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CONTRO IL NICHILISMO

Aperto da PhyroSphera, 22 Luglio 2021, 17:40:33 PM

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Ipazia

Lo spirito è la psiche che non ha nulla di trascendente. E' la dimensione psicologica delle credenze e dei valori. Tutta roba umana che può avere anche contenuti trascendenti. Ma pure totalmente immanenti. E trascendentali secondo la lezione Kantiana.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

@Kobayashi

Certamente la Verità assoluta non ci può essere.
Come potrebbe l'Assoluto esserci?
Il ritenere che nel nostro mondo relativo, l'esserci, sia possibile la presenza dell'Assoluto è pensare l'assurdo.

Ma pure prescindendo da questo, che è comunque fondamentale, neppure la Verità può essere frutto di una condivisione.

La Verità come risultato di una somma di opinioni?
Che più sono e più è vera...?
Ma la Verità non è questione di democrazia, per la quale sarebbe Vero ciò che pensa la maggioranza.

E neppure sarebbe Verità se tutti la pensassero allo stesso modo.
Basterebbe infatti che solo tu cambiassi idea e non sarebbe più Verità.

Ma tu vorresti la saggezza...
Perché così saresti più vero...

Ma questa verità che tu vorresti essere, la desideri in nome di che cosa?
Perché vuoi diventare più saggio, più vero?
Qual è il motivo?

È così, tanto per provare, perché magari ti stai un po' annoiando... oppure è giusto cercare di diventare più saggio, più vero?

E se è perché è giusto, questo essere "giusto", la cui verità probabilmente non conosci per davvero, deriva da un che di relativo o di assoluto (seppur sconosciuto)?

Se lo reputi relativo, nel momento che ne hai consapevolezza non svanisce tutto nell'insignificanza?

È infatti necessario reputarlo assoluto, sebbene sconosciuto.

Ossia è necessario aver fede nella Verità, che non c'è.
Proprio in quanto è!

Essere è il medesimo essere Vero.

E tu sei Essere, che altro mai?
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Ipazia

Citazione di: Kobayashi il 25 Luglio 2021, 11:42:31 AM
Se sul tema della saggezza una certa comunità dovesse intendere raggiungere una posizione concorde, il percorso non potrebbe essere più quello della dimostrazione razionale di un nucleo dogmatico, perché sappiamo fin troppo bene che qualsiasi dimostrazione di questo tipo comporta l'assunzione di presupposti ineluttabilmente arbitrari.
Ma questo non esclude che si possa raggiungere comunque la concordia e scegliere alla fine un dogma (perché rimettere in discussione continuamente i "fondamenti" [non assoluti] può essere distruttivo per la comunità stessa).

I fondamenti dell'umanesimo non sono né arbitrari né dogmatici né favolistici, perché è la natura stessa - tertium datur - a porli a noi come dati oggettivi. Saggezza è accettarli per quello che sono (amor fati) e giocarceli, condividendoli, nel modo più armonico e razionale possibile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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viator

Citazione di: Ipazia il 25 Luglio 2021, 13:14:30 PM
Lo spirito è la psiche che non ha nulla di trascendente. E' la dimensione psicologica delle credenze e dei valori. Tutta roba umana che può avere anche contenuti trascendenti. Ma pure totalmente immanenti. E trascendentali secondo la lezione Kantiana.


Per i fisicisti (me stesso incluso, e che la cultura ufficiale chiama materialisti, sbagliando poichè la energia - povera orfanella - fa anch'essa parte del mondo fisico !) la psiche è l'incarnazione intellettuale di ciò che i metafisicisti chiamano spirito.

Quindi la trascendentalità della psiche non esiste per i fisicisti ma rappresenta la base della visione del mondo dei metafisicisti. A ciò mi riferivo.

Fisicisticamente, la psiche non trascendente è - come nota Ipazia - certamente la sede delle credenze e dei valori...........i quali a loro volta sono generati - non importa attraverso quali esperienze e capriole esistenziali - unicamente dal contenuto natale, originario, unico ed indifferenziato di qualsiasi psiche : l'istinto (ovviamente quello anch'esso unico e fondamentale....che sarebbe quello di sopravvivenza).

