contro il riduzionismo neurologico

Aperto da davintro, 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM

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davintro

Ritengo che una delle più forti critiche all'idea che il cervello, inteso nella sua connotazione meramente materiale, oggetto delle scienze della natura, possa essere condizione sufficiente a rendere ragione del fenomeno della coscienza, della sua origine, stia nella constatazione dell'irriducibilità del darsi dei vissuti psichici a livello interiore, nell'esperienza interiore in prima persona, rispetto ai vissuti nelle forme fisiche con cui si manifestano per un occhio che osserva dall'esterno. Questa irriducibilità esprime la dualità tra i vissuti nell'accezione della loro manifestazione fisica e nella manifestazione spirituale, e considera tutta la problematicità di un passaggio causale che porterebbe la prima accezione a determinare pienamente la seconda. Se quest'ultima, la coscienza intesa nell'esperienza interiore del flusso dei vissuti, fosse solo u derivato secondario, un epifenomeno, del cervello, noi dovremmo vivere i nostri pensieri e sentimenti come localizzati in determinato luogo del corpo, allo stesso modo di quando proviamo dolore a una gamba se qualcuno ci dà un calcio in quel punto. Dolore, caldo, freddo sono sensazioni prodotte dal corpo manipolato da uno stimolo esterno fisico, mentre, personalmente, a me non è mai capitato di provare paura nel braccio o gioia o serenità alla ...nuca. Questi sentimenti non sono spaziali perché a mio avviso non provengono dal corpo, che subirebbe l'urto di uno stimolo esterno, ma da una realtà spirituale che la tradizione filosofica identifica nell'anima, intesa come "forma corporis",  fattore di unificazione dello spazio corporeo, e che può svolgere tale "compito" di unificazione proprio perché non è di per sé ente spaziale, ma sistema di configurazione dello spazio corporeo, che in tale modo riceve un'unità, un'individualità, l'Io personale. Questo Io, con la sua struttura di motivazioni e valori interiori, è il luogo da dove provengono le mie paure e le mie speranze. Ho paura perché vedo nella realtà minacciati i miei valori, provo gioia se li vedo esaltati e confermati. In ciò consiste l'irriducibilità tra una mera causalità fisica, che accade sempre all'interno di uno spazio, e una causalità motivazionale, che pone come luogo di origine un livello della psiche non percepibile spazialmente. Il cervello è "solo" (si fa per dire...) uno strumento, umanamente necessario, con cui la coscienza interagisce tramite il medium del corpo con il mondo esterno, permettendogli di esprimere delle sue funzioni cognitive, e conseguentemente delle azioni. Ma la coscienza di per sé, non è un complesso di "funzioni", qualcosa che utilizziamo in vista di un fine, uno strumento, ma proprio quella condizione ontologica che ci permette di porre liberamente dei fini per il nostro agire, e dunque è una "luce" che può illuminare il corso della nostra esperienza vissuta anche a livelli psichici oscuri e profondi, nascosti ai nostri strumenti di osservazione superficiali che la coglierebbero solo come "funzioni" in vista dell'agire nel mondo esterno. A questo punto il riduzionismo materialista potrebbe provare a difendere le sue tesi dicendo che la non-spazialità dei pensieri è solo un'illusione dualista dell'Io, squalificando in linea con l'impostazione cartesiana e galileiana, l'esperienza dei dati qualitativi, rispetto a ciò che della realtà è possibile quantificare sulla base di un substrato spaziale: in realtà questa difesa non la ritengo valida, in quanto la coscienza non è un ente come un altro, per il quale sarebbe sempre legittimo quantomeno ipotizzare una "autentica realtà" al di là delle apparenze fenomeniche, in essa al contratio non c'è dualismo tra verità e apparenza, l'essere della coscienza coincide con i nostri vissuti, con il loro darsi come fenomeni, essere e apparenza nella coscienza coincidono.La coscienza è la condizione ontologica che comprende in sé la totalità dei modi con cui un Io fa esperienza del mondo, quindi non ha alcun senso pensare ad una verità della coscienza al di là del complesso dei vissuti esperienziali, perché proprio tali vissuti la costituiscono. Ecco perché l'unico modo a mio avviso di analizzare la coscienza nella sua struttura essenziale è l'approccio fenomenologico, che coglie i vissuti in loro stessi, nelle qualità essenziali del loro darsi come fenomeni alla nostra esperienza interiore in prima persona, non riducendola a  misure quantitative, non per svalutare la validità delle scienze che su tali misure fondano i loro risultati, ma per contestualizzarle all'interno di qualcosa di più ampio, il complesso delle qualità della nostra esperienza vissuta, il cosiddetto Lebenswelt, Mondo della vita, di cui le scienze positive sono solo una componente particolare non totalizzante

