Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?

Aperto da HollyFabius, 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM

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HollyFabius

Citazione di: Sariputra il 09 Maggio 2016, 00:41:14 AM
L'Io-sono si formula solamente quando si apprende un linguaggio. Senza un linguaggio appreso Cartesio non poteva formulare il suo famoso "Cogito ergo sum". La coscienza è pensiero? O la coscienza è puro sentire? Un'infinità di stimoli arrivano al puro sentire e il pensiero comincia a dire : questi mi servono, questi no. Quali sono quelli  che mi danno soddisfazione?  Eccoli, li trattengo e poi li cerco ancora. Quali sono quelli dolorosi? Eccoli, li sfuggo e non li cerco più. Quali sono quelli che mi lasciano indifferente? <CUT>

Questa correlazione tra io-sono e linguaggio è estremamente falsa.
Esiste una fase pre-linguaggio in ognuno di noi, è per esempio esistita quando da bambini incapaci ancora di parlare abbiamo cominciato a riconoscere noi stessi davanti ad uno specchio. Ma anche quando abbiamo cominciato a sondare ciò che ci stava attorno attraverso i sensi. La consapevolezza di sé arriva PRIMA del linguaggio.
Peraltro anche quando dobbiamo formulare un'idea, una sensazione, un'opinione non sempre questa è già definita nel linguaggio anzi probabilmente mai lo è, viene prima un impatto immediato che poi solo in seguito 'vestiamo' attraverso il linguaggio. Prima viene la nostra natura animale e poi la nostra natura sviluppata nel logos.
Questa cosa diventa evidente quando si parla di Arte come costruzione di linguaggio, l'Artista prima rappresenta in sé e nelle proprie opere osservazioni sulla realtà o sulla propria esperienza di realtà e poi costruisce su questo un linguaggio artistico.

HollyFabius

Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 08:07:48 AM

RISPONDO:

A questa domanda non si può rispondere per il semplice fatto che nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita (sentita) si può sapere con certezza (non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE).

Secondo me IN LINEA TEORICA, DI PRINCIPIO non é impossibile costruire un congegno artificiale che si comporta esattamemnte come un uomo (un "perfetto robot" o "perfetto uomo artificiale") dal momento che le leggi di natura sono sempre le stesse e valgono per il "naturale" quanto per l' "artiìficiale".

Stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.

Non esistono domande alle quale non si può rispondere per principio e infatti anche tu parli di non impossibilità in linea teorica e di principio. Pensi che 300 anni fa qualcuno avrebbe risposto positivamente alle domande:
Pensi che l'uomo riuscirà a volare? A navigare sotti i mari? Andremo sulla luna? Illumineremo le nostre notti con luce costante ed artificiale? Ci muoveremo in scatole chiamate automobili che ci permetteranno di andare da Milano a Bologna in due ore? Altre macchine su strade di ferro correranno velocissime da città a città? Scriveremo cose che viaggeranno appena scritte dall'altra parte del mondo?
Il punto è proprio quello legato alla possibilità o impossibilità teorica basata su riflessioni coerenti. Esiste una qualità umana non riproducibile neppure teoricamente in una macchina creata dall'uomo usando materiali inermi? Di fronte a questo possiamo solo schierarci tra chi pensa di si e chi pensa di no? L'unica strada è quella fattuale, ovvero per chi pensa di si lavorare in quella direzione e dimostrare creando?
Esiste anche la possibile negazione teorica, basata sul principio di non contraddizione, di sapore Popperiano?

Loris Bagnara

Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.

Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale.
Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico.
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?
Anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile, in un futuro più o meno lontano, costruire delle macchine in grado di agire in modo tale da risultare indistinguibili da un essere umano.
Detto questo, sarà comunque impossibile accertare se quelle macchine siano effettivamente autocoscienti: potrebbero semplicemente simulare di esserlo, potrebbero simulare libero arbitrio pur essendo condizionate da algoritmi estremamente complessi. Peraltro, il libero arbitrio presente negli stessi esseri umani è, sappiamo bene, limitatissimo (c'è chi dice nullo: io dico molto limitato).
In ogni caso, per come la vedo io, la vita è una discesa dello Spirito nella Materia, della Coscienza in un Corpo, dell'Informale in una Forma. Non il contrario. Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo, ma è la coscienza a costruirsi un corpo (anzi, vari corpi, "uno dentro all'altro", per così dire) per fare esperienze ed evolvere. Vera e divertente la metafora della tetta suggerita da Sariputra.

Sariputra

Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 09:17:04 AM
Citazione di: Sariputra il 09 Maggio 2016, 00:41:14 AML'Io-sono si formula solamente quando si apprende un linguaggio. Senza un linguaggio appreso Cartesio non poteva formulare il suo famoso "Cogito ergo sum". La coscienza è pensiero? O la coscienza è puro sentire? Un'infinità di stimoli arrivano al puro sentire e il pensiero comincia a dire : questi mi servono, questi no. Quali sono quelli che mi danno soddisfazione? Eccoli, li trattengo e poi li cerco ancora. Quali sono quelli dolorosi? Eccoli, li sfuggo e non li cerco più. Quali sono quelli che mi lasciano indifferente?
Questa correlazione tra io-sono e linguaggio è estremamente falsa. Esiste una fase pre-linguaggio in ognuno di noi, è per esempio esistita quando da bambini incapaci ancora di parlare abbiamo cominciato a riconoscere noi stessi davanti ad uno specchio. Ma anche quando abbiamo cominciato a sondare ciò che ci stava attorno attraverso i sensi. La consapevolezza di sé arriva PRIMA del linguaggio. Peraltro anche quando dobbiamo formulare un'idea, una sensazione, un'opinione non sempre questa è già definita nel linguaggio anzi probabilmente mai lo è, viene prima un impatto immediato che poi solo in seguito 'vestiamo' attraverso il linguaggio. Prima viene la nostra natura animale e poi la nostra natura sviluppata nel logos. Questa cosa diventa evidente quando si parla di Arte come costruzione di linguaggio, l'Artista prima rappresenta in sé e nelle proprie opere osservazioni sulla realtà o sulla propria esperienza di realtà e poi costruisce su questo un linguaggio artistico.


