Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?

Aperto da HollyFabius, 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM

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sgiombo

CitazioneLoris Bagnara ha scritto:
[Che l' affermazione che la filosofia di David Hume sia insensata e costituita da sofismi andrebbe dimostrata] E' precisamente quel che ho fatto nel seguito del post.
 
Rispondo:
Non mi pare proprio!
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
[Che all'origine di "quella corrente di pensiero che ha portato agli spettacolari successi della scienza moderna" si collochi David Hume] Non l'ho detto io, lo dice Wikipedia: "Quel che è certo è che ebbe una decisiva influenza sullo sviluppo della scienza e della filosofia moderna."
Per me in realtà è irrilevante, che lo sia o non lo sia.

 
Rispondo:
Anche per me è irrilevante; ma ciò non toglie che sia una sciocchezza (una mezza sciocchezza di Wikipedia che per lo meno parla anche di "filosofia moderna"; intera nella tua versione secondo la quale "Sarà anche vero che Hume è all'origine di quella corrente di pensiero che ha portato agli spettacolari successi della scienza moderna" [e basta, N.d.R.]).
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
Pensare e ragionare NON sono meditare: meditare significa NON percepire, NON pensare, NON ragionare. E' solo così che si può INTUIRE l'Osservatore che sta "dietro". Più pensi e ragioni, meno sei in grado di cogliere l'Osservatore.
 
Rispondo:
Buono a sapersi: essendo razionalista e ritenendo che per avere opinioni fondate e a determinate condizioni possibilmente vere, ad eventuali altre condizioni certamente vere bisogna percepire, pensare e ragionare, mi guarderò bene dal "meditare" inteso in questo senso irrazionalistico!
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
L'Osservatore, prima ancora che dimostrarlo, lo si intuisce, lo si sente con assoluta evidenza (vedi sopra). Dovrei forse dimostrarti che il rosso è rosso? No, perché tu puoi vederlo con la stessa evidenza con cui lo vedo io. Si tratta innanzitutto di esperienza interiore, non di dimostrazione logica.
 
Rispondo:
Il rosso lo percepisco.
L' esistenza di un "io" soggetto delle sensazioni, reale oltre ad esse (fra le altre di quella del rosso) no; e nemmeno si può dimostrare, ma solo credere infondatamente, letteralmente "per fede".
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
"Una sensazione non richiede affatto necessariamente un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto per definizione: necessariamente è unicamente un apparenza sensibile, un evento di coscienza. Punto e basta" (Sgiombo).
Come si fa a non vedere che sono proprio le parole stesse che non stanno logicamente in piedi?
Da una parte si vuol dire che la coscienza è solo "un amalgama di sensazioni". Bene, dico io, e chiedo allora: cosa sono le "sensazioni"? E mi si risponde che le sensazioni non richiedono un soggetto e un oggetto, ma che sono semplicemente "eventi di coscienza"...
Un momento: siamo partiti col definire la coscienza attraverso le sensazioni, e poi definiamo le sensazioni attraverso la coscienza...
Ma com'è possibile non rendersi conto della circolarità del ragionamento?
Non è solo una questione linguistica o grammaticale, questa semmai è solo il segno di una carenza del ragionamento. Che non è nemmeno un ragionamento, ma solo un sofisma per depistare la mente, un circolo vizioso di parole che non costruiscono alcun senso.
Ma davvero non ci si rende conto di quanto queste parole si rincorrono l'una l'altra senza produrre senso?

 
Rispondo:
Ma Come si fa a non vedere che sono proprio le parole stesse che stanno logicamente in piedi perfettamente?

Non c'è proprio nessun circolo vizioso: le sensazioni (più o meno "amalgamate") si percepiscono immediatamente (se e quando ciò accade) e non si pretende affatto di "dimostrarle" circolarmente a partire dalla coscienza a sua volta dimostrata a partire dalle sensazioni stesse!!!

Respingo dunque fondatamente al mittente proprio l' accusa di fare pseudoragionamenti che non sono nemmeno tali ma solo sofismi (anche particolarmente maldestri!) per depistare la mente, circoli viziosi di parole che non costruiscono alcun senso (attribuendole indebitamente all' interlocutore), parole che si rincorrono l'una l'altra senza produrre senso.
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
"Pretendere che Una sensazione richieda necessariamente un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto per definizione sarebbe come pretendere che l' esistenza della realtà richieda necessariamente per definizione un creatore o che l' esistenza dell' evoluzione biologica (o magari solo della diversità biologica esistente) richieda necessariamente un "disegno intelligente" (Sgiombo)
Questa obiezione mi sembra semplicemente fuori luogo: non capisco cosa c'entri il "creatore" col soggetto della sensazione. Il soggetto della sensazione non crea nulla, è l'osservatore che assiste al fenomeno percettivo o al flusso interiore. L'osservatore non crea nulla, esattamente come lo spettatore al cinema non crea il film: lo vede.
 
Rispondo:
Cerca almeno di leggere quel che scrivo.

Non ho mai scritto che un creatore crea le sensazioni (mi guarderei bene dal farlo!), ma solo –e lo ribadisco!- che la pretesa che l' esistenza di un soggetto delle sensazioni sia implicita nella definizione (del concetto) di "sensazione" è altrettanto infondata di quella che l' esistenza di un creatore sarebbe implicita nella definizione (del concetto) di "realtà" (e di quella che l' esistenza di un "disegno intelligente" in quella del concetto di "diversità biologica").
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
Cos'è una sensazione? Se pretendiamo di fare a meno del soggetto, la sensazione resta solo un fenomeno fisico, elettrico, chimico. Esattamente come un'infinità di altri fenomeni fisici, elettrici e chimici dell'universo.
Quindi volete dire che i fenomeni fisici, elettrici e fisici si sentono da soli?

