Come leggere Il Principe di Machiavelli?

Aperto da cvc, 12 Settembre 2016, 11:47:30 AM

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cvc

Il Principe di Machiavelli, è un vademecum della realpolitik, oppure un faro sul lato oscuro della natura umana? Si dice che Mussolini, Hitler e Stalin non andavano a letto la sera senza aver letto un qualche passo del principe, un po' come fa il buon cristiano con la bibbia. È anche vero che c'è chi ha scritto  "l'antimachiavelli", ovvero Federico il Grande con la supervisione non di meno che di Voltaire, le cui azioni però risultarono poi assai poco anti-machiavelliche.
Realpolitik significa politica che mira dritto allo scopo, preoccupandosi in secondo luogo o affatto dell'etica. Una interpretazione del Principe, la più condivisa, è quella del Macchiavelli funzionario caduto in disgrazia, che offriva di mettere la propria astuzia e spregiudicatezza politica al servizio di un qualche signore potente dell'epoca. Ma c'è anche l'interpretazione di Rousseau, il quale intimava ai suoi contemporanei di smettere di indignarsi per quell'opera, perché in essa vi è lo specchio della natura umana. Homo homini lupus, direbbero i latini.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

anthonyi

Direi che sono per la realpolitik, i vincoli morali sono un problema per il politico, consideriamo quando devi contrattare con un dittatore, magari con uno che cerca di avere la bomba atomica, non conviene apparire rispettosi di principi, ma è meglio apparire temibili e vendicativi. In politica i vincoli morali si pesano, quello che è importante è avere una strategia che pesi i vincoli insieme alle opportunità. Un altro esempio è l'atteggiamento nei confronti degli immigrati, apparire disponibili ad accogliere per ragioni umanitarie implica un'esplosione del fenomeno e di tutti i problemi connessi, essere duri comporta invece una riduzione del fenomeno.
Giustamente i grandi dittatori leggevano Macchiavelli, il problema e che gli altri politici lo fanno troppo poco. :'(  :'(  :'(

cvc

Citazione di: anthonyi il 12 Settembre 2016, 12:09:34 PM
Direi che sono per la realpolitik, i vincoli morali sono un problema per il politico, consideriamo quando devi contrattare con un dittatore, magari con uno che cerca di avere la bomba atomica, non conviene apparire rispettosi di principi, ma è meglio apparire temibili e vendicativi. In politica i vincoli morali si pesano, quello che è importante è avere una strategia che pesi i vincoli insieme alle opportunità. Un altro esempio è l'atteggiamento nei confronti degli immigrati, apparire disponibili ad accogliere per ragioni umanitarie implica un'esplosione del fenomeno e di tutti i problemi connessi, essere duri comporta invece una riduzione del fenomeno.
Giustamente i grandi dittatori leggevano Macchiavelli, il problema e che gli altri politici lo fanno troppo poco. :'(  :'(  :'(
Purtroppo, penso io, l'etica è si una cosa fondamentale, ma si muove nel campo dell'astratto. I principi etici che giustamente appaiono indubitabili nella loro accezione concettuale, ovvero giustizia, libertà, uguaglianza, ecc., poi quando devono essere applicati, fanno i conti con l'imperfezione della realtà. Certamente conta la visione, ma anche il fine che adotta come mezzo tale visione. Un conto è essere macchiavellici per perseguire scopi egoistici, un conto è esserlo in quanto aventi una visione disincantata del mondo, dove per risolvere i problemi occorre ricorrere al vituperato cinico pragmatismo. Non per soddisfare una latente brama di potere, ma per essere in grado, con occhi disincantati,  di scegliere, nel caso, il male minore.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

paul11

Cvc,
l'ho letto parecchi anni fa il Principe di Machiavelli, ma non l'ho trovato cinico, ha ragione Rousseau a parer mio, asseconda la natura umana .In effetti è stato scritto da Machiavelli per  rientrare nelle grazie del potere fiorentino.
L'Arte della guerra di Sun Tzu è più cinico, ma sono scritti in maniera saggia. 
Sono due grandi autori di epoche diverse che insegnano l'arte del governo degli uomini.

