ognuna computabile rispetto al piano di grandezza preso in considerazione.
Come dice il pluri-laureato Michel Bitbol, solo la fisica può veramente spiegare il perchè del biologico.
Ma con un definitivo caveat, che l'osservazione incide direttamente sulla computabilità.
Dunque non si potrà MAI trovare il "perchè "e dunque il "come" anima e corpo comunichino, coincidano, esistano o meno, etc...etc..

Si produrranno modelli, certo, e si deciderà in base al periodo storico quale convenga divulgare e quale no.


Mai dire mai......
Serve eccome capire come funzionano, si relazionano ,in questo caso mente e cervello e cervello corpo.
Le scoperte scientifiche possono incidere sul mutamento del pensiero, di come abbiamo una visione di insieme della totalità.
Il dualismo, o comunque i diversi domini, possono a mio parere essere ontologicamente diversi, ma per forza di cosa devono relazionarsi fra loro ,interagire. A che serve la mente senza un cervello o un cervello senza mente se deve ragionare?
Come può un computer farti vedere immagini attraverso byte, bit, matematica binaria, circuiti stampati che istruiscono con un programma l'apertura e la chiusura di porte elettroniche? C'è sempre un rapporto materia e programma che traduce segnali da una   dimensione fisica in un'altra o a qualcosa di "etereo", dall'elettronica a stato solido alla programmazione che le manipola fino a farci vedere immagini.

Per capire come funziono basta lavorare su stessi, ovvero fare filosofia.

Vi è un limite all'osservazione umana, non capisco a cosa ti riferisci con quel "mai dire mai".

Certo che conta avere un modello! Ma nel senso negativo del termine.

L'intero biopotere è lì ad aspettarti.

A meno che si pensi che la filosofia è in grado di proporre un suo modello, totalmente inferenziale e critico.

Certamente in una stretta cerchia di amici è anche possibile, e sicuramente lo è, o lo sarà nell'ambito dell'editoria.

Poi ti ripeto se lo stai chiedendo a me in particolare provo a rispondere:


la relazione tra mente e cervello non esiste, come dice sgiombo al massimo è una relazione che avviene all'interno o secondo la prospettiva della mente stessa non materiale.
E' perciò solo una questione medica, dell'uomo automa.

Non incide per me in alcuna maniera se lobotomizzando un uomo questo perde parti cognitive o comportamentali.
Non incide per me in alcuna maniera se la scannerizzazione degli impulsi del cervello possa aumentare tramite macchine computazionali, le nostre parti cognitive o comportamentali.

Sarà solo un bene per l'uomo se risparmia tempo, o se riesce a ricostruire parti cognitive offese.


Ma cosa c'entra con il Pensiero? con lo scontro politico tra e dentro le civiltà? con il dramma dell'agenda?
Con il nostro presente? Con la gerarchia? Con Dio? Con il Potere in effetti?

Niente! sono considerazioni che non grattano che in superficie delle questioni, che sono le stesse, dai primi ominidi fino a noi, ossia il rapporto con la tecnica, il culto, la violenza, il desiderio.

Cambieranno, sono già cambiati gli scenari, le epoche, ma le domande su cosa sia l'uomo sono sempre là davanti a noi, completamente separate, e all'interno del Pensiero, della Filosofia.

Su questa mania di trovare il mezzo per unire l'anima al corpo, mi permetto visti i nostri buoni rapporti, e la nostra profonda simpatia intellettuale, che si tratti di una proiezione fantasmatica, dovuta al solito blocco del soggetto.

Non ti accorgi che ogni sforzo della scienza non è finalizzato a trovare l'anima, ma bensì a eliminarla?
Non ti accorgi quale è il contraccolpo al loro delirio di onnipotenza della macchina? La marginalizzazione (l'estinzione direbbero i più radicali) del Pensiero!

La nostra è una società sempre più omologata, se prima era dai tipi umani (dalle professioni) ora sempre più dall'uso delle macchine (cellulari, pc....etc!)

Ciò detto.

Non dico che è interessante parlare delle possibilità, dell'idealità che esistano questi rapporti, ma senza farli diventare ossessioni, come nel caso di Pierini.
Con attacchi bulimici di produzione intellettuale e crisi depressive.

Bisogna leggere attentamente, e quindi criticamente da dove nasce la produzione delle ideee, e quanto questo luogo di astrazione (e materialità, sia essa sociale che artificiale) incida sui presupposti, sulle motivazioni e finanche sui risultati.

Con stima, il tuo Green.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 09 Novembre 2017, 09:46:52 AM
Citazione di: paul11 il 07 Novembre 2017, 23:42:02 PM


Già il meccanismo omeostatico di un organismo complesso come il corpo è straordinario.
CitazioneI meccanismi omeostatici degli organismi viventi sono perfettamente riducibili ai meccanismi fisico - chimici del divenire naturale (della materia in generale; così come si manifestano nelle peculiari condizioni di fatto, o "condizioni iniziali", della materia vivente).

La valutazione "straordinario", che peraltro condivido, é comuque arbitraria, soggettiva



Quindi la premessa è che esiste una finalismo autoconservativo e omeostatico  del corpo dove la periferia di organi e apparati comunica con il cervello. Quì mi sfugge come avviene la comunicazione (sono solo i nervi, o qualcosa misura ad esempio la disidratazione, la pressione sanguigna, la mancanza di energia, la necessità di riposare,ecc.).La "centrale" del cervello riceve le informazioni e risponde in automatico(ipotalamo in primis)
(Ma tu che sei medico correggi pure le imprecisioni)
CitazioneNon esiste nessun finalismo in natura (nella natura extraumana e al massimo eccedente alcune altre specie animali dal comportamento piuttosto complesso), ma casomai, nella natura vivente, una sorta di "pseudofinalismo a posteriori" (Monod lo chiamava "teleonomia") conseguente alla selezione naturale.

Si, nella fisiologia umana e animale (quindi non stiamo parlando dell' esperienza fenomenica soggettiva "in prima persona" ma di ben altro: di eventi naturali osservati intersoggettivamente e "in terza persona") ci sono anche percezioni immediatamente acquisite dal sistema  nervoso centrale e non ad esso trasmesse attraverso i nervi periferici (anche la visione stessa può essere considerata tale, e la retina una componente del cervello, e i "nervi ottici" fasci di fibre del tutto simili a connessioni assonali fra diverse aree del cervello).



Fin quì la mente non c'entra nulla.
Il rapporto mente e cervello ha comunque correlati fisici, deve comunicare in qualche modo. Le sinapsi si formano ,così come svaniscono, in funzione di atti percettivi sensori .Le memorie, a breve e lungo termine sono formate da sinapsi che si configurano come una struttura che comunque comunica alla mente, per forza quì c'è correlazione fisica fra cervello fisico e quella cosa .
chiamata mente.
A mio parere le sinapsi possono essere costruite sia dalle percezioni sensoriali che dalla mente senza percezioni sensoriali e quindi fisiche.

CitazioneSecondo me non ci può essere alcuna correlazione di tipo causale, in quanto esclusa dalla chiusura causale del mondo fisico.
Ma casomai un  divenire del tutto indipendente, reciprocamente trascendente, eppure biunivocamente corrispondente.

Quindi le sinapsi si costituiscono, potenziano, depotenziano, cessano di esistere nel cervello secondo meccanismi fisiologici perfettamente riducibili alla fisica-chimica intersoggettiva descrivibile "in terza persona", ben diversi dalle esperienze fenomeniche coscienti soggettive descrivibili "in prima persona" necessariamente corrispondenti al, ma non affatto interferenti causalmente col, funzionamento del cervello cui le sinapsi stesse concorrono.

Mi sfuggono come fisicamente , volendo sposare per puro esercizio la tesi riduzionista, dovrebbero essere allocate quegli stimoli mentali e non fisici(così come ad esempio  la correlazione degli stimoli fisici nella psiche che sono le pulsioni).
Sostengo che comunque il piano mentale, quello fisico del cervello "materiale" e se vogliamo aggiungerci quello psichico(anche se poi potrebbe essere il mentale) interagiscono dinamicamente.
CitazioneInfatti non possono affatto interagire dinamicamente (secondo le leggi della dinamica newtoniana: f = m a: che massa ha, che forza -fisica, misurabile in newton-, che accelerazione può subire un sentimento o un ragionamento, o anche l' ascolto di un brano musicale?).
Casomai non può darsi una certa determinata esperienza fenomenica cosciente (e proprio solo quella, nessun altra) senza un biunivocamente corrispondente certo determinato stato funzionale di un certo determinato cervello (e proprio solo quello, nessun altro) ad essa puntualmente ed univocamente corrispondente, ma con essa non affatto interferente (per la chiusura causale del mondo fisico).

In fondo è un'omeostasi anche lo stato psicofisico, nel senso che stiamo bene, ci sentiamo bene, quando lo stato del nostro umore, dei nostri equilibri mentali e psichici sono armonicamente relazionati a quello fisico: se uno si ammala, in qualche misura influisce sull'altro.
Non so se la mente sia, faccio un esempio, una sorta di  ologramma del cervello, come una sua proiezione.
CitazioneNon capisco: nel cervello ci sono solo neuroni e altre cellule, assoni, sinapsi e altre strutture anatomiche (vasi sanguigni, ecc.) con i rispettivi eventi (neuro)fisiologici: nient' altro!

Se, (continuo a ragionare ....ad "alta voce") gli organismo viventi sono riusciti da unicellulari a diventare pluricellulari, a costruirsi dei gradini e di volta in volta salirli in termini di complessità fino a costruirne delle funzionalità, degli apparati, armonici fra loro,
potrebbe essere(continuo  a ragionare per ipotesi) che il cervello umano ha superato un limite fisico in cui la complessità ha di nuovo alzato di un gradino la sua evoluzione, generando una mente.
CitazioneE anche fin qui la mente non c' entra nulla.

Avrai notato che nel ragionamento ipotetico ho scritto quasi l'antitesi di quel che penso.ma è proprio per non scartare nessuna ipotesi. A mio modesto parere, sono proprio i "salti" evolutivi che sono poco chiari.Come ha fatto una ameba, un protozoo ad "autoimparare" la riproduzione.Per questo deve esserci quella entelechia aristotelica, quel finalsimo, quella teleologia per cui già a livello di particelle atomiche c'è un briciolo di potenza intellettiva, che in funzione di configurazioni energetiche?(altra ipotesi) saltano un gradino creando nuova complessità.
Ma significherebbe che esiste una forma, una struttura, una sintassi universale, che aprioristicamente ha un ordine a cui fa tendere tutta la sostanza, vale a dire la morfologia e la physis.

Ora ,se la premessa dell'ultima frase fosse vera, significa che anche il piano mentale agisce teleologicamente, per finalità innate(apriori) perchè intenzionalmente tende a conoscere, a capire, a riflettere anche su se stessa, affinche trovi una omeostasi ad un gradino superiore evolutivamente, anche sul piano mentale.

Quindi,  e finisco questo ragionamento, pur essendoci diversi piani complessi, in apparenza distinti, ma comunicanti fra loro, tutti concorrono al medesimo fine ,dentro un unico morphos, un'unica struttura, una forma e tantissime sostanze.
CitazioneNessun finalismo, ma solo meccanismi fisico-chimici molto bene spiegati di fatto dalla scienza biologica per lo meno in molti loro aspetti non troppo complicati e non troppo privi di "reliquati" direttamente osservabili.
Ma molto bene estendibili anche oltre, da un punto di vista filosofico razionalistico: non c' é ragionevole dubbio che, per esempio, anche la formazione delle prime cellule viventi procariotiche, o la formazione dei primi mammiferi da un ramo dei rettili, o dei primi rettili da un ramo dei pesci, siano in linea teorica o di principio perfettamente riducibili a eventi fisico-chimici, senza l' intervento di "alcun ingrediente vitalistico o finalistico".


Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 16 Novembre 2017, 11:09:39 AM
se non riesci ad intuire che  ad esempio  l' apoptosi delle cellule, il ciclo  di Krebs, la formazione dell'adinosintrifosfato nelle "centrali energetiche" dei mitocondri la formazione di ROS e RNS, hanno una logica ed una teleologia che va oltre all'aspetto biochimico in sè e per sè,
bhe..........
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 17 Novembre 2017, 08:15:39 AM
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2017, 11:09:39 AM
se non riesci ad intuire che  ad esempio  l' apoptosi delle cellule, il ciclo  di Krebs, la formazione dell'adinosintrifosfato nelle "centrali energetiche" dei mitocondri la formazione di ROS e RNS, hanno una logica ed una teleologia che va oltre all'aspetto biochimico in sè e per sè,
bhe..........
CitazioneSe non riesci a comprendere che tutto ciò non é che (é perfettamente riducibile a) reazioni chimche secondo le leggi naturali senza alcun "ingrediente" vitalistico o finalistico, beh...
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Il_Dubbio il 17 Novembre 2017, 21:00:39 PM
La coscienza esprime dei "significati".

Per essere sicuri che il significato sia riconducibile all'aspetto neurologio (ovvero piu ampiamente pensiamo a cosa si muove nel cervello) dovremmo riuscire a leggere non tanto il significato, ma cosa produce in termini di azione. Ammettiamo perciò che il significato produca un'azione, senza per forza vedere il significato nascosto potremmo dedurre il significato dall'azione che ha prodotto.

Per visualizzare questa mia richiesta basti considerare un orologio-sveglia. L'orologio è un meccanismo meccanico che solitamente ha una batteria, alcuni ingranaggi ed esternamente è composto anche da alcune lancette. La sveglia serve per dare l'imput all'azione. E' chiaro che il neurologo si deve aspettare un'azione precisa in un momento preciso...quindi deve conoscere tutto il meccanismo. Il neurologo quindi non vede l'orario interno (quello è il significato non visibile), ma sa che una data azione avverrà quando il meccanismo avrà svolto un certo lavoro interno (gli ingranaggi si sono mossi in un certo modo) e la sveglia a quel punto  darà il risultato sperato.

La mia tesi è questa: il significato svolge un ruolo fondamentale nelle azioni e queste non sono riconducibili al meccanismo visibile. Per cui il neurologo non potrà sperimentare (constatare) un'azione precisa in un dato momento previsto, perche gli è negata la possibilità di guardare all'interno dei significati i quali sono gli unici veri meccanismi che determinano un'azione cosciente.
Poi ogni significato modifica altri significati e questo avviene sempre all'interno di un meccanismo invisibile dall'esterno.

Perche la mia tesi sia giusta andrebbe fatto un esperimento di conferma. Sicuramente bisognerebbe pensare ad una situazione in cui un significato dia il via ad un'azione. O meglio alcuni significati siano determinati per un'azione precisa. Se il neurologo sa come si muove il cervello quando cerca un preciso significato, allora potrà anticipare l'azione per svolgere un preciso evento.

L'esperimento è al contrario.
Lo sperimentatore non deve controllare solo cosa fa il cervello quando il soggetto fa un'azione.
Lo sperimentatore è colui il quale subisce l'esperimento. E' lui che deve anticipare l'azione quando vede muoversi qualcosa nel cervello.
Solitamente avviene il contrario. Lo sperimentatore controlla cosa si  muove nel cervello quando il soggetto compie una'zione e stabilisce a posteriori il motivo per cui il cervello si è mosso. Troppo semplice e produce delle banalità.

Questa premessa (di tipo sperimentale) introduce il corpo del mio ragionamento se volete di tipo filosofico o che segue un certo paradigma scientifico.
La sostanza del paradigma scientifico è: se io non vedo altro che neuroni e scariche elettriche vuol dire che non c'è altro che determina una scelta soggettiva.
Il tipo di ragionamento filosofico che invece io produco è che se tu scienziato non sai anticipare, da un movimento neuronale, una azione dovuta a una serie di possibili significati, vuol dire che non puoi prescindere dal dover considerare importante leggere i singoli significati soggettivi.

Se come io penso, i singoli significati soggettivi sono determinanti per una scelta di un'azione e questa (mi riferisco all'azione) si può vedere solo attraverso il movimento di ciò che è visibile, allora vuol dire che non puoi prevedere un'azione solo guardando neorini e scariche elettriche, per cui non è possibile ricondurre o ridurre, le azioni umane ai soli movimenti visibili.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 18 Novembre 2017, 10:26:58 AM
Concordo che tutto ciò che é mentale (oltre a non essere misurabile, come giustamente rilevato nella discussone sui valori in corso parallelamente a questa, attraverso rapporti espressi da numeri, per esempio non letteralmente "pesabile" ma casomai solo metaforicamente e vagamente "ponderabile" o "soppesabile"), non é riducibile al fisico – materiale (compreso il neurologico a mio avviso perfettamente riducibile al biologico, che a sua volta é perfettamente riducibile al fisico-chimico).
Ma credo che l' evoluzione biologica non riguardi minimamente la res cogitans, bensì solo i suoi correlati neurologici: come rilevato da Chalmers, se consideriamo l' ipotesi (logicamente corretta, ineccepibile come tale) che alcuni uomini o animali (o al limite anche tutti gli altri oltre a noi stessi) siano delle specie di zombi che si comportano esattamente come se avessero un' esperienza cosciente ma senza averla, non possiamo trovare il modo di dimostrare che così non sia di fatto (è un' ipotesi teoricamente, in linea teorica di principio inconfutabile; oltre che non provabile, ovviamente), dobbiamo ammettere che anche in tale ipotetico caso tutto nella natura materiale (fisica, chimica, biologia, neurologia) accadrebbe esattamente così come accade e non ci sarebbe assolutamente modo di accorgersene.
E come non ce ne potremmo accorgere in alcun modo noi, per usare una metafora un po' antropomorfica, non potrebbe "accorgersene in alcun modo" nemmeno l' evoluzione biologica per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale (perfettamente riducibile a un colossale coacervo e successione di reazioni chimiche); essa é "del tutto insensibile" ai correlati mentali ma invece "agisce", ha effetti unicamente sulla res extensa, sulla materia indipendentemente dal fatto che questa sia eventualmente "accompagnata" da coscienza e pensiero, anche se "a là Descartes" gli altri animali, oltre alle piante, e a là de La Mettrie anche gli uomini stessi non fossero che "macchine" (biologiche) del tutto prive di coscienza.

Concordo quindi che al neurologo (in quanto tale) "è negata la possibilità di guardare all'interno dei significati", e che "Poi ogni significato modifica altri significati e questo avviene sempre all'interno di un meccanismo invisibile dall'esterno", ma non che questi (i significati) siano "gli unici veri meccanismi che determinano un'azione cosciente",
I significati, irriducibili alla materia (al neurologico; e "invisibili" alla ricerca naturalistica, "al neurologo") sono nella coscienza che "accompagna" certe azioni umane e animali, ma che é "del tutto causalmente irrilevante" al loro svolgimento, dal momento che esse accadrebbero unicamente per meccanismi neurofisiologici nell' ambito del mondo naturale – materiale esattamente allo stesso identico modo in cui accadono anche in assenza di pensieri e significati e non vi sarebbe assolutamente modo di accorgersene.
E da un punto di vista strettamente scientifico naturale il neurologo (al quale fin che fa il suo mestiere e non pretende, come spesso di fatto accade, di sparare tesi filosofiche infondate e sballate, faccio tanto di cappello: non dice cose banali ma sensate e scientificamente rilevanti, secondo me) non si può chiedere di "vedere" (studiare) "altro che neuroni e scariche elettriche" poiché non c'è altro che determina una scelta materiale" intersoggettivamente rilevabile, che é ciò di cui si occupano le scienze naturali; al massimo gli si può chiedere di stabilire le correlazioni fra meccanismi neurofisiologici materiali intersoggettivi che -unicamente: chiusura causale del mondo fisico!- determinano le scelte dell' "animale–uomo", anzi dell' "uomo-macchina" nell' ambito del mondo fisico materiale e pensieri e significati mentali soggettivi che in maniera determinata e biunivocamente corrispondente accadono nelle esperienze coscienti che tali meccanismi neurofisiologici cerebrali "accompagnano" (vi coesistono senza interferirvi; anche se non lo si può in alcun modo dimostrare né tantomeno empiricamente mostrare).

"Prevedere un'azione solo guardando neuroni e scariche elettriche" secondo me non é e non sarà mai possibile di fatto (se non molto limitatamente "grossolanamente": Libet e altro; esattamente come anche costruire un "uomo artificiale"), ma da un punto di vista filosofico, é necessario concludere che in linea puramente teorica, di principio é (sarebbe) del tutto possibile (come anche costruire un uomo artificiale) perché ogni evento mentale significante ha necessariamente un certo, determinato correlato materiale (naturale neurologico oppure al limite anche artificiale, meccanico o elettronico o di altra "natura materiale") intersoggettivamente indagabile in linea di principio.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: green demetr il 18 Novembre 2017, 19:01:21 PM
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2017, 11:09:39 AM
se non riesci ad intuire che  ad esempio  l' apoptosi delle cellule, il ciclo  di Krebs, la formazione dell'adinosintrifosfato nelle "centrali energetiche" dei mitocondri la formazione di ROS e RNS, hanno una logica ed una teleologia che va oltre all'aspetto biochimico in sè e per sè,
bhe..........

Ma... faccio veramente fatica a capire la portata generale del tuo discorso.

Pensi di poter indicare dove ne hai parlato un pò meglio?

Forse nei 3d col Pierini?

Oppure perchè non apri 3d, sono interessato del tuo caso intellettuale.

Ottimamente pronto in politica e politica economica, ottimamente improntato al discorso sul principio, inaspettatamente teleologico.
Non capisco veramente quale sia il trait d'union di tutte questa fasi.

Nel caso, come per me, sei inceppato intellettualmente, la domanda secca potrebbe essere: ma questa spinta vitalistica ha una direzione? e forse persino un senso?

Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 19 Novembre 2017, 01:30:14 AM
Citazione di: green demetr il 18 Novembre 2017, 19:01:21 PM
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2017, 11:09:39 AM
se non riesci ad intuire che  ad esempio  l' apoptosi delle cellule, il ciclo  di Krebs, la formazione dell'adinosintrifosfato nelle "centrali energetiche" dei mitocondri la formazione di ROS e RNS, hanno una logica ed una teleologia che va oltre all'aspetto biochimico in sè e per sè,
bhe..........

Ma... faccio veramente fatica a capire la portata generale del tuo discorso.

Pensi di poter indicare dove ne hai parlato un pò meglio?

Forse nei 3d col Pierini?

Oppure perchè non apri 3d, sono interessato del tuo caso intellettuale.

Ottimamente pronto in politica e politica economica, ottimamente improntato al discorso sul principio, inaspettatamente teleologico.
Non capisco veramente quale sia il trait d'union di tutte questa fasi.

Nel caso, come per me, sei inceppato intellettualmente, la domanda secca potrebbe essere: ma questa spinta vitalistica ha una direzione? e forse persino un senso?
Ciao Green,
se il mondo è fatto di relazioni, il cuore di sentimenti, la mente di pensieri, la chimica di reazioni, si pensa forse che le dinamiche non abbiano un verso come un diagramma delle forze? E perchè mai elementi atomici dovrebbero combinarsi per creare la vita?
E perchè mai il ciclo cellulare, l'apoptosi, dovrebbe avere un timer interno che lo porti a morire?
Pensiamo, riflettiamo o prendiamo solo atto dell'esistente?
La scienza riduttivistica segue un suo schema "mentale" e non riesce a spiegare come mai pensa.

Se ad un cervello strutturato in una certa maniera, compare un "entità" chiamata mente, due sono le cose.
O la fisica arrivato ad un certo gradiente trascende la fisicità del percettivo sensoriale per diventare in questo caso cervello che costituisce mente ,oppure la mente ha una natura completamente diversa dal mondo fisico.
E quì mi sovvengono rimembranze lontane, assai prima della res extensa e del cogitans cartesiano, fra l'altro superato dalla coscienza di Hegel, dall'"io penso" kantiano, dalla fenomenologia di Husserl.

C'era un certo papa Leone "Magno" che fra il quarto e quinto secolo dopo Cristo in un famoso concilio attaccò il nestorianesimo, che pensava ad una duplice natura divina ed umana ,rifiutava quella divina di Cristo, , e il monofisismo della natura solo divina di Cristo.
Il concetto è l'ipostasi.

Sono passati più di quindici secoli, la filosofia ora è dalla parte opposta di Plotino, crede solo in quel che vede, anzi bisogna dimostrare anche che quel che si vede "probabilmente " è vero, ma sicuramente non certo; orbene traslato nella contemporaneità della filosofia della mente siamo ancora a chiederci come e dove sta il rapporto delle nature del mentale e del cervello(spesso un suppellettile posizionato all'interno"del  capo del genere umano) come avverrebbe l'ipostasi ,se avverrebbe, ma intanto sappiamo che chi prova sofferenza mentale chissà come e perchè la porta a l livello fisico del corpo, così come le malattie mitocondriali , come il Parkinson, l'Alzheimer, incidono sul mentale.L'ipostasi quindi si deduce c'è.
E quindi inutile  sostenere la dualità di due nature diverse incapaci di relazionare la biochimica con il pensiero, attendendo che la medicina trovi una strumentazione alla Frankestein per vedere i pensieri, come nei film, proiettati come immagini in ologrammi, per sapere ciò che è ovvio: convivono le due nature.

