conoscenza e critica della conoscenza

Aperto da davintro, 15 Agosto 2016, 18:26:43 PM

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sgiombo

Citazione di: maral il 01 Ottobre 2016, 22:37:02 PM


L'ente appare sempre in un cerchio dell'apparire o in un altro, quindi per Severino in qualche luogo è. I cerchi dell'apparire (quell'essere in scena o fuori scena di cui sopra) non sono niente di fantascientifico, nessun universo parallelo. Sono semplicemente la coscienza degli osservatori, sono gli stessi esseri umani, ogni essere umano in relazione a tutti gli altri, niente di più. Quando l'ente non appare alla mia coscienza è nella coscienza di qualche altro ente umano con cui sono direttamente o meno intrecciato, è la storia che a qualcun altro appare. Se mio nonno che è morto tanti anni fa non è qui, e quindi non appare, è per quell'ente maral bambino che pure è e che, pur non essendo il maral ormai vecchio di ora, qualcosa in comune con lui ce l'ha.

Citazione 
Mi sembra che si tratti semplicemente di uno "spostamento" e non di una autentica risoluzione del problema (come dire che la terra è sulle spalle di Atlante, il quale è sulla groppa dell' elefante, il quale è sul guscio della tartaruga...).
 
Il nonno di Maral, morto tani anni fa, continua ad essere reale ma non qui, cioè non appare a noi oggi, bensì è altrove (in un altro "cerchio"), e cioè appare a Maral-bambino.
Il quale pure è reale allo stesso modo del nonno, cioè continua ad essere reale ma non qui, cioè non appare a noi oggi, bensì è altrove (in un altro "cerchio"), e cioè appare a qualcun altro (suo coevo).
Siamo al punto di partenza: dov' é quell' "altrove" in cui è tuttora reale Maral-bambino e conseguentemente, apparendo a lui, il suo nonno (morto) da vivo?
Appare forse ai compagi di scuola del Maral-bambino?
Ma questi sono reali allo stesso modo del nonno di Maral e di Maral-bambino; ergo: non qui  ma "in un altro cerchio", ovvero appaiono altrove....

La cosa che mi lascia perplesso semmai è che nella Gloria l'ente deve apparire in ogni cerchio dell'apparire e nella Gioia della Gloria questo accade concretamente a ogni ente. Non so, forse questo può accadere nel momento in cui la Terra Isolata (questa nostra terra in cui gli enti si manifestano mutilati, quindi sopraggiungono non sopraggiungendo) può apparire compresa nel Destino.

CitazioneRilevo in quest' ultimo discorso, peraltro anche indipendentemente da ciò a me del tutto incomprensibile (minchia! -mi si scusi la licenza poetica- i dogmi della chiesa Cattolica sono meno incomprensibili e astrusi!), una patente contraddizione:

"questa nostra terra in cui gli enti si manifestano mutilati, quindi sopraggiungono non sopraggiungendo" (sottolineatura mia).



sgiombo

Citazione di: Sariputra il 02 Ottobre 2016, 11:52:09 AM

E' l'autunno Sgiombo, fa questo effetto di melanconica introspezione, di riaffiorare alla memoria degli "enti ricordi". Si potrebbe, severinianamente, anche definirlo come l'apparire dell'"ente autunno"... ;)

Citazione(Spero mi si perdoni la contravvenzione alle regole del forum; fantozziana attenuante: ce n' é stata anche qualche altra sinimile).

Bellissima la "firma"!

Vado subito in Google a cercare qualche norizia sul suio autore.