Sì...è così. Ma io intendevo il formulare proprio il pensiero "Io-sono" che mi sembra la fase successiva alla pura consapevolezza della fame, che viene prima. Ma non era questo lo spirito del mio intervento. la prima cosa di cui possiamo aver consapevolezza è: "datemi 'sto capezzolo accidenti..." ;)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

#79
Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 09:30:00 AM
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 08:07:48 AM

RISPONDO:

A questa domanda non si può rispondere per il semplice fatto che nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita (sentita) si può sapere con certezza (non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE).

Secondo me IN LINEA TEORICA, DI PRINCIPIO non é impossibile costruire un congegno artificiale che si comporta esattamemnte come un uomo (un "perfetto robot" o "perfetto uomo artificiale") dal momento che le leggi di natura sono sempre le stesse e valgono per il "naturale" quanto per l' "artiìficiale".

Stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.

Non esistono domande alle quale non si può rispondere per principio e infatti anche tu parli di non impossibilità in linea teorica e di principio. Pensi che 300 anni fa qualcuno avrebbe risposto positivamente alle domande:
Pensi che l'uomo riuscirà a volare? A navigare sotti i mari? Andremo sulla luna? Illumineremo le nostre notti con luce costante ed artificiale? Ci muoveremo in scatole chiamate automobili che ci permetteranno di andare da Milano a Bologna in due ore? Altre macchine su strade di ferro correranno velocissime da città a città? Scriveremo cose che viaggeranno appena scritte dall'altra parte del mondo?
Il punto è proprio quello legato alla possibilità o impossibilità teorica basata su riflessioni coerenti. Esiste una qualità umana non riproducibile neppure teoricamente in una macchina creata dall'uomo usando materiali inermi? Di fronte a questo possiamo solo schierarci tra chi pensa di si e chi pensa di no? L'unica strada è quella fattuale, ovvero per chi pensa di si lavorare in quella direzione e dimostrare creando?
Esiste anche la possibile negazione teorica, basata sul principio di non contraddizione, di sapore Popperiano?

RISPONDO:

(Noto en passant che trecento anni fa nessuno avrebbe risposto positivamente nemmeno alla domanda: "potrà l' umanità determinare di sua propria mano la propria "prematura" estinzione?", condizione -questa di possibilità di distruggere irreversibilmente, "artificialmente" e "precocemente rispetto ai tempi della biologia naturale", l' umanità-  oggi assolutamente reale).


Mi dispiace per il positivismo acritico (e di solito irresponsabilmente ottimista sulle possibili conseguenze della conoscenza scientifica e delle sue applicazioni tecniche per il futuro dell' umanità), ma esistono proprio per davvero domande alle quale non si può rispondere per principio; e infatti quella (filosofica, non scientifica o tecnologica) sull' eventuale esistenza di altre esperienze coscienti oltre alla "propria" immediatamente percepita é una "esistente" domanda alla quale non si può proprio dare una risposta certa (sono costretto a ripetere l' argomentazione: nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita -sentita- si può sapere con certezza: non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE; e questo vale pari pari anche per il fantascientifico "uomo artificiale").

Mentre alla ben diversa domanda (tecnica) sulla possibilità di realizzare artificialmente un meccanismo in grado di comportarsi esattamemnte come un uomo (il cui comportamento fosse indistinguibile da quello di un uomo) ho già dato una chiarissima, inequivocabile risposta (che ripeto):

In inea teorica, di princpio, si può; ma stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.

HollyFabius

Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 09:45:32 AM
Anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile, in un futuro più o meno lontano, costruire delle macchine in grado di agire in modo tale da risultare indistinguibili da un essere umano.
Detto questo, sarà comunque impossibile accertare se quelle macchine siano effettivamente autocoscienti: potrebbero semplicemente simulare di esserlo, potrebbero simulare libero arbitrio pur essendo condizionate da algoritmi estremamente complessi. Peraltro, il libero arbitrio presente negli stessi esseri umani è, sappiamo bene, limitatissimo (c'è chi dice nullo: io dico molto limitato).
In ogni caso, per come la vedo io, la vita è una discesa dello Spirito nella Materia, della Coscienza in un Corpo, dell'Informale in una Forma. Non il contrario. Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo, ma è la coscienza a costruirsi un corpo (anzi, vari corpi, "uno dentro all'altro", per così dire) per fare esperienze ed evolvere. Vera e divertente la metafora della tetta suggerita da Sariputra.

