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...ciò che vediamo.

Aperto da iano, 04 Giugno 2019, 17:32:13 PM

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sgiombo

Citazione di: iano il 04 Giugno 2019, 18:19:12 PM
Oggi ignoreremmo volentieri la meccanica quantistica che ci da' visioni aberrate ancor più di quelle che Galileo vide col suo microscopio , tanto che forse è arrivato il momento di rinunciare alle "visioni scientifiche".
Possiamo immaginare nel campo spirituale un percorso parallelo?
P.S. Il libro citato è attualmente in edicola allegato alle "Scienze".


Secondo me no.

Per il fatto che le sensazioni materiali possono essere postulate essere intersoggettive (e inoltre sono misurabili), quelle mentali (altro senso non so dare al concetto di "spirituale") no.

iano

#16
@Sciombro.
Le immagini che associamo a una teoria scientifica non sono essenziali ad essa , ma relative a una loro sommaria comprensione , anche quando non ne approfondiamo i particolari.
Tali immagini sono postulatili come  intersoggettive , ma non hanno un corrispondente materiale.
Sono immagini di comodo , nel senso che funzionano, e tale caratteristica si può associare , senza fare scandalo oggi , alle immagini che ci regala la vista.
L'unica differenza è che la vista lavora fuori dalla nostra coscienza , mentre la scienza no.
Entrambi però alla fine creano immagini o visioni utili.
Esse non sembrano però in se' necessarie.
Possiamo rinunciare alla vista , come in caso di menomazione accidentale , reindirizzando e riottimizzamdo l'uso degli altri sensi.
Oggi la MQ ci chiede parimenti di rinunciare ad una visione da associare ad essa.
Quantomeno ad associare ad essa una visione che abbia il valore che ha avuto finora per noi.
Associare immagini ad essa continua a restare esercizio utile , ed anzi   meglio maneggiabile con disinvoltura  , non dovendo per tali immagini ricercare valenze aggiuntive al loro essere utili strumenti ,( anche se diventano sempre più strumenti di lavoro e sempre meno strumenti di "comprensione" e divulgazione per non addetti ai lavori al fine di tentare di innescare un processo che porti a una visione imtersoggettiva, come fino a un certo punto è stato possibile).
A causa della nostra natura non possiamo rinunciare alle immagini , meglio se imtersoggetive ,ma siamo chiamati dai fatti a rimettere in discussione la loro valenza.
Non mancheranno parti criticabili nel mio scritto , per mie lacune , ma spero arrivi comunque il concetto nella sua essenza , e su questo sopratutto attendo critiche e "visioni" alternative eventuali.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

sgiombo

Citazione di: iano il 08 Giugno 2019, 13:06:30 PM
@Sciombro.
Le immagini che associamo a una teoria scientifica non sono essenziali ad essa , ma relative a una loro sommaria comprensione , anche quando non ne approfondiamo i particolari.
Tali immagini sono postulatili come  intersoggettive , ma non hanno un corrispondente materiale.
Sono immagini di comodo , nel senso che funzionano, e tale caratteristica si può associare , senza fare scandalo oggi , alle immagini che ci regala la vista.
L'unica differenza è che la vista lavora fuori dalla nostra coscienza , mentre la scienza no.
Entrambi però alla fine creano immagini o visioni utili.
Esse non sembrano però in se' necessarie.
Possiamo rinunciare alla vista , come in caso di menomazione accidentale , reindirizzando e riottimizzamdo l'uso degli altri sensi.
Citazione
La vista é parte della nostra coscienza.
 
E ipotesi esplicative circa ciò che la vista e gli altri sensi ci dicono sono le teorie che da essa, in generale da osservazioni empiriche e da ipotesi empiricamente verificate la scienza propone.
 
Ma secondo me non Possiamo immaginare nel campo spirituale un percorso parallelo per il fatto che i fenomeni mentali non sono postulabili essere intersoggettivi (oltre a non essere misurabili) al contrario di quelli materiali dei quali ci informano la vista e gli altri sensi.