Jacopus

Premetto che sono dalla parte di chi considera l'umanità qualcosa che va al di là dei modi in cui può essere misurata, poichè c'è sempre una domanda a cui la scienza non potrà mai rispondere: "perchè esistiamo?". Questo però non mi esime di far finta di niente. Se esistono delle scoperte scientifiche esse vanno valorizzate, poichè significa conoscere meglio la realtà e quindi anche quella spirituale. Ebbene bisogna anche prendere atto che alcune funzioni per così dire nobili del cervello hanno le loro zone deputate, esattamente come le funzioni del fegato o dei polmoni. Ad esempio la Corteccia fronto-orbitale (OFC) contiene quella parte del ns carattere che può essere definita auto-controllo e conformismo sociale. L'amigdala invece fa parte di un circuito interessato alle passioni e alla paura. Il cervello è sicuramente estremamente complicato ma le scoperte recenti della genomica e la possibilità di osservare il secondo organo preferito di Woody Allen attraverso strumenti potentissimi come la risonanza magnetica funzionale (FMRi) lo rendono meno alieno rispetto ad organo meccanico come l'intestino (che poi tanto meccanico non è). Insomma se la vita è un mistero, se l'uomo ha le sue parti insondabili, questo non significa che il cervello come organo non possa essere studiato in modo materialistico, ed anzi solo questo studio ci può aiutare ad affrontare i tanti problemi comportamentali e morali dell'uomo secondo una visione multidisciplinare.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Angelo Cannata

#2
Secondo me, volersi contrapporre al riduzionismo neurologico in questo modo significa solo contrapporre al riduzionismo un altro riduzionismo, contrapporre una realtà a un'altra realtà, un'oggettività a un'altra oggettività. In questo modo non facciamo altro che continuare a muoverci pur sempre in una mentalità che vuole oggettivare, cosificare, reificare. Significa solo dire che la spiritualità non è una certa cosa, ma un'altra cosa. Ma si continua pur sempre in direzione di considerarla una cosa, cioè in direzione di prendere le distanze da essa e volerla padroneggiare col pensiero, per arrivare a dire: ecco, ho capito cos'è, l'ho compresa, l'ho acchiappata, l'ho ingabbiata. Questo significa continuare a muoversi in un modo di pensare greco, cioè ispirato alla filosofia greca, tutta protesa a comprendere, ingabbiare in concetti, acchiappare con la mente, oggettivare. Siamo insomma in Platone, il quale contrappose a questo mondo il mondo delle idee, ma non si accorse che parlava del mondo delle idee con gli stessi meccanismi mentali con cui parlava del mondo materiale, quindi non aveva fatto nessun passo in avanti quanto alla mentalità, alle strutture in cui muoversi mentalmente.

Questo modo di pensare contiene secondo me l'errore di avanzare la pretesa di potersi porre, rispetto a ciò che consideriamo, da un punto di vista esterno, mentre ciò a mio parere è impossibile. Cioè, anche quando prendiamo in considerazione una pietra, in realtà non siamo del tutto esterni ad essa, perché ci sono un mare di prospettive, di coordinate, di fattori, che rendono noi e la pietra parti di stessi contesti che ci contengono tutti e due, contengono me e la pietra, cosicché io, non potendo più sapere in che modo e misura possa distanziarmi da essa, considerarmi distinto da essa, non posso oggettivarla se non entrando in un pensare falso; falso perché decide di far finta che il non sapere quali distanze io possa prendere dalla pietra non esista.

Ora, tu potresti dirmi che proprio questo può essere considerato dimostrazione dell'esistenza di qualcosa di irriducibile alla neurologia. Ma questo non è altro che il penso dunque sono di Cartesio, che in realtà continua, pure esso, a muoversi nella mentalità dell'oggettivare: non sono oggettivabile, dunque esisto. Ma così facendo, Cartesio non fece altro che aver oggettivato la propria non oggettivabilità. Cioè, aveva appena intravisto vagamente una via diversa di ragionare, ma si affrettò all'istante a ricondurla nel ragionare tradizionale, quello greco, mirato tutto all'oggettivare, cosificare.

Questa mentalità greca si potrebbe paragonare al prendere l'elicottero: esso ci dà la sensazione di aver preso le distanze dal mondo e poterlo dominare con lo sguardo, ma non ci accorgiamo che, anche se ci siamo alzati di quota, siamo ancora totalmente dentro il mondo che stiamo guardando; in questo senso non abbiamo preso da esso nessuna distanza, non ci siamo distanziati di un millimetro. Vogliamo prendere un mezzo più potente affinché riusciamo finalmente a distanziarci? Si capisce che, qualunque mezzo prendiamo, resteremo pur sempre immersi nelle coordinate di ciò da cui vogliamo distanziarci. Tanto più se pensiamo di prendere come mezzo di trasporto la nostra mente: alla pari di qualsiasi elicottero, si trova invischiata in ciò da cui vorrebbe avere la pretesa di prendere le distanze.

