Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?

Aperto da HollyFabius, 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

Sariputra

Citazione di: acquario69 il 02 Maggio 2016, 14:15:52 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 10:47:46 AMNessuna posizione: Non vi è coscienza nè materia ma solo un grande Vuoto.
e se fosse proprio quel "vuoto" ad essere Tutto? come potremmo mai anche solo immaginarlo il nulla se fosse nulla?

Proprio così, proprio così. Solo un Vuoto illimitato può contenere l'illimitato Tutto. 
La rana salta nello stagno e fa plop! ;)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Loris Bagnara

#16
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 10:47:46 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 09:58:31 AMIo riparto dalla domanda iniziale, il titolo di questo 3D, e la ribalto: come dimostrare logicamente l'esistenza del mondo materiale? Riporto quel che ho scritto io stesso in un altro 3D:
CitazioneSi cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante. [il nostro io-sono] è' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto. La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà.
Dalla riflessione sul rapporto fra coscienza e materia scaturiscono tre possibili posizioni, tre diverse premesse su cui costruire una "visione del mondo": 1) posizione monista: esiste la coscienza e la materia è un contenuto illusorio della coscienza; 2) posizione monista: esiste la materia e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia; 3) posizione dualista: coscienza e materia esistono su piani distinti e paritari. La seconda premessa è quella apparentemente più naturale, ma la prima è quella più logica come dimostra il dubbio radicale cartesiano. La terza, invece, a mio avviso, presenta difficoltà insormontabili nel problema dei rapporti fra le due realtà, concepite come reciprocamente trascendenti, tanto da dover postulare una terza realtà noumenica da cui quelle due dipenderebbero. In questo mondo il dualismo si rivela solo apparente: in definitiva ci si riconduce ad una impostazione monista dove vi è una realtà in sé da cui promanano due realtà contingenti, la cui reciproca coerenza è garantita appunto dalla realtà in sé. In conclusione, ripeto la mia domanda: possiamo logicamente dimostrare l'esistenza del mondo materiale?


Trovo che si possa formulare un'ulteriore ipotesi:
4) Nessuna posizione: Non vi è coscienza nè materia ma solo un grande Vuoto.
Coscienza senza materia non può essere data. Materia senza coscienza non può essere esperita. Ergo nessuna delle due è fondata in se stessa. Quindi nessuna delle due è la realtà ultima. Che cosa le accomuna? Proprio l'essere Vuote di esistenza in se stesse e per se stesse.
Coscienza non esiste senza linguaggio. Linguaggio è dato dall'esperienza della materia. Se fosse prodotto dalla coscienza stessa non si spiegherebbe perchè ha bisogno di essere imparato.
Materia può esistere senza coscienza, ma senza alcuno che la esperisce di fatto sarebbe come non esistesse.
Coscienza e Materia sono interdipendenti. Non sono Uno e non sono nemmeno Due. Materia è il contenuto della coscienza, la coscienza è contenuta nella materia. Nessuna fusione tra i due. Cielo e Terra soltanto. Nient'altro. Un grande vuoto. Uno spazio illimitato.
Certamente: vuoto, o sunyata, o parabrahman che dir si voglia: l'Assoluto immanifesto e inconoscibile che precede ogni manifestazione.
Ma la mia riflessione, naturalmente, si colloca già all'interno della manifestazione (e non può essere diversamente...).
Il riconoscimento di se stesso come essere cosciente è la premessa di ogni atto conoscitivo.
Questo, in risposta anche a HollyFabius:
CitazioneCredo che la questione non sia così semplice.
Schopenhauer potrebbe obiettare che sia coscienza che materia sono in realtà manifestazioni della volontà irrazionale.
Nietzsche potrebbe sostenere che la coscienza è in realtà il fantasma di dio.
Severino ci direbbe probabilmente che la materia è illusoria perché entra ed esce dal nulla ma che non possiamo supporre che esista una coscienza quanto piuttosto una infinità di coscienze.
Sull'esistenza della realtà materiale tocco il tavolo e rifletto sulla possibilità che il mio trisnonno o il mio pronipote possono avere una reazione sensibile nella loro coscienza.
Quel che tu dici è certamente vero, sono tutte possibili concezioni, ma che vengono dopo il riconoscimento di se stesso come essere cosciente. E' su questo primo atto che intendevo focalizzare l'attenzione.
E dopo questo primo atto può seguire quel che dice giustamente Sariputra:
CitazioneE' la giungla del teorizzare. Il groviglio delle teorie. Il rendere complesse le cose semplici. Il discutere sulla pennellata e non vedere l'opera. L'autoerotismo del pensiero. Il compiacersi di se stesso.
Dopo, solo dopo il primo atto conoscitivo può seguire "l'autoerotismo del pensiero", che ciascuno di noi soddisfa come crede: con Schopenhauer, con Nietzsche, con Severino...