Sostenere poi che ragione ed intelletto siano aspetti e facoltà che "trascendono" il puro istinto perchè ne rappresentano la raffinatissima e complicatissima evoluzione....................ha lo stesso identico senso del sostenere che sia invece l'originario istinto biologico, così universale, efficiente, granitico...................a trascendere ragione ed intelletto, considerabili al limite come facoltà posteriori, "accessorie", "marginali" all'interno dell'affresco biologico universale.Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Kobayashi

Citazione di: Ipazia il 25 Luglio 2021, 15:08:09 PM
I fondamenti dell'umanesimo non sono né arbitrari né dogmatici né favolistici, perché è la natura stessa - tertium datur - a porli a noi come dati oggettivi. Saggezza è accettarli per quello che sono (amor fati) e giocarceli, condividendoli, nel modo più armonico e razionale possibile.

Se fosse così non saremmo qui a parlare di nichilismo.
I fondamenti dell'umanesimo sono oggettivi e naturali ... per chi aderisce all'umanesimo.
No, qualsiasi fondamento può essere messo in discussione.
Questo ovviamente non significa che poi lo si voglia fare, o si abbia interesse a farlo. Ma lo si può fare. E questo è sufficiente.
E se non si capisce questo non si capisce nulla della crisi della filosofia contemporanea.

La saggezza può essere amor fati, in sistemi come quello stoico. Ma anche tante altre cose.
Non torno più sul tema della saggezza, ho ampiamente chiarito il mio punto di vista.

Ipazia

Non mi pare che la filosofia sia in crisi. Le kermesse filosofiche facevano e rifaranno il pienone passata la covidemia. La letteratura filosofica vende e in rete i video sono tra i più cliccati, se escludiamo il ciarpame di mero consumo.

E' in crisi la veterometafisica che gironzola intorno alla lampada spenta dell'Essere in una coazione a ripetere che non si è ancora resa conto che la lampada è bruciata.

Sui fondamenti non è che ci sia molto da scegliere: immanenza o trascendenza.

Se scegli l'immanenza, l'umanesimo offre un repertorio storico di saggezza antidogmatica di alto contenuto maieutico fin dal tempo dei presocratici e della loro misura (di tutte le cose) che, nei fondamentali, non è cambiata.
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paul11

 La mia personale posizione di identificare il nichilismo moderno con i paradigmi neopositivistici a cui la stragrande maggioranza dei pensatori, filosofi, scientisti si è piegata, nasce dalla dissoluzione del principio morale. Senza morale non c'è etica e la politica e l'economia sono puro negoziato quanto lo è il negozio giuridico. Nei negoziati vince il potente, perché la regola è che vince nel rapporto di forza.


Se la morale è quindi al centro del problema di un mondo globale, con una tecnica che si muove a ritmi esponenziali riducendo l'uomo a "cosa fra le cose", a numeri, ecc, l'unica soluzione, a mio parere, è la meta-fisica filosofica.
L'uomo e in questo appoggerei un neoumanesimo, deve riprendersi responsabilità globali ormai, in un mondo in cui la relazione me/altrui, umanità/natura devono essere riformulati  e senza le retoriche degli intenti privi di finalità, dove i valori politici  come eguaglianza, libertà, fratellanza sono inferiori a quelli di potere e di denaro ,di utilità egoistica ,di convenienza personalistica.
Non è più possibile in un mondo dove i tempi incalzano, dove le geografie si stringono, dove l'immateriale dell'informazione corre sul web e tutti possono sapere di tutto. La tecnica ha stretto  i tempi e le geopolitiche ed è quindi impossibile fingere che i problemi dell'altrui non siano nostri problemi perché prima li ignoravamo perché l'atrui a sua volta ci "vede", ci percepisce dentro la sua cultura. Il mio timore in un tempo in cui non ci sono più campi di battaglia con frecce e spade, ma dove le conoscenze tecniche sono sempre più alla portata di tutti i popoli , l'uomo post moderno sia un bambino immaturo che gioca a fare "dio" con strumenti tremendamenti potenti  per sé e per il mondo..
Da questa semplice disamina nasce da parte mia l'esigenza che vi debba necessariamente essere una morale condivisa. Perchè penso che alla fine tutti vorrebbero pace, tranquillità, serenità ,sicurezza.