Oggi la MQ ci chiede parimenti di rinunciare ad una visione da associare ad essa.
Quantomeno ad associare ad essa una visione che abbia il valore che ha avuto finora per noi.
Associare immagini ad essa continua a restare esercizio utile , ed anzi   meglio maneggiabile con disinvoltura  , non dovendo per tali immagini ricercare valenze aggiuntive al loro essere utili strumenti ,( anche se diventano sempre più strumenti di lavoro e sempre meno strumenti di "comprensione" e divulgazione per non addetti ai lavori al fine di tentare di innescare un processo che porti a una visione imtersoggettiva, come fino a un certo punto è stato possibile).
A causa della nostra natura non possiamo rinunciare alle immagini , meglio se imtersoggetive ,ma siamo chiamati dai fatti a rimettere in discussione la loro valenza.
Non mancheranno parti criticabili nel mio scritto , per mie lacune , ma spero arrivi comunque il concetto nella sua essenza , e su questo sopratutto attendo critiche e "visioni" alternative eventuali.
Citazione
Da "sempre", anche da prima della MQ, la scienza non si imita a vari rilievi empirici, ma elabora circa essi teorie sul loro divenire generale astratto che alla possibile falsificazione empirica sottopone.

Ma alla tua domanda rispondo che secondo me ciò non é possibile circa lo "spirituale"

odradek

a iano:

cit:
a- Non mancheranno parti criticabili nel mio scritto , per mie lacune ,
b- ma spero arrivi comunque il concetto nella sua essenza ,
c -e su questo sopratutto attendo critiche e "visioni" alternative eventuali.

o:
inizio da qua.
Parlare è difficile, scrivere lo è ancora di più.
A quasi tutti risulta fastidioso che il proprio scritto venga sezionato e analizzato parola per parola ma è la unica strada per capire cosa lo scrivente intenda.
 
Quando si fa questo non è per "inchiodare" l' interlocutore, ma per "inchiodare" i concetti esplicitati di post in post.
Fissando i concetti definitivamente -almeno nell'ambito di un 3d- sapremo entrambi sempre e precisamente di cosa stiamo parlando ed eviteremo incomprensioni in seguito.

Tu chiedi in -c un confronto sul concetto,
ma per fare questo si deve prima capire le basi su cui si fonda il tuo concetto.
Se le basi su cui si fonda differiscono, di conseguenza differirà l'interpretazione del concetto di cui si vuol discutere e risulterà quindi del tutto inutile farlo se prima non si sono esaminate le basi su cui si fonda.

Discutere le basi però significa esaminare una per una le "parti criticabili" di cui dici in -a.
Quindi si dovrebbe contraddire in qualche modo (spesso o sempre) quel "sopratutto" di cui poi dici in -c.

Per la mia maniera di impostare i discorsi risulta però indispensabile verificare l'"accordo" che esiste su ognuna delle specifiche frasi scritte, perchè quelle compongono il concetto.
Non si tratta  di "demolizione" si tratta di una ricerca di chiarezza reciproca.

Mi son reso conto questa cosa essere sgradita ai più quindi chiedo -prima di iniziare il "discorso"- se sei disposto ad accettare questa maniera di discorrere (reciproca) che chiede conto di ogni parola, ogni frase, ogni concatenazione, ogni metafora, qualsiasi assunzione nascosta si possa trovare e qualsiasi cosa possa essere inferita da ogni singola affermazione.

viator

Salve odradek. Stupefacente coincidenza (ma forse abbiamo teste che hanno qualcosa in comune) : Dà un'occhiata a ciò che ho scritto da poco (senza aver prima letto te) a Sgiombo in "Materia e sostanza" !. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

Citazione di: odradek il 09 Giugno 2019, 12:44:16 PM
a iano:

cit:
a- Non mancheranno parti criticabili nel mio scritto , per mie lacune ,
b- ma spero arrivi comunque il concetto nella sua essenza ,
c -e su questo sopratutto attendo critiche e "visioni" alternative eventuali.

o:
inizio da qua.
Parlare è difficile, scrivere lo è ancora di più.
A quasi tutti risulta fastidioso che il proprio scritto venga sezionato e analizzato parola per parola ma è la unica strada per capire cosa lo scrivente intenda.

Quando si fa questo non è per "inchiodare" l' interlocutore, ma per "inchiodare" i concetti esplicitati di post in post.
Fissando i concetti definitivamente -almeno nell'ambito di un 3d- sapremo entrambi sempre e precisamente di cosa stiamo parlando ed eviteremo incomprensioni in seguito.