Purtroppo però, è vero che il pensiero occidentale tende a complicare le cose, a compiere analisi dove sarebbe meglio fare sintesi, a vedere distinzioni dove si potrebbe cogliere l'unità, a vedere difficili cose che sono semplici.
Dice Acquario69:
Citazionepenso che la coscienza non sia qualcosa di rigidamente definibile
E sembra ribadire paul11
CitazioneDipende da cosa si intende per coscienza, come la si vuole definire.
In realtà non c'è nulla da definire, perché non c'è nulla di più semplice della coscienza, come ben sa chi pratica appena un po' di meditazione.
La coscienza è un atomo irriducibile, a cui si può arrivare per sottrazione, non per addizione.
La coscienza è il silente testimone dei mutevoli processi psichici che attraversano la nostra mente.
La coscienza è il silente spettatore di un film, dove le immagini del film corrispondono ai processi psichici e lo schermo al cervello.
La coscienza non ha alcun attributo che la possa qualificare come mia o tua o di chiunque altro. Essendo priva di contenuti e fuori dal tempo, è uguale per tutti e uguale alla sorgente della coscienza da cui è derivata. Un elettrone è indistinguibile da un altro. Una coscienza è indistinguibile dall'altra; quel che cambia, è il film a cui assiste.

Loris Bagnara

#17
Citazione di: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 09:58:31 AM
Io riparto dalla domanda iniziale, il titolo di questo 3D, e la ribalto: come dimostrare logicamente l'esistenza del mondo materiale?
Riporto quel che ho scritto io stesso in un altro 3D:

CitazioneSi cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante.
[il nostro io-sono] è' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto.
La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà.
[...]
Sulla base della riflessione sopra riportata, ritengo si possa affermare quanto segue:
1) la realtà dell'io-sono si deve assumere;
2) la realtà del mondo materiale si può assumere.
Vorrei ora sviluppare alcune ulteriori considerazioni.

Come si presentano i contenuti mentali all'osservazione dell'io-sono?
Direi che possiamo distinguere tali contenuti in due categorie.
La prima categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, liberamente determinati da se stesso (ad esempio, quelle che definiamo volizioni).
La seconda categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, non determinati da se stesso e con la caratteristica della necessità (ad esempio, quelle che definiamo "percezioni").
Il senso comune definisce soggettivi i contenuti della prima categoria, e oggettivi quelli della seconda categoria. Cioè, il carattere di necessità (ossia di ineluttabilità) con cui questi ultimi si presentano, induce l'io-sono a proiettare quei contenuti all'esterno da sé, o meglio, induce l'io-sono a postulare una realtà esterna che, interagendo con se stesso, produrrebbe quei contenuti.

Cosa esattamente sia questa realtà esterna l'io-sono non ha alcun modo di stabilirlo, poiché egli come detto non ne viene a diretto contatto: l'io-sono ha solo esperienza delle rappresentazioni mentali che tale realtà produce in lui.
Il senso comune chiama questa realtà esterna "mondo materiale", ma il significato di questa espressione non è ulteriormente definibile. L'unica cosa che si può dire è che il cosiddetto mondo materiale rappresenta i limiti al libero volere dell'io-sono: l'io-sono non può riempirsi di contenuti a piacere, ma ve ne sono alcuni che egli deve necessariamente accettare senza poterli respingere.

Ma se questa è la caratteristica fondamentale del cosiddetto mondo materiale, cioè di costituire il limite al libero volere dell'io-sono, non è indispensabile attribuire al mondo materiale un piano ontologico diverso da quello dell'io-sono: si può infatti pensare all'esistenza di un'altra realtà di natura mentale che sia tale da condizionare e limitare l'io-sono.
Per fare un esempio, si può immaginare la realtà virtuale di Matrix: il mondo virtuale creato da Matrix si presenta agli individui con il carattere della necessità, benché sia semplicemente una rappresentazione mentale.

Matrix, naturalmente, equivale al demone malvagio e ingannatore di Cartesio.
In India per la stessa cosa si usa il termine di maya, ad indicare che la realtà è illusione, ma senza alcuna connotazione negativa o malvagia, come invece l'immagine del demone cartesiano potrebbe far pensare.

HollyFabius

Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 14:17:16 PM
Non c'è alcun merito in cui entrare. Sono tutte teorie indimostrabili. Una vale l'altra. Le scegli solo in base a quello che tu stesso credi vero e che senti più vicino al tuo modo di concepire il reale. Ma quello che è vicino a te è lontano da un altro sentire. Come giudicare se non c'è alcun riferimento sicuro? Non si riesce nemmeno a definire cos'è la coscienza o la materia...perchè parteggiare per l'una o per l'altra?