Perché allora ogni essere umano non sente tutti i fenomeni dell'universo?
Perché io invece avverto un limite a ciò che posso sentire?
Cos'è che costruisce quell'"amalgama", quel "fascio" che rappresenta il mio limite percettivo rispetto a quello di un altro?

 
Rispondo:
Le sensazioni sono eventi di coscienza e non affatto "fenomeni fisici, elettrici, chimici", i quali sono costituiti unicamente da sensazioni: "esse est percipi" (Berkeley).

Sono i fenomeni fisici, elettrici, chimici a essere sensazioni, non le sensazioni a essere fenomeni fisici, elettrici, chimici!!!
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
Grande risposta, che fa il pari con la "geniale" risposta di Hume:
 
Rispondo:
Certo, per l' appunto! (E sono onoratissimo dell' accostamento al gradissimo David Hume!!!
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
[font='Times New Roman', serif]Anche ammesso che non esista una risposta dimostrabile alla domanda, resta l'evidenza del fatto: ognuno di noi sente (intuisce) con certezza la propria costanza come io-sono aldilà della mutevolezza del corpo, delle sensazioni e dei pensieri.
Questo dato empirico resta, ben chiaro in ciascuno di noi: che poi la risposta non si riesca a dimostrare, o a trovare, non fa sparire l'evidenza del fatto.
Sarebbe bello poter far sparire le questioni di cui non si conosce la risposta. A quanto pare Hume ce l'ha fatta. Davvero geniale![/font]

 
Rispondo:
Complimenti: questa miserrima deformazione caricaturale del suo pensiero dimostra solo che non hai capito proprio un bel nulla (anche, fra l' altro) di David Hume!!!

Chiunque conosca un poco il grandissimo scozzese lo constaterà immediatamente.

(E purtroppo non ho tempo per tentare ulteriormente l' impresa disperata di aiutarti a cercare di farlo).

Loris Bagnara

#61
Sgiombo ha scritto:
CitazioneLe sensazioni sono eventi di coscienza
Hai ripetuto quest'affermazione, ma non hai ancora risposto alla domanda: se le sensazioni sono eventi di coscienza, che cos'è allora la coscienza?

E poi hai scritto:
Citazionele sensazioni (più o meno "amalgamate") si percepiscono immediatamente
Che significa "si percepiscono", che si percepiscono da sole?
Neanche a questa domanda hai risposto: è così per te, le sensazioni si percepiscono da sole?
Oppure non intendi il "si" in senso riflessivo, ma intendi dire "la mente, la coscienza percepisce le sensazioni".
Ma allora, torna la domanda di prima: che cos'è la mente, che cos'è la coscienza?
Non mi dirai che è "un'amalgama di sensazioni", vero?

Facciamo così: prova a definire la coscienza senza usare la parola sensazione (o sinonimi) e a definire la sensazione senza usare la parola coscienza (o sinonimi).
Cioè, almeno una delle due definizioni non può dipendere dall'altra.
Se ce la fai, mi convinci.
Sto qui ad aspettare.

P.S. Ovviamente la soluzione più semplice sarebbe quella di postulare la coscienza come principio irriducibile, cioè giocare subito la carta della res cogitans. Ma poiché sembra che, per qualche motivo a me oscuro, tu non voglia attribuire una sorta di primato alla coscienza, il consiglio che ti do è di definire la coscienza come amalgama di sensazioni (cosa che finora non hai contestato) per poi definire le sensazioni in qualche modo che non sia riconducibile alla coscienza (e affini). Altrimenti, come evidenziavo, si tratta di un ovvio circolo vizioso.

memento

#62
Citazione di: Loris Bagnara il 07 Maggio 2016, 14:56:34 PMCredo che la metafora sia chiara: la base militare è il corpo umano, i captatori sono i canali percettivi e la stazione di controllo è il cervello.
Quel che arriva al cervello non sono sensazioni, perché ancora non dicono nulla: sono solo segnali elettrochimici che giunti al cervello hanno bisogno di una funzione che li integri in una percezione sintetica. Questa sintesi avviene nella coscienza, e la coscienza non può essere il risultato di ciò che arriva dall'esterno, ma dev'essere qualcosa che è dato, che esiste anche in assenza di segnale.

Tu, memento, hai detto la stessa cosa:
CitazioneQuindi,per rispondere alla tua seconda domanda, è la coscienza a realizzare,attraverso la sua azione di controllo, l'amalgama fra le sensazioni,ossia ad "incaricarsi" di costruire un senso coerente e unico,un Io.
Appunto, è la coscienza a realizzare la sintesi dei diversi segnali e a creare quelle che appaiono come sensazioni: senza coscienza non ci sono sensazioni, ma solo segnali (esattamente come sono un segnale, non sensazione, i dati che passano in un cavo telefonico).
E la coscienza non è altro che quell'io-sono, quell'osservatore che rappresenta il soggetto senziente di tutte le sensazioni.

Assolutamente non ho detto questo,devi aver frainteso. In ogni caso,tendi a sopravvalutare il ruolo della coscienza nella sintesi degli stimoli nervosi che avviene nell'SNC,processo al quale non partecipa in nessun caso.

