Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?

Aperto da HollyFabius, 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM

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cvc

Citazione di: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 00:19:31 AM
Perché ho aperto questo 3D e perché l'ho fatto con la citazione della AI e con l'esempio della somma di parti?
Una delle mie letture giovanili trattava proprio questo argomento, la coscienza; il testo era "Godel, Escher, Bach (GEB) un'eterna ghirlanda brillante" di D. Hofstadter.
Questo testo, di solo apparente semplice lettura, affrontava il tema della coscienza da un punto di vista e con uno stile piuttosto interessante; nella ristampa di venti anni dopo in una introduzione aggiunta Hofstadter chiarì che il testo "rappresentava il tentativo di mostrare come entità animate potessero derivare da materia inanimata."
In realtà non ricordo precisamente il testo in tutti i suoi dettagli (credo che dovrò rileggerlo) ma ricordo piuttosto vagamente che il testo affrontava il tema dell'autoreferenza logica, ipotizzando che proprio dall'autoreferenzialità possa emergere la coscienza.
L'intuizione base di questa sua convinzione era legata al 'processo del saltar fuori' dall'autoreferenzialità.
In fondo, spostandoci su un piano matematico astratto, questo è un concetto abbastanza noto ed espresso prima (mi pare) da Cantor e descritto formalmente da Godel, in termini un po' imprecisi possiamo descriverlo come "usando un linguaggio non è possibile descrivere il linguaggio stesso", pena la contraddizione interna fonte logica di qualunque conclusione.
Per analizzare un linguaggio occorre, infatti, usare un meta-linguaggio che usi gli elementi del linguaggio stesso come 'oggetti'.
Questo giocare sui livelli di meta-linguaggio è il 'saltar fuori' e per ogni nuovo livello si aggiunge semantica.
Il meccanismo astratto del saltar fuori e del indagare logicamente il livello inferiore è visto come se fosse quasi la fonte, 'quasi un atomo' di coscienza. Pensiamo ad infiniti livello di meta-linguaggio con aumento di potenza descrittiva ad ogni livello.
Ecco che ritorna e assume una forma più concreta il mio 'la somma è più dell'unione delle singole parti'.

Una nota anche sull'approccio e sull'impostazione di questo mio discorso.
E' chiaro che se la coscienza viene vista come un principio, un elemento creatore da cui discende la realtà, tutto questo ragionare sulla coscienza appare un contenitore vuoto.
Solo se la coscienza viene vista come un elemento della realtà in mezzo ad altri elementi, se viene vista come un oggetto di realtà e non come principio di realtà ha senso cercare di riflettere sulla possibilità di trovare una strada in grado di raggiungere (in un futuro ipotetico) la coscienza 'artificiale'.
L'approccio è prettamente scientifico, anche se non necessariamente materialista, e corrisponde al vedere la coscienza come un oggetto misurabile e conseguentemente studiare i modi per inquadrarlo e 'misurarlo'.
Contemporaneamente però è anche un approccio prettamente ideologico. E già! Perché occorre essere consapevoli che l'approccio scientifico non è immune dalla ideologia, direi affatto.
Con questo 3D però non voglio dichiarare una convinzione positiva o negativa rispetto alla coscienza vista come principio, anzi forse sono propenso a considerare principi di realtà immateriali e ne parlerò in futuro.
Vorrei però avere le idee chiare rispetto alle prospettive metalogiche e metafisiche della AI.
In fondo trovandomi di fronte ad una macchina che superi il test di Turing vorrei, con ragionevole serenità, semplicemente credere che sia il test concettualmente sbagliato.
La scienza costruisce modelli basati su previsioni fatte a priori. Ad esempio ci sono aerei che possono compiere voli di linea senza l'intervento del pilota. Ma che succede se nel viaggio capita qualcosa che non rientra nei possibili imprevisti contemplati dal programma? Che succede se deve prendere una decisione immediata su ciò per cui non è stato impostato? In una condizione del genere un uomo che non si fa prendere dal panico inizierebbe a pensare sulle varie alternative. Una macchina si bloccherebbe e basta.
Non capisco come la coscienza potrebbe saltar fuori da un linguaggio o meta linguaggio mentre è proprio l'inverso, è il linguaggio che deriva dalla coscienza, dal ragionamento cosciente in cui si comprende che una tal cosa può essere sostituita da un simbolo, e un simbolo da un suono. Per cui se dico "pietra" il cervello umano sa perfettamente ciò cui mi riferisco, proprio come se stessi mostrando una pietra. Come potrebbe verificarsi  il processo inverso, dal linguaggio alla coscienza, proprio non lo capisco.
Fare, dire, pensare ogni cosa come chi sa che da un istante all'altro può uscire dalla vita.