Tu chiedi in -c un confronto sul concetto,
ma per fare questo si deve prima capire le basi su cui si fonda il tuo concetto.
Se le basi su cui si fonda differiscono, di conseguenza differirà l'interpretazione del concetto di cui si vuol discutere e risulterà quindi del tutto inutile farlo se prima non si sono esaminate le basi su cui si fonda.

Discutere le basi però significa esaminare una per una le "parti criticabili" di cui dici in -a.
Quindi si dovrebbe contraddire in qualche modo (spesso o sempre) quel "sopratutto" di cui poi dici in -c.

Per la mia maniera di impostare i discorsi risulta però indispensabile verificare l'"accordo" che esiste su ognuna delle specifiche frasi scritte, perchè quelle compongono il concetto.
Non si tratta  di "demolizione" si tratta di una ricerca di chiarezza reciproca.

Mi son reso conto questa cosa essere sgradita ai più quindi chiedo -prima di iniziare il "discorso"- se sei disposto ad accettare questa maniera di discorrere (reciproca) che chiede conto di ogni parola, ogni frase, ogni concatenazione, ogni metafora, qualsiasi assunzione nascosta si possa trovare e qualsiasi cosa possa essere inferita da ogni singola affermazione.
Sono disposto ad accettare questa maniera di discorrere , perché poco criticabile , non perché mi piaccia , cosa che senza volere è evidentemente trapelata.
Però mi dai l'occasione per abbozzare quelle critiche che finora non ho osato esternare.
Non credo sia difficile parlare o scrivere , posto che si possono avere diverse abilità nel farlo e che ci sono diversi modi di usare il linguaggio la stampa , ma in genere dalla seconda ci si attende concetti meglio meditati e non contraddittori , come di solito avviene.
Questo evita di dover stampare infiniti altri libri dove si critichi punto per punto un dato libro.
Se possiamo farlo nel forum è perché il mezzo lo permette.
Quindi più che una metodologia da considerare come desiderabile, se non necessaria , è prima di tutto una possibilità nuova che la "una modalità di scrittura nuova" ci mette a disposizione.
Ma non è l'unica.
Abbiamo anche una nuova chance che somiglia più al parlare che allo stampare libri: esprimere per iscritto i propri pensieri mentre nascono , cosa che sarebbe paradossale in genere fare attraverso la stampa.
Mi pare che le diverse potenzialità offerte dal nuovo mezzo vengano utilizzate su questo forum , come è bene che sia , ma non v'è dubbio che le due cose collidano massimamente.
Criticare un concetto nel suo divenire è come sparare sul pianista mentre sta improvvisando rinunciando a comprendere e giudicare la melodia.
Ecco questo è quello che volevo dire , ma non avevo il coraggio di dire , temendo di fare la figura di quello che si infastidisce alle critiche.
Inutile dire che la critica è sacrosanta, ma non esente da malcostume.
Se contiamo quante parti isolate di post (quindi non sempre l'intero post punto per punto )vengono postate per criticarle a confronto di quante per sottolinearne l'interesse il rapporto ci dice che sembra più facile criticare che lodare.
Se nella mia testa nasce un nuovo concetto (nuovo per me) mi piacerebbe condividerlo e farlo crescere insieme a voi ciò che raramente sembra seguire al pur sacrosanto diluvio di critiche.
Nel caso di questa discussione ho tratto una frase da un libro che occasionalmente ben descrive un concetto mio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#21
Spesso ci si dimentica della relatività e delle potenzialità e dei limiti che ogni media regala e pone.
Di solito critico la filosofia di una persona che desumo dai suoi scritti e non i suoi scritti punto per punto , anche se questo desumere che non chiede delucidazioni punto per punto ha dei limiti .
Mentre lodo l'originalita' dei concetti, o quella che a me pare tale, come fossero nati lì per lì .
Questo mi pare il bello di questo media.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
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Lou

