conoscenza e critica della conoscenza

Aperto da davintro, 15 Agosto 2016, 18:26:43 PM

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paul11

phil,
mi par di capire che se per te esiste una critica alla conoscenza è posta in funzione del dominio in cui si utilizza.
Non so se ti fidi allora della forma, a te interessa la sostanza.Quindi ritieni che il mondo fisico giustifichi la verità formale e non la forma in sè, tanto meno quando la sua escursione è fuori dal dominio fisico.
E' così?
Dove sarebbe il limite della conoscenza?
Che così è la realtà?

Tanto per porre elementi di riflessione.
Quando l'uomo pensava che la Terra fosse piatta e al centro dell'universo, c'era sicuramente un Phil di allora che diceva la stesse cose che tu dici ora. Qual'è  il limite dell'esperienza nel mondo e il limite del pensiero.
Come si è arrivati a capire che la Terra fosse rotonda e che non fosse al centro dell'universo.
L'uomo arriva prima con il pensiero o con l'esperienza alla conoscenza?
Un animale ha esperienze, ma conosce?
Einstein progetta la teoria della relatività, lo ha prima esperita?
Il bosone di Higgs è stato prima esperito o teorizzato?

Se espando le proprietà formali logiche e matematiche si apre un mondo a prescindere dal dominio fisico, per cui se a due mele tolgo le mele e rimane il segno astratto due le  proprietà associative, commutative, distributive non mutano e posso trasporle ad altri sistemi e discipline.

Phil

Citazione di: paul11 il 08 Settembre 2016, 21:26:23 PMphil, mi par di capire che se per te esiste una critica alla conoscenza è posta in funzione del dominio in cui si utilizza. Non so se ti fidi allora della forma, a te interessa la sostanza.Quindi ritieni che il mondo fisico giustifichi la verità formale e non la forma in sè, tanto meno quando la sua escursione è fuori dal dominio fisico. E' così?

Non la penso così. Provo a spiegarmi meglio: penso che la forma (astratta) sia imprescindibile per il ragionamento (che è anch'esso astratto), constato che esistono elementi formali e concetti che non hanno una dimensione empirica e proprio per questo possono regolare il mondo (sociale, scientifico, etc...), la stessa filosofia può occuparsi tenacemente e "doverosamente" di questioni non osservabili o esperibili... 

Ben vengano ricerche, intuizioni, supposizioni e "ipotesi di lavoro", ma ciò su cui porrei l'attenzione è anche la possibilità (non necessità!) di coinvolgere l'esperienza (come ci insegna la scienza classica: sperimentare!), almeno se è possibile... un esempio banale: posso anche congetturare una forza di gravità che spinge i corpi lontano dalla terra, cercare di matematizzarla, etc. ma se l'esperienza mi dimostra che non è così (v. Zenone), devo rinunciare a sostenere quella teoria e idearne una nuova, magari non a partire da quella "sbagliata", ma iniziando nettamente da capo. 

Se invece teorizzo un'interpretazione ermeneutica, non devo pormi il problema di cercare una verifica empirica, così come se propongo una chiave di lettura socio-politica della storia di una civiltà, non dovrò fare esperimenti, ma al massimo verificare le fonti su cui mi baso...

Per le questioni filosofiche più teoretiche si tratta, secondo me, di interrogare anzitutto la stessa interrogazione, domandarsi il "come" ci si pone la domanda (prima di rivolgersi al "cosa" ci si domanda), di tenere più aperto possibile l'orizzonte della ricerca e, per onestà intellettuale (come si diceva tempo fà), essere pronti a riconoscere le impasse, le delusioni e, soprattutto, i falsi problemi... 

P.s. In filosofia tutto è lecito? No, quella è la letteratura...  ;)

paul11

Phil,
il problema è tuo non mio. Tu riconosci la forza della ragione ,ma hai fede nella percezione della realtà:la dicotomia è tua e genera incoerenza.
Se non rispondi a cosa sia la realtà, cosa giustifica la verità nella conoscenza, non potrai trovare risposte se la forma  riesce ad autosostenersi. Se pensi che sia la realtà a darci conoscenza e che il movimento del conoscere si origini dalle cose e passi solo dopo a noi, riterrai l'uomo agente conoscitivo, ma passivo.
Tu pensi che il mondo si offra a noi per essere conosciuto, ma l'uomo può sapere  ancora prima di conoscere perchè i meccanismi sono innati come l'istinto in un animale, deve solo sistematizzarli, formalizzarli correttamente.
Se la forma corretta cammina sulle ali del pensiero, l'immagine nasce prima della realtà fisica.
La relatività era nella mente di Einstein, e non ancora dimostrata  là fuori nel mondo , fra fantasticheria e genialità  è solo la correttezza  della forma che decide che anticipa ciò che le percezioni dei sensi che la realtà può offrire, nasconde.
Un animale esperisce solo deambulando, l'uomo conosce anche nell'immobilità.

