Ciò che non si può dire.

Aperto da iano, 20 Gennaio 2025, 13:48:39 PM

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iano

Mi pare che di Dio, per essere l'innominabile, si parli fin troppo, talchè mi vien da pensare che Dio sia il nome che diamo a ciò che non sappiamo dire, se è vero che ogni cosa non rientra sotto il dominio del logos.
Per quanto consapevoli di ciò ci si vieti di non provare a rappresentare il non rapprensetabile, gli stessi musulmani non possono evitare di parlarne, forse perchè il pensiero è legato alla parola, e non si può smettere di pensare, mentre ci si può astenere da altri tipi di rappresentazione.
Certo, anche il pensiero si può provare a sospendere con la meditazione , fino ad annullare ogni possibilità di espressione, come fanno i santoni orientali, togliendo ogni potere al logos.
Ma, che Dio esista oppure no, quali conseguenze ha  questo porre un limite alle proprie capacità di esprimersi?
Questa operazione di regressione espressiva, questo percorso evolutivo  all'incontrario, ha un senso secondo me solo se  conduce a una maggiore coscienza delle nostre capacità espressive al fine di potenziarle.
Affermando che Dio è verbo si attribuisce un potere illimitato al logos, ma limitandone ulteriormente così  di fatto le capacità già limitate.
L'operazione di regressione di cui sopra potrebbe dunque renderci consapevoli del suo valore esclusivamente umano, per poter ripartire con maggior coscienza delle nostre capacità espressive verso un percorso di loro potenziamento, perchè seppur esse hanno un limite, questo limite non è fisso..
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

In sostanza si tratta di smettere di fare del logos un idolo per liberare tutte le potenzialità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Citazione di: iano il 20 Gennaio 2025, 14:27:38 PMIn sostanza si tratta di smettere di fare del logos un idolo per liberare tutte le potenzialità.
C'entra un poco anche la mappa, questone a te molto cara. Ogni essere vivente si muove calato nella sua realtà.
Per istinto o meditata-mente egli si affiderà necessariamente a una mappa per quanto "semplice" questa possa essere. Le nostre parole comunque sarebbero di fatto una mappa della realtà.
Vi sarebbe quindi una nostra separatezza dalla realtà che ci comprende in virtù del carattere della nostra lingua; sarebbe a dire che le espressioni del tipo io faccio, lui dice, lei erige, ci vediamo laggiù etc, hanno generato una certa nostra separazione dal mondo del "qui e ora", dove invece si muoverebbe in gran parte la vita degli altri esseri viventi ... quelli che non dicono io faccio, tu dici, ma fanno e dicono ugualmente. Dicono cosa? Dicono per lo più del loro stato interiore, fondandosi sempre su una mappa della loro realtà.
Sarebbe però contro ogni evidenza che noi umani non ci si muova ugualmente nel qui e ora così come poc'anzi dissi.
Succede infatti questo: che noi umani, indotti dalla cura del fuoco, abbiamo progressivamente cambiato punto di riferimento per il mondo (realtà), focalizzando le nostre culturali attenzioni (nostre abitudini) più che altro alla realtà linguistica. Ad oggi, in senso kantiano, si pende dalle altrui parole vivendo di fatto in uno stato di "minorità" in cui ci si ritrova facilmente manipolabili. Ciò sarebbe particolarmente grave per questioni etico/morali. Certo, voi potete disquisire all'infinito continuando ad aprire compulsivamente svariati temi di discussione. Temi che però restano puntualmente mancanti di concretezza nel loro assieme. Restano cioè a mezz'aria mancando di finalizzazione.
Non muoversi nel qui e ora assume quindi il suo autentico senso nel fatto che noi si "perda" un tempo per agire nella concretezza della realtà immanente perché ci si ostina a combattere ... vien da dire quasi in losca complicità  ... la realtà espressa "linguisticamente" dagli avversari. Tutto questo nel mentre che ci si dimentica di guerre e stragi di innocenti, ovvero si dimentica un po' la parte non linguistica della realtà, quella della carne, del qui e ora. "Eh no!, noi parliamo pure di tali guerre e di tali stragi!" diranno i meno avveduti ... e così si perpetua il giro vizioso ... Aspettiamo