Sariputra

Francamente io non ho ancora capito se è la 'mente' che sta 'dentro' al cervello o se è il cervello che sta dentro alla mente.
Sono io che sono 'cosciente' o c'è 'qualcosa' che è cosciente a me - in me, di cui 'io' sono specchio?
Sono io che sogno di essere di una  farfalla o  sono solo il sogno di una farfalla?  :-\
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

viator

Salve. Io sono ciò che resterà di me dopo che mi sia separato da tutto ciò che è separabile da me. Non trovo altro modo di definire la mia identità.
Ciò significa che io non sono la mia sostanza, bensì unicamente la forma (**) in cui risulta disposto il pur indispensabile substrato materiale al cui interno, senza nessuna precisa ubicazione (la forma di un insieme non sta in alcun angolo particolare dell'insieme) io sono.

(**) La forma dei filosofi si chiama spirito per i mistici ed anima per i religiosi. La differenza è che per il filosofo nessuna forma può esistere disgiuntamente da una sostanza che la ospiti. E' per via di quest'ultimo aspetto che le discussioni e polemiche che hanno animato ed animano l'argomento materialismo/spiritualismo NON FINIRANNO MAI.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Phil

Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
constatazione dell'irriducibilità del darsi dei vissuti psichici a livello interiore, nell'esperienza interiore in prima persona, rispetto ai vissuti nelle forme fisiche con cui si manifestano per un occhio che osserva dall'esterno.
Concordo; la spiegazione scientifica e fisiologica di un fenomeno di coscienza non può coincidere con l'esperienza diretta (esistenziale e psicologica) del fenomeno stesso (come ci ricorda sempre il buon Sgiombo ;) ).

Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
Se quest'ultima, la coscienza intesa nell'esperienza interiore del flusso dei vissuti, fosse solo u derivato secondario, un epifenomeno, del cervello, noi dovremmo vivere i nostri pensieri e sentimenti come localizzati in determinato luogo del corpo, allo stesso modo di quando proviamo dolore a una gamba se qualcuno ci dà un calcio in quel punto. Dolore, caldo, freddo sono sensazioni prodotte dal corpo manipolato da uno stimolo esterno fisico, mentre, personalmente, a me non è mai capitato di provare paura nel braccio o gioia o serenità alla ...nuca.
Se non sbaglio (e non lo escludo!) l'apparente localizzazione del dolore è solo un'illusione percettiva: la gamba ci fa male perché invia input al cervello che ci fa sentire il dolore (che quindi, come sensazione cosciente, "parte" dal cervello, che aumenta i battiti, tende i muscoli, etc.); se i nervi (o altre connessioni?) della gamba fossero recisi o fosse isolata la zona del cervello deputata al dolore, non sentiremmo più il dolore della/nella gamba, pur essendo rotta (credo, ma correggetemi pure, che molti antidolorifici funzionino così, ingannando il cervello piuttosto che risolvendo il problema/infiammazione/trauma...).

Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
l'approccio fenomenologico, che coglie i vissuti in loro stessi, nelle qualità essenziali del loro darsi come fenomeni alla nostra esperienza interiore in prima persona, non riducendola a  misure quantitative, non per svalutare la validità delle scienze che su tali misure fondano i loro risultati, ma per contestualizzarle all'interno di qualcosa di più ampio,
Se mi è concesso, direi semmai "qualcosa di più ridotto": l'esperienza individuale contingente, il vissuto personale del singolo... l'approccio riduzionista non riduce né aumenta la qualità del mio piacere o del mio dolore (così come la neuroestetica non alterna il mio godimento estetico), al massimo spiega quali sono i meccanismi reconditi che denotano tali vissuti; spiegazione che rispetto al vissuto in prima persona, rientra nel capitolo "curiosità" o "nozionismo" (ad eccezione di chi deve lavorare su tali meccanismi con farmaci o affini...).

sgiombo

#6
Obiezioni a Davintro
Citazione
Concordo con la pars destruens delle tue considerazioni (salvo l' uso del termine "spirituale" al quale preferirei quello di "cosciente"; in generale, e in particolare "cosciente mentale", dato che anche la materia che esperiamo non é che insieme e successione di sensazioni fenomeniche coscienti, anche se intersoggettivamente constatabili e conoscibili scientificamente in senso stretto, al contrario di quelle mentali).

In particolare concordo circa l' assurdità della pretesa determinazione della coscienza da parte degli eventi neurofisiologici cerebrali: i potenziali d' azione e le stimolazioni o inibizioni trans-sinaptiche nel mio cervello che inevitabilmente chiunque rileverebbe qualora lo osservasse (il mio cervello) "come si deve" (nei modi adeguati) mentre vedo un bell' arcobaleno, mi godo un crescendo rossiniano, mentre seguo la dimostrazione di un teorema geometrico o mentre provo la gioia di vedere un amico raggiungere un traguardo da gran tempo sperato sono tutt' altro (ben diversi enti ed eventi) che la mia visione dell' arcobaleno, il mio piacere musicale, i miei ragionamenti, la mia gioia che a quei determinati eventi neurofisiologici inevitabilmente, necessariamente corrispondono biunivocamente.