maral

#48
Citazione di: sgiomboBeh, a me personalmente la verità o falsià di ciò che si dice o si pensa interessa tantissimo.
E a chi non interessa la verità? Da sempre ogni essere umano ci corre dietro tentando di stabilirla con miti, parole o ispirazioni che giungono dall'alto, filosofie costruite razionalmente, esperienze e verifiche, teorie scientifiche. Dove sta la verità nelle infinite mappe che l'uomo costruisce per localizzarla? Dipende dalla mappa, ossia dipende dalle corrispondenze che di volta in volta si trovano con quello che vivendo sentiamo ci possa appartenere o meno. La verità è sempre in funzione del linguaggio usato per cercarla, di metafore e tropi linguistici. Vale anche per il Monte Cervino. E' solo questione di mappe, ma sotto le mappe non c'è mai solo una convenzione, ma la realtà che ogni mappa tenta di esprimere e non ci riesce mai fino in fondo, a meno di non volerlo credere per sentirsi tranquilli e al sicuro, come a casa propria o nella propria tana, finché non ci cade addosso (e allora, non sia mai, può accadere di scoprire che tutto quello che si credeva vero era falso e viceversa e che gli ippogrifi non li vedevamo solo perché quando alzavamo lo sguardo al cielo, si camuffavano dietro le nuvole).
Citazione di: paul11Pensare di non poter pensare, ovvero fermarsi alla sola coniugazione fra forma  e sostanza fisica, significa mortificare la propria essenza e potenzialità umana.
Il problema non credo sia il pensare di non pensare, ma il pensare di pensare da cui non si esce, nemmeno per non pensare. Si può certo pensare in molti modi: analitico (come Zenone che si smarrisce nella sua analisi infinita del cammino per andare da A a B e per quanto riduca la distanza non fa mai un solo passo avanti, o come fa l'attuale conoscenza specialistica che così spera di tenere tutto sotto controllo), oppure sintetico, magari dando la preminenza a un originaria vaga intuizione a priori su cui è però sempre doveroso mantenere il dubbio, anche quando l'esperienza sembra confermarla, ché l'esperienza inganna sempre tutti i suoi verificatori. Oppure induttivo: all'inizio c'erano le cose da cui astraendo si arriva alla cosa, al concetto generale di ogni cosa, al monte che sta sotto ogni singola montagna e alla regola che definisce ogni regola, some se qualcosa potesse esistere senza quella cosa che già tutte le comprende. Oppure deduttivo: all'inizio c'è la cosa generalissima, l'uno che tutto comprende e via via per sottrazione infinita, si arriva poi a ogni cosa, a vederle una per una, come a sorgere nella forma chiara che a ciascuna spetta dalla nebbia profonda che tutte le forme tiene insieme confondendole continuamente.
Non possiamo non pensare, e pensando parlare a noi stessi per poterci in qualche modo sempre un po' trovare, finché c'è la coscienza che ci mantiene in bilico tra immagini continuamente sfuggenti e disperatamente, avidamente trattenute oppure rigettate lontano con odio e disgusto, compresa l'immagine di noi stessi tra le infinite altre, finché morte non ci separi unendo e confondendo ancora ogni forma in una sola e ogni segno nell'insignificanza di tutti i segni. Come in principio: un'agitata e nebbiosa turbolenza che nulla sa di sé, nemmeno il suo nome (che altro è infatti il suo nome se non il nome di tutte le infinite forme a ognuna di esse raccontato?).

paul11

Maral,
l'impasse è sempre un errore della forma. la forma è una costruzione logica e metaforicamene è una casa,Costruisci piani dalle fondamenta e la capacità di sostenersi è  nei rapporti delle forze che devono essere regolati, ovvero nel sistema di relazione.
La correttezza formale è indispensabile affinchè il pensiero non sfugga alla forma e diventi fantasia o si disperda nel mondo fisico.
Non infrangerti nel disfattismo filosofico attuale che lecca le sue ferite quasi autocompiaciuto.
Ci si meraviglia se la scienza spedisce un satellite Juno su Giove? E altri compiangono se stessi nel fallimento formale? E chi mai è riuscito senza andare fisicamente su Giove, da milioni di chilometri di distanza a spedirlo senza errore? Se l'uomo evolve nella conoscenza è perchè va oltre la propria esperienza estendendo le regole formali e applicandole.Le altre culture umane non conoscono la capacità di sistematizzare e categorizzare il pensiero.
Non vorrei essere adesso frainteso.So benissimo di aporie, antinomie e paradossi.
Sto forzando il pensiero perchè vedo scoramento nelle proprie possibliità.
Non si vuol capire che la forza dei linguaggi formali è alla fondamenta di tutte le forme di applicazioni fisiche,metafisiche persino religiose.L'uomo fattosi storia e cultura decide nei cicli dei tempi di spostare i focus: prima la religione, poi la metafisica e infine la fisica e chissà mai domani.
Perchè la conoscenza ha prima ancora un' autocoscienza e viene indirizzata da una volontà.

Phil

Citazione di: paul11 il 08 Settembre 2016, 23:11:40 PMPhil, il problema è tuo non mio. 
Scusami, ma non ho ben capito di quale problema parli...

Citazione di: paul11 il 08 Settembre 2016, 23:11:40 PMTu riconosci la forza della ragione ,ma hai fede nella percezione della realtà
"Fede" non mi sembra la parola esatta  ;) ; se hai avuto modo di leggere i miei post precedenti, quelli sull'astrazione, avrai notato che ne faccio una questione di "linguaggio" (e di interpretazione), non di realtà...

Citazione di: paul11 il 08 Settembre 2016, 23:11:40 PMla dicotomia è tua e genera incoerenza. 
Anche qui non colgo: quale incoerenza?