HollyFabius

#136
Citazione di: paul11 il 15 Maggio 2016, 01:55:53 AM
Adesso è più chiaro quello che cerchi.
La chiave è la sintassi e la semantica nel linguaggio.
Come dici giustamente uno dei più grandi problemi, anzi IL problema, fu cercare di togliere l'ambiguità al linguaggio naturale, da questa la necessità di un linguaggio formale e simbolico.
Ma questo limita la macchina. Quell'ambiguità linguistica probabilmente potrebbe aver spinto l'uomo a cercare vie diverse per raggiungere la verità, mentre la macchina ha solo una sintassi e semantica non può esplorare oltre quel linguaggio perchè non può autogenerare altri linguaggi.Dovrebbe avere capacità di creazione, intesa come costruzione di forme linguistiche.
Noi utilizziamo moltissime forme di algoritmi e formulazioni euristiche, arrivo a dire  che persino l'irrazionalità oltre l'ambiguità amplificano il limite umano, perchè gli permettono di esplorare metodiche diverse (deduzione, induzione, intuizione, ecc.).
Il secondo aspetto è che non ha psiche e con esso emozioni, se non come un derivato algoritmico creato come ordine prestabilito che potrebbe sorgere in determinati ambiti (es. dò un ordine ad un automa che se viene accarezzato i sensori trasmettono l'input ad un algoritmo che si attiva e fa cambiare,che ne so, l'espressione facciale,ecc).
Ritengo che la coscienza emerga con la psiche e i mammiferi "superiori" sembra abbiano degli abbozzi, c'è già un'espressività del corpo , una movenza, un comportamento che forse lo indica.
L'ambiguità linguistica è uno degli aspetti, che riguardano l'interpretazione del contenuto del linguaggio. Il linguaggio matematico pone a suo fondamento la coerenza interna e con questo l'eliminazione delle ambiguità.
Il 'mondo' del linguaggio sembra vivere in una realtà separata dal mondo reale, libero dei vincoli naturali ed è proprio la relazione tra il mondo del linguaggio e il mondo naturale la fonte di molte riflessioni.
Nel mondo del linguaggio, del logos la divisione tra sintassi e semantica è chiara, nel senso che penso si possa condividere l'opinione espressa implicitamente da Hofstadter che la sintassi di un livello è la semantica del livello superiore.
La sua ulteriore opinione è che si possa riportare questa logica relazionale nel mondo naturale, dove esisterebbe una analoga costruzione possibile tra 'linguaggio' e 'meta-linguaggio', intendendo con 'linguaggio' gli oggetti reali e 'meta-linguaggio' unioni di questi oggetti; nel testo per esempio parlava di formiche (o forse termiti, non ricordo con precisione) e di colonie di formiche. Ragionando al livello della colonia di formiche, le configurazioni possibili delle formiche vengono viste come potenziale semantica. Sarebbe interessante ragionare sul fatto che sia lecito e ragionevole spostare queste riflessioni, come fatto dall'autore, dall'ambito del linguaggio all'ambito della natura. E' chiaro che da questo può derivare la possibilità di vedere sorgere della 'semantica naturale' dall'insieme dei neuroni o di derivare riflessioni simili.

sgiombo

Citazione di: jeangene il 14 Maggio 2016, 21:43:45 PM
Citazione di: maral il 14 Maggio 2016, 18:23:02 PM
Citazione di: jeangene il 14 Maggio 2016, 16:47:28 PM
In questa e in altre discussioni si fa spesso uso dei termini: "sentire"/"esperire" (in questo contesto, per me, sinonimi), "coscienza" e "autocoscienza".
Vi chiedo: che definizioni attribuireste a questi termini e in che modo li mettereste in relazione fra loro?
Dare risposta a questa domanda mi sembra tutt'altro che semplice perché, ad esempio, quando sento/esperisco qualcosa in qualche modo ne prendo coscienza (non si da mai un sentire/esperire qualcosa senza che qualcuno ne prenda, in qualche modo, coscienza), quindi "sentire"/"esperire" e "prendere coscienza" fanno in qualche modo riferimento allo stesso processo?
"Autocoscienza" poi cosa significherebbe? Il processo di prendere coscienza del del fatto di stare sentendo/esperendo qualcosa?