A questo punto faccio presente la differenza che separa una sensazione dalla sua percezione/comprensione. Non è infatti necessario,nè auspicabile,che qualsivoglia sensazione debba passare nella coscienza per poter essere esperita (e sai che mal di testa altrimenti!). Esattamente come il sentire non implica l'ascoltare,o il vedere l'osservare.La coscienza concentra la propria azione sulle sensazioni sulle quali porre un'attenzione particolare, che non sono che una piccola percentuale rispetto alla totalità di quelle elaborate dal cervello.

Non mi risulta che i telefoni abbiano integrato un encefalo artificiale (e con tutte le funzioni che sono in grado di effettuare oggi non mi stupirei).

Citazione di: Loris Bagnara il 07 Maggio 2016, 14:56:34 PM
CitazioneNon è necessario pensare che no sia un autore che,da dietro le quinte,manovri il meccanismo. Accade tutto in maniera perfettamente naturale e spontanea (e sai che fatica se non lo fosse!). Pensare che ad ogni azione corrisponda un soggetto,cosi come che ad ogni effetto corrisponda una causa (un altro punto cardine della filosofia humiana),è un preconcetto illogico,e che pure fonda la logica stessa. Io ad esempio ho appena parlato di sensi e coscienza come fossero soggetti che agiscono, quando in realtà sono solo concetti di cui mi sono servito per necessità di spiegazione.

Qui non capisco bene cosa intendi per "autore" e per "dietro le quinte", e neanche capisco bene cosa voglia dire "pensare che ad ogni azione corrisponda un soggetto". Io dico semplicemente che una coscienza, un soggetto, un io-sono è l'osservatore di ogni sensazione. Quanto alle azioni, possono essere in parte consapevoli (e quindi partono dal soggetto) oppure inconsapevoli (istintive, inconsce etc).

Sensazioni, sensi e coscienza non sono concetti, sono esperienze empiriche. Al contrario, sono i concetti ad avere bisogno di una mente che li formuli. Se ammettessimo che la coscienza è un concetto, dovremmo dire più correttamente e paradossalmente che "la coscienza è un concetto, ossia un concetto formulato da un concetto". Il che non ha palesemente senso.

Infine, osservo per inciso che il rifiuto del principio di causalità spazza via alla radice ogni tentativo di fare scienza, e in generale qualunque tentativo di dare un senso alle cose. Se non si postula la validità del principio di causalità (sia sul piano fisico, che su quello metafisico), tanto vale concludere che le cose sono come sono, non si sa come né perché e punto e basta.

L'autore dietro le quinte è l'osservatore o "io sono" di cui tu parli.
Sensi e coscienza sono ingranaggi di un meccanismo da cui non avrebbe senso intenderli separati. Per questo motivo affermo che siano costruzioni teoriche che facilitano la spiegazione del fenomeno,ma che non costituiscono il fenomeno stesso, che è un tutt'uno.

La validità del principio di causalità sarebbe un ottimo argomento su cui discutere in un topic a parte. Se postulare la sua veritá ci è utile per sistemare i dati sperimentali,d'altra parte questa ristretta prospettiva ci esclude soluzioni ben più ricche a livello di contenuti. Se considerassimo valida la possibilità che ad ogni causa corrispondono una varietà di effetti, e ad un singolo effetto una concatenazione di cause,questo ci garantirebbe di avvicinarci maggiormente al carattere multiforme e irregolare della realtà,che invece categoricamente escludiamo.

sgiombo

Citazione di: Loris Bagnara il 07 Maggio 2016, 23:52:34 PM
Sgiombo ha scritto:
CitazioneLe sensazioni sono eventi di coscienza
Hai ripetuto quest'affermazione, ma non hai ancora risposto alla domanda: se le sensazioni sono eventi di coscienza, che cos'è allora la coscienza?

E poi hai scritto:
Citazionele sensazioni (più o meno "amalgamate") si percepiscono immediatamente
Che significa "si percepiscono", che si percepiscono da sole?
Neanche a questa domanda hai risposto: è così per te, le sensazioni si percepiscono da sole?
Oppure non intendi il "si" in senso riflessivo, ma intendi dire "la mente, la coscienza percepisce le sensazioni".
Ma allora, torna la domanda di prima: che cos'è la mente, che cos'è la coscienza?
Non mi dirai che è "un'amalgama di sensazioni", vero?

Facciamo così: prova a definire la coscienza senza usare la parola sensazione (o sinonimi) e a definire la sensazione senza usare la parola coscienza (o sinonimi).
Se ce la fai, mi convinci.
Sto qui ad aspettare.
CitazioneHo già risposto (e qui pazientemente ripeto) che la coscienza é l' insieme delle sensazioni.

(Oso sperare che non ripeterai la colossale sciocchezza del presunto "circolo vizioso": qui non si tratta di dimostrazioni, ma di definizioni di eventi constatabili e constatati); come nel fatto che "foresta" si definisce come l' insieme degli alberi e "albero" come il costituente della foresta: tutte le parole dei vocabolari si definiscono reciprocamente -o per dirlo malamente, impropriamente "circolarmente"- l' una con l' altra).



Che "si percepiscono" le sensazioni significa che accadono, che si constatano nel loro apparire. Punto e basta.

E allora tornano le definizioni: la coscienza é l' insieme delle sensazioni e la mente un suo sottoinsieme.



Facciamo così: prova a definire una qualsiasi parola (del lessico dell' italiano o di una qualunque altra lingua) senza usare nessun altra parola.

Se lo fai divento irrazionalista olista "meditatore"!

(Non sto qui ad aspettare (invano) perché la (mia)  vita é breve (potrei farlo forse se fosse eterna).