P.S. penso sia noto che io non apro mai(raramente l'ho fatto nel vecchio forum) discussioni, seguo quelle create, anche se si gira continuamente in giro a pochi concetti senza necessari approfondimenti....ho delle mie buone  ragioni.

Stò leggendo il Fedone di Platone, un approfondimento sulla biologia molecolare, in economia la teoria sul rapporto inflazione e disoccupazione nella curva di Philips e tutto il testo della TARI (la tassa sui rifiuti.)......pensa a come sono........vario
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Loris Bagnara il 20 Novembre 2017, 09:51:02 AM
Entro ora in una discussione già lunga, quindi non so tutto quel che è già stato detto;
ma probabilmente quanto segue non è stato detto.

Da un punto di vista strettamente scientifico-materialista-riduzionista, e quindi presumibilmente anche darwininiano,
il 'fenomeno' della coscienza è totalmente inspiegabile, per il semplice motivo che la coscienza non serve a nulla.

Mi spiego.

Dal punto di vista di cui sopra, l'essere umano è una macchina totalmente determinata, una sorta di Goldrake
dove la presenza di Actarus, il pilota annidato nella testa del robot, è perfettamente inutile, perché non c'è nulla
da pilotare, il comportamento del robot essendo completamente automatizzato.

A ciò si aggiunga che il 'pilota' (la coscienza) assisterebbe ai movimenti del robot nell'illusione di poterli comandare:
in altri termini, l'illusione del libero arbitrio.

La situazione, dunque, sarebbe la seguente: esisterebbe un 'pilota' (la coscienza) perfettamente inutile, dotato di una facoltà
(l'illusione del libero arbitrio) perfettamente inutile.

Questa doppia inutilità, nell'ottica materialista-riduzionista-darwiniana, dovrebbe essere stata prodotta dagli stessi meccanismi
(selezione naturale + variazioni genetiche casuali) che hanno prodotto la complessità funzionale degli organismi viventi:
arti, ali, apparati digerenti, sensori, sistema nervoso etc. Pensare possa essere avvenuto diversamente sarebbe un'incoerenza teorica.

Ma nella coscienza non c'è assolutamente nulla di utile e funzionale.

In conclusione, ancor prima di tentar di spiegare tecnicamente come la coscienza si riduca in termini neurologici,
occorre spiegare perché la coscienza esista in ottica darwiniana...
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: baylham il 20 Novembre 2017, 11:40:04 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 20 Novembre 2017, 09:51:02 AM
Da un punto di vista strettamente scientifico-materialista-riduzionista, e quindi presumibilmente anche darwininiano,
il 'fenomeno' della coscienza è totalmente inspiegabile, per il semplice motivo che la coscienza non serve a nulla.

In conclusione, ancor prima di tentar di spiegare tecnicamente come la coscienza si riduca in termini neurologici,
occorre spiegare perché la coscienza esista in ottica darwiniana...

La questione del determinismo o indeterminismo è irrilevante o comunque secondaria rispetto al tema.

La neuroscienza di derivazione materialistica, secondo cui la coscienza è un processo del sistema nervoso centrale, non nega affatto la coscienza, né la considera inutile, dato che è il suo principale oggetto di studio.

Nella prospettiva darwiniana la coscienza umana, una coscienza superiore che si innesta sulla coscienza primaria propria anche degli altri animali, è il risultato dell'evoluzione casuale e selettiva: senza la coscienza non esisterebbe l'attuale ecologia.

Comunque l'uomo e gli altri esseri viventi non sono macchine, robot: i processi biologici sono diversi da quelli fisici. 
Inoltre l'assimilazione degli esseri viventi a zombie, che sono una pura invenzione della fantasia, è completamente fuorviante ed incoerente.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 20 Novembre 2017, 13:34:49 PM
Loris Bagnara.
sì quello che hai espresso è la visione riduzionista.

Ma nella realtà e lo si vede nella medicina, nell'economia ,nella politica,
non si capisce come convivano il farmaco che agisce come interruttore ( accettare o bloccare una reazione chimica, una trasmissione di informazione cellulare) che è coerente con la sparizione della psicanalisi e il passaggio  all industria  farmaceutica, e dall'altra invece agire su quel robot che è consumatore con cifre spropositate di pubblicità, promozioni, marketing aggressivi, per "convincere" non con un farmaco ,ma entrando nelle credenze, nella "capoccia", non per via biochimica, ma aspettattive, speranze, voglia di stili di vita diversi, per utilità, egoismo o altruismo, ecc.
Come spiegare ,togliamo pure via la coscienza per pura ipotesi, la speranza, le aspettative di cui il politico e l'economico speculano?
Cosa significherebbe essere convincenti e spingere a scelte di consumo, a scelte politiche? In quale via biochimica si accede, se vi si accedesse biochimicamente?

Come pochi epistemologi hanno capito a loro tempo, nella realtà convivono più teorie "scientifiche" proprio come nella politica, ,economia  a volte sono in antitesi, ma proprio perchè nessuna si è rivelata vincente sull'altra tanto da annullarla., da superarla definitivamente.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 20 Novembre 2017, 21:18:55 PM
 Concordo con molto di quanto afferma Loris Bagnara e dissento in toto da Baylham (Paul11, come spesso purtroppo mi accade, l' ho capito poco o nulla).


La coscienza non é scientificamente indagabile (se non nelle sue suoi correlazioni col cervello) perché irrilevante biologicamente, e dunque (per la riduzione della biologia alla fisica-chimica) fisicamente.
 
Sono i cervelli in quanto oggetti materiali a interagire col resto del mondo materiale – naturale (causalmente chiuso) e non i correlati coscienti dei cervelli: non volontà, sentimenti, ragione, pensieri (percepiti soggettivamente "in prima persona", non misurabili, non percepiti intersoggettivamente "in terza persona", e dunque anche per questi motivi non studiabili scientificamente) che con taluni determinati eventi neurofisiologici cerebrali (percepibili entro esperienze coscienti diverse di quelle di cui tali volontà, sentimenti, ecc. fanno parte) necessariamente coesistono e biunivocamente corrispondono.
 
Dunque non la coscienza ma invece il cervello é il risultato dell'evoluzione casuale e selettiva. Ed é ecologicamente rilevante.
 
Ma la coscienza, pur non pilotando il cervello e il corpo, realmente esiste eccome (anche se non é intersoggettivamente esperibile: reale =/= intersoggettivo)!
 
In un' "ottica darwiniana" non esiste la coscienza (non fa parte della biologia), ma invece esistono il cervello e i comportamenti (da considerarsi) coscienti (ma in quanto tali, in quanto coscienti, reali al di fuori del -o trascendenti il- mondo materiale, e dunque dalla biologia; e dunque non mai riducibili al cervello stesso) che dal cervello sono regolati, "guidati", determinati.
 
 
 
Ritengo inoltre che l'uomo e gli altri esseri viventi sono "macchine" naturali, biologiche e che i processi biologici sono perfettamente riducibili a quelli fisici.
E gli zombie considerati da Chalmers sono effettivamente una pura invenzione della fantasia, ma non affatto completamente fuorviante ed incoerente, ed invece perfettamente coerente e soprattutto illuminante circa i rapporti fra mente e cervello.
 
 
 
Agire su quel "robot" che è consumatore con cifre spropositate di pubblicità, promozioni, marketing aggressivi, per convincere" non con un farmaco, ma entrando nelle credenze, nella "capoccia", non per via biochimica, ma attraverso aspettative, speranze, voglia di stili di vita diversi, per utilità, egoismo o altruismo, ecc. si può benissimo per il semplice fatto che tutti questi eventi mentali di coscienza hanno determinati corrispettivi neurologici cerebrali e che "parallelamente" a pubblicità, promozioni ecc. come esperienze soggettive "in prima persona" divengono eventi neurologici cerebrali intersoggettivi "in terza persona", che agiscono (accompagnati da "paralleli" eventi psicologici mentali) sui cervelli così come vi agiscono gli psicofarmaci.
 
Esistono determinati eventi biochimici cerebrali biunivocamente corrispondenti alla speranza, alle aspettative di cui il politico e l'economico speculano, determinati eventi biochimici cerebrali biunivocamente corrispondenti all' essere convincenti e allo spingere a scelte di consumo, a scelte politiche, ecc.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Loris Bagnara il 20 Novembre 2017, 22:16:39 PM
Grazie del supporto Sgiombo ;-)

Baylham, la questione del determinismo è non solo rilevante, ma essenziale per trattare la coscienza.
Se sei materialista-riduzionista, non puoi credere all'esistenza del libero arbitrio.
Se non esiste il libero arbitrio, l'essere umano è un automa (non chiamarlo zombie, se non ti piace, ma è la stessa cosa).
Se l'essere umano è un automa, la coscienza non ha alcuna funzione, alcuna utilità, alcun senso biologico.
Se la coscienza non ha alcuna funzione, non può essere il risultato di una selezione casuale e selettiva, proprio perché essa non offre alcun vantaggio meritevole di essere selezionato, tanto meno per caso.
Pertanto, se la coscienza non può essere il risultato della evoluzione darwiniana, e preso atto che le neuroscienze non negano la coscienza (grazie, ci mancherebbe altro, sarebbe bello il contrario...), ci hanno forse spiegato le neuroscienze perché la Natura avrebbe prodotto anche un'assoluta inutilità come la coscienza, accanto a moltissime altre cose la cui utilità, invece, è evidente?
Questa è la domanda a cui tu, Baylham, non hai risposto.

Per concludere, Baylham, trovo incomprensibile che si affermi, in ottica materialista, che i "processi biologici sono diversi dai processi fisici". Non ha alcun senso tale affermazione: i processi biologici sono processi fisici; e che altro dovrebbero essere in ottica materialistica?
Forse, allora, non sei un materialista; ma, allora, dovresti chiarire il tuo punto di vista.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: green demetr il 22 Novembre 2017, 01:44:24 AM
Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2017, 01:30:14 AM
Citazione di: green demetr il 18 Novembre 2017, 19:01:21 PM
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2017, 11:09:39 AM
se non riesci ad intuire che  ad esempio  l' apoptosi delle cellule, il ciclo  di Krebs, la formazione dell'adinosintrifosfato nelle "centrali energetiche" dei mitocondri la formazione di ROS e RNS, hanno una logica ed una teleologia che va oltre all'aspetto biochimico in sè e per sè,
bhe..........

Ma... faccio veramente fatica a capire la portata generale del tuo discorso.

Pensi di poter indicare dove ne hai parlato un pò meglio?

Forse nei 3d col Pierini?

Oppure perchè non apri 3d, sono interessato del tuo caso intellettuale.

Ottimamente pronto in politica e politica economica, ottimamente improntato al discorso sul principio, inaspettatamente teleologico.
Non capisco veramente quale sia il trait d'union di tutte questa fasi.

Nel caso, come per me, sei inceppato intellettualmente, la domanda secca potrebbe essere: ma questa spinta vitalistica ha una direzione? e forse persino un senso?
Ciao Green,
se il mondo è fatto di relazioni, il cuore di sentimenti, la mente di pensieri, la chimica di reazioni, si pensa forse che le dinamiche non abbiano un verso come un diagramma delle forze? E perchè mai elementi atomici dovrebbero combinarsi per creare la vita?
E perchè mai il ciclo cellulare, l'apoptosi, dovrebbe avere un timer interno che lo porti a morire?
Pensiamo, riflettiamo o prendiamo solo atto dell'esistente?
La scienza riduttivistica segue un suo schema "mentale" e non riesce a spiegare come mai pensa.

Se ad un cervello strutturato in una certa maniera, compare un "entità" chiamata mente, due sono le cose.
O la fisica arrivato ad un certo gradiente trascende la fisicità del percettivo sensoriale per diventare in questo caso cervello che costituisce mente ,oppure la mente ha una natura completamente diversa dal mondo fisico.
E quì mi sovvengono rimembranze lontane, assai prima della res extensa e del cogitans cartesiano, fra l'altro superato dalla coscienza di Hegel, dall'"io penso" kantiano, dalla fenomenologia di Husserl.

C'era un certo papa Leone "Magno" che fra il quarto e quinto secolo dopo Cristo in un famoso concilio attaccò il nestorianesimo, che pensava ad una duplice natura divina ed umana ,rifiutava quella divina di Cristo, , e il monofisismo della natura solo divina di Cristo.
Il concetto è l'ipostasi.

Sono passati più di quindici secoli, la filosofia ora è dalla parte opposta di Plotino, crede solo in quel che vede, anzi bisogna dimostrare anche che quel che si vede "probabilmente " è vero, ma sicuramente non certo; orbene traslato nella contemporaneità della filosofia della mente siamo ancora a chiederci come e dove sta il rapporto delle nature del mentale e del cervello(spesso un suppellettile posizionato all'interno"del  capo del genere umano) come avverrebbe l'ipostasi ,se avverrebbe, ma intanto sappiamo che chi prova sofferenza mentale chissà come e perchè la porta a l livello fisico del corpo, così come le malattie mitocondriali , come il Parkinson, l'Alzheimer, incidono sul mentale.L'ipostasi quindi si deduce c'è.
E quindi inutile  sostenere la dualità di due nature diverse incapaci di relazionare la biochimica con il pensiero, attendendo che la medicina trovi una strumentazione alla Frankestein per vedere i pensieri, come nei film, proiettati come immagini in ologrammi, per sapere ciò che è ovvio: convivono le due nature.

P.S. penso sia noto che io non apro mai(raramente l'ho fatto nel vecchio forum) discussioni, seguo quelle create, anche se si gira continuamente in giro a pochi concetti senza necessari approfondimenti....ho delle mie buone  ragioni.

Stò leggendo il Fedone di Platone, un approfondimento sulla biologia molecolare, in economia la teoria sul rapporto inflazione e disoccupazione nella curva di Philips e tutto il testo della TARI (la tassa sui rifiuti.)......pensa a come sono........vario

Grazie Paul,

Sul tuo dinamismo intellettuale non ho mai dubitato.

Non riuscivo a capire il passaggio diciamo così dialettico che passava dal pensiero dell'origine a quello biologico.

Ma l'ipotesi dell'ipostasi lo spiega ampiamente.

E in effetti se fra i livelli di grandezza, entropicamente diversi fra l'uno e l'altro ci deve essere una sorta di unione, non può che avere una logica, una intellettualità.
E certamente la vecchia idea dell'emanazione per decadimento, si può leggere come emanazione per trasformazione entropica intesa proprio nel senso di diversa ordinazione dello stato energetico.

Il fatto misterioso dell'entropia è che è teleologica.

E la sorpresa che lo stato dell'uomo sia ordinato nonostante il disordine che vige sotto di lui, è intuitivamente ma solo per analogia (ripeto è indimostrabile) ha un senso.

Loris Bagnara da un punto di vista riduzionista la coscienza non è nemmeno un fattore, la tua è solo una presunzione, di cui lo stesso sistema riduzionista ne fa a meno.

Dire che la coscienza sia un orpello, una illusione etc...
(o meno) non cambia di una virgola la teoria.

Ha ragione Baylham a fartelo notare. Infatti esistono studi sulla coscienza a livello biologico, fisico, computazionale etc...

Certamente Sgiombo se l'oggetto di studio è la sola res estensa, il riduzionismo va benissimo, è d'altronde uno dei metodi più usati, e voglio dire, anche se prima non si chiamava così, l'introduzione dell'uso di costanti, su cui fare affidamente, e ordine, per una teoria scientifica, è quasi obbligatorio.
Ma vi sono altri metodi, e di solito si usano insieme a quello riduzionista, e mi sembra per chi è interessato sarebbe da notare, e mi sembra nessuno lo abbia fatto ancora.
(io da bravo metafisico, non sono interessatissimo, ma sicuramente curioso)

https://www.youtube.com/watch?v=urBaLpDWVj8

questo è il video che più mi è rimasto in mente. lo trovo utile, e il tono che ha usato mi è piaciuto.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Loris Bagnara il 22 Novembre 2017, 08:37:11 AM
Green Demetr:

CitazioneLoris Bagnara da un punto di vista riduzionista la coscienza non è nemmeno un fattore, la tua è solo una presunzione, di cui lo stesso sistema riduzionista ne fa a meno.
Proprio per questo il riduzionismo neurologico è un'idiozia: fa a meno dell'unica cosa di cui non può fare a meno, che è la coscienza, senza la quale non esisterebbe nemmeno lo scienziato riduzionista.
Del resto è comprensibile: far finta la coscienza non esista (sostanzialmente) è l'unico modo per evitare di rispondere alla domanda sul perché esista.

E infatti nemmeno tu hai risposto. Hai scritto: "Infatti esistono studi sulla coscienza a livello biologico, fisico, computazionale etc..."
Questi lodevoli studi sulla coscienza, ci dicono qualcosa sulle cause (materiali, intendo) che darebbero origine la coscienza?

Torno dunque a ripetere la domanda per la terza volta: premesso che è facilmente giustificabile perché la natura abbia prodotto un arto, un occhio, un apparato digerente, quale sarebbe dunque la giustificazione funzionale di una facoltà completamente inutile, insostanziale e illusoria, di cui (si afferma) può fare a meno persino lo stesso scienziato riduzionista nel momento stesso in cui la usa?
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 22 Novembre 2017, 11:33:41 AM
Per Green Demetr e Loris Bagnara
 
Le scienze naturali sono una cosa, la filosofia e l' ontologia sono altre cose; e giustamente, correttamente le prime si propongono di impiegare il riduzionismo a ciò che é loro "legittimo" (correttamente affrontabile con i loro metodi) terreno di indagine.

Non dunque l' ontologia (e in particolare la questione dei rapporti fra la realtà materiale e la realtà mentale e di coscienza, fra la "res cogitans" e la "res extensa", per dirlo a là Cartesio); stando il fatto che la coscienza non fa parte di, non é riducibile e non sopravviene (qualsiasi cosa di non trascendente questi concetti possano significare) alla realtà materiale.
 
 
 
Non c' é nulla di strano nel fatto che in sistemi non termodinamicamente isolati si abbiano riduzioni di entropia a spese di maggiori aumenti di entropia nei sistemi isolati più ampi di cui sono parti (entropia "restituita interamente in più anche con gli interessi maturati").
 
 
 

A parte il fatto che l' evoluzione biologica non "produce" affatto solo "cose necessarie alla sopravvivenza e riproduzione", ma "di tutto di più", purché non eccessivamente sfavorevole a sopravvivenza e riproduzione (corna dei cervi, code dei pavoni, umano sublime piacere per la musica, ecc., ecc., ecc.), ciò che le scienza naturali possono (e devono) studiare é il fatto che si sono sviluppati molti tipi di cervelli (in molte diverse specie animali) e non affatto le molte specie di esperienza cosciente che ad essi coesistono e corrispondono trascendendoli; il che non implica affatto necessariamente il negare quest' ultimo fatto in sede filosofica, ma solo il sospendere correttamente il giudizio in materia in sede scientifica (naturale).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Loris Bagnara il 22 Novembre 2017, 21:46:05 PM
Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 11:33:41 AM
A parte il fatto che l' evoluzione biologica non "produce" affatto solo "cose necessarie alla sopravvivenza e riproduzione", ma "di tutto di più", purché non eccessivamente sfavorevole a sopravvivenza e riproduzione (corna dei cervi, code dei pavoni, umano sublime piacere per la musica, ecc., ecc., ecc.), etc etc
Su questo abbiamo sempre dissentito, ma non è il caso di ripetersi ora...
Osservo solamente che code di pavone e corna di cervo una pur minima funzione biologica ce l'hanno, foss'anche solo quella di far apparire i maschi più attraenti, e quindi incrementare la loro possibilità di riprodursi.
In altri casi, si assiste alla sopravvivenza di strutture biologiche che magari ora non ce l'hanno più un'utilità, ma in passato l'hanno avuta.
L'autocoscienza, invece, nulla di nulla...

Concludo con un pensiero generale. Mi piacerebbe che si cominciasse a parlare di un'approccio integrale alla conoscenza della realtà, e non di un approccio filosofico qui, e un approccio scientifico là, e così via...
Se la realtà è una (cosa di cui siamo tutti convinti) dovranno pur convergere prima o poi i diversi approcci, no?
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 22 Novembre 2017, 22:15:20 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 22 Novembre 2017, 21:46:05 PM
Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 11:33:41 AM
A parte il fatto che l' evoluzione biologica non "produce" affatto solo "cose necessarie alla sopravvivenza e riproduzione", ma "di tutto di più", purché non eccessivamente sfavorevole a sopravvivenza e riproduzione (corna dei cervi, code dei pavoni, umano sublime piacere per la musica, ecc., ecc., ecc.), etc etc
Su questo abbiamo sempre dissentito, ma non è il caso di ripetersi ora...
Osservo solamente che code di pavone e corna di cervo una pur minima funzione biologica ce l'hanno, foss'anche solo quella di far apparire i maschi più attraenti, e quindi incrementare la loro possibilità di riprodursi.
CitazioneMa una coda più sobria non impedirebbe certo ai pavoni di riprodursi ed anzi ne favorirebbe non poco la riproduzione rispetto alla coda spettacolare che hanno la quale indubbiamente aumenta non poco la probabilità che finiscano fra le fauci di predatori prima di riprodursi.
Quindi la selezione naturale "produce" anche cose non affatto ottimalmente adatte alla sopravvivenza e riproduzione, ma semplicemente non troppo inadatte.


Concludo con un pensiero generale. Mi piacerebbe che si cominciasse a parlare di un'approccio integrale alla conoscenza della realtà, e non di un approccio filosofico qui, e un approccio scientifico là, e così via...
Se la realtà è una (cosa di cui siamo tutti convinti) dovranno pur convergere prima o poi i diversi approcci, no?
CitazioneA me pare che un' approccio generale alla realtà sia quello proprio della filosofia, in particolare della ontologia, o metafisica (che per me sono sostanzialmente sinonimi).

Quello scientifico in particolare (nel senso "stretto" delle scienze naturali) non può che essere limitato alla parte naturale materiale intersoggettiva e misurabikle della realtà (fenomenica).

I suoi metodi non sono applicabili alla parte mentale (pure fenomenica), che non é intersoggettiva né misurabile (non é "scritta in lingua matematica", e "i suoi caratteri non sono cerchi, triangoli, ecc.", per parafrasare Galileo).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 22 Novembre 2017, 22:33:53 PM
Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 22:15:20 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 22 Novembre 2017, 21:46:05 PM
CitazioneA me pare che un' approccio generale alla realtà sia quello proprio della filosofia, in particolare della ontologia, o metafisica (che per me sono sostanzialmente sinonimi).

Quello scientifico in particolare (nel senso "stretto" delle scienze naturali) non può che essere limitato alla parte naturale materiale intersoggettiva e misurabikle della realtà (fenomenica).

I suoi metodi non sono applicabili alla parte mentale (pure fenomenica), che non é intersoggettiva né misurabile (non é "scritta in lingua matematica", e "i suoi caratteri non sono cerchi, triangoli, ecc.", per parafrasare Galileo).
Ed è quì, a mio parere ,l'errore, il pensare che filosofia e scienza camminino su strade diverse.
La forma ,ad esempio, filosofica è proiettabile sulle regole relazionali scientifiche
Ad esempio, la crescita di un cristallo segue una regola formale geometrica, le valenze chimiche o se vogliamo, gli strati energetici degli elettroni ad esempio dell'elemento carbonio che è 4 e dell'ossigeno è 2,sono caratteristiche dei legami energetici della formazione dei composti che creano la forma spaziale energetica tridimensionale delle molecole e quindi le loro caratteristiche e proprietà.Intendo dire che se le caratteristiche della sostanza organiazza è data dalle reazioni ossido riduttive e dal doppio legame del carbonio, ciò porta a caratteristiche nel dominio dell'organico e dei viventi e le regole sono le forme filosofiche e le caratteristiche della scienza: il luogo d'incontro esiste anche se ognuna "parla" con termini diversi, una sua gergalicità.

A mio parere è per questo che non sono separabili mente e cervello e non ha più senso nemmneno scientifico oggi fare del riduzionismo scientifico così come fare pura metafisica filosofica.
Fermarsi scientificamente al dimostrabile, laddove il dimostrabile fosse solo il misurabile fisicamente, ha per certi versi un suo senso di ancoraggio della conoscenza affinchè non sia solo astrazione,ma non può a sua volta conoscere la materia, il concreto, senza l'apporto dell'astrazione.
Se una delle facoltà della coscienza è mediare proprio le forme e le sostanze, l'astratto e il concreto, il concetto è l'incontro e non l'antitesi fra scienza e filosofia o fra i vecchi domini di empirico e metafisico
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 23 Novembre 2017, 09:24:16 AM
Citazione di: paul11 il 22 Novembre 2017, 22:33:53 PM
Citazione di: sgiombo il 22 Novembre 2017, 22:15:20 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 22 Novembre 2017, 21:46:05 PM
CitazioneA me pare che un' approccio generale alla realtà sia quello proprio della filosofia, in particolare della ontologia, o metafisica (che per me sono sostanzialmente sinonimi).