Grazie per l' attenzione,
jeangene
In questo contesto sentire ed esperire si potrebbero, per quanto mi riguarda considerare sinonimi, salvo diversa specificazione che potrebbe in linea di massima essere ricondotta a un'esternalità dell'esperire rispetto all'interiorità del sentire (ma in tal caso andrebbe chiarito cosa è interno e cosa esterno, cosa tutt'altro che facile e ovvia).
La differenza tra coscienza e autocoscienza mi sembra invece evidente, la coscienza riguarda il fenomeno. l'autocoscienza è invece la coscienza della coscienza del fenomeno, ossia prende la coscienza del fenomeno come fenomeno esso stesso e questo fa emergere l'esistenza di un soggetto. Per semplificare: la coscienza dice che ad esempio c'è la presenza di un albero, l'autocoscienza dice che c'è la presenza della presenza dell'albero e dunque c'è un soggetto che si rende conto di questa presenza e quel soggetto sono io. Si è spesso discusso ad esempio di quanto gli animali possano essere solo coscienti o anche autocoscienti (pare che i cani, i delfini e i corvi raggiungano un certo livello di autocoscienza)  

Quindi, semplificando (in questo contesto), possiamo considerare "sentire" sinonimo di "esperire" e di "coscienza".

Spesso però la coscienza viene presentata come qualcosa di indipendente dalla autocoscienza. Questo però, a mio avviso, non è del tutto corretto in quanto nessuno può testimoniare il verificarsi del sentire/esperire in assenza di autocoscienza perché se c'è testimonianza c'è autocoscienza.


Rispondo:

Concordo che "sentire" é sinonimo di "esperire" e di "coscienza" (aggiungerei: e di "fenomenicità", realtà apparente o "fenomenica").

Si può sapere circa la coscienza (cioé predicare che accade realmente la coscienza, la qual accade realmente) solo come atto di autocoscienza (per definizione).
Ma può ben darsi coscienza (anche) senza (inoltre coscienza del) pensiero del suo darsi, senza conoscenza dl suo darsi, id est: senza autocoscienza (credo sia il caso degli animali non umani, che il solo uomo, grazie al pensiero linguistico e astratto, possa essere anche autocosciente oltre che cosciente).




HollyFabius

Citazione di: cvc il 15 Maggio 2016, 09:34:55 AM
La scienza costruisce modelli basati su previsioni fatte a priori. Ad esempio ci sono aerei che possono compiere voli di linea senza l'intervento del pilota. Ma che succede se nel viaggio capita qualcosa che non rientra nei possibili imprevisti contemplati dal programma? Che succede se deve prendere una decisione immediata su ciò per cui non è stato impostato? In una condizione del genere un uomo che non si fa prendere dal panico inizierebbe a pensare sulle varie alternative. Una macchina si bloccherebbe e basta.
Non capisco come la coscienza potrebbe saltar fuori da un linguaggio o meta linguaggio mentre è proprio l'inverso, è il linguaggio che deriva dalla coscienza, dal ragionamento cosciente in cui si comprende che una tal cosa può essere sostituita da un simbolo, e un simbolo da un suono. Per cui se dico "pietra" il cervello umano sa perfettamente ciò cui mi riferisco, proprio come se stessi mostrando una pietra. Come potrebbe verificarsi  il processo inverso, dal linguaggio alla coscienza, proprio non lo capisco.
In realtà la scienza costruisce modelli basati sulla prevedibilità della realtà, non su previsioni che nelle intenzioni non sono mai fatte a priori. La previsione è lo scopo della scienza, per esempio previsione per sottoporre a controllo la realtà e rendere meno incerto il comportamento della natura. Questo aspetto è ben chiarito da Severino e penso sia logicamente e non solo logicamente inattaccabile.
Il testo 'EGB' non propone come ipotesi il saltar fuori della coscienza dal meta-linguaggio ma intende fare un parallelo tra linguaggio/logos e natura, probabilmente per la natura non abbiamo nel nostro linguaggio naturale un termine che identifica il meta-linguaggio degli oggetti. Come ho citato nel post precedente questo sono, nelle intenzioni dell'autore, le colonie di formiche rispetto alle formiche.
Peraltro se dico 'pietra' il cervello umano si forma un modello diverso da persona a persona anche se abbiamo una attendibile alta probabilità di intenderci dicendo 'pietra'.
Concordo sul fatto che la direzione dal linguaggio alla coscienza sembra essere inversa rispetto alla direzione tra coscienza e linguaggio, poiché il linguaggio (e il 'mondo' del linguaggio) nasce in presenza di coscienza.
Il punto sta probabilmente tutto lì, è evidente che RGB parla sia del linguaggio verbale, del logos che anche di un livello di realtà diverso dove linguaggio e meta-linguaggio vivono all'interno di una dimensione diversa da quella del linguaggio verbale, e si interroga sul fatto che sia lecito parlare della natura e di una dimensione possibile, per un 'linguaggio' naturale, che ha come parole le cose, come sintassi delle frasi o le relazione tra le cose e come semantica il significato su un livello diverso. Ho scritto in fretta perché devo uscire, rileggerò e tornerò eventualmente sull'argomento in serata. Ciao