Loris Bagnara

#64
Metto insieme le definizioni date da Sgiombo per farne una completa:
Citazione"La coscienza é l'insieme delle sensazioni" + "che accadono, che si constatano nel loro apparire"
La frase, benché grammaticalmente corretta, non ha alcun significato.

Cosa vuol dire "insieme delle sensazioni"? Dove c'è un insieme, esiste qualcosa che definisce i limiti di tale insieme.
Ebbene, qual è questo limite, nel caso della coscienza individuale? Cos'è che raduna le sensazioni in un insieme?

Cosa vuol dire che una sensazione "accade"? Accade dove? Forse nella mente? Allora c'è una mente, e se c'è una mente c'è una coscienza.
Quindi, la definizione corretta sarebbe: la coscienza è l'insieme delle sensazioni che accadono nella mente (coscienza).
Non è un circolo vizioso?

Cosa vuol dire "che si constatano"? Altro esempio di trucco linguistico e di depistaggio, sostituendo il "percepire" con il più innocuo "constatare". Ma la questione non si sposta di una virgola: si constatano da sole le sensazioni? Se no, chi o che cos'è che compie la funzione di constatare?

Che significa "al loro apparire"? Apparire a chi? Difficile pensare a qualcosa che appare se non a qualche soggetto. Oppure si intende "apparire a se stesse"? Ancora più oscuro. E poi "apparire" significa giungere in un "luogo" provenendo da un altro "luogo", oppure comparire dal "nulla" in un certo "luogo". Trascuriamo pure la provenienza. Ma il "luogo" dove le sensazioni appaiono, dov'è, se non si ammette l'esistenza di un soggetto?

Infine, tale definizione non dice nulla su due questioni basilari:
1) l'impressione di permanenza della coscienza, pur nel fluire mutevole delle sensazioni;
2) l'individualità della coscienza.

Ripeto la "sciocchezza", che però sta tutta in questa tua vuota definizione, che è solo un circolo vizioso di parole che si rincorrono. E implicitamente lo ammetti anche tu quando dici che per definire una parola occorrono sempre altre parole. Quando fai l'esempio dell'albero e della foresta. Ciò indubbiamente si deve all'aspetto olistico della realtà. Resta il fatto però che se è comprensibile definire la foresta come "insieme di alberi", vi sono definizioni di albero ben più ricche di significato, che non "unità costituente della foresta"... e infatti questa definizione di albero non la trovi da nessuna parte.
Ma appare ormai evidente che il senso delle cose non è fra i tuoi interessi.

Loris Bagnara

#65
Mi rendo conto che con memento c'è un problema di comprensione linguistica riguardo alla parola "sensazione".
Il significato che gli do io è di "evento della coscienza" - come dice anche Sgiombo - (di qualunque tipo: percezione esteriore, emozione, pensiero astratto etc).
Invece memento chiama sensazione qualunque segnale elaborato dal sistema nervoso.
Io, quel che dice memento, preferisco chiamarlo appunto "segnale" o "dato percettivo" o altro, perché può sussistere anche in una entità sprovvista di coscienza: ad esempio un robot biologico identico ad un essere umano, se non per il fatto di essere appunto sprovvisto di coscienza. In questo caso non userei il termine "sensazione", perché mi pare più legato al "sentire" e alla coscienza.
Altrimenti potremmo chiamare sensazione anche il segnale trasmesso da un cavo telefonico, come dicevo, ma non mi pare opportuno. Il segnale telefonico diventa comunicazione (sensazione) solo quando c'è un soggetto cosciente che lo recepisce.

Il problema che io ponevo era quello del rapporto fra coscienza e sensazione: che giustamente è un insieme inscindibile (almeno in prima approssimazione) ma in cui si possono e si devono riconoscere degli aspetti differenti. Non fosse altro che per il fatto che io posso passare da una sensazione all'altra, ma resto pur sempre io.

Si tratta in definitiva di una sorta di esperimento mentale in cui si immagina di "aprire gli occhi" in questo istante, senza alcuna conoscenza di alcun genere, ma con i sensi attivi e con tutte le facoltà mentali pure attive. In questa condizione, ci troviamo con la nostra coscienza e con i suoi contenuti (chiamiamole come ci pare).
Il problema è: come si esce da questa condizione di solipsismo?
Qual è il primo atto conoscitivo che posso porre?
Postulo la res cogitans oppure la res extensa?
Oppure tutte e due?
Oppure nessuna delle due?

Io sostengo che il primo atto conoscitivo che posso compiere con certezza è postulare la realtà dell'io-sono.
Il resto viene in seguito.

sgiombo

#66
Citazione di: Loris Bagnara il 08 Maggio 2016, 09:56:29 AM
Metto insieme le definizioni date da Sgiombo per farne una completa:
Citazione"La coscienza é l'insieme delle sensazioni" + "che accadono, che si constatano nel loro apparire"
La frase, benché grammaticalmente corretta, non ha alcun significato.

Cosa vuol dire "insieme delle sensazioni"? Dove c'è un insieme, esiste qualcosa che definisce i limiti di tale insieme.
Ebbene, qual è questo limite, nel caso della coscienza individuale? Cos'è che raduna le sensazioni in un insieme?

Cosa vuol dire che una sensazione "accade"? Accade dove? Forse nella mente? Allora c'è una mente, e se c'è una mente c'è una coscienza.
Quindi, la definizione corretta sarebbe: la coscienza è l'insieme delle sensazioni che accadono nella mente (coscienza).
Non è un circolo vizioso?