Phil

Citazione di: iano il 20 Gennaio 2025, 14:27:38 PMIn sostanza si tratta di smettere di fare del logos un idolo per liberare tutte le potenzialità.
Tempo fa, parodiando (non parafrasando) un noto motto, scrissi che secondo me «di ciò di cui non si deve parlare, si può tacere»; ossia: se non si è in dovere, costretti dalle circostanze, a parlare di qualcosa, si può (non «si deve») anche tacerne. Forse prendo "in contropiede" il senso dei tuoi post, ma ho l'impressione che sia il saper non parlare ad essere "in difficoltà", negli ultimi tempi, e dico «saper non parlare» perché credo che anche il tacere sia un sapere (non in senso nozionistico, ovviamente, ma nel senso di sapere quando si può anche non parlare di qualcosa, quando non si deve farlo; «non si deve» sempre nel senso di non essere costretti a farlo, non nel senso di divieto morale o altro).
Probabilmente non sono l'unico a ricordarsi un tempo, prima degli smartphone e dei "minuti e giga infiniti", in cui parlare al telefono costava abbastanza (rispetto ad ora). La leva economica, come sempre, fa emergere il valore non economico di alcuni impulsi e presunte necessità (più o meno indotte). Le comunicazioni telefoniche "dell'epoca", essendo costose, erano forse (non si può certo generalizzare troppo) più significative e più autentiche, più ponderate e meno moleste (si pensi ai call center) di quanto lo siano ora (poi "prima" c'erano più relazioni faccia a faccia, meno solitudine, etc. ma non mi interessa quella direzione del discorso). Ora si può parlare a distanza senza pagare a consumo, quindi in generale "si parla" (Heidegger docet), tanto, spesso, non sempre ponendosi prima la domanda: devo davvero parlare? Perché devo parlare?
Passando alla scrittura: se i post sui social o sui forum fossero a pagamento, chiaramente (qualcuno starà già pensando) solo i ricchi potrebbero straparlare e strascrivere a vanvera (poiché per loro il denaro "vale meno"), mentre se non si paga nulla, tutti possono (anche, non solo) straparlare, oltre che comunicare, arricchirsi reciprocamente, solidalizzare, imparare, etc.; ed è bello così (perché mai solo i ricchi dovrebbero avere anche il privilegio, volendo, di poter persino oziare per telefono o bisbocciare in una chat?).
La nostra situazione di comunicazione "orizzontale" (potrei twittare anche con Musk o il papa, credo) e democratica, senza (quasi) filtri e demoscopica, è quindi "sicuramente" una vittoria per il popolo; ma lo è anche per il logos?
In estrema sintesi: se il logos è un idolo, mi pare stia facendo la fine degli altri idoli (e lo dico da postmoderno, non da nostalgico: l'analisi sociologica dei passato non è necessariamente nostalgia dei tempi andati).

iano

#4
Citazione di: daniele22 il 20 Gennaio 2025, 16:30:52 PM
C'entra un poco anche la mappa, questone a te molto cara. Ogni essere vivente si muove calato nella sua realtà.
Per istinto o meditata-mente egli si affiderà necessariamente a una mappa per quanto "semplice" questa possa essere. Le nostre parole comunque sarebbero di fatto una mappa della realtà.
Vi sarebbe quindi una nostra separatezza dalla realtà che ci comprende in virtù del carattere della nostra lingua; sarebbe a dire che le espressioni del tipo io faccio, lui dice, lei erige, ci vediamo laggiù etc, hanno generato una certa nostra separazione dal mondo del "qui e ora", dove invece si muoverebbe in gran parte la vita degli altri esseri viventi ... quelli che non dicono io faccio, tu dici, ma fanno e dicono ugualmente. Dicono cosa? Dicono per lo più del loro stato interiore, fondandosi sempre su una mappa della loro realtà.
Sarebbe però contro ogni evidenza che noi umani non ci si muova ugualmente nel qui e ora così come poc'anzi dissi.
Succede infatti questo: che noi umani, indotti dalla cura del fuoco, abbiamo progressivamente cambiato punto di riferimento per il mondo (realtà), focalizzando le nostre culturali attenzioni (nostre abitudini) più che altro alla realtà linguistica. Ad oggi, in senso kantiano, si pende dalle altrui parole vivendo di fatto in uno stato di "minorità" in cui ci si ritrova facilmente manipolabili. Ciò sarebbe particolarmente grave per questioni etico/morali. Certo, voi potete disquisire all'infinito continuando ad aprire compulsivamente svariati temi di discussione. Temi che però restano puntualmente mancanti di concretezza nel loro assieme. Restano cioè a mezz'aria mancando di finalizzazione.
Non muoversi nel qui e ora assume quindi il suo autentico senso nel fatto che noi si "perda" un tempo per agire nella concretezza della realtà immanente perché ci si ostina a combattere ... vien da dire quasi in losca complicità  ... la realtà espressa "linguisticamente" dagli avversari. Tutto questo nel mentre che ci si dimentica di guerre e stragi di innocenti, ovvero si dimentica un po' la parte non linguistica della realtà, quella della carne, del qui e ora. "Eh no!, noi parliamo pure di tali guerre e di tali stragi!" diranno i meno avveduti ... e così si perpetua il giro vizioso ... Aspettiamo