Quello scientifico in particolare (nel senso "stretto" delle scienze naturali) non può che essere limitato alla parte naturale materiale intersoggettiva e misurabikle della realtà (fenomenica).

I suoi metodi non sono applicabili alla parte mentale (pure fenomenica), che non é intersoggettiva né misurabile (non é "scritta in lingua matematica", e "i suoi caratteri non sono cerchi, triangoli, ecc.", per parafrasare Galileo).
Ed è quì, a mio parere ,l'errore, il pensare che filosofia e scienza camminino su strade diverse.
La forma ,ad esempio, filosofica è proiettabile sulle regole relazionali scientifiche
Ad esempio, la crescita di un cristallo segue una regola formale geometrica, le valenze chimiche o se vogliamo, gli strati energetici degli elettroni ad esempio dell'elemento carbonio che è 4 e dell'ossigeno è 2,sono caratteristiche dei legami energetici della formazione dei composti che creano la forma spaziale energetica tridimensionale delle molecole e quindi le loro caratteristiche e proprietà.Intendo dire che se le caratteristiche della sostanza organiazza è data dalle reazioni ossido riduttive e dal doppio legame del carbonio, ciò porta a caratteristiche nel dominio dell'organico e dei viventi e le regole sono le forme filosofiche e le caratteristiche della scienza: il luogo d'incontro esiste anche se ognuna "parla" con termini diversi, una sua gergalicità.

A mio parere è per questo che non sono separabili mente e cervello e non ha più senso nemmneno scientifico oggi fare del riduzionismo scientifico così come fare pura metafisica filosofica.
Fermarsi scientificamente al dimostrabile, laddove il dimostrabile fosse solo il misurabile fisicamente, ha per certi versi un suo senso di ancoraggio della conoscenza affinchè non sia solo astrazione,ma non può a sua volta conoscere la materia, il concreto, senza l'apporto dell'astrazione.
Se una delle facoltà della coscienza è mediare proprio le forme e le sostanze, l'astratto e il concreto, il concetto è l'incontro e non l'antitesi fra scienza e filosofia o fra i vecchi domini di empirico e metafisico
CitazioneIL concetto da me proposto di "impiego di metodi diversi" mi sembra chiaro e comprensibile, la tua metafora del "camminare su strade diverse" no.

Nè capisco la faccenda dei rapporti fra filosofia e scienza nella spiegazione del passaggio dall' inorganico al vivente: per me si tratta di mero riduzionismo interamente scientifico (scienze naturali): le leggi fisiche e chimiche generali astratte (universali e costanti) in determinate condizioni particolari concrete "del tutto banalmente", "ovviamente" comportano il formarsi e il replicarsi di proteine, acidi nucleici, la sintesi delle proteine, ecc.; in una parola "la vita".

Per me il riduzionismo é sensato (e necessario) fra materia vivente e materia in generale, impossibile e insensato fra materia e coscienza (fra mente e cervello; che non sono separabili, ma separate, reciprocamente trascendenti, se non altro per la chiusura causale del mondo fisico).

Ovvio che (anche, fra l' altro) l' astrazione é necessaria alle scienze naturali.

L' ultimo periodo purtroppo non l' ho proprio capito (ma non ho mai considerato in reciproca antitesi bensì in reciproca complementarietà filosofia e scienza).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Loris Bagnara il 23 Novembre 2017, 13:30:31 PM
CitazioneSgiombo:
Ma una coda più sobria non impedirebbe certo ai pavoni di riprodursi ed anzi ne favorirebbe non poco la riproduzione rispetto alla coda spettacolare che hanno la quale indubbiamente aumenta non poco la probabilità che finiscano fra le fauci di predatori prima di riprodursi.
Quindi la selezione naturale "produce" anche cose non affatto ottimalmente adatte alla sopravvivenza e riproduzione, ma semplicemente non troppo inadatte.
Evidentemente il bilancio dei pro e dei contro non è negativo, altrimenti i pavoni caudati sparirebbero.
Ma la cosa più importante è che questi aspetti che hai citato (code colorate, corna ramificate e simili) sono variazioni poco rilevanti di strutture invece assolutamente rilevanti e dotate di una precisa funzionalità.
Dalla penna, funzionalmente rilevante, può derivare la coda del pavone, invece abbastanza neutra per la sopravvivenza.
Dalle cornafunzionalmente rilevanti (autodifesa/offesa) può derivare la ramificazione delle corna del cervo, anche in questo caso poco o nulla rilevanti per la sopravvivenza.
Diciamo che queste sono varianti secondarie, poco rilevanti, di strutture primarie, molto rilevanti. E fin qui ci può stare.
Ma io non conosco nessun caso di strutture biologiche primarie (rilevanti, o addirittura fondamentali), che non siano fortemente motivate da ragioni funzionali e che non diano un preciso vantaggio adattativo.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 24 Novembre 2017, 00:32:55 AM
Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 09:24:16 AM
Citazione di: paul11 il 22 Novembre 2017, 22:33:53 PM

CitazioneIL concetto da me proposto di "impiego di metodi diversi" mi sembra chiaro e comprensibile, la tua metafora del "camminare su strade diverse" no.

Nè capisco la faccenda dei rapporti fra filosofia e scienza nella spiegazione del passaggio dall' inorganico al vivente: per me si tratta di mero riduzionismo interamente scientifico (scienze naturali): le leggi fisiche e chimiche generali astratte (universali e costanti) in determinate condizioni particolari concrete "del tutto banalmente", "ovviamente" comportano il formarsi e il replicarsi di proteine, acidi nucleici, la sintesi delle proteine, ecc.; in una parola "la vita".

Per me il riduzionismo é sensato (e necessario) fra materia vivente e materia in generale, impossibile e insensato fra materia e coscienza (fra mente e cervello; che non sono separabili, ma separate, reciprocamente trascendenti, se non altro per la chiusura causale del mondo fisico).

Ovvio che (anche, fra l' altro) l' astrazione é necessaria alle scienze naturali.

L' ultimo periodo purtroppo non l' ho proprio capito (ma non ho mai considerato in reciproca antitesi bensì in reciproca complementarietà filosofia e scienza).
E' contraddittorio ciò che deduci Sgiombo, perchè tu sei la mente di Sgiombo e non il cervello che pensa e scrive nel forum.
Il tuo IO  la tua consapevolezza non è in grado di gestire 50 70 miliardi di cellule che per biochimica muoiono e nascono ogni giorno, questi sono gli automatismi che anche grazie al cervello il corpo vive, ma tu non gestisci i processi biochimici non sei il tuo cervello, eppure vuoi parlare del tuo cervello e allora come fai a relazionare mente e cervello se li giudichi complementari?
Come fai a relazionare 1 e -1?
Non esistono metodi diversi, applichi solo un metodo deduttivo che è logico e non biochimico.
La  mente applica un procedimento e metodo che è analogico ai processi biochimici ,in grado di tradurne i processi in codici linguistici chimici , fisici , matematici; l'astrazione è il metodo che codifica linguisticamente in maniera analogica un processo fisico.

La mente sussiste grazie al cervello, ognuna ha proprie caratteristiche, ma non sono diversi nella dinamica, perchè il fatto che siano simbiotici significa che sia fisicamente che astrattamente sono relazionati è come se ci fosse un cordone ombelicale a doppio scambio,Se la mente è la sfera volitiva, della coscienza, psiche, necessariamente il cervello viene modificato fisicamente dall'attività mentale e viceversa. Se fisicamente esiste il broca nel cervello è questo che permette un' attività linguistica, ma la logica è nella mente così come sono attività biochimiche nel cervello che possono essere influite dalla mente.
Non esiste una separazione o complementarietà, sono simbiotici e dinamicamente fortemente relazionati in quanto l'uno influisce sul'altro.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:49:18 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 23 Novembre 2017, 13:30:31 PM
CitazioneSgiombo:
Ma una coda più sobria non impedirebbe certo ai pavoni di riprodursi ed anzi ne favorirebbe non poco la riproduzione rispetto alla coda spettacolare che hanno la quale indubbiamente aumenta non poco la probabilità che finiscano fra le fauci di predatori prima di riprodursi.
Quindi la selezione naturale "produce" anche cose non affatto ottimalmente adatte alla sopravvivenza e riproduzione, ma semplicemente non troppo inadatte.
Evidentemente il bilancio dei pro e dei contro non è negativo, altrimenti i pavoni caudati sparirebbero.
Ma la cosa più importante è che questi aspetti che hai citato (code colorate, corna ramificate e simili) sono variazioni poco rilevanti di strutture invece assolutamente rilevanti e dotate di una precisa funzionalità.
Dalla penna, funzionalmente rilevante, può derivare la coda del pavone, invece abbastanza neutra per la sopravvivenza.
Dalle corna, funzionalmente rilevanti (autodifesa/offesa) può derivare la ramificazione delle corna del cervo, anche in questo caso poco o nulla rilevanti per la sopravvivenza.
Diciamo che queste sono varianti secondarie, poco rilevanti, di strutture primarie, molto rilevanti. E fin qui ci può stare.
Ma io non conosco nessun caso di strutture biologiche primarie (rilevanti, o addirittura fondamentali), che non siano fortemente motivate da ragioni funzionali e che non diano un preciso vantaggio adattativo.
CitazioneMa chi e con quali criteri stabilisce che cosa é "primario" e che cosa "secondario" in "natura"?

Ciò che conta negli attuali dibattiti sull' evoluzione biologica é se la selezione naturale limiti le possibilità fenotipiche dei viventi unicamente a ciò che é necessario alla sopravvivenza - riproduzione ("del più adatto") o se invece consenta anche  tantissime cose meravigliose che non sono affatto necessarie alla sopravvivenza - riproduzione, se consenta la diffusione anche del "relativamente meno adatto".

E corna dei cervi, code dei pavoni, piacere sublime della musica e tantissime altre meraviglie naturali destituiscono di ogni fondamento la prima pretesa, dimostrando la verità della seconda tesi.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 24 Novembre 2017, 16:09:10 PM
Citazione di: paul11 il 24 Novembre 2017, 00:32:55 AM
Citazione di: sgiombo il 23 Novembre 2017, 09:24:16 AM
Citazione di: paul11 il 22 Novembre 2017, 22:33:53 PM

CitazioneIL concetto da me proposto di "impiego di metodi diversi" mi sembra chiaro e comprensibile, la tua metafora del "camminare su strade diverse" no.

Nè capisco la faccenda dei rapporti fra filosofia e scienza nella spiegazione del passaggio dall' inorganico al vivente: per me si tratta di mero riduzionismo interamente scientifico (scienze naturali): le leggi fisiche e chimiche generali astratte (universali e costanti) in determinate condizioni particolari concrete "del tutto banalmente", "ovviamente" comportano il formarsi e il replicarsi di proteine, acidi nucleici, la sintesi delle proteine, ecc.; in una parola "la vita".

Per me il riduzionismo é sensato (e necessario) fra materia vivente e materia in generale, impossibile e insensato fra materia e coscienza (fra mente e cervello; che non sono separabili, ma separate, reciprocamente trascendenti, se non altro per la chiusura causale del mondo fisico).

Ovvio che (anche, fra l' altro) l' astrazione é necessaria alle scienze naturali.

L' ultimo periodo purtroppo non l' ho proprio capito (ma non ho mai considerato in reciproca antitesi bensì in reciproca complementarietà filosofia e scienza).
E' contraddittorio ciò che deduci Sgiombo, perchè tu sei la mente di Sgiombo e non il cervello che pensa e scrive nel forum.
CitazioneMa il funzionamento del cervello che scrive nel forum a nome "Sgiombo" corrisponde biunivocamente alla mia esperienza fenomenica cosciente* nell' ambito di altre da essa diverse esperienze fenomeniche coscienti**,



Il tuo IO  la tua consapevolezza non è in grado di gestire 50 70 miliardi di cellule che per biochimica muoiono e nascono ogni giorno, questi sono gli automatismi che anche grazie al cervello il corpo vive, ma tu non gestisci i processi biochimici non sei il tuo cervello, eppure vuoi parlare del tuo cervello e allora come fai a relazionare mente e cervello se li giudichi complementari?

Come fai a relazionare 1 e -1?
CitazioneProprio perché non sono il mio cervello non gestisco gli eventi neurofisiologici che vi accadono in perfetto accordo - riducibilità con le leggi fisiche del mondo naturale cui il mio cervello appartiene.

La relazione  fra mente e cervello é per me di corrispondenza biunivoca fra eventi reciprocamente trascendenti, svolgentisi su "piani ontologici" reciprocamente incomunicanti ("complementari", in un certo senso", sì...).


Non esistono metodi diversi, applichi solo un metodo deduttivo che è logico e non biochimico.
La  mente applica un procedimento e metodo che è analogico ai processi biochimici ,in grado di tradurne i processi in codici linguistici chimici , fisici , matematici; l'astrazione è il metodo che codifica linguisticamente in maniera analogica un processo fisico.
CitazioneNon vedo che c' entri la biochimica.

Ma comunque le scienze naturale richiedono quantificazione delle loro osservazioni e conferme empiriche a posteriori che non falsifichino induzioni e abduzioni relative unicamente, limitatamente al mondo materiale naturale, mentre la filosofia non può e non deve quantificare (in senso matematico, sotto forma di rapporti esprimibili con numeri) e si applica alla realtà in generale, alla conoscenza, alla morale e ad altro di non necessariamente materiale naturale.

Mi sembra ci sia una notevole differenza di campi di interesse e di metodi!



La mente sussiste grazie al cervello, ognuna ha proprie caratteristiche, ma non sono diversi nella dinamica, perchè il fatto che siano simbiotici significa che sia fisicamente che astrattamente sono relazionati è come se ci fosse un cordone ombelicale a doppio scambio,Se la mente è la sfera volitiva, della coscienza, psiche, necessariamente il cervello viene modificato fisicamente dall'attività mentale e viceversa. Se fisicamente esiste il broca nel cervello è questo che permette un' attività linguistica, ma la logica è nella mente così come sono attività biochimiche nel cervello che possono essere influite dalla mente.
Non esiste una separazione o complementarietà, sono simbiotici e dinamicamente fortemente relazionati in quanto l'uno influisce sul'altro.
CitazioneLa chiusura causale del mondo fisico esclude qualsiasi possibilità che il cervello venga modificato fisicamente dall'attività mentale e viceversa.
Non consente che possano essere simbiotici e dinamicamente fortemente relazionati  in quanto l'uno influisce sul'altro.
Consente invece che siano separati e in un certo senso "complementari" (cioé coesistenti in maniera non reciprocamente escludente).

Infatti l' area del Broca é nel cervello (con le sue attività biochimiche), mentre invece il pensiero linguistico é nella mente (con la sua logica).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Loris Bagnara il 24 Novembre 2017, 16:42:34 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:49:18 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 23 Novembre 2017, 13:30:31 PM
CitazioneMa chi e con quali criteri stabilisce che cosa é "primario" e che cosa "secondario" in "natura"?
Cosa sia primario e cosa sia secondario è chiarissimo a tutti, basta solo non arrampicarsi sugli specchi per cercare di confondere le idee.

La penna serve a volare, senza le penne non si vola, non come fanno gli uccelli almeno. E questo è primario.
Il colore e la lunghezza della penna, invece, non lo sono, perché possono far volare ugualmente bene penne di colore diverse e, limitatamente, di lunghezza diversa. E questo è secondario.

Vorresti forse sostenere che la struttura scheletrica a dorsale dei vertebrati sia da mettere allo stesso livello delle macchie colorate delle ali delle farfalle? O del colore degli occhi e dei capelli?

Senza contare che il valore di una teoria è quello di saper spiegare i fatti.
Il darwinismo dovrebbe fornire le precise ragioni di ciò che esiste, non limitarsi ad affermare che nulla impedisce che esista ciò che si riscontra esistere; il che è in sostanza la tua interpretazione del darwinismo.
Un darwinismo "debole", il tuo, che peraltro - come ho ribadito più volte - non mi risulta nemmeno esistere nella letteratura scientifica.

Del resto, nemmeno il darwinismo "forte" riesce a spiegare esaurientemente ciò che esiste; figuriamoci quindi se può farlo quello debole...
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 25 Novembre 2017, 02:09:48 AM
Sgiombo:La chiusura causale del mondo fisico esclude qualsiasi possibilità che il cervello venga modificato fisicamente dall'attività mentale e viceversa.

Si vede allora che siamo schizofrenici ontologicamnte, abbiamo una doppia natura su doppi domini che non si relazionano.
Si entra in paradossi.Non vedo come si possa  suffragare sia la tesi riduzionista, che di fatto credi, con quella mentale che altrettanto credi in una dualismo cartesiano che nemmeno Cartesio giudicava in termini riduzionisti da una parte e metafisici dall'altra.
Manca il terreno comune.Sei convinto davvero che il mentale non influisca sul cervello e il cervello sul mentale.
Sei convinto che quando hai un incubo in sogno non influisce sul sistema circolatorio e sul cervello?
Sei convinto che le malattie psicosomatiche derivano non dal mentale?

Perche se solo gli eventi fisici possono avere efficacia causale,come spieghi che l'area che fisicamente esiste per il linguaggio, chiamato broca abbia potuto altrettanto fisicamente creare la parola?
Tu cerchi di compensare i due domini di mente e cervello nella dualità, ma non hai capito o non vuoi capire che se anche fossero distinti l'uno si relaziona sull'altro e per farlo si modificano.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 12:04:39 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 24 Novembre 2017, 16:42:34 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:49:18 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 23 Novembre 2017, 13:30:31 PM
CitazioneMa chi e con quali criteri stabilisce che cosa é "primario" e che cosa "secondario" in "natura"?
Cosa sia primario e cosa sia secondario è chiarissimo a tutti, basta solo non arrampicarsi sugli specchi per cercare di confondere le idee.

La penna serve a volare, senza le penne non si vola, non come fanno gli uccelli almeno. E questo è primario.
Il colore e la lunghezza della penna, invece, non lo sono, perché possono far volare ugualmente bene penne di colore diverse e, limitatamente, di lunghezza diversa. E questo è secondario.

Vorresti forse sostenere che la struttura scheletrica a dorsale dei vertebrati sia da mettere allo stesso livello delle macchie colorate delle ali delle farfalle? O del colore degli occhi e dei capelli?

Senza contare che il valore di una teoria è quello di saper spiegare i fatti.
Il darwinismo dovrebbe fornire le precise ragioni di ciò che esiste, non limitarsi ad affermare che nulla impedisce che esista ciò che si riscontra esistere; il che è in sostanza la tua interpretazione del darwinismo.
Un darwinismo "debole", il tuo, che peraltro - come ho ribadito più volte - non mi risulta nemmeno esistere nella letteratura scientifica.

Del resto, nemmeno il darwinismo "forte" riesce a spiegare esaurientemente ciò che esiste; figuriamoci quindi se può farlo quello debole...
CitazioneNon cambiare le carte in tavola!
 
La questione era che tu hai scritto:
 
"Se la coscienza non ha alcuna funzione, non può essere il risultato di una selezione casuale e selettiva, proprio perché essa non offre alcun vantaggio meritevole di essere selezionato, tanto meno per caso.
Pertanto, se la coscienza non può essere il risultato della evoluzione darwiniana, e preso atto che le neuroscienze non negano la coscienza (grazie, ci mancherebbe altro, sarebbe bello il contrario...), ci hanno forse spiegato le neuroscienze perché la Natura avrebbe prodotto anche un'assoluta inutilità come la coscienza, accanto a moltissime altre cose la cui utilità, invece, è evidente?"

 
E io ho obiettato che:
"l' evoluzione biologica non "produce" affatto solo "cose necessarie alla sopravvivenza e riproduzione", ma "di tutto di più", purché non eccessivamente sfavorevole a sopravvivenza e riproduzione (corna dei cervi, code dei pavoni, umano sublime piacere per la musica, ecc., ecc., ecc.)": "un sacco" di meravigliose cose inutili alla sopravvivenza e riproduzione!
 
Tutte le altre considerazioni su "primario" e "secondario" non c' entrano e sono irrilevanti in proposito.
 
Alle altre tue tesi antidarwiniane (a parte il fatto che mi ritengo un "darwiniano fortissimo"!) non rispondo perché del tutto al di fuori della scienza (ci saranno sempre antidarwiniani, fautori di "disegni intelligenti", come del flogisto, del calorico, dell' alchimia, dell' astrologia, dei miracoli di Padre Pio e chi più ne ha più ne metta, ma con costoro non ho alcuna intenzione di interloquire dal momento che seguo la scienza e le fantasticherie antiscientifiche non mi interessano: interessarmene per me sarebbe tempo perso del tutto inutilmente).
 
Non dubito che, come tutti i sostenitori di tali teorie irrazionalistiche griderai scandalizzatissimo alla "censura", all' "indisponibilità a un confronto razionale", al "dogmatismo", ai "pregiudizi, "arroganza", ecc, ecc., ecc., ma non ho alcuna intenzione di replicare perché credo di dovere impiegare molto meglio il mio tempo altrimenti.

Ignorerò del tutto le tue scandalizzate invettive.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 12:42:26 PM
Citazione di: paul11 il 25 Novembre 2017, 02:09:48 AM
Sgiombo:La chiusura causale del mondo fisico esclude qualsiasi possibilità che il cervello venga modificato fisicamente dall'attività mentale e viceversa.

Si vede allora che siamo schizofrenici ontologicamnte, abbiamo una doppia natura su doppi domini che non si relazionano.
Si entra in paradossi.Non vedo come si possa  suffragare sia la tesi riduzionista, che di fatto credi, con quella mentale che altrettanto credi in una dualismo cartesiano che nemmeno Cartesio giudicava in termini riduzionisti da una parte e metafisici dall'altra.
Manca il terreno comune.Sei convinto davvero che il mentale non influisca sul cervello e il cervello sul mentale.
Sei convinto che quando hai un incubo in sogno non influisce sul sistema circolatorio e sul cervello?
Sei convinto che le malattie psicosomatiche derivano non dal mentale?

Perche se solo gli eventi fisici possono avere efficacia causale,come spieghi che l'area che fisicamente esiste per il linguaggio, chiamato broca abbia potuto altrettanto fisicamente creare la parola?
Tu cerchi di compensare i due domini di mente e cervello nella dualità, ma non hai capito o non vuoi capire che se anche fossero distinti l'uno si relaziona sull'altro e per farlo si modificano.
CitazioneMa quale schizofrenia?
 
Ma quali paradossi?
 
Il riduzionismo, perfettamente valido nell' ambito della res extensa (intesa come fenomeni e non cose in sé, a là Berkeley e non a là Cartesio), fra cervelli (neurologia) e materia vivente (biologia) e fra materia vivente (biologia) e materia in generale (fisica), non é invece applicabile alla res cogitans (pure intesa come fenomeni e non cose in sé, a là Hume e non a là Cartesio), fra pensiero e cervello.
 
Il mio dualismo (dei fenomeni) non é cartesiano, cioé "interazionista", bensì "trascendentalista".
 
Dunque sono convinto davvero che il mentale non influisca sul cervello e il cervello sul mentale, ma che invece essi divengano, reciprocamente trascendendosi, in maniera biunivocamente corrispondente: uno e un solo certo determinato stato neurofisiologico cerebrale e nessun altro per uno e un solo certo determinato stato cosciente e nessun altro e viceversa.
E che quando ho un incubo in sogno, questo non influisce sul sistema circolatorio e sul cervello, ma invece corrispondentemente al sogno avvengono determinate interazioni fisiche fra il resto del mio corpo e il mio cervello.
E che le malattie psicosomatiche derivano non dal mentale ma dal cervello (il cui funzionamento biunivocamente corrisponde al mentale e in generale all' esperienza cosciente, anche nei suoi aspetti materiali, trascendendoli,).
 
La mia area di Broca (nella coscienza** di chi mi osservi) non ha "creato" il mio pensiero, linguistico (la mia "parola pensata" da me) nella mia coscienza*, ma solo l' attivazione dei neuroni che nel mio cervello determinano il mio profferire parole (parlare) nelle coscienze** di chi mi osservi, eventi che, senza reciproche interferenze, vanno "di pari passo" nella mia coscienza* e nelle coscienze** di chi mi osservi.
 
