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Che è l'uomo?

Aperto da maral, 15 Aprile 2017, 10:49:56 AM

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paul11

#255
Citazione di: sgiombo il 07 Maggio 2017, 21:39:04 PM
Citazione di: paul11 il 07 Maggio 2017, 18:54:41 PM
Sgiombo, prendo due piccioni con una fava, vale adire i tuoi due post con una risposta.
al tempo di Senofonte, lo ribadisco, credevano nella terra piatta e che finisse alle Colonne d?Ercole,,l'attuale Gibilterra: ci credevano e vivevano.
Se c'è una una disciplina che muta è proprio il concetto di empirico e le sue derivazioni, il che significa che non sarà mai definitivo, nè certo e quindi tanto meno verità.
Se vuoi dire che l'empirico è ciò che a "misura d'uomo" ci permette di sopravvivere, questo lo  si faceva dalla preistoria ad oggi senza necessità di una scienza naturale e fisica.

E ribadisco pure che l'armamentario, gli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica per costruire nozioni, postulazioni, enunciati derivano dalla metafisica antica. Ribadisco la logica non è un animale, non è un minerale e nemmeno un vegetale.


La mia non è un'apologia della metafisica, se l'uomo utilizzasse SOLO  la metafisica così come utilizzasse SOLO  la fisica naturale in tutte e due casi sbaglia. la coscienza deve mediare attraverso la conoscenza i due domini che per me equivalgono al rapporto fra ESSERE ed ESISTENZA, in quanto il primo è deduttivo logicamente, i l secondo è oltre che percezione del sensibile induttivo logicamente.
Se esisite una verità quella non può che essere eterna ed appartiene all'Essere, mentre l'esistenza è iil divenire temporale, ciò che appare e muta, è la nostra condizione fisica/naturale, I

CitazioneA parte la confusione da parte tua di Senofane con Senofonte, non capisco proprio che cosa tu intenda obiettarmi.

Di empirismo e di "armamentario e degli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica" non ho proprio parlato nelle mie precedenti risposte cui qui obietti.
Anch' io ho sempre sostenuto che non ci basta la scienza ma occorra anche la filosofia (e anche la metafisica).

E infatti:


Ma non siamo così distanti, Sgiombo, perchè alcune tue specificazioni rientrano in quello che penso.
Vale quello che ho scritto con Green, forse ci sono malintesi e punti da chiarire.
La razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza, nel contraddittorio dialettico della coscienza che ribadisco vive la difficoltà in termini logici razionali e dall'altra il disagio come difficoltà emotiva.


Hegel nella famosa " Fenomenologia dello spirito" applica il metodo dialettico mediato dalla coscienza, che nella storia diventa o meglio può diventare coscienza sociale. La contraddizione per Hegel è prendere un pensiero astratto, o un fenomeno naturale, e ritenerlo veritativo IN SE' E PER SE',vale adire che un pensiero non è mai verità concettuale se non è relazionato ad esempio a quel fenomeno, e quindi il fenomeno non èmai verità concettuale se preso in sè e per sè senza una logica razionale che lo analizzi.
Quindi quel trasporre per me signifca quando un fenomeno diventa segnico nel linguaggio logico razionale, tutto quì.
Quando avevamo il problemino alle elementari di Pierino che comprava con i soldini, noi trasformavamo un discorso di parole in segni matematici, questo è trasporre. persino un artista, un pittore  traspone una osservazione fisica in impressioni oggetti artistici mediati da una sua tecnica e dalla sua coscienza,

L'uomo prende dalla natura, la usa e la sottomette all'arteficio. Certo che è delirio di onnipotenza, ma le cause sono la contraddizione di cui dicevo prima
CitazioneNon é delirio di onnipotenza, se l' uomo si rende conto dei suoi limiti e in particolare che può "sottomettere la natura all' artifizio" solo adeguandosi alle leggi del divenire naturale per applicarle al conseguimento di scopi realistici a partire dalle condizioni date.