Non è così, esistono delle visione coerenti e delle visioni incoerenti. La riflessione tende ad escludere queste ultime. Per esempio "Nessuna posizione: Non vi è coscienza né materia ma solo un grande Vuoto." è equivalente a sostenere che visto che non riusciamo a concordare su cosa sia la morte siamo immortali.

paul11

Per quanto mi riguarda va abbastanza bene ciò che scrivi Loris B., ma farei più attenzione, questo è il mio parere,  a definire la coscienza in rapporto al cervello, così come la dinamica fra oggettività e soggettività.
Il problema è che sono interfacce, Intendo dire che la realtà percettiva che arriva attraverso i sensi non è mai oggettiva, è già mediazione con la soggettività nel momento in cui entra nei data base degli archivi, cioè nelle memorie fisiche del cervello, che sono anche emotive come l'amigdala da cui passa il nervo ottico
Per questo sostengo che è impossibile dire oggettività come se fosse un compartimento stagno dalla soggettività, o cervello umano  separarlo nettamente dalla coscienza.La coscienza ha impulsi che partono da se stessa a prescindere dal mondo esterno, è già predisposta dalla nascita a recepire e rappresentare il mondo "esterno" e la mediazione con il proprio IO.
Il nostro IO può anche tradirci ,nel senso che può deformare il reale inteso come mondo esterno, può costruire in noi una "credenza" su cui la nostra esperienza di vissuto ha instaurato delle sicurezze cognitive.

Per ora mi fermerei quì....

sgiombo

CitazioneLoris Bagnara ha scritto:

Sulla base della riflessione sopra riportata, ritengo si possa affermare quanto segue:
1) la realtà dell'io-sono si deve assumere;
2) la realtà del mondo materiale si può assumere.

Rispondo:

Non sono d' accordo: se si deve assumere la realtà dell' "io sono" (pensieri, ragionamenti, sentimenti, ecc.), allora allo stesso identico modo si deve assumere anche la realtà degli oggetti materiali (il nostro corpo, altri corpi umani e animali, oggetti materiali naturali o più o meno artificialmente realizzati.
Infatti l' uno e gli altri sono esattamente allo stesso modo, con lo stesso grado di certezza sentiti, avvertiti nell' ambito della propria esperienza cosciente.
 
 
 


Loris Bagnara ha scritto:

Come si presentano i contenuti mentali all'osservazione dell'io-sono?
Direi che possiamo distinguere tali contenuti in due categorie.
La prima categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, liberamente determinati da se stesso (ad esempio, quelle che definiamo volizioni).
La seconda categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, non determinati da se stesso e con la caratteristica della necessità (ad esempio, quelle che definiamo "percezioni").
Il senso comune definisce soggettivi i contenuti della prima categoria, e oggettivi quelli della seconda categoria. Cioè, il carattere di necessità (ossia di ineluttabilità) con cui questi ultimi si presentano, induce l'io-sono a proiettare quei contenuti all'esterno da sé, o meglio, induce l'io-sono a postulare una realtà esterna che, interagendo con se stesso, produrrebbe quei contenuti.

Cosa esattamente sia questa realtà esterna l'io-sono non ha alcun modo di stabilirlo, poiché egli come detto non ne viene a diretto contatto: l'io-sono ha solo esperienza delle rappresentazioni mentali che tale realtà produce in lui.
Il senso comune chiama questa realtà esterna "mondo materiale", ma il significato di questa espressione non è ulteriormente definibile. L'unica cosa che si può dire è che il cosiddetto mondo materiale rappresenta i limiti al libero volere dell'io-sono: l'io-sono non può riempirsi di contenuti a piacere, ma ve ne sono alcuni che egli deve necessariamente accettare senza poterli respingere.

Rispondo:

Secondo la mia interpretazione è possibile essere assolutamente sicuri della realtà unicamente dell' esperienza cosciente immediatamente, direttamente vissuta o avvertita o percepita: dal solipsismo si può uscire, verso la credenza nell' esistenza di altre più o meno simili o analoghe esperienze coscienti oltre la "propria" immediatamente vissuta o avvertita unicamente mediante un atto di fere indimostrabile essere veritiero.


Se si ammette per fede l' esistenza (anche) di altre esperienze coscienti corrispondenti ai corpi (e più precisamente ai cervelli o loro parti in determinati stati funzionali) degli altri uomini e animali di cui si hanno sensazioni (i cui "contenuti sensibili" nel caso dei primi ci vengono anche in parte descritti verbalmente da loro stessi), allora si può constatare attraverso la comunicazione verbale che i "contenuti coscienti caratterizzati da necessità" che chiami "percezioni" (gli oggetti di coscienza materiali), sono intersoggettivi, cioè avvertiti sensibilmente in maniera puntualmente e univocamente corrispondente (purché ci si collochi "dallo stesso punto di sensazione") fra le diverse esperienze coscienti (per lo meno umane): se io e te andiamo a Zermatt ed entrambi guardiamo circa verso ovest-sud-ovest (e se non ci sono in quella direzione nuvole o nebbia) vediamo entrambi lo splendido monte Cervino 