Ma io a mia volta ti chiedo:
 
Davvero sei convinto che la tua volontà interferisca col tuo cervello o comunque col mondo (e dunque che non vi sia chiusura causale del mondo fisico)?
E come quest' ultimo potrebbe mai essere scientificamente conoscibile se le leggi del suo divenire potessero essere da un momento all' altro violate (= non vigessero realmente), per l' interferenza (non di eventi cerebrali corrispondenti a volontà cosciente, interagenti con altri eventi fisici secondo le leggi fisiche, ma invece) della volontà cosciente extrafisica con eventi fisici?
Nessuna ghiandola pineale o suo succedaneo lo consente (e come potrebbe?).
Ma soprattutto non é consentito se la natura diviene davvero ordinatamente secondo modalità o leggi generali astratte universali e costanti scientificamente conoscibili!
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 25 Novembre 2017, 13:55:12 PM
Sgiombo,
Ti rispondo che se fosse per il cervello e la chiusura causale del mondo fisico, non esiterebbero suicidi, martiri per la libertà,
fanatici con cinture di bombe che si fanno esplodere, non esiterebbe storia, non esiterebbe cultura perchè non esiterebbe l'uomo.
E con questo chiudo: ti lascio alle tue convinzioni di "chiusura mentale"
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 25 Novembre 2017, 18:23:35 PM
Citazione di: paul11 il 25 Novembre 2017, 13:55:12 PM
Sgiombo,
Ti rispondo che se fosse per il cervello e la chiusura causale del mondo fisico, non esiterebbero suicidi, martiri per la libertà,
fanatici con cinture di bombe che si fanno esplodere, non esiterebbe storia, non esiterebbe cultura perchè non esiterebbe l'uomo.
E con questo chiudo: ti lascio alle tue convinzioni di "chiusura mentale"
CitazioneCome no?

Come ben rileva David Chalmers, qualcuno degli, o al limite tutti gli, altri animali potrebbero benissimo essere zombi del tutto privi di coscienza che si comportano come se fossero coscienti, e nulla cambierebbe nel mondo fisico, con i suoi martiri, i suoi suicidi, la sua storia, la sua cultura: nemmeno potremmo accorgercene in alcun modo.
Perché le sole cose che cambierebbero (venendo meno) starebbero nelle loro esperienze coscienti, e a nessuno é dato di "sbirciare" nell' esperienza cosciente di qualcun altro.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 26 Novembre 2017, 01:07:45 AM
Sgiombo,
se vuoi ci dilunghiamo sulla filosofia della mente,a me non interessa "vincere" con delle tesi, non sono nel form per questo,
ma per riflettere e far riflettere e per quanto mi è possibile nelle mie modeste possibilità, portare a conoscenza.
Mi piace il confronto, non lo scontro.

David Chalmers  è un emergentista e un monista neutro,per quanto valgono queste definizioni.
Ritiene la coscienza un emergere del cervello e non è un dualista.
L'esempio degli zombie  da te posto in sintesi dice che se esistessero degli zombie, vale a dire degli umani replicati cellula per cellula ,ma privi di coscienza, avremmo un mondo in cui è privo delle esperienze qualitative logiche, cioè delle qualità delal coscienza, per cui sarebbe tutto spiegabile biologicamente, fisicamente.
E' il contrario di quello che esponi e infatti Chalmers, fra i pensatori nella filosofia della mente, è nella posizione opposta  dei riduzionisti.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 26 Novembre 2017, 14:54:43 PM
Citazione di: paul11 il 26 Novembre 2017, 01:07:45 AM
Sgiombo,
se vuoi ci dilunghiamo sulla filosofia della mente,a me non interessa "vincere" con delle tesi, non sono nel form per questo,
ma per riflettere e far riflettere e per quanto mi è possibile nelle mie modeste possibilità, portare a conoscenza.
Mi piace il confronto, non lo scontro.
Citazione"Perfettissimamente" d' accordo! (licenza poetica).

David Chalmers  è un emergentista e un monista neutro,per quanto valgono queste definizioni.
Ritiene la coscienza un emergere del cervello e non è un dualista.

CitazioneNon credo che Chalmers possa essere definito un "emergentista", in quanto sostiene (se non ha cambiato idea da La mente cosciente) che gli aspetti qualitativi dell' esperienza fenomenica cosciente (il "che effetto fa" a...) non sono da ricercare nel mondo materiale (in particolare nei cervelli) e che il problema dei rapporti fra essi e la materia é il "difficile problema" di filosofia della mente, non risolto né dalla neurologia (ovviamente) né dai vari monismi materialistici (emergentistici compresi).

Molti lo "accusano" (dal loro punto di vista monistico materialistico, che non condivido affatto, é un errore; ma l' "accusa" in sè e per sè, dalla quale a mio parere può ben andar fiero, a mio parere gli é mossa non a torto) di essere un dualista, o per lo meno un agnostico sulla questione.

Non esiste solo il dualismo cartesiano.

L'esempio degli zombie  da te posto in sintesi dice che se esistessero degli zombie, vale a dire degli umani replicati cellula per cellula ,ma privi di coscienza, avremmo un mondo in cui è privo delle esperienze qualitative logiche, cioè delle qualità delal coscienza, per cui sarebbe tutto spiegabile biologicamente, fisicamente.

E' il contrario di quello che esponi e infatti Chalmers, fra i pensatori nella filosofia della mente, è nella posizione opposta  dei riduzionisti.
CitazioneAh, perché io secondo te sarei un riduzionista in filosofia della mente (riduzionista della coscienza al cervello; e non invece del cervello alla restante materia vivente e di questa alla materia in generale) ? ? ?

Che brutto effetto fa non essere compresi per nulla !!!
Essere fraintesi nell' esatto contrario!!!

Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: baylham il 27 Novembre 2017, 16:13:19 PM
Come fa la mente a sapere, conoscere che il mondo fisico è chiuso casualmente se non ha relazioni, comunicazioni col mondo fisico? Come fa la mente a sapere, conoscere che c'è una relazione, corrispondenza biunivoca tra la mente e il cervello (?) se la mente non è in relazione col mondo fisico?

Come ho sostenuto in precedenza non c'è soltanto il riduzionismo materialistico o scientifico, c'è anche il riduzionismo spiritualistico o mentalistico o idealistico, il quale non è in grado di rispondere  affatto alla domanda che cos'è la coscienza o la mente, mentre il riduzionismo materialistico o scientifico, la neuroscienza, sarà in grado perlomeno di mettere in relazione, almeno grossolanamente, determinati processi cerebrali con determinati pensieri ed attività di un uomo, senza osservarlo direttamente ma soltanto dalla lettura, visione tramite qualche congegno dei suoi processi cerebrali, come avviene già con il linguaggio.

Ho l'impressione invece che si pretenda dalla scienza cose impossibili, quali l'oggettivazione del soggetto o la soggettivazione dell'oggetto. Impossibilità da cui deriva quest'ultima mia asserzione sull'autocoscienza: la coscienza della coscienza è impossibile. I pensieri, i sentimenti, le emozioni non sono la coscienza, che appunto è assai probabile che sia il prodotto, risultato dei processi cerebrali sottostanti.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 27 Novembre 2017, 20:01:11 PM
Citazione di: baylham il 27 Novembre 2017, 16:13:19 PM
Come fa la mente a sapere, conoscere che il mondo fisico è chiuso casualmente se non ha relazioni, comunicazioni col mondo fisico? Come fa la mente a sapere, conoscere che c'è una relazione, corrispondenza biunivoca tra la mente e il cervello (?) se la mente non è in relazione col mondo fisico?
CitazioneLa chiusura causale del mondo fisico non é dimostrabile (ma nemmeno é dimostrabile che il mondo fisico divenga causalmente per concatenazioni di cause-effetti secondo modalità o leggi generali astratte universali e costanti: Hume), ma é una conditio sine qua non perché sia conoscibile scientificamente.
Se non si desse, allora il susseguirsi degli eventi non sarebbe regolato prevedibilmente secondo tali leggi, ma caotico, imprevedibile per l' interferenza con esse e la negazione di esse ad opera di cause "anomale" (= per la sua "apertura a causazioni extrafisiche", come sarebbero quelle mentali, se ci fossero).
 
Dunque non si può coerentemente, non contraddittoriamente accettare la conoscenza scientifica come possibile e vera e contemporaneamente negare la chiusura causale del mondo fisico.
 
 
Sia il mondo fisico che il mondo mentale sono (costituiti da) fenomeni coscienti (accadenti nell' ambito di esperienze coscienti).
Dunque sono conoscibili sia il mondo fisico, sia il ondo mentale.
La relazione che propongo fra esperienza cosciente e mondo fisico é per l' appunto di trascendenza (ma di corrispondenza biunivoca) proprio per salvaguardare la chiusura causale del mondo fisico.
"trascendenza" significa che non si influenzano causalmente a vicenda, non che non coesistano, che non siano entrambi esperibili, e conoscibili.



Come ho sostenuto in precedenza non c'è soltanto il riduzionismo materialistico o scientifico, c'è anche il riduzionismo spiritualistico o mentalistico o idealistico, il quale non è in grado di rispondere  affatto alla domanda che cos'è la coscienza o la mente, mentre il riduzionismo materialistico o scientifico, la neuroscienza, sarà in grado perlomeno di mettere in relazione, almeno grossolanamente, determinati processi cerebrali con determinati pensieri ed attività di un uomo, senza osservarlo direttamente ma soltanto dalla lettura, visione tramite qualche congegno dei suoi processi cerebrali, come avviene già con il linguaggio.
CitazioneNon conosco personalmente alcun riduzionismo spiritualistico o mentalistico o idealistico della coscienza, e non saprei bene chi oggi possa sostenerlo -i.
Conosco invece bene il riduzionismo fisicalistico, oggi molto in voga, e la sua inadeguatezza a risolvere il problema dei rapporti mente-corpo.
 
Pur essendo di fatto seguito da non pochi neuroscienziati (filosoficamente alquanto "scarsi"), non va comunque confuso con un corretto studio scientifico delle correlazioni fra coscienza e cervello.



Ho l'impressione invece che si pretenda dalla scienza cose impossibili, quali l'oggettivazione del soggetto o la soggettivazione dell'oggetto. Impossibilità da cui deriva quest'ultima mia asserzione sull'autocoscienza: la coscienza della coscienza è impossibile. I pensieri, i sentimenti, le emozioni non sono la coscienza, che appunto è assai probabile che sia il prodotto, risultato dei processi cerebrali sottostanti.
CitazioneNon comprendo bene questa tesi.
Ma per me I pensieri, i sentimenti, le emozioni, ecc. sono proprio la coscienza (altrimenti cos' altro sarebbero pensieri, sentimenti, emozioni, ecc.? E cos' altro sarebbe la coscienza?).
 
E unici prodotti (effetti) dei processi cerebrali (sottostanti a che? Casomai sono contemporanei, coesistenti alla coscienza fatta di sentimenti, emozioni, ecc.) sono i comportamenti attivi od omissivi (e i mutamenti nei potenziali comportamenti futuri: per esempio l' aver acquisito determinate abilità pratiche o potenziali disposizioni ad agire in certi modi in determinate circostanze) del corpo cui il cervello appartiene.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 29 Novembre 2017, 01:02:58 AM
Sgiombo,
non sei un riduzionista "estremo", perchè ritieni esistente la coscienza, ma non riuscendo a relazionarla e prima di tutto, secondo la tua ottica ,da un punto di vista fisico, allora scegli una posizione dualistica.
La mia posizione personale è per certi versi simile, ma dal punto di vista opposto.Il problema per me è poco fisico, ma molto sulle relazioni mente e cervello.Poco mi importa se la scienza non dimostra fisicamente la mente, per me esiste senza necessità che qualcuno la veda strumentalmente
Perchè se esiste la coscienza il problema non è aspettare, se mai si potrà tecnologicamente, che la neurologia dimostri fisicamente che la coscienza è ,penso secondo la loro ottica, fisicamente rilevabile.
Tu dici che è il cervello che è dentro la mente, ma non capisco allora come mai tu non sia un emergentista , ad esempio.

Una breve disamina sull'emergentismo secondo cui  la totalità è superiore alla somma delle parti, per cui ci sono le parti, la somma e il "quid" emergente.I riduzionisti vedono le parti, la somma, ma non il "quid" emergente(che potrebbe essere la coscienza)Il quid emergente  sarebbe il processo, l'interazione delle parti e della loro somma.
Accade che al crescere delle complessità emergono nuove proprietà irriducibili.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 29 Novembre 2017, 15:03:01 PM
Citazione di: paul11 il 29 Novembre 2017, 01:02:58 AM
Sgiombo,
non sei un riduzionista "estremo", perchè ritieni esistente la coscienza, ma non riuscendo a relazionarla e prima di tutto, secondo la tua ottica ,da un punto di vista fisico, allora scegli una posizione dualistica.
La mia posizione personale è per certi versi simile, ma dal punto di vista opposto.Il problema per me è poco fisico, ma molto sulle relazioni mente e cervello.Poco mi importa se la scienza non dimostra fisicamente la mente, per me esiste senza necessità che qualcuno la veda strumentalmente
Perchè se esiste la coscienza il problema non è aspettare, se mai si potrà tecnologicamente, che la neurologia dimostri fisicamente che la coscienza è ,penso secondo la loro ottica, fisicamente rilevabile.
Tu dici che è il cervello che è dentro la mente, ma non capisco allora come mai tu non sia un emergentista , ad esempio.
CitazioneRitenendo che la coscienza non si trovi nel mondo materiale, in particolare nel cervello, ma invece che quest' ultimo si trovi nella coscienza (di chi lo osservi) non posso essere un riduzionista, nemmeno "debole" (del cosciente e in particolare del mentale al fisico).
Credo che la scienza non potrà mai trovare la coscienza nel cervello perché non c' é affatto, mentre  invece é il cervello a trovarsi nella coscienza.
Ma non sono nemmeno un "monista materialista debole",quale può essere considerato chi ritenga che la coscienza "emerga dal" o "sopravvenga al" cervello (comunque nell' ambito del mondo fisico - materiale):

Sono un dualista (dei fenomeni; e monista "neutro", se così vogliamo dire, del noumeno).

Per essere un emergentista dovrei credere che la coscienza emerga dal cervello, comunque nell' ambito del mondo materiale.

Perciò la tua posizione non m i pare così opposta alla mia (per qianto riguarda i rapporti mente-cervello).

Una breve disamina sull'emergentismo secondo cui  la totalità è superiore alla somma delle parti, per cui ci sono le parti, la somma e il "quid" emergente.I riduzionisti vedono le parti, la somma, ma non il "quid" emergente(che potrebbe essere la coscienza)Il quid emergente  sarebbe il processo, l'interazione delle parti e della loro somma.
Accade che al crescere delle complessità emergono nuove proprietà irriducibili.
CitazioneSono invece un riduzionista "esageratamente forte", "estremista", per così dire, del neurologico al restante biologico e del biologico al restante materiale (fisico - chimico), senza alcuna aggiunta nel tutto alla somma delle parti (più ovviamente le relazioni fra le parti).
Nell' ambito del mondo fisico - materiale (e dunque non nei rapporti far questo e la coscienza e in particolare con la mente, che non ne fa parte) non credo che per quanto cresca la complessità dei sistemi emergano porprietà che non siano perfettamente riducibili alle leggi generali del divenire della materia, puramente e semplicemente "per come si applicano" alle condizioni di complessità date (per quanto grande questa sia).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: davintro il 29 Novembre 2017, 17:36:40 PM
scrive Phil:

"Non è il tema centrale, ma vorrei capire meglio questa dualità fra vissuti spazializzati e non-spazializzati. Nel mio piccolo, mi pare che anche i vissuti psichici-emotivi abbiano una "spazializzazione": il mio "preoccuparmi per te"(riprendo il tuo esempio, non dico sul serio (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif) ) ha un suo posto nella mia coscienza/spirito/anima/psiche/etc. che, almeno in questo caso, mi sembra localizzata stabilmente nel mio cervello. Lo dimostra la variazione dei parametri fisiologici gestiti dal cervello (se sono in ansia per te avrò battiti alti e altri sintomi fisici tutti regolati, se non erro, proprio dal cervello), inoltre tale ansia sfumerà quando il mio cervello sarà distratto da altro (supponiamo l'incontro improvviso con un vecchio amico che mi riporta alla memoria episodi passati emotivamente rilevanti). Reazioni fisiche (vissute emotivamente) e attività di pensiero condizionante: il ruolo del cervello non è quindi marginale nel mio all'essere preoccupato per te; come/perché supporre che tuttavia ci sia dell'altro?

"Indubbiamente non ho una percezione sensibile del mio cervello e della sua attività, come non ho una percezione sensibile di un mio rene e della sua funzione (salvo sia ammaccato o dolorante); infatti se mi chiedi esattamente dov'è, non so indicartelo per sensazione percettiva, ma solo per cognizione di (carenti) studi del corpo umano, ma ciò non toglie che il mio rene funzioni (almeno spero!). Ugualmente i fenomeni di coscienza psichica-emotiva, suppongo ma non sono affatto erudito in materia, siano plausibilmente localizzati nel cervello, poiché neurotrasmettitori e altre "strutture biologiche" producono, rispondendo a stimoli esterni, una reazione fisica che io vivo (rieccoci a "spiegazione vs vissuto") come ansia, gioia, perplessità, etc.
Forse mi dirai che la gioia non ha solo il suo aspetto fisiologico, ma ciò comporterebbe, radicalizzando, che si possa provare gioia anche senza secrezione di endorfina, serotonina o non so quale altra sostanza, perché in fondo è l'anima/psiche/spirito a gioire in sé... siamo sicuri sia possibile un qualche forma di verifica di ciò?
Oppure alludi forse a una catena di reazioni di questo tipo: tu mi dici una bella notizia / la percepisco con l'udito / il mio cervello decodifica il senso di quei suoni / il senso piace alla mia anima-psiche-spirito / l'anima-psiche-spirito innesca un meccanismo cerebrale / il cervello attiva la secrezione di serotonina o altro / provo gioia e annesse reazioni fisiologiche (sorrido, etc.)?
Non si ritorna sempre all'atavica questione aporetica di spiegare come l'immateriale (spirito o altra postulazione) condizioni il materiale (corpo)?"






anche nell'esperienza soggettiva dei vissuti siamo accompagnati da percezioni localizzate, ad esempio quando abbiamo paura, o più in generale, siamo fortemente emozionati sentiamo il cuore battere forte. Ma tali esperienze hanno una peculiarità fenomenica non confondibile con la spazialità del dolore, del caldo o del freddo nella zona corporea entrata in contatto con un stimolo esteriore. In questo ultimo caso le sensazioni sono avvertite come davvero originatesi dalla zona corporea che subisce la causalità fisica dall'esterno, mentre la paura non è originata dal cuore che batte, il battito è una conseguenza concomitante, non la causa efficiente produttore del vissuto. Attraverso la riflessione possiamo sempre collegare il sorgere di un certo vissuto con delle motivazioni correlate ad esse. I vissuti spirituali, paura, gioia, malinconia sono intenzionali, dotati di un senso, attività di un Io che si dirige intenzionalmente verso un mondo di cose, a cui noi attribuiamo una valenza positiva o negativa sulla base di una sensibilità assiologica che ci costituisce nella nostra singolarità. La mia paura ha un senso, è motivata perché sempre intenzionata dal valore che l'Io attribuisce a un oggetto o stato di cose del mondo, se non ci fosse tale attribuzione assiologica, non avrebbe alcun senso o ragion d'essere provare paura o di qualunque altro sentimento. Qui sta lo scarto tra la causalità fisica per cui essendo colpito da un calcio provo dolore, e la motivazionalità per la quale un certo vissuto dell'Io come la paura è motivato non da una causa esterna all'Io, ma interna, vale a dire una certa intenzionalità valoriale per la quale la paura è sempre collegata al mio orientamento di valore, in gran parte assunto liberamente dalla personalità. Non esiste invece alcuna "motivazione" al fatto che io provi dolore dopo un calcio, eppure lo provo, lo provo sulla base di un fattore esterno nei cui confronti il mio Io è passivo. La psiche la vedo come questo continua reciproca interconnessione tra causalità fisica, per la quale l'Io subisce passivamente, sulla base della sua componente materiale, l'influsso degli agenti dal mondo esterno, e la motivazione spirituale, per la quale i vissuti promanano da un Io dotato di libertà, che liberamente si rivolge intenzionalmente verso le cose del mondo. Chiaramente non si può riferire la totalità dello psichico al piano motivazionale, ma resta comunque una dimensione fondamentale che fissa i limiti all'approccio materialista che ritiene di poter studiare la mente sulla base dell'osservazione dall'esterno. L'osservazione esteriore è metodologicamente valida nella misura in cui l'oggetto di indagine è passivo, qualcosa di morto, che si presta docilmente a essere studiato da una mente che lo studia manipolandolo, mentre nella misura in cui l'Io si pone come soggetto libero, che produce un vissuto sulla base di un altro prima prodotto, in un flusso temporale unitario di coscienza, allora non può essere osservato dall'esterno, ma lascia che sia un approccio autocoscienziale e introspettivo, per il quale il soggetto dell'osservazione coincide con il "tema" osservato, ad essere il più attinente, cioè l'approccio in cui il dinamismo coscienziale si rispecchia nel soggetto stesso che lo percepisce interiormente, proprio in quanto avverte in sé tale dinamismo, un approccio in cui il soggetto viene considerato maggiormente in quanto tale, cioè come soggetto dinamico, senza essere frainteso nello sguardo reificante delle scienze naturali (pur fondamentali per quanto riguarda lo studio dell'ambito materiale-passivo dell'uomo, ma che si arrestano di fronte a quello intenzionale-attuale).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: davintro il 29 Novembre 2017, 19:47:38 PM
Angelo Cannata scrive

"mi viene in mente un altro semplice paragone: secondo questo criterio, anche un gatto potrebbe affermare tranquillamente che non esiste pensiero senza fare "miao", o fisicamente o come minimo mentalmente. La cosa interessante è che questo gatto non potrà mai essere smentito: egli potrà sempre ribattere che siamo noi a non accorgerci che, tutte le volte che elaboriamo un pensiero, in realtà la nostra mente, senza accorgersene, s'immette nella struttura mentale del fare "miao".

Voglio dire, quando uno s'immette in uno schema mentale e decide di mantenersi ermeticamente al suo interno, non solo tutti i suoi conti tornano, ma non esiste neanche alcuna possibilità di smentire le sue affermazioni.

Il problema è che ciò vale per qualsiasi sistema mentale, cosicché alla fine tornano i conti e non c'è possibilità di smentita sia per chi dice che due e due fanno quattro, sia per chi dice che fa cinque."


va distinto il piano formale-trascendentale, quello su cui si situano i princìpi della logica a cui ogni razionalità deve necessariamente attenersi, e un piano fattuale empirico, di per sé contingente. L'universalità dei princìpi della logica non ha un'accezione solo quantitativa, universalità intesa come semplice insieme compiuto delle realtà comprendenti il pensiero che la logica è chiamata a fondare, ma è un'universalità intesa come necessità a-priori, vigente non solo per tutte le determinazioni attualmente esistenti in cui un pensiero si realizza in una certa particolare esperienza, ma per tutte le determinazioni possibili immaginabili, per ogni tempo e luogo possibile. Quindi per smentire la pretesa del gatto di porre il miao come presupposto necessario di ogni pensiero è sufficiente riconoscere la non-assurdità, cioè la non-impossibilità di un pensiero che non necessita del miao, senza bisogno che un uomo hic et nunc riconosca con certezza il suo pensiero come indipendente dal miagolio (effettivamente in linea teorica potrebbe esserci una dipendenza senza che l'uomo se ne accorga).  Se il gatto non riesce a dimostrare l'assurdità di un pensiero che non si regge sul miao, allora non potrà porre il miao come norma apriorista del pensiero, ma solo, al massimo, come princìpio che fonda il suo particolare modo di pensare, il pensiero di una determinazione empirica e particolare incapace però di escludere modalità di pensiero diverse. Diverso il caso degli assiomi logici, come ad esempio il principio del terzo escluso, per il quale "A non può essere al contempo A e non-A": qualunque tentativo di negare la validità universale di tale princìpio farebbe cadere nell'assurdo ogni forma di pensiero, compreso lo stesso pensiero che nega tale validità, che dovrebbe così ammettere anche in se stesso la sua contraddittorietà, autosvalutandosi. Ciò perché la fondatività della logica non consiste in una comune struttura psichica (sempre contingente) che dovrebbe accomunare storicamente le varie determinazioni del pensiero, ma in un'evidenza oltre la quale si cadrebbe nell'assurdo e nel non-senso. La logica fissa le condizioni minime (certamente non sufficienti, ma nemmeno le fondamenta di una casa sono sufficienti alla costituzione della casa, però senza di esse la casa crolla), di ogni pensiero, e per questo non sono relativizzabile sulla base di alcuna esperienza, non ha direttamente a che fare con le particolari determinazioni della realtà, ma fissa i limiti oltre i quali la realtà non avrebbe più alcun senso.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Angelo Cannata il 29 Novembre 2017, 20:36:34 PM
Questo sistema che hai presentato si regge, a mio parere, su basi fragilissime: si basa tutto sullo spauracchio dell'assurdo come unica alternativa, che sta lì a minacciare ciò che non risponde a ciò che chiami logica. Ma nulla vieta di sospettare che ciò che non ci sembra logico oggi possa risultare logico domani e che quindi eravamo noi a non accorgerci della sua logicità. Basti pensare ai sogni: possono sembrare assurdi, strani, incoerenti, illogici, poi viene Freud e ci mostra che sono strapieni di logiche e di significato, bisogna solo saper leggere il loro linguaggio. Insomma, ogni cosa che pensiamo di chiamare logica è soggetta a relativismo.