maral

#139
Citazione di: cvc il 14 Maggio 2016, 18:49:50 PM
Mi pare siamo fondamentalmente d'accordo  anche se a me  sembra  che i celebri paradossi di russel fossero espressi proprio in linguaggio discorsivo, cone quello del tacchino induttivista. La sua opera maggiore è stato un tentativo di dare al linguaggio discorsivo un formalismo logico matematico, presumibilmente proprio per rimediare a tali paradossi, fondando la matematica sulla logica e cercando poi di traferire tale formalismo anche al linguaggio parlato. In "Introduzione alla filosofia matematica" fa l'esempio di come le relazioni possono applicarsi anche al linguaggio. Ad esempio "padre" è una funzione uno-molti, "figlio" è molti-uno. Ma in caso di figlio unico diventerebbe uno-uno. Appare (almeno a me) evidente come il linguaggio non  possa prestarsi a tale formalismo, e la difficoltà nello stabilire relazioni non ambigue. Ad esempio la dialettica hegeliana era ispirata alla teoria dei contrari di Eraclito. Ad Hegel fu però contestato come certe antitesi da lui identificate non fossero proprio tali, non fossero ciò precisamente degli opposti.
No, il paradosso di Russell è un paradosso logico dell'insiemistica matematica sviluppata da Cantor, che si può enunciare in questi termini (logicamente formalizzabili): l'insieme a cui appartengono tutti gli insiemi normali (definiti come quegli insiemi che non contengono se stessi) è normale? Si dimostra che la risposta è logicamente paradossale. Si tratta di un paradosso fondamentale poiché mise in crisi il progetto di Hilbert di una formalizzazione completa dell'aritmetica (poi definitivamente dimostrata irrealizzabile da Godel) https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Russell.
E' stato esemplificato in termini di linguaggio comune in molti modi (il paradosso del barbiere, il paradosso del catalogo ecc.), ma non è per nulla un problema del linguaggio comune.

Citazione di: Loris Bagnara il 14 Maggio 2016, 18:59:11 PM
Mi riferisco al fatto che, mi risulta, lo stesso Newton fosse sconcertato dalla sua scoperta. Cioè, aveva trovato il modo di collegare matematicamente il moto dei corpi celesti, ma si rendeva conto di non avere la più pallida idea di cosa fosse quella forza che li teneva legati insieme. Newton non poteva ammettere un'azione a distanza, attraverso il vuoto.
La cosa non è che sia cambiata gran che, oggi. Anche oggi si rifiuta l'idea dell'azione a distanza, e si è giunti a supporre che le interazioni (gravitazione, elettromagnetismo, interazione forte, interazione debole) avvengano attraverso lo scambio di particelle ad hoc: il gravitone per la gravitazione, il fotone per l'elettromagnetismo e così via. Non che sia molto soddisfacente neanche così, dal punto di vista ontologico, perché posso sempre chiedermi che cosa siano a loro volta i quanti delle interazioni, e come facciano a trasmettere la loro azione...
Ma mi pare che l'entanglement quantistico abbia però rimesso in discussione il discorso dell'azione a distanza.

