Menu principale

CONTRO IL NICHILISMO

Aperto da PhyroSphera, 22 Luglio 2021, 17:40:33 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

PhyroSphera

Contro il nichilismo.


Senza dubbio la tesi del defunto Professor Emanuele Severino sulla 'eternità dell'essente' è giusta ma quel che manca in essa ne è il fondamento.
Mi spiego: è tautologico affermare che l'essere non può diventare il nulla e che le cose si trasformino non si annientino; ma non ne è autoevidente il perché.
Per trovare la ragione del non-annientamento degli enti ci si domandi: come mai questo mondo con questa logica, questo universo, e non altro?
Per rispondere a questa domanda si deve risalire all'origine dell'universo, comprendere il principio assoluto del logos nel mondo, che il pensiero analogico non tautologico può esprimere.
Per analogia vale in tal caso dire Assoluto quanto e non tanto con metafora varrebbe dire Dio. Ma per dire ciò che il pensiero autonomamente può distinguere non è necessario procedere misticamente!
Dunque nell'Assoluto è il fondamento della eternità dell'essente e precisamente nell'essere il tutto così e non altrimenti, essendo tutto ciò evidente per ogni singola parte e su tutto.

Così e non altrimenti: questa affermazione reca il segno di una ulteriorità che è Volontà determinante il mondo stesso, Scaturigine di tutte le cose dell'universo, fatte per la trasformazione non la distruzione... Verità questa ultima che è deducibile, non inducibile; dedotta non indotta. In forza di tale principio assoluto gli enti in quanto tali mai potrebbero diventare niente.
Ne consegue che per vincere l'atteggiamento antiesistenziale che può esser definito "nichilismo assoluto" è necessario parimenti tornare alla formulazione di un principio assoluto, un non inizio però dal quale inizia il tempo di ciascuna cosa; e casomai non bastasse la pura razionalità a vincere le questioni poste da tale atteggiamento mentale e non della mente stessa — il quale più che tale non potrebbe essere perché contrario fino ad estremo a una profonda e sia pur remota ovvietà — allora sarà necessario ricorrere a una ragione pratica, facendo uso della metafora più estrema, Dio... Quindi in tal evenienza filosoficamente avvalendosi — e solo quale estrema risorsa — di un pensiero mistico, che cioè nasca direttamente dalla sfera irrazionale della mente secondo la convenienza della azione prima che del pensiero e senza con questo inficiare i risultati della sola ragione.



MAURO PASTORE

Jacopus

#1
Per prima cosa ti ringrazio per l'apertura di questa discussione. Qui siamo davvero in campo filosofico. Ho però delle obiezioni da rivolgerti. La posizione di Severino sull'eternità dell'essente è una posizione esattamente contrapposta a quella dell'eterno come mistica. Non è pertanto un semplice difetto parziale di veduta ma una visione che tenta di superare sia il pensiero teologico (o mistico), sia il pensiero scientifico (o moderno), a cui rivolge la critica di essere impostato comunque in termine di "padrone-servo", esattamente come l'eterno metafisico tradizionale si impone nei confronti del divenire, semplice palcoscenico del suo "stare". Lo stare di Severino è inteso invece nel senso di un "destino" contemporaneamente eterno e vivo in ogni attimo del vivente, escludendo in questa concezione ogni volontà di asservimento di un assoluto eterno, nei confronti del non-eterno.
Questo per quanto riguarda il maestro Emanuele Severino.
A proposito della tua impostazione ho inoltre da obiettare che la tua ipotesi di utilizzare il pensiero mistico come strategia di ripiego, qualora il pensiero razionale deduttivo non fosse sufficiente, mi sembra una strategia non adeguata alla complessità della materia. Un guardare all'indietro, dirsi se non è possibile trovare un logos assoluto coerente con il mondo, allora tanto vale riappropriarsi delle categorie del passato. Ma l'eterno di Severino dice proprio questo, ovvero che l'eterno è tale come destino, come negazione del divenire visto come peso schiacciante del passato sull'agire umano ed accettazione del divenire come compimento dell'agire umano, un eterno ritorno nietzschiano, che è una teoria opposta a qualsiasi nostos, o eterno ritorno nel pensiero greco, dal quale deriva il pensiero metafisico e religioso occidentale (senza dimenticare che il pensiero greco ha offerto anche una direzione opposta, ovvero legata al mito di Prometeo e al superamento di ogni visione servo-padrone).
Nel link finale, Severino lo dice molto meglio di me.