maral

Mi pare che le risposte di Davintro e Phil possano concordare su questo punto; l'identità (l'immutabile che sostanzia l'ente, per cui tutto il resto può variare, mentre l'ente resta lo stesso) è il progetto, ossia il disegno dell'individuo in potenza: il seme in atto è in potenza la pianta che sarà (il progetto della pianta) e la pianta in atto è la potenza del seme che fu, come il bambino in atto è in potenza l'uomo che sarà e l'adulto in atto è la potenza del bambino che fu. Questo discorso poggia sulla metafisica aristotelica che ha insegnato all'Occidente a pensare (e quindi ha dettato, che lo si voglia o meno, come leggere il mondo) e infatti lo stesso discorso è della scienza attuale che vede le cose alla stessa maniera, anzi, sia nella pianta che nell'uomo e in ogni essere vivente, a differenza di Davintro, identifica e nomina precisamente quella potenza con il genoma che esprime il progetto.
Il problema però, come nota Severino, è che il concetto di potenza ripete la stessa contraddizione del divenire (infatti divenire è potenza, la sola potenza): essere in potenza significa essere non essendo ciò che si è, ma potendolo diventare, infatti se il seme è in potenza la pianta che sarà non è il seme che realmente è (in atto), ma lo si considera come se lo potesse diventare. E' chiaro che se A è A resta contraddizione dire che A è B (ove B non è A) e dire che A è A ed è B in potenza (o per progetto che lo vuole far diventare B), non è che rendere più evidente la medesima contraddizione.
E' chiaro che per Severino A=A significa un'identità assoluta, A, qualsiasi cosa concretamente sia, non può mai essere diverso da se stesso, può diventare diverso da se stesso solo annientandosi come A. Con questo la memoria non è lo scherzo di un maligno, ma è fenomeno autentico dell'apparire che riguarda il presente, di cui il passato e il futuro non sono che presenti modi di essere. L'istante temporale infatti non può esistere realmente se non come istante di significato che è qui, adesso e perciò in eterno pur mostrandosi e nascondendosi nel gioco dell'apparire. Questo presente non è presente, se presente lo si vede in contrapposizione con passato e futuro, ingloba tutto e semplicemente è.
Nell'esempio che fa Phil per cui possiamo dire a un certo punto di una serie in progressione che il seme al tempo t9 è la pianta al tempo t1 è una contraddizione in quanto se è vero che il seme al tempo t 9 è la pianta al tempo t1, il seme al tempo t9 non è il seme al tempo t1 ove non era pianta al tempo t1, dunque non possiamo dire che A(t1) e A(t9) sono lo stesso seme. A ogni istante ogni seme è sempre uguale a se stesso e fra t1 e t9 ci sono semplicemente 9 semi diversi ognuno identico a se stesso, non un unico seme che si trasforma 9 volte.
Se ancora diciamo "Severino è un filosofo" invece non ci contraddiciamo, poiché la frase è vera (e Severino lo spiega lungamente) solo se significa che "Severino come filosofo è quel filosofo che è Severino come filosofo", il che è ovviamente diverso dal dire che Severino diventa il filosofo che prima non era.
Se si vuole trovare un parallelo tra la concezione severiniana e una teoria fisica non credo sia nella legge di conservazione della massa-energia da cercare (che invece fa riferimento alla concezione aristotelica di sostanza); ma nel modo con cui la fisica classica e soprattutto quella relativistica descrivono il tempo: Il tempo è qui rappresentato come una linea spaziale, in cui ogni punto è raggiungibile partendo da ogni punto della linea. Ossia ogni istante del tempo è un luogo esistente dello spazio, dunque passato e futuro non sono altro per il fisico relativista (ma anche per quello classico, solo che non se ne era ancora reso conto) che momenti spaziali  tutti insieme presenti.     

maral

Sgiombo, in breve, ho già detto che esistono molti modi diversi per dire la stessa cosa (ognuno dei quali si riferisce a un aspetto particolare di quella cosa e ai contesti diversi in cui esso risalta particolarmente), così come può esistere un solo modo di nominare molte cose diverse (partendo da qualcosa in comune tra loro ed è esattamente quando si usano i nomi comuni come cane, gatto, uomo), ma nessuno di questi nomi è arbitrario né convenzionale. Passeggiando in un parco Tizio non ha mai detto a Caio "guarda, un tree!", e Caio ha risposto "no guarda che quello è un albero, mi piace di più chiamarlo così", proprio come passeggiando lungo un corso d'acqua Sempronio ha mai detto "questo è l'Eridano!", subito contestato da un altro a cui veniva più facile chiamarlo Po, per cui alla fine si sono messi democraticamente d'accordo che potevano chiamarlo in entrambi i modi. Ogni denominazione ha la sua necessità originaria che deriva da ciò che nomina nei particolari posti in evidenza dai contesti in cui appare e il nome ne è subito il riassunto pubblico, detto ad alta voce per tutti.
Tu continui a dirmi che il nome non è la cosa, e chi lo nega! Ma resta il fatto che nome (quanti ce ne possano essere per quella cosa) e cosa sono sempre strettamente legati fin dal principio, non sono la stessa cosa, ma vanno sempre in parallelo, dove c'è l'una c'è l'altro, perché il nome dà alla cosa il significato e non c'è cosa senza significato se è vero che c'è qualcosa, qualsiasi cosa essa sia, dato che solo il nome può dire cos'è.
Chi scala il Monte Bianco, non scala il nome "Monte Bianco", ma scala quello che solo quel nome "Monte Bianco" significa e rappresenta, quindi, in tal senso, è proprio quel nome che scala, perché comunque ne scala il significato che solo quel nome e non un altro ci mostra, con tutte le implicazioni di significato che quel nome possiede e lo lega ad altre parole, per quanto ti possa sembrare assurdo.
Capisco che il tuo intento è mantenere una salda presa sulla realtà delle cose, non confondendo cavalli e ippogrifi dato che ad entrambi si può dare un nome, quindi sai mai che a qualcuno potesse passare per la testa di galoppare in cielo su un ippogrifo dato che ha un nome e dei significati, ma proprio perché il nome è legato alla cosa che nomina attraverso il suo significato questa confusione è impossibile, non perché il nome è una pura etichetta che uno mette a piacere come gli pare e dove gli pare, d'accordo o in disaccordo con gli altri, d'accordo o in disaccordo con la realtà.   