CitazioneIn definitiva, la scienza costruisce relazioni matematiche fra i fenomeni, e indubbiamente funziona a livello pratico, ma non abbiamo la più pallida idea di quale sia la realtà in sé dei fenomeni, né se vi sia una realtà in sé oggettiva. Se quelle che noi chiamiamo relazioni fra fenomeni, non corrispondessero a una realtà oggettiva, ma ad una realtà mentale, e quindi le relazioni suddette fossero solo relazioni fra idee (come nel pensiero di Berkeley)? Non possiamo saperlo, possiamo solo congetturare che ci sia una realtà di relazioni oggettive. Questo intendevo dire.
Proprio per questo, su cui concordo, mi pare che si possa affermare che la relazione c'è sempre, ossia qualsiasi cosa è detta da un osservatore, il suo significato è essenzialmente l'espressione di un rapporto tra osservatore e osservato. Il problema è che quando si parla delle cose in sé, l'osservatore lo si nasconde, si fa finta che non ci sia, dunque che si stia parlando dell'osservato come  autosussistente.

maral

Citazione di: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 00:19:31 AM
Perché ho aperto questo 3D e perché l'ho fatto con la citazione della AI e con l'esempio della somma di parti?
Una delle mie letture giovanili trattava proprio questo argomento, la coscienza; il testo era "Godel, Escher, Bach (GEB) un'eterna ghirlanda brillante" di D. Hofstadter.
Se ti interessa il discorso che fa Hofstdter sulla coscienza, ti suggerisco la lettura di "Gli anelli dell'io" ove la coscienza è vista appunto come un meccanismo continuamente reiterativo in modo speculare.
Personalmente penso che non si possa considerare la coscienza se non come  un dato reale della realtà fenomenologica. Che poi la realtà fenomenologica possa contraddire quella logica è un enorme problema, dato che la realtà è di per se stessa una sola.
Il suo essere comunque reale non implica che sia un fenomeno trattabile in modo matematico, dunque algoritmicamente calcolabile, tanto più che la matematica determina paradossi che solo una coscienza non algoritmica può decidere. C'è anche chi ha supposto che la coscienza sia un fenomeno indispensabile per evitare che un universo puramente meccanicistico collassi subito su se stesso, nei propri inevitabili paradossi.
Il test di Turing mi pare piuttosto banale: asserisce in sostanza che una macchina è cosciente se appare all'osservatore (cosciente) indistinguibile da un soggetto cosciente e, come sappiamo, Searle lo ha messo in dubbio (anche se in un modo non per tutti convincente) con l'esperimento ipotetico della stanza cinese.

maral

Citazione di: jeangene il 14 Maggio 2016, 21:43:45 PM
Spesso però la coscienza viene presentata come qualcosa di indipendente dalla autocoscienza. Questo però, a mio avviso, non è del tutto corretto in quanto nessuno può testimoniare il verificarsi del sentire/esperire in assenza di autocoscienza perché se c'è testimonianza c'è autocoscienza.
Diciamo che la coscienza non è ritenuta un elemento sufficiente per dimostrare l'autocoscienza, anche se nel discorso si avverte una certa arbitrarietà. Un animale (ad esempio un coniglio) potrebbe essere perfettamente cosciente di ciò che osserva, senza essere cosciente del suo esserne cosciente, ossia senza essere cosciente di se stesso come osservatore. Ma forse questo capita normalmente anche a noi, guardando la penna sul tavolo normalmente non ho bisogno per accorgermi che c'è di considerare che sono cosciente della sua presenza, ossia del fatto che ci sono io che la guardo, semplicemente essa c'è. In genere il test che si propone agli animali per valutare l'esistenza dell'autocoscienza è quello del riconoscimento di se stessi in una propria immagine riflessa. (e si può notare che ancora tornano in ballo gli specchi)