Non possiamo fidarci di nessuna cosa che ci venga detta dal nostro cervello, neanche quando esso ce la presenta come coerenza inventata, decisa arbitrariamente.

Questo non poterci fidare significa che anche quando io penso di essere riuscito a smentire un tuo pensiero (in questo caso i criteri di logicità che hai esposto), non posso mai essere certo di averlo davvero smentito; ne ho solo dubitato e perfino su questo posso nutrire sospetti: chissà se ne ho davvero dubitato. Il fatto è che ciò vale anche quanto tu vorresti smentire me. Nessun sistema di pensiero è definitivamente demolibile, né, al contrario, difendibile. Non possiamo essere certi né di ciò che sta in piedi, che stia davvero in piedi, né di ciò che è crollato, che sia davvero crollato.

Insomma, qui stiamo ancora a cadere nei tranelli mentali di pretendere di giungere a conclusioni ultime, definitive, certe, tranelli che ancora ci portiamo dietro perché la filosofia greca pervade tuttora le nostre menti di stampo occidentale.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: davintro il 29 Novembre 2017, 23:11:48 PM
Citazione di: Angelo Cannata il 29 Novembre 2017, 20:36:34 PMQuesto sistema che hai presentato si regge, a mio parere, su basi fragilissime: si basa tutto sullo spauracchio dell'assurdo come unica alternativa, che sta lì a minacciare ciò che non risponde a ciò che chiami logica. Ma nulla vieta di sospettare che ciò che non ci sembra logico oggi possa risultare logico domani e che quindi eravamo noi a non accorgerci della sua logicità. Basti pensare ai sogni: possono sembrare assurdi, strani, incoerenti, illogici, poi viene Freud e ci mostra che sono strapieni di logiche e di significato, bisogna solo saper leggere il loro linguaggio. Insomma, ogni cosa che pensiamo di chiamare logica è soggetta a relativismo. Non possiamo fidarci di nessuna cosa che ci venga detta dal nostro cervello, neanche quando esso ce la presenta come coerenza inventata, decisa arbitrariamente. Questo non poterci fidare significa che anche quando io penso di essere riuscito a smentire un tuo pensiero (in questo caso i criteri di logicità che hai esposto), non posso mai essere certo di averlo davvero smentito; ne ho solo dubitato e perfino su questo posso nutrire sospetti: chissà se ne ho davvero dubitato. Il fatto è che ciò vale anche quanto tu vorresti smentire me. Nessun sistema di pensiero è definitivamente demolibile, né, al contrario, difendibile. Non possiamo essere certi né di ciò che sta in piedi, che stia davvero in piedi, né di ciò che è crollato, che sia davvero crollato. Insomma, qui stiamo ancora a cadere nei tranelli mentali di pretendere di giungere a conclusioni ultime, definitive, certe, tranelli che ancora ci portiamo dietro perché la filosofia greca pervade tuttora le nostre menti di stampo occidentale.

questo punto di vista continua a reggersi sull'errore di non distinguere la logica dall'esperienza, sulla base di un pregiudizio direi empirista, prima che relativista. La logica non si fonda sull'esperienza, sull'induzione, la verità dei suoi assiomi è riconoscibile dialetticamente, mostrando l'assurdità di qualsivoglia tesi finalizzata a smentirli. La non-definitività di un sapere è un carattere presente in ogni conoscenza fondata sull'osservazione dei contesti spaziotemporali, perché l'esperienza è un campo infinitamente aperto, dal punto di vista spaziale e temporale, e perché i livelli di efficienza degli strumenti osservativi sono teoricamente infiniti: in ogni momento una nuova esperienza può smentire i risultati ricavati da esperienze precedenti, si possono sempre creare nuovi strumenti di osservazioni sempre più efficienti che correggono quelli precedenti. L'esempio della psicanalisi freudiana è attinente in questo ambito... il metodo di Freud (che non era un filosofo o un logico, ma un medico, un empirico) era sperimentale, nessuna meraviglia che abbia prodotto dei dati innovativi che hanno messo in discussione il punto di vista sulla psiche dominante nelle epoche precedenti. Ma la logica formale non ha nulla a che fare con tutto ciò, non si occupa di fornire regole al pensiero nelle sue determinazioni storiche, come invece la psicanalisi, che si occupa di un certo tipo di soggettività, contingente, ma ad ogni forma di pensiero come tale, indipendentemente da ogni contesto particolare e limitato, e per far questo non può porre l'esperienza come fondamento, in quanto questa è sempre limitata all'apprensione di un certo contesto spaziotemporale e non può soddisfarne le istanze di validità universale. Che A sia A e non possa mai essere non-A non è una verità ricavata per generalizzazioni induttive o per sperimentazioni, e quindi nessuna esperienza potrà mai smentirla, perché non è su di essa che tale verità si fonda. Quando una smentita si regge su presupposti diversi da quelli su cui si regge la tesi da smentire, finisce sempre con l'essere estrinseca, non potendo intaccare le ragioni autentiche di ciò che si vuole smentire. Per criticare in modo razionale un discorso occorre o squalificarne le premesse, oppure cogliere l'incoerenza tra queste e lo sviluppo del discorso, quindi per smentire che sia assurdo A= non A bisognerebbe o squalificare il metodo dialettico di reductio ad absurdum, identificando come unico metodo valido conoscitivo quello sperimentale induttivo (ma con quali argomenti?), o dimostrare la non assurdità della tesi portando dimostrazioni, ma non rinviando a un ipotetico futuro in cui una certa esperienza potrebbe far cambiare le cose, utilizzando un presupposto irrilevante (l'esperienza) per il contesto in cui stiamo discutendo, cioè un ambito del sapere che non considera tale presupposto come fondativo, cambiando solo, come si suol dire, le carte in tavola. La sovrapposizione tra ambiti distinti come piano trascendentale e piano empirico-fattuale porta a confusioni ed equivoci che vanno chiariti in modo analitico.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Angelo Cannata il 29 Novembre 2017, 23:48:23 PM
In questo modo mi sembra che tu dia conferma di ciò che avevo detto del gatto: nessuno può smentire il gatto, perché il suo è un sistema chiuso. Allo stesso modo, nessuno può smentire ciò che hai chiamato logica, perché è un sistema chiuso.

Il dubbio che ho posto nei confronti di ciò che hai chiamato logica non si basa sull'esperienza, poiché non ha alcun bisogno di ricevere dati dall'esperienza per poter funzionare. Quando io parlo di futuro, quel futuro di cui io parlo non ha alcun bisogno di essere sperimentato per esercitare la sua funzione demolitrice: è sufficiente ipotizzarlo. In questo senso, ciò che ho chiamato "futuro" è solo il simbolo di tutto ciò che può essere alternativo a ciò che hai chiamato logica: piuttosto che del futuro, può trattarsi, ad esempio, del modo di pensare di altre persone che non si servono di ciò che hai chiamato logica. Anche in questo caso, tali modi di pensare non hanno alcun bisogno di essere prima sperimentati: è già sufficiente la possibilità di ipotizzarli.

Si può andare ancora oltre, considerando che, a tal fine, non c'è bisogno di ricorrere all'esperienza neanche come ipotesi: è sufficiente condurre alle sue conseguenze la logica stessa che s'intende sostenere. In questo senso, il dubbio si fonda sulla logica dell'interlocutore, che in questo caso sei tu, come persona che interloquisce con me. Io non faccio altro che entrare nella tua logica e portarla alle sue conseguenze. Tu sostieni di stabilire una logica universale, che hai fatto corrispondere al principio di non contraddizione. Io adotto questa tua logica e ti faccio vedere che, se sviluppata coerentemente, essa porta ad autonegarsi, autocontraddirsi. L'unico modo che tale logica ha per non autocontraddirsi è quello di chiudersi ermeticamente, cioè rifiutare di essere condotta alle sue conseguenze.

È come se in matematica ci si rifiutasse di prendere in considerazione la radice quadrata di un numero negativo. In questo senso trovo che la matematica si sia invece storicamente comportata con estrema lealtà: essa ha ammesso candidamente, umilmente, modestamente, di essere costretta a far ricorso a numeri "immaginari" o numeri "irrazionali".

Entrando più in dettaglio nella questione, le conseguenze che la logica di cui parli si rifiuta di prendere in considerazione riguardano la sua dipendenza da un pensare umano. È questo che la tua logica si rifiuta di prendere in considerazione. È il solito rifiuto di prendere in considerazione il soggetto, cioè come se adesso questo mio parlare tra me e te avvenisse tra argomentazioni che si confrontano tra di loro, senza l'intromissione di cervelli umani, cioè senza soggetti. Questo contraddice la pretesa di tale logica di essere universale: come fa a dirsi universale se rifiuta di prendere in considerazione i fattori da cui dipende? Questa contraddizione risulta pesante per una logica che si presenta come basata proprio sul principio di non contraddizione.

Una logica non diventa universale solo perché tu dici che è universale: bisogna far vedere che è davvero universale. Tu come fai a far vedere che è universale? Ovviamente non servirà dire che io, per dire tutto ciò, mi sono già basato su di essa, perché per dire ciò hai bisogno di usare il tuo cervello e come farai a dimostrarmi che il tuo cervello non ti ha ingannato? E se anche io volessi crederti, chi mi dirà che il mio cervello non mi ha ingannato?
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 29 Novembre 2017, 23:49:26 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Novembre 2017, 15:03:01 PM
Citazione di: paul11 il 29 Novembre 2017, 01:02:58 AM
Sgiombo,
non sei un riduzionista "estremo", perchè ritieni esistente la coscienza, ma non riuscendo a relazionarla e prima di tutto, secondo la tua ottica ,da un punto di vista fisico, allora scegli una posizione dualistica.
La mia posizione personale è per certi versi simile, ma dal punto di vista opposto.Il problema per me è poco fisico, ma molto sulle relazioni mente e cervello.Poco mi importa se la scienza non dimostra fisicamente la mente, per me esiste senza necessità che qualcuno la veda strumentalmente
Perchè se esiste la coscienza il problema non è aspettare, se mai si potrà tecnologicamente, che la neurologia dimostri fisicamente che la coscienza è ,penso secondo la loro ottica, fisicamente rilevabile.
Tu dici che è il cervello che è dentro la mente, ma non capisco allora come mai tu non sia un emergentista , ad esempio.
CitazioneRitenendo che la coscienza non si trovi nel mondo materiale, in particolare nel cervello, ma invece che quest' ultimo si trovi nella coscienza (di chi lo osservi) non posso essere un riduzionista, nemmeno "debole" (del cosciente e in particolare del mentale al fisico).
Credo che la scienza non potrà mai trovare la coscienza nel cervello perché non c' é affatto, mentre  invece é il cervello a trovarsi nella coscienza.
Ma non sono nemmeno un "monista materialista debole",quale può essere considerato chi ritenga che la coscienza "emerga dal" o "sopravvenga al" cervello (comunque nell' ambito del mondo fisico - materiale):

Sono un dualista (dei fenomeni; e monista "neutro", se così vogliamo dire, del noumeno).

Per essere un emergentista dovrei credere che la coscienza emerga dal cervello, comunque nell' ambito del mondo materiale.

Perciò la tua posizione non m i pare così opposta alla mia (per qianto riguarda i rapporti mente-cervello).

Una breve disamina sull'emergentismo secondo cui  la totalità è superiore alla somma delle parti, per cui ci sono le parti, la somma e il "quid" emergente.I riduzionisti vedono le parti, la somma, ma non il "quid" emergente(che potrebbe essere la coscienza)Il quid emergente  sarebbe il processo, l'interazione delle parti e della loro somma.
Accade che al crescere delle complessità emergono nuove proprietà irriducibili.
CitazioneSono invece un riduzionista "esageratamente forte", "estremista", per così dire, del neurologico al restante biologico e del biologico al restante materiale (fisico - chimico), senza alcuna aggiunta nel tutto alla somma delle parti (più ovviamente le relazioni fra le parti).
Nell' ambito del mondo fisico - materiale (e dunque non nei rapporti far questo e la coscienza e in particolare con la mente, che non ne fa parte) non credo che per quanto cresca la complessità dei sistemi emergano porprietà che non siano perfettamente riducibili alle leggi generali del divenire della materia, puramente e semplicemente "per come si applicano" alle condizioni di complessità date (per quanto grande questa sia).
Non scrivo ricitandoti per non rendere illeggibile il post.
Chiariamo alcuni aspetti.
1) SE il cervello muore ,la mente muore
2) Il cervello agisce sulla mente; la mente agisce sul cervello
3)Come è definita la mente; cosa intendiamo per proprietà mentali
4) qualunque animale ha un minimo di strategia, essendo deambulante potrebbe scegliere qualunque direzione, ma il suo dinamismo ha scopi: possiamo parlare di un abbozzo "mentale" soprattutto per glia animali superiori?

Allora:
1) se muore il cervello e muore la mente sono correlati anche fisicamente; se la mente sopravvive alla morte morte allora sono su due domini indipendenti
2) Sappiamo che il cervello raccoglie le percezioni esterne attraverso i sensi, quindi l'ambiente agisce sulla formazione esperienziale dell'individuo. Ma sappiamo anche che quando siamo nella fase riflessiva, quando raccogliamo i nostri pensieri, la relazione non è più cervello/ambiente,ma diciamo cervello/cervello o cervello/mente.

Sappiamo pure che sono fisicamente nel  cervello le aree deputate alla memoria e al linguaggio
3) La mente ha proprietà intellettive, razionali, logiche, correlative di pensieri.
4)Se gli animali abbozzano una strategie ma molto prossima all'istinto, la mente umana è più sviluppata, in quanto non si limita ad una strategia di sopravvivenza, ma l'autoconsapevolezza correla il rapporto di uno sviluppo di un "io" con se stesso e con l'ambiente,sviluppando a sua volta la sfera conoscitiva.Intendo dire che la mente ha in sè e per sè capacità di svilupparsi ,di far emergere complessità su complessità.

Quando ciò che emerge dal cervello, la mente, si sviluppa intellettivamente si apre una relazioni biunivoca.
la mente influisce sul cervello e il cervello agisce sulla mente.
Il problema delle neuroscienze è il passaggio dalla fisicità del cervello all'etereità della mente.
Ma quando noi conosciamo,impariamo la matematica, impariamo a correlare oggetti fisici e pensieri eterei, noi agiamo sulle stesse aree linguistiche e sulle memorie che ricevono i segnali, gli impulsi dall'ambiente esteriore .
Le aree fisiche del cervello che sono proprietà fisiche tipicamente umane sono quelle che permettono l'emersione al mentale e sono influenzate a loro volta dal mentale, dal pensiero cognitivo e dalle percezioni sensoriali del sistema ambiente.

Quindi, la prova che esiste la mente e il rapporto con il cervello sono le aeree fisiche nel cervello che da una parte permettono la predisposizione cognitiva umana e dall'altra interagiscono sia sul mondo fisco che su quello mentale, sia sulle percezioni sensoriali fisiche che sui pensieri, sui concetti tipici del pensiero intellettivo.
Tant'è che quello che noi percepiamo dall'esterno sensorialmente, una volta sviluppata la mente, è la mediazione fra le nostre credenze(mentale) e quelle stesse percezioni.Noi possiamo vedere uno stesso oggetto a due anni di età a venti anni e sessant'anni di età, Quell'oggetto sensorialmente è percepito alla stessa maniera, ma è la mente che lo muta interpretandolo diversamente in base al nostro sistema esperienziale(memorie e linguistica e intellettività) perchè noi siamo "diversi" seppure identici come stessa persona ,ma diversa personalità acquisita, mutata nel tempo e intendo mentalmente a prescindere dai processi fisiologici dell'invecchiamento fisico.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 30 Novembre 2017, 14:09:10 PM
Citazione di: paul11 il 29 Novembre 2017, 23:49:26 PM

Non scrivo ricitandoti per non rendere illeggibile il post.
Chiariamo alcuni aspetti.
1) SE il cervello muore ,la mente muore
2) Il cervello agisce sulla mente; la mente agisce sul cervello
3)Come è definita la mente; cosa intendiamo per proprietà mentali
4) qualunque animale ha un minimo di strategia, essendo deambulante potrebbe scegliere qualunque direzione, ma il suo dinamismo ha scopi: possiamo parlare di un abbozzo "mentale" soprattutto per glia animali superiori?

Allora:
1) se muore il cervello e muore la mente sono correlati anche fisicamente; se la mente sopravvive alla morte morte allora sono su due domini indipendenti
2) Sappiamo che il cervello raccoglie le percezioni esterne attraverso i sensi, quindi l'ambiente agisce sulla formazione esperienziale dell'individuo. Ma sappiamo anche che quando siamo nella fase riflessiva, quando raccogliamo i nostri pensieri, la relazione non è più cervello/ambiente,ma diciamo cervello/cervello o cervello/mente.

Sappiamo pure che sono fisicamente nel  cervello le aree deputate alla memoria e al linguaggio
3) La mente ha proprietà intellettive, razionali, logiche, correlative di pensieri.
4)Se gli animali abbozzano una strategie ma molto prossima all'istinto, la mente umana è più sviluppata, in quanto non si limita ad una strategia di sopravvivenza, ma l'autoconsapevolezza correla il rapporto di uno sviluppo di un "io" con se stesso e con l'ambiente,sviluppando a sua volta la sfera conoscitiva.Intendo dire che la mente ha in sè e per sè capacità di svilupparsi ,di far emergere complessità su complessità.

Quando ciò che emerge dal cervello, la mente, si sviluppa intellettivamente si apre una relazioni biunivoca.
la mente influisce sul cervello e il cervello agisce sulla mente.
Il problema delle neuroscienze è il passaggio dalla fisicità del cervello all'etereità della mente.
Ma quando noi conosciamo,impariamo la matematica, impariamo a correlare oggetti fisici e pensieri eterei, noi agiamo sulle stesse aree linguistiche e sulle memorie che ricevono i segnali, gli impulsi dall'ambiente esteriore .
Le aree fisiche del cervello che sono proprietà fisiche tipicamente umane sono quelle che permettono l'emersione al mentale e sono influenzate a loro volta dal mentale, dal pensiero cognitivo e dalle percezioni sensoriali del sistema ambiente.

Quindi, la prova che esiste la mente e il rapporto con il cervello sono le aeree fisiche nel cervello che da una parte permettono la predisposizione cognitiva umana e dall'altra interagiscono sia sul mondo fisco che su quello mentale, sia sulle percezioni sensoriali fisiche che sui pensieri, sui concetti tipici del pensiero intellettivo.
Tant'è che quello che noi percepiamo dall'esterno sensorialmente, una volta sviluppata la mente, è la mediazione fra le nostre credenze(mentale) e quelle stesse percezioni.Noi possiamo vedere uno stesso oggetto a due anni di età a venti anni e sessant'anni di età, Quell'oggetto sensorialmente è percepito alla stessa maniera, ma è la mente che lo muta interpretandolo diversamente in base al nostro sistema esperienziale(memorie e linguistica e intellettività) perchè noi siamo "diversi" seppure identici come stessa persona ,ma diversa personalità acquisita, mutata nel tempo e intendo mentalmente a prescindere dai processi fisiologici dell'invecchiamento fisico.
Citazione1 Se il cervello muore, la mente muore.
Concordo (anche se non é dimostrabile).
Ma da ciò non consegue affatto necessariamente che se muore il cervello e muore la mente sono correlati anche fisicamente, che comporterebbe la negazione della chiusura causale del mondo fisico e quindi l' impossibilità della conoscenza scientifica (del mondo fisico stesso); e che solo se la mente sopravvive alla morte allora sono su due domini indipendenti.
Se divengono separatamente senza interferenze reciproche (il che consente di salvaguardare la chiusura causale del mondo fisico e quindi della possibilità della conoscenza scientifica dello stesso), in reciproca corrispondenza biunivoca su distinti, reciprocamente trascendenti piani ontologici, possono ben morire necessariamente entrambi senza alcuna correlazione fisica (ma solo con una correlazione ontologica, "metafisica", se vogliamo, ben diversa da rapporti di causazione reciproca fra di essi: quella di corrispondenza biunivoca).
 
2 La mente non agisce sul cervello e il cervello non agisce sulla mente (se, come credo, vige la chiusura causale del mondo fisico e dunque la conoscibilità scientifica di esso).
 
3 In corrispondenza biunivoca con i rispettivi cervelli, le menti umane sono molto più sviluppate, complesse creative di quelle degli altri animali, fatto che consente il linguaggio e l' autocoscienza.
 
La mente non emerge dal cervello, dal quale emergono solo i comportamenti che esso dirige.
 
La scienza (compresa la neurologia) non può occuparsi di "eterietà (?), ma solo di fisicità.
 
Le aeree fisiche nel cervello che permettono la predisposizione cognitiva umana (come fatto fisico, interno al cervello), non interagiscono in alcun modo sul mondo quello mentale se il mondo fisico é causalmente chiuso, e dunque la conoscenza scientifica di esso possibile; ciò che in esse accade corrisponde biunivocamente ai ragionamenti e alle altre operazioni mentali umane; compresa la conoscenza (come coscienza di pensieri, predicati circa la realtà -fenomenica: materiale e mentale- ad essa conformi = predicanti che di essa-accade é ciò che essa é-accade o che di essa non é-non accade ciò che di essa non é-non accade).
 
Ciò che noi percepiamo é ciò che noi percepiamo e le nostre credenze circa ciò che noi percepiamo sono le nostre credenze circa ciò che percepiamo: due ben diversi ordini di cose!
Ed é proprio per questo che Noi possiamo vedere uno stesso oggetto a due anni di età a venti anni e sessant'anni di età, Quell'oggetto sensorialmente è percepito alla stessa maniera, ma è la mente che muta i suoi propri pensieri circa di esso interpretandolo diversamente in base al nostro sistema esperienziale (memorie e linguistica e intellettività) perchè noi siamo "diversi" seppure identici come stessa persona ,ma diversa personalità acquisita, mutata nel tempo e intendo mentalmente a prescindere dai processi fisiologici dell'invecchiamento fisico.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 30 Novembre 2017, 15:09:03 PM
Sgiombo scrive:
1 Se il cervello muore, la mente muore.
Concordo (anche se non é dimostrabile).
Ma da ciò non consegue affatto necessariamente che se muore il cervello e muore la mente sono correlati anche fisicamente, che comporterebbe la negazione della chiusura causale del mondo fisico e quindi l' impossibilità della conoscenza scientifica (del mondo fisico stesso); e che solo se la mente sopravvive alla morte allora sono su due domini indipendenti.
Se divengono separatamente senza interferenze reciproche (il che consente di salvaguardare la chiusura causale del mondo fisico e quindi della possibilità della conoscenza scientifica dello stesso), in reciproca corrispondenza biunivoca su distinti, reciprocamente trascendenti piani ontologici, possono ben morire necessariamente entrambi senza alcuna correlazione fisica (ma solo con una correlazione ontologica, "metafisica", se vogliamo, ben diversa da rapporti di causazione reciproca fra di essi: quella di corrispondenza biunivoca).

2 La mente non agisce sul cervello e il cervello non agisce sulla mente (se, come credo, vige la chiusura causale del mondo fisico e dunque la conoscibilità scientifica di esso).

3 In corrispondenza biunivoca con i rispettivi cervelli, le menti umane sono molto più sviluppate, complesse creative di quelle degli altri animali, fatto che consente il linguaggio e l' autocoscienza.

La mente non emerge dal cervello, dal quale emergono solo i comportamenti che esso dirige.

La scienza (compresa la neurologia) non può occuparsi di "eterietà (?), ma solo di fisicità.

Le aeree fisiche nel cervello che permettono la predisposizione cognitiva umana (come fatto fisico, interno al cervello), non interagiscono in alcun modo sul mondo quello mentale se il mondo fisico é causalmente chiuso, e dunque la conoscenza scientifica di esso possibile; ciò che in esse accade corrisponde biunivocamente ai ragionamenti e alle altre operazioni mentali umane; compresa la conoscenza (come coscienza di pensieri, predicati circa la realtà -fenomenica: materiale e mentale- ad essa conformi = predicanti che di essa-accade é ciò che essa é-accade o che di essa non é-non accade ciò che di essa non é-non accade).