La morale può nascere solo dalla metafisica . Il saggio era colui che tramandava conoscenze attraverso narrazioni con all'interno una morale.

iano

Credo che il nichilismo non abbia a che fare direttamente con la tecnica, ma con la sua accelerazione.
È l'espressione di un disagio attuale, ma non nuovo in se'. Un render conto del nostro affanno.
La tecnica in se', in quanto noi siamo tecnica, come è facile immaginare, avrà avuto sempre i suoi detrattori essendo cosa che richiede tempo per essere condivisa, e quindi in definitiva per diventare "tutti noi"
Quindi immagino che finora, all'opposizione alla tecnica, dall'invenzione della ruota o dalla scoperta del fuoco in poi., abbia avuto sempre i suoi detrattori., sia sempre seguito un suo uso, come normale, se non come ovvia pratica, come quelle cose che fai senza più pensarle, e quindi tanto meno criticarle.
Quando si critica la tecnica in effetti non si critica la tecnica in se', ma si intendono sempre le sue recenti novità .
La condivisione della tecnica, anche quella che oggi ci appare ovvia, avrà' sempre avuto le sue vittime.
Ci sarà stato sempre qualcuno che non è riuscito a salire sul carro.
Paradossalmente, stante l'eterna opposizione alle tecniche recenti, i politici non ne hanno mai agevolato la diffusione, per mantenere il consenso, salvo provare a farlo in modo maldestro quando non più rimandabile.
Così oggi ognuno di noi è lasciato da solo ad affrontare il nuovo mondo digitale, il cui avanzamento non è stato fermato dalle nostre solite critiche e maledizioni.
Sarebbe etico ciò non avvenisse più.
Alla fine comunque, seppur in modo maldestro, faremo quel che c'è da fare, e una nuova morale ne verrà fuori, come sempre è avvenuto, e come noi potremo osservare col senno di poi.
Fermare la tecnica equivale a fermarci.
Alla fine l'impressione che se ne riceve è che l'azione dell'uomo, la conoscenza e la tecnica, siano il male, e perciò vadano contrastate .
Occorre fermarsi, o ancor meglio "agire" per tornare sui nostri passi, in un epoca in cui la tecnica non era un problema, perché era talmente parte di noi, da essere noi in modo ovvio.
Innocua quindi, quanto può essere innocuo un uomo.
Io non ho mai ucciso un uomo e non perché sia una brava persona per natura o perché timorato di Dio.
Non l'ho mai ucciso perché non ho mai comprato una pistola.
Perché non l'ho mai comprata?
Perché ho ben chiaro che un uomo senza pistola e un uomo con la pistola non sono lo stesso uomo.
L'esempio in negativo è voluto.
Quelli in positivo trovateli voi, anche se non è propriamente questione di distinguere tecniche buone da tecniche cattive.
Domani potrei comprare un missile, invece di una pistola, e bombardare l'asteroide che avrebbe provocato l'ennesima estinzione di massa.
Chi vuole sostenere la causa della tecnica afferma che essa non è cattiva in se' e dipende dall'uso che se ne fa'.
La verità è che se ne fanno sempre tutti gli usi possibili, ma ciò finora non ha significato la fine di ogni morale, ma un suo adattamento alla bisogna, come cosa che sorga dalla natura dell'uomo, proprio come la tecnica.
Certo, se noi, come individui, pretendiamo di poter controllare e dirigere tali processi, per attenuare la nostra ansia, la vedo dura .
L'unico modo per superare l'ansia è accettarci per quel che siamo, pur nel nostro divenire.
La soluzione di un problema non è negarlo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