Invece i "contenuti coscienti caratterizzati da libertà" (invero relativa, limitata: spesso non riusciamo a ricordare quel che vorremmo o a liberarci da ricordi, sentimenti, pensieri più o meno sgraditi), cioè gli oggetti di coscienza mentali (comprendenti quelli che chiami "volizioni") non lo sono; sono invece soggettivi: possiamo reciprocamente cercare più o meno fedelmente di di descriverceli reciprocamente, di comunicarceli verbalmente ma non "mostrarceli direttamente" nel modo in cui ci possiamo reciprocamente mostrare il Cervino).

Ma gli uni e gli altri, esattamente allo stesso modo,  non sono che sensazioni o insiemi di sensazioni o apparenze coscienti (alla greca e a la Kant: "fenomeni"), facenti parte della nostra esperienza cosciente, reali unicamente in quanto tali (sensazioni o insiemi di sensazioni) e unicamente allorché accadono (ovvero vengono avvertiti, sentiti, percepiti, se ne ha coscienza) come tali (mere sensazioni o insiemi di sensazioni).

 

Ora si può ipotizzare che qualcosa esista anche allorché le sensazioni fenomeniche non accadono, se non altro per spiegarsi come mai ogni volta che si va a Zermatt (o a Valtournenche) e si guarda nella giusta direzione si vede il Cervino (gli oggetti materiali sembrerebbero avere una certa  relativa costanza o continuità anche negli intervalli di tempo in cui non sono percepiti) e del tutto patimenti, allo stesso identico modo, come mai dopo periodi in cui non esistono sensazioni interiori o mentali (relativamente volontarie), riferibili a noi stessi sia come soggetti che come oggetti, dopo periodi di tempo nei quali non esiste l' "io sono" (per esempio durante il sonno senza sogni), esse possono nuovamente accadere e come mai di molte di quelle accadute ne passato resta memoria (se alla memoria si decide, anche in questo caso indimostrabilmente, per fede, di credere).

Ma per definizione e per non cadere in una palese contraddizione questo ipotetico "qualche cosa" reale anche allorché non sono reali (non accadono realmente) le sensazioni (tanto quelle materiali quanto quelle mentali) delle quali spiegherebbe la "relativa costanza nella discontinuità" non può essere costituito da apparenze sensibili (fenomeni), ma solo da qualcosa per l' appunto di unicamente congetturabile (alla greca e a la Kant: "noumeno").

E ripeto che questo vale tanto per le sensazioni materiali "involontarie" quanto per quelle mentali "libere": se oltre al loro accadere e anche allorché non accadono (e in condizioni diverse da quando accadono) vi è qualcosa di reale ad esse corrispondente, allora questo "qualcosa", sia nel caso si tratti dell' "io" (oggetto, oltre che soggetto, di quelle mentali o interiori), sia nel caso si tratti delle "cose del mondo" (oggetto di quelle materiali o esteriori), non è (costituito da) sensazioni (fenomeni) ma "cosa in sé (noumeno).

 

In conclusione: anche l' "io sono" si sente, é sensazione (-i), appare alla coscienza, anche le sensazioni mentali, non solo quelle materiali e altrettanto che queste, del tutto esattamente come queste, sono reali solo in quanto sensazioni; e se l' "io" ad esse corrispondente esiste anche allorché le sensazioni mentali non esistono (come loro oggetto, oltre che soggetto, in sé, congetturabile e non sensibile), allora non vedo perché mai non debbano esistere anche le "cose" corrispondenti alle sensazioni materiali (come loro oggetto in sé, congetturabile e non sensibile).

 

Grazie per l' attenzione.

sgiombo

#21
Citazione di: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 17:54:45 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 14:17:16 PM
Non c'è alcun merito in cui entrare. Sono tutte teorie indimostrabili. Una vale l'altra. Le scegli solo in base a quello che tu stesso credi vero e che senti più vicino al tuo modo di concepire il reale. Ma quello che è vicino a te è lontano da un altro sentire. Come giudicare se non c'è alcun riferimento sicuro? Non si riesce nemmeno a definire cos'è la coscienza o la materia...perchè parteggiare per l'una o per l'altra?

Non è così, esistono delle visione coerenti e delle visioni incoerenti. La riflessione tende ad escludere queste ultime. Per esempio "Nessuna posizione: Non vi è coscienza né materia ma solo un grande Vuoto." è equivalente a sostenere che visto che non riusciamo a concordare su cosa sia la morte siamo immortali.
CitazionePer parte mia credo inoltre che, ammesso un minimo di assunti indimostrabili (alla condizione ipotetica, indimostrabile, che questi siano veri), alcune concezioni sono vere (o per lo meno non falsificate, seppur falsificabili), altre false; e altre ancora ipotetiche (potrebbero essere vere oppure essere false senza che sia possibile stabilirlo).