C'è un aspetto del tuo discorso che non capisco.
Mi pare che tu sia dell'opinione che se si generasse una macchina in grado di comportarsi come un uomo, questo tu lo vedresti come, parafrasando in direzione opposta la frase che ho evidenziato, una "salita della materia verso lo spirito", cosa che ritieni impossibile, aggiungi infatti che "Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo".
Questo implica che la tua prima frase è un travisamento del mio pensiero, parti dicendo "anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile" ma in realtà ti riferisci a qualcosa di diverso da quello che vedo io.
Se creo una macchina in grado di comportarsi in tutto e per tutto come un uomo, io intendo che questa macchina si comporta in tutto e per tutto come un uomo.
Il significato del "tutto e per tutto" non può essere ambigua. Implica tutte le funzioni dell'uomo, comprese le più astratte di creazione artistica, di razionalizzazione degli eventi (fenomeni esterni) alla macchina. Questo tutto e per tutto dovrà includere anche le funzioni di riproduzione, di crescita del materiale organico e della difesa della specie. Certo quest'ultima potrebbe diventare un serio problema per la nostra specie se la macchina che riproduce tutti i comportamenti di un uomo dovesse sentirsi appartenente ad una specie diversa.
Questo significa il "tutto e per tutto", non il riproduce esteriormente le funzioni di uomo.
Il senso del mio post iniziale è anche quello di inquadrare razionalmente il concetto del "tutto maggiore dell'insieme delle parti" perché una macchina di questo tipo è proprio un "insieme" maggiore della somma delle sue parti.


HollyFabius

Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
(Noto en passant che trecento anni fa nessuno avrebbe risposto positivamente nemmeno alla domanda: "potrà l' umanità determinare di sua propria mano la propria "prematura" estinzione?", condizione -questa di possibilità di distruggere irreversibilmente, "artificialmente" e "precocemente rispetto ai tempi della biologia naturale", l' umanità-  oggi assolutamente reale).

Certo, non ho incluso la creazione della potenza atomica, di esempi avrei potuto aggiungerne a decine.
Peraltro ritengo che l'autodistruzione della specie sia una possibilità come le altre, in fondo siamo poco più che microbi in confronto alle dimensioni e complessità dell'universo.

Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
Mi dispiace per il positivismo acritico (e di solito irresponsabilmente ottimista sulle possibili conseguenze della conoscenza scientifica e delle sue applicazioni tecniche per il futuro dell' umanità), ma esistono proprio per davvero domande alle quale non si può rispondere per principio; e infatti quella (filosofica, non scientifica o tecnologica) sull' eventuale esistenza di altre esperienze coscienti oltre alla "propria" immediatamente percepita é una "esistente" domanda alla quale non si può proprio dare una risposta certa (sono costretto a ripetere l' argomentazione: nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita -sentita- si può sapere con certezza: non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE; e questo vale pari pari anche per il fantascientifico "uomo artificiale").
Sinceramente non credo di appartenere al positivismo acritico. Peraltro è proprio il positivismo acritico che evita di rispondere a domande sulla base di alcuni principi, io ne sono veramente lontano.
Il tuo esempio sugli zombie è assolutamente pertinente e anzi, da questo punto di vista ti direi proprio che siamo tutti zombie. Però lo stesso Hume, padre dello scetticismo sosteneva di non poter arrivare a dimostrare l'esistenza della realtà ma contemporaneamente anche di credere nella stessa esistenza della realtà. Se stai leggendo questo mio post puoi credere di leggerlo nella tua mente ma ti assicuro che non sono nella tua mente. Comunque se vuoi, puoi continuare a credere che io sia lì, la cosa non mi disturba affatto.

Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
Mentre alla ben diversa domanda (tecnica) sulla possibilità di realizzare artificialmente un meccanismo in grado di comportarsi esattamemnte come un uomo (il cui comportamento fosse indistinguibile da quello di un uomo) ho già dato una chiarissima, inequivocabile risposta (che ripeto):

In inea teorica, di princpio, si può; ma stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.
A questa frase potrei rispondere esattamente come ho risposta 10 minuti fa a Loris.
Attenzione che non si può nello stesso discorso dire "il linea teorica, di principio si può" ma "di fatto non succederà e non si giungerà mai", è una frase contradditoria e dalla contraddizione si può arrivare ad affermare qualunque cosa. Peraltro perché evidenziare il DI FATTO e il SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO? Boh!


Loris Bagnara

HollyFabius ha scritto:
CitazioneIl significato del "tutto e per tutto" non può essere ambigua. Implica tutte le funzioni dell'uomo, comprese le più astratte di creazione artistica, di razionalizzazione degli eventi (fenomeni esterni) alla macchina.
Ho inteso perfettamente quel che intendevi con "tutto e per tutto", e quando ho scritto il mio post intendevo dire la stessa cosa, non una cosa diversa.
Ma come ha detto anche Sgiombo, se anche esistesse una IA capace di riprodurre in tutto e per tutto ogni cosa che l'uomo è in grado di fare, anche quelle artisticamente e intellettualmente più sublimi, come si fa dall'esterno a giudicare che quell'intelligenza possiede la luce dell'autocoscienza?
Io, per me, so di essere autocosciente: di un altro, non posso saperlo con certezza. Posso ritenerlo probabile, se si tratta di un essere umano biologico come me; ma se si tratta di una IA, che si può dire? Io non conosco un modo per accertare l'autocoscienza altrui.

Se uno parte da una visione riduttivista, secondo cui la coscienza umana è il risultato dell'attività neuronale, allora può anche ragionevolmente ammettere che una IA, raggiunto un certo grado di complessità, possa divenire autocosciente. Ma la visione riduttivista non è la mia...

Duc in altum!

**  scritto da HollyFabius:

CitazioneCosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?