Buon pomeriggio Iano


Il problema attuale,per me, che si trasforma in ansia o disagio esistenziale, è l'accelerazione costante del processo e non il processo in se stesso, che è sempre esistito, come giustamente scrivi. La frenesia del "progresso tecnologico" tocca ogni aspetto del vivere, così che non è nemmeno possibile concretamente restarne solo moderatamente coinvolti. Più di vent'anni fa ho acquistato il mio primo Pc e per imparare l'ho formattato, poi smontato, ecc.Mi sentivo bene per aver guadagnato un po' di conoscenza digitale, ma adesso arranco non riuscendo più a comprendere e utilizzare appieno tutte le nuove applicazioni, tanto che mi faccio aiutare dai figli. In soli 20anni il mondo è di nuovo completamente cambiato, e non è difficile immaginare che, nel futuro ne basteranno solo 10 per sentirsi out. Mi sforzo di stare aggiornato, ma è la mia mente stessa che diventa meno elastica con l'età, non ci si può far molto, è naturale così, ma questo non è in sintonia con la necessità di essere sempre più smart e speed.
Dagli esperti vien detto che la velocità del cambiamento digitale sarà sempre maggiore e che bisognerà passare la vita ad aggiornarsi, cosa che ritengo un po' utopistica. Si parla di "transizione", ma realisticamente non sarà un transitare per arrivare da qualche parte, come si transita su un ponte per andare da una riva all'altra. Sarà solo un ponte senza fine, che non porta in alcun luogo. Penso, ma è solo una mia ipotesi, che si moltiplicheranno le sacche di emarginazione.

iano

#39
@ Ciao Alexander.
Sicuramente aumenteranno le sacche di emarginazione.
Ma il paradosso, mi ripeto, è che a gonfiarle contribuisce l'avversione alla tecnica.
Lo dico cercando di mantenere un giudizio obiettivo, nonostante io mi senta parte ormai di quegli emarginati.
Come racconti tu stesso, per quanto ti impegni, basta che ti prendi una pausa per goderti con soddisfazione il risultato raggiunto e sei già fuori.
Caso vuole sia successo anche a me, guarda un po' le coincidenze. ;)
Forse le cose per noi sarebbero andate diversamente se ci fosse stato in ciò una maggioranza di noi consapevole, che avesse quindi determinato una politica virtuosa che si occupi di ridurre l'ansia del singolo moltiplicata dal sentirsi solo, anche quando crede di aver imboccato la via giusta.
Ma per quanto la tecnica sia veloce è anche prevedibile e quindi governabile.
In fondo io e te questa previsione l'abbiamo azzeccata, ma lasciati a noi stessi non siamo riusciti a governarla.
Detto ciò, per quanto io abbia poca confidenza coi concetti di morale e di etica ( faccio parte della maggioranza che le confonde) mi sentirei di dire, analizzando i fatti e la storia, che sarebbe etico, sperando di aver azzeccato il termine giusto, non opporsi alla tecnica, perché ciò di fatto equivale opporsi alla propria natura, almeno a quella che possiamo derivare col senno di poi, dato che questa è in continua evoluzione.
Questo tipo di opposizione comunque è tutto meno che esclusiva storia dei giorni nostri, quindi dalla storia dovremmo imparare qualcosa.
Bibbia ,Vangeli e libri vari sono testimonianze di questa tendenza dura a morire.
È un bene ciò? Ognuno giudichi.
Certo che se ci rifiutiamo di prevedere ciò che è prevedibile al fine di meglio governarlo, limitandoci a maledirlo quando ci sommerge fino al collo, possiamo poi ben derivarne l'impressione di essere noi schiavi della tecnica, e questo è certamente un nell'esempio di alienazione.
Non sono io il , cattivo, se separo da me la tecnica, e la colpevolizzo.
È una evidente assurdità che non serve nemmeno a temperare il disagio esistenziale che in sostanza deriva dal rifiuto di accettarci per quel che siamo, e perciò chiediamo aiuto alla metafisica, ma senza sapere bene poi, ovviamente , come muoverci.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alexander