Il problema fra realpolitik ed etica non è solo il mezzo che dovrebbe essere coerente con lo scopo, (lo scopo giustifica il mezzo è il famoso detto machiavellico) ma dove chi governa dovrebbe avere come scopo non la conservazione del suo potere, ma la crescita del popolo in senso materiale ed etico.L'utopia quindi si scontra con la realpolitik. Anche perchè, "è poi davvero vero che il popolo ambisca  una crescita morale, oppure gli interessa il vil denaro, ricchezza e potere?"

acquario69

#4
Citazione di: paul11 il 12 Settembre 2016, 13:08:56 PM
L'utopia quindi si scontra con la realpolitik. Anche perchè, "è poi davvero vero che il popolo ambisca  una crescita morale, oppure gli interessa il vil denaro, ricchezza e potere?"
la tua giusta osservazione mi ha fatto venire un flash  :) ...esattamente questo qui sotto,dal film i tre giorni del condor

https://www.youtube.com/watch?v=VuhprNQ7hQo

"che cosa pensi che la popolazione pretenderà da noi allora...chiediglielo!
non adesso,devi chiederglielo quando la roba manca,quando d'inverno si gela e il petrolio e' finito,chiediglielo quando le macchine si fermano,quando milioni di persone che hanno avuto sempre tutto e cominciano ad avere fame e vuoi sapere di più?!..la gente se ne frega che glielo chiediamo vuole solo che noi provvediamo"

.....e ciliegina sulla torta..la stampa (e tutti i mass media) tutti assoldati al (vero) potere

cvc

Citazione di: paul11 il 12 Settembre 2016, 13:08:56 PM
Cvc,
l'ho letto parecchi anni fa il Principe di Machiavelli, ma non l'ho trovato cinico, ha ragione Rousseau a parer mio, asseconda la natura umana .In effetti è stato scritto da Machiavelli per  rientrare nelle grazie del potere fiorentino.
L'Arte della guerra di Sun Tzu è più cinico, ma sono scritti in maniera saggia.
Sono due grandi autori di epoche diverse che insegnano l'arte del governo degli uomini.

Il problema fra realpolitik ed etica non è solo il mezzo che dovrebbe essere coerente con lo scopo, (lo scopo giustifica il mezzo è il famoso detto machiavellico) ma dove chi governa dovrebbe avere come scopo non la conservazione del suo potere, ma la crescita del popolo in senso materiale ed etico.L'utopia quindi si scontra con la realpolitik. Anche perchè, "è poi davvero vero che il popolo ambisca  una crescita morale, oppure gli interessa il vil denaro, ricchezza e potere?"
Anch'io penso sia uno straordinario spaccato sulla realtà della natura umana, come trovo interessante rileggerlo nell'otica attuale, dove le decisioni istituzionali vengono prese in base ai dati macroeconomici e statistici nonché a quelli degli ideali libertari, mutuati perlopiù dal cristianesimo e dalla rivoluzione francese o dell'illuminismo in generale, ma si avverte lo spettro del vuoto di potere. Vuoto dato dalla mancanza di leader carismatici, dove l'incubo dei vari culti delle personalità novecentesche ci ha lasciato in eredità la fobia dei caratteri forti. Da questo potrebbe dipendere, in parte o molto, la mancanza di personalità che si lamenta nella classe politica e dirigente, in Italia e all'estero. Si cerca di risolvere tutto con la tecnocrazia e non si pensa più a coltivare l'arte della gestione del potere.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

paul11

cvc,
temo come dici giustamente,che quando la comunità, diventa città, metropoli, Stato fino a globalità di masse, non c'è più nemmeno quella natura umana "da piegare al volere del Principe", ma sono le statistiche, i media,  i dati sulle opinioni politiche o economiche . che il  "Principe attuale"  veicola la massa pur perdendo il contatto fisico  con le persone e la sua natura.
Oggi il Principe plagia il popolo e lo fa giorno per giorno senza una dimensione del futuro, per cui lascia sempre al domani,al prossimo Principe l'onere e l'incombenza dell'eredità dei problemi irrisolti.
Oggi è più realpolitik dei tempi di Machiavelli, nonostante il popolo sia cresciuto culturalmente e come esercizio critico, ma è questa vastità numerica in cui la singola persona si perde e diventa semplice numero anagrafico, matricola, statistica, come un item, un codice, a generare quella strana situazione in cui il tiranno era comunque in contatto diretto con il popolo, nonostante l'ostentato potere, mentre oggi la democrazia è persa nella statistica e troppo lontana dal popolo.

baylham

"Realpolitik significa politica che mira dritto allo scopo, preoccupandosi in secondo luogo o affatto dell'etica."