Il libero arbitrio di amare, oltre alla speranza.
La Speranza sarebbe difficile da riadattare in laboratorio, visto che quella essenziale emerge soprattutto quando non c'è più speranza
"Solo quando hai perduto Dio, hai perduto te stesso;
allora sei ormai soltanto un prodotto casuale dell'evoluzione".
(Benedetto XVI)

davintro

#84
Parto dall'idea, tipica della fenomenologia, che la coscienza è essenzialmente intenzionalità, è un tendere, un rivolgersi che va da un soggetto cosciente verso degli oggetti che divengono contenuti di coscienza. La coscienza implica l'oggettivazione dei propri contenuti. Ma questa oggettivazione implica una condizione di distanza, e dunque di autonomia, del soggetto cosciente nei confronti dei propri oggetti di coscienza. Questo tendere implica un attribuzione di un significato, di un valore che il soggetto cosciente attribuisce agli oggetti. La coscienza non è una tecnica, non è un certo tipo di intelligenza, non è una speciale abilità cognitiva che un soggetto potrebbe insegnare a un altro al punto che questo potrebbe acquisirla allo stesso modo di colui dal quale l'ha appresa. La coscienza è un modo d'essere, una tipologia complessiva di relazione dell'uomo col mondo. L'intelligenza artificiale, i computer sono mezzi creati dall'uomo per eseguire operazioni, operazioni che per l'uomo hanno un senso, appunto in relazione ad un fine. Ora, l'incremento quantitativo di efficienza e raffinatezza che nel tempo potrebbe riguardare un computer è irrilevante nei confronti della sua connotazione, qualitativa, di mezzo al servizio dell'uomo. Per quanto potente un computer resterà sempre un mezzo, un programma che ha un senso solo in relazione ad una finalità stabilita dalla coscienza umana. L'intelligenza artificiale è un programma di decodificazione di un linguaggio, decodificazione che è indifferente al valore semantico del linguaggio stesso cioè della corrispondenza delle parole a degli oggetti. Se scrivo su una tastiera il nome di una persona che conosco il computer si limiterà ad eseguire l'operazione di trascrizione su un documento web senza riconoscere la correlazione tra quella parola, di per sè solo una somma insensata di segni e un senso dato dal fatto che quella parola è per la mia coscienza il nome di battesimo di una persona a me cara. E questo perchè l'intelligenza artificiale non è coscienza, per essa il compito da svolgere non ha un senso, un valore, perchè il compito è il suo stesso essere.  La coscienza implica un aspetto di dualità tra soggetto cosciente (colui che si rivolge all'oggetto dandogli un significato) e un oggetto contenuto di coscienza (ricevente il significato datogli da un io). Ragion per cui un computer non potrebbe ribellarsi ad un input operazionale umano. Per farlo il computer dovrebbe essere una soggettività distinta rispetto al programma oggettivo per cui è stato progettato, cioè dovrebbe avere in sè qualcosa di naturale, non artificiale, non creato dall'uomo come mezzo per un suo fine. Il che è assurdo. Il computer potrebbe non eseguire un'operazione, certo. Ma ciò non è certo coscienza, ma è inefficienza, mancanza della sua essenza, cioè dell'utilità per cui è stato progettato. Un computer che non esegue un ordine mostra la mancanza  della sua intelligenza, all'opposto un uomo che rifiuta di eseguire un'ordine si riconosce e si afferma come vero soggetto cosciente, avente cioè l'autonomia (intesa come il distanza dell'Io da sè e dal mondo) della sua soggettività nei confronti dell'oggettività dell'ordine. Posso ribellarmi solo nei confronti di ciò che è distinto da me, ciò che posso oggettivare, ciò di cui posso aver coscienza. Il nome che ascolto porta la mia coscienza a produrre l'immagine mentale della persona che porta quel nome, in virtù della mia storia interiore di cui quella persona fa parte. Ma quell'immagine non è strumentale ad un compito, ha per me un fine, un valore, in se stessa. Lo stesso nome, digitato su una tastiera è solo per il computer un insieme di stimoli correlati a un'operazione prestabilita, non è legato a nulla al di là del necessario sufficiente per il corretto svolgimento dell'operazione. Perchè l'essere del computer coincide pienamente con la funzione che la coscienza umana gli attribuisce

HollyFabius

Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 14:19:28 PM

Ho inteso perfettamente quel che intendevi con "tutto e per tutto", e quando ho scritto il mio post intendevo dire la stessa cosa, non una cosa diversa.
Ma come ha detto anche Sgiombo, se anche esistesse una IA capace di riprodurre in tutto e per tutto ogni cosa che l'uomo è in grado di fare, anche quelle artisticamente e intellettualmente più sublimi, come si fa dall'esterno a giudicare che quell'intelligenza possiede la luce dell'autocoscienza?
Io, per me, so di essere autocosciente: di un altro, non posso saperlo con certezza. Posso ritenerlo probabile, se si tratta di un essere umano biologico come me; ma se si tratta di una IA, che si può dire? Io non conosco un modo per accertare l'autocoscienza altrui.

Se uno parte da una visione riduttivista, secondo cui la coscienza umana è il risultato dell'attività neuronale, allora può anche ragionevolmente ammettere che una IA, raggiunto un certo grado di complessità, possa divenire autocosciente. Ma la visione riduttivista non è la mia...

Si però la questione che ponevo io era leggermente più complessa. Certo che non hai la possibilità di verificare che io sia un essere autocosciente, nel tuo mondo tu potresti essere l'unica mente autocosciente e il resto del mondo un teatrino di fantasmi creati dalla tua mente a tuo uso e consumo. Io volevo partire come minimo dal superamento di questa posizione, peraltro espressa anche  Sgiombo. Non ho la superbia di pensare di essere unico oggetto e soggetto della mia mente, chiaro se chi dialoga con me pone questa come la sola possibilità che renderebbe vana l'indagine intellettuale comune direi che posso concludere qui le mie riflessioni.
Ovviamente il dialogo non è per me interessante, io ho già dato per scontata l'idea di vivere in un mondo di vivi.