https://www.youtube.com/watch?v=5mSd6PWdmfM
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

paul11

#2


XPhyroSphera
Severino origina il suo pensiero dalla considerazione, di derivazione parmenidea, che se "una cosa (un ente) è, non può non essere". Svolgendolo in una logica dialettica negativa , le apparenze diventerebbero delle negazioni, in quanto il divenire nega l'eterno ed è nell'eterno la verità.
Per cui la trasformazione fisico-naturale, secondo cui la legna bruciando diviene cenere è dialetticamente una negazione, in quanto la legna non può sparire diventando cenere; sono due enti diversi: detto altrimenti significa che la legna NON "è" cenere. E' un concetto logico linguistico.
Teologicamente, per via ontologica si può considerare l'Essere come Dio: sono d'accordo.
Filosoficamente non è necessaria che vi sia una "figura" divina, in quanto "inficiata" da una "rivelazione" religiosa e non per via logica deduttiva . E' sostituibile con l'Essere ,intesa come figura originaria a fondamento degli universali, come verità assoluta.


Distinguerei l'eterno e il divenire, così come l'essenza e la molteplicità. La molteplicità del divenire di ogni singolo ente, ci confonde gnoseologicamente, poiché è governato dalle apparenze. Questo è il motivo fondamentale per cui la scienza non è la filosofia. La scienza tende a conoscere il fenomeno fisico naturale, nelle sue molteplici trasformazioni , riducendolo a leggi operazionali logico matematiche, a quantità di dati; la filosofia deve cercarne l'essenza nel fenomeno , non perdersi nelle infinite variabili che determinano tutti gli enti fisico naturali , che determinano tutti gli enti variabili della cultura umana, che infatti diventa particolarismo perdendo il quadro d'unione della conoscenza .


Non so se l'universo scaturisce da una precisa "volontà" divina, poiché il "disegno divino" che racchiude l'ultima e originaria verità,  ci è nascosto e quindi anche l'Essere. Semmai direi che l'universo è "così come è", una presa d'atto e noi non possiamo fare altro che tentarne di svelarne le essenze , le caratteristiche e proprietà dell'essere universale. Questo tentativo è interpretazione che ogni filosofo, a suo modo, tenta di costruire come pensiero.
Noi dobbiamo fare i conti con la trasformazione, distruzione, morte, così come con l'Essere (Dio per i credenti): questo è ineludibile dalla "vera" filosofia (o teologia).
Quindi le domande quali: dov'è l'essere nelle cose, enti, che si trasformano; perché c' è distruzione e morte, sofferenza e dolore che vive ed esiste nell'universo?
I dati di fatto, cioè come è in fondo il mondo, sono effetti di un "disegno" dell'Essere, per cui l'Esistenza, tutto ciò che è chiamato ad esistere nel mondo , deve avere necessariamente un significato relazionale con l'Essere, in quanto quest'ultimo  lo ha compreso, è interno,  nelle regole universali di ciò che è il mondo in cui esitiamo. Quindi l'esistenza a sua volta ha un senso e significato che è dentro la realtà del mondo: tocca alla propria conoscenza e coscienza darne un senso e significato.
Il niente è proprio il nichilismo, vale a dire pensare che la nostra esistenza ,come tutte le cose, enti, venga dal nulla e sparisca nel nulla, vorrebbe dire che è priva di significato , e se lo è la vita allora lo è anche  l'universo che non ha senso e significato . Ed è questa la caratteristica dell'attuale tempo storico culturale: neo relativistico e neo sofistico, opinione e nessuna verità.


Quello che tu chiami "atteggiamento mentale" è l'approccio culturale moderno e soprattutto post moderno. Ed è determinato dalla Tecnica. Quando la scienza moderna diventa potenza tecnologica , l'uomo diventa volontà di potenza assoluta e ritiene quindi di determinare il proprio destino grazie alla tecnica che diventa salvifica surrogando l'Essere ( lo sostituisce ,ma non lo supera culturalmente, e questo è il motivo per cui Dio non è morto, e la metafisica non è morta: in quanto insuperabili ).
Il soggettivismo moderno  è il porre la volontà umana al centro dell'universo per piegarne le forze fisico naturali, ma facendo ciò ha piegato anche se stesso , il proprio "essere" come banale e semplice costituzione di metabolismi immagine di funzioni organiche e meccanicistiche  al proprio ego smanioso di conquiste. L'uomo ridotto a meccanismo organico non è più la  tecnica, perché è la tecnica che ormai precede l'uomo che l'ha costituita, come artefice del proprio destino, per cui l'umanità verrà stritolata dalla propria creatura.