Ciò che noi percepiamo é ciò che noi percepiamo e le nostre credenze circa ciò che noi percepiamo sono le nostre credenze circa ciò che percepiamo: due ben diversi ordini di cose!
Ed é proprio per questo che Noi possiamo vedere uno stesso oggetto a due anni di età a venti anni e sessant'anni di età, Quell'oggetto sensorialmente è percepito alla stessa maniera, ma è la mente che muta i suoi propri pensieri circa di esso interpretandolo diversamente in base al nostro sistema esperienziale (memorie e linguistica e intellettività) perchè noi siamo "diversi" seppure identici come stessa persona ,ma diversa personalità acquisita, mutata nel tempo e intendo mentalmente a prescindere dai processi fisiologici dell'invecchiamento fisico.

La tua è una curiosa ipotesi.
Dalla parte del cervello sei un riduzionista fisicalista.
Dall'altra accetti il concetto di mente e lo poni nel metafisico.
Hai costruito un dualismo incomunicante perchè ritieni che la prova delle correlazioni debbano essere dimostrazioni scientifiche.
applicando la via induttiva(dalla materia "in su" down-top) e non deduttiva (dalla mente " in giù, top-down")

Però:
sappi che   la mente è concettualmente irriducibile come lo è qualunque complessità anche fisica.
Il tessuto è un complesso di cellule, un organo è un complesso di tessuti, un apparato è un insieme di organi, un corpo è un insieme di apparati.Significa che il corpo non è "solo" un insieme di cellule perchè ad ogni passaggio di complessità appaiono in relazione nuove proprietà anche fisiche.

Ecco perchè difendi la dualità interpretando il determinismo e l'ìindeterminismo alla tua maniera.
Cerchi di togliere  la parte volitiva, la volontà di scelta, poggiandola sulla causalità deterministica, tipica del meccanicismo
(causa/effetto)
Se una patologia fisica del cervello toglie alla mente sue specifiche prerogative, proprietà, anche la mente, la nostra conoscenza modifica le memorie fisiche poste nel cervello. Tu invece queste relazioni biunivoche non le accetti sempre per la prova deterministica secondo il metodo scientifico fisicalista. Quindi accetti ciò che le attuali strumentazioni, atte a rilevare attività nel cervello, mostrano.
Eppure scrivi:
3 In corrispondenza biunivoca con i rispettivi cervelli, le menti umane sono molto più sviluppate, complesse creative di quelle degli altri animali, fatto che consente il linguaggio e l' autocoscienza.
Non capisco, mi pare che quì sostieni la mia stessa ipotesi?Quindi c'è una relazione fra la fiscità de lcervello che permette l'"emergenza"della mente?
Ma subito dopo scrivi: La mente non emerge dal cervello, dal quale emergono solo i comportamenti che esso dirige.
La scienza (compresa la neurologia) non può occuparsi di "eterietà (?), ma solo di fisicità.
...ritornando sulla posizione riduzionista fisicalista.

Mi pare che da una parte non accetti la relazione cervello/mente, ma dall'altra la ritieni opportuna, ma probabilmente, non sai in quale dominio collocarlo (fisico o come ho scritto"etereo"?)
Questa dualità "secca" crea un abisso di domini, li accetti ontologicamente, ma non sai epistemologicamente come relazionarli.

Mi sembra di capire che il cervello muta per suo conto e la mente altrettanto per suo conto per cui non esiterebbe una relazione fisica fra mente e cervello.Secondo te quindi le memorie fisiche non sono "condivise"? E dove sarebbero le memorie della mente?
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: baylham il 30 Novembre 2017, 15:53:15 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 20:01:11 PM
Citazione di: baylham il 27 Novembre 2017, 16:13:19 PM
I pensieri, i sentimenti, le emozioni non sono la coscienza, che appunto è assai probabile che sia il prodotto, risultato dei processi cerebrali sottostanti.
CitazioneNon comprendo bene questa tesi.
Ma per me I pensieri, i sentimenti, le emozioni, ecc. sono proprio la coscienza (altrimenti cos' altro sarebbero pensieri, sentimenti, emozioni, ecc.? E cos' altro sarebbe la coscienza?).

Per me la coscienza esprime, controlla i pensieri, il linguaggio, che perciò non sono la coscienza. Pensieri, linguaggio che sono una costruzione relazionale tra la coscienza, la mente, ed il mondo sociale. Il testo materiale che vedo influenza la mia mente.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 30 Novembre 2017, 16:41:31 PM
Citazione di: baylham il 30 Novembre 2017, 15:53:15 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 20:01:11 PM
Citazione di: baylham il 27 Novembre 2017, 16:13:19 PM
I pensieri, i sentimenti, le emozioni non sono la coscienza, che appunto è assai probabile che sia il prodotto, risultato dei processi cerebrali sottostanti.
CitazioneNon comprendo bene questa tesi.
Ma per me I pensieri, i sentimenti, le emozioni, ecc. sono proprio la coscienza (altrimenti cos' altro sarebbero pensieri, sentimenti, emozioni, ecc.? E cos' altro sarebbe la coscienza?).

Per me la coscienza esprime, controlla i pensieri, il linguaggio, che perciò non sono la coscienza. Pensieri, linguaggio che sono una costruzione relazionale tra la coscienza, la mente, ed il mondo sociale. Il testo materiale che vedo influenza la mia mente.
...  ma lo vedi prima con gli occhi o con la sola mente?
perchè questo è il  curioso paradosso dualistico di Sgiombo
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: baylham il 30 Novembre 2017, 18:08:24 PM
Da realista ritengo che la spiegazione del processo della visione proposta nei testi di biologia odierni sia una buona base di partenza per rispondere al quesito. Accogliendo inoltre la teoria della relatività, ritengo che la mia visione, una elaborazione finale del cervello, sia sempre in ritardo rispetto allo stato dell'oggetto osservato. Quindi prima gli occhi, poi la mente.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Phil il 30 Novembre 2017, 19:25:31 PM
Citazione di: davintro il 29 Novembre 2017, 17:36:40 PM
Attraverso la riflessione possiamo sempre collegare il sorgere di un certo vissuto con delle motivazioni correlate ad esse. I vissuti spirituali, paura, gioia, malinconia sono intenzionali, dotati di un senso, attività di un Io che si dirige intenzionalmente verso un mondo di cose, a cui noi attribuiamo una valenza positiva o negativa sulla base di una sensibilità assiologica che ci costituisce nella nostra singolarità. La mia paura ha un senso, è motivata perché sempre intenzionata dal valore che l'Io attribuisce a un oggetto o stato di cose del mondo, se non ci fosse tale attribuzione assiologica, non avrebbe alcun senso o ragion d'essere provare paura o di qualunque altro sentimento. Qui sta lo scarto tra la causalità fisica [...] e la motivazionalità [...] vale a dire una certa intenzionalità valoriale per la quale la paura è sempre collegata al mio orientamento di valore, in gran parte assunto liberamente dalla personalità.
Se non erro (chi ne sa più di me mi correggerà!), le emozioni primarie (rabbia, paura, gioia, sorpresa, etc.) hanno una matrice istintiva-fisiologica, che prescinde dal contesto sociale e della visione del mondo (credo antropologi e altre categorie di studiosi abbiano fatto ricerche in merito); forse si potrebbe persino dire che "materialmente" sono nel nostro DNA. Fermo restando che poi (anche evolvendosi in emozioni secondarie) si contestualizzano e mutano coerentemente con la personalità, i vissuti, etc. ma gli "ingranaggi di base" che denotano quei tipi di emozioni-vissuti dovrebbero essere, se non erro, "in dotazione" sin dalla nascita (proprio come sono in dotazione, al netto dello stadio di sviluppo fisico, i meccanismi del dolore, il sistema limbico, le aree cerebrali del linguaggio, etc.).

Citazione di: davintro il 29 Novembre 2017, 17:36:40 PM
L'osservazione esteriore è metodologicamente valida nella misura in cui l'oggetto di indagine è passivo, qualcosa di morto, che si presta docilmente a essere studiato da una mente che lo studia manipolandolo, mentre nella misura in cui l'Io si pone come soggetto libero, che produce un vissuto sulla base di un altro prima prodotto, in un flusso temporale unitario di coscienza, allora non può essere osservato dall'esterno, ma lascia che sia un approccio autocoscienziale e introspettivo, per il quale il soggetto dell'osservazione coincide con il "tema" osservato, ad essere il più attinente, cioè l'approccio in cui il dinamismo coscienziale si rispecchia nel soggetto stesso che lo percepisce interiormente, proprio in quanto avverte in sé tale dinamismo, un approccio in cui il soggetto viene considerato maggiormente in quanto tale, cioè come soggetto dinamico, senza essere frainteso nello sguardo reificante delle scienze naturali (pur fondamentali per quanto riguarda lo studio dell'ambito materiale-passivo dell'uomo, ma che si arrestano di fronte a quello intenzionale-attuale).
Al di là della questione della "libertà" (sul libero arbitrio trovi molto in altri topic recenti, evito di ripetermi o fare copia e incolla  :) ), concordo appieno sul fatto che la posizione privilegiata per studiare il "funzionamento" della propria interiorità sia... viverla in prima persona. Ritengo ci sia inoltre un margine di manovra (non illimitato, secondo me) entro cui possiamo modificarci, indirizzarci, "educarci" agendo su noi stessi, in concomitanza a quanto eventi/persone esterne ci influenzano dall'esterno. Oltre quel margine (dai limiti ignoti) non credo si possa andare (non tutto è possibile), ma ciò che si trova al suo interno è spesso sufficiente per cambiamenti notevoli e imprevedibili (probabilmente alcune esperienze, anche indirette, vissute da ognuno di noi, ce l'hanno già insegnato...).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 01 Dicembre 2017, 17:26:40 PM
Citazione di: paul11 il 30 Novembre 2017, 15:09:03 PM
La tua è una curiosa ipotesi.
Dalla parte del cervello sei un riduzionista fisicalista.
CitazioneRiduzionista del neurologico al biologico generale e del biologico generale al materiale generale (fisico).

Dall'altra accetti il concetto di mente e lo poni nel metafisico.

CitazioneNo! Pongo tanto la mente (esperienza mentale) mia quanto l' esperienza materiale mia nella mia esperienza cosciente (e in generale l' esperienza materiale e mentale di ciascuno nell' esperienza cosciente propria di ognuno).

L' esperienza materiale di ciascuno nella sua propria coscienza fenomenica é ammissibile (anche se non dimostrabile) essere intersoggettiva: (anche) su questa intersoggettività si fonda la conoscenza scientifica fisica del mondo materiale.
Di "metafisico" letteralmente ci sono le componenti mentali delle esperienze altrui ("oltre" la materia fisica dei rispettivi cervelli) e le cose in sé o noumeno (che credo reali, senza che sia dimostrabile né men che meno empiricamente constatabile: "oltre" le esperienze fenomeniche coscienti).

Hai costruito un dualismo incomunicante perchè ritieni che la prova delle correlazioni debbano essere dimostrazioni scientifiche.
applicando la via induttiva(dalla materia "in su" down-top) e non deduttiva (dalla mente " in giù, top-down")
CitazioneNo.
Ritengo necessario ammettere (filosoficamente, e non per alcuna pretesa, impossibile "dimostrazione scientifica" induttiva) un dualismo dei fenomeni semplicemente per salvaguardare la chiusura causale del mondo fisico.

Ma tu credi forse che abbia senso ammettere che la realtà fisica materiale diviene secondo le modalità universali e costanti dette "leggi naturali" se con il suo divenire interferiscono causalmente, "in barba a tali leggi fisiche", violandole bellamente, eventi di coscienza mentali (e non unicamente eventi fisiologici cerebrali con gli eventi mentali in divenire biunivocamente corrispondente ma trascendente, non causalmente interagente)?

Però:
sappi che   la mente è concettualmente irriducibile come lo è qualunque complessità anche fisica.
Il tessuto è un complesso di cellule, un organo è un complesso di tessuti, un apparato è un insieme di organi, un corpo è un insieme di apparati.Significa che il corpo non è "solo" un insieme di cellule perchè ad ogni passaggio di complessità appaiono in relazione nuove proprietà anche fisiche.
CitazioneNo, caro Paul11, sappi tu che qualunque complessità materiale (cervello, vita) é perfettamente riducibile alla fisica generale.
Mentre la mente non é niente di fisico (é res cogitans e non res extensa riducibilissima alla fisica - chimica, per complessa che sia), e dunque non può essere ridotta né alla fisica di base, né alla biologia, né alla neurologia.

Ecco perchè difendi la dualità interpretando il determinismo e l'ìindeterminismo alla tua maniera.
Cerchi di togliere  la parte volitiva, la volontà di scelta, poggiandola sulla causalità deterministica, tipica del meccanicismo
(causa/effetto).
CitazioneLa materia diviene deterministicamente e la coscienza (compresa la res cogitans: pensiero, volontà, ecc.) diviene in maniera ad essa biunivocamente corrrispondente

Se una patologia fisica del cervello toglie alla mente sue specifiche prerogative, proprietà, anche la mente, la nostra conoscenza modifica le memorie fisiche poste nel cervello. Tu invece queste relazioni biunivoche non le accetti sempre per la prova deterministica secondo il metodo scientifico fisicalista. Quindi accetti ciò che le attuali strumentazioni, atte a rilevare attività nel cervello, mostrano.
CitazioneNon impiego affatto il "metodo scientifico fisicalista" per affrontare il problema dei rapporti coscienza-materia (e pensiero-cervello), ritenendoli del tutto inappropriati e inefficaci, bensì il ragionamento filosofico, l' analisi razionale.

Se una patologia fisica altera il cervello "parallelamente" (e non per reciproca interferenza causale) si avrà una corrispondente alterazione della coscienza, pensiero e conoscenza compresi.

Eppure scrivi:
3 In corrispondenza biunivoca con i rispettivi cervelli, le menti umane sono molto più sviluppate, complesse creative di quelle degli altri animali, fatto che consente il linguaggio e l' autocoscienza.
Non capisco, mi pare che quì sostieni la mia stessa ipotesi?Quindi c'è una relazione fra la fiscità de lcervello che permette l'"emergenza"della mente?

CitazioneFra mente e cervello c' é unicamente una relazione di corrispondenza biunivoca (uno e un solo stato mentale per ogni stato cerebrale e viceversa), nella reciproca trascendenza: nessuna delle due realtà ontologicamente in reciproca trascendenza influenza causalmente l' altra né ne é influenzata causalmente in alcun modo).

Ma subito dopo scrivi: La mente non emerge dal cervello, dal quale emergono solo i comportamenti che esso dirige.
La scienza (compresa la neurologia) non può occuparsi di "eterietà (?), ma solo di fisicità.
...ritornando sulla posizione riduzionista fisicalista.
CitazioneMa quale riduzionismo della mente al cervello?
La mente trascende il cervello (e viceversa).

Circa i rapporti fra mente e cervello mi sembra che fra "riduzionismo" e "trascendenza" (fra diversi "piani ontologici": materiale e mentale incomunicanti) vi sia molta maggiore diversità-opposizione-contrarietà che fra "riduzionismo" ed "emergentismo" (comunque fra aspetti immanenti, reciprocamente interconnessi causalmente del medesimo "piano ontologico materiale").

Mi pare che da una parte non accetti la relazione cervello/mente, ma dall'altra la ritieni opportuna, ma probabilmente, non sai in quale dominio collocarlo (fisico o come ho scritto"etereo"?)
Questa dualità "secca" crea un abisso di domini, li accetti ontologicamente, ma non sai epistemologicamente come relazionarli.
CitazioneE' una vita che parlo della relazione (che mi sembra chiarissima e semplicissima, perfettamente comprensibile in generale; e in particolare "saputa" da parte mia) di "trascendenza nella biunivoca corrispondenza" fra cervello e mente (esperienza; non solo mentale):
Questo é un rapporto duale "secco" che implica due distinti e non comunicanti-non interagenti "domini" ontologici: materiale e di coscienza: fra di essi vi é un "abisso ontologico" epistemologicamente chiarissimo, trattabilissimo, comprensibile con estrema facilità: la relazione é -ripeto per l' ennesima volta- di corrispondenza biunivoca nella trascendenza).

Mi sembra di capire che il cervello muta per suo conto e la mente altrettanto per suo conto per cui non esiterebbe una relazione fisica fra mente e cervello.
CitazioneOh, alla buon' ora!
Finalmente qui riesco a farmi capire!

Secondo te quindi le memorie fisiche non sono "condivise"? E dove sarebbero le memorie della mente?
CitazioneCosa sono le memorie "fisiche"?
Se sono le aree del cervello dove sono registrati gli eventi con cui il cervello é stato in relazione e che conseguentemente ne influenzano la regolazione del comportamento (analogamente alle "memorie" dei computer), certamente no!
Le mie nel mio cervello sono diverse dalle tue nel tuo!

E le memorie della mente, non certo condivise, sono nella mente di ciascuno (come potenzialità allorché non si pensano attualmente ricordi -ma nel noumeno la cosa in sé corrispondente a ciascuno di noi é "fatta in modo corrispondente" ad e esse- e attualmente allorché i ricordi vemgono coscientemente evocati).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 01 Dicembre 2017, 17:35:20 PM
Citazione di: baylham il 30 Novembre 2017, 15:53:15 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Novembre 2017, 20:01:11 PM
Citazione di: baylham il 27 Novembre 2017, 16:13:19 PM
I pensieri, i sentimenti, le emozioni non sono la coscienza, che appunto è assai probabile che sia il prodotto, risultato dei processi cerebrali sottostanti.
CitazioneNon comprendo bene questa tesi.
Ma per me I pensieri, i sentimenti, le emozioni, ecc. sono proprio la coscienza (altrimenti cos' altro sarebbero pensieri, sentimenti, emozioni, ecc.? E cos' altro sarebbe la coscienza?).

Per me la coscienza esprime, controlla i pensieri, il linguaggio, che perciò non sono la coscienza. Pensieri, linguaggio che sono una costruzione relazionale tra la coscienza, la mente, ed il mondo sociale. Il testo materiale che vedo influenza la mia mente.

CitazioneConcezione alquanto "personale" della coscienza: correntemente si ritiene che i pensieri, linguistici o meno, ne facciano parte; esattamente come i testi materiali che si leggono e tutto ciò che di materiale si percepisce sensibilmente.
Comunemente si intende per "coscienza tutto ciò di cui si é consapevoli, che si esperisce fenomenicamente, che "ci appare", in forma di fenomeni materiali (come il libro) o mentali (come i pensieri)

Citazione Paul11:
...  ma lo vedi prima con gli occhi o con la sola mente?

perchè questo è il  curioso paradosso dualistico di Sgiombo

CitazioneNessun paradosso: si vedono con gi occhi, ed eventualmente si possono anche pensare con la mente (Prima: immaginazione-prevsione; durante: constatazione immediatamente presente; o dopo: ricordo).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 03 Dicembre 2017, 14:36:50 PM
Sgiombo,
quando scrivi : No! Pongo tanto la mente (esperienza mentale) mia quanto l' esperienza materiale mia nella mia esperienza cosciente (e in generale l' esperienza materiale e mentale di ciascuno nell' esperienza cosciente propria di ognuno)
Cerchiamo di fare attenzione alle terminologie e relative definizioni convenzionali, diversamente non si capisce e
questo genera lettura interpretative personali che alla fine sono gli elementi di incomprensione.
Tu poni ontologicamente la mente e il cervello, vale a dire esistono .Non è assolutamente chiaro il dominio in cui
poni la mente; il noumeno è un'invenzione che sta fra il fisico e il metafisico è il "limbo" della conoscenza per i fisiicalisti 
che non accettano il metafisico ,ma accettano che "un qualcosa c'è oltre l'aspetto materiale".
Generalmente è perchè non riescono a coniugare le relazioni epistemiche, la verità conoscitiva, in domini diversi.

L'esperienza della mente dove si trova ontologicamente e come si relaziona epistologicamente se non nel cervello come materiale biochimico?
Se la coscienza raccoglie l'insieme delle esperienze della mente e della materia(implicitamente indichi quì il cervello?),
cosa intendi ontologicamente per coscienza; quale  è la differenza fra mente, coscienza e cervello essendo richimati tutti e tre dome concetti ontologici; quali sono le loro definizioni terminologiche per te e quali relazioni dovrebbero sussistere?

Fin quando non risolvi le relazioni sul piano ontologico ed epistemologico non è assolutamente chiaro come possano relazionarsi e in quali domini (fisico, metafisico ) vengano collocati. E' questo che genera confusione e crea ambiguità interpretativa sulla tua interpretazione.

Continui a credere alla chiusura causale del mondo fisco.Questo crea un'incomunicabilità fra i domini del fisco (cervello)
e della mente che collochi nel "limbo" del noumeno.quando due oggetti ontologicamente si trovano in due domini diversi non capisco quali elementi dei due insiemi possano comunicare fra loro, possano costruire relazioni.Questo è un cortocircuito logico.
Perchè se sostieni la chiusura causale fisica e utilizzi la dimostrazione scientifica moderna come verità epistemica ", vale a dire che è vero solo ciò che è dimostrabile sperimentalmente per via fisica,  non riuscirai mai a relazionare la mente con il cervello, essendo in domini diversi.

Sgimbo scrive: Ma tu credi forse che abbia senso ammettere che la realtà fisica materiale diviene secondo le modalità universali e costanti dette "leggi naturali" se con il suo divenire interferiscono causalmente, "in barba a tali leggi fisiche", violandole bellamente, eventi di coscienza mentali (e non unicamente eventi fisiologici cerebrali con gli eventi mentali in divenire biunivocamente corrispondente ma trascendente, non causalmente interagente)?
Ma certo che sì, e non mi interessa che la scienza non sia in grado oggi di dimostrare ontologicamente per via sperimentale fisica,sperimentalmente come o dove sia fisicamente la mente;semplicemente perchè ontologicamente io ho coscienza e autocoscienza del mio " io" e molto meno degli aspetti biochimici che avvengono nel mio corpo fisco.
Il mio "io" ha coscienza del mondo e ragiona sul piano relazionale e non sulle facoltà del controllo automatico del metabolismo del mio corpo di cui organi e aree del mio cervello si occupano in "automatico" liberando appunto la mente da queste necessità.
Ma a differenza di te, mi pare, ritengo che la mente sia una emergenza permessa dal mondo fisico che è il cervello, ed è questa condivisone fisica  ontologica che permette la relazione epistemologica.

Sgiombo scrive: No, caro Paul11, sappi tu che qualunque complessità materiale (cervello, vita) é perfettamente riducibile alla fisica generale.Mentre la mente non é niente di fisico (é res cogitans e non res extensa riducibilissima alla fisica - chimica, per complessa che sia), e dunque non può essere ridotta né alla fisica di base, né alla biologia, né alla neurologia.
E quì siamo nel problema terminologico delle definizioni.
Irriducibile significa che caratteristiche e proprietà di un elemento composto o complesso, non possano essere riducibili e quindi riscontrabili negli elementi che lo compongono .Questo è un problema mereologico del paradosso della "nave di Teseo".
L'acqua è una molecola composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno.
Ti risulta che l'acqua abbia le stesse proprietà e caratteristiche nei due elementi che lo compongono, idrogeno ed ossigeno?

Sgiombo scrive:La materia diviene deterministicamente e la coscienza (compresa la res cogitans: pensiero, volontà, ecc.) diviene in maniera ad essa biunivocamente corrrispondente.
Non sono del tutto d'accordo:sappi che oltre ad una visione meccanicistica di causa effetto esiste anche quella organicistica dal punto di vista delle scienze cosiddette moderne, utilizzate dalla teoria dei sistemi alla cibernetica in poi.
Comunuque penso che vi sia il determinismo come l'indeterminismo e non è detto che collidano, semmai si compenetrano.
Come è ormai accertato, ma no per te, una percezione sensoriale fisica prima che divenga memoria fisica nel cervello viene mediata dal sistema delle credenze .Noi non vediamo con gli occhi, ma con  il rapporto mente/cervello ed è per questo che noi a volte neghiamo ciò che vediamo, oppure vediamo quello che ci fa comodo vedere.

Sgiombo scrive:Non impiego affatto il "metodo scientifico fisicalista" per affrontare il problema dei rapporti coscienza-materia (e pensiero-cervello), ritenendoli del tutto inappropriati e inefficaci, bensì il ragionamento filosofico, l' analisi razionale.

Se una patologia fisica altera il cervello "parallelamente" (e non per reciproca interferenza causale) si avrà una corrispondente alterazione della coscienza, pensiero e conoscenza compresi.
Quì ammetti il metodo razionale logico della deduzione filosofica che implicitamente si scontra, nella tua visione, con il metodo induttivo scientifico moderno sperimentale.Non riesci a relazionare i due domini con lo stesso metodo.
Ma ammetti che una patologia fisica nel cervello altera la coscienza ( ma cosa è dove ontologicamente si situa?) e ovviamente ,secondo la tua visione, togli l'interferenza casuale in quanto appartenete al dominio fisico della scienza sperimentale.e allora come si relazionano e in quale dominio ontologico e come epistemologicamente riconosci questa relazione?