Per parte mia rilevo però che allo stesso identico modo é del tutto assurdo, per la chiusura causale del mondo fisico, pensare che il mio desiderio di compiere una certa azione sia la causa della mia azione, la quale é invece costituita da determinati eventi neurofisiologici nell' ambito del mio cervello che ad esso (il mio desiderio)n necessariamente corrispondono biunivocamente.

Dissento dalla tesi che <<Il cervello è "solo" (si fa per dire...) uno strumento, umanamente necessario, con cui la coscienza interagisce tramite il medium del corpo con il mondo esterno, permettendogli di esprimere delle sue funzioni cognitive, e conseguentemente delle azioni>>. Infatti la coscienza non interagisce col corpo (e il resto del mondo "esterno" o materiale del quale il corpo fa parte), ma invece include sia il corpo e la materia in generale, sia i pensieri, sentimenti, e tutto ciò che é "mentale" in generale.

Noi non siamo né il nostro cervello (materiale) né i nostri pensieri, sentimenti, ecc. (mentali); i quali, tutti allo stesso modo, non sono che eventi fenomenici coscienti, con diverse caratteristiche ma parimenti reali solo ed unicamente in quanto insiemi e successioni di sensazioni.
Noi, se esistiamo come soggetti delle nostre sensazioni fenomeniche coscienti (sia materiali che mentali, delle quali ultime -riflessivamente- siamo anche oggetti; come credo senza che sia possibile dimostrarlo logicamente né men che meno rilevarlo empiricamente), soggetti (e oggetti) esistenti anche allorché le nostre sensazioni non lo sono (per esempio nel sonno senza sogni o nel coma reversibile), non possiamo essere identificati con i nostri pensieri e stati mentali esattamente come gli oggetti delle nostre sensazioni materiali non possono essere identificati con queste ultime, e per il medesimo motivo: perché pretendere che qualcosa sia reale, accada realmente anche allorché non é reale, non accade realmente sarebbe autocontraddittorio.
Perciò se oggetti e soggetto delle sensazioni fenomeniche coscienti sono reali, dal momento che (stando a quanto comunemente si crede) lo sono anche allorché le sensazioni stesse non lo sono, allora non possono (per un' impossibilità logica) essere anch' essi (successioni e sequenze di) -anche inesistenti- sensazioni fenomeniche, ma invece qualcosa d' altro, di non fenomenico (non costituito da sensazioni) ma invece di reale "in sé", di non sensibile ma casomai "congetturabile ("noumeno").

Dunque non sono d' accordo che <<la coscienza non è un ente come un altro, per il quale sarebbe sempre legittimo quantomeno ipotizzare una "autentica realtà" al di là delle apparenze fenomeniche, in essa al contrario non c'è dualismo tra verità e apparenza, l'essere della coscienza coincide con i nostri vissuti, con il loro darsi come fenomeni, essere e apparenza nella coscienza coincidono>>.
La parte mentale della coscienza per me, esattamente come la parte materiale, non é che apparenza fenomenica, coincidente con i nostri vissuti (di pensiero o" cogitantes"), con il loro darsi come fenomeno (mentali), e non coincidenti con noi come loro soggetti (e riflessivamente oggetti) realmente esistenti anche allorché essa (i nostri vissuti) non sono reali perché il nostro corpo o cervello da chiunque altro intersoggettivamente constatabile dorme in una fase del sonno senza sogni.
<<La coscienza è la condizione ontologica che comprende in sé la totalità dei modi con cui un Io fa esperienza del mondo, quindi non ha alcun senso pensare ad una verità della coscienza al di là del complesso dei vissuti esperienziali, perché proprio tali vissuti la costituiscono>>, d' accordo; ma il soggetto della coscienza e dei suoi vissuti, che c' é anche mentre la coscienza e suoi vissuti non ci sono, l' "io" soggetto dei vissuti materiali e riflessivamente soggetto – oggetto di quelli mentali non é fatto né di fenomeni materiali né di fenomeni mentali inesistenti in certi casi mentre esso é esistente, dal momento che sarebbe palesemente contraddittorio pretenderlo.


Obiezioni a Jacopus

Ciò che ci dice la scienza (se bene intesa) non é <<che alcune funzioni per così dire nobili del cervello hanno le loro zone deputate, esattamente come le funzioni del fegato o dei polmoni. Ad esempio la Corteccia fronto-orbitale (OFC) contiene quella parte del ns carattere che può essere definita auto-controllo e conformismo sociale>>, ma invece che a certe manifestazioni del ns carattere che ciascuno di noi avverte nella propria coscienza necessariamente  corrispondono biunivocamente nelle coscienze di altri (purché si compiano le "opportune osservazioni") determinati eventi neurofisiologici in determinate aree del nostro cervello.

