Contro il rasoio di Ockham

Aperto da davintro, 04 Gennaio 2025, 23:36:39 PM

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davintro

Saluto con piacere il forum, dato che era un pò di tempo che non passavo a scrivere, e ogni tanto mi prende un pò la nostalgia.

Un consueto cavallo di battaglia nelle discussioni sull'esistenza o meno di entità metafisiche come "Dio", "anima", "sostanza" ecc. da parte del "fronte" antimetafisico, di fronte all'ammissione dell'impossibilità di dimostrare l'inesistenza di tali entità, è chiamare in causa il "rasoio di Ockham". Non moltiplicare gli enti se non necessario, cioè in assenza di dimostrazioni a sostegno o contro l'esistenza di un ente, sarebbe più ragionevole la tesi della non esistenza, in quanto più semplice e meno necessitante di spiegazioni. Vorrei provare a spiegare i motivi che suscitano in me molta perplessità su un' autentica validità epistemica di tale argomento.

La concezione classica della verità la intende come corrispondenza tra proposizione e stato di cose oggettivo, cioè la verità sarebbe data dall'adeguamento dell'intelletto alla realtà. Nel rasoio i termini del rapporto vengono invertiti, si pretende che sia la realtà a doversi adeguare alle esigenze soggettive di comodità di ricerca, una visione della realtà semplice da verificare sarebbe più ragionevolmente vicina al vero di una complessa e impegnativa da indagare. Ciò inaugura quella deriva soggettivista e relativista che via via si imporrà nella modernità. I teorici del rasoio cercano di giustificare ciò affermando che quanto maggiori sono le condizioni necessarie al realizzarsi di un evento, tanto più tale realizzazione sarà ostacolata e resa improbabile, per cui l'esistenza di un evento "semplice", necessitante di minori condizioni di realizzabilità, sarà più probabile. Questo è il fondo di verità del rasoio, solo che è estremamente limitante per garantirne la validità epistemica. Io e Mozart concorriamo per la vittoria di un premio di musica, e viene stabilito che per vincere mi sarebbe sufficiente ottenere il voto anche solo di 1 dei 5 giurati che compongono la commissione valutante. Ora, un utilizzatore del rasoio non si farebbe problemi a scommettere sulla mia vittoria, essendo un evento con molte meno condizioni di realizzazione rispetto a quella di Mozart. Invece, ovviamente, Mozart stravince. L'errore del rasoio sta nel limitarsi a valutare, in termini meramente quantitativi, gli ostacoli esteriori da dover superare per realizzare un certo evento ignorando ciò che è più importante, la qualità interna dei singoli fattori di realtà (nell'esempio, il genio di Mozart paragonato alla mia difficoltà di mettere insieme tre note giuste al flauto imparato alle Medie), tale per cui, una causa particolarmente potente può con più facilità realizzare un evento superando un maggior numero di ostacoli rispetto a una causa più debole che pure avrebbe di fronte meno condizioni da assolvere per ottenere il suo effetto. La validità del rasoio implicherebbe l'assunzione di un modello di realtà materialista nel quale tutto ciò che accade è frutto di rapporti di forza quantitativi e misurabili, entro cui è possibile un calcolo delle probabilità, ignorando tutti i fattori qualitativi e immateriali, la natura delle singole cause, da analizzare una alla volta, tali per cui un a maggior numero di condizioni atte a realizzare un evento si può assolvere sulla base di un grande talento o una morte motivazione psicologica, mentre una volontà debole può avere difficoltà a realizzare azioni apparentemente semplici.