Le contraddizioni sono ovvie, evidenti pe un metafisico. Si è scelto la molteplicità, perdendo le essenze e l'Essere. La vita quindi è venire dal nulla e sparire, quindi il significato essendo meramente organico , materico, come qualunque vivente è ridotto a numero, a statistica, a operazionalità tattica e strategica dipendente dalla politica ed economia.


Al nichilismo attuale non vedo alcuna soluzione, perché manca totalmente la "riqualificazione" della vita umana come senso e significato che esulano dall'organismo materico a cui questa attuale cultura ha ridotto dallo scientismo relativistico. E infatti il problema di questa "cultura" è non sapere più cosa è la mente, cosa è la coscienza , ha ridotto l'anima ad una psiche(originariamente la psiche corrispondeva all'anima), ad una entità ingenua spiegabile da repressioni e pulsioni sessuali , ad un lettino psicanalitico, psicologico, psicoterapeutico : come se la malattia umana del vivere sia resa sopportabile dalle parole di un proprio simile(sofistica) , da un ecclesiasta, o da un populista politico. Finchè la matericità del prodotto della tecnica sarà ritenuta superiore alla vita stessa interpretata come il fenomeno, un apparire nel mondo per poi sparire, non potranno che sorgervi conflittualità originate dalle contraddizioni culturali.

Ipazia

L'aveva prima di tutti formulato Eraclito e sta pure all'origine del vangelo di Giovanni: en archè en o logos. Più che un assoluto è un'origine, il bigbang di un universo particolare che è l'universo antropologico, assoluto nella sua limitatezza specista.

Nichilismo è tutto ciò che lo nega e tra tutti i nichilismi il più radicale (di assoluto non c'è nulla) e nullificante è il "mondo dietro il mondo" dell'immaginario religioso.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve paul11. Citandoti : "Al nichilismo attuale non vedo alcuna soluzione, perché manca totalmente la "riqualificazione" della vita umana come senso e significato che esulano dall'organismo materico a cui questa attuale cultura ha ridotto dallo scientismo relativistico. E infatti il problema di questa "cultura" è non sapere più cosa è la mente, cosa è la coscienza , ha ridotto l'anima ad una psiche(originariamente la psiche corrispondeva all'anima), ad una entità ingenua spiegabile da repressioni e pulsioni sessuali , ad un lettino psicanalitico, psicologico, psicoterapeutico : come se la malattia umana del vivere sia resa sopportabile dalle parole di un proprio simile(sofistica) , da un ecclesiasta, o da un populista politico. Finchè la matericità del prodotto della tecnica sarà ritenuta superiore alla vita stessa interpretata come il fenomeno, un apparire nel mondo per poi sparire, non potranno che sorgervi conflittualità originate dalle contraddizioni cultura".


Il senso della vita umana è precisamente e solamente quello della vita nel suo insieme, cioè il riprodursi ed il morire (dopo essere venuti al mondo). Quindi si tratta semplicemente del nostro destino biologico.

Naturalmente a noi ciò non piace (o almeno, al corpo piace la prima parte ma all'anima dispiace assai la seconda parte) e, poichè siamo "superiori" a certe cose, ecco che crediamo che il NOSTRO SENSO sia ben altrove, pertanto, aiutati da nostri attributi superiori (coscienza, intelletto, spiritualità) passiamo il tempo a forgiarci SENSI DELLA VITA più o meno personalizzabili o brevettabili.

Per quanto poi concerne piacere e sofferenza (inestricabilmenti tra loro connessi come poco sopra accennato).........essi sono il prezzo che dobbiamo pagare alla nostra "superiore" sensibilità fornitaci dalla coscienza-anima. Oppure pretenderemmo pure di viaggiare in prima classe gratis ?.