Citazione di: paul11 il 08 Settembre 2016, 23:11:40 PMTu pensi che il mondo si offra a noi per essere conosciuto, 
In tutta onestà, non lo penso... dove hai letto qualcosa che ti ha spinto a interpretarmi così?
Per me, il mondo non "si offre", ma è l'uomo che gli si rivolge con tutto il suo apparato di (pre)concetti, teorie, forme astratte, esperimenti, etc. la conoscenza è una struttura formale (im)posta dall'uomo alla sua stessa visione del mondo (ecco l'autoreferenza!).

Citazione di: paul11 il 08 Settembre 2016, 23:11:40 PMma l'uomo può sapere ancora prima di conoscere perchè i meccanismi sono innati
L'uomo prima di conoscere qualcosa, non "la sa"... ipotizza, teorizza, suppone, spera, intuisce, deduce ma non sa (per questo esistono le famigerate "eccezioni alla regola"...); proprio perché, come tu ricordi, i meccanismi sono innati, non la conoscenza (e anche il meccanismo innato è sottoposto a manutenzione, verifica, modifica, etc. da parte del singolo individuo...).


Citazione di: paul11 il 08 Settembre 2016, 23:11:40 PMLa relatività era nella mente di Einstein, e non ancora dimostrata là fuori nel mondo 
Era già nella sua mente come idea platonica, oppure lui l'ha elaborata partendo da tutto l'apparato formale (matematico, etc) già  disponibile, modificandolo, completandolo, arricchendolo, grazie ad un ragionamento "originale"... non a caso, sul piano linguistico, ho già accennato ai "neologismi" come irruzione del "nuovo" che riformula, altera, stravolge il "vecchio"...

paul11

Phil, 
francamente non ho ancora capito la tua tesi, o se ne hai.
La mia è :
1)che abbiamo innati dei meccanismi delle premesse che diverranno logica, come l'inferenza che permette di selezionare , differenziare  e poi unire
2) il mondo fisico, empirico ci serve,dal punto di vista della sistematizzazione delle astrazioni. come esperienza di affinamento di quei meccanismi che diventano regole formali ampliandosi oltre all'inferenza.
3) l'universalità nasce prima ancora della razionalizzazione logica della forma dell'astrazione in concetti
e diventano  nel linguaggio formale i quantificatori universali ed esistenziali nella logica proposizionale moderna
4) la correttezza di un sistema formale è alla base del sistema conoscitivo, come validazione e giustificazione del processo o procedimento conoscitivo. Così come la scienza moderna costruisce un metodo sperimentale a prescindere dall'applicazione, ovvero si regge universalisticamente e successivamente lo applica a tutti gli oggetti, fenomeni, così come un sistema formale corretto può reggersi universalisticamente ed essere autoapplicato nei concetti astratti anche indotti e dedotti dall'esperienza del mondo fisico ed empirico. Ovvero lo stesso procedimento formale regolativo può essere utilizzato in diversi domini.

Phil

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 00:50:18 AMPhil, francamente non ho ancora capito la tua tesi, o se ne hai. 
Questa è l'onestà intellettuale di cui parlavo, apprezzo la tua sincerità, grazie! 

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 00:50:18 AM1)che abbiamo innati dei meccanismi delle premesse che diverranno logica, come l'inferenza che permette di selezionare , differenziare e poi unire 
Concordo.

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 00:50:18 AM2) il mondo fisico, empirico ci serve,dal punto di vista della sistematizzazione delle astrazioni. come esperienza di affinamento di quei meccanismi che diventano regole formali ampliandosi oltre all'inferenza. 
Concordo.

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 00:50:18 AM3) l'universalità nasce prima ancora della razionalizzazione logica della forma dell'astrazione in concetti
Su questo non concordo, ma ne ho già discusso a lungo nelle pagine precedenti con Davintro (non voglio rendere il topic ridondante).

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 00:50:18 AM4) la scienza moderna costruisce un metodo sperimentale a prescindere dall'applicazione, 
Un metodo sperimentale che prescinde dall'applicazione, non so se possa essere definito sperimentale (chi glielo spiega a Galileo?).

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 00:50:18 AMlo stesso procedimento formale regolativo può essere utilizzato in diversi domini.
...e in questo essere "multiuso" si annida il rischio di falsi problemi di cui parlavo prima, che giustifica una riflessione epistemologica sul metodo del domandare (ancora prima che sull'"oggetto" della domanda).

paul11

Phil,
anche se dovessimo avere posizioni diverse, l'importante è confrontarsi da persone con "sale in zucca" e aperte al confronto, quindi anch'io ti ringrazio.

Tu non pensi che l'universalità nasca già in un ragazzo, nel momento in cui confrontando gli oggetti nel mondo e imparando a denotare linguisticamente quella "cosa" e chiamandola casa costruisce un insieme che li accomuna? la particolarità è l'attribuzione e la predicazione, per cu iuna casa è un condominio, un grattacielo, una villa, è gilla, verde, bianca, ecc.
Diversamente come l'uomo avrebbe costruito le leggi matematiche, fisiche, ovvero regole e principi universali ?
Il mitico teorema pitagorico lo insegnano, se non ricordo male, in terza elementare e vale per "tutti" i triangoli accomunati da determinate caratteristiche. E' quindi insito e implicito la capacità di accomunare e particolarizzare ,proprio grazie alla selezione che quell'inferenza naturale dà la capacità di astrarre segnicamente, linguisticamente, simbolicamente, qualunque oggetto fisco nel mondo.