#22
Citazione di: odradek il 08 Giugno 2019, 08:43:53 AM
L:
Cerco di spiegarmi: le modalità in cui si raccolgono informazioni sono molteplici, la vista, qui estendo e passo a una metafora, è squisitamente un senso a modus  "apollineo", ma non è detto, che le modalità "dionisiache" rechino più o meno informazioni della prima citata.***

o:
ma infatti, andava troppo bene prima; con spiegazioni ed estensioni ecco che arrivano i problemi.
Seguo la metafora e intendo apollineo e dionisiaco come lo intendiamo noi (di sicuro noi due, nel caso specifico), e non come intendevano "dionisiaco" le persone che praticavano i "misteri" al tempo che i "misteri" erano praticati e vissuti. 
Non lo intendiamo alla stessa maniera di come lo intendevano loro a motivo di
a- distanza temporale e sue conseguenze;
b- i "misteri" praticati al tempo, non sarebbero ancora adesso misteriosi. Quasi tautologico.
Quindi niente storicismi e niente filologia.
Intendiamo dionisiaco ed apollineo nel senso che lo possa intendere una pubblicazione o rivista ragionevolmente colta, diciamo di seria divulgazione non specialistica, "roba" abbastanza "buona" quindi e totalmente coindivisa, pignolatori a parte.
In effetti, pignolando -a basso livello-, "dioniso" precederebbe "apollo" di svariate centinaia d'anni come minimo, ma si è stabilito niente storicismi e filologia.

Se invece apollineo-dionisiaco era riferito a Nietzche il discorso (mio) che segue e che precede perde ogni senso; in quel caso però Nietzche penso intendesse apollineo-dionisiaco più come categorie "estetiche" che gnoseologiche nell'ambito appunto della tragedia. Intenderle come modalità informative sarebbe una forzatura che non posso ascriverti, quindi scarterei l'accezione niciana.

Detto questo, ed assumendo che tu sappia benissimo cosa sia modalità "dionisiaca" (non lo dico provocatoriamente, lo dico per chiarire bene su che terreno -secondo me- ci si inoltri, seguendo "modalità dionisiache" ed in quali ambiti ci si possa ritrovare traendo le implicazioni che seguono l'immaginare una "praxis dionisiaca"), avrei queste domande :

a -vorrei un esempio, uno solo, di "modalità dionisiaca".

b -sulla base di cosa dici : "non è detto, che le modalità "dionisiache" rechino più o meno informazioni della prima citata" ?

c -sei d'accordo che la modalità dionisiaca sia legata strettamente alle esperienze del soggetto in condizioni di alterazione mentale o di possessione divina, intendendo quest' ultima nel senso più ampio, non necessariamente ammettendo quindi una possessione divina, ma ammettendo che il "dionisizzante" pensi realmente (sinceramente) di provarla ed intendendo la prima come stato mentale autoindotto o artificialmente provocato ?

d -quale grado di affidabiltà potresti accordare a rivelazioni di carattere dionisiaco?

e -quali sono le informazioni affidabili che una esperienza dionisiaca potrebbe recare in più che la vista, od il ragionamento ?

f -che differenza passa tra l'illuminazione mistica e l'esperienza dionisiaca ?
Non differenze qualitative o quantitative (dioniso tutta la vita ed oltre, fosse accessibile una scelta, manco da dirlo) ma, intendo epistemologicamente, che differenze ci sarebbero ?

g -che differenza passa tra la modalità dionisiaca ed il vaticinio della Pizia ?

***Pignolando ancora -ma sempre un pochino e non troppo:
Nel caso invece apollineo-dionisiaco fosse stato riferito a Nietzche il discorso (mio) che precedeva perderebbe ogni senso; in quel caso però ci sarebbe da dire che Nietzche intendeva apollineo-dionisiaco più come categorie estetiche (o "poli di tensione", o altre cose di quel genere) che gnoseologiche.
Pensare od insinuare che tu le intendessi come "modalità informative" sarebbe stata una forzatura che non potevo ascriverti (o meglio, fosse stata ascritta a me  avrebbe potuto "indispettirmi", fossi dotato di certe caratteristiche) quindi ho scartato l'accezione niciana.
Allora:
a - ogni modalità esperienziale arappresentativa.
a.1* - una esperienza arappresentativa è possibile a darsi?

b - lo dico in forza di ogni esperienza che come un basso profondo rompe e dirompe ogni rappresentatività, è un suono che ci accompagna di cui non c'è una immagine, c'è un flusso inarrestabile, un battito che accompagna in ogni cosa.
b.1* - Si ne sto dando rappresentazione, ma in un certo modo, rappresentandolo non è più.