#40
Buongiorno Iano


Non sono d'accordo che non si dovrebbe in nessun caso opporsi alla tecnica e che l'accettazione supina è eticamente giusta. Bisogna considerare che lo sviluppo tecnologico è quasi sempre determinato da interessi economici o politici e quindi, di fatto, è un meccanismo di potere e spesso di coercizione. Si afferma nella società quel particolare sviluppo tecnologico che è favorevole economicamente o sfruttabile politicamente, mentre altri sviluppi possibili, dati da altre scoperte, vengono snobbati o marginalizzati. Se la tecnica diventa uno strumento di disumanizzazione (per esempio imponendo uno stile di vita sempre più veloce e compulsivo, che richiede l'aiuto e l'ausilio di consumi sempre maggiori di psicofarmaci  o droghe per essere retto) ritengo razionale chiedersi il senso di questa folle corsa.
Sono piuttosto d'accordo con questa frase di Mario Costa:


Il fine ultimo della tecnologia è quello di sostituire il mondo naturale con un mondo tutto proprio, interamente dominato dai suoi processi e dai suoi prodotti, in cui ogni traccia dell'umano è destinata a essere liquidata.


Che io integrerei con:Il fine ultimo dello sfruttamento economico e politico della tecnologia è quello di sostituire il mondo naturale con un mondo tutto proprio, interamente dominato dai suoi processi e dai suoi prodotti, in cui ogni traccia dell'umano è destinata a essere liquidata.

Altrimenti sembra che la tecnologia sia un moloch che vive di vita propria e alla quale gli esseri umani si sottomettono, invece che essere un prodotto dei loro desideri.Ma penso che l'autore non intendeva questo.

Ipazia

Citazione di: paul11 il 26 Luglio 2021, 13:07:06 PM
La mia personale posizione di identificare il nichilismo moderno con i paradigmi neopositivistici a cui la stragrande maggioranza dei pensatori, filosofi, scientisti si è piegata, nasce dalla dissoluzione del principio morale. Senza morale non c'è etica e la politica e l'economia sono puro negoziato quanto lo è il negozio giuridico. Nei negoziati vince il potente, perché la regola è che vince nel rapporto di forza.

Concordo, ma bisognerebbe spiegare come mai il "principio morale", che andrebbe a sua volta indagato, si sia dissolto. Concordo pure che senza morale non ci sia etica essendo, nella sostanza, la stessa cosa.

CitazioneSe la morale è quindi al centro del problema di un mondo globale, con una tecnica che si muove a ritmi esponenziali riducendo l'uomo a "cosa fra le cose", a numeri, ecc, l'unica soluzione, a mio parere, è la meta-fisica filosofica.
L'uomo e in questo appoggerei un neoumanesimo, deve riprendersi responsabilità globali ormai, in un mondo in cui la relazione me/altrui, umanità/natura devono essere riformulati  e senza le retoriche degli intenti privi di finalità, dove i valori politici  come eguaglianza, libertà, fratellanza sono inferiori a quelli di potere e di denaro ,di utilità egoistica ,di convenienza personalistica.
Non è più possibile in un mondo dove i tempi incalzano, dove le geografie si stringono, dove l'immateriale dell'informazione corre sul web e tutti possono sapere di tutto. La tecnica ha stretto  i tempi e le geopolitiche ed è quindi impossibile fingere che i problemi dell'altrui non siano nostri problemi perché prima li ignoravamo perché l'atrui a sua volta ci "vede", ci percepisce dentro la sua cultura. Il mio timore in un tempo in cui non ci sono più campi di battaglia con frecce e spade, ma dove le conoscenze tecniche sono sempre più alla portata di tutti i popoli , l'uomo post moderno sia un bambino immaturo che gioca a fare "dio" con strumenti tremendamente potenti  per sé e per il mondo..
Da questa semplice disamina nasce da parte mia l'esigenza che vi debba necessariamente essere una morale condivisa. Perchè penso che alla fine tutti vorrebbero pace, tranquillità, serenità ,sicurezza.

