conoscenza e critica della conoscenza

Aperto da davintro, 15 Agosto 2016, 18:26:43 PM

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paul11

Davintro,
penso alla conoscenza e alla sua critica come evoluzione di senso nell'evoluzione umana.
Come ho già scritto, ritengo che ad esempio l'inferenza si presenti innata nel bambino.
Affinchè si costituisca in forma logica ha necessità prima di esperire nel mondo fisico, empiricamente.E' dalla sostanza che si astrae la forma quindi, prima c'era la sola fantasia ora la correttezza formale può trascendere concettualmente. La totalità, a mio avviso, se prima era intuitiva ora con la forma diventa logico/matematica.

Phil, 
come ho scritto a Maral rischi di perderti nelle infinite molteplicità in divenire linguistico che infatti hai colto giustamente,
Il problema è che così non individui la Forma come raccoglimento delle astrazioni per giungere alle essenze delle sostanze sensibili, empiriche e fisiche, ma continuamente cercherai differenze, dualità, contrapposizioni e in quanto tali le sintesi saranno sempre parziali.

In fondo il negativo di una fotografia analogica è solo il contrario del "positivo".
L'addizione intuitivamente ci porta alla sottrazione,così come avviene fra moltiplicazione e divisione.
Sono le proprietà associative e le categorie insiemistiche che ci portano a formalizzare logicamente una toatlità e la molteplicità, l'universalità e la particolarità.
L'astrazione è segnica,ma è ben più importante il meccanismo operazionale ,relazionale;meno gli oggetti per cui ci si perderebbe nelle definizioni.

E' ovvio che il metodo si adegua nella prassi alle discipline, ma le propedeutiche devono garantire il metodo, diversamente non si parla più di scienza, ma di scientismo o pseudo-scienza.

Riconosco che è vero che l'allontanamento dal sistema esperienziale da parte della forma rischia autogiustificazioni e autoreferenze. ( parliamo del sesso degli angeli....)Questo è un problema  della logica formale. a mio parere è risolvibile solo dalla logica dialettica, come un contraddittorio.Ovvero mentre parlo del sesso degli angeli ho necessità che qualcuno mi riporti anche alla realtà. Insomma penso che il movimento induttivo e deduttivo debbano necessariamente avvalorarsi nell'autocoscienza, ma non come solipsismo, ma come momento contraddittorio fra fisico/metafisico.
Quì accetto confronti e suggerimenti.

Sgiombo,
penso che invece sia la coscienza, l'agente conoscitivo, che utilizza la ragione, ovvero agente intenzionale.
Riconosco comunque che anche il mondo ci mostra, indipendentemente dalla nostra intenzionalità.
Quindi convivono movimenti attivi e passivi nel conoscere.

Ma se siamo in fondo tutti "filosofi" in quanto problematizziamo la nostra esistenza ponendoci domande, da qualche parte essendo universali quelle domande,  per l'universalità di tutta l'umanità, quindi ci appartengono come innate, anche se si sviluppano ed emergono formalmente maturando esperienza e conoscenza.

Quello che intendevo dire sulla teoria della relatività di Einstein è che prima di essere scientificamente vera ed essere sperimentata e verificata, era già nella sua testa.E come c'è arrivato se non estendendo attraverso conoscenza, intuizione e quant'altro quei segni fomali fisici, matematici e logici che sono alla base dei postulati ed enunciati .....ed andare oltre. Einstein ha costruito metafisicamente una teooria fisica che è stata accettata dalla scienza sperimentale.

sgiombo

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 23:38:29 PM
Ma se siamo in fondo tutti "filosofi" in quanto problematizziamo la nostra esistenza ponendoci domande, da qualche parte essendo universali quelle domande,  per l'universalità di tutta l'umanità, quindi ci appartengono come innate, anche se si sviluppano ed emergono formalmente maturando esperienza e conoscenza.

Quello che intendevo dire sulla teoria della relatività di Einstein è che prima di essere scientificamente vera ed essere sperimentata e verificata, era già nella sua testa.E come c'è arrivato se non estendendo attraverso conoscenza, intuizione e quant'altro quei segni fomali fisici, matematici e logici che sono alla base dei postulati ed enunciati .....ed andare oltre. Einstein ha costruito metafisicamente una teooria fisica che è stata accettata dalla scienza sperimentale.

CitazioneDi innato c' é solo la mera potenzialità a ragionare e conoscere.
Che si attua solo a postriori, in seguito a molteplici esperienze.

Einstein ha elaborato le sue teorie anche con audaci ipotesi "creativamente partorite" dalla sua fantasia e non come passiva consguenza dell' osservazione emiprca (ipotesi poi sottoposte comunque a verifica empirica).
Ma in questo modo non ha fatto della metafisca bensì della scienza fisica: conoscenza scientifica del mondo fenomenico materiale - naturale e non critica razionale della sua natura, né ha trattato della realtà in sé o noumeno che eventualmnte stesse "oltre" i fenomeni.