<<il cervello come organo>> non solo può, ma anzi deve << essere studiato in modo materialistico, ed anzi solo questo studio ci può aiutare ad affrontare i tanti problemi>> neurofisiologici e neuropatologici e in qualche misura comportamentali>>. Ma invece i problemi <<morali dell'uomo>>, pur avendo inevitabilmente corrispettivi neurofisiologici, non possono che essere affrontati in ben altri modi (quelli delle scienze umane).
Citazione

Obiezioni ad Angelo Cannata

Distinguere la realtà in sé di noi come soggetti (e oggetti) di esperienza cosciente e la realtà in sé degli oggetti (non anche soggetti) di esperienza cosciente non é riduzionismo.
Lo sarebbe casomai l' identificarle; o l' identificare (l' esperienza cosciente de-) il pensiero con (l' esperienza cosciente de-) la materia (cerebrale).

E non vedo perché mai dovrebbe essere vietato o comunque impossibile cercare di conoscere e di comprendere razionalmente noi stessi e il mondo in cui viviamo, attraverso una sana ricerca filosofica, perché mai dovremmo invece necessariamente affidarci all' uopo a una non meglio precisata irrazionale "spiritualità".

Non vedo perché non dovremmo poter cercare di capire razionalmente noi stessi senza pretendere assurdamente di "uscire da noi stessi", per esempio (anche) con l' introspezione.
E perché non dovremmo poter cercare di capire razionalmente l' altro da noi senza ignorare ma tenendo nella debita considerazione la prospettiva, la distanza, ecc. dalla quale lo osserviamo.

Cartesio ha ragionato (commettendo a mio modesto avviso gravi errori, pur essendo un genio) sul dato immediato del suo dubitare, ergo pensare, in quanto fatto reale immediato, indipendentemente (come punto di partenza del suo ragionare) da qualsiasi considerazione circa l' oggettività o soggettività di esso, ma unicamente considerando di esso la realtà in quanto immediatamente constatata.

Indipendentemente da quanto tu possa intendere con la metafora, prendendo un elicottero si può benissimo <<accorgersi che, anche se ci siamo alzati di quota, siamo ancora totalmente dentro il mondo che stiamo guardando>> e guardarlo cogliendone importanti (non tutti onniscientemente, com é ovvio) aspetti oggettivi o per lo meno intersoggettivi.
E la nostra mente può benissimo ragionare correttamente su se stessa, esattamente come un elicottero può benissimo levarsi in volo e consentire dii osservare la terra: perché mai non dovrebbe poterlo fare?
"Dove sta scritto?"

X Sariputra

Sia la mente (propria di ciascuno) che il cervello (di altri) stanno dentro le rispettive esperienze fenomeniche coscienti (ne sono parte): la mente di ciascuno dell' esperienza cosciente di tale "ciascuno" insieme ai cervelli degli altri, il cervello di tale "ciascuno" nelle esperienze di altri insieme alla mente di ciascun altro.


X Viator

Ma a me pare che i cervelli, come tutte le cose materiali, hanno una forma macroscopica immediatamente evidente e dei costituenti microscopici scientificamente dimostrabili, mentre le esperienze coscienti ad essi necessariamente coesistenti (come scientificamente dimostrato) comprendono sensazioni materiali (circa le quali vedi immediatamente qui sopra) e costituenti mentali per i quali non vedo che senso possa avere il concetto di "forma" (che forma avrebbe mai un sentimento o un ragionamento?).

Mentre il concetto di sostanza mi sembra di scarsa utilità teorica (non mi aiuta a comprendere questo come altri problemi).

sgiombo

Citazione di: Phil il 24 Ottobre 2017, 20:58:39 PM
Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
constatazione dell'irriducibilità del darsi dei vissuti psichici a livello interiore, nell'esperienza interiore in prima persona, rispetto ai vissuti nelle forme fisiche con cui si manifestano per un occhio che osserva dall'esterno.
Concordo; la spiegazione scientifica e fisiologica di un fenomeno di coscienza non può coincidere con l'esperienza diretta (esistenziale e psicologica) del fenomeno stesso (come ci ricorda sempre il buon Sgiombo ;) ).
CitazioneGrazie della benevola citazione!

Per la verità per me la differenza non é fra la spiegazione scientifica di un fatto e il "vissuto" immediato in prima persona dello stesso fatto, ma fra due fatti ben diversi fra loro, anche se necessariamente coesistenti e biunivocamente corrispondenti: il mio essere felice é una cosa "A" appartenete alla mia coscienza, mentre invece ciò che accade nel mio cervello allorché sono felice ed é appartenente alla coscienza tua o di chiunque altro osservi il mio cervello negli appropriati modi  é una ben diversa cosa "B" appartenete alle coscienze tua o degli altri miei osservatori e viceversa.