paul11

#142
Citazione di: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 12:10:10 PM
Citazione di: paul11 il 15 Maggio 2016, 01:55:53 AMAdesso è più chiaro quello che cerchi. La chiave è la sintassi e la semantica nel linguaggio. Come dici giustamente uno dei più grandi problemi, anzi IL problema, fu cercare di togliere l'ambiguità al linguaggio naturale, da questa la necessità di un linguaggio formale e simbolico. Ma questo limita la macchina. Quell'ambiguità linguistica probabilmente potrebbe aver spinto l'uomo a cercare vie diverse per raggiungere la verità, mentre la macchina ha solo una sintassi e semantica non può esplorare oltre quel linguaggio perchè non può autogenerare altri linguaggi.Dovrebbe avere capacità di creazione, intesa come costruzione di forme linguistiche. Noi utilizziamo moltissime forme di algoritmi e formulazioni euristiche, arrivo a dire che persino l'irrazionalità oltre l'ambiguità amplificano il limite umano, perchè gli permettono di esplorare metodiche diverse (deduzione, induzione, intuizione, ecc.). Il secondo aspetto è che non ha psiche e con esso emozioni, se non come un derivato algoritmico creato come ordine prestabilito che potrebbe sorgere in determinati ambiti (es. dò un ordine ad un automa che se viene accarezzato i sensori trasmettono l'input ad un algoritmo che si attiva e fa cambiare,che ne so, l'espressione facciale,ecc). Ritengo che la coscienza emerga con la psiche e i mammiferi "superiori" sembra abbiano degli abbozzi, c'è già un'espressività del corpo , una movenza, un comportamento che forse lo indica.
L'ambiguità linguistica è uno degli aspetti, che riguardano l'interpretazione del contenuto del linguaggio. Il linguaggio matematico pone a suo fondamento la coerenza interna e con questo l'eliminazione delle ambiguità. Il 'mondo' del linguaggio sembra vivere in una realtà separata dal mondo reale, libero dei vincoli naturali ed è proprio la relazione tra il mondo del linguaggio e il mondo naturale la fonte di molte riflessioni. Nel mondo del linguaggio, del logos la divisione tra sintassi e semantica è chiara, nel senso che penso si possa condividere l'opinione espressa implicitamente da Hofstadter che la sintassi di un livello è la semantica del livello superiore. La sua ulteriore opinione è che si possa riportare questa logica relazionale nel mondo naturale, dove esisterebbe una analoga costruzione possibile tra 'linguaggio' e 'meta-linguaggio', intendendo con 'linguaggio' gli oggetti reali e 'meta-linguaggio' unioni di questi oggetti; nel testo per esempio parlava di formiche (o forse termiti, non ricordo con precisione) e di colonie di formiche. Ragionando al livello della colonia di formiche, le configurazioni possibili delle formiche vengono viste come potenziale semantica. Sarebbe interessante ragionare sul fatto che sia lecito e ragionevole spostare queste riflessioni, come fatto dall'autore, dall'ambito del linguaggio all'ambito della natura. E' chiaro che da questo può derivare la possibilità di vedere sorgere della 'semantica naturale' dall'insieme dei neuroni o di derivare riflessioni simili.

Il grande errore è di ridurre l'uomo linguisticamente al linguaggio binario di una macchina o con simboli chiusi.
Perchè il problema non è il software, ma l'hardware,
Quando si riuscirà a passare dal materiale inorganico a quello organico nei computer , si aprirà una nuova era, perchè l'automa potrà acquisire coscienza.,potrà essere in grado di rielaborare il codice sorgente.

sgiombo

Citazione di: maral il 15 Maggio 2016, 17:26:32 PMDiciamo che la coscienza non è ritenuta un elemento sufficiente per dimostrare l'autocoscienza, anche se nel discorso si avverte una certa arbitrarietà. Un animale (ad esempio un coniglio) potrebbe essere perfettamente cosciente di ciò che osserva, senza essere cosciente del suo esserne cosciente, ossia senza essere cosciente di se stesso come osservatore. Ma forse questo capita normalmente anche a noi, guardando la penna sul tavolo normalmente non ho bisogno per accorgermi che c'è di considerare che sono cosciente della sua presenza, ossia del fatto che ci sono io che la guardo, semplicemente essa c'è. In genere il test che si propone agli animali per valutare l'esistenza dell'autocoscienza è quello del riconoscimento di se stessi in una propria immagine riflessa. (e si può notare che ancora tornano in ballo gli specchi)
CitazioneConcordo, ma rilevo che il "test del riconoscimento allo specchio" non é unanimemente accettato dagli etologi; c' é chi, a mio parere a ragione, non lo ritiene probante dell' autocoscienza




sgiombo

Citazione di: paul11 il 15 Maggio 2016, 18:05:18 PM
Citazione di: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 12:10:10 PM

Il grande errore è di ridurre l'uomo linguisticamente al linguaggio binario di una macchina o con simboli chiusi.
Perchè il problema non è il software, ma l'hardware,
Quando si riuscirà a passare dal materiale inorganico a quello organico nei computer , si aprirà una nuova era, perchè l'automa potrà acquisire coscienza.,potrà essere in grado di rielaborare il codice sorgente.