Il metodo è simile alla legge. Non è che cambiano i metodi sperimentali in funzione degli oggetti fisici da studiare e determinare.
la regola di base è universale.Se analizzo un tessuto di un malato non cambio metodo in funzione della persona, così come non muto il procedimento step by step di un'analisi chimica.
ma attenzione, qualunque metodo applicato alle varie discipline scientifiche , che si tratti di scoprire il bosone di Higgs oppure di analizare un tessuto organico o di procedere all'analisi chimica con reagenti è a sua volta nella regola universale della repitibilità della sperimentazione affinchè siano avvalorati  i dati finali.
Insomma quando ci insegnarono a come risolvere un'equzione, o procedere all'analisi algebrica, il metodo prescinde dai numeri.

Ora se le leggi e procedure a loro volta sono state formulate grazie alla logica/ matematica, se quello stesso procedere nella correttezza formale con l'analisi fosse portata a isoli concetti estrapolati dal mondo attraverso il segno e simbolo dell'astrazione, non capisco dove sia il problema?

Quando si studia l'operazionalità della logica proposizionale si utilizzano simboli e non oggetti fisici e ribadisco, l'importante è che le regole date dagli enunciati e postulati fondativi di quella disciplina siano veri, dopodichè la soluzione procedurale appartiene a quel dominio e quindi essendo la logica il meccanismo formale della conoscenza che diventa scienza(quì intendo per scienza il fisico e il metafisico e persino il religioso in termini razionali). Basta vedere la prova dimostrativa logica di'esistenza di Dio da parte di un certo Godel.

sgiombo

Citazione di: Phil il 08 Settembre 2016, 21:13:05 PM
Citazione di: sgiombo il 08 Settembre 2016, 19:50:40 PMMa chi stabilirebbe la "proprietà" o meno del nostro domandare, ovvero "quando il domandare resta chiuso nell'autoreferenza formale della sua logica ma non ci apre al mondo o ad un ulteriore sapere" e quando no?
come suggerivo nella domanda citata:

Citazione di: Phil il 08 Settembre 2016, 15:57:47 PMLa consapevolezza che la razionalità non è la realtà, non è l'unico criterio che abbiamo per individuare gli usi impropri del nostro domandare[...]?
questo almeno come prima indicazione; il resto direi che è compito dell'epistemologia.

CitazioneDunque la filosofia (più in particolare l' epistemologia) va aplicata a tutte le domande (le quali sono previamente tutte "lecite") onde stabilire quando il domandare resta chiuso nell'autoreferenza formale della sua logica ma non ci apre al mondo o ad un ulteriore sapere" e quando no.

*******

Citazione di: sgiombo il 08 Settembre 2016, 19:50:40 PMMi pare che i paradossi di Zenone (che ritengo logicamente errati e confutabili, ma questa é un' altra questione) non siano chiusi in una loro logica narcisistica e autoreferenziale, ma riguardino il mondo reale.
Secondo me, sono chiusi nel loro narcisismo proprio perché non guardano (letteralmente) il reale che li circonda: l'osservazione empirica dà un sonante schiaffo a Zenone mostrandogli Achille che surclassa subito la tartaruga, falsificando di fatto l'apparente paradosso, e dimostrando che il problema si pone solo nell'autoreferenza del sofisma zenoniano, ma non nella realtà.
A che giova allora speculare e confabulare su un problema che sembrerebbe essere reale, ma che in realtà è tale solo sulla carta? Ecco il narcisismo filosofico che, a caccia di problemi (come se non ne avesse già abbastanza!), va in "overdose" di speculazione e perde di vista i fatti, oppure li super-interpreta...

Citazione(Prescindendo dal fatto che di fatto gli aforismi di Zenone sono per me logicamente errati, confutabili con relativa faciltà, che é tutt' atra questione) noto che l'osservazione empirica (superficialmente, acriticamente assunta -anzi: interpretata- sembrebebbe dare sonori ceffoni anche a chi sotenesse che il bastone immerso parzialmente nell' acqua non si piega, che la terra é sferica e non piatta, che il sole é realtivamente fermo e la terra relativamente in movimento intorno ad esso, ecc., ec., ecc.
Zenone riteneva di avere dei buoni argomenti (a mio avviso errati e in ultima analisi falsi) nelle teorie del suo maestro Parmenide per credere che il superamento della tartaruga da parte di Achille fosse illusorio allo stesso modo dell' angolatura del bastone nell' acqua, ecc., e dunque bene ha fatto a cercare di sottoporre a critica razionale la realtà del sorpasso del rettile da parte dell' atleta (anche se errando), come apparenza della realtà (e non come sua auorefernziale masturbazione mentale) da smentire oppure confermare sottoponendola a verifica razionale.

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Citazione di: sgiombo il 08 Settembre 2016, 19:50:40 PM Le domande importanti per me [...] non sono solo quelle poste dalla pratica immediata del vivere "giorno per giorno", dei mezzi per conseguire scopi acriticamente assunti in determinate circostanze, ma anche quelle "teoriche (più o meno) pure" circa quali scopi porsi nella vita in generale [...] o com' é la propria vita e la realtà in cui ci si trova
Su questo non vorrei essere frainteso: mettere in guardia dai falsi problemi filosofici, non riduce tutta la ricerca filosofica alla soluzione di questioni pratiche, anzi... interrogarsi sui problemi ("decostruirli" si diceva) significa fare una filosofia critica rivolta proprio al domandare filosofico stesso, cercando di eliminare i "virus" del pensiero, le perdite di solidità nel ragionamento ed evitando che la ragione si incanti di fronte al suo specchio per contemplare i suoi sterili virtuosismi...