Phil

Citazione di: maral il 02 Ottobre 2016, 22:04:39 PML'istante temporale infatti non può esistere realmente se non come istante di significato che è qui, adesso e perciò in eterno pur mostrandosi e nascondendosi nel gioco dell'apparire.
Non vorrei insistere, ma il punto cieco mi sembra proprio il "gioco dell'apparire"(cit.), come funziona l'avvicendarsi degli enti? 
Ha ancora senso parlare di "istante" quando non c'è una durata? Quanto dura la manifestazione dell'ente?
Non può avere durate arbitrarie perché è autonomo, in quanto eterno... e, soprattutto, non potrò mai sapere la durata "terrena" di nessun ente perchè non so nemmeno quanto duro io come osservatore dell'ente: qui crolla tutta la gnoseologia... e persino ogni "senso" della percezione e dell'emozione...
L'ente-Phil che mi sostituirà fra poco (quando?) sarà un mio identico ma con la memoria aumentata di una "puntata"? Nessuno può saperlo, perché per saperlo questo qualcuno dovrebbe durare abbastanza da assistere sia al dissolversi del'ente Phil-1 che all'apparire dell'ente Phil-2 e poi interrogarlo: qui crolla ogni episteme...
L'ente-Phil che deve compiere una scelta relazionandosi ad un altro ente-uomo, non è lo stesso ente che attuerà la scelta presa: qui crolla ogni etica, ogni politica, ogni socialità (chi va in carcere è lo stesso ente che è stato condannato?).

Prospettiva suggestiva quella dell'eterna intermittenza degli enti eterni, ma è piuttosto contraddittoria con l'esperienza e mi sembra che, per tutelare filosoficamente il concetto di l'eternità, renda impraticabile e paradossale gran parte del pensiero "pratico" (che nondimeno continua a "funzionare"...).

sgiombo

Citazione di: maral il 02 Ottobre 2016, 22:45:40 PM
Sgiombo, in breve, ho già detto che esistono molti modi diversi per dire la stessa cosa (ognuno dei quali si riferisce a un aspetto particolare di quella cosa e ai contesti diversi in cui esso risalta particolarmente), così come può esistere un solo modo di nominare molte cose diverse (partendo da qualcosa in comune tra loro ed è esattamente quando si usano i nomi comuni come cane, gatto, uomo), ma nessuno di questi nomi è arbitrario né convenzionale. Passeggiando in un parco Tizio non ha mai detto a Caio "guarda, un tree!", e Caio ha risposto "no guarda che quello è un albero, mi piace di più chiamarlo così", proprio come passeggiando lungo un corso d'acqua Sempronio ha mai detto "questo è l'Eridano!", subito contestato da un altro a cui veniva più facile chiamarlo Po, per cui alla fine si sono messi democraticamente d'accordo che potevano chiamarlo in entrambi i modi. Ogni denominazione ha la sua necessità originaria che deriva da ciò che nomina nei particolari posti in evidenza dai contesti in cui appare e il nome ne è subito il riassunto pubblico, detto ad alta voce per tutti.
Tu continui a dirmi che il nome non è la cosa, e chi lo nega! Ma resta il fatto che nome (quanti ce ne possano essere per quella cosa) e cosa sono sempre strettamente legati fin dal principio, non sono la stessa cosa, ma vanno sempre in parallelo, dove c'è l'una c'è l'altro, perché il nome dà alla cosa il significato e non c'è cosa senza significato se è vero che c'è qualcosa, qualsiasi cosa essa sia, dato che solo il nome può dire cos'è.
Chi scala il Monte Bianco, non scala il nome "Monte Bianco", ma scala quello che solo quel nome "Monte Bianco" significa e rappresenta, quindi, in tal senso, è proprio quel nome che scala, perché comunque ne scala il significato che solo quel nome e non un altro ci mostra, con tutte le implicazioni di significato che quel nome possiede e lo lega ad altre parole, per quanto ti possa sembrare assurdo.
Capisco che il tuo intento è mantenere una salda presa sulla realtà delle cose, non confondendo cavalli e ippogrifi dato che ad entrambi si può dare un nome, quindi sai mai che a qualcuno potesse passare per la testa di galoppare in cielo su un ippogrifo dato che ha un nome e dei significati, ma proprio perché il nome è legato alla cosa che nomina attraverso il suo significato questa confusione è impossibile, non perché il nome è una pura etichetta che uno mette a piacere come gli pare e dove gli pare, d'accordo o in disaccordo con gli altri, d'accordo o in disaccordo con la realtà.
CitazioneIl dissenso non potrebbe essere più completo e integrale.
Riassumo le mie convinzioni per l' ultima volta (almeno in questa discussione), a meno di nuove argomentazioni da parte tua (stiamo diventando -o lo siamo sempre stati e lo saremo sempre?- ripetitivi).
Per lo stesso motivo rinuncio a reiterare critiche già espresse ad affermazioni già proposte in replica a Phil.