Cosa vuol dire "che si constatano"? Altro esempio di trucco linguistico e di depistaggio, sostituendo il "percepire" con il più innocuo "constatare". Ma la questione non si sposta di una virgola: si constatano da sole le sensazioni? Se no, chi o che cos'è che compie la funzione di constatare?

Che significa "al loro apparire"? Apparire a chi? Difficile pensare a qualcosa che appare se non a qualche soggetto. Oppure si intende "apparire a se stesse"? Ancora più oscuro. E poi "apparire" significa giungere in un "luogo" provenendo da un altro "luogo", oppure comparire dal "nulla" in un certo "luogo". Trascuriamo pure la provenienza. Ma il "luogo" dove le sensazioni appaiono, dov'è, se non si ammette l'esistenza di un soggetto?

Infine, tale definizione non dice nulla su due questioni basilari:
1) l'impressione di permanenza della coscienza, pur nel fluire mutevole delle sensazioni;
2) l'individualità della coscienza.

Ripeto la "sciocchezza", che però sta tutta in questa tua vuota definizione, che è solo un circolo vizioso di parole che si rincorrono. E implicitamente lo ammetti anche tu quando dici che per definire una parola occorrono sempre altre parole. Quando fai l'esempio dell'albero e della foresta. Ciò indubbiamente si deve all'aspetto olistico della realtà. Resta il fatto però che se è comprensibile definire la foresta come "insieme di alberi", vi sono definizioni di albero ben più ricche di significato, che non "unità costituente della foresta"... e infatti questa definizione di albero non la trovi da nessuna parte.
Ma appare ormai evidente che il senso delle cose non è fra i tuoi interessi.



Rispondo (per l' ultima volta):

Premetto che questa è l' ultima riposta che do a Loris Bagnara perché è del tutto evidente che non gli interessa discutere ma vuole solo menare il can per l' aia (e la mia pazienza ha un limite).
Alla sua probabile replica con le solite infondatissime accuse di pretesa "circolarità" e altrettanto pretesa "mancanza di spiegazioni" da parte mia non risponderò a mia volta in quanto avere letteralmente l' ultima parola in una polemica, tanto più se inconcludente come questa, non è fra i miei interessi; eviterò anzi senz' altro di leggerla per non essere indotto nella tentazione di perdere altro tempo (a ogni sua obiezione ho peraltro già esaurientemente risposto negli interventi precedenti malgrado lui si ostini pervicacemente a negarlo, e dunque é del tutto ragionevole pensare che qualsiasi mio sforzo ulteriore non potrebbe che essere inutile).



Le sensazioni considerate nel loro insieme costituiscono l' esperienza fenomenica cosciente.

Noto fra l' altro che dopo avermi subissato, a proposito del mio modo di intendere le sensazioni, di infondate accuse di "circolarità", "disinteresse per il senso delle cose (casomai delle parole, N.d.R.)", "trucchi linguistici", "depistaggi" e forse altro che in questo momento non ricordo, nella risposta a Memento immediatamente successiva (sic!) a questa cui replico per l' ultima volta, "riguardo alla parola "sensazione"" dici testualmente "Il significato che gli do io è di "evento della coscienza" - come dice anche Sgiombo - (di qualunque tipo: percezione esteriore, emozione, pensiero astratto etc)" [la sola evidenziazione in grassetto, e nient' altro, è mia, N.d.R]:

ti porgo i miei più sinceri complimenti per la tua "buona fede"!

Tanto di cappello!.

I limiti degli insiemi di enti ed eventi sono stabiliti arbitrariamente dal pensiero (posso considerare l' insieme degli Europei oppure quello degli Italiani, o quello degli Italiani che pesano 80 chili o più, o quello degli Italiani + i Francesi e così via ad libitum).

Dunque per definizione le sensazioni accadono nell' ambito dell' esperienza fenomenica cosciente; e nella mente che ne è una parte (un sotto-insieme) accadono quelle interiori o "res cogitans".
Noto in proposito che sempre nel tuo intervento immediatamente successivo scrivi testualmente: "Il problema che io ponevo era quello del rapporto fra coscienza e sensazione: che giustamente è un insieme inscindibile (almeno in prima approssimazione)":

a-ri-complimenti (come direbbero a Roma)!!!

Delle sensazioni si può dire indifferentemente che "accadono", "si sentono", "si percepiscono", "si avvertono", "si constatano" ecc., ecc., ecc.: sono tutti sinonimi e per trovare nell' uso da parte mia del termine "constatarsi" un "trucco linguistico" o un "depistaggio" ci vuole proprio una notevolissima coda di paglia.

Non sono le sensazioni ad essere in un luogo fisico, bensì i luoghi ad essere nella (= far parte della) esperienza fenomenica cosciente, in particolare nella sua componente materiale, la "res extensa".
Le sensazioni sono nella (fanno parte della) esperienza fenomenica cosciente

Dell' esperienza fanno parte (le sensazioni mentali de-) -i ricordi, che testimoniano la permanenza della coscienza, pur nel fluire mutevole delle sensazioni che la costituiscono.

La coscienza immediatamente esperita è una (presenta un' individualità), anche se si può ammettere (credere, ma non dimostrare e men che meno constatare) che per ogni uomo (che ce ne può parlare) e per lo meno per gran parte degli animali (vivi, ovviamente) ne esista realmente una.