P.S.: sarò anche diventato "utente esperto", ma imbranato telematico resterò fin che campo e fin che campo continuerò inesorabilmente a far casino con la grafica del forum!
(Abbiate pazienza).

Loris Bagnara

Sgiombo ha scritto:
CitazioneNon sono d' accordo: se si deve assumere la realtà dell' "io sono" (pensieri, ragionamenti, sentimenti, ecc.), allora allo stesso identico modo si deve assumere anche la realtà degli oggetti materiali (il nostro corpo, altri corpi umani e animali, oggetti materiali naturali o più o meno artificialmente realizzati.
Infatti l' uno e gli altri sono esattamente allo stesso modo, con lo stesso grado di certezza sentiti, avvertiti nell' ambito della propria esperienza cosciente.
Io credo invece che ci sia una differenza.

Innanzitutto l'io-sono (nel significato che gli ho dato io) non è da intendersi come pensieri, ragionamenti etc: quelli sono i contenuti, che ho chiamato soggettivi, e che tu giustamente definisci fenomeni al pari di quelli percettivi oggettivi (e anche i contenuti soggettivi potrebbero essere illusori).
L'io-sono per come l'ho voluto definire è, ribadisco, il puro osservatore: cioè quel che resta quando hai del tutto svuotato la mente (ci si riesce, in meditazione) e che ti fa dire, appunto, io-sono. Null'altro.
Questo io-sono, così inteso, è "atomico", irriducibile, inosservabile.
E' e basta, perché se fosse osservabile dovremmo ammettere un altro osservatore, più profondo, che osserva il primo.

Ma c'è un altro motivo per cui insisto sulla differenza.
Io posso avere, per una sorta di sogno o allucinazione, la visione di un tavolo che non esiste: il tavolo allora sarebbe nella mia mente, ma non avrebbe un'esistenza oggettiva.
Invece, io non posso avere l'allucinazione di esistere: il fatto stesso di avere un'allucinazione implica l'esistere come io-sono. Se non esistessi come io-sono, è ovvio, non potrei nemmeno avere alcuna allucinazione, tanto meno quella di esistere.

Il fatto è che quel chiamiamo spazio, tempo, ricordi etc, può essere tutta un'allucinazione: possiamo spingere il dubbio radicale all'estremo e pensare che in effetti potremmo non avere un passato. Potrei addirittura essere stato creato nel preciso istante in cui digito questa parola, con un bagaglio di falsi ricordi che mi danno l'illusione di avere un passato. Ogni secondo che mi sembra passare, potrebbe essere un'illusione, perché in effetti io potrei essere stato creato adesso, oppure adesso, oppure ancora adesso, no adesso, adesso... e così via. Che fine fanno, allora, il tempo, lo spazio, gli oggetti che vedo? Tutto potrebbe essere falso, ma veramente tutto. Tranne l'io-sono, unica cosa certa in mezzo ad un oceano di realtà incerte.

Non voglio dire che tutto sia falso. E' solo per rimarcare quella sottile differenza...

Sariputra

Citazione di: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 17:54:45 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 14:17:16 PMNon c'è alcun merito in cui entrare. Sono tutte teorie indimostrabili. Una vale l'altra. Le scegli solo in base a quello che tu stesso credi vero e che senti più vicino al tuo modo di concepire il reale. Ma quello che è vicino a te è lontano da un altro sentire. Come giudicare se non c'è alcun riferimento sicuro? Non si riesce nemmeno a definire cos'è la coscienza o la materia...perchè parteggiare per l'una o per l'altra?
Non è così, esistono delle visione coerenti e delle visioni incoerenti. La riflessione tende ad escludere queste ultime. Per esempio "Nessuna posizione: Non vi è coscienza né materia ma solo un grande Vuoto." è equivalente a sostenere che visto che non riusciamo a concordare su cosa sia la morte siamo immortali.


Visioni coerenti e visioni incoerenti sono una dualità. Mortalità e immortalità sono una dualità. Coscienza e materia sembrano anch'esse  una dualità. Solo se non prendiamo posizione per una o per l'altra possiamo sedere sulla sedia vuota del senza-posizione. Da un grande vuoto non si può cadere. Senza opinione non si può essere contraddetti. Posso riempire la casa di tutto, c'è un grande spazio. Tutto funziona a meraviglia. Niente da capire.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

davintro

Per Loris Bagnara:

"1) la realtà dell'io-sono si deve assumere;
2) la realtà del mondo materiale si può assumere.
Vorrei ora sviluppare alcune ulteriori considerazioni.