Anche se solitamente i sinonimi non sono perfettamente tali, i casi del del principale fiume e dei maggiori laghi italiani dimostrano che possono benissimo esistere ed esistono di fatto casi nei quali si usano diversi vocaboli per dire esattamente la stessa cosa (senza che ognuno di essi si riferisca a un aspetto particolare di quella cosa e ai contesti diversi in cui esso viene consdetata).

Il fatto stesso che le stesse cose possono essere denominate in diversi modi nelle diverse lingue dimostra a sufficienza che non é vero che ogni denominazione ha la sua necessità originaria che deriva da ciò che nomina nei particolari posti in evidenza dai contesti in cui appare, bensì che é del tutto contingente e convenzionale (nulla di rilevante cambia negli oggetti che in italiano sono detti "alberi" e in inglese "trees" e in altre lingue in altri modi ancora, né nelle circostanze in cui appaiono, a necessitare la particolare denominazione propria di ciascuna lingua).

Tu continui a confondere le cose reali anche se non denominate, pensate, predicate, conosciute con i nomi e i concetti delle cose.
Il nome ha un significato o connotazione che il parlante o pensante o scrivente attribuisce alla cosa, veracemente se questa realmente esiste; e non viceversa la cosa reale attribuisce il significato al nome: e infatti quale cosa reale  attribuirebbe il significato al nome "ippogrifo Pegaso" (il quale pure esiste)?.
E inoltre il nome può avere una denotazione reale o meno (cavalli versus ippogrifi).
Di qualsiasi cosa il nome può dire cos'è (nel caso sia impiegato in predicati veri), ma ci possono benissimo essere cose reali (e non essere pensate, conosciute: due ben diverse cose che continui a confondere) senza significato di un nome che le connoti (solito esempio delle infinite montagne su stelle lontane che nessuno ha mai visto e denominato, attribuendo un corrispondente significato a un corrispondente nome).


Chi scala il monte Bianco in nessun senso veracemente (casomai falsamente) scala il nome monte Bianco: non scala una parola detta scritta o pensata ma una montagna (la più alta d' Itala).
Prova a dire a Reinold Messner che ha scalato sette o otto nomi di montagne superiori agli 8ooo metri!
Se fosse come dici tu nessun assassino sarebbe da condannare, poiché tutti si limiterebbero a uccidere parole (che -ammesso che significi qualcosa- non credo sia un reato da galera).
Fra l' atro chi attraversa a nuoto il Po attraversa una cosa reale che non solo quel nome, ma anche quello "Eridano" significa esattamente allo stesso modo e nelle stesse circostanze.