Sgiombo scrive: Fra mente e cervello c' é unicamente una relazione di corrispondenza biunivoca (uno e un solo stato mentale per ogni stato cerebrale e viceversa), nella reciproca trascendenza: nessuna delle due realtà ontologicamente in reciproca trascendenza influenza causalmente l' altra né ne é influenzata causalmente in alcun modo).
Accetti la relazione fra mente e cervello.Non è per niente chiaro come avviene questa relazione.
Cerchi di salvare la tua visione separata di mente e cervello dove non è altrettanto chiaro cosa quì intendi per trascendenza.
Valgono le considerazioni che ho fatto precedentemente.

Sgiombo scrive: Ma quale riduzionismo della mente al cervello?
La mente trascende il cervello (e viceversa).
Circa i rapporti fra mente e cervello mi sembra che fra "riduzionismo" e "trascendenza" (fra diversi "piani ontologici": materiale e mentale incomunicanti) vi sia molta maggiore diversità-opposizione-contrarietà che fra "riduzionismo" ed "emergentismo" (comunque fra aspetti immanenti, reciprocamente interconnessi causalmente del medesimo "piano ontologico materiale").
Non mi è chiaro il significato di questa tua argomentazione.
Non è chiaro cosa intendi per trascendente.Mi manca il tuo ragionamento dialettico di come coniughi l'astratto (la mente) e il concreto(il cervello) in un unico metodo logico.

Sgimbo scrive: E' una vita che parlo della relazione (che mi sembra chiarissima e semplicissima, perfettamente comprensibile in generale; e in particolare "saputa" da parte mia) di "trascendenza nella biunivoca corrispondenza" fra cervello e mente (esperienza; non solo mentale):
Questo é un rapporto duale "secco" che implica due distinti e non comunicanti-non interagenti "domini" ontologici: materiale e di coscienza: fra di essi vi é un "abisso ontologico" epistemologicamente chiarissimo, trattabilissimo, comprensibile con estrema facilità: la relazione é -ripeto per l' ennesima volta- di corrispondenza biunivoca nella trascendenza).
Ed è una vita che non risolvi affatto le relazioni ontologiche di mente/ cervello e quelle  relazionali logiche in un unico metodo (induttivo della chiusura causale del mondo  o deduttivo filosofico?)
Non può esistere nessuna relazione biunivoca o qualsivoglia altra, se domini diversi ontologici non hanno qualche elemento in comune,sul piano fisico o sul piano logico relazionale che permetta la stessa relazione sul piano epistemologico.

E' come se io utilizzassi un metodo, una ontologia e una fenomenologia per descrive le relazioni con un sasso e utilizzi altri domini ontologici ,epistemologici, fenomenologici per descrivere Dio: Il sasso e Dio non comunicherebbero  fra loro  la loro esistenza e connessione logica se non li colloco almeno sul piano logico razionale su elementi comuni.

Sgiombo: Cosa sono le memorie "fisiche"?
Se sono le aree del cervello dove sono registrati gli eventi con cui il cervello é stato in relazione e che conseguentemente ne influenzano la regolazione del comportamento (analogamente alle "memorie" dei computer), certamente no!
Le mie nel mio cervello sono diverse dalle tue nel tuo!

E le memorie della mente, non certo condivise, sono nella mente di ciascuno (come potenzialità allorché non si pensano attualmente ricordi -ma nel noumeno la cosa in sé corrispondente a ciascuno di noi é "fatta in modo corrispondente" ad e esse- e attualmente allorché i ricordi vemgono coscientemente evocati).
Ma tu nasci con una area del broca o no? Tu nasci con una amigdala e un ipotalamo ?
Un conto è sostenere che non abbiamo cervelli uguali, e un conto è sostenere che non abbiamo cervelli simili?
L'uguaglianza e la similitudine sono due concetti diversi.
Se non fosse così dimmi come faremmo  a comunicare fra noi?
Sono i contenuti delle memorie di ciascuno di noi che mutano, non le memorie e oggetti fisici,
ma proprio per questo significa che le memorie fisiche nel cervello sono relazionate alla mente

Sgiombo secondo te la memoria amigdala non influisce sull'emotività delle percezioni sensoriali? Ma dai............
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 22:05:20 PM
Citazione di: paul11 il 03 Dicembre 2017, 14:36:50 PM
Sgiombo,
quando scrivi : No! Pongo tanto la mente (esperienza mentale) mia quanto l' esperienza materiale mia nella mia esperienza cosciente (e in generale l' esperienza materiale e mentale di ciascuno nell' esperienza cosciente propria di ognuno)
Cerchiamo di fare attenzione alle terminologie e relative definizioni convenzionali, diversamente non si capisce e
questo genera lettura interpretative personali che alla fine sono gli elementi di incomprensione.
Tu poni ontologicamente la mente e il cervello, vale a dire esistono .Non è assolutamente chiaro il dominio in cui
poni la mente; il noumeno è un'invenzione che sta fra il fisico e il metafisico è il "limbo" della conoscenza per i fisiicalisti
che non accettano il metafisico ,ma accettano che "un qualcosa c'è oltre l'aspetto materiale".
Generalmente è perchè non riescono a coniugare le relazioni epistemiche, la verità conoscitiva, in domini diversi.
CitazioneA me pare chiarissimo che "pongo" la mente (res cogitans), esattamente come la materia (la res extensa),nel "dominio" dell' esperienza fenomenica cosciente (di chiunque la esperisca).

Di quel che pensano i fisicalisti del noumeno non me ne può fregare di meno.
Peraltro sono monisti materialisti che ammettono l' esistenza solamente di ciò che è "fisico" (ovvero materiale): lo dice la parola stessa.
Per loro non esiste nessun "noumeno", ma solo la res extensa fenomenica..
Per me é la realtà in sé (comprendente gli oggetti e i soggetti delle sensazioni fenomeniche coscienti), e dunque non sta tra il metafisico e il fisico (che é fenomenico quanto il mentale), ma invece é "in tutto e per tutto" metafisico (e parimenti metamentale).



L'esperienza della mente dove si trova ontologicamente e come si relaziona epistologicamente se non nel cervello come materiale biochimico?
Se la coscienza raccoglie l'insieme delle esperienze della mente e della materia(implicitamente indichi quì il cervello?),
cosa intendi ontologicamente per coscienza; quale  è la differenza fra mente, coscienza e cervello essendo richimati tutti e tre dome concetti ontologici; quali sono le loro definizioni terminologiche per te e quali relazioni dovrebbero sussistere?

Fin quando non risolvi le relazioni sul piano ontologico ed epistemologico non è assolutamente chiaro come possano relazionarsi e in quali domini (fisico, metafisico ) vengano collocati. E' questo che genera confusione e crea ambiguità interpretativa sulla tua interpretazione.
CitazioneL' esperienza della mente (res cogitans), esattamente come quella della materia (res extensa), "si trova ontologicamente" nell' esperienza fenomenica cosciente.
Il cervello col suo materiale biochimico, insieme al resto della materia, é nell' esperienza fenomenica cosciente esattamente come vi é la mente.

Mi dispiace, ma più chiaro di così non posso essere.
Se dopo che ti ho chiarito infinite volte che per me la coscienza é tutto quanto viene consapevolmente esperito, comprendente la res extensa, cervelli compresi, e la res cogitans, cioè la mente, non reciprocamente interagenti ma trascendenti e biunivocamente corrispondenti, ancora mi stai a chiedere come risolvo le relazioni fra di essi sul piano ontologico ed epistemologico, l' impresa di fartelo capire mi pare decisamente disperata.



Continui a credere alla chiusura causale del mondo fisco.Questo crea un'incomunicabilità fra i domini del fisco (cervello)
e della mente che collochi nel "limbo" del noumeno.quando due oggetti ontologicamente si trovano in due domini diversi non capisco quali elementi dei due insiemi possano comunicare fra loro, possano costruire relazioni.Questo è un cortocircuito logico.
Perchè se sostieni la chiusura causale fisica e utilizzi la dimostrazione scientifica moderna come verità epistemica ", vale a dire che è vero solo ciò che è dimostrabile sperimentalmente per via fisica,  non riuscirai mai a relazionare la mente con il cervello, essendo in domini diversi.

CitazioneMa quale "corto circuito logico"???
Certo che mente e materia sono incomunicanti (non reciprocamente interagenti!
Nessun elemento dell' una interferisce causalmente con alcun elemento dell' altra, ma invece é in relazione di corrispondenza biunivoca con ciascun elemento dell' altra.
Mai scritto che "solo ciò che è dimostrabile sperimentalmente per via fisica" é verità epistemica.
Casomai solo questo é verità scientifica naturale (di cui non fa parte nemmeno la matematica pura).
Mente e cervello, reali in ambiti ontologici diversi, li relaziono (oltre che con la diversità ontologica reciproca stessa), anche con la reciproca corrispondenza biunivoca: un'unica certa, determinata situazione mentale e nessun altra per un' unica certa, determinata situazione cerebrale e nessun altra e viceversa.


Sgimbo scrive: Ma tu credi forse che abbia senso ammettere che la realtà fisica materiale diviene secondo le modalità universali e costanti dette "leggi naturali" se con il suo divenire interferiscono causalmente, "in barba a tali leggi fisiche", violandole bellamente, eventi di coscienza mentali (e non unicamente eventi fisiologici cerebrali con gli eventi mentali in divenire biunivocamente corrispondente ma trascendente, non causalmente interagente)?
Ma certo che sì, e non mi interessa che la scienza non sia in grado oggi di dimostrare ontologicamente per via sperimentale fisica,sperimentalmente come o dove sia fisicamente la mente;semplicemente perchè ontologicamente io ho coscienza e autocoscienza del mio " io" e molto meno degli aspetti biochimici che avvengono nel mio corpo fisco.
Il mio "io" ha coscienza del mondo e ragiona sul piano relazionale e non sulle facoltà del controllo automatico del metabolismo del mio corpo di cui organi e aree del mio cervello si occupano in "automatico" liberando appunto la mente da queste necessità.
Ma a differenza di te, mi pare, ritengo che la mente sia una emergenza permessa dal mondo fisico che è il cervello, ed è questa condivisone fisica  ontologica che permette la relazione epistemologica.
CitazioneSe la mente non fisica può interferire causalmente col mondo fisico, allora il divenire ordinato di quest' ultimo secondo le leggi universali e costanti di natura (indimostrabile ma conditio sine qua non della conoscenza scientifica) va a farsi benedire; e con esso ovviamente va a farsi benedire la conoscenza scientifica stessa (compresa quella degli aspetti biochimici che avvengono nel tuo corpo fisco e del controllo automatico del metabolismo del tuo corpo di cui organi e aree del tuo cervello si occupano in "automatico").
Se invece la mente emerge dal cervello, allora fa parte del mondo materiale (res extensa; in particolare magari un cervello o certi aspetti del funzionamento di un cervello) e non é affatto una mente (res cogitans).



Sgiombo scrive: No, caro Paul11, sappi tu che qualunque complessità materiale (cervello, vita) é perfettamente riducibile alla fisica generale.Mentre la mente non é niente di fisico (é res cogitans e non res extensa riducibilissima alla fisica - chimica, per complessa che sia), e dunque non può essere ridotta né alla fisica di base, né alla biologia, né alla neurologia.
E quì siamo nel problema terminologico delle definizioni.
Irriducibile significa che caratteristiche e proprietà di un elemento composto o complesso, non possano essere riducibili e quindi riscontrabili negli elementi che lo compongono .Questo è un problema mereologico del paradosso della "nave di Teseo".
L'acqua è una molecola composta da due atomi di idrogeno e uno di ossigeno.
Ti risulta che l'acqua abbia le stesse proprietà e caratteristiche nei due elementi che lo compongono, idrogeno ed ossigeno?
CitazioneLa mereologia e la nave di Teseo non c' entrano proprio per nulla col riduzionismo.
Le proprietà fisiche macroscopiche dell' acqua si possono perfettamente dedurre dalle proprietà fisiche degli atomi di idrogeno e di ossigeno come noti dalla meccanica quantistica, compresa quella di formare molecole d' acqua: questo é il riduzionismo (del chimico al fisico; e analoghi sono quelli del vivente al materiale in generale e del neurologico-cerebrale al biologico in generale; non invece quello impossibile della mente al cervello).



Sgiombo scrive:La materia diviene deterministicamente e la coscienza (compresa la res cogitans: pensiero, volontà, ecc.) diviene in maniera ad essa biunivocamente corrrispondente.
Non sono del tutto d'accordo:sappi che oltre ad una visione meccanicistica di causa effetto esiste anche quella organicistica dal punto di vista delle scienze cosiddette moderne, utilizzate dalla teoria dei sistemi alla cibernetica in poi.

CitazioneGrazie, lo sapevo già.
Ma credo che si tratti di elucubrazioni indebitamente pretese "scientifiche", ma invece filosofiche irrazionalistiche.

Comunuque penso che vi sia il determinismo come l'indeterminismo e non è detto che collidano, semmai si compenetrano.

CitazioneAssurdità autocontradditttoria!

A meno che ti riferisca al divenire probabilistico statistico, che può essere legittimamente considerato (a seconda dei gusti) tanto un "determinismo debole" quanto un "indeterminismo debole": indeterminismo circa i singoli eventi, determinismo circa le proporzioni fra diverse alternative di singoli eventi in serie sufficientemente numerose di casi).

Citazioneo me, avendolo già inutilmente fatto innumerevoli volte.


CONTINUA
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 22:14:07 PM
CONTINUAZIONE

Paul11:
Come è ormai accertato, ma no per te, una percezione sensoriale fisica prima che divenga memoria fisica nel cervello viene mediata dal sistema delle credenze .Noi non vediamo con gli occhi, ma con  il rapporto mente/cervello ed è per questo che noi a volte neghiamo ciò che vediamo, oppure vediamo quello che ci fa comodo vedere.

Citazione

Sgiombo:
"Accertato" una beata fava!
Questa é il preteso e non affatto "accertato" (e a mio parere perfettamente computabile) "mito del dato".Noi vediamo ciò che vediamo, punto e basta.
Quel che eventualmente a volte facciamo (e non affatto necessariamente sempre) oltre al vedere é credere (veracemente o anche a volte falsamente) che quel che vediamo sia altro da ciò che é: vedere e predicare circa ciò che si vede sono eventi ben diversi e reciprocamente distinti!
E non affatto necessariamente coesistenti.Da non confondersi (come fanno i sostenitori del preteso "mito del dato").



Paul11:
Sgiombo scrive:Non impiego affatto il "metodo scientifico fisicalista" per affrontare il problema dei rapporti coscienza-materia (e pensiero-cervello), ritenendoli del tutto inappropriati e inefficaci, bensì il ragionamento filosofico, l' analisi razionale.
Se una patologia fisica altera il cervello "parallelamente" (e non per reciproca interferenza causale) si avrà una corrispondente alterazione della coscienza, pensiero e conoscenza compresi.
Quì ammetti il metodo razionale logico della deduzione filosofica che implicitamente si scontra, nella tua visione, con il metodo induttivo scientifico moderno sperimentale.Non riesci a relazionare i due domini con lo stesso metodo.Ma ammetti che una patologia fisica nel cervello altera la coscienza ( ma cosa è dove ontologicamente si situa?) e ovviamente ,secondo la tua visione, togli l'interferenza casuale in quanto appartenete al dominio fisico della scienza sperimentale.e allora come si relazionano e in quale dominio ontologico e come epistemologicamente riconosci questa relazione?

Citazione
Sgiombo:
Ma quando mai avrei "ammesso" e non invece seguito "da sempre" per mia propria autonoma convinzione il razionalismo filosofico???
Ma da quando in qua distinguere metodi filosofici da metodi scientifici significherebbe "contrapporli" (farli "scontrare") e non invece integrarli in quanto complementari???
All' ultima domanda ho già risposto un numero impressionante di volte.Se ad ogni costo non vuoi prendere in considerazione le mie risposte, é inutile che aggiunga qui la numero n+1.



Paul 11:
Sgiombo scrive: Fra mente e cervello c' é unicamente una relazione di corrispondenza biunivoca (uno e un solo stato mentale per ogni stato cerebrale e viceversa), nella reciproca trascendenza: nessuna delle due realtà ontologicamente in reciproca trascendenza influenza causalmente l' altra né ne é influenzata causalmente in alcun modo).Accetti la relazione fra mente e cervello.Non è per niente chiaro come avviene questa relazione.Cerchi di salvare la tua visione separata di mente e cervello dove non è altrettanto chiaro cosa quì intendi per trascendenza.Valgono le considerazioni che ho fatto precedentemente.

Citazione
Sgiombo:
Esattamente anche da parte mia (circa l' impossibilità di far capire le mie convinzioni a chi, ogni volta che gliele illustro -fosse pure la millesima e più- mi richiede sempre una volta ancora "cosa intendo" con le parole che scrivo.
Non sei d' accorro con le mie opinioni?
Niente di male.
Non é nemmeno necessario (anche se sarebbe meglio) che argomenti il tuo disaccordo.
Ma ciò non ti autorizza a dire che non ho spiegato (un' infinità di volte) le mie opinioni stesse.



Paul11:
Sgiombo scrive: Ma quale riduzionismo della mente al cervello?La mente trascende il cervello (e viceversa).
Circa i rapporti fra mente e cervello mi sembra che fra "riduzionismo" e "trascendenza" (fra diversi "piani ontologici": materiale e mentale incomunicanti) vi sia molta maggiore diversità-opposizione-contrarietà che fra "riduzionismo" ed "emergentismo" (comunque fra aspetti immanenti, reciprocamente interconnessi causalmente del medesimo "piano ontologico materiale").
Non mi è chiaro il significato di questa tua argomentazione.Non è chiaro cosa intendi per trascendente.Mi manca il tuo ragionamento dialettico di come coniughi l'astratto (la mente) e il concreto(il cervello) in un unico metodo logico.

Citazione
Sgiombo:
E te pareva?!?!?!



Paul11:
Sgimbo scrive: E' una vita che parlo della relazione (che mi sembra chiarissima e semplicissima, perfettamente comprensibile in generale; e in particolare "saputa" da parte mia) di "trascendenza nella biunivoca corrispondenza" fra cervello e mente (esperienza; non solo mentale):Questo é un rapporto duale "secco" che implica due distinti e non comunicanti-non interagenti "domini" ontologici: materiale e di coscienza: fra di essi vi é un "abisso ontologico" epistemologicamente chiarissimo, trattabilissimo, comprensibile con estrema facilità: la relazione é -ripeto per l' ennesima volta- di corrispondenza biunivoca nella trascendenza).Ed è una vita che non risolvi affatto le relazioni ontologiche di mente/ cervello e quelle  relazionali logiche in un unico metodo (induttivo della chiusura causale del mondo  o deduttivo filosofico?)Non può esistere nessuna relazione biunivoca o qualsivoglia altra, se domini diversi ontologici non hanno qualche elemento in comune,sul piano fisico o sul piano logico relazionale che permetta la stessa relazione sul piano epistemologico.E' come se io utilizzassi un metodo, una ontologia e una fenomenologia per descrive le relazioni con un sasso e utilizzi altri domini ontologici ,epistemologici, fenomenologici per descrivere Dio: Il sasso e Dio non comunicherebbero  fra loro  la loro esistenza e connessione logica se non li colloco almeno sul piano logico razionale su elementi comuni.

Citazione
Sgiombo:
Che la mia soluzione del problema non ti piaccia, che la ritieni (legittimamente, con' é ovvio!) una gran cazzata é un conto.
Ma che non offro una soluzione molto (chiara e precisa) dei rapporti mente-cervello lo può sostenere solo chi deliberatamente rifiuti di leggere quel che scrivo.



Paul11:
Sgiombo: Cosa sono le memorie "fisiche"?Se sono le aree del cervello dove sono registrati gli eventi con cui il cervello é stato in relazione e che conseguentemente ne influenzano la regolazione del comportamento (analogamente alle "memorie" dei computer), certamente no!
Le mie nel mio cervello sono diverse dalle tue nel tuo!

E le memorie della mente, non certo condivise, sono nella mente di ciascuno (come potenzialità allorché non si pensano attualmente ricordi -ma nel noumeno la cosa in sé corrispondente a ciascuno di noi é "fatta in modo corrispondente" ad e esse- e attualmente allorché i ricordi vemgono coscientemente evocati).
Ma tu nasci con una area del broca o no? Tu nasci con una amigdala e un ipotalamo ?Un conto è sostenere che non abbiamo cervelli uguali, e un conto è sostenere che non abbiamo cervelli simili?L'uguaglianza e la similitudine sono due concetti diversi.Se non fosse così dimmi come faremmo  a comunicare fra noi?Sono i contenuti delle memorie di ciascuno di noi che mutano, non le memorie e oggetti fisici,ma proprio per questo significa che le memorie fisiche nel cervello sono relazionate alla menteSgiombo secondo te la memoria amigdala non influisce sull'emotività delle percezioni sensoriali? Ma dai............

Citazione
Sgiombo:
Ma dove c... (mi sono autocensurato a stento) avrei mai scritto che non abbiamo cervelli simili???

Dove caspita avrei mai confuso i concetto di uguaglianza e similitudine???

Che le memorie fisiche nel cervello sono relazionate alla mente é ovvio e pacifico.Il problema é: quale é questa relazione.E se permetti mi sono proprio stufato di illustrarti infinite volte inutilmente quale é secondo me
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: paul11 il 04 Dicembre 2017, 00:17:08 AM
Citazione di: sgiombo il 03 Dicembre 2017, 22:14:07 PM
CONTINUAZIONE

Paul11:
Come è ormai accertato, ma no per te, una percezione sensoriale fisica prima che divenga memoria fisica nel cervello viene mediata dal sistema delle credenze .Noi non vediamo con gli occhi, ma con  il rapporto mente/cervello ed è per questo che noi a volte neghiamo ciò che vediamo, oppure vediamo quello che ci fa comodo vedere.

Citazione

Sgiombo:
"Accertato" una beata fava!
Questa é il preteso e non affatto "accertato" (e a mio parere perfettamente computabile) "mito del dato".Noi vediamo ciò che vediamo, punto e basta.
Quel che eventualmente a volte facciamo (e non affatto necessariamente sempre) oltre al vedere é credere (veracemente o anche a volte falsamente) che quel che vediamo sia altro da ciò che é: vedere e predicare circa ciò che si vede sono eventi ben diversi e reciprocamente distinti!
E non affatto necessariamente coesistenti.Da non confondersi (come fanno i sostenitori del preteso "mito del dato").



Paul11:
Sgiombo scrive:Non impiego affatto il "metodo scientifico fisicalista" per affrontare il problema dei rapporti coscienza-materia (e pensiero-cervello), ritenendoli del tutto inappropriati e inefficaci, bensì il ragionamento filosofico, l' analisi razionale.
Se una patologia fisica altera il cervello "parallelamente" (e non per reciproca interferenza causale) si avrà una corrispondente alterazione della coscienza, pensiero e conoscenza compresi.
Quì ammetti il metodo razionale logico della deduzione filosofica che implicitamente si scontra, nella tua visione, con il metodo induttivo scientifico moderno sperimentale.Non riesci a relazionare i due domini con lo stesso metodo.Ma ammetti che una patologia fisica nel cervello altera la coscienza ( ma cosa è dove ontologicamente si situa?) e ovviamente ,secondo la tua visione, togli l'interferenza casuale in quanto appartenete al dominio fisico della scienza sperimentale.e allora come si relazionano e in quale dominio ontologico e come epistemologicamente riconosci questa relazione?

Citazione
Sgiombo:
Ma quando mai avrei "ammesso" e non invece seguito "da sempre" per mia propria autonoma convinzione il razionalismo filosofico???
Ma da quando in qua distinguere metodi filosofici da metodi scientifici significherebbe "contrapporli" (farli "scontrare") e non invece integrarli in quanto complementari???
All' ultima domanda ho già risposto un numero impressionante di volte.Se ad ogni costo non vuoi prendere in considerazione le mie risposte, é inutile che aggiunga qui la numero n+1.



Paul 11:
Sgiombo scrive: Fra mente e cervello c' é unicamente una relazione di corrispondenza biunivoca (uno e un solo stato mentale per ogni stato cerebrale e viceversa), nella reciproca trascendenza: nessuna delle due realtà ontologicamente in reciproca trascendenza influenza causalmente l' altra né ne é influenzata causalmente in alcun modo).Accetti la relazione fra mente e cervello.Non è per niente chiaro come avviene questa relazione.Cerchi di salvare la tua visione separata di mente e cervello dove non è altrettanto chiaro cosa quì intendi per trascendenza.Valgono le considerazioni che ho fatto precedentemente.