c - non "pensa", è un livello diverso dal pensiero.
c.1* - Forse. Qui occorrerebbe una disanima sul "pensa", brutalmente detta può essere pure siano pensieri non pensati. E mi rimando a b.1* per certi aspetti.

d - l'unica, "condizionamento", sugli accordi che do in affidabilità. Mi parrebbe sciocco non accordare affidabilità ai condizionamenti che operano in noi.

e - informazioni che la vista è il ragionamento, per loro natura, non possono nè vedere, nè sapere.
e.1* - o sono occhi talmente capaci da non lasciar nulla fuor di loro prospettiva? C'è qualche informazione oltre vista e ragionamento?

f - sì, nel dionisiaco luce e ombra, illuminazione o non illuminazione, non sono aspetti dirimenti.
f.1* - Embè? Allora quali sono gli aspetti dirimenti?

g - contravvengo all'alert "filologia" , ma la Pizia che più sussume in sè vaticinio e modalità dionisiaca del mondo è quella tratteggiata Durrenmatt. Una differenza esiste, ma è labile, sconfinante, e qualcuno ne ha narrato, di questa labilitá, sconfinamento, o ricerca di integrazione.

* sono una tra le tante possibili obiezioni. Fuor del niece, su cui, mi sento in dovere di dire che, a mio parere, le categorie es5etiche divengono prepotententemente categorie gnoseologiche et epistemiche. Tanto per dire.

***

Lou : "h" - non ti pare?
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

iano

#23
Citazione di: viator il 09 Giugno 2019, 17:09:10 PM
Salve odradek. Stupefacente coincidenza (ma forse abbiamo teste che hanno qualcosa in comune) : Dà un'occhiata a ciò che ho scritto da poco (senza aver prima letto te) a Sgiombo in "Materia e sostanza" !. Saluti.
Se indicavi il numero del post era meglio.
Come si fa' a districarsi fra critiche punto punto e critiche punto punto di critiche punto punto se non si pone un limite a questi punti?
Ci sono cose in cui il forum è insostituibile a mio parere .
Ne dico una.
Quando leggo uno scritto filosofico o un libro di divulgazione scientifica non pretendo di capire tutto.
Se però l'argomento è interessante cerco di riportarlo comunque in una discussione sul forum , e solo quando faccio ciò mi rendo conto di aver invece digerito bene l'argomento come se , parafrasando un famoso scienziato , il mio scritto fosse più intelligente di me.
Se non dovessi scrivere su un forum mi sentirei un idiota a scrivere ame stesso e non lo farei.
Sarei curioso di sapere cosa di buono vi dia questo media a voi oltre alla possibilità di una critica puntuale punto punto.
A volte poi l'impressiome è che questa critica punto punto venga attuata mentre si legge il post , e non dopo averlo letto tutto.
Leggendolo tutto il concetto che si vuole esprimere , pur fra tant'è comtraddizioni , a volte viene fuori lo stesso , rendendo evidente che le contraddizione sono l'imefitabile prodotto di un pensiero nel suo divenire.
Naturalmente si potrebbe obiettare che un pensiero va' espresso solo quando maturo , come si fa' quando si scrive un libro. In questo modo però si rinuncerebbe alla specificità di questo media , che non è un libro , e lo si snaturerebbe diversamente.
Se parola è una cosa , se stampo un altra , se posto un altra ancora, e cosa sia quest'ultima , vista la nostra esperienza lunga , potremmo iniziare a confessarci su cosa sia , e forse la possibilità di una critica punto punto , specificità di questo media , non apparirebbe al primo posto.
Il media , che resta comunque un mezzo relativo che siamo liberi di scegliere ,influenza pesantemente nel bene e nel male ciò che si esprime , allo stesso modo che la vista influenza pesantemente il modo in cui il mio mondo si "esprime a noi " attraverso essa , essendo sempre un mezzo relativo ma con la differenza che la sua scelta sembra più obbligata che libera.
Il fatto che la scelta sia obbligata mi pare ci faccia dimenticare quanto il mezzo sia relativo , dando alla nostra conoscenza un valore forse falsato.
Questo è il nocciolo della discussione detto in pochi punti criticabilissimi sempre e comunque.
Rinuncio ai collegamenti che ho fatto con là spirituali che qualcuno ha usato per sviare il forum.
Troppa carne al fuoco non si dovrebbe mai mettere se si meditasse più quello che si scrive non lasciandosi prendere dal corso dei pensieri.
Mea culpa?😅
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odradek

a- una esperienza arappresentativa è impossibile a darsi per definizione, nonostante questo la poesia si sforza da secoli con alterni risultati di render fruibili le esperienze di cui parli. Spesso ci riesce.
 