La seconda obiezione è più radicale: la prima voleva andare a riconoscere la grande limitatezza del margine di applicabilità del rasoio, questa vorrebbe andare a colpire proprio il cuore del rasoio, la presunta distinzione tra visioni "semplici" e "complesse". Il rasoio indica di non "moltiplicare gli enti se non necessario" e in questo modo assume un modello di realtà rozzamente intesa come una sorta di lista della spesa in cui ogni attribuzione di esistenza conduce a un allungamento della lista. Secondo me non esistono visioni più semplici o più complesse, in quanto i limiti delle umane visioni sono dati dalla prospettiva da cui i soggetti vedono la realtà, non dalla quantità di oggetti compresi in quelle visioni. Tizio e Caio si affacciano alla stessa finestra, Tizio vede un campanile, Caio, guardando nella stessa direzione, non lo vede. Ora, un teorico del rasoio direbbe che, fintanto che non si vada ad accertare l'esistenza del campanile, la prospettiva di Caio dovrebbe essere preferibile, in quanto più "semplice ed economica". Ma, come insegna Husserl, il pensiero è sempre "pensiero di qualcosa", questo vuol dire che l'assenza del campanile dalla visione di Caio presuppone che al posto del campanile ci sia qualcos'altro che riempirebbe lo stesso spazio che nell'ottica di Tizio è riempita dal campanile. Il nulla non è altro che nulla, dunque ogni negazione dell'esistenza di un ente implica l'affermazione "in positivo" di un altro ente che riempie il posto lasciato vuoto nella visione, senza così che tale negazione renda la visione più semplice. Il teorico del rasoio a questo punto potrebbe ribattere dicendo che la prospettiva di Caio resta più semplice (dunque preferibile) in quanto al posto del campanile si vede il cielo, cielo che è già presente nella visione di Tizio, il quale, vedendo anche il campanile, sta rendendo la sua prospettiva più complessa, più ricca di esistenza, più ontologicamente costosa. Ma non è così: il materialista che, usando il rasoio ed eliminando entità metafisiche, ritenendo di poterle sostituire con oggetti presi dal mondo delle scienze come "natura", "big bang" "evoluzione" ecc. presenta la sua visione come più "semplice" ed "economica" in quanto quelle categorie indicherebbero realtà che anche il metafisico può riconoscere, sta in realtà giocando su un ambiguità linguistica semantica. Infatti, nel momento in cui vengono utilizzate come sostitutive delle entità metafisiche, subiscono uno stravolgimento semantico rispetto al significato entro cui erano state pensate per rispondere alle questioni scientifiche, distinte da quelle metafisiche. La prospettiva materialista è solo apparentemente più semplice ed economica rispetto a quella metafisica, in quanto l' eliminazione delle categorie della metafisica è ottenuta a condizione di rendere più "costose" le categorie naturalistiche con cui vengono sostituite, che, nell'esser presentate come risolutive di questioni filosofiche e non solo scientifiche, diventano qualcosa di totalmente diverso dalla loro accezione scientifica originaria, molto più complesse così come il "cielo" nella visione di Caio è molto più complesso del cielo di Tizio, in quanto presume di invadere anche lo spazio entro cui quest'ultimo vede il campanile. il livello di complessità è lo stesso, non aumenta o diminuisce e l'onere della prova che ha Tizio nel dimostrare l'esistenza del campanile è pari a quello di Caio nel dimostrare la realtà del tratto di cielo che nella sua visione occupa lo spazio in cui Tizio vede il campanile, così come l'onere della prova per il metafisico di dimostrare l'esistenza di Dio, anima, sostanza, è pari a quello del materialista per dimostrare l'esistenza di realtà mondane chiamate a render ragione di ciò che invece il metafisico ritiene di poter spiegare tramite le sue categorie.

In realtà, non voglio dire che il rasoio non abbia alcun valore, solo che penso che tale valore sia accettabile in un'ottica meramente pragmatica e non teoretica, cio una sorta di regola producerale per le ricerca. Essendo il tempo della nostra vita limitato, si può accettare di fissare parametri in base a cui evitare di prolungare ricerche inerenti ipotesi comportanti tempi eccessivamente lunghi di verifiche, ma ben consapevoli che ciò non va in alcun modo ad intaccare il presunto valore teoretico/veritativo dell'ipotesi scelta, ma si tratta solo di una scelta pragmatica di razionalizzazione del tempo e dei costi dello studio, insomma trattare il rasoio non molto diversamente dall'accorgimento di vestirsi pesante se si va a fare esplorazioni al polo nord... insomma più che "contro il rasoio di Ockham" sarebbe più corretto dire che volessi argomentare contro gli abusi del rasoio, abusi purtroppo molto frequenti.

Jacopus

bentornato Davintro. Provo a dirti quello che la tua discussione mi ha suscitato.

Citazionedi fronte all'ammissione dell'impossibilità di dimostrare l'inesistenza di tali entità

Qui trovo una fallacia. Non si deve dimostrare l'inesistenza di un ente, ma si deve dimostrare la sua esistenza, altrimenti si giunge alla teiera di Russell (vedi la voce su Wiki).

Rispetto alla tua prima obiezione, ritengo che il rasoio vada contestualizzato storicamente. E' stato effettivamente il predecessore, il decano della scienza moderna, che tu definisci "soggettiva" ma che in realtà io ritengo più appropriato definire "oggettiva", proprio perchè abbandona o tenta di abbandonare ogni visione soggettivistica, in cambio di una visione più concretamente legata alla realtà (non a caso Occam era inglese). Fare un pò di pulizia e togliere i tanti orpelli della metafisica medioevale fu lodevole, ma oggi il rasoio di Occam, come giustamente anche tu fai notare, non è un grande strumento scientifico. Ciò perchè con l'aumentare delle conoscenze si è appreso che molti campi del sapere sono intimamente collegati da una serie impressionante di concause, che sono ben lungi da poter essere sezionate dal rasoio di Occam. Basti pensare alla genetica, alla paleontologia, alla psicologia, tanto per citare i campi che conosco meglio. Tanto per intenderci, il rasoio va bene per una prima sbarbata, ma per creare una bella acconciatura servono altri strumenti del mestiere, molto più raffinati.