Phil

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 23:38:29 PMPhil, come ho scritto a Maral rischi di perderti nelle infinite molteplicità in divenire linguistico che infatti hai colto giustamente, Il problema è che così non individui la Forma come raccoglimento delle astrazioni per giungere alle essenze delle sostanze sensibili, empiriche e fisiche, ma continuamente cercherai differenze, dualità, contrapposizioni e in quanto tali le sintesi saranno sempre parziali.

In un orizzonte di ricerca post-metafisico (postmoderno, etc.) il mito dell'Essenza, dell'Essere, della Verità, etc. di obiettivi assoluti, risolutivi e perfetti può essere (non "deve essere") sostituito proprio dal continuo, "rizomatico" (Deleuze), parziale (ingrato ma appassionante) lavorio di interpretazione, di coniugazione, di "aggiornamento" e ristrutturazione/decostruzione (che vanno di pari passo...). 

Si tratta, come da sempre, di scegliere se orientare la ricerca affidandosi al divenire oppure inseguendo l'immutabilità eterna... una delle due possibilità è abbastanza riscontrabile, quindi fornisce elementi concreti su cui "lavorare"; l'altra, nonostante l'imperituro fascino "classico", vive di tradizioni e "nobili" concettualizzazioni, che tuttavia iniziano ad arrancare con il progredire delle scienze:

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 22:24:57 PMLe teorie filosofiche moderne hanno portato acqua al mulino del buon Phil che pone un problema linguistico e infatti la sua posizione è nella non trascendenza
Qui al mulino (non sono Banderas, ma solo uno "stagista"  ;D ), finché le ricerche filosofico-scientifiche scorreranno sul fiume del linguaggio, l'acqua non mancherà di certo... e non è comunque facile fare manutenzione a degli ingranaggi che non si fermano mai...

paul11

Citazione di: sgiombo il 10 Settembre 2016, 08:45:47 AM
Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 23:38:29 PMMa se siamo in fondo tutti "filosofi" in quanto problematizziamo la nostra esistenza ponendoci domande, da qualche parte essendo universali quelle domande, per l'universalità di tutta l'umanità, quindi ci appartengono come innate, anche se si sviluppano ed emergono formalmente maturando esperienza e conoscenza. Quello che intendevo dire sulla teoria della relatività di Einstein è che prima di essere scientificamente vera ed essere sperimentata e verificata, era già nella sua testa.E come c'è arrivato se non estendendo attraverso conoscenza, intuizione e quant'altro quei segni fomali fisici, matematici e logici che sono alla base dei postulati ed enunciati .....ed andare oltre. Einstein ha costruito metafisicamente una teooria fisica che è stata accettata dalla scienza sperimentale.
CitazioneDi innato c' é solo la mera potenzialità a ragionare e conoscere. Che si attua solo a postriori, in seguito a molteplici esperienze. Einstein ha elaborato le sue teorie anche con audaci ipotesi "creativamente partorite" dalla sua fantasia e non come passiva consguenza dell' osservazione emiprca (ipotesi poi sottoposte comunque a verifica empirica). Ma in questo modo non ha fatto della metafisca bensì della scienza fisica: conoscenza scientifica del mondo fenomenico materiale - naturale e non critica razionale della sua natura, né ha trattato della realtà in sé o noumeno che eventualmnte stesse "oltre" i fenomeni.

Certo, non nasciamo "imparati", intendo dire che i meccanismi affinchè possiamo conoscere sono ancora "allo stato brado" e attraverso l'esperienza e l'insegnamento ,vengono sistematizzati.

Per metafisico intendo fire il pensiero che riflette se stesso nella forma corretta.
Non ci sarebbe evoluzione nemmeno tecnologico se l'uomo non avesse la capacità di andare oltre la cultura del tempo, oltre i dati empirici, oltre persino le forme. Il progettare è il luogo iin cui è depositata l'esperienza sia della forma che della sostanza e il pensiero va appunto oltre.
Per essere chiari, non sono per l metafisica contro la fisica.

paul11

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2016, 10:35:55 AM
Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 23:38:29 PMPhil, come ho scritto a Maral rischi di perderti nelle infinite molteplicità in divenire linguistico che infatti hai colto giustamente, Il problema è che così non individui la Forma come raccoglimento delle astrazioni per giungere alle essenze delle sostanze sensibili, empiriche e fisiche, ma continuamente cercherai differenze, dualità, contrapposizioni e in quanto tali le sintesi saranno sempre parziali.

In un orizzonte di ricerca post-metafisico (postmoderno, etc.) il mito dell'Essenza, dell'Essere, della Verità, etc. di obiettivi assoluti, risolutivi e perfetti può essere (non "deve essere") sostituito proprio dal continuo, "rizomatico" (Deleuze), parziale (ingrato ma appassionante) lavorio di interpretazione, di coniugazione, di "aggiornamento" e ristrutturazione/decostruzione (che vanno di pari passo...).