Lo stato mentale -b è il cuore dell'esperienza religiosa arcaica, quella delle epifanie e delle apparizioni, delle divinità all'ora del meriggio.
Lo stato -b è il cuore della esperienza dionisiaca. Lo stato mentale -b attualmente (infinitamente e sconsolatamente  purtroppo) appartiene ai desiderata del nostro Io (versione nobilitata, difficile trovare di meglio, in ogni caso, per quanto riguarda l'Io) e non più a noi accessibile.
E' una specie di Shangri-La della mente, una speranza che capiti, ma purtroppo -penso io, a noi ormai inaccessibile.
Troppo tempo troppa consapevolezza e troppa civiltà. Non si può mai tornare indietro.

d- io intendo condizionamenti in una accezione negativa e non riesco bene a intendere come intendi qui condizionamento.

e- le informazioni che ne la vista ne il ragionamento possono vedere sono quelle che appunto non sono mai servite alla nostra sopravvivenza; in caso contrario non saremo qui a parlarne, secondo me.

f- la questione diventa dirimente in due casi. Quando il soggetto tenta di comunicare la esperienza diventa difficilissimo farlo, essendo come dicevi esperienze arappresentative, quindi l'essere arappresentativa è una condizione dirimente riferita alla comunicabiltà.
Diventano poi dirimenti rispetto alla condotta del soggetto. Se il soggetto a seguito dell'esperienza di esperienze arappresentative non manifesta comportamenti che ne mettano in pericolo la sua vita di relazione allora esse non sono dirimenti, in caso contrario un pochino incominciano a divenirlo.

* Eh tutte le volte che lo si sfiora sono guai. Esiste un nice per ognuno di noi, e forse anche questa è grandezza (sua). Dunque, secondo me sta tutto in quel "divengono". Divengono prepotentemente si, e sopratutto prepotentemente, ma nel seguito. In quello specifico scritto, secondo me rimangono ancora principalmente solo estetiche, ma tanto tra un qualche mese, o entro un anno, ognuno di noi se lo rileggerà e ci ripenseremo sopra di nuovo; son cose che si continuano a ruminare.

***\h - non ne ho fatto un punto proprio per non "anniciare" da subito la chiaccherata che non lo vedevo tanto in tema, ma in ogni caso, non si rifiutano mai due parole su Nietzsche, quello si certo.

iano

#25
Riassumendo , per cercare di reindirizzare la discussione ai suoi intenti originari.
Continuaiamo a comprendere il mondo anche attraverso la vista, nonostante i suoi limiti e lacune evidenziati dalla scienza.
La scienza stessa però sembra non poter fare a meno di creare immagini a sostegno delle sue teorie , in modo da "farci vedere " la teoria, ciò che per noi vale comprenderla.
Questo circolo , virtuoso o vizioso che sia , sembra entrare in crisi con la MQ.
È ovvio che la comprensione della teoria , nel senso sopra detto , non è essenziale all'applicaziome della teoria.
Eppure a noi sembra che ci manchi qualcosa.
Siamo a un punto di svolta evolutivo?
Forse , ma il problema è che non riusciamo a rinunciare a una visione del mondo, perché cercarla è nella nostra natura , ma non nella natura delle cose a quanto pare.
Volendo complicare la questione, e non dovrei , ma i pensieri come vedete vengono da se' in diretta forum , mi chiederei se la località altro non sia che un "difetto della vista".
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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odradek

iano:
Mi pare che le diverse potenzialità offerte dal nuovo mezzo vengano utilizzate su questo forum , come è bene che sia , ma non v'è dubbio che le due cose collidano massimamente.
Criticare un concetto nel suo divenire è come sparare sul pianista mentre sta improvvisando rinunciando a comprendere e giudicare la melodia.
Ecco questo è quello che volevo dire , ma non avevo il coraggio di dire , temendo di fare la figura di quello che si infastidisce alle critiche.