I nomi sono "le etichette" arbitrarie dei (significati dei) concetti che connotano.
E non si possono  cavalcare ippogrifi nel cielo solo perché le cose dette "ippogrifo" non esistono, e non perché il nome "ippogrifo" (ovviamente, come tutti i nomi, anche quello di "cavallo", che denota una cosa esistente e dunque cavalcabile) è legato alla cosa che nomina attraverso il suo significato (altrimenti non si potrebbe nemmeno cavalcare un cavallo).

maral

#216
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2016, 23:18:53 PM
Non vorrei insistere, ma il punto cieco mi sembra proprio il "gioco dell'apparire"(cit.), come funziona l'avvicendarsi degli enti?
Il gioco dell'apparire è dovuto alla contraddizione che è insita nella totalità dell'ente (totalità che è necessaria se l'ente è ciò che è, perché può esserlo solo nella totalità di ciò che è). Ma questa totalità può essere colta solo tautologicamente dal pensiero astratto, concretamente no, non può apparire, dunque può apparire solo in termini formali, anche se a questi termini formali deve corrispondere una totalità e quindi la necessità del suo totale apparire. Dunque c'è una contraddizione ed è quella che Severino chiama contraddizione C, che si ripete continuamente ed è questa contraddizione che continuamente determina i sopraggiungere degli eterni nel loro apparire. La durata e dunque l'istante in cui è ascritto il significare che appare dell'ente è determinata dal contesto in cui appare, ove il contesto è la rete di relazioni che lega ogni ente a ogni altro ente.
L'ente Phil che sostituirà l'attuale ente Phil (che non diventa niente, ma resta quello che è) apparirà con l'apparire di un significato diverso che avrà, in questo contesto di significato, qualcosa di simile al precedentemente apparso. E questo non dipende certamente dalla volontà o dalla capacità cosciente di un ente Phil che possa prevederlo. Certamente crolla qui ogni senso gnoseologico, esperenziale, epistemico e morale, e crolla in quanto ogni senso che l'Occidente riconosce, direbbe Severino,  è fondato sul Divenire, compreso il senso di quegli enti privilegiati (mitici, razionali o valoriali) che si pensano eterni sperando che ci offrano riparo dal Divenire , ma che ovviamente uno dopo l'altro il Divenire abbatte sempre, poiché esso è la fede e la follia suprema che vuole che ciò che è (l'essente) possa essere (e quindi diventare) niente passando così da una forma all'altra pur rimanendo lo stesso. Ma anche tale fede che è la fede della Terra Isolata (isolata in quanto in essa si intende isolare una parte dell'ente per prenderla come totalità, come se fosse l'intero di quell'ente stesso), peraltro è un eterno, è l'errore eterno sempre essente, proprio come ogni altro ente (e come ogni altro ente, in ogni ente esso sorge e tramonta).

Ps non per nulla Sini dice che non è opportuno leggere in pubblico certi passi di "Dike" per quanto significativi, si rischia di passare per matti totali di fronte al senso comune delle cose.:)

maral

#217
CitazioneTu continui a confondere le cose reali anche se non denominate, pensate, predicate, conosciute con i nomi e i concetti delle cose.
Sgiombo, come si fa a non confondere le cose reali se non appunto denominandole, pensandole e predicandole? Come si fa a non confondere le cose reali (ove "cosa reale" è pur sempre un nome, come lo è "cosa irreale" e la stessa differenza che corre tra loro) se non nel significato che il nome ci riflette?
Noi, esseri umani, è sempre con dei significati che abbiamo a che fare e i nomi sono i segni e i segni accadono significando, e significando qualcosa dicono e altro nascondono sempre, ma non perché noi decidiamo razionalmente di farli significare quello che significano quando potrebbero tranquillamente significare qualsiasi altra cosa ci passasse per la testa. Un monte sarà sempre un monte perché c'è una parola "monte" che non è nata pescando a caso due sillabe e che ci dice cos'è, come si presenta e ciò che implica in oggetto.