Si tratta, come da sempre, di scegliere se orientare la ricerca affidandosi al divenire oppure inseguendo l'immutabilità eterna... una delle due possibilità è abbastanza riscontrabile, quindi fornisce elementi concreti su cui "lavorare"; l'altra, nonostante l'imperituro fascino "classico", vive di tradizioni e "nobili" concettualizzazioni, che tuttavia iniziano ad arrancare con il progredire delle scienze:

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 22:24:57 PMLe teorie filosofiche moderne hanno portato acqua al mulino del buon Phil che pone un problema linguistico e infatti la sua posizione è nella non trascendenza
Qui al mulino (non sono Banderas, ma solo uno "stagista"  ;D ), finché le ricerche filosofico-scientifiche scorreranno sul fiume del linguaggio, l'acqua non mancherà di certo... e non è comunque facile fare manutenzione a degli ingranaggi che non si fermano mai...


Phil,
secondo il mio parere no. Quasi tutti gli uomini di pensiero da Deridda a Foucoult, Deleuze, Sartre, ecc. sono "dentro" il meccanismo culturale e nella forma della conoscenza in uso, anche quando esercitano la critica E' quella cultura che è stata riassorbita dal sistema con molta tranquillità, perchè porsi anti-sistema o decostruirlo significa ancora essere "dentro" quel sistema. Tutti hanno fallito e si sono arresi, culturalmente, umanamente, predicando l'inanità umana.
Io vedo oggi le conseguenze di un secolo di contraddizioni culturali.

Così come non sono in antitesi al pensiero scientifico,non lo sono nemmeno sul divenire.Li accetto sicuramente come luoghi in cui non possono esserci verità, ma sono i luoghi che frequento vivendo li vivo come momento contraddittorio,
che attenzione non significa antitesi, ma come forma contraddittoria da superare.

maral

#65
Citazione di: paul11 il 08 Settembre 2016, 23:32:27 PM
Maral,
l'impasse è sempre un errore della forma. la forma è una costruzione logica e metaforicamene è una casa,Costruisci piani dalle fondamenta e la capacità di sostenersi è  nei rapporti delle forze che devono essere regolati, ovvero nel sistema di relazione.
La correttezza formale è indispensabile affinchè il pensiero non sfugga alla forma e diventi fantasia o si disperda nel mondo fisico.
Non infrangerti nel disfattismo filosofico attuale che lecca le sue ferite quasi autocompiaciuto.
Ci si meraviglia se la scienza spedisce un satellite Juno su Giove? E altri compiangono se stessi nel fallimento formale? E chi mai è riuscito senza andare fisicamente su Giove, da milioni di chilometri di distanza a spedirlo senza errore? Se l'uomo evolve nella conoscenza è perchè va oltre la propria esperienza estendendo le regole formali e applicandole.Le altre culture umane non conoscono la capacità di sistematizzare e categorizzare il pensiero.
Non vorrei essere adesso frainteso.So benissimo di aporie, antinomie e paradossi.
Sto forzando il pensiero perchè vedo scoramento nelle proprie possibliità.
Non si vuol capire che la forza dei linguaggi formali è alla fondamenta di tutte le forme di applicazioni fisiche,metafisiche persino religiose.L'uomo fattosi storia e cultura decide nei cicli dei tempi di spostare i focus: prima la religione, poi la metafisica e infine la fisica e chissà mai domani.
Perchè la conoscenza ha prima ancora un' autocoscienza e viene indirizzata da una volontà.
L'impasse è un problema che si rivela sempre a posteriori di relazioni inappropriate tra forme e ciò di cui con queste forme si intende trattare. E questo comprende pure la logica, che non costituisce per nulla un modo di trattamento assoluto che spiega ogni cosa per come è, a meno di non ridursi a fare di ogni cosa una tautologia del tutto insignificante. Non vi è nulla da compiangere, ma semplicemente vi è da prendere atto del fatto che l'accesso alla realtà prima ci è precluso dalla nostra stessa esistenza cosciente (il vero peccato originale in fondo): comunque si pensi di poterla trattare noi vediamo sempre e solo gli effetti finali e parziali di catene rappresentative che stanno al di là di ogni possibilità di rendercene conto per tradurle in descrizioni che non siano a loro volta altre rappresentazioni a posteriori. Poi, in questi contesti, si può ovviamente arrivare a spedire con grande precisione una sonda su Giove, ma questo non ci dice nulla sulla effettiva conoscenza delle cose, né la aumenta, solo aumenta il senso della nostra potenza in un ambito prettamente tecnologico, ma la potenza non implica nessuna verità (e questa è una semplice constatazione logica).

Phil

Citazione di: paul11 il 10 Settembre 2016, 11:14:44 AMQuasi tutti gli uomini di pensiero da Deridda a Foucoult, Deleuze, Sartre, ecc. sono "dentro" il meccanismo culturale e nella forma della conoscenza in uso, anche quando esercitano la critica E' quella cultura che è stata riassorbita dal sistema con molta tranquillità, perchè porsi anti-sistema o decostruirlo significa ancora essere "dentro" quel sistema. Tutti hanno fallito e si sono arresi, culturalmente, umanamente, predicando l'inanità umana. Io vedo oggi le conseguenze di un secolo di contraddizioni culturali.
Non sminuirei l'apporto di quegli autori, mettendoli sul piano del "fallimento": in filosofia (ma non solo) non c'è semplice distruzione, ma piuttosto "archiviazione storiografica", delle posizioni non più "fungenti" e ormai teoreticamente desuete (così come i computer attuali non hanno distrutto quelli precedenti, li hanno solo rimpiazzati...). 
Proporre una complicazione, una prospettiva dissonante, una decostruzione, non ha l'obiettivo ingenuo di spazzare via lo scenario precedente (di cui tale "nuovo" si alimenta, seppur criticamente...), ma di concepire nuove posizioni nell'"abitarlo", nell'"usarlo" o, più semplicemente, nel pensarlo. Il che può produrre un altro sistema fruibile, per chi è disposto ad abbandonare il vecchio (vedi possibilità del pensiero "debole" postmoderno...). 
Comunque, anche "restare dentro" un sistema, dopo Derrida & co., può assumere nuove posizioni, prima impensate, e questa mi pare una conquista per il pensiero, non un fallimento... 