Ma il qui ed ora è anche frutto del programma fatto nel ''qui ed ora di ieri'', e questo è ciò che distingue l'essere vivente dall'inerte materia, ogni essere con la sua rispettiva mappa, che però ha un senso solo se condivisa, senza bisogno di avventurarsi in pur rispettabili questioni spirituali.
Cioè la mappa è prima di tutto possibilità di comunicare grazie ad un alfabeto che ci accomuna, e solo perciò diventa il mondo in cui viviamo, potendoci rassicurare a vicenda che esso esita, seppur non per democrazia che lo si possa stabilire.
Motivo per cui gli esseri viventi poi sono più o meno accomunabili in base al tasso di comunicazione che c'è fra loro, più che da fattori estetici, e anche solo per questo ha senso parlare di umanità, senza dover rimarcare quindi ogni singola individualità.
E' in sostanza il logos che carettirazzandonci ci unisce, inteso come uno dei tanti possibili mezzi di comunicazione, più che questioni estetiche, per cui idolatrandolo rischiamo di imbrodarci.
Continuando a discorrere del qui ed ora a te caro, anche se lo uso per argomentare cose forse di non tuo interesse, può davvero immaginarsi una causa che agisca in modo immediato?
In ogni caso questa immediatezza non può riferirsi agli esseri viventi, per i quali comunque, differentemente dalle particelle di materia, come ad esempio i protoni, uno non vale l'altro, ma ciò non vuol dire che l'individualità rivesta perciò un gran peso, se cambiando una individualità con l'altra il risultato non cambia, proprio come avverrebbe scambiano un protone con un altro, anche se per diversi motivi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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iano