Appunto, Sgiombo, non siamo distanti  su questo argomento, quindi non obbietto, sono solo considerazioni come le tue.

Per me il delirio di onnipotenza nasce da due presupposti, o si è ignoranti da non capire i limiti umani, oppure si è consapevoli dei limiti umani. Il primo ha una buona fede perchè è proprio ignorante, non sa di avere dei limiti; il secondo invece è tipico di coloro che "forzano" la storia, che cinicamente costruiscono culture di costrizioni e sudditanze perchè sanno che l'uomo è limitato, compreso loro ,ma applicano la posizione "naturale" della forza, imponendo il loro modello, prima con le convenzioni intese come sedimentazioni culturali contraddittorie, secondo quando non sono sufficienti con la costrizione della sanzione e della pena, costringendo le vite altrui alla sudditanza, terzo se ancora non servisse con le armi.
Quindi chi non sa di avere dei limiti è in buona fede per ignoranza; chi sa di avere dei limiti e persegue un piano cinico di dominio è un delirante onnipotente perchè vuol sottomettere per i propri privilegi e scopi che non sono certamente umanitari.

Spiego meglio  il sottolineato, così chiarisco il rapporto fra natura e cultura, fra natura e fisicità e diciamo astrazione metafisica.
La cultura non ha superato  le regole e i rapporti di forza che governano le regole ecologiche, i rapporti fra predatori e predati, lo ha semplicemente trasposta, lo ha spostato dentro gli oggetti culturali , i segni  i simboli i significati. 
Vuol dire ,tanto per essere chiari che lo Stato è un'invenzione  a doppio scambio, uno è protettivo come comunità rispetto ad altre comunità, secondo la regola interna è la sublimazione dei rapporti di forza, soprattutto economici, vale a dire la sua base fondatiiva è la pacificazione della conflittualità disarmando il singolo per armare se stesso come Stato e applicare la regola / pena/sanzione.

Tutte le forme culturali e quì sono d'accordo con Green presuppongono la paura di fondo umana, il despota deve imporre la sua forza  imponendosi con la  paura. La democrazia moderna è l'ipocrisia di illudere che si possano cambiare le regole del gioco pacificamente.Nessuna democrazia è mai riuscita a cambiare la forma dei rapporti di forza  ad esempio capitalistici ,tanto per essere chiari, perchè  i contratti le negoziazioni che vanno dai privati ai trattati internazionali rientrano nella grande regola che le strutture mutano  storicamente ma sempre dentro la stessa forma culturale.
Quindi i rapporti di forza animali e le gerarchie dei predatori / predati sono dentro le sublimazioni culturali "pacificate" delle organizzazioni umane:, la trasposizione delle relazioni dal dominio della natura dentro il dominio della cultura.

sgiombo

Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2017, 09:27:12 AM


Appunto, Sgiombo, non siamo distanti  su questo argomento, quindi non obbietto, sono solo considerazioni come le tue.

Per me il delirio di onnipotenza nasce da due presupposti, o si è ignoranti da non capire i limiti umani, oppure si è consapevoli dei limiti umani. Il primo ha una buona fede perchè è proprio ignorante, non sa di avere dei limiti; il secondo invece è tipico di coloro che "forzano" la storia, che cinicamente costruiscono culture di costrizioni e sudditanze perchè sanno che l'uomo è limitato, compreso loro ,ma applicano la posizione "naturale" della forza, imponendo il loro modello, prima con le convenzioni intese come sedimentazioni culturali contraddittorie, secondo quando non sono sufficienti con la costrizione della sanzione e della pena, costringendo le vite altrui alla sudditanza, terzo se ancora non servisse con le armi.
Quindi chi non sa di avere dei limiti è in buona fede per ignoranza; chi sa di avere dei limiti e persegue un piano cinico di dominio è un delirante onnipotente perchè vuol sottomettere per i propri privilegi e scopi che non sono certamente umanitari.