Citazione
Sgiombo:
Esattamente anche da parte mia (circa l' impossibilità di far capire le mie convinzioni a chi, ogni volta che gliele illustro -fosse pure la millesima e più- mi richiede sempre una volta ancora "cosa intendo" con le parole che scrivo.
Non sei d' accorro con le mie opinioni?
Niente di male.
Non é nemmeno necessario (anche se sarebbe meglio) che argomenti il tuo disaccordo.
Ma ciò non ti autorizza a dire che non ho spiegato (un' infinità di volte) le mie opinioni stesse.



Paul11:
Sgiombo scrive: Ma quale riduzionismo della mente al cervello?La mente trascende il cervello (e viceversa).
Circa i rapporti fra mente e cervello mi sembra che fra "riduzionismo" e "trascendenza" (fra diversi "piani ontologici": materiale e mentale incomunicanti) vi sia molta maggiore diversità-opposizione-contrarietà che fra "riduzionismo" ed "emergentismo" (comunque fra aspetti immanenti, reciprocamente interconnessi causalmente del medesimo "piano ontologico materiale").
Non mi è chiaro il significato di questa tua argomentazione.Non è chiaro cosa intendi per trascendente.Mi manca il tuo ragionamento dialettico di come coniughi l'astratto (la mente) e il concreto(il cervello) in un unico metodo logico.

Citazione
Sgiombo:
E te pareva?!?!?!



Paul11:
Sgimbo scrive: E' una vita che parlo della relazione (che mi sembra chiarissima e semplicissima, perfettamente comprensibile in generale; e in particolare "saputa" da parte mia) di "trascendenza nella biunivoca corrispondenza" fra cervello e mente (esperienza; non solo mentale):Questo é un rapporto duale "secco" che implica due distinti e non comunicanti-non interagenti "domini" ontologici: materiale e di coscienza: fra di essi vi é un "abisso ontologico" epistemologicamente chiarissimo, trattabilissimo, comprensibile con estrema facilità: la relazione é -ripeto per l' ennesima volta- di corrispondenza biunivoca nella trascendenza).Ed è una vita che non risolvi affatto le relazioni ontologiche di mente/ cervello e quelle  relazionali logiche in un unico metodo (induttivo della chiusura causale del mondo  o deduttivo filosofico?)Non può esistere nessuna relazione biunivoca o qualsivoglia altra, se domini diversi ontologici non hanno qualche elemento in comune,sul piano fisico o sul piano logico relazionale che permetta la stessa relazione sul piano epistemologico.E' come se io utilizzassi un metodo, una ontologia e una fenomenologia per descrive le relazioni con un sasso e utilizzi altri domini ontologici ,epistemologici, fenomenologici per descrivere Dio: Il sasso e Dio non comunicherebbero  fra loro  la loro esistenza e connessione logica se non li colloco almeno sul piano logico razionale su elementi comuni.

Citazione
Sgiombo:
Che la mia soluzione del problema non ti piaccia, che la ritieni (legittimamente, con' é ovvio!) una gran cazzata é un conto.
Ma che non offro una soluzione molto (chiara e precisa) dei rapporti mente-cervello lo può sostenere solo chi deliberatamente rifiuti di leggere quel che scrivo.



Paul11:
Sgiombo: Cosa sono le memorie "fisiche"?Se sono le aree del cervello dove sono registrati gli eventi con cui il cervello é stato in relazione e che conseguentemente ne influenzano la regolazione del comportamento (analogamente alle "memorie" dei computer), certamente no!
Le mie nel mio cervello sono diverse dalle tue nel tuo!

E le memorie della mente, non certo condivise, sono nella mente di ciascuno (come potenzialità allorché non si pensano attualmente ricordi -ma nel noumeno la cosa in sé corrispondente a ciascuno di noi é "fatta in modo corrispondente" ad e esse- e attualmente allorché i ricordi vemgono coscientemente evocati).
Ma tu nasci con una area del broca o no? Tu nasci con una amigdala e un ipotalamo ?Un conto è sostenere che non abbiamo cervelli uguali, e un conto è sostenere che non abbiamo cervelli simili?L'uguaglianza e la similitudine sono due concetti diversi.Se non fosse così dimmi come faremmo  a comunicare fra noi?Sono i contenuti delle memorie di ciascuno di noi che mutano, non le memorie e oggetti fisici,ma proprio per questo significa che le memorie fisiche nel cervello sono relazionate alla menteSgiombo secondo te la memoria amigdala non influisce sull'emotività delle percezioni sensoriali? Ma dai............

Citazione
Sgiombo:
Ma dove c... (mi sono autocensurato a stento) avrei mai scritto che non abbiamo cervelli simili???

Dove caspita avrei mai confuso i concetto di uguaglianza e similitudine???

Che le memorie fisiche nel cervello sono relazionate alla mente é ovvio e pacifico.Il problema é: quale é questa relazione.E se permetti mi sono proprio stufato di illustrarti infinite volte inutilmente quale é secondo me
Sgiombo,
lasciamo stare, anche la mia pazienza ha un limite
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 04 Dicembre 2017, 08:14:20 AM
Citazione di: paul11 il 04 Dicembre 2017, 00:17:08 AM
Sgiombo,
lasciamo stare, anche la mia pazienza ha un limite
CitazioneD' accordo.
(Beh, almeno in qualcosa concordiamo).
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Loris Bagnara il 12 Marzo 2018, 10:15:12 AM
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 12:04:39 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 24 Novembre 2017, 16:42:34 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:49:18 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 23 Novembre 2017, 13:30:31 PM
CitazioneMa chi e con quali criteri stabilisce che cosa é "primario" e che cosa "secondario" in "natura"?
Cosa sia primario e cosa sia secondario è chiarissimo a tutti, basta solo non arrampicarsi sugli specchi per cercare di confondere le idee.

La penna serve a volare, senza le penne non si vola, non come fanno gli uccelli almeno. E questo è primario.
Il colore e la lunghezza della penna, invece, non lo sono, perché possono far volare ugualmente bene penne di colore diverse e, limitatamente, di lunghezza diversa. E questo è secondario.

Vorresti forse sostenere che la struttura scheletrica a dorsale dei vertebrati sia da mettere allo stesso livello delle macchie colorate delle ali delle farfalle? O del colore degli occhi e dei capelli?

Senza contare che il valore di una teoria è quello di saper spiegare i fatti.
Il darwinismo dovrebbe fornire le precise ragioni di ciò che esiste, non limitarsi ad affermare che nulla impedisce che esista ciò che si riscontra esistere; il che è in sostanza la tua interpretazione del darwinismo.
Un darwinismo "debole", il tuo, che peraltro - come ho ribadito più volte - non mi risulta nemmeno esistere nella letteratura scientifica.

Del resto, nemmeno il darwinismo "forte" riesce a spiegare esaurientemente ciò che esiste; figuriamoci quindi se può farlo quello debole...
CitazioneNon cambiare le carte in tavola!

La questione era che tu hai scritto:

"Se la coscienza non ha alcuna funzione, non può essere il risultato di una selezione casuale e selettiva, proprio perché essa non offre alcun vantaggio meritevole di essere selezionato, tanto meno per caso.
Pertanto, se la coscienza non può essere il risultato della evoluzione darwiniana, e preso atto che le neuroscienze non negano la coscienza (grazie, ci mancherebbe altro, sarebbe bello il contrario...), ci hanno forse spiegato le neuroscienze perché la Natura avrebbe prodotto anche un'assoluta inutilità come la coscienza, accanto a moltissime altre cose la cui utilità, invece, è evidente?"


E io ho obiettato che:
"l' evoluzione biologica non "produce" affatto solo "cose necessarie alla sopravvivenza e riproduzione", ma "di tutto di più", purché non eccessivamente sfavorevole a sopravvivenza e riproduzione (corna dei cervi, code dei pavoni, umano sublime piacere per la musica, ecc., ecc., ecc.)": "un sacco" di meravigliose cose inutili alla sopravvivenza e riproduzione!

Tutte le altre considerazioni su "primario" e "secondario" non c' entrano e sono irrilevanti in proposito.

Alle altre tue tesi antidarwiniane (a parte il fatto che mi ritengo un "darwiniano fortissimo"!) non rispondo perché del tutto al di fuori della scienza (ci saranno sempre antidarwiniani, fautori di "disegni intelligenti", come del flogisto, del calorico, dell' alchimia, dell' astrologia, dei miracoli di Padre Pio e chi più ne ha più ne metta, ma con costoro non ho alcuna intenzione di interloquire dal momento che seguo la scienza e le fantasticherie antiscientifiche non mi interessano: interessarmene per me sarebbe tempo perso del tutto inutilmente).

Non dubito che, come tutti i sostenitori di tali teorie irrazionalistiche griderai scandalizzatissimo alla "censura", all' "indisponibilità a un confronto razionale", al "dogmatismo", ai "pregiudizi, "arroganza", ecc, ecc., ecc., ma non ho alcuna intenzione di replicare perché credo di dovere impiegare molto meglio il mio tempo altrimenti.

Ignorerò del tutto le tue scandalizzate invettive.
Sgiombo, la distinzione fra caratteri primari e secondari me l'hai, per così dire, "strappata di bocca" tu con la tua assurda affermazione che l'evoluzione darwiniana produce "di tutto di più", un'affermazione che implicitamente pone sullo stesso piano "prodotti evolutivi" come la coscienza e la coda colorata del pavone. Ma se vuoi credere ad assurdità del genere, fai pure.
Quanto al tuo "darwinismo fortissimo" etc, dici di non rispondere...
Be', ce ne eravamo già accorti: tu e i tuoi correligionari non avete risposto ad una sola delle obiezioni avanzate contro il darwinismo. Continuate così.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: sgiombo il 12 Marzo 2018, 16:07:27 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 12 Marzo 2018, 10:15:12 AM
Citazione di: sgiombo il 25 Novembre 2017, 12:04:39 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 24 Novembre 2017, 16:42:34 PM
Citazione di: sgiombo il 24 Novembre 2017, 15:49:18 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 23 Novembre 2017, 13:30:31 PM
CitazioneMa chi e con quali criteri stabilisce che cosa é "primario" e che cosa "secondario" in "natura"?
Cosa sia primario e cosa sia secondario è chiarissimo a tutti, basta solo non arrampicarsi sugli specchi per cercare di confondere le idee.

La penna serve a volare, senza le penne non si vola, non come fanno gli uccelli almeno. E questo è primario.
Il colore e la lunghezza della penna, invece, non lo sono, perché possono far volare ugualmente bene penne di colore diverse e, limitatamente, di lunghezza diversa. E questo è secondario.

Vorresti forse sostenere che la struttura scheletrica a dorsale dei vertebrati sia da mettere allo stesso livello delle macchie colorate delle ali delle farfalle? O del colore degli occhi e dei capelli?

Senza contare che il valore di una teoria è quello di saper spiegare i fatti.
Il darwinismo dovrebbe fornire le precise ragioni di ciò che esiste, non limitarsi ad affermare che nulla impedisce che esista ciò che si riscontra esistere; il che è in sostanza la tua interpretazione del darwinismo.
Un darwinismo "debole", il tuo, che peraltro - come ho ribadito più volte - non mi risulta nemmeno esistere nella letteratura scientifica.

Del resto, nemmeno il darwinismo "forte" riesce a spiegare esaurientemente ciò che esiste; figuriamoci quindi se può farlo quello debole...
CitazioneNon cambiare le carte in tavola!

La questione era che tu hai scritto:

"Se la coscienza non ha alcuna funzione, non può essere il risultato di una selezione casuale e selettiva, proprio perché essa non offre alcun vantaggio meritevole di essere selezionato, tanto meno per caso.
Pertanto, se la coscienza non può essere il risultato della evoluzione darwiniana, e preso atto che le neuroscienze non negano la coscienza (grazie, ci mancherebbe altro, sarebbe bello il contrario...), ci hanno forse spiegato le neuroscienze perché la Natura avrebbe prodotto anche un'assoluta inutilità come la coscienza, accanto a moltissime altre cose la cui utilità, invece, è evidente?"


E io ho obiettato che:
"l' evoluzione biologica non "produce" affatto solo "cose necessarie alla sopravvivenza e riproduzione", ma "di tutto di più", purché non eccessivamente sfavorevole a sopravvivenza e riproduzione (corna dei cervi, code dei pavoni, umano sublime piacere per la musica, ecc., ecc., ecc.)": "un sacco" di meravigliose cose inutili alla sopravvivenza e riproduzione!

Tutte le altre considerazioni su "primario" e "secondario" non c' entrano e sono irrilevanti in proposito.

Alle altre tue tesi antidarwiniane (a parte il fatto che mi ritengo un "darwiniano fortissimo"!) non rispondo perché del tutto al di fuori della scienza (ci saranno sempre antidarwiniani, fautori di "disegni intelligenti", come del flogisto, del calorico, dell' alchimia, dell' astrologia, dei miracoli di Padre Pio e chi più ne ha più ne metta, ma con costoro non ho alcuna intenzione di interloquire dal momento che seguo la scienza e le fantasticherie antiscientifiche non mi interessano: interessarmene per me sarebbe tempo perso del tutto inutilmente).

Non dubito che, come tutti i sostenitori di tali teorie irrazionalistiche griderai scandalizzatissimo alla "censura", all' "indisponibilità a un confronto razionale", al "dogmatismo", ai "pregiudizi, "arroganza", ecc, ecc., ecc., ma non ho alcuna intenzione di replicare perché credo di dovere impiegare molto meglio il mio tempo altrimenti.

Ignorerò del tutto le tue scandalizzate invettive.
Sgiombo, la distinzione fra caratteri primari e secondari me l'hai, per così dire, "strappata di bocca" tu con la tua assurda affermazione che l'evoluzione darwiniana produce "di tutto di più", un'affermazione che implicitamente pone sullo stesso piano "prodotti evolutivi" come la coscienza e la coda colorata del pavone. Ma se vuoi credere ad assurdità del genere, fai pure.
Quanto al tuo "darwinismo fortissimo" etc, dici di non rispondere...
Be', ce ne eravamo già accorti: tu e i tuoi correligionari non avete risposto ad una sola delle obiezioni avanzate contro il darwinismo. Continuate così.
CitazioneNo, guarda che siete tu e i tuoi correligionari a non capire una accidente e sparare delle gran cazzate!
(Come anche quest' ultima tua invettiva, assolutamente non argomentata minimamente , come al solito, conferma per l' ennesima volta; ma non ce n'era proprio bisogno)

Comunque non sono più disposto a perdere tempo leggendoti.

Sappi che le tue successive invettive del tutto non argomentate come sempre non avranno da me risposta semplicemente perché ho da fare molto di meglio che perdere tempo inutilmente a leggerle.



Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Loris Bagnara il 13 Marzo 2018, 12:00:34 PM
Stai delirando Sgiombo, il mio post precedente è tutto fuorché un'invettiva.
Ti mi hai accusato di aver cambiato le carte in tavola e io ho puntualmente precisato che l'aver tirato in ballo la differenza fra caratteri primari e secondari è stata una mia puntuale replica a una tua affermazione.

Visto che tu non ricordi com'è andata la discussione (o forse fai finta) la riassumo a beneficio dei lettori:
1) io ho affermato che la coscienza non è spiegabile come prodotto di evoluzione darwiniana, poiché non porta il minimo vantaggio all'essere vivente che ne è dotato;
2) tu hai ribattuto che l'evoluzione darwiniana produce molte cose che non offrono vantaggi evolutivi;
3) io ho replicato che ciò può esser vero per aspetti secondari, non certo per quelli primari;
4) tu hai replicato dicendo, in sostanza, che non si può distinguere fra aspetti primari e secondari;
5) io ho ribattuto che non concordavo e che mi sembrava molto forzato non voler vedere differenze di "peso" che sono ben evidenti a tutti;
6) tu allora mi hai accusato di aver cambiato le carte in tavola e che la distinzione fra caratteri primari e secondari non c'entra nulla...
Ora, ciascuno può giudicare se sono io a cambiare le carte in tavola, o se piuttosto non sei tu.

Quanto al portare argomenti, ne ho sempre portati in questa discussione (diversamente da te, che hai già la verità in tasca), e lo farò anche ora.
Leggiti questo estratto da Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Evoluzione), che rappresenta la posizione più equilibrata e condivisa in materia: 
CitazioneLa selezione naturale è il fenomeno per cui organismi della stessa specie con caratteristiche differenti ottengono, in un dato ambiente, un diverso successo riproduttivo; di conseguenza, le caratteristiche che tendono ad avvantaggiare la riproduzione diventano più frequenti di generazione in generazione. [...] Solo grazie a sempre nuove mutazioni la selezione ha la possibilità di eliminare quelle dannose e propagare quelle (poche) vantaggiose.
Non mi pare proprio che corrisponda a quel che tu affermi. Non esiste da nessuna parte il concetto di neutralità di una mutazione, di "non troppo svantaggioso". E non si dice che la natura produca "di tutto di più".

E tanto per portare altri argomenti, leggiti anche questo articolo di un geologo, che con molta pacatezza, e senza prendere posizione in alcun senso, espone lo stato dell'arte del dibattito sul darwinismo:
http://evoluzionescientifica.altervista.org/i-fossili-la-teoria-darwin/?doing_wp_cron=1520853396.0522050857543945312500
L'autore riconosce chiaramente che non esistono prove fossili che dimostrino l'evoluzione graduale delle specie. Da questo fatto, incontrovertibile, sono sorte le correnti di pensiero che teorizzano gli "equilibri punteggiati", ma che non trovano il supporto dei genetisti i quali non sanno come spiegare mutazioni a "salti".
Quindi, il darwinismo è una questione assolutamente aperta, e tutt'altro che accertata, solo che
Citazione[...] in campo scientifico uno studioso può attaccare qualunque teoria, ovviamente con dati e fatti alla mano, rimanendo rispettabile e rispettato, ma se si azzarda ad attaccare la TDE, con i dati che vi ho esposto e i molti altri disponibili, viene immediatamente denigrato e isolato, come se si fosse permesso di bestemmiare qualcosa di sacro.
Così conclude l'autore.

Ora, Sgiombo, chi è che non argomenta?
E smettila di ripetere tutte le volte che tanto non leggerai perché blabla hai di meglio da fare blabla e quindi non risponderai blabla... Non è un po' infantile? E tanto lo sappiamo tutti che leggerai.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: viator il 17 Marzo 2018, 01:09:20 AM
Salve. Per Loris Bagnara: vedo che hai contestato la possibile genesi evoluzionistica della coscienza (e magari di altri contenuti psico-mentali) poichè tali contenuti non offrerebbero vantaggi a chi ne è dotato.

Lasciando perdere l'illustrazione della vantaggiosità di tali contenuti (perchè occorrerebbe preliminarmente disquisire sulla definizione e relatività di un qualsiasi vantaggio), ciò che mi lascia stupefatto è il constatare che tu pensi - mi è parso - che l'evoluzione sia stato e sia un fenomeno generatosi per un qualche riguardo e deferenza verso uno dei suoi futuri e del tutto imprevedibili prodotti, ciòè l'uomo.

Dal mio punto di vista l'evoluzione darwiniana non è altro che il riflesso - in ambito biologico - di un più generale andamento cosmico che provvede a contrastare l'invecchiamento e la morte del mondo (quella prodotta dall'entropia se questa riuscisse a realizzare l'uniformità energetica).

L'"arma" di contrasto si chiama diversificazione, cioè l'incessante cambiamento, rimescolamento di un numero sempre maggiore di forme che il mondo produce. La produzione delle nuove forme avviene a "casaccio" (si tratta di caso apparente, poichè noi chiamiamo casualità l'insieme degli eventi di cui non possiamo conoscere completamente le cause). Già questo fatto rende del tutto improbabile quello per cui le nuove forme siano state "programmate" per avvantaggiare qualcuno (a meno che tu creda in una qualche teologia finalistica).

A livello biologico il meccanismo è il medesimo, e le nuove forme che si producono (ciò succede appunto anche a livello di mondo inanimato) se sono compatibili con quanto già esiste avranno il loro futuro e la possibilità di riprodursi onde perpetuare la diversificazione e la vita dei contenuti del mondo.
Nel caso invece le nuove forme non risultino compatibili, verranno semplicemente abortite, cioè rifiutate dal "sistema" mondo o da quello "vita".
Tali meccanismi dunque agiscono attraverso la sovrabbondanza di prodotti (le nuove forme) al cui interno, in chiave puremente ed assai poco poeticamente statistica, risulterànno sempre e comunque degli esiti adatti alla sopravvivenza (del mondo, della vita, della specie, della famiglia.......)

Naturalmente questo genere di considerazioni sono del tutto insoddisfacenti per chi - magari educato a glorificare sè e la propria specie - non può trovarvi alcun senso umano o trascendente. Ma la ricerca di un senso all'esistenza del mondo non è nata con il mondo. E' nata dopo molti miliardi di anni quando un mondo privo di senso ha perfezionato la massima complicazione cioè il nostro cervello.

Il quale, essendo come tutto il resto uno strumento di riproduzione del mondo (infatti la diversificazione consiste nel generare piccoli mondi che siano la riproduzione di quello più grande, unico e totalizzante) contenente psiche, memoria, coscienza, mente, intelletto, ragione, capacità di astrazione, curiosità, pulsione alla trascendenza.......tanti piccolli sottomondi.
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: Loris Bagnara il 17 Marzo 2018, 11:04:30 AM
Viator, quel che io penso non ha nessuna importanza rispetto alle critiche che si possono (e si debbono) muovere al darwinismo.
Nel mio precedente post ho citato un articolo di un geologo che riporta numerose critiche, e nemmeno lui alla fine esprime
quale sia la sua soluzione.
Non mi pare che abbia senso rigettare una critica avanzata da un interlocutore, sulla base della sua presunta posizione ideologica.
Mi pare che l'atteggiamento corretto sia quello di esaminare prima i nodi irrisolti, e poi trovare una soluzione soddisfacente per tutti gli aspetti problematici.
Ma col darwinismo avviene il contrario: la soluzione c'è già, è quella, semplicemente perché non ci può essere altra soluzione. Ma chi l'ha detto?

Quanto al resto che scrivi:
CitazioneDal mio punto di vista l'evoluzione darwiniana non è altro che il riflesso - in ambito biologico - di un più generale andamento cosmico che provvede a contrastare l'invecchiamento e la morte del mondo (quella prodotta dall'entropia se questa riuscisse a realizzare l'uniformità energetica). [...]
E' un bel concetto filosofico, ma le prove dove sono? Siamo sempre lì...
E poi perché mai il cosmo dovrebbe essere animato da questa eroica propensione a "contrastare l'invecchiamento e la morte del mondo"?
Chi o che cosa gliel'ha data, questa propensione, e perché? Oppure è solo "per caso"?
A me pare che questa idea sia quanto di meno scientifico (nel senso tradizionale) possa esistere.
Tanto vale parlare del vituperato "disegno intelligente" (che comunque non è esattamente quel che io penso)...
Titolo: Re:contro il riduzionismo neurologico
Inserito da: viator il 18 Marzo 2018, 18:35:46 PM
Salve. Per Loris: Guarda, l'evoluzione darwiniana è tuttora una teoria da provarsi scientificamente la quale dispone di una serie di indizi non irragionevoli a suo conforto.

Per me si tratta quindi di una ipotesi privilegiata rispetto ad ogni altra. L'apprezzo dal punto di vista soprattutto filosofico perché al suo interno manca ciò che tu e molti - a quanto sembra - gli rimproverano di mancare, cioè la causalità.

Certo che se ci ostina a voler trovare - nel mondo - inizio e causa prima, fine e scopo ultimo, volontà e comprensibilità umane, spiritualità non legata alla materialità.................le cose si mettono male per il darwinismo e per altre teorie, ipotesi, costruzioni mentali che cercano di oggettivare (naturalmente senza mai riuscirci completamente, poiché noi siamo i soggetti che non possono uscire da sé stessi per diventare oggetti) limitandosi alla contemplazione speculativa della realtà.

Circa il cosmo, ricadiamo ancora nella minestra della causalità addiritura elevata ad intenzione. Chiedersi il "chi" ed il "perché" di ciò che è originario significa capovolgere le relazioni di causa-effetto che hanno agito nella storia del mondo.

E' stato il cosmo a generare coloro che chiamiamo "chi" e la loro curiosità che li porta a chiedersi "perché", quindi prima di costoro non esistevano "chi" o "perché".

Perciò il cosmo non ha mai avuto propensioni (termine che implica una volontà tendenziale) ma solo una tendenza priva di qualsiasi "volontà" perchè insita nella sua struttura (cioè essenza, cioè modo di esistere).

Ora però non chiedermi le prove di quanto affermo (affermare può anche significare ipotizzare convintamente e non sancire delle "verità" bisognose di prove). Amichevoli saluti.