P.s. Credo che il pensiero post-metafisico non sia stato affatto riassorbito dalla metafisica (non gli sta più "dentro", ma ha prodotto un nuovo "fuori"), anche se non è stato ancora assorbito dal senso comune ed è ancora snobbato in molte accademie... è stata una tappa "evolutiva" della filosofia di cui ci si renderà conto diffusamente forse fra un decennio...

paul11

#67
Maral,
vuoi dire che se la logica formale non è certezza, pensavi che la linguistica lo fosse?Nulla mi insegna di più di ciò che già sapessi Deridda e compagnia briscola. mai avuto illusioni di CERTEZZA nel mondo  e come umano ma questo me lo ha insegnato prima la religione e solo nel Novecento filosofie, logiche, linguistiche si autodistruggono comprendendone il limite.
Io non mi fermo alla logica formale che trova le verità e falsità da semplici confronti proposizionali  e quindi particolari, questo perdersi in infiniti ambiti di sottosistemi di intellettuali non mi dicono assolutamente nulla di come è il mondo e l'essere.

Ma proprio perchè la potenza non implica nessuna verità che sostituisce con il funzionale e l'utile che la filosofia è ridotta oggi a chiacchiera, ma proprio perchè è stata a sua volta potenza quando si è illusa di trovare nell'uomo e nel mondo la CERTEZZA.

Phil,
non stiamo parlando di intellettuali al tempo di Euripide, ma di meno di una generazione fa e praticamente quasi tutti francesi almeno d'adozione.Vuoi che parliamo del livello culturale attuale in Francia? Che cosa hanno prodotto nelle prassi, che testimonianza ci hanno lasciato? Sono persone intelligenti che hanno detto cose anche interessanti: punto.

A Maral, Phil e tutti quanti.
L'uomo si è illuso già dai tempi dei Greci di arrivare a CERTEZZE.
Il conoscere implica la relazione fra un agente conoscitivo e l'oggetto del sapere,Basta che uno dei due o il sistema di relazione sia implicitamente e fondativamente non certo che diventa impossibile che una verità diventi certezza.
La filosofia ha di propria volontà voluto consegnarsi alla scienza e per una semplice ragione Maral, che la prassi è ben più potente della teroretica. Intendo dire che mentre tutti i sistemi non sono certi, l'uomo, la realtà del mondo, i sistemi di relazione e i filosofi piangono il loro destino......il mondo è andato avanti nelle pratiche perchè 2+2=4 e lo era mille anni fa e lo sarà fra un milione di altri anni.
Perdersi nell'analisi della fallibilità umana è autocompiangersi di non arrivare alla verità significa non aver capito che il mondo andava avanti quando l'uomo pensava la Terra fosse  piatta e adesso che spediamo satelliti su Giove,E intanto i problemi nelle prassi umane incancreniscono.
Ho preso atto da decenni che l'uomo è fallibile, la realtà per quello che è non è nemmeno percepibile dai nostri sensi, che la nostra mente può fallire che i sistemi essendo creati da un fallibile non potranno mai dirci nulla di più della nostra fallibilità.  E allora? Intanto la tecnica che utilizza i linguaggi formali funziona ed è utile soprattutto ai potenti, intanto stuoli di cattedratici e arconti della scienze determinano il potere culturale.
Ma come avviene tutto questo se l'uomo è fallibile, come fanno   a sostenere e giustificare le pratiche se postulati ed enunciati sono falliti e tutto è assiomatizzazione?
Noi continuiamo a scrivere e comunicare, nonostante non siano linguaggi certi, Mosè era un balbuziente e si dice parlasse con Dio, De Saussure scriveva del fallimento fra concetto ed espressione fra segno e significato e intanto scalava il Monte Bianco.
Spero che almeno queste metafore siano comprese.
Io mi trovo per adesso benissimo con la logica dialettica che è oltre e le comprende queste contraddizioni.

cvc

Citazione di: paul11 il 11 Settembre 2016, 01:40:52 AM
Maral,
vuoi dire che se la logica formale non è certezza, pensavi che la linguistica lo fosse?Nulla mi insegna di più di ciò che già sapessi Deridda e compagnia briscola. mai avuto illusioni di CERTEZZA nel mondo  e come umano ma questo me lo ha insegnato prima la religione e solo nel Novecento filosofie, logiche, linguistiche si autodistruggono comprendendone il limite.
Io non mi fermo alla logica formale che trova le verità e falsità da semplici confronti proposizionali  e quindi particolari, questo perdersi in infiniti ambiti di sottosistemi di intellettuali non mi dicono assolutamente nulla di come è il mondo e l'essere.