Non credo affatto che la politica sia separabile dall'etica, dalla morale, che i due campi siano autonomi. Semplicemente il Principe di Machiavelli ha una morale diversa da quella comune perché il Principe, la politica, si occupa di problemi che non sono comuni. Ciò spiega lo scandalo che produsse quell'opera: considerare per esempio la religione instrumentum regni è notevole. Essere cinici o spregiudicati o realisti è già avere una forma morale.

paul11

Citazione di: baylham il 12 Settembre 2016, 15:02:44 PM"Realpolitik significa politica che mira dritto allo scopo, preoccupandosi in secondo luogo o affatto dell'etica." Non credo affatto che la politica sia separabile dall'etica, dalla morale, che i due campi siano autonomi. Semplicemente il Principe di Machiavelli ha una morale diversa da quella comune perché il Principe, la politica, si occupa di problemi che non sono comuni. Ciò spiega lo scandalo che produsse quell'opera: considerare per esempio la religione instrumentum regni è notevole. Essere cinici o spregiudicati o realisti è già avere una forma morale.


...interessante punto di vista.
A tuo parere quale è il metro per dire che un'azione è morale?
La natura, a prescindere dall'uomo ,ha un'etica?

Il mio personal punto di vista è che la natura non ha un 'etica, ma potrebbe in effetti essere interpretato diversamente..

cvc

#9
Citazione di: baylham il 12 Settembre 2016, 15:02:44 PM
"Realpolitik significa politica che mira dritto allo scopo, preoccupandosi in secondo luogo o affatto dell'etica."

Non credo affatto che la politica sia separabile dall'etica, dalla morale, che i due campi siano autonomi. Semplicemente il Principe di Machiavelli ha una morale diversa da quella comune perché il Principe, la politica, si occupa di problemi che non sono comuni. Ciò spiega lo scandalo che produsse quell'opera: considerare per esempio la religione instrumentum regni è notevole. Essere cinici o spregiudicati o realisti è già avere una forma morale.
Si però un conto è fondare le decisioni politiche su presupposti morali, un altro puntare prima allo scopo e poi mascherarlo con pretesti morali. Infatti Machiavelli fa la distinzione fra essere e sembrare, ossia essere cinico e sembrare morale. Anche se questo è ciò che in effetti faceva anche la Chiesa, difatti cita anche vari papi come modelli da emulare. Si potrebbe dire che forse Machiavelli ha semplicemente teorizzato ciò che avevano già messo in pratica molte "anime belle".

Non credo che essere cinici nel senso de "il fine giustifica i mezzi" sia un comportamento che possa definirsi morale, quale fine può garantire di essere sempre giusto qualsiasi sia il sacrificio di mezzi che comporta?
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Duc in altum!

**  scritto da cvc:
CitazioneNon credo che essere cinici nel senso de "il fine giustifica i mezzi" sia un comportamento che possa definirsi morale, quale fine può garantire di essere sempre giusto qualsiasi sia il sacrificio di mezzi che comporta?
Il bene collettivo, l'uguaglianza sociale, l'amore verso il prossimo.


___________________

**  scritto da baylhaM:
Citazione"Realpolitik significa politica che mira dritto allo scopo, preoccupandosi in secondo luogo o affatto dell'etica."
Il bene personale, l'autodeterminazione del desiderio, l'amor proprio (secondo Rosseau).
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

baylham

La morale, il porsi il problema di ciò che è bene o giusto fare, è inseparabile da qualunque scelta umana, sia che riguardi la politica che l'economia. Non ritengo che ci sia un principio, un metro, da cui far derivare le giuste scelte, ma che la morale costituisca un problema la cui soluzione sia individuale.
La massima "il fine giustifica i mezzi", che riassume l'interpretazione canonica del Machiavelli, è comunque una scelta che lascia aperto ed irrisolto il problema sempre morale della scelta del fine e dei mezzi che non siano univocamente determinati.