Il secondo punto mi sembra molto simile al primo, e ribadisco quindi che la ricerca scientifica può utilizzare il rasoio di Occam, come antipasto, ma la natura e la quantità di dati che abbiamo su ogni argomento scientifico rendono difficile sfrondare questi dati, che appunto riferiscono di una natura altamente complessa. Sostituire Dio con il Bing Bang non ha certo diminuito la complessità della materia da indagare nè la sua meraviglia.

Sono d'accordo sul fatto che il rasoio ed una visione scientista possa rischiare di diventare autoritaria, autoreferenziale e indifferente alla condizione umana la quale, filosoficamente (e/o religiosamente) non può essere ridotta a pura materia.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

davintro

Citazione di: Jacopus il 05 Gennaio 2025, 00:36:08 AMQui trovo una fallacia. Non si deve dimostrare l'inesistenza di un ente, ma si deve dimostrare la sua esistenza, altrimenti si giunge alla teiera di Russell (vedi la voce su Wiki).

Buona sera e ben ritrovato. Quello che volevo argomentare consiste proprio nell'idea che ogni negazione dell'esistenza di qualcosa implica sempre l'affermazione di qualcosa che sostituisce nella propria visione della realtà ciò che viene negato. Chi nega l'esistenza della teiera volante sta affermando, in primo luogo, la verità della propria visione dell'universo in cui la teiera non c'è, e poi la verità dell'esistenza di ciò che nella sua prospettiva sostituisce la teiera occupando il luogo dello spazio in cui chi afferma l'esistenza della teiera ritiene di vederla, così come nel mio esempio, Caio vede un tratto di cielo dove Tizio vede un campanile. Affermazione e negazione sono solo scelte linguistiche convenzionali, struttura formale delle frasi entro cui esprimiamo giudizi, ma nella sostanza ogni giudizio, di esistenza o inesistenza, è sempre un'intenzionalità in cui sto sostenendo in positivo una certa visione della realtà, il religioso sostiene l'esistenza di Dio, l'ateo sostiene l'esistenza di un "qualcosa" che dal suo punto di vista riesce a spiegare meglio dell'ipotesi teista ciò che il religioso ritiene si possa spiegare tramite Dio. La contrapposizione tra teista e ateo è molto più nominale di quel che si crede e l'onus probandi spetta a entrambi nella stessa misura.

Quando parlavo di soggettivismo nella modernità non avevo in mente la scienza, ma il percorso della filosofia moderna da Cartesio, passando da Kant, verso l'idealismo tedesco, fino a sfociare nel prospettivismo nicciano del "non esistono fatti ma solo interpretazioni", che trovo da un lato esito radicale e paradossale dell'idealismo stesso, dall'altro la denuncia stessa del suo fallimento. Percorso in cui son sempre più messe in crisi le categorie del realismo della metafisica classica. Tale questione non è dalla scienza affrontata direttamente, ma la coinvolge "suo malgrado", in quanto le pretese di validità della scienza, come del resto di ogni forma di conoscenza, compresa la metafisica, richiedono di essere legittimate da un realismo filosofico, in cui la sussistenza di un mondo naturale oggettiva deve essere riconosciuta autonomamente dall'arbitrio soggettivo dell'Io osservante (altrimenti ogni osservazione sarebbe limitata solipsisticamente alla coscienza soggettiva dell'osservante senza poter rispecchiare un mondo reale). Non a caso nel Novecento gli attacchi più polemici contro l'oggettività delle verità scientifiche, almeno in Italia, non sono venuti da metafisici di ispirazione religiosa, ma guardacaso, da idealisti laici come Gentile e Croce, che accanto alla polemica "antiscentifica" tenevano bene in vista quella contro il realismo della metafisica cristiana classica (specie la Scolastica), accusata di perseguire nel rivendicare il primato dell'Essere o della realtà, rispetto al pensiero soggettivo.