HollyFabius

Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 15:47:30 PM
Parto dall'idea, tipica della fenomenologia, che la coscienza è essenzialmente intenzionalità, è un tendere, un rivolgersi che va da un soggetto cosciente verso degli oggetti che divengono contenuti di coscienza. La coscienza implica l'oggettivazione dei propri contenuti. Ma questa oggettivazione implica una condizione di distanza, e dunque di autonomia, del soggetto cosciente nei confronti dei propri oggetti di coscienza. Questo tendere implica un attribuzione di un significato, di un valore che il soggetto cosciente attribuisce agli oggetti. La coscienza non è una tecnica, non è un certo tipo di intelligenza, non è una speciale abilità cognitiva che un soggetto potrebbe insegnare a un altro al punto che questo potrebbe acquisirla allo stesso modo di colui dal quale l'ha appresa. La coscienza è un modo d'essere, una tipologia complessiva di relazione dell'uomo col mondo. L'intelligenza artificiale, i computer sono mezzi creati dall'uomo per eseguire operazioni, operazioni che per l'uomo hanno un senso, appunto in relazione ad un fine. Ora, l'incremento quantitativo di efficienza e raffinatezza che nel tempo potrebbe riguardare un computer è irrilevante nei confronti della sua connotazione, qualitativa, di mezzo al servizio dell'uomo. Per quanto potente un computer resterà sempre un mezzo, un programma che ha un senso solo in relazione ad una finalità stabilita dalla coscienza umana. L'intelligenza artificiale è un programma di decodificazione di un linguaggio, decodificazione che è indifferente al valore semantico del linguaggio stesso cioè della corrispondenza delle parole a degli oggetti. Se scrivo su una tastiera il nome di una persona che conosco il computer si limiterà ad eseguire l'operazione di trascrizione su un documento web senza riconoscere la correlazione tra quella parola, di per sè solo una somma insensata di segni e un senso dato dal fatto che quella parola è per la mia coscienza il nome di battesimo di una persona a me cara. E questo perchè l'intelligenza artificiale non è coscienza, per essa il compito da svolgere non ha un senso, un valore, perchè il compito è il suo stesso essere.  La coscienza implica un aspetto di dualità tra soggetto cosciente (colui che si rivolge all'oggetto dandogli un significato) e un oggetto contenuto di coscienza (ricevente il significato datogli da un io). Ragion per cui un computer non potrebbe ribellarsi ad un input operazionale umano. Per farlo il computer dovrebbe essere una soggettività distinta rispetto al programma oggettivo per cui è stato progettato, cioè dovrebbe avere in sè qualcosa di naturale, non artificiale, non creato dall'uomo come mezzo per un suo fine. Il che è assurdo. Il computer potrebbe non eseguire un'operazione, certo. Ma ciò non è certo coscienza, ma è inefficienza, mancanza della sua essenza, cioè dell'utilità per cui è stato progettato. Un computer che non esegue un ordine mostra la mancanza  della sua intelligenza, all'opposto un uomo che rifiuta di eseguire un'ordine si riconosce e si afferma come vero soggetto cosciente, avente cioè l'autonomia (intesa come il distanza dell'Io da sè e dal mondo) della sua soggettività nei confronti dell'oggettività dell'ordine. Posso ribellarmi solo nei confronti di ciò che è distinto da me, ciò che posso oggettivare, ciò di cui posso aver coscienza. Il nome che ascolto porta la mia coscienza a produrre l'immagine mentale della persona che porta quel nome, in virtù della mia storia interiore di cui quella persona fa parte. Ma quell'immagine non è strumentale ad un compito, ha per me un fine, un valore, in se stessa. Lo stesso nome, digitato su una tastiera è solo per il computer un insieme di stimoli correlati a un'operazione prestabilita, non è legato a nulla al di là del necessario sufficiente per il corretto svolgimento dell'operazione. Perchè l'essere del computer coincide pienamente con la funzione che la coscienza umana gli attribuisce
Ecco, l'idea che gli elaboratori, che oggi effettivamente elaborano, non possano in un futuro utilizzare logiche 'altre' mi pare un tradizionale atto pre-copernicano. Confondiamo il centro dell'universo con il nostro centro.
Già oggi le macchine effettuano delle valutazione migliori di quelle umane in molti ambiti, il punto sta nel riconoscere ed esplicitare dei limiti reali, usiamo il termine coscienza, autocoscienza ma non riusciamo a dare questi termini dei significati esterni ad un processo di evoluzione delle macchine.
Anni fa si parlava di intelligenza come qualità umana, oggi che le macchine realizzano cose sempre più intelligenti abbiamo spostato il confine non del significato di intelligenza verso la coscienza, che però non abbiamo ancora universalmente condiviso in tutte le sue ramificazioni concettuali.

Peraltro il vincolo della rigidità di calcolo degli elaboratori è concettualmente e banalmente superabile. Basterebbe pensare ad un procedimento decisionale (scriverei algoritmo ma l'etimologia del termine è fuorviante) basato sulla statistica e sulla interazione con l'esterno che ecco: la macchina può realizzare cose inaspettate.