Comprendo bene il tuo aggrapparti all' esempio delle definizioni semplificate di albero e foresta che ho proposto nell' inane sforzo di farti capire la tua colossale sciocchezza della presunta "circolarità" nelle mie argomentazioni, evitando di prendere in considerazione la mia affermazione che "tutte le parole dei vocabolari si definiscono reciprocamente -o per dirlo malamente, impropriamente "circolarmente"- l' una con l' altra": se non si hanno argomenti e non si vuole ammetterlo bisogna pur cercare di aggrapparsi a qualcosa!

Ancora una volta mi vedo dunque costretto a rispedire al mittente l' insinuazione che apparirebbe ormai evidente che il senso delle cose non sia fra i miei interessi (da parte di uno che pochi minuti dopo, per illustrare la sua concezione delle sensazioni, dice testualmente "Il significato che gli do io è di "evento della coscienza" - come dice anche Sgiombo –". SIC!!!


Loris Bagnara

#67
Ho riscritto questo post perché ora ho capito cos'ha fatto indignare Sgiombo per il fatto che io abbia usato l'espressione "evento di coscienza" per definire le sensazioni. Sgiombo sta pensando che sto facendo polemica gratuita. Non è così.
A me la definizione delle sensazioni come "eventi di coscienza" mi sta bene, perché io postulo la coscienza come principio irriducibile.
Ma se si nega la realtà della coscienza come principio, allora non si può definire la coscienza utilizzando le sensazioni ("amalgama di sensazioni"), perché si crea un circolo vizioso con la precedente definizione. A meno che non si torni a modificare, appunto, la precedente definizione. E' solo questo che ho cercato di far capire a Sgiombo.
La soluzione del problema è semplicissima: basta postulare la coscienza individuale come principio, e definire le sensazioni come eventi di coscienza. Punto. Fine del problema.
Negare la realtà in sé della coscienza individuale porta solo ad un'infinità di problemi, come ho cercato di mostrare. Inutilmente, perché forse questo genere di problemi più che dimostrarli devi intuirli: si deve intuire che esiste un problema, e se non lo intuisci nessuno riuscirà a fartelo capire.
Con l'intuizione e l'osservazione interiore, tradizioni millenarie in oriente hanno sviluppato una conoscenza empirica, esperienziale della coscienza che noi purtroppo in occidente ci sogniamo. E purtroppo, però, l'intuizione è una facoltà che Sgiombo non ha coltivato e non ha intenzione di coltivare (parole sue): forse per questo non sente alcun io quando elimina ad una ad una le sensazioni (parole sue).

Leggendo l'ultimo post di Sgiombo, trovo solo le stesse cose ribadite in parole leggermente diverse.
Anzi, ancora più ingarbugliate, ancora meno comprensibili, come quando si ascoltano i politici che non hanno nulla di concreto da dire: un "filosofese", come c'è il politichese.
Ma ribadire le stesse cose non dà ad esse maggior senso. Il senso è quello di prima: nessuno.
Il fatto è che un tempo, da adolescente, anch'io la pensavo così, anch'io ero pervaso di scetticismo. Poi ho capito che non funzionava. Quindi io so esattamente come pensa Sgiombo; Sgiombo, invece, non sa come penso io ora.

Ha ragione Sgiombo, non è il caso di continuare questo scambio. Finiamola qui.
Sarà un mio limite: purtroppo non ho ancora imparato a comprendere le cose senza senso.

Mario Barbella

Citazione di: cvc il 27 Aprile 2016, 10:13:51 AM
Potremmo accontentarci del "penso, dunque sono" cartesiano. Però da questa rivelazione non scaturiscono corollari. Cartesio ha tentato, partendo da questo punto, di dimostrare l'esistenza di Dio e del mondo, ma tali ulteriori argomentazioni gli vennero confutate a differenza della prima. Quindi dove ci porterebbe la dimostrazione rigorosa e formale dell'esistenza della coscienza? E poi, lo sappiamo già, almeno per absurdum. Un essere senza coscienza non si interrogherebbe sulla coscienza. Anzi, un essere senza coscienza non potrebbe interrogarsi su nulla, a meno che si pensi che un computer che rovista nella sua memoria si stia interrogando. Allora si potrebbe pensare che anche un sasso che cade si stia interrogando se continuare a cadere o no. Agire secondo necessità non significa avere coscienza.
.
La coscienza è il primo "sentito"  dell'"Osservatore" -cioè dell'IO cosciente-  che, come tutti i sentiti, per esempio, il tempo, è indimostrabile e se si  tenta di farlo, come accadde a S. Agostino,  si incorrere inevitabilmente in tautologie.  Concludo che l'IO, coscienza osservante è riferimento assoluto nell'universo, dichiara quali oggetti logici dell'Universo (che poi, quest'ultimo, altro non è che l'altra faccia dell'IO stesso) debbano essere i mattoni irriducibili del Suo universo ed accettati come tali. Per esempio Euclide dichiarò (e non definì, nonostante i suoi sforzi) la linea retta, più precisamente, non proprio la linea retta ma la proprietà di essere retta
Un augurio di buona salute non si nega neppure a... Salvini ! :)
A tavola potrebbe pure mancare il cibo ma... mai il vino ! Si, perché una tavola senza vino è come un cimitero senza morti  ;)  (nota pro cultura (ed anche cucina) mediterranea)

HollyFabius

Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.

Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale.
Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico.
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?