Ma proprio perchè la potenza non implica nessuna verità che sostituisce con il funzionale e l'utile che la filosofia è ridotta oggi a chiacchiera, ma proprio perchè è stata a sua volta potenza quando si è illusa di trovare nell'uomo e nel mondo la CERTEZZA.

Phil,
non stiamo parlando di intellettuali al tempo di Euripide, ma di meno di una generazione fa e praticamente quasi tutti francesi almeno d'adozione.Vuoi che parliamo del livello culturale attuale in Francia? Che cosa hanno prodotto nelle prassi, che testimonianza ci hanno lasciato? Sono persone intelligenti che hanno detto cose anche interessanti: punto.

A Maral, Phil e tutti quanti.
L'uomo si è illuso già dai tempi dei Greci di arrivare a CERTEZZE.
Il conoscere implica la relazione fra un agente conoscitivo e l'oggetto del sapere,Basta che uno dei due o il sistema di relazione sia implicitamente e fondativamente non certo che diventa impossibile che una verità diventi certezza.
La filosofia ha di propria volontà voluto consegnarsi alla scienza e per una semplice ragione Maral, che la prassi è ben più potente della teroretica. Intendo dire che mentre tutti i sistemi non sono certi, l'uomo, la realtà del mondo, i sistemi di relazione e i filosofi piangono il loro destino......il mondo è andato avanti nelle pratiche perchè 2+2=4 e lo era mille anni fa e lo sarà fra un milione di altri anni.
Perdersi nell'analisi della fallibilità umana è autocompiangersi di non arrivare alla verità significa non aver capito che il mondo andava avanti quando l'uomo pensava la Terra fosse  piatta e adesso che spediamo satelliti su Giove,E intanto i problemi nelle prassi umane incancreniscono.
Ho preso atto da decenni che l'uomo è fallibile, la realtà per quello che è non è nemmeno percepibile dai nostri sensi, che la nostra mente può fallire che i sistemi essendo creati da un fallibile non potranno mai dirci nulla di più della nostra fallibilità.  E allora? Intanto la tecnica che utilizza i linguaggi formali funziona ed è utile soprattutto ai potenti, intanto stuoli di cattedratici e arconti della scienze determinano il potere culturale.
Ma come avviene tutto questo se l'uomo è fallibile, come fanno   a sostenere e giustificare le pratiche se postulati ed enunciati sono falliti e tutto è assiomatizzazione?
Noi continuiamo a scrivere e comunicare, nonostante non siano linguaggi certi, Mosè era un balbuziente e si dice parlasse con Dio, De Saussure scriveva del fallimento fra concetto ed espressione fra segno e significato e intanto scalava il Monte Bianco.
Spero che almeno queste metafore siano comprese.
Io mi trovo per adesso benissimo con la logica dialettica che è oltre e le comprende queste contraddizioni.
Quoto molto questo tuo intervento volendo aggiungere, nel caso, che ci furono tempi in cui la conoscenza era considerata più uno stato dell'anima che una questione di nozioni e architetture razionali. Socrate giunse in ritardo al celebre Simposio perché si era perso nelle sue meditazioni. Platone ha poi idealizzato Socrate e anche un po' tradito, perché il primo predicava l'interiorità, la scoperta dello stato di grazia dell'anima attraverso la catarsi del dialogo. Platone invece col mondo delle idee ha proiettato la ricerca della realtà al di fuori dell'animo umano. Opera completata da Hegel che col titolo Fenomenologia Dello Spirito, colloca il sapere dell'anima sotto la lente scientifica, sistematizzando anche questo ambito. Così la nostra conoscenza più intima, quella che ci tocca più nel profondo, diventa anch'essa un ingranaggio strutturato, soggiogato dalle leggi spazio-temporali. La comunicazione della conoscenza dello spirito non è un aggregato di
proposizioni vero/falso, dove una minima imprecisione fa crollare tutto il sistema. A differenza della comunicazione sistematico-razionale scientifica basata sulla scrittura, la comunicazione della conoscenza spirituale basata sull'oralità è  molto più flessibile. Il suo scopo è individuare un sentimento e comunicarlo, e non una composizione di domino dove basta spingere una tessera per farle cadere tutte.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