Se il viaggio non piace più, basterà rinunciare al possesso della coscienza per an-nichilire finalmente ogni genere di dis-piacere. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#5
Citazione di: paul11 il 22 Luglio 2021, 19:12:29 PM


XPhyroSphera


Quello che tu chiami "atteggiamento mentale" è l'approccio culturale moderno e soprattutto post moderno. Ed è determinato dalla Tecnica. Quando la scienza moderna diventa potenza tecnologica , l'uomo diventa volontà di potenza assoluta e ritiene quindi di determinare il proprio destino grazie alla tecnica che diventa salvifica surrogando l'Essere ( lo sostituisce ,ma non lo supera culturalmente, e questo è il motivo per cui Dio non è morto, e la metafisica non è morta: in quanto insuperabili ).
Il soggettivismo moderno  è il porre la volontà umana al centro dell'universo per piegarne le forze fisico naturali, ma facendo ciò ha piegato anche se stesso , il proprio "essere" come banale e semplice costituzione di metabolismi immagine di funzioni organiche e meccanicistiche  al proprio ego smanioso di conquiste. L'uomo ridotto a meccanismo organico non è più la  tecnica, perché è la tecnica che ormai precede l'uomo che l'ha costituita, come artefice del proprio destino, per cui l'umanità verrà stritolata dalla propria creatura.





Non sono d'accordo con nessuno dei post precedenti, e in particolare con quanto quotato, che però a me sembra esemplare e riassuntivo di tutti i precedenti,e meglio criticabile, ma solo perché più chiaro.
e più sincero, senza giri di parole.
In particolare in quanto sopra quotato è racchiuso in modo esemplare secondo me l'apparente paradosso fra l'essere e il divenire.
Cosa è che stritola veramente l'umanità "in quanto è umanità "? È il suo divenire che nell'evoluzione della tecnica meglio viene esteriorizzato e quindi meglio si evidenzia. E quindi facile perciò additare l'evoluzione tecnica come colpevole, piuttosto che additare direttamente il divenire, cioè ciò che mette in crisi l'umanità in quanto è, fino a giungere al paradossale dominio della tecnica sull'umanità, espressione che non può avere alcun senso logico essendo solo un modo paradossale di esprimere un umano disagio.
Ma non si tratta di un paradosso gratuito.
In un certo senso si può ben dire che la tecnica uccida l'umanità, ma solo nello stesso senso secondo cui  si potrebbe metaforicamente dire che i figli uccidono i padri.
Resta poi solo da condire il tutto con una fantomatica volontà di potenza che sembra una forma aggiornata del peccato originale..


Se non si può negare il divenire, si può però sempre maledire la tecnica.
Magari invece basterebbe solo aggiornare una definizione di essere cambiandola con una che ci faccia vivere più  in pace con noi stessi, accettandoci quali siamo , tecnica compresa.
Una definizione di essere che faccia pace col divenire.

Nessuno negherà certo che noi siamo tecnica, perciò è come se si volesse spacciare un nuovo peccato originale che separi la tecnica buona di una volta e quella cattiva attuale.
Non si può negare un salto nella tecnica, ma non perciò vi è discontinuità.
Non capisco poi tutta questa avversione verso i filosofi nichilisti.
Fra mille anni saremo ancora qui a chiederci cosa veramente volevano dire.
Cosa abbiamo da temere veramente dunque da loro?


Severino alla fine della sua carriera forse, dico forse, ha capito finalmente FN?
Si, ma solo forse.
Bella impresa , davvero.
Vale la pena perseverare.
Avanti così.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

Ogni declinazione nostalgica del nichilismo è un sentiero interrotto. Dovremmo forse rimpiangere harem, crociate e pogrom per trovare un antidoto al "male assoluto" della tecnica e della sua illusoria liberazione ?