paul11

Mah.....ho l'impressione che ognuno abbia detto nella discussione qualcosa di giusto.
Forse l'identità è semplicemente nel "sono",così asciutto ,scabro, senza attributi, proprietà,semplicemente
ontologico. Il problema è che non basta a se stesso, cosa potrebbe voler dire "sono" se non mi conosco se
non so definirmi.La nave direbbe "sono", Teseo direbbe "sono" ogni cosa potrebbe dire "sono".
il problema passa dall'ontologia alla sua contraddizione gnoseologica aprendosi alla definizione linguistica, agli attributi, proprietò, perchè quei "sono" devono essere separati per definire ogni cosa, e descrivere è scindere quel "sono" dagli altri "sono".La convenzione potrebbe essere la relazione che dichiara che una nave ,anzi proprio quella nave è di Teseo e non di altri.L'appartenenza dichiara una relazione e unisce gnoseologicamente una storia:E la storia necessita di un divenire, del tempo.
Per quanto la nave e Teseo possano mutare storicamente, ontologicamente rimangono immutabili,sono e saranno sempre loro identitariamente.Il processo gnoseologico, ovvero di conoscenza, quindi implicante il tempo, determina mutamenti, il fatto che parti della navi o totalmente, ma mai nello stesso tempo mutano in toto, mantiene l'origine ontologica dell'identità.Ed è proprio la memoria, ovvero la storia, che permette di paragonarci al passato,con il presente e il futuro.Dire che siamo cambiati, presuppone un origine di paragone.
C'è qualcosa di severiniano in tutto questo, è come se l'identità necessita di una contraddizione,Non bastando il "sono" è come se l'identità chiedesse a se stessa di riconoscersi, aprendosi alla conoscenza, linguistica, narrativa, relazionale.E per quanto possa perdersi nei meandri del destino, della sua storia o delle storie nel caso della nave e di Teseo, persino nella stessa memoria, nella sua coscienza, nella sua volontà, rimane anche all'immemore che non sa( e quindi non può riconoscersi nè riconoscere) quel "sono" ontologico.
Come dice Jean, la nave marcirà, Teseo morirà,finiscono la loro cognizione, la loro storia,la loro memoria ma tutte legate al loro agire,alla volontà, ma non finisce la memoria convenzionale di chi può ricordarli e di nuovo rinarrarli.
In fondo Pirandello dà vita narrando ai suoi personaggi, e linguisticamente, convenzionalmente comunica al lettore la loro storia.Noi siamo memoria di uno smemorato quando gli raccontiamo la sua storia anche se lui non può ricordare.siamo noi a quel punto parte di lui ,ma in lui rimarrà sempre ontologicamente il "sono" anche se non sarà in grado di riconoscersi.

sgiombo

#219
Citazione di: maral il 04 Ottobre 2016, 23:30:13 PM
CitazioneTu continui a confondere le cose reali anche se non denominate, pensate, predicate, conosciute con i nomi e i concetti delle cose.
Sgiombo, come si fa a non confondere le cose reali se non appunto denominandole, pensandole e predicandole? Come si fa a non confondere le cose reali (ove "cosa reale" è pur sempre un nome, come lo è "cosa irreale" e la stessa differenza che corre tra loro) se non nel significato che il nome ci riflette?
Noi, esseri umani, è sempre con dei significati che abbiamo a che fare e i nomi sono i segni e i segni accadono significando, e significando qualcosa dicono e altro nascondono sempre, ma non perché noi decidiamo razionalmente di farli significare quello che significano quando potrebbero tranquillamente significare qualsiasi altra cosa ci passasse per la testa. Un monte sarà sempre un monte perché c'è una parola "monte" che non è nata pescando a caso due sillabe e che ci dice cos'è, come si presenta e ciò che implica in oggetto.
CitazioneReitero le stesse obiezioni alle stesse affermazioni proprio perché "tirato per i capelli".

Denominando diversamente (in modo del tutto arbitrario) le cose reali (denotate da concetti) si può cercare di evitare di confondere le une cose reali con le altre cose reali (ma si può sempre sbagliare).

Ma quel che tu continui a confondere sono le cose reali (genericamente intese, non distinte fra loro) e i concetti (genericamente intesi, non distinti fra loro) con i quali le pensiamo, che ad esse si riferiscono, di cui (se si tratta di cose sono veramente reali e non puramente  immaginarie) esse sono le denotazioni.
E' ovvio che noi umani pensiamo per concetti dotati di significato ("abbiamo direttamente a che fare" con dei significati), ma possiamo pensare puri concetti mentali -"enti (ed eventi) di pensiero", immaginari- oppure enti (ed eventi) reali anche indipendentemente dall' essere eventualmente pure pensati, i quali ultimi sono denotati da concetti simbolizzati da vocaboli (arbitrariamente scelti e convenzionalmente condivisi), ma con tali concetti non si identificano affatto (esistendo o accadendo anche in assenza dei concetti stessi, di noi che li pensiano).

Noi decidiamo razionalmente (e arbitrariamente) di far significare alle parole quello che significano quando potrebbero tranquillamente significare qualsiasi altra cosa ci passasse per la testa: potremmo benissimo chiamare "fiiumi" le montagne e viceversa, che tutto filerebbe liscio, ci intenderemmo benissimo (altrtettanto bene di come ci intendamo chiamando "montagne" le montagne e "fiumi" i fiumi), e le cose resterebbero le stesse: le montagne montagne, i fiumi fiumi.