Spiego meglio  il sottolineato, così chiarisco il rapporto fra natura e cultura, fra natura e fisicità e diciamo astrazione metafisica.
La cultura non ha superato  le regole e i rapporti di forza che governano le regole ecologiche, i rapporti fra predatori e predati, lo ha semplicemente trasposta, lo ha spostato dentro gli oggetti culturali , i segni  i simboli i significati.
Vuol dire ,tanto per essere chiari che lo Stato è un'invenzione  a doppio scambio, uno è protettivo come comunità rispetto ad altre comunità, secondo la regola interna è la sublimazione dei rapporti di forza, soprattutto economici, vale a dire la sua base fondatiiva è la pacificazione della conflittualità disarmando il singolo per armare se stesso come Stato e applicare la regola / pena/sanzione.

Tutte le forme culturali e quì sono d'accordo con Green presuppongono la paura di fondo umana, il despota deve imporre la sua forza  imponendosi con la  paura. La democrazia moderna è l'ipocrisia di illudere che si possano cambiare le regole del gioco pacificamente.Nessuna democrazia è mai riuscita a cambiare la forma dei rapporti di forza  ad esempio capitalistici ,tanto per essere chiari, perchè  i contratti le negoziazioni che vanno dai privati ai trattati internazionali rientrano nella grande regola che le strutture mutano  storicamente ma sempre dentro la stessa forma culturale.
Quindi i rapporti di forza animali e le gerarchie dei predatori / predati sono dentro le sublimazioni culturali "pacificate" delle organizzazioni umane:, la trasposizione delle relazioni dal dominio della natura dentro il dominio della cultura.
CitazioneHo capito e sono d' accordo.

Ma il delirio di onnipotenza é superabile da parte dell' umanità?
Da parte di singoli uomini mi sembra pacifico, "sotto gli occhi di tutti".
Da parte dell' umanità complessivamente (cioé in sostanza da parte del potere) é molto più dubbio.
Per parte mia lo ritengo senz' altro possibile in linea di principio: in teoria se é stato possibile a tanti stoici ed epicurei nell' antichità, a San Francesco (per citare un esempio paradigmatico e piuttosto popolare) e a tanti altri più o meno noti più recentemente, allora é possibile per chiunque.
Di fatto mi sembra improbabile (pessimismo della ragione); e comunque é una conditio sìine qua non per la sopravvivenza umana, per evitare la nostra estinzione "prematura e di nostra propria mano" (donde la necessità di aggrapparsi con tute le forze all' ottimismo della volontà e di lottare: fin che c'é vita c'é speranza).

paul11

Sgiombo scrive:
Ma il delirio di onnipotenza é superabile da parte dell' umanità?
Da parte di singoli uomini mi sembra pacifico, "sotto gli occhi di tutti".
Da parte dell' umanità complessivamente (cioé in sostanza da parte del potere) é molto più dubbio.
Per parte mia lo ritengo senz' altro possibile in linea di principio: in teoria se é stato possibile a tanti stoici ed epicurei nell' antichità, a San Francesco (per citare un esempio paradigmatico e piuttosto popolare) e a tanti altri più o meno noti più recentemente, allora é possibile per chiunque.
Di fatto mi sembra improbabile (pessimismo della ragione); e comunque é una conditio sìine qua non per la sopravvivenza umana, per evitare la nostra estinzione "prematura e di nostra propria mano" (donde la necessità di aggrapparsi con tute le forze all' ottimismo della volontà e di lottare: fin che c'é vita c'é speranza).


Il delirio di onnipotenza a mio parere è superabile solo se l'individuo nella sua singolarità non si individualizza, quindi  solo se si sente parte di un insieme sociale, per cui la coscienza individuale diventa sociale.
L'errore è quando  il sociale annichilisce  il singolo individuale e dall'altra quando l'individuo crede solo in se stesso.
In tutte e due casi è contraddittorio perchè sono solo in sè e per sè , l'individuo e la comunità, non sono in relazione.
Invece la mediazione è proprio nell'individuo singolo umano che utilizza le sue facoltà per la comunità e la comunità rende a lui ciò di cui bisogna in senso emotivo, affettivo e materiale. Il sentirsi parte e l'essere gratificati sono nella sfera insopprimibile della nostra umanità.