Anche Nietzsche-Zarathustra, non certo tenero con le acefale giullarate dell'ultimo uomo immerso nell'alienazione capitalistica, ad un certo punto dovette decidersi a seppellire il cadavere dell'ultimo dio che si era caricato sulle spalle. Puzzava troppo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

PhyroSphera

#7
Citazione di: Jacopus il 22 Luglio 2021, 18:44:06 PM
Per prima cosa ti ringrazio per l'apertura di questa discussione. Qui siamo davvero in campo filosofico. Ho però delle obiezioni da rivolgerti. La posizione di Severino sull'eternità dell'essente è una posizione esattamente contrapposta a quella dell'eterno come mistica. Non è pertanto un semplice difetto parziale di veduta ma una visione che tenta di superare sia il pensiero teologico (o mistico), sia il pensiero scientifico (o moderno), a cui rivolge la critica di essere impostato comunque in termine di "padrone-servo", esattamente come l'eterno metafisico tradizionale si impone nei confronti del divenire, semplice palcoscenico del suo "stare". Lo stare di Severino è inteso invece nel senso di un "destino" contemporaneamente eterno e vivo in ogni attimo del vivente, escludendo in questa concezione ogni volontà di asservimento di un assoluto eterno, nei confronti del non-eterno.
Questo per quanto riguarda il maestro Emanuele Severino.
A proposito della tua impostazione ho inoltre da obiettare che la tua ipotesi di utilizzare il pensiero mistico come strategia di ripiego, qualora il pensiero razionale deduttivo non fosse sufficiente, mi sembra una strategia non adeguata alla complessità della materia. Un guardare all'indietro, dirsi se non è possibile trovare un logos assoluto coerente con il mondo, allora tanto vale riappropriarsi delle categorie del passato. Ma l'eterno di Severino dice proprio questo, ovvero che l'eterno è tale come destino, come negazione del divenire visto come peso schiacciante del passato sull'agire umano ed accettazione del divenire come compimento dell'agire umano, un eterno ritorno nietzschiano, che è una teoria opposta a qualsiasi nostos, o eterno ritorno nel pensiero greco, dal quale deriva il pensiero metafisico e religioso occidentale (senza dimenticare che il pensiero greco ha offerto anche una direzione opposta, ovvero legata al mito di Prometeo e al superamento di ogni visione servo-padrone).
Nel link finale, Severino lo dice molto meglio di me.


https://www.youtube.com/watch?v=5mSd6PWdmfM


Non ho inteso col mio messaggio riproporre il pensiero di E. Severino tal quale esso è, semmai ho riecheggiato quello del suo antagonista G. Bontadini ma non ripetendolo.

Passando dalla considerazione degli enti alla considerazione delle cose non è possibile spiegare la realtà senza ricorrere al pensiero del divenire: se non altro perché il tempo costituisce una sommatoria di eventi nella quale nulla va perso ma col prodursi di cambiamenti. In tal senso la legna non è la sua cenere (futura) ma nell'evento della legna che brucia c'è una trasformazione — si pensi pure oltre che alla cenere ad una essenza risultato del bruciare (sorta di panpsichismo, filosofico). Insomma per evitare il nichilismo io suggerisco di non restare entro la sola prospettiva ontologica ma di prospettarsi le cose nel tempo inteso come sommatoria, indubbiamente complessa e articolata e nonostante le apparenze mostrino nullità ove la ragione attesta riduzione di cose ad essenze. Ciò ultimo ontologicamente Severino lo definì qual oltrepassamento. Senza dubbio Severino sviluppava una concezione immanentista dell'essere che io non nego ma integro con una concezione trascendentalista, similmente a quanto fece Bontadini nella sua diatriba con lo stesso Severino. Integrando indubbiamente non si ritrova medesima realtà precedente ad integrazione.

(Quanto al video...)
Alla interpretazione heideggeriana di Nietzsche qual riferimento imprescindibile per la filosofia contemporanea preferisco quella jaspersiana della filosofia nietzschiana qual retorica invincibile del mondo contemporaneo... Ovvero non penso che Nietzsche abbia inteso accantonare il pensiero antico e tantomeno quello greco. Sicuramente Severino ha proposto una alternativa al pensiero greco ma in questo senso il suo operato ha raggiunto risultati relativi, discutibili, ridotti per destinazione.


MAURO PASTORE

Kobayashi

Il presupposto che non mi convince del post iniziale è il rapporto divenire-nichilismo.
Ci sono state filosofie nell'antichità che proprio a partire dall'evidenza del divenire ritenevano possibile l'esperienza del piacere puro di esistere, di passare attraverso l'essere. Quindi il divenire, l'evidenza della dissoluzione delle cose non significa annientamento del senso di ciò che è esistito.
Solo ciò che è eterno ha senso?