InVerno

Ciao Davintro, grazie per essere tornato con un topic ben esposto ed articolato, ti dico la mia molto grezza opinione che non coprirà un cinquantesimo di quanto hai scritto. Io non penso al rasoio come ad un dispositivo veritativo ma come se uno strumento di igiene mentale, imperfetto ma necessario. Necessario perché la mente umana tende istintivamente l'iperidentificazione degli enti, e solo un contropeso razionale può tenere a bada questa foga di vedere carri nelle stelle, facce sulle rocce, culi nelle nuvole. Riguardo Dio il rasoio che preferirei è quello che battezzerò come "di Sagan": grandi ipotesi abbisognano di grandi prove. O magari anziché un rasoio adottare un pennello di cinghiale, grande abbastanza per la parete che si intende pitturare.
Non ci si salva da un inferno, sposandone un altro. Ipazia

iano

#4
Citazione di: davintro il 04 Gennaio 2025, 23:36:39 PMCiò inaugura quella deriva soggettivista e relativista che via via si imporrà nella modernità. I teorici del rasoio cercano di giustificare ciò affermando che quanto maggiori sono le condizioni necessarie al realizzarsi di un evento, tanto più tale realizzazione sarà ostacolata e resa improbabile, per cui l'esistenza di un evento "semplice", necessitante di minori condizioni di realizzabilità, sarà più probabile. Questo è il fondo di verità del rasoio, solo che è estremamente limitante per garantirne la validità epistemica.
Ben tornato. :)
Come si fa a dimostrare che le cause siano davvero poche?
Quello che sappiamo è che sono poche agli effetti pratici, che si possono cioè isolare alcune di esse come se fossero le sole ad agire.
Per le restanti cause ciò che conta è che i loro effetti stiano dentro un accettabile margine che noi erroneamente, ma senza danno, potremo valutare come un errore di misura.
In tal senso, se innumerevoli sono le cause, è una semplificazione dire che la realtà sia deterministica, potendosi solo dire che  si comporta per lo più come se lo fosse.
A noi in effetti interessa che la realtà sia relativamente determinabile più che deterministica.
Inoltre anche quando le cause sono innumerevoli, se omogenea è la loro natura , la realtà si presta ancora ad essere determinata, consentendoci di fare previsioni, come nel caso del comportamento dei gas, dove ogni molecola è causa, ma tutte della stessa natura, talche si possa applicare ad esse la statistica, potendosi dare ad ognuna lo stesso peso,  e in ciò consisterebbe dunque la semplificazione, più che nel minor numero di cause.
Se noi fossimo una molecola di quel gas, non potendo fare alcuna previsione, la nostra vita sarebbe impossibile, non potendo prendere alcuna decisione.

Che le cause siano tante o poche ciò che conta è che si possa fare previsioni che ci permettano di tenere un comportamento sostenibile , almeno nel breve periodo.
Il tempo atmosferico ad esempio è soggetto a tante cause da essere divenuto sinonimo di imprevedibilità, eppure come puoi constatare queste previsioni diventano sempre più affidabili grazie alla capacità dei computer di gestire un numero di cause superiore a quanto finora siamo stati capaci di fare.
Insomma, dal rasoio ne è passata di acqua in molecole sotto i ponti della fisica.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

niko

#5
La scienza non rende falsa l'ipotesi di un dio creatore, la rende "solo" inutile.

Inutile come ipotesi operativa nell'ambito della scienza stessa. Che non puo', e non vuole, spiegare il naturale con il soprannaturale; la razionalita' e la verificabilita', con l'assurdo e l'inverificabile.

Grazie alla scienza, si dimostra che il mondo in se', e a livello dei fenomeni fisici e naturali studiati dalla scienza stessa, e' pienamente autosussistente, autocausato e autogenerato, e puo' stare in piedi (anche) da solo. Non c'e', e non ci puo' essere, un'ipotesi-Dio in quanto ipotesi necessaria, a spiegare fatti e cose che altrimenti, non si spiegherebbero.

Poi, che vuole continuare a credere in un creatore rimane libero di farlo.

Il fatto che sia ormai dimostrato e stradimostrato che il mondo possa, stare in piedi senza un dio, non vuol dire che in senso etico o probabilistico esso, il mondo, debba, anche farlo.

Il dio di cristianesimo, ebraismo e monoteismo e' onnipotente. E' un dio onnipotente. Oltreche' buono.
Questo vuol dire che egli, questo strano e invisibile personaggio, non solo puo' perseguire tutti i fini che vuole, ma anche, tutti i fini che vuole... con tutti i mezzi, i tramiti, le fasi intermedie, le tortuosita' che vuole.
Se vuole realizzare i suoi fini tramite un universo autosussistente e retto da leggi uguali ovunque che lo esclude come ipotesi necessaria, non sareno certo noi, comuni mortali, a fermarlo. E infatti, a qusnto pare non lo abbiamo fermato. Se per qualche strano motivo si diverte a realizzare settecentomila generazioni di dinosauri prima dell'uomo, e settecantomila pianeti disabitati tutti intorno alla terra, stelle, buchi neri eccetera lo fa, non viene certo a chiedere il permesso a noi. Di tutte le stranezze e le cose logicamente incoerenti che fa il dio abramitico, (teodicea, libero arbitrio, inferno, creazione, redenzione eccetera eccetera) questa, di predisporre un universo autosussistente e autofunzionante, sarebbe la meno strana e la meno incoerente.