green demetr

Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2017, 13:33:32 PM
Il delirio di onnipotenza a mio parere è superabile solo se l'individuo nella sua singolarità non si individualizza, quindi  solo se si sente parte di un insieme sociale, per cui la coscienza individuale diventa sociale.
L'errore è quando  il sociale annichilisce  il singolo individuale e dall'altra quando l'individuo crede solo in se stesso.
In tutte e due casi è contraddittorio perchè sono solo in sè e per sè , l'individuo e la comunità, non sono in relazione.
Invece la mediazione è proprio nell'individuo singolo umano che utilizza le sue facoltà per la comunità e la comunità rende a lui ciò di cui bisogna in senso emotivo, affettivo e materiale. Il sentirsi parte e l'essere gratificati sono nella sfera insopprimibile della nostra umanità.

Ma appunto Paul! Ha ragione Sgiombo, è ragionevole pensare che il cambiamento possa esserci.
Sul fatto che sia difficile (o addirittura catastrofico se non rimediato come dice Sgiombo) non deve poi condurre alla posizione paranoica, di accettazione del reale.
(ma poi appunto mica sarà quello il reale!)

A mio parere è vitale conoscere che siamo all'interno del discorso paranoico del nostro tempo.
E quindi dovremo sempre controllare i nostri momenti "down". Perchè ce ne saranno tanti.

Pensiamo a poco dopo l'introduzione delle televisioni, quanto Pasolini fosse disperato.

Ed era solo l'inizio del dominio ideologico contemporaneo....
Appunto armiamoci di coraggio! (almeno intellettuale!  ;) )


Vai avanti tu che mi vien da ridere

anthonyi

Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2017, 02:16:07 AM
cit paul
L'irrazionalità è legata più alla parte psico-emotiva, la razionalità alla ragione all'intellegibilità, al confronto a vivere consapevolmente la contraddizione di una ricerca di una verità, fattibile o utopistica che sia.

Sono d'accordo con quanto scrivi Paul.
Anche se la provocazione di Antony mi è piaciuta.(c'è del vero in quel che dice)

L'unica cosa che correggerei è forse che l'irrazionalità è legata alla parte psicoemotiva che non ha feed-back. Ossia a quell'incapacità di relazione (e quindi di confronto razionale) con un altro essere umano.
Fin tanto che ne facciamo una questione di soli mezzi, e non di sentimenti, non andremo mai oltre la soglia delle semplice promesse.
E quindi la provocazione di Antony sarebbe assai attuale.
La nostra è un epoca che in nome della pace e dell'amore, fa guerra continua e serrata.
(tutto rigorosamente dimostrato).
Poi certo che il papa Francesco mi piace quando comincia a essere scorretto (la critica alla bomba madre americana). 8)

La mia non è una provocazione ma è l'evidenziazione di una semplificazione del ragionamento che porta a rappresentazioni errate. Io la rappresenterei con un'equivalenza:

Razionalità:Irrazionalità=Bene:Male

che ci portiamo indietro dalle origini del pensiero umano, dalla relazione:

Ordine:Caos

Per evidenziare i limiti di questa semplificazione basta notare che la razionalità è uno strumento, il bene è un fine.

sgiombo

Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2017, 13:33:32 PM
Sgiombo scrive:
Ma il delirio di onnipotenza é superabile da parte dell' umanità?
Da parte di singoli uomini mi sembra pacifico, "sotto gli occhi di tutti".
Da parte dell' umanità complessivamente (cioé in sostanza da parte del potere) é molto più dubbio.
Per parte mia lo ritengo senz' altro possibile in linea di principio: in teoria se é stato possibile a tanti stoici ed epicurei nell' antichità, a San Francesco (per citare un esempio paradigmatico e piuttosto popolare) e a tanti altri più o meno noti più recentemente, allora é possibile per chiunque.
Di fatto mi sembra improbabile (pessimismo della ragione); e comunque é una conditio sìine qua non per la sopravvivenza umana, per evitare la nostra estinzione "prematura e di nostra propria mano" (donde la necessità di aggrapparsi con tute le forze all' ottimismo della volontà e di lottare: fin che c'é vita c'é speranza).