Il nichilismo, considerato come una fase della nostra civiltà, è meglio espresso secondo me dalla svalutazione del senso umano dell'apparato tecnico-scientifico.
Ma tale svalutazione è già implicita nella ricerca degli universali della metafisica: un universale in quanto tale deve escludere ogni particolarità, ogni aspetto personale, soggettivo etc.
Le leggi scientifiche esprimono questa perfetta universalità riducendo tutto a rapporti quantitativi.
La scienza ha insomma realizzato il sogno della metafisica.
Del resto la filosofia fin dal suo inizio è stata abbagliata dalla scienza (dalla geometria di Euclide).

Vale la pena sacrificare tutto ciò che è personale, soggettivo, quando tramite tale sacrificio si arriva a scelte condivise, in quanto riconosciute vere dalla razionalità comune, e apportatrici di miglioramenti generali.
La sottrazione di ciò che è particolare però è implacabile. Presto si finisce per dover ipotizzare fondamenti assoluti praticamente vuoti come il Dio garante dei filosofi. Garante di regole generali che nel mondo umano (non in ambito scientifico) sono sempre state imposte in realtà più dalla spada che dal consenso dei singoli.

Se il sacrificio del soggetto richiesto dal sapere epistemico non salva, allora bisogna accantonare la metafisica e rivolgersi al vero sapere epistemico, quello scientifico. Il quale promette la redenzione del mondo tramite una sua radicale trasformazione. Ma tale trasformazione solo in parte corrisponde ai desideri umani, perché il suo procedere è impersonale, proprio per la sua natura, per la sua struttura.

Così ora si sperimenta il sacrificio di se in quanto persone libere all'apparato tecnico-scientifico, oltre che agli altri apparati che controllano la realtà (l'apparato industriale-militare, l'apparato burocratico-amministrativo) e ne razionalizzano ogni aspetto.

E dunque eccoci nella condizione di un nichilismo radicale in quanto è del tutto chiaro che la realtà è organizzata nella più assoluta indipendenza rispetto al senso umano delle cose. L'impotenza della politica è uno dei sintomi più evidenti (impotenza anche solo nel pensare "che cosa fare?").

È la parabola occidentale di un sapere che ha identificato saggezza ed episteme. Ma il miglioramento dell'uomo, della sua anima, della sua spiritualità, che sarebbe dovuto venire dal sapere epistemico, metafisico prima, scientifico poi, non è arrivato, anzi...

Una strada possibile potrebbe essere quella quindi di ripensare in altro modo la saggezza.

iano

#9
@kobayashi.
In effetti qualcosa mi sfugge, ma rimane comunque una impressione di saggezza nel leggerti.
La scienza non può certo salvare l'umanità, sia perché la scienza stessa  è l'umanità,sia perché non è chiaro da cosa dovrebbe essere salvata.
La confusione nasce dal non specificare sempre bene se si parla di individui, di specie cui appartengono, o di viventi in genere.
Spesso si parla di uomo come se si parlasse di umanità.
E l'individuo che aspira a salvarsi.
Ma salvarsi da cosa, dalla sua umanità?
Dal suo imbarazzo di sentirsi unico, eppure uno fra tanti?
L'etica si riferisce al comportamento individuale, non certo a quello dell'umanità, ne' tanto meno dei viventi tutti.
Ma le esperienze che stiamo vivendo in diretta hanno posto in evidenza il fatto che ci si salva tutti insieme, come umanità, e ancor meglio come viventi.
L'individualta' però' non è un peccato da espiare, perché senza di essa l'intero insieme dei viventi perderebbe il suo senso
Nella misura in cui siamo liberi individui diamo senso all'umanita', ma senza illudersi di essere del tutto liberi, essendo umanità.
Non dobbiamo salvarci da nulla, ne' tanto meno da noi stessi.
I problemi non si risolvono negandoli.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Kobayashi