Come si presentano i contenuti mentali all'osservazione dell'io-sono?
Direi che possiamo distinguere tali contenuti in due categorie.
La prima categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, liberamente determinati da se stesso (ad esempio, quelle che definiamo volizioni).
La seconda categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, non determinati da se stesso e con la caratteristica della necessità (ad esempio, quelle che definiamo "percezioni").
Il senso comune definisce soggettivi i contenuti della prima categoria, e oggettivi quelli della seconda categoria. Cioè, il carattere di necessità (ossia di ineluttabilità) con cui questi ultimi si presentano, induce l'io-sono a proiettare quei contenuti all'esterno da sé, o meglio, induce l'io-sono a postulare una realtà esterna che, interagendo con se stesso, produrrebbe quei contenuti.

Cosa esattamente sia questa realtà esterna l'io-sono non ha alcun modo di stabilirlo, poiché egli come detto non ne viene a diretto contatto: l'io-sono ha solo esperienza delle rappresentazioni mentali che tale realtà produce in lui.
Il senso comune chiama questa realtà esterna "mondo materiale", ma il significato di questa espressione non è ulteriormente definibile. L'unica cosa che si può dire è che il cosiddetto mondo materiale rappresenta i limiti al libero volere dell'io-sono: l'io-sono non può riempirsi di contenuti a piacere, ma ve ne sono alcuni che egli deve necessariamente accettare senza poterli respingere.

Ma se questa è la caratteristica fondamentale del cosiddetto mondo materiale, cioè di costituire il limite al libero volere dell'io-sono, non è indispensabile attribuire al mondo materiale un piano ontologico diverso da quello dell'io-sono: si può infatti pensare all'esistenza di un'altra realtà di natura mentale che sia tale da condizionare e limitare l'io-sono.
Per fare un esempio, si può immaginare la realtà virtuale di Matrix: il mondo virtuale creato da Matrix si presenta agli individui con il carattere della necessità, benché sia semplicemente una rappresentazione mentale.

Matrix, naturalmente, equivale al demone malvagio e ingannatore di Cartesio.
In India per la stessa cosa si usa il termine di maya, ad indicare che la realtà è illusione, ma senza alcuna connotazione negativa o malvagia, come invece l'immagine del demone cartesiano potrebbe far pensare."


Complessivamente molto d'accordo con questo post... aggiungo solo che la libertà a mio avviso non è del tutto restringibile alla sfera della volontà. La volontà è certamente l'ambito nel quale libertà del soggetto si esprime in modo pieno, paradigmatico, in quanto l'oggetto della volontà l'io se lo pone indipedentemente dal fatto che tale oggetto sia più o meno reale. Tuttavia la libertà è a differenti livelli presente anche negli atti più propriamente cognitivi dell'Io, il giudicare, e il percepire. Il giudizio non è mai necessitato dalle modalità del darsi percettivo dell'oggetto. Se la percezione mi offre una visione delle cose come fossero qui e ora presenti in carne e ossa, effettivamente esistenti, esiste per l'io la possibilità di mettere in discussione la pretesa di identificare il contenuto della percezione come qualcosa di reale, lasciando in sospensione il giudizio su di esso. La messa in sospensione del giudizio in quanto è qualcosa che l'io pone in atto NONOSTANTE lo stimolo percettivo proveniente da una trascendenza che di per sè trascinerebbe l'io a formulare un certo tipo di giudizio, è un atto libero. Tutto ciò implica una sorta di "resistenza" del soggetto nei confronti dell'oggetto, dunque una libertà del soggetto. Seppur a livello minimale, un certo livello di autonomia del soggetto è presente anche nella percezione, nella misura in cui non si intenda questa come sinonimo di "sensazione". Ciò in quanto la percezione, se a livello contenutistico è  qualcosa che la coscienza può solo ricevere dalle sensazioni causate dal contatto fisico corpo-oggetti, formalmente è sintesi e ordine di tale complesso di sensazioni, sintesi che non sarebbe possibile se non per l'opera di una coscienza soggettiva.

Molto d'accordo anche con  il tuo ultimo post, in cui mi sembra che riecheggi evidentemente l'idea del dubbio metodico cartesiano che giunge a rilevare in conclusione la certezza dell'esistenza del soggetto pensante. Ma io ci vedo anche la, fondamentale, distinzione tra io empirico ( i miei pensieri, sentimenti, vissuti considerati come solo miei, nella mia singolarità) che è parte del mondo naturale e che quindi rientra ciò di cui posso dubitare, e l'io trascendentale (o io puro nella fenomenologia husserliana) che è l'io inteso come puro soggetto, considerato astrattamente e separatamente da tutto ciò che differenzia il mio io dall'altro, quindi un residuo indubitabile, un'idea di soggettività universale, che riconosce se stesso (autocosciente) e che si pone come punto di partenza per ogni discorso che vuole essere razionale sul rapporto coscienza-realtà. Porre questa idea di soggettività non porta al solipsismo, perchè questo punto di partenza di per sè essendo di per sè un'astrazione (seppur metodologicamente fondamentale) richiede di essere integrato da delle concretezze reali che giustifichino il porsi in atto di tale generica soggettività. Concretezza interiore (la mia realtà personale empirica, psicofisica) ed esteriore, il mondo esterno che non scompare ma resta considerato come causa delle nostre sensazioni che costituiscono il il livello basico della coscienza e conoscenza umana