Citazione di: davintro il 24 Ottobre 2017, 00:06:21 AM
Se quest'ultima, la coscienza intesa nell'esperienza interiore del flusso dei vissuti, fosse solo u derivato secondario, un epifenomeno, del cervello, noi dovremmo vivere i nostri pensieri e sentimenti come localizzati in determinato luogo del corpo, allo stesso modo di quando proviamo dolore a una gamba se qualcuno ci dà un calcio in quel punto. Dolore, caldo, freddo sono sensazioni prodotte dal corpo manipolato da uno stimolo esterno fisico, mentre, personalmente, a me non è mai capitato di provare paura nel braccio o gioia o serenità alla ...nuca.
Se non sbaglio (e non lo escludo!) l'apparente localizzazione del dolore è solo un'illusione percettiva: la gamba ci fa male perché invia input al cervello che ci fa sentire il dolore (che quindi, come sensazione cosciente, "parte" dal cervello, che aumenta i battiti, tende i muscoli, etc.); se i nervi (o altre connessioni?) della gamba fossero recisi o fosse isolata la zona del cervello deputata al dolore, non sentiremmo più il dolore della/nella gamba, pur essendo rotta (credo, ma correggetemi pure, che molti antidolorifici funzionino così, ingannando il cervello piuttosto che risolvendo il problema/infiammazione/trauma...).
CitazioneIn realtà sia arto (dolente) che dolore sono nella esperienza cosciente di chi sente il dolore.
Il dolore é (sentito) nel braccio, il quale é (sentito) nella esperienza cosciente; ergo il dolore é (sentito) nell' esperienza cosciente, esattamente come la caramella é nella scatola, la quale é sul tavolo, ergo: la caramella é sul tavolo.

E' anzi noto che si sentono dolori in arti amputati: chi li sente sente l' arto dolente nella sua coscienza (pur essendo l' arto non presente intersoggettivamente nelle coscienze di chiunque lo osservi nella maniera adeguata), nell' arto localizza il dolore, ergo localizza il dolore nella sua coscienza nella quale é braccio).



viator

Salve. Per Sgiombo: La forma non rappresenta l'insieme dei profili visibili di qualcosa. Tale parola è il condensato filosofico del termine struttura. LA FORMA E' LA STRUTTURA INTRINSECA DI QUALCOSA, CIOE' L'INSIEME DELLE RELAZIONI CHE NE LEGANO I COMPONENTI, GLI INGREDIENTI.

Con centomila mattoni identici collocati all'interno di volumi identici, si possono costruire centinaia di edifici diversi. La stessa qualità e quantità di sostanza, se diversamente disposta all'interno di un medesimo spazio, genera strutture diverse. IO SONO LA FORMA DELLA MIA COSCIENZA LA QUALE E' COSTITUITA DALL'INSIEME DEL TUTTO PERSONALIZZATO, INDIVIDUALE ED IMMATERIALE DEI COLLEGAMENTI TRA I NEURONI OSPITATI DALLA MIA SCATOLA CRANICA.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

baylham

C'è un riduzionismo materialistico, ma c'è anche un riduzionismo spiritualistico e tra i due il più sterile mi appare il secondo.

Mentre il riduzionismo materialistico, specificamente e complessivamente la neuroscienza, continua a progredire nella conoscenza sempre più dettagliata della struttura e dei processi del sistemi nervosi, del cervello, della mente degli animali, uomo compreso, dall'altra parte non vedo alcun progresso se non l'estrema difesa dell'impenetrabilità della coscienza, o dell'anima, o dello spirito alla conoscenza.

Sariputra

Citazione di: baylham il 25 Ottobre 2017, 11:06:46 AMC'è un riduzionismo materialistico, ma c'è anche un riduzionismo spiritualistico e tra i due il più sterile mi appare il secondo. Mentre il riduzionismo materialistico, specificamente e complessivamente la neuroscienza, continua a progredire nella conoscenza sempre più dettagliata della struttura e dei processi del sistemi nervosi, del cervello, della mente degli animali, uomo compreso, dall'altra parte non vedo alcun progresso se non l'estrema difesa dell'impenetrabilità della coscienza, o dell'anima, o dello spirito alla conoscenza.