o:
Ora che so questo nel caso tu iniziassi un qualche argomento aspetterò qualche post nel caso io avessi qualcosa da dire, ma prima e senza questa premessa, avremmo rischiato forti incomprensioni e secondo me ancora le rischierai con tutti quelli che non han letto questo post.
E' anche buona la cosa del "work in progress" ma dovrebbe essere chiaramente specificato, se no altro che pianista, ti ci va la rete metallica di ferro.
Sia come sia visto che abbiamo iniziato la prima cosa che salta agli occhi è questa :

iano:
Quello che non sapevo invece è che Galilei ha usato il telescopio anche al contrario, come microscopio , individuando perfino , e riportando in un disegno , l'agente patogeno della peste

o:
l'agente patogeno della pesta raggiunge al massimo i 2.5μm (ma credo più 2 che 2.5) e non riesco a darmi conto di come un microscopio costruito tra il 1580 ed il 1620 potesse arrivare alla risoluzione necessaria a individuare una entità lunga due milionesimi di metro al massimo. C'è qualcosa che non va.

iano

#27
Citazione di: odradek il 11 Giugno 2019, 01:27:04 AM

l'agente patogeno della pesta raggiunge al massimo i 2.5μm (ma credo più 2 che 2.5) e non riesco a darmi conto di come un microscopio costruito tra il 1580 ed il 1620 potesse arrivare alla risoluzione necessaria a individuare una entità lunga due milionesimi di metro al massimo. C'è qualcosa che non va.
Non hai torto.
Ho tralasciato di riportare che ciò che si vedeva a quel microscopio nato per caso andava poi disegnato e ricostruito cn un po' di fantasia.
Il tutto è descritto nel libro di Paul G.Falkowski, I motori della vita.Come i microbi hanno reso la terra abitabile.
Ancora in edicola credo , allegato alle "Scienze".
L'autore ipotizza che proprio la deficienza del mezzo abbia congiurato , nonostante la scoperta rivoluzionaria di un nuovo mondo microscopico , al ritardato sviluppo della biologia , a causa cioè, come io ho indicato , di un pregiudizio visivo.
Pregiudizio che io credo essere ancora attuale , se allarghiamo il campo della vista anche alle visioni , cioè a ciò che possiamo immaginare.
Quando associamo una immagine ad illustrazione di una teoria fisica in fondo stiamo facendo un lavoro di ricostruzione di fantasia simile a quello fatto da Galilei , e quando questo lavoro dovesse risultare poco soddisfacente  , come avviene a mio parere nel campo della MQ quantistica,  ciò può avere qualche effetto sulle dinamiche di sviluppo e di applicazione della teoria.
La MQ in particolare mette in dubbio un caposaldo della fisica tradizionale , la localita' , e mi chiedo quanto questo caposaldo sia debitore della vista.
Il fatto è che possiamo non ipotizzare la località nella teoria , ma non possiamo farne a meno quando dobbiamo approntare gli esperimenti che la confermino.
Cosa sia la località non è facile da capire , nonostante gli encomiabili sforzi esplicativi fatti da Apeiron in questo forum , ma i suoi sforzi uniti alla lettura di "Inquietanti azioni a distanza" di George Muster forse riusciranno a farmi capire.
Al momento mi chiedo e vi chiedo quanto questa località, che non sembra essere cosa  a fondamento della realtà secondo la nuova fisica , possa essere un prodotto della nostra predilezione al senso della vista , e più in generale alla tendenza a manipolare visioni.
Nella introduzione del libro vengono riportate due dichiarazioni di Einstein che prese imsieme fanno riflettere molto:
1.I concetti della fisica fanno riferimento a un mondo reale esterno...oggetti che devono avere una "esistenza reale" indipendente dall'osservatore...oggetti che esistono indipendentemente  uno dall'altro , in quanto "giacenti in punti diversi dello spazio".
2.La cosa più incomprensibile dell'universo è la sua comprensibilità.