CitazioneMi scuso perché non ho tempo di argomentare ma mi limito ad affermare il mio dissenso: per me in linea puramente teorica é possibile realizzare un meccanismo inorganico tale che possa comportarsi esattamente come un uomo cosciente. Determinante é il modo in cui funziona e interagisce con l' ambiente il meccanismo, non il materiale di cui é fatto.
Per dirlo con Putnam, (in linea di principio, teorica) una persona cosciente potrebbe benissimo anche essere fatta di formaggio svizzero (io però avrei proposto gli esempi degli italianissimi e di gran lunga migliori provolone piccante o grana).

maral

Citazione di: paul11 il 15 Maggio 2016, 18:05:18 PM
Quando si riuscirà a passare dal materiale inorganico a quello organico nei computer , si aprirà una nuova era, perchè l'automa potrà acquisire coscienza.,potrà essere in grado di rielaborare il codice sorgente.
Non penso che la soluzione del problema sia legata al materiale (o almeno non è sufficiente il materiale). Una singola cellula è costituita dal medesimo materiale di coloro che riconosciamo coscienti, ma mi pare difficile  pensare che sia cosciente, così come qualsiasi complesso di cellule organizzato, ad esempio una pianta.
La coscienza corrisponde a un particolare tipo di organizzazione comunicativa (un tipo di relazioni probabilmente reiterative) che non è detto che si possa raggiungere con materiali diversi. Il problema è quale e in che modo poterla riconoscere con sufficiente evidenza negli effetti che produce.
Citazione di: sgiombo il 15 Maggio 2016, 19:02:50 PM
Concordo, ma rilevo che il "test del riconoscimento allo specchio" non é unanimemente accettato dagli etologi; c' é chi, a mio parere a ragione, non lo ritiene probante dell' autocoscienza
Infatti, il riconoscimento dell'autocoscienza, essendo un fenomeno intrinsecamente soggettivo, è sempre discutibile

davintro

#146
Non credo che coscienza ed autocoscienza possano sussistere una senza l'altra. Sono certamente distinguibili dal punto di vista concettuale, ma co-implicate nell'attualità concreta del loro porsi in atto. La coscienza che ho di questa penna, il sapere di avere di fronte a me una penna per stare all'esempio di Maral, presuppone il darle una forma percettiva, cioè un'attività ordinatrice che unisce i vari stimoli sensitivi in una forma (la forma della penna che ha per me un senso riconoscibile), una forma che corrisponde al concetto di penna, senza la quale non avrei alcuna coscienza della penna, ma solo di un caotico miscuglio di parti della penna impossibile da ricondurre all'unità del "concetto penna". Ma questo "concetto penna" deve essere presente alla mia mente come idea regolativa della sintesi percettiva, schema ordinatore che io ho in mente ancor prima di iniziare la sintesi. Io ce l'ho già in mente perchè ne ho un'esperienza mnemonica. Per me il concetto di penna ha un senso perchè già in passato l'ho riconosciuto, perchè, ad esempio, quella penna mi è servita da piccolo per cominciare a scrivere, dunque il collegamento tra le sensazioni della penna unifica tali sensazioni nell'unità del concetto-penna perchè tale concetto ha un senso che riconosco perchè nel passato ho avuto esperienze di penne che per me hanno avuto un valore e un senso. E la continuità temporale passato-presente che determina la memoria implica l'autocoscienza, la coscienza presente si serve della coscienza passato per dare un senso al proprio mondo, e può farlo perchè il mondo presente che ha di fronte viene riconosciuto come lo stesso mondo che aveva di fronte nel passato, il passato mi offre gli schemi e i modelli concettuali per interpretare i fenomeni e ordinarli in forme percettive. E quando ricordo non posso fare a meno di riconoscermi come Io, l'Io è l'elemento che unifica il mio presente e il mio passato, tutto ciò è "autocoscienza". Senza autocoscienza il mio passato sarebbe solo un'immagine sbiadita senza nessun legame col presente, impossibilitato a dare un senso a quest'ultimo, invece il mio passato agisce sul presente perchè io lo riconosco come il MIO passato, il mio passato mi porta ad interpretare il mondo attuale perchè riconosco qualcosa che unifica passato e presente, cioè il mio permanere come soggetto cosciente di questo mondo, testimone del suo divenire. Senza autocoscienza, non si sarebbe continuità mnomenica passato-presente, senza questa continuità non potrei compiere associazioni percettive dei fenomeni sensibili, senza percezione non c'è coscienza. La coscienza "nasce" nel passaggio dalla sensazione alla percezione. Con la percezione per me il mondo comincia ad avere un senso, io divengo soggetto dotato di intenzionalità.