maral

Se non vi è scampo alla nostra fallibilità poiché nulla si potrà mai dire con assoluta certezza, è la nostra fallibilità a riproporsi come assoluta certezza e dunque parimenti non vi è scampo alla certezza; se le teoresi prima o poi tutte naufragano nel gioco dei significati che istituiscono per cui pare non restare altro che rifugiarsi sul terreno solido di prassi verificate e tecnicamente omologate, non può sfuggirci che in tal modo è una nuova teoresi a venire stabilita con la sua corte di significati che la porterà ugualmente prima o poi al naufragio.
Ogni essere umano ormai può apparirci solo come un doppio che si contraddice e non è una questione di scelta dettata da volontà perverse: la fine dell'ente metafisico non dipende da noi, ma la fine dell'ente metafisico non è nemmeno una fine, solo una diversa proposta che istituisce la metafisica della prassi.
Ogni uomo in quanto tale (in quanto cosciente) è un po' dentro e un po' fuori al suo mondo e a se stesso, delocalizzato tra il significante e il significato, tra il segno e la cosa che quel segno solo indica desiderando che si riveli finché quel segno finisce con il prendere il posto di ciò che indica tramutando il segno in cosa e la cosa in segno, senza nemmeno che ci se ne accorga, magari come in matematica. Quando poi il segno indica il desiderio, accade pure che quel segno diventi un dio sul quale sarà necessario costruire teogonie e teologie.
Noi abbiamo bisogno di terreni solidi, ma abbiamo ugualmente bisogno dei sogni che li ricoprono, queste sono le nostre certezze che non potranno mai essere certe di alcunché, ma che ci consentiranno di poter scalare il Monte Bianco o di mandare satelliti su Giove e anche più in là. I sogni costruiscono le mappe e le mappe producono sogni così come fanno le cose.
I greci avevano ragione: a contare si comincia dal due (uno e un altro, non uno solo che non è altro che se stesso), ma il due implica l'uno che è il suo altro e ne sta a fondamento, cosicché quel 2 possa a sua volta suddividersi all'infinito inseguendo eternamente l'unità di se stesso. Dopotutto questa è la dialettica, una dialettica che, a differenza di quella hegeliana, non potrà mai concludersi in totalità, finché esiste l'uomo.

paul11

#70
Citazione di: maral il 11 Settembre 2016, 10:29:54 AM
Se non vi è scampo alla nostra fallibilità poiché nulla si potrà mai dire con assoluta certezza, è la nostra fallibilità a riproporsi come assoluta certezza e dunque parimenti non vi è scampo alla certezza; se le teoresi prima o poi tutte naufragano nel gioco dei significati che istituiscono per cui pare non restare altro che rifugiarsi sul terreno solido di prassi verificate e tecnicamente omologate, non può sfuggirci che in tal modo è una nuova teoresi a venire stabilita con la sua corte di significati che la porterà ugualmente prima o poi al naufragio.
Ogni essere umano ormai può apparirci solo come un doppio che si contraddice e non è una questione di scelta dettata da volontà perverse: la fine dell'ente metafisico non dipende da noi, ma la fine dell'ente metafisico non è nemmeno una fine, solo una diversa proposta che istituisce la metafisica della prassi.
Ogni uomo in quanto tale (in quanto cosciente) è un po' dentro e un po' fuori al suo mondo e a se stesso, delocalizzato tra il significante e il significato, tra il segno e la cosa che quel segno solo indica desiderando che si riveli finché quel segno finisce con il prendere il posto di ciò che indica tramutando il segno in cosa e la cosa in segno, senza nemmeno che ci se ne accorga, magari come in matematica. Quando poi il segno indica il desiderio, accade pure che quel segno diventi un dio sul quale sarà necessario costruire teogonie e teologie.
Noi abbiamo bisogno di terreni solidi, ma abbiamo ugualmente bisogno dei sogni che li ricoprono, queste sono le nostre certezze che non potranno mai essere certe di alcunché, ma che ci consentiranno di poter scalare il Monte Bianco o di mandare satelliti su Giove e anche più in là. I sogni costruiscono le mappe e le mappe producono sogni così come fanno le cose.
I greci avevano ragione: a contare si comincia dal due (uno e un altro, non uno solo che non è altro che se stesso), ma il due implica l'uno che è il suo altro e ne sta a fondamento, cosicché quel 2 possa a sua volta suddividersi all'infinito inseguendo eternamente l'unità di se stesso. Dopotutto questa è la dialettica, una dialettica che, a differenza di quella hegeliana, non potrà mai concludersi in totalità, finché esiste l'uomo.
Molte cose che esponi quì le condivido.
Ma personalemnte aggiungo due aspetti: l'autocoscienza e il limite.
Non ha senso conoscere senza che l'agente conoscitivo abbia un Sè che muove intenzionalmente il desiderio di capire, oserei dire la necessità di compenetrare le relazioni che le domande umane e poi filosofiche ci impone.
E già questo muta la prospsettiva come ha ben detto CVC.
L'altro è il limite.Siamo limitati ebbene sì e in quanto tale fallibili, ma prima di tutto lo siamo tutti, universalmente tutti quanti, passato ,l'oggi e il futuro.
Già capire i propri limiti è un traguardo, proprio per mutamento di prospettiva, in un mondo dove il fuori si vorrebbe che manifestasse il dentro.
Ma soprattutto se si osserva il limite ,due sono le motivazioni, o mi deperisco in una frustrazione e smetto il delirio di onnipotenza, oppure lo sfido per andare oltre-
Oltre significa accettare la fallibilità, ma ben sapendo che l'intero sistema universale di ogni atomo ed energia che lo compongono hanno un unico principio originario "intelligente" e in quanto tale intellegibile,
Perchè attenzione, non confondiamo la fallibilità con l'inintelligibilità.
Se tutto fosse stato caos disorganizzato, noi non avremmo mai potuto nemmeno costruirci mentalmente un ordine che funziona nel mondo.Non ci sarebbero mai state matematiche, logiche, per quanto fallibili.
Se noi stessi e il mondo, nel momento in cui si presentano e si manifestano a noi intelligibilmente e l nostra ragione seppur approssimativamente li coglie, significa che c'è un ordine originario.
Ma proprio quì nasce la necessità delle essenze, per depurarle dalla contraddizione, ma soprattutto devo giungere all'autocoscienza, il luogo dell'innatezza, il veicolo della necessità di sapere e anche luogo del tormento nel contraddittorio.
A mio modesto parere è l'unica strada possibile in cui le contraddizioni di queste fallibilità insita nel sistema relazionale possono legarsi al momento originario innato nell'autocoscienza. unire l'universale e il particolare e la dialettica come coscienza dei propri limiti che si fanno storia, vita, narrazione di significati non solo oggettivi, ma momento razionale nel momento in cui compranda anche e soprattutto l'autocoscienza, il nostro motore primo dell'intenzione e della volontà.
CVC dice una cosa fondamentale, Platone ha diviso l'empirico e il metafisico ponendoli fuori del Sè.
Se strutturo la conoscenza dualmente, dove è finito il Sè il luogo dell'agente intenzionale e dell'innatezza logica,
Ho diviso la conoscenza e fatto sparire l'Essere come identitario con la propria autocoscienza.
Infatti  Heidegger critica quell'Essere, come semantica priva di senso, come vuoto segno privo di significato.