Il delirio di onnipotenza a mio parere è superabile solo se l'individuo nella sua singolarità non si individualizza, quindi  solo se si sente parte di un insieme sociale, per cui la coscienza individuale diventa sociale.
L'errore è quando  il sociale annichilisce  il singolo individuale e dall'altra quando l'individuo crede solo in se stesso.
In tutte e due casi è contraddittorio perchè sono solo in sè e per sè , l'individuo e la comunità, non sono in relazione.
Invece la mediazione è proprio nell'individuo singolo umano che utilizza le sue facoltà per la comunità e la comunità rende a lui ciò di cui bisogna in senso emotivo, affettivo e materiale. Il sentirsi parte e l'essere gratificati sono nella sfera insopprimibile della nostra umanità.
CitazioneSecondo me (da convinto seguace del materialismo storico) tutto ciò é realizzabile alla condizione di socializzare la proprietà dei mezzi di produzione.

sgiombo

Citazione di: anthonyi il 08 Maggio 2017, 16:05:01 PM


La mia non è una provocazione ma è l'evidenziazione di una semplificazione del ragionamento che porta a rappresentazioni errate. Io la rappresenterei con un'equivalenza:

Razionalità:Irrazionalità=Bene:Male

che ci portiamo indietro dalle origini del pensiero umano, dalla relazione:

Ordine:Caos

Per evidenziare i limiti di questa semplificazione basta notare che la razionalità è uno strumento, il bene è un fine.
CitazioneConcordo.

Secondo me razionalità e pulsioni irrazionali sono complementari.

E bene e male sono quanto irrazionalmente vine avvertito essere tale (buono o cattivo).

La razionalità può essere considerata "bene" non in assoluto, bensì unicamente in quanto capace di aiutarci a valutare quali insiemi intrinsecamente compatibili di desideri e aspirazioni irrazionali, cioé di scopi, in alternativa a quali altri insiemi intrinsecamente compatibili (essendo invece reciprocamente incompatibili gli uni insiemi complessivi di scopi rispetto agli altri) e attraverso quali mezzi nelle circostanze di fatto date.

Può quindi essere usata per conseguire il massimo bene ovvero il minimo male possibile (ma in teoria anche per evitare il bene e fare del male).

maral

Citazione di: sgiombo il 07 Maggio 2017, 21:59:07 PM
In linea teorica chiunque, sottoponendo a critica razionale le varie "prospettive" (ovviamente non in maniera infallibile ma "salvo errori od omissioni").
Sgiombo, la critica razionale si colloca anch'essa in una visione prospettica, altrimenti non può andare oltre la tautologia, come tu stesso hai in passato osservato. l'ente è sempre l'ente che è, ma cosa è l'ente?

Il confronto con argomentazioni razionale e osservazioni empiriche secondo te è solo della scienza moderna? Prima della visione scientifica l'uomo dunque brancolava nel buio assoluto con qualche rara e del tutto casuale illuminazione? Bè se è così, bisogna dire che queste casuali illuminazioni nelle tenebre onnipervasive della conoscenza hanno funzionato egregiamente dato che l'essere umano è comunque sopravvissuto moltiplicandosi anche a dismisura.

E come si fanno a prendere le osservazioni empiriche senza che esse si presentino come significati? E non è proprio solo quei significati che tra loro si verificano, fissandone alcuni come unità di misura per gli altri? Cos'altro si va a verificare se non l'appropriatezza di un significato rispetto a un modo prestabilito e condiviso di significare? Anche chi contraddice il modo comune di pensare non può farlo in altro modo se non a partire da quel modo comune di pensare.