Non sono molto d'accordo. La spiritualità sta vivendo un periodo di transizione, ma ci sono moltissimi fermenti ed esperienze interessanti in giro per il mondo e anche un'ampia rielaborazione in chiave più attualizzata di dottrine storiche o 'tradizionali'. Certo che, se l'argomento interessa poco o niente, tutto questo non si coglie...
Come una persona interessata solo alla spiritualità non coglie i progressi continui delle scienze naturali...
Ma è veramente un 'luogo comune' dire che tutta la spiritualità è arroccata in un'estrema difesa delle sue vecchie e 'vetuste' posizioni. Non si può usare il criterio del 'progresso' che si applica alle scienze naturali, alla spiritualità. Sono ambiti diversi a mio modesto parere... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Phil

Anche per me, come per Sariputra (se non fraintendo), le differenze che impediscono di valutare scienza e spiritualità con i medesimi criteri sono piuttosto insormontabili: come osserva baylham, il progresso è una categoria scientifica, non religiosa; la scienza dice sempre "cose" nuove e scarta le vecchie, mentre la spiritualità non scarta le vecchie (magari svela che erano solo metafore ;) ) e cerca semmai di renderle attuali, aggiornate, spesso "ammorbidendole" un po'... la scienza scopre e inventa, la spiritualità rielabora la sua stessa storia.
I "classici" della spiritualità sono tutti già scritti (oggi mi pare che nascano perlopiù sincretismi, spiritualità fai-da-te, non culti ex novo, salvo casi tipo scientology o simili), e in quanto "classici", che magari hanno inaugurato una tradizione millenaria, hanno sempre qualcosa da dire, o almeno da suggerire, da bisbigliare all'uomo di tutte le epoche e di tutte le latitudini, poiché alcuni bisogni e alcune domande non hanno una scadenza storica e prescindono quasi totalmente dal contesto storico (basti pensare alle questioni esistenziali). Intendo che mentre nella scienza i testi più attuali sono i più "esatti" (o almeno vorrebbero esserlo), in campo spirituale invece i testi moderni sono spesso parafrasi dei classici, un modo contemporaneo di citare e riproporre principi antichi, antichi come alcune questioni a cui la scienza non ha dato ancora risposta... 
Una ulteriore asimmetria è che il riduzionismo neurologico "metabolizza" la dimensione spirituale sconfessandola, mentre quello spirituale riduce la neurologia e la materia ad un accidente contingente, ma non ne nega la sensatezza (anzi gli riconosce in genere una certa utilità strumentale).

Per me, l'essenziale umanità è fuori dalle spiegazioni del riduzionismo neurologico, ovvero, come ricordava davintro, è la qualità dell'esperienza diretta come vissuto (a prescindere dal risvegliarsi ed accorgersi di essere solo un cervello in vasca... e se addirittura fossi burattino fra i burattini, il ricordarmi che ho i fili non renderebbe meno avvincente il vivere le mie avventure nel teatrino della vita  :) ).

sgiombo

Per Viator
Mi sembra che la "forma" della tua coscienza, che suppongo consti di molteplici esperienze materiali (per esempio visioni di paesaggi, ascolto di musiche, degustazione di cibi e bevande, ecc.) e mentali (per esempio ricordi, immaginazioni, ragionamenti, sentimenti, ecc.), sia costituita da siffatti insiemi e successioni di sensazioni (materiali e mentali) e non affatto dall'insieme del tutto personalizzato, individuale ed esclusivamente materiale (perché solo ed unicamente materiale, costituito da molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza, vuoto, ecc. é) dei collegamenti tra i neuroni ospitati dalla tua scatola cranica, che é ben diversa da paesaggi, musiche, sapori, immaginazioni, ricordi, sentimenti, ecc.; e che inoltre non é parte della tua coscienza, ma casomai delle coscienze di osservatori del tuo cervello; del quale solo (e non della tua coscienza) in esperienze "altrui" le connessioni sinaptiche "personalizzate" in esso presenti possono essere considerate "la forma".
 
Per Baylham
La neuroscienza continua a progredire (a mio parere senza scoperte effettivamente "rivoluzionarie", ma come "scienza normale", per dirla a là Kuhn, del quale peraltro non sono un estimatore, almeno dai tempi di Broca e Wernicke) nella conoscenza sempre più dettagliata della struttura e dei processi dei sistemi nervosi, dei cervelli degli animali, uomo compreso, ma non della mente (casomai delle correlazioni fra mente e cervello).
 

La mente, contrariamente alla materia (che é comunque anch' essa fatta di sensazioni fenomeniche "contenute" nelle, appartenenti alle coscienze), non può in linea di principio (e conseguentemente nemmeno di fatto) essere oggetto di conoscenza scientifica perché mancante delle caratteristiche dell' intersoggettività (detta anche "pubblicità") e della misurabilità, ma invece soggettiva (ovvero "privata") e incommensurabile.

baylham

A sgiombo

La neuroscienza è un campo relativamente giovane, i progressi mi appaiono rilevanti, sia dal punto di vista teorico che tecnico.
Intuisco i problemi sottostanti alla ricerca scientifica sulla mente, forse sono irresolubili, il principale mi sembra l'autoreferenzialità e la relazione soggetto-oggetto. Infatti sono problemi schiettamente filosofici.
Posso immaginare che nel futuro il pensiero di un individuo possa essere letto attraverso una tecnologia. Già ora considero il linguaggio una causa ed effetto della mente. Inoltre comprendo il rigore e la precisione dei modelli matematici e quantitativi tuttavia non li considero essenziali per la scienza, che quindi può bene occuparsi della mente. Conosco la tua posizione dualistica sulla mente e cervello ma la mia posizione è monista. In particolare condivido l'impostazione biologica ed evoluzionista darwiniana di Edelmann.

a Sariputra e Phil.