@iano.
Da che cosa l'uomo dovrebbe salvarsi? Dal male, dalla sofferenza, dall'ingiustizia.
Nell'antichità, nel momento in cui fa irruzione la filosofia, abbagliati dalla potenza del logos, ci si convince che il bene della polis verrà dal discorso filosofico, dall'evidenza dei suoi ragionamenti. Non più dalla persona saggia, esperta.
In questo senso c'è, almeno nel filone metafisico, l'unione di episteme e saggezza: la verità filosofica porta al bene.
La scienza si è fatta carico della stessa promessa di redimere la realtà, trasformandola però, rendendola più sopportabile. E raggiungendo successi straordinari. Ma l'apparato tecnico-scientifico procede secondo una sua logica immanente che non ha come obiettivo finale rendere questo mondo un giardino per l'uomo. Quindi bisogna riconoscere – cosa, del resto, evidente – che non c'è saggezza nel suo procedere.
Ora la vicenda della metafisica, nel senso della fondazione di sistemi metafisici, al di là di tentativi personali legittimi ma culturalmente irrilevanti, si è chiusa.
Non è lo stesso per la saggezza.
Ecco spiegato il ritorno di interesse per una pratica filosofica che ha come obiettivo la saggezza, la quale appunto secondo questo ordine di idee non coincide più con la verità epistemica.
Si potrebbe anche dire che, sempre secondo questo ordine di idee, la fase gnostica del sapere occidentale è terminata (cioè la fase in cui la salvezza e l'illuminazione – e quindi la saggezza – venivano dalla comprensione della verità di una metafisica: la trasformazione del soggetto, il suo cambiamento, la sua conversione, dalla sola comprensione di una dottrina).

PhyroSphera

Citazione di: Kobayashi il 24 Luglio 2021, 13:28:06 PM
Il presupposto che non mi convince del post iniziale è il rapporto divenire-nichilismo.
Ci sono state filosofie nell'antichità che proprio a partire dall'evidenza del divenire ritenevano possibile l'esperienza del piacere puro di esistere, di passare attraverso l'essere. Quindi il divenire, l'evidenza della dissoluzione delle cose non significa annientamento del senso di ciò che è esistito.
Solo ciò che è eterno ha senso?


Intendevo ed intendo per nichilismo il pensare la realtà come se non fosse e non intendevo né intendo riferirmi al nichilismo quale svalutazione di realtà, fosse inopportuna o fosse opportuna — in tal ultimo novero ci sarebbero le forme nichiliste dell'epoca postmoderna. Non ne ho specificato nel titolo perché in fondo la parola in sé stessa non significa soltanto svalutazione.

PhyroSphera

Citazione di: Kobayashi il 24 Luglio 2021, 17:04:40 PM

Si potrebbe anche dire che, sempre secondo questo ordine di idee, la fase gnostica del sapere occidentale è terminata (cioè la fase in cui la salvezza e l'illuminazione – e quindi la saggezza – venivano dalla comprensione della verità di una metafisica: la trasformazione del soggetto, il suo cambiamento, la sua conversione, dalla sola comprensione di una dottrina).


Si può dire che il ruolo fondamentale della gnosi nella cultura contemporanea è per lo più sostituito dalla gnoseologia la quale è sovraordinata alla epistemologia. Per tale stato di cose i tecnicismi non hanno ancora prevalso sulla stessa umanità creatrice della tecnica e non c'è più bisogno di basarsi su sistemi metafisici — ma ciò libera il pensiero metafisico da schemi troppo rigidi e ne consente ancora... solo che non ve ne resta la preminenza di una volta — restando però necessario ricorrere alla metafisica.


MAURO PASTORE

paul11

 

@ viator
E chi  non si riproduce, non crea figli, forse non vive? L'uomo può farlo o per natura, perché è sterile o per scelta culturale, per volontà non vuole avere figli. La vita umana non è riducibile interpretativamente come un coronavirus, l'uomo ha un coscienza che per la scienza è "invisibile", quindi indeterminabile e indimostrabile: questo è il limite della scienza e relativa ideologia del pensiero: lo scientismo. La vita umana è bios e zoe.


Ti contraddici  se poi attribuisci  all'uomo proprietà e caratteristiche che non ha il bios dei regni animale e vegetale. E' proprio questa interpretazione culturale, o individuale, personale, della vita, che ci rende anche singolarmente unici.