L'ultima di cui gli andrei a chiedere ragione se mai un bel giorno lo incontrassi.

Piu' che altro, la metafisica occidentale classica e postclassica e' il trionfo del soggettivismo e dell'antropomorfismo, perche' i motivi per cui si continua, o meglio si insiste e si persiste, a credere in un dio, creatore e amorevole, o comunque interveniente nelle vicende umane e ad esse interessato, dopo che filosofia prima, e scienza, dopo, ne' hanno dimostrato se non, appunto, l'inesistenza, sicuramente la natura di ipotesi superflua, sono al cento per cento e senza timore di smentita, direi, motivi etici (credere in un dio soddisfa un bisogno di senso, e di giustizia), e motivi psicologici (credere in un dio e' rassicurante, tipo genitore onnipotente).

Non e' il rasoio di Ockaham la stura del soggettivismo e dell'antropomorfismo, ma tutto il ciarpame e la moltiplicazione di enti che c'e' prima.

L'essenza della religione e' la pretesa che il mondo si adatti all'uomo e non viceversa; infatti, la religione, descrive, e descrive pure entro certi limiti bene, il mondo per come dovrebbe essere, non (certo) il mondo per come e'.
Addirittura, si afferma che Dio e' uomo, si e' fatto uomo, ha creato il mondo per amore dell'uomo, ha messo l'uomo al centro dell'universo, eccetera eccetera.

Se non e' un soggettivismo e un relativismo questo...

Io ci vedo solo la volonta' di potenza all'opera, tale in cui quello che mediamente, e massificatamente, a qualcuno, (e poi a molti) piace e rassicura, e rassicuro' credere, a un certo punto diventa, e divento', la verita'.

All'animale umano pesa troppo il fardello di un mondo senza senso.

Questa, e' la verita' dietro certe "verita' ".

E quindi niente, e' veritativa solo la condizione umana, tale per cui le bugie, le illusioni e le proiezioni varie, che a vari fini, e livelli, ci hanno tenuti in vita, e reso in una certa forma data gerarchicamente ordinati, e socialmente collaboranti, sono "vere", o meglio reali, in quanto causa, (e intendo causa ancora e nonostante tutto operante) della nostra attuale, al mondo, presenza... e non estinzione o assenza. Testimoniate dalla vita, come nella miglior tradizione mistico religiosa.

Ma non mi si venga a dore che i soggettivismi sono nati con la scienza.

Semmai, grazie alla scienza sono molto diminuiti. Abitiamo un sasso qualsiasi, e non il centro del cosmo. Gia' questo e' un bel progresso. Verso una certa, e sospirata, oggettivita'.



Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

#6
Citazione di: niko il 05 Gennaio 2025, 19:09:31 PML'essenza della religione e' la pretesa che il mondo si adatti all'uomo e non viceversa; infatti, la religione, descrive, e descrive pure entro certi limiti bene, il mondo per come dovrebbe essere, non (certo) il mondo per come e'.
Addirittura, si afferma che Dio e' uomo, si e' fatto uomo, ha creato il mondo per amore dell'uomo, ha messo l'uomo al centro dell'universo, eccetera eccetera.
Dici bene.
Secondo me c'è nella storia della vita, della quale meglio conosciamo quella umana, una continuità che necessariamente viene spezzata per necessità descrittive.
Così io mi sforzerei più di vedere quale continuità c'è fra scienza e religione, impresa certamente più impegnativa che marcarne le differenze, partendo dal fatto che come dici c'è comunque un certo impegno ''scientifico'' nelle sacre scritture per descrivere il creato.
Io mi chiederei quindi se il binomio Dio e preghiera sia scindibile, e poi mi chiederei cosa conservi un equazione del tanto aver pregato.
Io direi che conserva la convinzione che la natura risponda alle nostre parole, che siano in forma alfabetica o numerica, simbolica in generale.
Sarebbe stata possibile la scienza senza la nostra profonda convinzione che '' la natura ascolti le nostre equazioni'' ?
A me pare che più che un Dio fattosi verbo, ci sia un verbo fattosi Dio., e che solo nostro sia il verbo, non di Dio , ne della natura.
Il verbo è la soggettività dell'umanità, che nella misura non gliela riconosciamo , diventa altro da noi.
Dio disse che la terra sia, e la terra fù.
Non sò se c'è questa frase nella bibbia, perchè non l'ho mai letta, ma non mi sorprenderei se ci fosse.
In effetti non c'è bisogno di parole, in forma di suppliche o di equazioni, perchè i fatti si compiano, ma le parole sono il modo in cui vi partecipiamo in qualche come umanità.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#7
Citazione di: davintro il 04 Gennaio 2025, 23:36:39 PMLa seconda obiezione è più radicale: la prima voleva andare a riconoscere la grande limitatezza del margine di applicabilità del rasoio, questa vorrebbe andare a colpire proprio il cuore del rasoio, la presunta distinzione tra visioni "semplici" e "complesse". Il rasoio indica di non "moltiplicare gli enti se non necessario" e in questo modo assume un modello di realtà rozzamente intesa come una sorta di lista della spesa in cui ogni attribuzione di esistenza conduce a un allungamento della lista. Secondo me non esistono visioni più semplici o più complesse, in quanto i limiti delle umane visioni sono dati dalla prospettiva da cui i soggetti vedono la realtà, non dalla quantità di oggetti compresi in quelle visioni. Tizio e Caio si affacciano alla stessa finestra, Tizio vede un campanile, Caio, guardando nella stessa direzione, non lo vede. Ora, un teorico del rasoio direbbe che, fintanto che non si vada ad accertare l'esistenza del campanile, la prospettiva di Caio dovrebbe essere preferibile, in quanto più "semplice ed economica". Ma, come insegna Husserl, il pensiero è sempre "pensiero di qualcosa", questo vuol dire che l'assenza del campanile dalla visione di Caio presuppone che al posto del campanile ci sia qualcos'altro che riempirebbe lo stesso spazio che nell'ottica di Tizio è riempita dal campanile.
E nel caso in cui Tizio e Caio  vedono entrambi un campanile che non c'è, accanto alla chiesa?
Perchè in effetti è proprio cosi che funziona la nostra visione.
Se tutte le chiese hanno un campanile noi lo vedremo anche nell'unica chiesa che non ce l'ha. Secondo logica dovremmo vedere un buco nero laddove mancano cellule sensibili alla luce nel punto dove si attacca il nervo ottico, e invece vediamo qualcosa che completa il quadro. Dunque la nostra visione non solo non persegue la verità , ma anzi sembra volerci ingannare in modo programmatico non potendosi liquidare la cosa come un difetto visivo.
Io credo che la scienza funzioni in modo simile, svolgendo simile funzione, che è quella di rapportarci con la realtà in modo utile.
Se cerchi la verità dunque non è ai tuoi sensi, ne alla scienza che devi affidarti.
Sebbene infatti la scienza  può dimostrare che il campanile che Caio e Tizio vedono non esiste, pur vedendoci essi benissimo, il di più che con la scienza potremmo vedere chi potrebbe certificarlo.
Come faccio a dimostrare in sostanza che, per quanto la scienza sia stata un passo importante, essa non equivalga al passo evolutivo di aver acquisito gli occhi per gli esseri viventi?
Se il meccanismo della visione ci evita la spiacevole evidenza di un cerchietto nero al centro di ogni immagine, chi ci garantisce che altro e simile dispiacere non ci eviti la scienza, sempre a discapito della verità?
Ma dovremmo per ciò cadere in una disperazione tale da porci due bende definitive sugli occhi perchè non possano più ingannarci, o tacitare quei relativisti che non sono alla ricerca di alcuna verità?
Perchè tanta avversione contro una scienza che ormai ha smesso in modo programmatico di cercare la verità, senza perciò aver ritenuto in conseguenza di diver chiudere bottega, come noi non riteniamo di dover chiudere gli occhi?

 

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

è cosa risaputa che i sensi ingannano, non possiamo affidarci alla vista perchè il nostro cervello ci fa credere di vedere anche cose che non ci sono, pareidolia e illusioni ottiche ne sono un classico esempio. Ma che dire quando a confondere gli scienziati è un fenomeno che appare causale mentre invece è  correlato ad altro? il rasoio come si applica in quei contesti ? il rasoio va bene in situazioni semplici, dove non occorre prendere in esame tutto l insieme e allora va bene non metterci in mezzo cose che non sono di utilità e che non fanno altro che moltiplicare il problema . Ma quando si tratta di prendere in esame cose come la "morfogenesi" le cose cambiano del tutto. L 'approccio riduzionista , meccanicistico tradizionale non è capace, cristallizzato com'è sul concetto di particella , a dare luce a quella che è , in fin dei conti, l'identificazione dei processi fisici resposabili nella morfogenesi il quale deve sì essere identificato da un meccanismo particellare ma è la relazione fra le informazioni immagazzinate localmente (pensiamo al DNA) e la manipolazione globale olistica , necessarie per produrre le strutture relative nello sviluppo embrionale, che è al centro del "miracolo" della morfogenesi. La vera sfida è quella di dimostrare in che modo interazioni localizzate possano esercitare un controllo globale. Qual'è il meccanismo che agisce da agente supervisore globale , ovvero che guida le particelle a diventare parte dell occhio , del becco, della zampetta o delle sue unghie. Non sempre ridurre il problema ad enti essenziali è sufficente a risolverlo, specie se iproblema ha carattere olistico (dove l insieme non corrisponde alla somma delle sue parti) e dove la trasmissione dell informazione genica è   di carattere non locale che coinvolge condizioni al contorno.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