La morale è sempre stata al centro della questione sociale, anche nel più piccolo villaggio. E sempre la tecnica, fin dai tempi della clava sulle mani nude, del ferro sul bronzo, del cavaliere sul fante, della polvere da sparo sull'arma bianca, della migliore artiglieria (ottima citazione di Bonaparte sulla questione), è stata instrumentum regni. A prescindere dal colore morale ostentato e con carneficine interne alle medesime comunità etiche. L'accelerazione della tecnica ha solo cambiato la forma, non la sostanza, della guerra e del dominio nelle sue varie declinazioni politico-economiche.

CitazioneLa morale può nascere solo dalla metafisica . Il saggio era colui che tramandava conoscenze attraverso narrazioni con all'interno una morale.

Anche la scienza nasce dalla metafisica. Ed ogni metafisica nasce dall'ethos, per cui nel ciclo di retroazione possiamo pure dire che ogni metafisica nasce dalla morale. Basti pensare a come Aristotele approccia la questione "schiavitù" e Hobbes ed Hegel la questione "stato". "Il saggio era colui che tramandava conoscenze..." appunto, le conoscenze, vere o farlocche, del suo ethos. Sulle quali solo poteva innestare, per quanto abile ed ispirato, una morale.
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simplex sigillum veri

paul11

 I due "vecchi" modi di costituire la morale sono per via  filosofica metafisica e religiosa.
La religiosa prescrive come "  legge", comandamenti, riti ,dichiarati da una divinità.
Nella Bibbia vi sono due libri dedicati : Deuteronomio e Numeri che ben pochi cristiani hanno letto. Lì c'è la "costituzione" ebraica fin nei particolari.


La via metafisica è interpretazione filosofica. Platone dice che è "bene" ciò che fa da "sfondo" all'umanità. Vale a dire come si presenta l'universo, il cielo, la natura. Aristotele entra di più nei particolari della vita umana per dichiarare un' etica.


Sembrerebbe che l'uomo non debba alterare le supreme armonie che hanno formato sia i fenomeni che la natura, in quanto sono la condizione per la sussistenza della vita umana.
Questo significa che la morale è inscritta negli universali, intesa come armonia.


La "dissoluzione" dei principi morali si evidenzia nella modernità. L'uomo e non più i principi universali sono al centro dell'universo, della cultura. Questo spostamento della centralità costituisce la nuova gerarchia culturale. La morale non è più un universale, ma dipendente dall'interpretazione umana sull'uomo stesso, con tutte le problematiche annesse. Perchè se intanto viene dichiarata la scienza e la dimostrazione della verità "solo" scientifica  , le scienze non possono appurare scientificamente secondo il protocollo sperimentale cosa è la coscienza, cosa è un'anima, spirito. La scienza vuol vedere e toccare per avere la prova ,proprio come un "santommaso".
Tutte le scienze, comprese quelle umanistiche moderne seguono questa modalità formulativa dettata dalle scienze naturali-fisiche, è ovvio che decade l'antica gnosi religiosa, la gnoseologia filosofica per far posto all'epistemologia moderna, che è filosofia della scienza moderna.
La morale quindi era un principio esterno all'uomo, o un comando religioso, o una interpretazione degli universali in filosofia. Se diventa a misura d'uomo, allora non è più filosofia, fallisce anche Kant nella "critica della ragion pratica" e nella "critica del giudizio", avendo tolto il principio fondativo dichiarandolo "noumeno" che in buona sostanza era l'ontologia metafisica.
Rimane una morale intima all'uomo che può guidare l'etica, i comportamenti umani, ma non è bastevole perchè individuale.
La psicologia sostituisce il concetto di anima con l'emotività, la passione,  con l'empirismo  di Hume, Locke e infine con la psicologia empirista di Brentano alle cui lezioni assistono Husserl, fondatore della fenomenologia e maestro di Heidegger, e un certo Sigmund Freud fondatore della psicanalisi.......ma questi nel tentativo di voler spiegare i processi "psichici", hanno "decostruito", destrutturato la morale, considerandola come impaccio alla nuova cultura moderna .