Le cose cambiano se invece si prende "autocoscienza" come riflessione tematizzante, attenzione rivolta a se stessi come soggetti coscienti. Considerata in questo modo l'autocoscienza è un fattore accidentale. Che la coscienza divenga oggetto di attenzione, come sta ora accedendo mentre scrivo e rifletto sul concetto di "autocoscienza", questo è irrilevante perchè ci sia una coscienza. La coscienza può esistere rivolgendo la sua attenzione agli oggetti del mondo esterno senza focalizzarsi su se stessa, perchè magari non le interessa come argomento (come magari accade per la maggior parte delle persone al mondo, escludendo filosofi, psicologi, noi del forum...). Invece, considerando l''autocoscienza come ho provato a fare sopra, essa svolge un "lavoro oscuro" fondante il darsi di qualunque coscienza. Basta non confondere "autocoscienza" da "attenzione rivolta alla coscienza", così come distinguiamo nella visuale sul mondo, il punto focale dell'attenzione su cui soffermiamo lo sguardo e lo sfondo, che non tematizziamo eppure è la condizione imprescindibile del costituirsi di qualunque punto di vista. L'autocoscienza è lo "sfondo" trascendentale, cioè necessario, della coscienza, sfondo che si riempie della molteplicità dei vari oggetti verso cui la coscienza si dirige

paul11

Se siete riusciti a costruire decine di post senza riuscire a evidenziare che prima sorge la vita da materiale organico e una coscienza nasce da materiale organico tramite un cervello  ,a meno che dimostrate che siete sassi che parlano e si ha coscienza senza un cervello .
Sbaglio o i chip elettronici di un computer sono materiale inorganico che utilizzano costruzioni topologiche per creare porte in cui passa (1) o non passa(0) la corrente per cui la matematica binaria è necessaria di base per poi codificare linguaggi più evoluti?

Informatevi, perchè da qualche anno sperimentano materiale organico

acquario69

Citazione di: davintro il 16 Maggio 2016, 00:46:57 AM
Per me il concetto di penna ha un senso perchè già in passato l'ho riconosciuto, perchè, ad esempio, quella penna mi è servita da piccolo per cominciare a scrivere, dunque il collegamento tra le sensazioni della penna unifica tali sensazioni nell'unità del concetto-penna perchè tale concetto ha un senso che riconosco perchè nel passato ho avuto esperienze di penne che per me hanno avuto un valore e un senso. E la continuità temporale passato-presente che determina la memoria implica l'autocoscienza, la coscienza presente si serve della coscienza passato per dare un senso al proprio mondo, e può farlo perchè il mondo presente che ha di fronte viene riconosciuto come lo stesso mondo che aveva di fronte nel passato, il passato mi offre gli schemi e i modelli concettuali per interpretare i fenomeni e ordinarli in forme percettive. E quando ricordo non posso fare a meno di riconoscermi come Io, l'Io è l'elemento che unifica il mio presente e il mio passato, tutto ciò è "autocoscienza". Senza autocoscienza il mio passato sarebbe solo un'immagine sbiadita senza nessun legame col presente, impossibilitato a dare un senso a quest'ultimo, invece il mio passato agisce sul presente perchè io lo riconosco come il MIO passato, il mio passato mi porta ad interpretare il mondo attuale perchè riconosco qualcosa che unifica passato e presente, cioè il mio permanere come soggetto cosciente di questo mondo, testimone del suo divenire.

anche secondo me l'aver coscienza non puo non prescindere dal senso del tempo...e pensare che nel nostro di tempo,nella nostra epoca attuale si fa di tutto perché del passato non venga coltivata nessuna memoria,nella scuola esistono ancora le materie formative in tal senso? non mi sembra.
tutto e' indirizzato ad un indottrinamento iper specialistico adatto per forgiare atomi tecnologici idonei al mercato,iperflessibile quanto precario,perché cio che si vuole e' appunto un uomo sradicato,senza identità e per l'appunto privo di coscienza.
ma non solo la scuola...tutto e' ormai vissuto e concepito all'insegna dell'istante.

acquario69

Citazione di: paul11 il 16 Maggio 2016, 01:20:26 AM
Se siete riusciti a costruire decine di post senza riuscire a evidenziare che prima sorge la vita da materiale organico e una coscienza nasce da materiale organico tramite un cervello  ,a meno che dimostrate che siete sassi che parlano e si ha coscienza senza un cervello .
Sbaglio o i chip elettronici di un computer sono materiale inorganico che utilizzano costruzioni topologiche per creare porte in cui passa (1) o non passa(0) la corrente per cui la matematica binaria è necessaria di base per poi codificare linguaggi più evoluti?

Informatevi, perchè da qualche anno sperimentano materiale organico


il cervello potrebbe benissimo (e secondo me lo e') essere solo un decodificatore di informazioni a lui "esterne"

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