CitazioneD' accordo.
E dunque quali siano (o meno) i "falsi problemi filosofici" non si può stabilire acriticamente a priori (come di fatto fanno, me lo si lasci stigmatizzare, molti scienziati, anche validi nel loro "limitato orticello teorico" -absit iniuria verbis- e non pochi filosofi positivisti, scientisti, ecc.); lo si può fare soltanto sottoponendoli a critca razionale, dunque filosofando a proposito di essi: i falsi problemi filosofici possono essere riconosciuti essere tali solo analizzandoli filosoficamente, a posteriori.

sgiombo

Citazione di: maral il 08 Settembre 2016, 23:12:57 PM
CitazioneBeh, a me personalmente la verità o falsià di ciò che si dice o si pensa interessa tantissimo.
E a chi non interessa la verità? Da sempre ogni essere umano ci corre dietro tentando di stabilirla con miti, parole o ispirazioni che giungono dall'alto, filosofie costruite razionalmente, esperienze e verifiche, teorie scientifiche. Dove sta la verità nelle infinite mappe che l'uomo costruisce per localizzarla? Dipende dalla mappa, ossia dipende dalle corrispondenze che di volta in volta si trovano con quello che vivendo sentiamo ci possa appartenere o meno. La verità è sempre in funzione del linguaggio usato per cercarla, di metafore e tropi linguistici. Vale anche per il Monte Cervino. E' solo questione di mappe, ma sotto le mappe non c'è mai solo una convenzione, ma la realtà che ogni mappa tenta di esprimere e non ci riesce mai fino in fondo, a meno di non volerlo credere per sentirsi tranquilli e al sicuro, come a casa propria o nella propria tana, finché non ci cade addosso (e allora, non sia mai, può accadere di scoprire che tutto quello che si credeva vero era falso e viceversa e che gli ippogrifi non li vedevamo solo perché quando alzavamo lo sguardo al cielo, si camuffavano dietro le nuvole).

CitazioneDi fatto a non pochi esseri umani interessa solo agire acriticamente, eterodiretti da mode, ideologie, ecc.
La verità interssa (soltanto) a chi si pone il problema della verità.

Concordo che la verità (oltre ad essere sempre inevitabilmente limitata; per lo meno per noi soggetti conoscenti umani; ma altri non ne conosco) non dipende soltanto arbitrariamente, soggettivistivisticamente, convenzionalisticamente dalle assunzioni umane aprioristicamente assunte, ma anche dalla realtà quale é indipendentemente dall' evetuale essere pure conosciuta.

Esistono anche "mappe" in sostanza integralmente false (superstizioni, astrologia, chiromanzia, cartomanzia, ecc.; ben sapendo di andare controcorrente, personalmente vi inserirei a pieno titolo anche la -o le- psicoanalisi; dico "in sostanza" perché la perfezione non esiste, nemmeno in negativo).

Se domani venisse scoperto un ippogrifo e la scoperta fosse confermata scientificamente (sconvolgendo non poco non solo la tassonomia, ma anche l' anatomia comparata dei vertebrati) crederi alla sua esistenza (nuove specie animali e vegetali vengono scoperte continuamente).
Ma  ho forissime ragioni per ritenerlo un fatto impossibile, e (almeno per adesso) questo é ciò che conta.

sgiombo

#56
Citazione di: paul11 il 08 Settembre 2016, 23:11:40 PM
Phil,
il problema è tuo non mio. Tu riconosci la forza della ragione ,ma hai fede nella percezione della realtà:la dicotomia è tua e genera incoerenza.
Se non rispondi a cosa sia la realtà, cosa giustifica la verità nella conoscenza, non potrai trovare risposte se la forma  riesce ad autosostenersi. Se pensi che sia la realtà a darci conoscenza e che il movimento del conoscere si origini dalle cose e passi solo dopo a noi, riterrai l'uomo agente conoscitivo, ma passivo.
Tu pensi che il mondo si offra a noi per essere conosciuto, ma l'uomo può sapere  ancora prima di conoscere perchè i meccanismi sono innati come l'istinto in un animale, deve solo sistematizzarli, formalizzarli correttamente.
Se la forma corretta cammina sulle ali del pensiero, l'immagine nasce prima della realtà fisica.
La relatività era nella mente di Einstein, e non ancora dimostrata  là fuori nel mondo , fra fantasticheria e genialità  è solo la correttezza  della forma che decide che anticipa ciò che le percezioni dei sensi che la realtà può offrire, nasconde.
Un animale esperisce solo deambulando, l'uomo conosce anche nell'immobilità.

CitazioneScusate l' intromissione.

Anch' io penso che sia la realtà (e non noi arbitrariamente, ad libitum) a darci conoscenza e che il movimento del conoscere si origini dalle cose (o meglio vada alle cose; comunque che la conoscenza non sia aprioristicamente dentro di noi, indipendentemente dalle cose).
Ogni agente conoscitivo é per forza relativamente passivo, nel senso che può conoscere ciò che é o accade indipendentemente dalla sua volontà (non può conoscere, di reale, ciò che gli pacerebbe acadesse ma ciò che indipendentemente -e magari malgrado lui- da lui accade).
Poi se esiste divenire deterministico, allora la conoscenza (scientifica!) può essere anche mezzo per raggiungere attivamente scopi realistici attraverso l' applicazione adeguata di mezzi conosciuti ai dati di fatto reali (assecondando e utilizzando per quanto possibile le leggi del divenire naturale reale e non certo plasmandole o modificandole ad libitum).