Oggi la morale è solo un "intento", per quanto nobile, come i principi umani proclamati , non sono "ontologici" e l'etica , come l'antichità è governata nella forma laica, non più religiosa, della legge-sanzione ,dichiarando legittimità e legalità. Le virtù sono scomparse, vengono concettualizzati i "valori" che non sono direttamente morali anche se ne derivano, ma sono ambigui come la libertà ed entrano nelle Costituzioni degli Stati Occidentali , ma sono le pratiche che mettono in crisi la loro costituzione teoretica, non essendovi una ontologia morale moderna.




Capisco che fin quando non si hanno  chiari i pensieri filosofici e religiosi all'interno del processo storico si farà inevitabilmente confusione su cosa si intenda morale e tecnica e la loro relazione.
La morale convenzionale sociale nasce sempre da una sacralità, che sia religiosa o laica che si chiami Dio o Stato , nella pratica operano in maniera identica e Socrate lo aveva capito. La maieutica socratica era da parte sua l' "allevare" al governo chi aveva il potere in maniera giusta.
Perché senza morale è indeterminato il concetto di giudizio  se non attraverso le leggi che governano l'intero sistema sociale. Le leggi non sono identiche alla morale, ma le leggi possono sostituire la morale, operando  con la relazione legge/sanzione: se il cittadino opera seconda legge è "buon cittadino", se non opera secondo la legge è malvagio e va sanzionato.
La morale è colei che sovraintende la tecnica ,sono gli uomini morali che giudicano i tiranni, i governanti. Socrate è costretto ad uccidersi , perché aveva dichiarato come incapaci i governanti della sua epoca . Tutti gli uomini morali ch decidono apertamente, nel campo sociale,  di sfidare il potere costituito ,sono pericolosissimi e spesso vengono uccisi. Perchè destabilizzano il potere con concetti e termini che arrivano non solo alla mente, ma anche al cuore. Per quanto la gente possa essere "stupida", sa dentro di sé chi sta dicendo il giusto .....e lo segue.


La tecnica c'è sempre stata dall'età del ferro, rame bronzo....... Ma la morale , i saggi ,i sapienti erano coloro che mettevano in guardia di non andare oltre il limite, che poteva essere una legge divina o una filosofia, non dimentichiamo che Aristotele fu il precettore di un certo Alessandro Magno. I gesuiti diventeranno "aio" dei rampolli dei nobili nel medioevo. Chi governava doveva essere educato anche al governo.
La tecnica non avendo più la condizione morale che possa contrastarla, nella modernità si muove libera.....oltre al limite stabilito.
Dal momento in cui la tecnica, con la scienza, può dal Novecento distruggere l'intero pianeta, se non viene temperata dalla morale ed essendo la tecnica diffusa non solo ai grandi Stati occidentali e orientali, ma praticamente ovunque......sale il livello di pericolosità dell'intero sistema .
I negoziati, la contrattazione decide oggi il punto di equilibrio, precario, non essendovi una morale. Lasciando a capi di governo, non più educati al "buon governo", ma sempre più populisti e legati al nazionalismo ,all'utilità personale alla convenienza del "suo" popolo, le sorti del mondo.


Come mai ancora oggi si parla ammirati di saggi e sapienti antichi.......spariti dall'orizzonte dalla modernità ad oggi che decade inevitabilmente negli strapiaceri stradesideri ai danni dei propri simili?
L'uomo morale teneva in considerazione tutti. Studiati meglio come i metafisici sapevano relazionare dallo schiavo a colui che aveva il potere. Nell'antica Roma, alcuni schiavi divennero più ricchi dei nobili e alcuni dei nobili lasciarono eredità e prebende ai loro schiavi che trattavano da pari in quanto si affezionarono e si fidavano più di altri nobili. Gli schiavi erano generalmente prigionieri di guerra: dovevano forse sterminarli? Gli tornavano utili . Sarebbe utile studiarsi anche i costumi dei greci e romani di cui per molte cose dovremmo ancora imparare qualcosa......o tanto.
Conobbero molte forme di potere, dalle monarchie alle democrazie, dalle tirannie, ai tribuni, alle repubbliche, ai populismi. Non è un caso che il capolavoro di Platone "Repubblica"  ha tutti i contenuti di come costruirla, di come sapere gestire la Città che era Atene. Sono passati  più di duemila anni......