niko

Citazione di: iano il 05 Gennaio 2025, 20:40:25 PMDici bene.
Secondo me c'è nella storia della vita, della quale meglio conosciamo quella umana, una continuità che necessariamente viene spezzata per necessità descrittive.
Così io mi sforzerei più di vedere quale continuità c'è fra scienza e religione, impresa certamente più impegnativa che marcarne le differenze, partendo dal fatto che come dici c'è comunque un certo impegno ''scientifico'' nelle sacre scritture per descrivere il creato.
Io mi chiederei quindi se il binomio Dio e preghiera sia scindibile, e poi mi chiederei cosa conservi un equazione del tanto aver pregato.
Io direi che conserva la convinzione che la natura risponda alle nostre parole, che siano in forma alfabetica o numerica, simbolica in generale.
Sarebbe stata possibile la scienza senza la nostra profonda convinzione che '' la natura ascolti le nostre equazioni'' ?
A me pare che più che un Dio fattosi verbo, ci sia un verbo fattosi Dio., e che solo nostro sia il verbo, non di Dio , ne della natura.
Il verbo è la soggettività dell'umanità, che nella misura non gliela riconosciamo , diventa altro da noi.
Dio disse che la terra sia, e la terra fù.
Non sò se c'è questa frase nella bibbia, perchè non l'ho mai letta, ma non mi sorprenderei se ci fosse.
In effetti non c'è bisogno di parole, in forma di suppliche o di equazioni, perchè i fatti si compiano, ma le parole sono il modo in cui vi partecipiamo in qualche come umanità.




Scienza e religione cristiana hanno in comune la fede nel futuro. 

La conoscenza anche nella scenza e' in un certo senso "fede", cioe' non e' conoscenza che si produca a prescindere dalla volonta', e tantomeno conoscenza irreversibile, o dell'irreversibile, tanto che si aggiorna, e si falsifica, continuamente.

La conoscenza nel senso piu' classico, e quindi piu' storico-filosofico del termine, invece, si produce a prescindere dalla volonta' ed e' irreversibile; insomma si puo' avere, con la conoscenza, lo stesso rapporto che si ha col passato; tanto che l'oggetto teoretico, l'oggetto etimologicamente della vista e del vedere, l'oggetto di coscienza e di conoscenza per eccellenza, e' il passato stesso. 
La conoscenza insomma, tipicamente si contrappone alla fede, esattamente come il passato (o meglio, l'esperienza umana del passato) si contrappone al futuro (umanamente inesperibile... e al limite in vari modi vaticinabile) . 

La scienza e' praticamente l'unico tipo di conoscenza conciliabile con la fede, e, insieme contrapponibile al significato "classico" o "forte", di conoscenza, come ho cercato di spiegare. 
Nei suoi primi vagiti, (penso soprattutto a Galileo e Bacone) essa, la scienza, si accredita (o comunque tenta di accreditarsi) esplicitamente come una continuazione della rivelazione cristiana, o una obbedienza esplicita a doveri morali cristiani, ma ben presto, sviluppera' una discorso ideologico fideistico suo proprio, e potenzialmente antitradizionale e anticristiano, appunto lo scientismo positivista e la fede nel progresso.

Come riferimenti nel panorama filosofico italiano di adesso, vedere soprattutto Galimberti per quanto riguarda il nesso tra scienza e cristianesimo per il tramite di una certa irrealistica e anticlassica fede nel futuro instauratasi da un certo momento in poi in occidente; e Severino per come e quanto conoscenza, e fede siano, e restino, due mondi esperienzialmente e umanamente contrapposti e inconciliabili nonostante tutti i tentativi che siano stati fatti per conciliarli: in un modo o nell'altro, il tipo umano parmenideo e antinichilistico che lui stesso crede di incarnare, sceglie sempre la conoscenza, in quanto senso dell'eternita' e dell'attimo eterno, e non mai la fede, in quanto senso del, fondamentalmente impossibile, e falso, divenire.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

Citazione di: niko il 06 Gennaio 2025, 18:16:31 PMLa conoscenza anche nella scenza e' in un certo senso "fede", cioe' non e' conoscenza che si produca a prescindere dalla volonta', e tantomeno conoscenza irreversibile, o dell'irreversibile, tanto che si aggiorna, e si falsifica, continuamente.