Sariputra

Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 17:43:16 PM
Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 15:47:30 PMParto dall'idea, tipica della fenomenologia, che la coscienza è essenzialmente intenzionalità, è un tendere, un rivolgersi che va da un soggetto cosciente verso degli oggetti che divengono contenuti di coscienza. La coscienza implica l'oggettivazione dei propri contenuti. Ma questa oggettivazione implica una condizione di distanza, e dunque di autonomia, del soggetto cosciente nei confronti dei propri oggetti di coscienza. Questo tendere implica un attribuzione di un significato, di un valore che il soggetto cosciente attribuisce agli oggetti. La coscienza non è una tecnica, non è un certo tipo di intelligenza, non è una speciale abilità cognitiva che un soggetto potrebbe insegnare a un altro al punto che questo potrebbe acquisirla allo stesso modo di colui dal quale l'ha appresa. La coscienza è un modo d'essere, una tipologia complessiva di relazione dell'uomo col mondo. L'intelligenza artificiale, i computer sono mezzi creati dall'uomo per eseguire operazioni, operazioni che per l'uomo hanno un senso, appunto in relazione ad un fine. Ora, l'incremento quantitativo di efficienza e raffinatezza che nel tempo potrebbe riguardare un computer è irrilevante nei confronti della sua connotazione, qualitativa, di mezzo al servizio dell'uomo. Per quanto potente un computer resterà sempre un mezzo, un programma che ha un senso solo in relazione ad una finalità stabilita dalla coscienza umana. L'intelligenza artificiale è un programma di decodificazione di un linguaggio, decodificazione che è indifferente al valore semantico del linguaggio stesso cioè della corrispondenza delle parole a degli oggetti. Se scrivo su una tastiera il nome di una persona che conosco il computer si limiterà ad eseguire l'operazione di trascrizione su un documento web senza riconoscere la correlazione tra quella parola, di per sè solo una somma insensata di segni e un senso dato dal fatto che quella parola è per la mia coscienza il nome di battesimo di una persona a me cara. E questo perchè l'intelligenza artificiale non è coscienza, per essa il compito da svolgere non ha un senso, un valore, perchè il compito è il suo stesso essere. La coscienza implica un aspetto di dualità tra soggetto cosciente (colui che si rivolge all'oggetto dandogli un significato) e un oggetto contenuto di coscienza (ricevente il significato datogli da un io). Ragion per cui un computer non potrebbe ribellarsi ad un input operazionale umano. Per farlo il computer dovrebbe essere una soggettività distinta rispetto al programma oggettivo per cui è stato progettato, cioè dovrebbe avere in sè qualcosa di naturale, non artificiale, non creato dall'uomo come mezzo per un suo fine. Il che è assurdo. Il computer potrebbe non eseguire un'operazione, certo. Ma ciò non è certo coscienza, ma è inefficienza, mancanza della sua essenza, cioè dell'utilità per cui è stato progettato. Un computer che non esegue un ordine mostra la mancanza della sua intelligenza, all'opposto un uomo che rifiuta di eseguire un'ordine si riconosce e si afferma come vero soggetto cosciente, avente cioè l'autonomia (intesa come il distanza dell'Io da sè e dal mondo) della sua soggettività nei confronti dell'oggettività dell'ordine. Posso ribellarmi solo nei confronti di ciò che è distinto da me, ciò che posso oggettivare, ciò di cui posso aver coscienza. Il nome che ascolto porta la mia coscienza a produrre l'immagine mentale della persona che porta quel nome, in virtù della mia storia interiore di cui quella persona fa parte. Ma quell'immagine non è strumentale ad un compito, ha per me un fine, un valore, in se stessa. Lo stesso nome, digitato su una tastiera è solo per il computer un insieme di stimoli correlati a un'operazione prestabilita, non è legato a nulla al di là del necessario sufficiente per il corretto svolgimento dell'operazione. Perchè l'essere del computer coincide pienamente con la funzione che la coscienza umana gli attribuisce
Ecco, l'idea che gli elaboratori, che oggi effettivamente elaborano, non possano in un futuro utilizzare logiche 'altre' mi pare un tradizionale atto pre-copernicano. Confondiamo il centro dell'universo con il nostro centro. Già oggi le macchine effettuano delle valutazione migliori di quelle umane in molti ambiti, il punto sta nel riconoscere ed esplicitare dei limiti reali, usiamo il termine coscienza, autocoscienza ma non riusciamo a dare questi termini dei significati esterni ad un processo di evoluzione delle macchine. Anni fa si parlava di intelligenza come qualità umana, oggi che le macchine realizzano cose sempre più intelligenti abbiamo spostato il confine non del significato di intelligenza verso la coscienza, che però non abbiamo ancora universalmente condiviso in tutte le sue ramificazioni concettuali. Peraltro il vincolo della rigidità di calcolo degli elaboratori è concettualmente e banalmente superabile. Basterebbe pensare ad un procedimento decisionale (scriverei algoritmo ma l'etimologia del termine è fuorviante) basato sulla statistica e sulla interazione con l'esterno che ecco: la macchina può realizzare cose inaspettate.