iano

@Paul 11
Se il problema è universale la soluzione non può essere individuale, infatti, ma riguarda al minimo una umanità fatta di individui indipendenti, i quali devono adattarsi non a condizioni statiche naturali, ma ad ambienti dinamici di cui sono parte.
Da ciò segue una morale, e non dal racconto di un "saggio" individuo.
Le contraddizioni nascono dal porre troppo l'accento sull'individuo, in quanto individuale è la coscienza ed ad essa è relativo il controllo del processo.
L'umanità in se' non ha coscienza e non controlla nulla quindi.
Diamo però troppo per scontato, mutuando la nostra individuale esperienza, che i problemi possono risolversi solo usando coscienza e controllando il processo risolutivo.
Non riusciamo a concepire/accettare che i problemi possano risolversi "da soli", o meglio per il contributo conflittuale di molteplici individui, indipendenti in quanto tali.
Se astraiamo il conflitto , l'interazione fra diversi, però tutti vogliamo la pace, quale singolo, o pochi saggi individui, se non illuminati (forse) dittatori , dovrebbero risolvere il problema, che è sempre un problema di inadeguatezza, una continua rincorsa alle condizioni al contorno.
La soluzione non è tentare di bloccare le dinamiche dell'umanità perché ogni singolo individuo vive l'ansia di non poter controllare personalmente il processo.
L'unico principio etico universale che riesco ad individuare per l'individuo è di agire liberamente , perché solo così potrà dare il suo contributo essenziale.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Citazione di: paul11 il 28 Luglio 2021, 00:06:50 AM
I due "vecchi" modi di costituire la morale sono per via  filosofica metafisica e religiosa.
La religiosa prescrive come "  legge", comandamenti, riti ,dichiarati da una divinità.
Nella Bibbia vi sono due libri dedicati : Deuteronomio e Numeri che ben pochi cristiani hanno letto. Lì c'è la "costituzione" ebraica fin nei particolari.

La via metafisica è interpretazione filosofica. Platone dice che è "bene" ciò che fa da "sfondo" all'umanità. Vale a dire come si presenta l'universo, il cielo, la natura. Aristotele entra di più nei particolari della vita umana per dichiarare un' etica.

Sembrerebbe che l'uomo non debba alterare le supreme armonie che hanno formato sia i fenomeni che la natura, in quanto sono la condizione per la sussistenza della vita umana.
Questo significa che la morale è inscritta negli universali, intesa come armonia.

In ciò sta l'aporia esiziale della veterometafisica: chi stabilisce cosa sono le "supreme armonie universali" da cui dovrebbe derivare un'etica/morale universale ?

Se il postulato originario è sbagliato, lo sono anche le implicazioni teoriche che seguono. Quelle pratiche possono anche talvolta azzeccarci per eterogenesi dei fini, ma se non si correggono i postulati teorici fondamentali il rischio di errore pratico è molto maggiore e i falsi obiettivi (tecnoscienza, modernità) e sentieri (ritorno al passato toutcourt) si sprecano.

Ci sono, ed io ne sono una postulatrice, leggi naturali, la cui ignoranza e negazione comportano disastri epocali, su cui è sacrosanto costruire un'etica/morale il più possibile condivisa. Ma sapendo che essa si basa sul (pre)giudizio e le emergenze del suo tempo storico, ed è limitata dalle conoscenze e tecnologie disponibili.

Neppure tendo a minimizzare i patrimoni etico/morali che ci vengono dal passato, la cui persistenza è prova di veridicità e armonico adattamento alla natura (bisogni e desideri) umana. E lodo lo sforzo che fa la filosofia per preservare quegli antichi patrimoni di saggezza rinnovandone il valore nella realmente difficile dimensione storica attuale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
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