@iano


la tecnica, è evidente storicamente, è figlia proprio della metafisica, se si ha la voglia e volontà di studiarla, prima di scrivere.....imprecisazioni.
E' Euclide che già postula i fondamenti della geometria, è Aristotele che nella sua opera Organon che indica i principi del silligismo , analitica, topica, confutazione sofistica....insomma.
Lo strumento logico insieme a geometria e matematica hanno costituito i linguaggi che hanno permesso di primeggiare nella tecnica da parte della cultura Occidentale. Il sillogismo deterministico in Aristotele  anticipa di quasi due millenni la scienza di  Galileo. Vuol dire non solo osservare il fenomeno, ma poterlo descrivere nella forma logica matematica: questo è il fondamento della Tecnica, non esiste una scienza moderna senza un protocollo di logica, e le leggi infatti sono la sintesi nel linguaggio logico e matematico di come il linguaggio umano trasferisce nei segni il fenomeno osservato fisico naturale.
Con la nascita della scienza moderna sperimentale "classica" si ha una rapida evoluzione tecnologica fino a diventare esponenziale. L'uomo passa rapidamente dal contado alla fabbrica. Nell' Ottocento la città più industriale al mondo Manchester contava il 94% dei lavoratori come operai, oggi sono circa un terzo. L'accelerazione della tecnica sconquassa i fondamenti della filosofia politica, perché riconfigura sempre più velocemente (oggi siamo alla terza o quarta rivoluzione industriale)) l'assetto socio economico e con esso quello culturale che dovrebbe sovraintenderlo. In verità la scienza che dovrebbe essere predittiva diventa a sua volta asservita allo spirito moderno della tecnica, che dona in continuazione alle applicazioni militari e civili, armi per il potere militare e "ricchi premi e cotillon" al disorientato uomo moderno . La tecnica prende il posto di "Dio" poiché diventa salvifica per l'occidentale e gli da potere sugli altri popoli. La capacità di applicazioni materiali rende l'uomo meno schiavo delle primarie necessità . Ma questa tecnica è così veloce che così come l'uomo doveva adattarsi alle origini alla natura, oggi si adatta alla cultura che domina la stessa natura divenuta "risorsa" e quindi "bene" economico da sfruttare. L'uomo segue, come la sua cultura che ne ha decretato il potere salvifico,  la tecnica, che infatti è indeterminabile in quanto nessuno può predire come sarà il mondo fra dieci ,venti anni......inarrestabile, in quanto essendosi consegnata ad essa per  il dominio del potere, nessuno vuole rinunciarvi. Quindi la tecnica stritola nei suoi ingranaggi gli stessi umani che sono stati resi come una componente organicista, meccanicista, dove la vita è ridotta allo stesso parametro di un virus, dove la logica matematica , i dati le statistiche, sono numeri , ma dietro a quei numeri quantitativi vi stanno vite qualitative.


Non è mai esistita nella storia dell'umanità un umano che nella sua vita deve continuamente adattarsi a continue velocità tecnologiche che mutano , basta guardare le continue trasformazioni nel mondo del lavoro. La tecnica è così impattante nelle sue declinazioni applicative nella vita civile , e non solo, che il vecchio è inadeguato, mentre un tempo  era il saggio,  un uomo diventa obsoleto come una macchina, e questo entra nella coscienza del disagio e dificoltà di "come ci si sente" per un uomo. Ciò  significa che se la tecnica è stata partorita da mente umana per avere potere e ricchezza, per star bene economicamente, materialmente, da tempo ormai sfugge a qualunque tentativo di poterla "domare" , ma proprio perché da potere. Quindi è la tecnica che precede l'uomo e non può che generare conflittualità ingestibili da parte della cultura moderna e postmoderna che l'ha voluta e tuttora la vuole per i propri piaceri e desideri egoistici.
Non dimentichiamoci che la fisica dell'atomo e l'ingegneria genetica, forse le due più potenti branche scientifiche, hanno creato bombe atomiche e .......un covid, perché nessuno e ribadisco nessun potere costituito mondiale può arrestare la ricerca e l'innovazione, anche a danno dell'uomo stesso : tutti vogliono il potere tecnico.

PhyroSphera

Citazione di: paul11 il 24 Luglio 2021, 19:21:26 PM

Non dimentichiamoci che la fisica dell'atomo e l'ingegneria genetica, forse le due più potenti branche scientifiche, hanno creato bombe atomiche e .......un covid, perché nessuno e ribadisco nessun potere costituito mondiale può arrestare la ricerca e l'innovazione, anche a danno dell'uomo stesso : tutti vogliono il potere tecnico.


Assolutamente va precisato che il "covid" non è un prodotto di laboratorio.


MAURO PASTORE

Discussioni simili (5)