Sinceramente non ho proprio nessuna constatazione empirica che noi abbiamo imparato di più sulla realtà delle cose, quindi trovo assolutamente controvertibile affermarlo. Abbiamo imparato invece qualcosa di diverso che ha sostituito quello che si pensava prima e ci consente ora di vivere, al netto delle evidenti inadeguatezze che mostra la nostra attuale visione del mondo, ma non penso affatto che siamo più "realistici" rispetto ai tempi passati o che la sappiamo molto più lunga sulla realtà. Ognuno sa nella misura in cui sa vivere nei significati che gli presenta il suo mondo, secondo i modi in cui agisce e gli strumenti che usa e in rapporto a questo mondo verifica gli effetti del suo fare nei significati che facendo gli si presentano. Vale per noi come per gli antichi Egizi o per un indigeno che sa vivere perfettamente nel suo mondo con tutte le prospettive che gli sono necessarie per starci, finché non arriviamo noi a distruggerglielo per trasformarlo, bypassando tranquillamente millenni di storia, nel nostro mondo, a cui lui ovviamente non è per nulla adeguato. Questo saper funzionare in risonanza significante con il mondo in cui ci si trova a esistere è a mio avviso l'unico modo di essere realistici, non certo credere di arrivare a poter dire cos'è davvero la realtà, che è invece un sognare. Poi tutti più o meno sogniamo e pensiamo che i nostri sogni siano la realtà, l'importante è che i sogni possano funzionare. Quelli attuali funzionano? Temo, nonostante tutta la scienza, tragicamente poco. Non sarà che siamo poco realistici?

CitazioneCiò che é "franato" delle conoscenze (pre- e proto-) scientifiche degli antichi Egizi, e ciò che "franerà" delle conoscenze scientifiche attuali sono solo determinati elementi di falsità, superati da maggiori (ma pur sempre relative, limitate) acquisizioni di verità, le quali non negano integralmente e in assoluto le conoscenze scientifiche precedenti, ma le superano dialetticamente, sviluppandone e incrementandone gli elementi di verità.
Quali sono gli "elementi di verità"? C'è una tavola come per gli elementi chimici?
I dati di fatto? Ma i dati di fatto non sono altro che qualcosa che significa "dato di fatto" alla luce delle nostre mappature procedurali prestabilite e che variano da epoca a epoca, senza che vi sia un'epoca che stia sopra a tutte le altre a guardarle dall'alto in basso in nome della sua superiore conoscenza e scienza.

CitazioneOvviamente tutto ciò che diciamo lo diciamo mediante il linguaggio (compreso il linguaggio dei chimici, costituito in buona parte di formule chimiche).
Sì ma anche una formula chimica non significa nulla se non passa attraverso un senso comune, magari finendo poi con il modificarlo, è nel linguaggio comune che va cercato il mistero del significato con cui le cose vengono a rappresentarsi rappresentandoci a noi stessi.

maral

Citazione di: paul11La razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza
Direi che sono strettamente necessarie l'una all'altra, come lo sono ignoranza e conoscenza: conosciamo in virtù della nostra ignoranza e ignoriamo in virtù della nostra conoscenza.

Citazione di: anthonyiRazionalità:Irrazionalità=Bene:Male

che ci portiamo indietro dalle origini del pensiero umano, dalla relazione:

Ordine:Caos
Non direi che la razionalità o l'irrazionalità siano da leggere in termini di proporzionalità con bene e male. Direi piuttosto che il bene accade quando si sa dosare in modo appropriato la razionalità con l'irrazionalità che ne è alla radice, quando la razionalità riesce a comprendere l'irrazionalità e riesce a salvaguardarla secondo equilibrio.
Lo stesso vale per ordine e caos, in fondo è il caos la matrice di ogni ordine ed è dove ogni ordine, anche il più rigoroso, inevitabilmente finisce.

Sariputra

Citazione da: paul11
CitazioneLa razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza

Direi che sono strettamente necessarie l'una all'altra, come lo sono ignoranza e conoscenza: conosciamo in virtù della nostra ignoranza e ignoriamo in virtù della nostra conoscenza.