Sariputra

#70
L'Io-sono si formula solamente quando si apprende un linguaggio. Senza un linguaggio appreso Cartesio non poteva formulare il suo famoso "Cogito ergo sum". La coscienza è pensiero? O la coscienza è puro sentire? Un'infinità di stimoli arrivano al puro sentire e il pensiero comincia a dire : questi mi servono, questi no. Quali sono quelli  che mi danno soddisfazione?  Eccoli, li trattengo e poi li cerco ancora. Quali sono quelli dolorosi? Eccoli, li sfuggo e non li cerco più. Quali sono quelli che mi lasciano indifferente? Eccoli, non capisco bene se mi sono utili per soddisfarmi o se mi sono dolorosi, li lascio da una parte (inconscio) e poi me li trasformo per rendermeli di soddisfazione o per lasciarli andare. Tutto parte da una tetta signori, sì proprio da una bella tetta, quanto è importante la tetta nell'universo ancora non si è capito bene :) L'Io-sono nasce dal succhiare avidamente una tetta, sia naturale che di silicone.  In quella tetta che riempie la nostra piccola boccuccia c'è l'embrione del nostro Possessore che prenderà il comando un pò più avanti quando, con lo sviluppo del primo linguaggio, urlerà "IO-sono quello che vuole succhiare quella maledetta tetta!"
E' poco poetico signori? Non è spirituale che l'IO-sono non desideri altro che riempirsi in eterno la bocca di un tenero capezzolo e succhiare latte a più non posso? Quando nasci ti danno un punteggio,da uno a cinque su di una insulsa scala che manco ricordo come si chiama. E' la scala della vitalità. Se sei uno, sei più nato morto che vivo, se sei cinque sprizzi vitalità da ogni poro. E cos'è che determina la scala della vitalità ? Ma da quanto urli perchè vuoi la tetta di tua madre ( o di chiunque altro basta che sprizzi latte buono): Allora sei un cinque e tutti sono felici, sei pienamente vivo, presto un gigantesco Io-sono pretenderà di succhiare senza posa. Poi tua madre si stufa di farsi martirizzare la povera tetta  dalla tua vitalità e non te la dà proprio sempre, quando urli. Da quel rifiuto nasce tutto l'odio dell'universo, un'odio terribile, una rabbia infinita. Molti uccideranno un giorno perchè una povera madre stanca non gli ha dato la tetta quando hanno urlato come forsennati. L'Io-sono, mio Dio, ora lo vedo chiaramente, nasce dalla Fame. Non è così forse? Che dite? Gli animali hanno fame ma sono privi di Io-sono? E noi che ne sappiamo...che ne sappiamo? Ci sembrano un pò più scemi di noi,( forse non di tutti noi...)e non portano occhiali da sole ma...io ho visto con questi occhi una povera cerva morire per difendere il suo cucciolo da un lupo sull'altopiano d'Asiago...mio Dio, che ne sappiamo di quello che sentono?
Signori, la Vita è solamente un gigantesco organismo che si mantiene autodivorandosi e l'Io-sono è il coltello da macellaio che usa per tagliarsi le carni...
Parliamo di coscienza? Ma coscienza di che? Di quanto è gustosa la carne ?
Oggi ho passato la giornata in un ristorante ( Si capisce da questo pseudo-filosofare forse?). Una di quelle giornate da cerimonia vuota, da rito che non è rito senza riempirsi la panza. Osservavo la frenetica masticazione della torma di commensali. Dopo ore di libagione ...eravamo ancora lì, con il cibo che ci usciva dagli orecchi...masticavamo senza più fame , ma non cedevamo, dovevamo assaggiare tutto, fino in fondo. La panza scoppiava ma...niente, avanti ancora, arriva il dolce. Sgiombo ! Ascoltami...è proprio prajna osservare tutti quei teschi masticare senza tregua, senza farsi teorie strane, solo vedendo una grande Fame. La coscienza è coscienza di aver fame. Quando inizia la tua vita? Quando urli di volerti saziare. Quando termina la tua vita? Quando il tuo corpo inizia a rifiutare il cibo e urli , con quel poco di voce che ti resta, che se lo sbattano in quel posto...
La vita si regge sul nutrimento, è così signori. E voi pensate che la coscienza non sia strumento per il nutrimento? Pensate che l'IO-sono sia una farfallina pura e candida che non si lorda del grasso che cola ? E' Lui che vuole mangiare...proprio Lui. E' lui il Nemico.
Che difficile digestione, questa sera. Che pensieri oscuri...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Sariputra

Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PMUna delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.
Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale. Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico. Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?

La Fame abbiamo ...la fame e la coscienza di aver sempre fame (di tutto, non solo di cibo...). Se un giorno saranno coscienti di aver fame di tutto saranno come noi. E noi avremo pietà di loro...come spesso l'abbiamo di noi stessi...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

acquario69

Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?

la differenza sta nel fatto che noi abbiamo una coscienza che e' una facoltà dell'anima (per chi ancora e' in grado di avvertirla,cioè molto pochi e da come si evince saranno sempre di meno)

comunque puoi stare tranquillo,le mie sono solo visioni anacronistiche,quanto mai surreali e del tutto inconsistenti
il futuro sarà (ma e' già presente in atto) delle macchine con annessa avanguardista coscienza.

sgiombo

Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.

Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale.
Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico.
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?


RISPONDO:

A questa domanda non si può rispondere per il semplice fatto che nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita (sentita) si può sapere con certezza (non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE).

Secondo me IN LINEA TEORICA, DI PRINCIPIO non é impossibile costruire un congegno artificiale che si comporta esattamemnte come un uomo (un "perfetto robot" o "perfetto uomo artificiale") dal momento che le leggi di natura sono sempre le stesse e valgono per il "naturale" quanto per l' "artiìficiale".

Stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.

sgiombo

Citazione di: Sariputra il 09 Maggio 2016, 00:41:14 AM
L'Io-sono si formula solamente quando si apprende un linguaggio. Senza un linguaggio appreso Cartesio non poteva formulare il suo famoso "Cogito ergo sum". La coscienza è pensiero? O la coscienza è puro sentire? Un'infinità di stimoli arrivano al puro sentire e il pensiero comincia a dire : questi mi servono, questi no. Quali sono quelli  che mi danno soddisfazione?  Eccoli, li trattengo e poi li cerco ancora. Quali sono quelli dolorosi? Eccoli, li sfuggo e non li cerco più. Quali sono quelli che mi lasciano indifferente? Eccoli, non capisco bene se mi sono utili per soddisfarmi o se mi sono dolorosi, li lascio da una parte (inconscio) e poi me li trasformo per rendermeli di soddisfazione o per lasciarli andare. Tutto parte da una tetta signori, sì proprio da una bella tetta, quanto è importante la tetta nell'universo ancora non si è capito bene :) L'Io-sono nasce dal succhiare avidamente una tetta, sia naturale che di silicone.  In quella tetta che riempie la nostra piccola boccuccia c'è l'embrione del nostro Possessore che prenderà il comando un pò più avanti quando, con lo sviluppo del primo linguaggio, urlerà "IO-sono quello che vuole succhiare quella maledetta tetta!"
E' poco poetico signori? Non è spirituale che l'IO-sono non desideri altro che riempirsi in eterno la bocca di un tenero capezzolo e succhiare latte a più non posso? Quando nasci ti danno un punteggio,da uno a cinque su di una insulsa scala che manco ricordo come si chiama. E' la scala della vitalità. Se sei uno, sei più nato morto che vivo, se sei cinque sprizzi vitalità da ogni poro. E cos'è che determina la scala della vitalità ? Ma da quanto urli perchè vuoi la tetta di tua madre ( o di chiunque altro basta che sprizzi latte buono): Allora sei un cinque e tutti sono felici, sei pienamente vivo, presto un gigantesco Io-sono pretenderà di succhiare senza posa. Poi tua madre si stufa di farsi martirizzare la povera tetta  dalla tua vitalità e non te la dà proprio sempre, quando urli. Da quel rifiuto nasce tutto l'odio dell'universo, un'odio terribile, una rabbia infinita. Molti uccideranno un giorno perchè una povera madre stanca non gli ha dato la tetta quando hanno urlato come forsennati. L'Io-sono, mio Dio, ora lo vedo chiaramente, nasce dalla Fame. Non è così forse? Che dite? Gli animali hanno fame ma sono privi di Io-sono? E noi che ne sappiamo...che ne sappiamo? Ci sembrano un pò più scemi di noi,( forse non di tutti noi...)e non portano occhiali da sole ma...io ho visto con questi occhi una povera cerva morire per difendere il suo cucciolo da un lupo sull'altopiano d'Asiago...mio Dio, che ne sappiamo di quello che sentono?
Signori, la Vita è solamente un gigantesco organismo che si mantiene autodivorandosi e l'Io-sono è il coltello da macellaio che usa per tagliarsi le carni...
Parliamo di coscienza? Ma coscienza di che? Di quanto è gustosa la carne ?
Oggi ho passato la giornata in un ristorante ( Si capisce da questo pseudo-filosofare forse?). Una di quelle giornate da cerimonia vuota, da rito che non è rito senza riempirsi la panza. Osservavo la frenetica masticazione della torma di commensali. Dopo ore di libagione ...eravamo ancora lì, con il cibo che ci usciva dagli orecchi...masticavamo senza più fame , ma non cedevamo, dovevamo assaggiare tutto, fino in fondo. La panza scoppiava ma...niente, avanti ancora, arriva il dolce. Sgiombo ! Ascoltami...è proprio prajna osservare tutti quei teschi masticare senza tregua, senza farsi teorie strane, solo vedendo una grande Fame. La coscienza è coscienza di aver fame. Quando inizia la tua vita? Quando urli di volerti saziare. Quando termina la tua vita? Quando il tuo corpo inizia a rifiutare il cibo e urli , con quel poco di voce che ti resta, che se lo sbattano in quel posto...
La vita si regge sul nutrimento, è così signori. E voi pensate che la coscienza non sia strumento per il nutrimento? Pensate che l'IO-sono sia una farfallina pura e candida che non si lorda del grasso che cola ? E' Lui che vuole mangiare...proprio Lui. E' lui il Nemico.
Che difficile digestione, questa sera. Che pensieri oscuri...

Beh devo dire, da buongustaio quale sono, che mi fa proprio piacere che mi abbia citato in questo fantastico, simpaticissimo e pieno di buon senso unoversale (presente da est a ovest, da nord a sud) elogio della tetta, e dell' appetito in generale (che -aggiungerei- comprende, oltre a che ciò che serve a mantenere in vita l' individuo anche ciò che serve alla sopravvivenza della specie, cioé il sesso; che DEL TUTTO ANALOGAMENTE ALL' APPETITO ALIMENTARE -vedi il pranzo pantagruelico a cui hai da poco partecipato- può anche, peculiarmente nell' uomo, eccedere lo "stretto necessario" ed essere declinato più o meno "creativamente" e in un certo senso "innaturalmente", o meglio artificialmente; ma sono al' antica e senza alcuna omofobia ma soltanto per puro amore disinteressato di verità ci tengo ad evitare di essere frainteso come omosessuale, non essendolo).

Grazie, Sari!

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