Nessuna montagna ha mai detto ad alcuno: "Il mio mome é <<montagna>> e così dovete chiamarmi e non altrimenti", né alcun fiume o alcun altra cosa.

(Quando avrò tempo risponderò ad atlre tue obiezioni a Phil da cui dissento; ora non posso).

sgiombo

Citazione di: maral il 04 Ottobre 2016, 23:09:54 PM
Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2016, 23:18:53 PM
Non vorrei insistere, ma il punto cieco mi sembra proprio il "gioco dell'apparire"(cit.), come funziona l'avvicendarsi degli enti?
Il gioco dell'apparire è dovuto alla contraddizione che è insita nella totalità dell'ente (totalità che è necessaria se l'ente è ciò che è, perché può esserlo solo nella totalità di ciò che è). Ma questa totalità può essere colta solo tautologicamente dal pensiero astratto,

CitazioneMa prché mai (e come?) nella "totalità dell' ente" dovrebbe "essere insita la contraddizione"?
La contraddizione può darsi di un predicato o discorso (o al limite di un concetto) se vi é implicata un' affermazione e la sua negazione contemporaneamente; un ente può essere (o accadere, o divenire) realmente o meno, non essere logicamente coerente o contraddittorio (a meno che l' ente predichi, "significhi" qualcosa come mi sembra tu continui a sostenere accada necessariamente di qualsiasi ente, non solo dei simboli), ma palesemente (per definizione) ciò non é di enti che non siano simboli (verbali o al limite di altra natura); e comunque se anche la si desse di un ente -ammesso e non concesso da parte mia- la contraddizione sarebbe di ciò che l' ente dicesse o significasse, e non di ciò che fosse.

Poi dire che questa totalità (contraddittoria!) possa essere colta solo tautologicamente dal pensiero astratto mi sembra per così dire una "contraddizione al quadrato": la pretesa che la tautologia stessa, che ne é l' esatto contrario, sia contraddittoria!

Se per te una tautologia può essere contraddittoria, allora parliamo proprio due lingue diverse e non intertraducibili!
(E forse é meglio porre termine qui a un tentativo di comunicare -almeno su questi argoimenti- sicuramente destinato a fallire).


Ps non per nulla Sini dice che non è opportuno leggere in pubblico certi passi di "Dike" per quanto significativi, si rischia di passare per matti totali di fronte al senso comune delle cose.:)

CitazioneCome lo capsico (unicamente limiatatamente a questa affermazione, sia chiaro)!

paul11

#221
chiedo venia: il mio ultimo post non è nella collocazione propria di questa discussione ,ma in quella della "nave di Teseo"

maral

#222
Citazione di: sgiombo il 05 Ottobre 2016, 13:05:22 PM
Noi decidiamo razionalmente (e arbitrariamente) di far significare alle parole quello che significano quando potrebbero tranquillamente significare qualsiasi altra cosa ci passasse per la testa
Non so Sgiombo, forse tu, io non ho mai deciso di far significare a nessuna parola che normalmente uso quello che per me significa.
Che le cose reali esistano prima di tutto in sé e per sé, prima di apparirci nel significato che i loro nomi ci esprimono è forse necessario, ma dopotutto anche dire che quelle delle cose sono reali e che esistono in sé e per sé restano sempre significati. Anche "cosa" per quanto sia un termine generalissimo è un significato.
Secondo me la cosa e la parola restano proprio come due facce della stessa medaglia, diverse, ma inseparabili in un determinato contesto che non siamo comunque noi a scegliere e che può sempre cambiare.

sgiombo

#223
Citazione di: maral il 05 Ottobre 2016, 23:18:00 PM
Citazione di: sgiombo il 05 Ottobre 2016, 13:05:22 PM
Noi decidiamo razionalmente (e arbitrariamente) di far significare alle parole quello che significano quando potrebbero tranquillamente significare qualsiasi altra cosa ci passasse per la testa
Non so Sgiombo, forse tu, io non ho mai deciso di far significare a nessuna parola che normalmente uso quello che per me significa.
CitazioneForse tu no, ma le comunità dei parlanti sì: così é nato il linguaggio e si evolvono le lingue (o credi che le abbia insegnate una qualche divinità o che le cose stesse abbiano detto: "chiamatemi "così" e non "cosà"?).