Phil

Citazione di: paul11 il 11 Settembre 2016, 01:40:52 AMPhil, non stiamo parlando di intellettuali al tempo di Euripide, ma di meno di una generazione fa e praticamente quasi tutti francesi almeno d'adozione.Vuoi che parliamo del livello culturale attuale in Francia? Che cosa hanno prodotto nelle prassi, che testimonianza ci hanno lasciato? Sono persone intelligenti che hanno detto cose anche interessanti: punto.
Non credo che il peso filosofico di un contributo teoretico vada valutato in base al livello culturale del popolo connazionale all'autore... l'elite, l'avanguardia non è la massa (e, ovviamente, il successo culturale non è indice attendibile della "qualità teoretica" di una proposta...). 
La filosofia non è solo politica, economia e società, è anche interpretazione, ermeneutica della vita, per cui i suddetti pensatori forniscono chiavi di lettura che ognuno può cercare di utilizzare, ma che non sono certo destinate a unificare la visione del mondo di uno o più popoli (per fortuna, direi...).

Hanno detto "cose interessanti"(cit.) che hanno aperto nuovi orizzonti, hanno forgiato nuovi strumenti concettuali, e, se si è disposti ad ascoltarli/leggerli con attenzione, si scoprirà che non hanno banalmente ricordato la fallibilità dell'uomo, ma hanno dato un contributo  ulteriore che va oltre (non solo "dopo") la filosofia precedente... il che non toglie che si possa serenamente e legittimamente essere hegeliani o tomisti o aristotelici anche nel 2016 (anzi, proprio in base a tutti i contributi successivi, critici ed ermeneutici, si può esserlo anche in modo differente...).

sgiombo

Citazione di: maral il 10 Settembre 2016, 22:16:29 PM
Citazione di: paul11 il 08 Settembre 2016, 23:32:27 PM
si può ovviamente arrivare a spedire con grande precisione una sonda su Giove, ma questo non ci dice nulla sulla effettiva conoscenza delle cose, né la aumenta, solo aumenta il senso della nostra potenza in un ambito prettamente tecnologico, ma la potenza non implica nessuna verità (e questa è una semplice constatazione logica).


Obietterei che la scienza (piuttosto che la tecnica. La conoscenza teorica del sistema solare piuttosto che le sonde che lo esplorano direttamente) ci da comunque conoscenza tendenzialmente crescente in quantità e in qualità, anche se limitata al mondo fenomenico materiale naturale e non circa la realtà in sé (se esiste); e anche se ciò é credibile solo ammettendo arbitrariamente la verità di etsi non dimostrabili, né empiricamente mostrabili essere vere (Hume!).
E questo per me (soggettivamente, arbitrariamente, lo so bene) è una delle aspirazioni più profonde (in me personalmente e in quella che ritengo -sempre arbitrariamente, soggettivamente- "l' umanità migliore"), è per me un importante aspetto del progresso della civiltà umana.

Inoltre un aumento di potenza pratica, a meno che non lo si ritenga puramente e semplicemente casuale (ma questo mi sembra difficilmente sostenibile) oppure che non si creda alla magia o affini facoltà preternaturali, implica necessariamente un qualche aumento di conoscenza -vera- della realtà da potersi "dominare" (relativamente e limitatamente dominare e secondo quello che mi piace chiamare il "principio di Engels": adeguandosi alle modalità oggettive immutabili del suo divenire, in un certo senso inevitabilmente subendole, ma per applicarle nei limiti del possibile al raggiungimento di scopi realistici mediante mezzi efficaci).