Dal monismo ricavo che la filosofia, la scienza e la religione hanno campi e prospettive diverse ma non sono separate o separabili: ciascuna influisce ed è influenzata dalla altre. Non si può accogliere un principio della fisica o della chimica o della logica e contemporaneamente un principio filosofico o etico o religioso in contrasto con esso: come minimo si dovrebbe riconoscere la contraddizione e porsi il dubbio di quale sia valido. Anche nell'ambito religioso e filosofico vale il concetto di ordine e di progresso, sia pur relativo.

Dubito che ci sia un solo neuro scienziato che sostenga che il dolore sia un fatto fisico localizzato sulla parte colpita, come giustamente rilevato da Phil. La scienza è riduzionista per natura, ma gli scienziati più attenti e riflessivi sono consapevoli delle implicazioni filosofiche e spirituali e dei limiti del loro lavoro.

viator

#14
Salve a tutti. Per Sgiombo: tutto quello che citavi circa la mia (o altrui coscenza) rappresenta i CONTENUTI COSCIENTI DELLA MIA MENTE (poi ci sono i contenuti inconsci, ospitati dalla psiche) e non la FORMA della mia COSCIENZA.

Tornando alla descrizione di un edificio, quelli che citavi sono gli arredi degli ambienti dell'edificio, non la disposizione ed il ruolo dei diversi ambienti dell'edificio.
L'edificio ha anzitutto delle fondamenta: il corpo (senza il quale non esiste NESSUNO PSICHISMO, NESSUN MENTALISMO, NESSUNA SPIRITUALITA'). Sulle fondamenta poggia la struttura portante formata da colonne : l'istinto di sopravvivenza. A questo punto abbiamo uno scheletro che è in grado di reggersi (può quindi "sopravvivere" passivamente) ma è privo di funzioni chiare e ragionevoli.
Occorre completare, raffinare, RENDERE PIU' COMPLESSA la struttura, LA FORMA, per poter utilmente allestire l'edificio. Questo è il lavoro del costruttore, cioè dell'evoluzione darwiniana.
Si provvede allora a suddividere gli spazi interni per creare ambienti diversi. Al piano terreno creeremo un unico ambiente assai ampio e soprattutto pieno di aperture vetrate che permettano di veder fuori e, da fuori, di veder dentro (una specie di autosalone!!). Cinque vetrine che chiameremo SENSI. Servono per comunicare all'esterno o dall'esterno.
Al primo piano invece creeremo un ambiente privo di finestre: la PSICHE.
Al secondo piano, altro ambiente senza finestre : la MENTE, con un tramezzo che divide la COSCIENZA dall'INTELLETTO
Al terzo piano, l'ultimo ambiente. Anch'esso senza finestre ma con il soffitto di vetro perchè dovrà permettere agli occupanti di poter osservare solo ciò che è sopra di loro : si chiamerà CAPACITA' di ASTRAZIONE........................................
La parte più interessante della costruzione, una volta che essa risulti completata, sarà poi l'impianto elettrico, installato nelle colonne portanti, e che permetterà ai diversi piani di comunicare tra loro......................
A questo punto non posso però dilungarmi, ma è proprio oltre la CAPACITA' di ASTRAZIONE che inizia il cammino che genera lo SPIRITUALISMO, cioè la struttura sempre più minuta ed ordinata dell'interiorità - questa volta umana e non più edilizia - talmente complessa da non potersi nemmeno più chiamare STRUTTURA bensì' PURA FORMA. Infatti la COSCIENZA consiste nella capacità di concepire astrattamente sia il significato della propria identità che l'esistenza degli altri.

Perdonate la rozza allegoria con la quale ho cercato di spiegare in cosa consista la STRUTTURA di una costruzione indipendentemente dai materiali impiegati, dalla tinteggiatura delle pareti, dall'arredamento etc.
Mentre la STRUTTURA di una costruzione o di un essere umano può variare per robustezza o leggerezza, l'insieme delle funzioni svolgibili ed il grado della loro complessità vanno a costituire la FORMA INTRINSECA di una costruzione. In questo caso del nostro encefalo. Il quale si è geneticamente evoluto mantenendo (grosso modo) la stessa FORMA basata sulla stessa STRUTTURA e sulla stessa SOSTANZA che poi le nostre vicende individuali hanno riempito di CONTENUTI del tutto specifici.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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