Perdona se sono duro di cervice ma...sopra hai scritto che la coscienza non è una forma di linguaggio. Ora dici che un algoritmo, una statistica o un sistema binario possono dare risultati inaspettati. Ma non sono una forma di linguaggio, di programmazione?
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

davintro

#88
Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 17:43:16 PM
Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 15:47:30 PMParto dall'idea, tipica della fenomenologia, che la coscienza è essenzialmente intenzionalità, è un tendere, un rivolgersi che va da un soggetto cosciente verso degli oggetti che divengono contenuti di coscienza. La coscienza implica l'oggettivazione dei propri contenuti. Ma questa oggettivazione implica una condizione di distanza, e dunque di autonomia, del soggetto cosciente nei confronti dei propri oggetti di coscienza. Questo tendere implica un attribuzione di un significato, di un valore che il soggetto cosciente attribuisce agli oggetti. La coscienza non è una tecnica, non è un certo tipo di intelligenza, non è una speciale abilità cognitiva che un soggetto potrebbe insegnare a un altro al punto che questo potrebbe acquisirla allo stesso modo di colui dal quale l'ha appresa. La coscienza è un modo d'essere, una tipologia complessiva di relazione dell'uomo col mondo. L'intelligenza artificiale, i computer sono mezzi creati dall'uomo per eseguire operazioni, operazioni che per l'uomo hanno un senso, appunto in relazione ad un fine. Ora, l'incremento quantitativo di efficienza e raffinatezza che nel tempo potrebbe riguardare un computer è irrilevante nei confronti della sua connotazione, qualitativa, di mezzo al servizio dell'uomo. Per quanto potente un computer resterà sempre un mezzo, un programma che ha un senso solo in relazione ad una finalità stabilita dalla coscienza umana. L'intelligenza artificiale è un programma di decodificazione di un linguaggio, decodificazione che è indifferente al valore semantico del linguaggio stesso cioè della corrispondenza delle parole a degli oggetti. Se scrivo su una tastiera il nome di una persona che conosco il computer si limiterà ad eseguire l'operazione di trascrizione su un documento web senza riconoscere la correlazione tra quella parola, di per sè solo una somma insensata di segni e un senso dato dal fatto che quella parola è per la mia coscienza il nome di battesimo di una persona a me cara. E questo perchè l'intelligenza artificiale non è coscienza, per essa il compito da svolgere non ha un senso, un valore, perchè il compito è il suo stesso essere. La coscienza implica un aspetto di dualità tra soggetto cosciente (colui che si rivolge all'oggetto dandogli un significato) e un oggetto contenuto di coscienza (ricevente il significato datogli da un io). Ragion per cui un computer non potrebbe ribellarsi ad un input operazionale umano. Per farlo il computer dovrebbe essere una soggettività distinta rispetto al programma oggettivo per cui è stato progettato, cioè dovrebbe avere in sè qualcosa di naturale, non artificiale, non creato dall'uomo come mezzo per un suo fine. Il che è assurdo. Il computer potrebbe non eseguire un'operazione, certo. Ma ciò non è certo coscienza, ma è inefficienza, mancanza della sua essenza, cioè dell'utilità per cui è stato progettato. Un computer che non esegue un ordine mostra la mancanza della sua intelligenza, all'opposto un uomo che rifiuta di eseguire un'ordine si riconosce e si afferma come vero soggetto cosciente, avente cioè l'autonomia (intesa come il distanza dell'Io da sè e dal mondo) della sua soggettività nei confronti dell'oggettività dell'ordine. Posso ribellarmi solo nei confronti di ciò che è distinto da me, ciò che posso oggettivare, ciò di cui posso aver coscienza. Il nome che ascolto porta la mia coscienza a produrre l'immagine mentale della persona che porta quel nome, in virtù della mia storia interiore di cui quella persona fa parte. Ma quell'immagine non è strumentale ad un compito, ha per me un fine, un valore, in se stessa. Lo stesso nome, digitato su una tastiera è solo per il computer un insieme di stimoli correlati a un'operazione prestabilita, non è legato a nulla al di là del necessario sufficiente per il corretto svolgimento dell'operazione. Perchè l'essere del computer coincide pienamente con la funzione che la coscienza umana gli attribuisce
Ecco, l'idea che gli elaboratori, che oggi effettivamente elaborano, non possano in un futuro utilizzare logiche 'altre' mi pare un tradizionale atto pre-copernicano. Confondiamo il centro dell'universo con il nostro centro. Già oggi le macchine effettuano delle valutazione migliori di quelle umane in molti ambiti, il punto sta nel riconoscere ed esplicitare dei limiti reali, usiamo il termine coscienza, autocoscienza ma non riusciamo a dare questi termini dei significati esterni ad un processo di evoluzione delle macchine. Anni fa si parlava di intelligenza come qualità umana, oggi che le macchine realizzano cose sempre più intelligenti abbiamo spostato il confine non del significato di intelligenza verso la coscienza, che però non abbiamo ancora universalmente condiviso in tutte le sue ramificazioni concettuali. Peraltro il vincolo della rigidità di calcolo degli elaboratori è concettualmente e banalmente superabile. Basterebbe pensare ad un procedimento decisionale (scriverei algoritmo ma l'etimologia del termine è fuorviante) basato sulla statistica e sulla interazione con l'esterno che ecco: la macchina può realizzare cose inaspettate.