Si, questo è il punto su cui io insisto recentemente.
Senza capacità di credere nulla potrebbe apparirci, che sia la realtà o che sia la madonna. :)
Tutto il resto del tuo post non l'ho del tutto capito, ma sul succitato punto sei l'unico che converge con me.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Phil

Nel monito di «non moltiplicare gli enti oltre il necessario» non credo sia opportuno mettere l'accento (teoretico) solo sulla moltiplicazione e dunque sulla quantità; è piuttosto quel «oltre il necessario» che, a mio avviso, dà molto da riflettere.
Riprendendo l'esempio di davintro: se vedo un campanile, è di fatto necessario tenerlo in considerazione; non importa se sono l'unico a vederlo; quando faccio l'inventario di ciò che ho davanti, quel campanile non è affatto un "ente oltre il necessario", è anzi necessario che sia considerato affinché possa dire di aver fatto un inventario "vero", con rigore e metodo. Poco importa se la verità, o meglio, l'esistenza del campanile è questione meramente prospettica, perché è comunque necessario che non venga ignorata da chi lo vede.
Se costui suppone che nel campanile ci sia anche un campanaro pronto a suonare, quello è allora un "ente oltre il necessario", giacché l'esistenza del campanile non comporta necessariamente quella del campanaro al suo interno. Nondimeno, se costui ha necessità (psicologica e non ontologica) di credere che nel campanile ci sia il campanaro, poiché fra poco costui si sposa e non vuole andare in ansia per ciò che potrebbe andare storto (fra cui l'assenza del suono delle campane), allora per costui anche il campanaro non sconfina "oltre il necessario", esiste "certamente" e non è frutto di improvvida moltiplicazione ontologica.
Chiaramente le necessità del cuore non sono quelle della ragione, ma è altrettanto chiaro che parlare di fede e ragione non è parlare solo di ragione. D'altronde, chi proporrebbe di rimuovere da una biblioteca i libri di poesia perché non hanno contribuito allo sviluppo scientifico? Chi penserebbe che siano "oltre il necessario"? La poesia ha una sua necessità che la necessità fisico-quantistico-meccanicistica non comprende (tanto per parafrasare un esperto di fede e ragione).
Per me sono quindi i confini delle molteplici necessità, quell'"oltre", ad essere il discrimine problematico, non la mera questione di "tanto contro poco" (anche perché, su un puro piano quantitativo, la scienza e la conoscenza, da sempre, sono un costante aumento di enti, teoremi, strumenti, "sottolivelli", etc.).
Lo stesso rasoio potrebbe risultare "oltre il necessario", secondo alcune prospettive; e non intendo quelle religiose, ma alcune di quelle scientifiche, secondo le quali formulare un'ipotesi di esistenza può essere una fertile "moltiplicazione oltre il necessario"(strettamente inteso), che talvolta può aprire nuovi campi di ricerca e nuove conoscenze. Di fronte a tale necessità di "esplorazione per congetture", di "prove ed errori", il rasoio è oltre, ossia un monito non necessario.

iano

#12
Citazione di: Phil il 07 Gennaio 2025, 00:49:55 AM(anche perché, su un puro piano quantitativo, la scienza e la conoscenza, da sempre, sono un costante aumento di enti, teoremi, strumenti, "sottolivelli", etc.).
I teoremi sappiamo già in partenza essere infiniti, a fronte di un numero finito di assiomi dai quali li ricaviamo, e sono questi ultimi a non dover essere ''oltre'' il necessario.
Con l'aumento della conoscenza inoltre gli enti diminuiscono, come ad esempio si sono ridotti a soli tre enti, protoni, neutroni ed elettroni le tante 'entità' chimiche, cioè le sostanze chimiche.
Naturalmente nessuno ci impedisce di definire come entità ogni sostanza chimica, come abbiamo fatto quando non conoscevamo gli enti che li costituivano, ma chi lo fa non sta facendo scienza, ma un elenco di tutti i ''campanili esistenti'', come se non fossero fatti tutti da una torre con su una campana.
Questo è il senso del rasoio, ridurre gli enti quando è possibile farlo.
Sono gli enti metafisici che non sono riducibili fra loro, ma possono essere solo moltiplicati.
Se anche riduciamo infatti tutti gli dei ad un solo Dio, se prima non mettiamo nella camera a gas tutti i pagani, in effetti ne abbiamo aggiunto un altro.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

niko

Citazione di: iano il 06 Gennaio 2025, 21:20:30 PMSi, questo è il punto su cui io insisto recentemente.
Senza capacità di credere nulla potrebbe apparirci, che sia la realtà o che sia la madonna. :)
Tutto il resto del tuo post non l'ho del tutto capito, ma sul succitato punto sei l'unico che converge con me.


C'e' poco da capire, ho detto fondamentalmente che che scienza e religione cristiana sono accomunate dall'idea che il futuro sia piu' importante del presente, e che l'uomo domini la natura, anziche' doversi adeguare ad essa per la sua serenita'...

E quindi, vi e' un nesso tra scienza 
e "fede" in senso lato.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

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