#5
Citazione di: Phil il 20 Gennaio 2025, 16:31:25 PMTempo fa, parodiando (non parafrasando) un noto motto, scrissi che secondo me «di ciò di cui non si deve parlare, si può tacere»; ossia: se non si è in dovere, costretti dalle circostanze, a parlare di qualcosa, si può (non «si deve») anche tacerne. Forse prendo "in contropiede" il senso dei tuoi post, ma ho l'impressione che sia il saper non parlare ad essere "in difficoltà", negli ultimi tempi, e dico «saper non parlare» perché credo che anche il tacere sia un sapere (non in senso nozionistico, ovviamente, ma nel senso di sapere quando si può anche non parlare di qualcosa, quando non si deve farlo; «non si deve» sempre nel senso di non essere costretti a farlo, non nel senso di divieto morale o altro).
Probabilmente non sono l'unico a ricordarsi un tempo, prima degli smartphone e dei "minuti e giga infiniti", in cui parlare al telefono costava abbastanza (rispetto ad ora). La leva economica, come sempre, fa emergere il valore non economico di alcuni impulsi e presunte necessità (più o meno indotte). Le comunicazioni telefoniche "dell'epoca", essendo costose, erano forse (non si può certo generalizzare troppo) più significative e più autentiche, più ponderate e meno moleste (si pensi ai call center) di quanto lo siano ora (poi "prima" c'erano più relazioni faccia a faccia, meno solitudine, etc. ma non mi interessa quella direzione del discorso). Ora si può parlare a distanza senza pagare a consumo, quindi in generale "si parla" (Heidegger docet), tanto, spesso, non sempre ponendosi prima la domanda: devo davvero parlare? Perché devo parlare?
Passando alla scrittura: se i post sui social o sui forum fossero a pagamento, chiaramente (qualcuno starà già pensando) solo i ricchi potrebbero straparlare e strascrivere a vanvera (poiché per loro il denaro "vale meno"), mentre se non si paga nulla, tutti possono (anche, non solo) straparlare, oltre che comunicare, arricchirsi reciprocamente, solidalizzare, imparare, etc.; ed è bello così (perché mai solo i ricchi dovrebbero avere anche il privilegio, volendo, di poter persino oziare per telefono o bisbocciare in una chat?).
La nostra situazione di comunicazione "orizzontale" (potrei twittare anche con Musk o il papa, credo) e democratica, senza (quasi) filtri e demoscopica, è quindi "sicuramente" una vittoria per il popolo; ma lo è anche per il logos?
In estrema sintesi: se il logos è un idolo, mi pare stia facendo la fine degli altri idoli (e lo dico da postmoderno, non da nostalgico: l'analisi sociologica dei passato non è necessariamente nostalgia dei tempi andati).
Se la parola perde il suo peso al crescere delle potenzialità di comunicazione ciò dimostra che essa è solo uno dei possibili modi di comunicare.
Certamente per noi, che ad essa restiamo legati, significa restare tagliati fuori, e questa è una novità per il modo in cui si realizza l'esclusione, perchè prima si restava tagliati fuori dalle rivoluzioni che comunque era sempre la parola a veicolare.
Come possiamo rimediare a ciò noi? Temo che non vi sia un modo per farlo, per quanto sarà inevitabile che in ciò ci impegneremo.
Tuttavia ciò che volevo far risaltare è che non abbiamo aspettato le inarrestabili rivoluzioni tecnologiche per deprimere le nostre capacità espressive, anche se a favore della parola, esaltandola oltre al dovuto.
In somma il problema che ho posto riguarda il valore che gli diamo, più che del sapere quando conviene usarla.
Si può esagerare affermando che Dio è verbo, ma anche il credere che il logos possa veicolare la verità non è una esagerazione da meno, e forse le due cose sono strettamente legate.
Certo io non la pensavo così quando ho iniziato a partecipare a questo forum, quindi se  oggi affermo che questa posizione è ingenua, sto solo confessando quanto ingenuo io fossi, per cui nessuno si senta per questo offeso.
Mi lamento in sostanza che abbiamo snaturato il logos ancor prima che esso agonizzasse per cause ''naturali'', come succede ad ogni cosa umana, e mi illudo al contempo che esso possa esprimere ancora tutte le sue potenzialità quando gli si darà il giusto peso, senza esagerarlo ne deprimerlo.
Volendo riassumere con uno slogan sibillino, esso è molto meno di quanto pensiamo, e molto più di quanto non pensiamo.
Comunque concordo coin te che più divento saggio, e più sono parco di parole.
Però credo che a questa saggezza ci si arrivi solo se si è goduta della libertà di spararle grosse, come io ho potuto fare fin qui su questo forum, e non avrei potuto fare altrove, prendendo il buono della tecnologia quando questa me lo ha porto.
Il futuro è un incognita, intesa come X, ma anche come Elon Musk purtroppo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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daniele22

Forse non ho afferrato il senso del discorso, ma che il logos stia facendo la fine degli altri idoli mi sembra una bestemmia grande come due case ... anzi, tre. Le leggi sono fatte col logos e hanno grande valore. Sarebbe più corretto dire che le nostre opinioni hanno ben poco valore di fronte ai decisori che non si affidano certamente alle nostre opinioni per le loro prescrizioni legali. Allo stato attuale si può dire benissimo che con la libertà di espressione ci possiamo pure pulire il deretano. Non capisco poi cosa c'entri Dio

iano

Citazione di: daniele22 il 21 Gennaio 2025, 10:34:04 AMLe leggi sono fatte col logos e hanno grande valore.
Si, è vero, e quindi?
Forse che io l'ho negato?
Forse che mi sono augurato la fine del logos?

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Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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daniele22

Citazione di: iano il 21 Gennaio 2025, 20:25:57 PMSi, è vero, e quindi?
Forse che io l'ho negato?
Forse che mi sono augurato la fine del logos?


Non prenderla come un affronto iano.
Dico semplicemente, in linea con quanto già detto, che se la parola perde il suo peso ciò non sarebbe dovuto alla crescita della potenzialità di comunicazione; tale crescita di fatto, secondo me, mette in luce che a essere in crisi profonda non sarebbe la parola, bensì il dialogo ... i tavoli della politica quindi, oppure i forum, i talkshow. La crisi della parola sarebbe quindi la crisi del dialogo, ovvero la crisi di un'intelligenza che per motivi "personali" agisce a flussi alterni, a tratti sincera e a tratti menzognera, bloccando senz'altro le potenzialità umane. Confesso tra l'altro che per questo motivo, più che ponderato razionalmente, più di una volta ho pensato di abbandonare il forum, ma un aspetto pulsionale non ben controllato del mio comportamento mi ha portato finora a fallire l'intento ... debolezza personale

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