A mio avviso sussiste tra il concetto di "coscienza" e quello di "intelligenza" una distinzione qualitativa, non quantitativa. Non esiste cioè un certo grado di intelligenza oltre il quale si diverrebbe coscienti. Certamente la coscienza comprende tra le sue ramificazioni l'intelligenza, ma non viceversa. L'intelligenza è un'abilità, una capacità che permette di svolgere prestazioni. Il computer che batte a scacchi l'uomo utilizza intelligenza matematica e spaziale ma la coscienza non si riduce a ciò. Come detto prima, la coscienza non è una tecnica o un'abilità, non è "utile", non mi serve a nulla. La coscienza è una condizione generale dell'esistenza nel mondo a partire dal quale il mondo cessa di essere pura fattualità, ma realtà dotata di valore e significato. Si può pensare ad un computer che mentre gioca a scacchi si interroghi sulle motivazioni con cui sta giocando a scacchi, sulle motivazioni che hanno spinto il suo avversario umano a giocare con lui? Che sappia che il re, la regina, i cavalli che sta muovendo sono finzioni immaginative corrispondenti a reali re, regine e cavalli presenti nel mondo al di fuori del proprio software? Il fatto, innegabile, che i computer già oggi valutino, calcolino meglio dell'uomo non può farmi pensare ad una coscienza più di quanto mi farebbe pensare ad una coscienza dell'automobile che è molto più veloce di un uomo che corre a piedi o di una calcolatrice che calcola molto più velocemente di un uomo che calcola a mente. Siamo sempre interni ad una razionalità strumentale, progettata in vista di scopi e fini il cui senso e valore non è dato dall'efficienza dei mezzi ma dall'intenzionalità di una coscienza soggettiva. Intenzionalità che non comprende in sè non solo calcoli, ma sentimenti, volizioni, tutto ciò a partire da cui il mondo e noi stesso diveniamo oggetti di una qualunque presa di posizione. Anzi, da un certo punto di vista, la presenza dell'aspetto sentimentale fà sì che in molti casi la "coscienza" non sia fattore di efficienza delle nostre attività pratiche del mondo, ma "ostacolo", in quanto il valore affettivo che diamo coscienzialmente a un certo oggetto ci impedisce di sfruttarlo pragmaticamente in vista di un obiettivo...

Queste "logiche altre" utilizzabili in futuro, in quanto progettate per i computer dall'uomo per degli obiettivi posti dall'uomo, resteranno pienamente interne all'ambito della razionalità strumentale e utilitarista, e quindi non costituenti una coscienza. Il giorno in cui un computer comincierà a svolgere delle funzioni totalmente estranee, inaspettate e imprevedibili rispetto al programma che un progettatore umano aveva inserito nel suo software allora credo potremmo parlare davvero di un soggetto cosciente e dunque libero e responsabile. Ma tutto ciò non sarà un incremento quantitativo di efficienza, ma un autentico salto qualitativo e ontologico.

Non credo che la mia visione sia precopernicana, antropocentrica o romantica, anche perchè il concetto di "coscienza" a mio avviso non si identifica essenzialmente con il concetto di "coscienza umana", ma in linea di principio può essere riferito anche ad un'ipotetica coscienza divina o angelica. Infatti la premessa era l'identificazione della coscienza con il concetto di "intenzionalità", non necessariamente unicamente umana. Poi è evidente che se si parla dell'ipotesi di coscienza applicata all'intelligenza artificiale il termine di paragone che viene spontaneo fare per definire la coscienza è l'accezione umana del concetto, progettatrice dei computer stessi

and1972rea

#89
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 09:45:32 AM
Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.

Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale.
Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico.
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?
Anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile, in un futuro più o meno lontano, costruire delle macchine in grado di agire in modo tale da risultare indistinguibili da un essere umano.
Detto questo, sarà comunque impossibile accertare se quelle macchine siano effettivamente autocoscienti: potrebbero semplicemente simulare di esserlo, potrebbero simulare libero arbitrio pur essendo condizionate da algoritmi estremamente complessi. Peraltro, il libero arbitrio presente negli stessi esseri umani è, sappiamo bene, limitatissimo (c'è chi dice nullo: io dico molto limitato).
In ogni caso, per come la vedo io, la vita è una discesa dello Spirito nella Materia, della Coscienza in un Corpo, dell'Informale in una Forma. Non il contrario. Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo, ma è la coscienza a costruirsi un corpo (anzi, vari corpi, "uno dentro all'altro", per così dire) per fare esperienze ed evolvere. Vera e divertente la metafora della tetta suggerita da Sariputra.
Si potrebbe razionalmente pensare di arrivare a replicare qualcosa di più di una generica entità dotata di IA, potremmo pensare di replicare identicamente nella res extensa ogni nostro neurone e ogni relazione che ciascuno dei nostri neuroni allaccia con ciascun altro, potremmo , cioè,  pensare di replicare , almeno sul piano del tutto logico, la nostra presunta (almeno presunta dai riduzionisti e dagli olisti) coscienza materiale; ebbene, rimanendo sul piano logico, come si potrebbe spiegare  che due entità materialmente, "essenzialmente" e cartesianamente identicamente estese rimangano fra loro diversamente coscienti? Perché potrebbero darsi logicamente solo due casi : Io rimarrei solo e soltanto me stesso a prescindere dall 'esistenza materiale della mia copia ,cartesianamente estesa ,identica alla mia essenza materiale, ma distinta da me in una altrettanto possibile distinta autocoscienza.  Oppure, io e la mia copia materiale avremmo una unica autocoscienza , e Io sarei l'Io della mia stessa copia. Due cose identiche ma distinte ,che sentono sé  stesse nella medesima coscienza d'essere,un unico Io in due cose distinte,  e allora l'Io non risiederebbe nelle cose in sé,  ma sarebbe altro da esse; oppure, io e la mia copia materiale avremmo coscienze distinte , e allora , da cose identiche emergerebbero coscienze diverse, ed anche in questo caso L'IO parrebbe non nascere dalle cose in sé  per essere,  invece, autosussistente rispetto ad esse. Sembra che sul piano della logica, quindi, l'autocoscienza non possa mescolarsi alla materia, sembra che l'Io che pensa non possa definirsi come una cosa che pensa.


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