Che le cose reali esistano prima di tutto in sé e per sé, prima di apparirci nel significato che i loro nomi ci esprimono è forse necessario, ma dopotutto anche dire che quelle delle cose sono reali e che esistono in sé e per sé restano sempre significati. Anche "cosa" per quanto sia un termine generalissimo è un significato.

CitazioneAppunto: dire che le cose reali esistono é un fatto, mentre l' esistenza reale delle cose é un altro, ben diverso fatto (e spessissimo si dà l' uno e non l' altro o viceversa)!

Secondo me la cosa e la parola restano proprio come due facce della stessa medaglia, diverse, ma inseparabili in un determinato contesto che non siamo comunque noi a scegliere e che può sempre cambiare.
Citazione
http://www.francescomorante.it/pag_3/313bb.htm

CECI N' EST PAS UNE PIPE

                                             (Magritte)



(Purtroppo non sono riuscito a copiare-incollare il dipinto, che determina un "eccesso di caratteri")

E infatti non é una pipa reale, ma una "pipa", cioé la rappresentazione di una pipa reale, qualcosa che intende farla considerare teoricamente, che la "sostituisce" nei pensieri e ragionamenti umani .

E in generale i concetti, arbitrariamente e convenzionalmente simboleggiati dalle parole, non sono affatto le cose reali che denotano, di cui parlano le proposizioni che i concetti stessi compongono, bensì ne sono una sorta di "rappresentazione", qualcosa che intende farle considerare teoricamente, che le "sostituisce" nei pensieri e ragionamenti umani.

Qualsiasi concetto di qualsiasi "cosa" é altro dalla corrispettiva cosa che ne può eventualmete costituire la denotazione reale.

E possono esistere (o accadere) cose reali senza che ne esista (che accada che se ne pensi) un rispettivo concetto di "cosa" (simboleggiato da una parola arbitrariamente e convenzionalmente "affibbiatagli"; solito esempio delle motagne su pianeti mai abitati o esplorati da soggetti di sensazione e pensiero); così come possono esistere (può accadere che si pensino) concetti senza che ne esistano o accadano (di essi) denotazioni reali (solito esempio degli ippogrifi).

Ma dove sarebbe l' altra faccia della medaglia (la cosa reale) della parola "ippogrifo"?
E l' altra faccia della medaglia (la parola) di una delle infinite cose reali costituite dalle infinite montagne che nessuno ha visto, denominato, pensato sui pianeti disabitati e inesplorati di galassie lontane?

maral

Citazione di: sgiombo il 06 Ottobre 2016, 08:09:19 AM
Forse tu no, ma le comunità dei parlanti sì: così é nato il linguaggio e si evolvono le lingue (o credi che le abbia insegnate una qualche divinità o che le cose stesse abbiano detto: "chiamatemi "così" e non "cosà"?).
Forse una qualche mitologica comunità di parlanti, perché che io sappia non vi è nessuna traccia di una comunità i cui membri, senza avere alcun linguaggio, si mettano a inventarne uno convenzionando su di esso.

CitazioneAppunto: dire che le cose reali esistono é un fatto, mentre l' esistenza reale delle cose é un altro, ben diverso fatto (e spessissimo si dà l' uno e non l' altro o viceversa)!
E come fanno le cose reali a esistere se la loro esistenza reale non ha luogo?


CitazioneCECI N' EST PAS UNE PIPE
Certo, l'immagine di una pipa non è una pipa, esattamente come il termine "pipa" non è la cosa che quel termine indica, è solo il suo segno. Questo però non significa che quel segno possiamo decidere di cambiarlo quando e come ci pare, né inventarcelo dal nulla di punto in bianco. Nel momento in cui la cosa si presenta si presenta in un significato (e non in tutti i significati) che gli è proprio e quel significato è tradotto da un nome e proprio in quel nome (che non è la cosa) appare in oggetto l'accadere di quella cosa. 
Che ci siano montagne in luoghi mai visitati dall'uomo fa parte del significato che l'uomo (e solo l'uomo) dà al termine "montagna", proprio come che non ci possano essere ippogrifi fa parte del significato che l'uomo dà al termine "ippogrifo", ove "l'uomo", in entrambi i casi, non è né questo né quell'uomo, ma la comunità umana nelle condizioni storiche, tecniche e culturali da cui si trova espressa e in cui realmente accade solo ciò che in quel contesto di significati può apparire. 

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