Mi pare che il termine chiave qui sia "comprensibilità" che richiama un po' l'abbracciare il mondo in un "colpo d'occhio".
Dal nostro "punto di vista" il mondo è certamente fatto di oggetti distinti e separati che occupano un punto dello spazio .
È ovviamente un punto di vista limitato che la scienza sta cercando di allargare , senza che ne possa fare a meno.
Così abbiamo teorie locali che convivono con teorie non locali e la località sembra essere un mezzo relativo più che un fondamento della realtà.
Siccome però la localita' a me sembra legata al mezzo relativo della vista , fondamentale per noi , ciò ci crea non pochi problemi.
Certamente i nostri sensi allargati agli strumenti di misura servono a interfacciarci con la realtà, ma il poterla comprendere nella sua essenza è solo una illusione sensoriale in senso lato.
Parafrasando Einstein direi che " e' sorprendente come facciamo a interfacciarci con la realtà in modo sempre più efficace senza comprenderla " .
Il punto focale filosofico rimane comunque il significato che vogliamo dare al termine comprendere.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

La cosa più incomprensibile dell'universo è l'emergere di una mente che cerchi di comprenderlo. Però esiste e dobbiamo prenderne atto. Col che inizia la discesa: decisamente meno faticosa, ma attenzione ai precipizi. Le ali che possediamo non sono tarate sulla forza di gravità del reale.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#29
Citazione di: Ipazia il 11 Giugno 2019, 10:31:38 AM
La cosa più incomprensibile dell'universo è l'emergere di una mente che cerchi di comprenderlo. Però esiste e dobbiamo prenderne atto. Col che inizia la discesa: decisamente meno faticosa, ma attenzione ai precipizi. Le ali che possediamo non sono tarate sulla forza di gravità del reale.
Una mente che ne fa' parte , e diciamo così, parte , perché come altro potremmo dire?
Questo modo di dire comporta però complicazioni , come il chiedersi dove sta esattamente la mente.
Potremmo trovargli ragionevolmente un confine di massima che la contiene , ma avremmo comunque difficoltà se volessimo precisare meglio i suoi confini.
Il fatto è che la trattiamo , non sapendo come altro trattarla come un oggetto , dandogli quindi la proprietà della località.
Sono d'accordo con te.Bisogna prenderne atto e allo stesso tempo prendere atto che essa può non avere il carattere della località, anche se non riusciamo a pensarla senza.
La mente potrebbe essere parte del mondo diremmo meglio, perché fino a prova contraria le parti sono solo un'idea della mente , così come lo sono lo spazio , gli oggetti , il tempo è in genere tutte quelle idee che sembrano essenziali per interfacciarmi con la realtà.
Ma se proprio per nostra natura (pregiudizio visivo ) non possiamo fare a meno di parlare di parti sarebbe arrivato il momento di frapporre fra mente e realtà propriamente detta (fisica) quella parte di interfaccia popolata da utili e indispensabili fantasie e visioni , che sono pura creatività vitale , svincolandola in questo modo da attributi non propri e rendendola così meglio libera di esprimersi , e quindi più efficace.
Se la mente è parte del mondo, e lo spazio il tempo e la località e le parti sono parte della mente , allora sono parte del mondo , e se in ciò si scorgesse un qualche paradosso anche quello lo mettiamo da parte e ce lo teniamo in conto .
Ci dovrà pure essere nello spazio delle possibilità un paradosso insuperabile per sua natura , o no?
Se riusciamo a immaginarlo allora c'è.
Parte del mondo è ciò che crediamo esso sia , posto che tale credenza non è mai gratuita anche quando tale ci appare.
Perché vale la pena aggiungere che ci sono credenze che restano negli archivi della storia e altre di cui si è persa ogni memoria.In altri termini....
Una credenza intersoggettiva ha più valore , ma resta pur sempre una credenza a cui dobbiamo imparare a dare il giusto valore positivo.
La conoscenza si basa sulla nostra capacità di credere , e questo è il nostro paradosso insuperabile e fondante ,  da cui tutto si spiega , o meglio si dispiega compresa la nostra spiritualità , basata che sia sulle visioni o sulla loro negazione, su ciò che vediamo perché vogliamo vedere o su ciò che non vediamo perché non vogliamo vedere.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''