HollyFabius

Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 23:13:59 PM
Visioni coerenti e visioni incoerenti sono una dualità. Mortalità e immortalità sono una dualità. Coscienza e materia sembrano anch'esse  una dualità. Solo se non prendiamo posizione per una o per l'altra possiamo sedere sulla sedia vuota del senza-posizione. Da un grande vuoto non si può cadere. Senza opinione non si può essere contraddetti. Posso riempire la casa di tutto, c'è un grande spazio. Tutto funziona a meraviglia. Niente da capire.

Anche il nulla è una dualità. Il nulla vive nella negazione del tutto.
Puoi sederti davanti ad uno specchio e interrogarti sul nulla, facendolo cadi dalla tua assenza di posizione. Non hai bisogno di venire contraddetto, non hai bisogno di essere contraddetto. La non opinione non si può contraddire ma il nulla è assenza di sapore, di tatto, di vista, di suono, di gusto, di cuore. Guardati allo specchio e questo rifletterà il nulla. Il nulla funziona come il tutto, manca la meraviglia del capire.

Sariputra

Citazione di: HollyFabius il 03 Maggio 2016, 09:21:10 AM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 23:13:59 PMVisioni coerenti e visioni incoerenti sono una dualità. Mortalità e immortalità sono una dualità. Coscienza e materia sembrano anch'esse una dualità. Solo se non prendiamo posizione per una o per l'altra possiamo sedere sulla sedia vuota del senza-posizione. Da un grande vuoto non si può cadere. Senza opinione non si può essere contraddetti. Posso riempire la casa di tutto, c'è un grande spazio. Tutto funziona a meraviglia. Niente da capire.
Anche il nulla è una dualità. Il nulla vive nella negazione del tutto. Puoi sederti davanti ad uno specchio e interrogarti sul nulla, facendolo cadi dalla tua assenza di posizione. Non hai bisogno di venire contraddetto, non hai bisogno di essere contraddetto. La non opinione non si può contraddire ma il nulla è assenza di sapore, di tatto, di vista, di suono, di gusto, di cuore. Guardati allo specchio e questo rifletterà il nulla. Il nulla funziona come il tutto, manca la meraviglia del capire.


Io parlo di Vuoto e non di Nulla. Sono cose diverse. Proprio perchè vuota una bottiglia può contenere il vino. Il vuoto della bottiglia però non è nulla: è uno spazio, una possibilità, una utilità. Ora questo vuoto è grande e il reale vi trova casa. Il vuoto non è una cosa, ma tutte le cose necessitano del vuoto per essere. Come potrebbe darsi altrimenti? Proprio perchè intrinsecamente vuote tutte le cose possono cambiare, trasformarsi, nascere e perire. Se la loro natura non fosse vuota come potrebbero divenire? Se la loro natura fosse in se stessa data, non necessiterebbe di alcun mutamento. Tutto resterebbe fisso e immutabile. Però, visto che non è dato trovare nessuna cosa, nè interiore nè esteriore, che esista indipendentemente da altre si parla di vuoto. Vuoto di esistenza inerente alla cosa in sé. La vacuità delle cose è la porta dell'Infinito.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

sgiombo

Rispondo a Loris Bagnara e a Davintro:


Perché non dovrebbero potere accadere realmente i soli eventi "sensazioni" (le uniche cose certe, se accadono) senza alcunché d' altro, in particolare senza alcun osservatore?
Quando ho del tutto svuotato la mente di sensazioni fenomeniche (comprese quella del pensiero "io sono" e quella del solo concetto di "io", senza verbo "essere", a giudizio sospeso) non rimane nulla.
Potrebbe anche accadere che adesso, adesso, adesso accadano unicamente le sensazioni costituenti il pensiero "io sono" (ma anche altre sensazioni mentali o materiali) e basta.
Per così dire "Tutto potrebbe essere falso, ma veramente tutto, compreso l' io", tranne le sensazioni "io sono" (ma anche qualsiasi altra sensazione mentale o meteriale) mentre accadono, non prima e non dopo: uniche cose (eventi) certe in mezzo ad un oceano di realtà incerte.