L' uomo prima di esperire può solo avere "conoscenze" analitiche a priori, che non dicono nulla su come é o diviene la realtà ma solo su quali proposizioni (arbitrarie; del tutto indipendenti dalla realtà; vere o false che siano) conseguenti sono coerenti con certe proposizioni che ne sono premesse: non é conoscenza della realtà (di come é o diviene la realtà non ci dice nulla) ma solo di come si ragiona correttamente (circa la realtà o mano).

Di innato c' é solo l' istinto alla ricerca della conoscenza e c' é pure la capacità (potenziale) di ragionare sui dati empirici, non certo le conseguenze (filosofiche, scientifiche, ecc.) dell' applicazione di fatto (attuale) di questa capacità ai dati empirci; la quale a posteriori ci dà conscenze circa la realtà (e non solo circa il corretto ragionare).

La relatività non é scientificamente vera perché a priori, nella mente di Einstein era logicamente coerente (questa era solo un' ovvia conditio sine qua non, necessaria ma non affatto sufficiente della sua verità), ma perché verificata dalle osservazioni empiriche.
Anche la teoria della dinamica cartesiama "dei vortici" era logicamente corretta (e se vogiamo geniale; infatti certamente un genio era comunque Cartesio), ma essendo stata empiricamente falsificata é da escludersi sia vera.


Phil

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 09:11:15 AMTu non pensi che l'universalità nasca già in un ragazzo, nel momento in cui confrontando gli oggetti nel mondo e imparando a denotare linguisticamente quella "cosa" e chiamandola casa costruisce un insieme che li accomuna? 
Secondo me l'universalità è un attributo derivato dall'astrazione ("astrazione negativa"), per cui fra l'esperienza sensibile di quel ragazzo e l'universalità dei casi linguistici possibili, il passaggio cardine è l'azione dell'astrazione. 
Su tutto il resto sono d'accordo, discernerei soltanto fra il concetto di "universalità" e l'operazione di "astrazione" (troppo cavilloso?). 

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 09:11:15 AMNon è che cambiano i metodi sperimentali in funzione degli oggetti fisici da studiare e determinare. la regola di base è universale.Se analizzo un tessuto di un malato non cambio metodo in funzione della persona, così come non muto il procedimento step by step di un'analisi chimica. ma attenzione, qualunque metodo applicato alle varie discipline scientifiche , che si tratti di scoprire il bosone di Higgs oppure di analizare un tessuto organico o di procedere all'analisi chimica con reagenti è a sua volta nella regola universale della repitibilità della sperimentazione affinchè siano avvalorati i dati finali. 
Se non erro, i metodi sperimentali di studio non cambiano in funzione degli oggetti (x1, x2, x3...), ma cambiano in base al tipo di oggetto (x, y, z...): è vero che ci sono alcune linee guida generiche (una sorta di "buon senso" scientifico), fra cui la ripetibilità, la formalizzazione, etc. ma ogni disciplina di studio (chimica, etologia, fisica, linguistica, etc.) ha dei metodi personalizzati ad hoc, ed è proprio questo essere calibrati sull'oggetto di studio che li rende applicabili. Quindi i principi generali del buon metodo scientifico vanno poi declinati in base al campo d'applicazione, diventando metodi (al plurale).

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 09:11:15 AMOra se le leggi e procedure a loro volta sono state formulate grazie alla logica/ matematica, se quello stesso procedere nella correttezza formale con l'analisi fosse portata a isoli concetti estrapolati dal mondo attraverso il segno e simbolo dell'astrazione, non capisco dove sia il problema? 
Più che un problema, c'è un rischio: quello dei falsi problemi... quanto più un ragionamento è lontano dall'esperienza (autoreferente nel suo formalismo), tanto più diventa non-falsificabile (e qui Popper storcerebbe il naso) con le conseguenze aleatorie che ne derivano... finché si tratta di gareggiare con una tartaruga, è facile riportare la teoria alla realtà (e fare i conti con i fatti), se invece non si tratta di formalizzazioni verificabili, allora l'episteme rischia di diventare dotta doxa scientista...

Citazione di: paul11 il 09 Settembre 2016, 09:11:15 AMBasta vedere la prova dimostrativa logica di'esistenza di Dio da parte di un certo Godel.
... e questo potrebbe essere uno dei casi a cui mi riferivo prima (dotta doxa non-falsificabile); ma lascerei i discorsi religiosi all'apposita sezione  ;)