cvc

#12
Citazione di: baylham il 13 Settembre 2016, 10:56:58 AM
La morale, il porsi il problema di ciò che è bene o giusto fare, è inseparabile da qualunque scelta umana, sia che riguardi la politica che l'economia. Non ritengo che ci sia un principio, un metro, da cui far derivare le giuste scelte, ma che la morale costituisca un problema la cui soluzione sia individuale.
La massima "il fine giustifica i mezzi", che riassume l'interpretazione canonica del Machiavelli, è comunque una scelta che lascia aperto ed irrisolto il problema sempre morale della scelta del fine e dei mezzi che non siano univocamente determinati.
C'è la favola dello scorpione che chiede alla rana di aiutarlo a traversare il fiume, rassicurando che non l'avrebbe punto. Poi però, giunti sull'altra sponda, la punge. La rana chiede:"Perché l'hai fatto?". E lo scorpione: "È la mia natura". Qui non c'è morale, è l'istinto, è la ferocia che muove l'azione. Se noi non riconosciamo una morale nell'animale, la morale è solo dell'uomo. Machiavelli dice infatti che ci sono due modi di combattere: con le leggi e con la forza. Il primo è proprio dell'uomo, il secondo delle bestie. Ma siccome spesso il primo non basta, occorre ricorrere anche al secondo. Il che vuol dire che per vincere bisogna saper accantonare il proprio giudizio morale. Inoltre Machiavelli invita apertamente alla doppiezza, e nella doppiezza non può esserci morale che tenga. Credo non ci siano dubbi sul fatto che il Principe sia un'opera immorale, indipendentemente dai tempi. Quel che volevo approfondire è come interpretare tale immoralità. Se bisogna condannarla tout court, o se c'è una parte immorale insita nell'uomo che non si potrà mai sopprimere del tutto. In questo senso dunque, se l'immoralità è inseparabile dall'uomo, allora in qualsiasi morale è compresa anche una parte di immoralità. Non credo al contrario, che non si possa essere del tutto privi di morale.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

Duc in altum!

**  scritto da baylham:
CitazioneNon ritengo che ci sia un principio, un metro, da cui far derivare le giuste scelte, ma che la morale costituisca un problema la cui soluzione sia individuale.
Questa è già una morale personale.
Il ritenere che né il Vangelo (origine trascendentale), né una Costituzione (origine umana), né qualsivoglia altra nomenclatura, costituiscono il principio, il metro, da cui derivano le scelte giuste, è già un mezzo che giustifica il fine.
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

anthonyi

Citazione di: cvc il 12 Settembre 2016, 13:38:12 PM
Citazione di: paul11 il 12 Settembre 2016, 13:08:56 PM
Cvc,
l'ho letto parecchi anni fa il Principe di Machiavelli, ma non l'ho trovato cinico, ha ragione Rousseau a parer mio, asseconda la natura umana .In effetti è stato scritto da Machiavelli per  rientrare nelle grazie del potere fiorentino.
L'Arte della guerra di Sun Tzu è più cinico, ma sono scritti in maniera saggia.
Sono due grandi autori di epoche diverse che insegnano l'arte del governo degli uomini.

Il problema fra realpolitik ed etica non è solo il mezzo che dovrebbe essere coerente con lo scopo, (lo scopo giustifica il mezzo è il famoso detto machiavellico) ma dove chi governa dovrebbe avere come scopo non la conservazione del suo potere, ma la crescita del popolo in senso materiale ed etico.L'utopia quindi si scontra con la realpolitik. Anche perchè, "è poi davvero vero che il popolo ambisca  una crescita morale, oppure gli interessa il vil denaro, ricchezza e potere?"
Anch'io penso sia uno straordinario spaccato sulla realtà della natura umana, come trovo interessante rileggerlo nell'otica attuale, dove le decisioni istituzionali vengono prese in base ai dati macroeconomici e statistici nonché a quelli degli ideali libertari, mutuati perlopiù dal cristianesimo e dalla rivoluzione francese o dell'illuminismo in generale, ma si avverte lo spettro del vuoto di potere. Vuoto dato dalla mancanza di leader carismatici, dove l'incubo dei vari culti delle personalità novecentesche ci ha lasciato in eredità la fobia dei caratteri forti. Da questo potrebbe dipendere, in parte o molto, la mancanza di personalità che si lamenta nella classe politica e dirigente, in Italia e all'estero. Si cerca di risolvere tutto con la tecnocrazia e non si pensa più a coltivare l'arte della gestione del potere.


Sono d'accordo con le argomentazioni, che ripropongono l'idea che volevo rappresentare, per la politica i valori, gli ideali si pesano e assumono un significato relativo. Giustamente questo lascia un senso di vuoto rispetto a tempi nei quali un singolo valore diventava un assoluto, ma è meglio così, meglio il relativismo che l'assolutismo. Che poi questo implichi l'assenza di leader carismatici non lo so, comunque il governo non si improvvisa e la tecnocrazia è necessaria, per me una figura emblematica è Mario Draghi, un gran tecnocrate ma anche un bravo politico che ha saputo trascinare le opinioni dei vertici finanziari europei a favore delle sue tesi radicalmente opposte rispetto alle politiche monetarie europee che lo hanno preceduto.