Ciò di cui c' è immediata certezza empirica, che si constata, non é alcun "io" persistente anche allorché non si danno sensazioni o percezioni (di "cose materiali" o di pensieri ovvero "cose mentali"; compresa la sensazione del pensiero "penso") ma sono le sensazioni stesse (questo vale per le sensazioni costituenti il pensiero "io penso", esattamente come per tutte le altre).
Volendo portare alle estreme conseguenze lo scetticismo metodico cartesiano (lo stesso Descartes non fu del tutto conseguente in questo), la realtà potebbe benissimo essere limitata alle sole sensazioni materiali e mentali in quanto "eventi fenomenici" (apparenze) "e basta".
Dalla sensazione "cogito" non segue necessariamente l' "ergo sum": tutto ciò che é reale potrebbe anche essere costituito da questa sensazione mentale (allorché accade, non prima e non dopo che accada, anche se accade ripetutamente); ed eventualmente anche da altre.
Ma ciò vale esattamente anche per le sensazioni degli oggetti materiali.
Ammettere l' esistenza di un' entità "io" reale anche allorché le sensazioni (e in particolare quelle mentali, come il pensiero "io sono", non accadono (dunque reale in sé, congetturabile ma non costituito da sensazioni o apparenze coscienti di alcun genere, pena la caduta in una patente contraddizione) e soggetto delle sensazioni (tutte; nonché oggetto di quelle mentali, come "io penso") si può, ma non si deve; esattamente come ammettere l' esistenza di entità reali anche allochè le sensazioni (e in particolare quelle materiali) non accadono (dunque reali in sé, congetturabili ma non costituite da sensazioni o apparenze coscienti di alcun genere, pena la caduta in una patente contraddizione) e oggetti delle sensazioni materiali.


HollyFabius

Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 11:43:01 AM
Io parlo di Vuoto e non di Nulla. Sono cose diverse. Proprio perchè vuota una bottiglia può contenere il vino. Il vuoto della bottiglia però non è nulla: è uno spazio, una possibilità, una utilità. Ora questo vuoto è grande e il reale vi trova casa. Il vuoto non è una cosa, ma tutte le cose necessitano del vuoto per essere. Come potrebbe darsi altrimenti? Proprio perchè intrinsecamente vuote tutte le cose possono cambiare, trasformarsi, nascere e perire. Se la loro natura non fosse vuota come potrebbero divenire? Se la loro natura fosse in se stessa data, non necessiterebbe di alcun mutamento. Tutto resterebbe fisso e immutabile. Però, visto che non è dato trovare nessuna cosa, nè interiore nè esteriore, che esista indipendentemente da altre si parla di vuoto. Vuoto di esistenza inerente alla cosa in sé. La vacuità delle cose è la porta dell'Infinito.

Nel tuo discorso si parla di non essere e di divenire. Il tuo vuoto è il non essere Parmenideo. Mi sembra che sia ben lontano dal non prendere posizione.

Sariputra

Citazione di: HollyFabius il 03 Maggio 2016, 13:07:47 PM
Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 11:43:01 AMIo parlo di Vuoto e non di Nulla. Sono cose diverse. Proprio perchè vuota una bottiglia può contenere il vino. Il vuoto della bottiglia però non è nulla: è uno spazio, una possibilità, una utilità. Ora questo vuoto è grande e il reale vi trova casa. Il vuoto non è una cosa, ma tutte le cose necessitano del vuoto per essere. Come potrebbe darsi altrimenti? Proprio perchè intrinsecamente vuote tutte le cose possono cambiare, trasformarsi, nascere e perire. Se la loro natura non fosse vuota come potrebbero divenire? Se la loro natura fosse in se stessa data, non necessiterebbe di alcun mutamento. Tutto resterebbe fisso e immutabile. Però, visto che non è dato trovare nessuna cosa, nè interiore nè esteriore, che esista indipendentemente da altre si parla di vuoto. Vuoto di esistenza inerente alla cosa in sé. La vacuità delle cose è la porta dell'Infinito.
Nel tuo discorso si parla di non essere e di divenire. Il tuo vuoto è il non essere Parmenideo. Mi sembra che sia ben lontano dal non prendere posizione.

"L'essere è e non può non essere" e "il non-essere non è, e non può essere".  (Parmenide)
Niente di più lontano da quello che maldestramente intendo dire. L'essere, nel mio intendere, è reale ma vuoto di esistenza intrinseca, in quanto dipendente da una moltitudine di fattori che sono non-essere. Di più, al di là di  questa moltitudine di fattori di non-essere non è dato trovare alcun essere. "L'essere è " dice Parmenide al che mi vien da domandargli "Sì...ma dov'è?" E per spiegarmi cosa intende per essere sarà costretto ad usare termini che sono non-essere. E "il non-essere non è" al che di nuovo verrebbe da dirgli:" Ma guardati intorno...è dappertutto!". Essere e non essere sono una dualità necessaria al pensiero.  Il reale trascende entrambi. Il reale è non-duale ed è vuoto di essere e di non-essere. Nessuna posizione. Aria libera. Finestrini abbassati.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Discussioni simili (5)