Citazione di: sgiombo il 09 Settembre 2016, 12:47:57 PM
noto che l'osservazione empirica (superficialmente, acriticamente assunta -anzi: interpretata- sembrebebbe dare sonori ceffoni anche a chi sotenesse che il bastone immerso parzialmente nell' acqua non si piega, che la terra é sferica e non piatta, che il sole é realtivamente fermo e la terra relativamente in movimento intorno ad esso, ecc., ec., ecc. 
[corsivo mio]
Infatti la "qualità" dell'interpretazione dell'osservazione-sperimentazione non ha un ruolo affatto marginale. In fondo è la stessa esperienza concreta ad aver dimostrato che il bastone non si piega (basta toccarlo sott'acqua), che la terra è sferica (nave che scompare all'orizzonte e viaggi intorno al globo), che la terra si muove relativamente al cosmo (osservazione astronomica della posizione delle stelle, se non dico una blasfemia...). Quindi in questi casi c'è stata una prima esperienza ingannevole a cui è seguita un'esperienza più critica che ha svelato l'arcano.
Nel caso di Zenone, al contrario, l'esperienza non forniva nessun inganno o stranezza (Achille batte sempre la tartaruga senza intoppi!), ma l'elucubrazione astratta ha invece congetturato un (falso) problema delle distanze parziali, dei tempi intermedi, etc. Se lo scopo era confermare l'essere parmenideo con i suoi attributi, il buon Zenone ha impostato i suoi argomenti paradossali in modo controproducente (costruendo una pseudo-realtà, parodistica e virtuale, in cui si pone il problema della gara fra i due protagonisti e il vincente non è quello "reale"...). 

sgiombo

Citazione di: Phil il 09 Settembre 2016, 16:20:12 PM
 

Citazione di: sgiombo il 09 Settembre 2016, 12:47:57 PM
noto che l'osservazione empirica (superficialmente, acriticamente assunta -anzi: interpretata- sembrebebbe dare sonori ceffoni anche a chi sotenesse che il bastone immerso parzialmente nell' acqua non si piega, che la terra é sferica e non piatta, che il sole é realtivamente fermo e la terra relativamente in movimento intorno ad esso, ecc., ec., ecc.
[corsivo mio]
Infatti la "qualità" dell'interpretazione dell'osservazione-sperimentazione non ha un ruolo affatto marginale. In fondo è la stessa esperienza concreta ad aver dimostrato che il bastone non si piega (basta toccarlo sott'acqua), che la terra è sferica (nave che scompare all'orizzonte e viaggi intorno al globo), che la terra si muove relativamente al cosmo (osservazione astronomica della posizione delle stelle, se non dico una blasfemia...). Quindi in questi casi c'è stata una prima esperienza ingannevole a cui è seguita un'esperienza più critica che ha svelato l'arcano.
Nel caso di Zenone, al contrario, l'esperienza non forniva nessun inganno o stranezza (Achille batte sempre la tartaruga senza intoppi!), ma l'elucubrazione astratta ha invece congetturato un (falso) problema delle distanze parziali, dei tempi intermedi, etc. Se lo scopo era confermare l'essere parmenideo con i suoi attributi, il buon Zenone ha impostato i suoi argomenti paradossali in modo controproducente (costruendo una pseudo-realtà, parodistica e virtuale, in cui si pone il problema della gara fra i due protagonisti e il vincente non è quello "reale"...).

CitazioneNon sto a ripetere che Zenone di fatto errava (su questo siamo d' accordo, ma non é questo il problema).

Insisto invece che fosse del tutto "legittimo" (razionale e in linea di principio utile alla ricerca della conoscenza; per quanto di fatto errato), e non una vana elucubrazione oziosa, il suo criticare il moto osservato empiricamente, anche con argomenti puramente logico-matematici (oltre che eventualmente con argometi empirici): se (come non é di fatto) questi avessero effettivamente dimostrato una contraddizione logica e dunque l' assurdità nella credenza nel mutare del reale, allora questo sarebbe bastato (senza bisogno di ultriori osservazioni empiriche) per confutarla: la coerenza logica non é una condizione sufficiente per la verità in assenza di verifica empirica (logicamente coerente era anche la teoria meccanica cartesiana "dei vortici"), ma ne é comunque una condizione necesaria.

paul11

Citazione di: maral il 06 Settembre 2016, 23:01:58 PM
CitazionePensare che vi siano prima cose belle senza la bellezza che le rende in modo diverso tali é una contraddizione  che non ho mai affermato.
Sostengo invece tutt' altro: che possono esistere cose belle anche senza che nessuno ne conosca l' esistenza e che prima di vedere cose belle (a meno che non ci venga insegnato da qualcuno che più o meno indirettamente l' ha imparato vedendo cose belle) non si conosce il concetto di "bellezza": lo si conosce a posteriori e non a priori!
Ovvero che non vi é prima una conoscenza della bellezza ideale astratta senza l' esperienza delle cose diversamente e concretamente belle (che mi sembra invece proprio quanto affermassi tu)
Bene, sono contento di questa tua precisazione, se per concetto di bellezza intendiamo la sua definizione (o il tentativo a posteriori di definirla astrattamente, ad esempio definendo dei rapporti formali che la stabiliscono come regole estetiche che sono certamente a posteriori). Le definizioni (e le astrazioni a cui conducono) sono estremamente utili e sono utili per manipolare  i significati delle cose di comune accordo pensando di manipolare le cose stesse. Le definizioni si possono insegnare, ma non l'universale in quanto tale (che non è semplicemente una percezione di qualcosa di esterno, noi non percepiamo nulla di esterno), esso è già presente in ogni esperienza, ed è presente come assolutamente indefinibile e assolutamente indicibile. Ma attenzione, non vi è alcun significato universale che non si riveli proprio nelle particolari esperienze e infatti non ho mai detto che debba esservi prima una conoscenza ideale, men che meno di concetti, ma che il significato viene sempre con il segno significante e viceversa, ogni percezione con il senso che la sottende e viceversa. La cosa è sempre con la parola che la manifesta, pur essendo il mondo delle cose e delle parole indipendenti e diversi, sono due mondi legati, sempre connessi, l'uno permette l'altro senza che nessuno preceda l'altro. Noi viviamo sempre e comunque la realtà del mondo fenomenico e lo viviamo sempre soggettivamente: il linguaggio (non solo vocale) non è originariamente uno strumento inventato arbitrariamente da qualcuno per comunicare con gli altri che convengono con lui sugli stessi termini (anche se a posteriori può sembrare tale), nessuno può inventare linguaggi se non per usi molto particolari, ma è un puro strumento di espressione dell'esistenza stessa, è l'umano modo di esistere nella dimensione umana: noi parliamo come gli uccelli volano e i pesci nuotano, nessun uccello e nessun pesce ha mai convenuto con gli altri uccelli o pesci quali movimenti fare per volare o parlare, esattamente come nessun umano ha mai convenuto (se non in linguaggi formali, artificiali e dunque a posteriori) quale significato o significati dovesse indicare un segno o tanti segni anziché un altro o degli altri e in ogni caso, come gli uccelli nell'aria e i pesci nell'acqua, noi siamo sempre nel mondo del linguaggio, sia che si parli del monte Cervino che dell'ippogrifo e ciò che importa è solo il senso contestuale (e non la verità/falsità assoluta) dell'uno o dell'altro.