sgiombo

Citazione di: paul11 il 11 Settembre 2016, 01:40:52 AM
A Maral, Phil e tutti quanti.
L'uomo si è illuso già dai tempi dei Greci di arrivare a CERTEZZE.
Il conoscere implica la relazione fra un agente conoscitivo e l'oggetto del sapere,Basta che uno dei due o il sistema di relazione sia implicitamente e fondativamente non certo che diventa impossibile che una verità diventi certezza.
Citazione
CitazionePerò gli antichi scettici greci e il moderno David Hume erano ben consapevoli dei limiti e delle incertezze della conoscenza e non coltivavano l' illusione della certezza, anzi la criticavano razionalmente.

paul11

#74
Phil,
questi pensatori sono moda e a me non interessano le mode culturali, non hanno cambiato nulla perchè non sono entrati nei paradigmi fondamentali che governano il sistema delle pratiche. e tanto meno della teoretica. Gli intellettualismi fini a se stesso , quando sono fini a se stessi quando non producono autocoscienza critica davvero alternativa,i sono intelligenti riflessioni che non mutano la storia e loro sono stati inghiottiti dalla storia.
A me sembrano i dibattiti fra i cartalisti e i monetaristi nell'agone delle scienze economiche, i primi non sono reale  alternativa culturale all'imperante globalizzazione, perchè non entrano nei paradigmi delle scienze economiche e quindi le accettano, risultando solo opinioni contro altre opinioni nelle pratiche e dove ovviamente nei rapporti di forza sono perdenti. Così è avvenuto per quella generazione di intellettuali "alternativi" e "voce critica":hanno fallito ,ma non perchè lo dico io, ma perchè lo dice la storia che oggi è tutt'altro d da loro.

Phil io sono un atipico pensatore (modestissimo......) che guarda la metafisica ma non dimentica i rapporti di forza che governano i sistemi culturali e  di potere, per questo mi interesso di economia e scienze  quanto di metafisica.

Sgiombo,
è vero che gli empiristi hanno messo in discussione il platonismo metafisico e a parere mio giustamente,ma loro hanno semplicemente aiutato a spostare il focus.Se un nuovo pensiero non mette in contraddizione i paradigmi del vecchio sistema replica la contraddizione spostando il luogo dell'osservazione.Così gli empiristi non guardano più al cielo, ma alla terra e togliendone la trascendenza divennero cinici.
Vuoi che ti faccia l'esempio critico di come gli scozzesi compreso un certo Adam Smith da allora abbiano interpretato nelle prassi costruendo i paradigmi egocentrici che ha gonfiato le vele a quel futuro capitalismo di cui gli inglesi furono i primi maestri?
La stessa cosa vale per il pragmatismo americano più avanti.
Sono importantissimi per capire come le scienze moderne hanno mutato nelle pratiche i sisitemi e li hanno teorizzati, ma togliendo assolutamente la coscienza umana, spostando le relazioni formali dal metafisico ai rapporti socio-economici e quindi sono la base di tutto il pensiero pratico degli ultimi due secoli almeno.
Sgiombo, devi vedere le conseguenze di un pensiero che sifa cultura per poterne leggere le contraddizioni.
Il mio parere è che la cultura anglo-statunitense è basata sulle pratiche e in quanto tale appoggia la tecnica scientifica, come luogo dei rapporti di forza che a loro volta danno strumenti pratici come le tecnologie.
Ma hanno asservito l'uomo così, lo hanno reso schiavo della tecnica. perchè daccapo hanno spostato a loro volta il focus dicendo che l'Essere non esiste.
L'empirismo anglo-scozzese si sposò con alcune correnti culturali continentali come il positivismo.
Ma quali tipi  di  pensatori ha dato Oxfor e Cambridge, quale tradizione ha portato avanti e tutt'ora  lo fa,
insieme al pragmatismo americano divenuta analitica.

Lo scontro dell'ultimo secolo fra analitici e continentali è proprio nel governo delle tradizioni scelte come paradigmi culturali.
Ma mentre i continentali soccombevano cercando l'Essere e Heidegger dichiarava la fine della filosofia, la cultura
più pratica che paradossalmente avrebbe dovuto soccombere visto che nessun sistema era certo spostava nell'utilità e nel funzionale il finalismo delle pratiche .

Oggi il mondo va avanti da sè, proprio perchè è governato dalle pratiche anche se nessuna teoria è fondativa e certa: questo è il vero inestricabile problema.
E' fallito l'Essere quanto è fallita la democrazia e la libertà, è fallito il principio fondativo dei sistemi, ma non il prodotto delle disuguaglianze economiche e sociali.
E cosa ci rimane se non un 'autocoscienza nostra(obliata completamente ormai dalla sparizione dell metafisica e dell'appropriarsi della tecnologia del destino) che lega tutte le contraddizioni nel mondo coagulandole nel tormentato uomo della post modernità che non sa nemmeno gestire i flussi migratori?

So benissimo che la ragione e la verità non vincerebbero mai,non bastano, sulle pratiche dei rapporti di forza che da sempre governano la storia umana di un uomo decadente che ha scelto la natura animale per giustificare le ignominie e il suo cinismo obliando l'Essere per perdere con esso  la propria coscienza e con essa la morale e la responsabilità del governo di sè e del mondo in maniera armonica.

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