Propongo a tutti come spunto di riflessione, il link a una splendida lezione di Sini su questo tema, o meglio sul tema della "Differance" di Derrida, che mi pare collegabile anche al discorso sul Noumeno, all'assoluta indefinibilità del Noumeno, come all'assoluta indefinibilità e innominabilità della Differance (che poi è anche un tema profondamente legato al pensiero ebraico alla cui tradizione Derrida, come Husserl, come Levinas, come Freud, appartiene: l'assoluta inconoscibilità del none di Dio). Chiamandola così (Dio, Noumeno, Differance) si è già detto troppo, figuriamoci quanto troppo dice che pretende di parlare in nome di una metafisica definita su concetti religiosi o razionali che siano!
La lezione è piuttosto lunga, ma la complessità della questione rende necessario soffermarcisi sopra, in particolare dal minuto 21 in avanti. Molto pertinente è poi il richiamo a de Saussure sull'inestricabilità senza soluzione del rapporto tra significante e significato, intorno al minuto 40.
https://www.youtube.com/watch?v=LCSzf7Snmmk

Maral.
sto studiando la lezione di Sini, per ora sono arrivato ad un terzo circa dell'intera lezione e,...........
si perdono troppi filosofi nel pelo dell'uovo e dimenticano l'uovo.
La dualità innanzitutto non è solo Occidentale come sostiene Deridda.
Il problema linguistico fra essenza ed espressione di Husserl e di nuovo fra espressione e significato la radicalizzazione problematica di questa in De Saussure  per cui il signifcato è un continuo differire all'infinito e simile alla problematica della scienza che pensa che la quantità della scienza ,l'estensione della conoscenza sia alla fine scienza della conoscenza.
Sini dice che  IL rosso è un'essenza:sbaglia di grosso, eppure capisce che Hegel aveva anticpato e superato Husserl nella problematizzazione della coscienza husserliana che intenzionalmente coglie il senso del fenomeno nella sua espressione.

Insomma il problema linguistico che pone la fenomenologia di Husserl er a già all'interno della fenomenologia dello spirito di Hegel. Ma mentre i filosofi si perderanno nella linguistica dell' infiniti enti che appaiono in una infinita totalità si differenze di significati, da cui nemmeno la filosofia analitica è mai uscita e anzi sta rientrando nella metafica ricreando il ponte fra le due grandi correnti filosofiche dell'ultimo secolo ,analitica e continentale, il problema vero è l'essenza indicata da Hegel, che non è perdersi negli infinit passaggi dei predicati attributi che mostra il mondo, ma la sintesi delle essenze nel concetto ( per inciso è qualche mese che sto studiando fenomenologia dello spirito di Hegel e ho capito che pochissimi filosfi lo hanno compreso, fra cui Severino) Che cos'è l'essere se non un essenza utimativa, tolti tutti i predicati e attributi finalmente si  presenta nuda alla verità.Cos'è Dio nella teologia se non essenza ultimativa e quindi originalità,Cosa cercano, infine, le scienze stesse contemporanee se non le origini ultimative, dalle antiche cosmogonie alle teorie cosmologiche,dall'atomos alla teoria delle stringhe. Cos'è un numero primo se non un essenza fra i numeri.
Le teorie filosofiche moderne hanno portato acqua al mulino del buon Phil che pone un problema linguistico e infatti la sua posizione è nella non trascendenza e trasposizione delle essenze oltre il significato che si perde nel mondo dell apparenze, da cui è impossible uscirne se non cogliendo in se stessi.E infatti Husserl, come dirà poi anche Wittgenstein, dice che l'ambiguità del segno linguistico è nel problema della comunicazione fra noi, fra il "dentro di sè" di paul e quello di maral, ad esempio.Ma invece quando paul o maral dialogano con se stessi, cade la contraddizione del segno per cui ora il signifcato non è più ambiguo





 

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