Se devo scegliere chi mi deve estrarre un dente dolorante è razionale servirsi dell'operato di un (bravo) dentista. Se però devo lasciar spazio agli aneliti dell'amore è più opportuno, a volte, lasciar corso ad una certa dose ( non eccessiva) d'irrazionalità. Pertanto noi tutti possiamo, in un certo senso, definirci anche come 'figli dell'irrazionale' e difatti nell'irrazionale albergano i sentimenti poetici e artistici del pensiero umano. L'irrazionale sa essere molto fecondo e vitale. Se potessimo definirlo con una sensazione, potremmo definire l'irrazionale come 'caldo' ( come un utero) e il razionale come 'freddo'. Per comprendere la realtà che ci circonda e chi siamo ci affidiamo al razionale, ma questo bisogno di conoscere è (anche) irrazionale. Infatti, togliendo 'calore' alla vita, mi sembra, consegna la nostra vitalità profonda ad una 'freddezza' istruita ma non scevra di sofferenza, perché la conoscenza razionale non toglie sofferenza all'umana vicenda ( ma certo la toglie alla gengiva priva del dente malato estratto...), cosa che a volte  può fare ( temporaneamente) un credo irrazionale. E' tutto da dimostrare che l'uomo 'razionale' sia meno soggetto al dolore e all'insoddisfazione del vivere rispetto all'irrazionale 'credulone'. E siccome il destino per i due tipi è comune ( una fossa e famelici vermi...) ecco che il tipo razionale parrebbe irrazionale nel non cedere alla magia seduttiva dell'irrazionalità e all'oblio che questa può donare, come il piacere che si prova nel gettarsi alle spalle la ragione e sprofondare nel sogno, con la stanchezza della sera...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

maral

Eppure, Sariputra, penso che anche l'uomo più irrazionale andrebbe da un bravo dentista (a meno di non essere un masochista naturalmente). Il fatto è che non penso che la scelta di evitare il dolore (e quindi colui che può arrecarlo) sia propriamente razionale o irrazionale, ma piuttosto appartenga alla dimensione primaria della vita, lo si fa comunque. Anche un bruco si ritrae davanti a ciò che lo punge e impara a evitarlo e non per questo lo fa perché considera la cosa razionale.  :)

paul11

#266
Citazione di: maral il 08 Maggio 2017, 23:41:31 PM
CitazioneLa razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza
Direi che sono strettamente necessarie l'una all'altra, come lo sono ignoranza e conoscenza: conosciamo in virtù della nostra ignoranza e ignoriamo in virtù della nostra conoscenza.

CitazioneRazionalità:Irrazionalità=Bene:Male

che ci portiamo indietro dalle origini del pensiero umano, dalla relazione:

Ordine:Caos
Non direi che la razionalità o l'irrazionalità siano da leggere in termini di proporzionalità con bene e male. Direi piuttosto che il bene accade quando si sa dosare in modo appropriato la razionalità con l'irrazionalità che ne è alla radice, quando la razionalità riesce a comprendere l'irrazionalità e riesce a salvaguardarla secondo equilibrio.
Lo stesso vale per ordine e caos, in fondo è il caos la matrice di ogni ordine ed è dove ogni ordine, anche il più rigoroso, inevitabilmente finisce.
Sì, sei vicino a come la penso.
Direi che la razionalità stabilisce una verità logica, l'irrazionale il contrario. Se ne desume che la razionalità è una costruzione di una conoscenza attraverso analisi e sintesi, mentre l'irrazionalità rimane ignoranza, quindi ancora da conoscere.
Non penso che vi sia il caos, penso vi sia un ordine.per cui il caos è ciò che rappresenta ancora la nostra ignoranza da svelare con la conoscenza .
Quindi dedurrei che il caos rappresentando ciò che ignoriamo non siamo ancora riusciti a costruirne un ordine razionale attrraverso un ragionamento logico .
Specifico meglio quando lego l'irrazionalità alla sfera psico emotiva. E' quando pensiamo di aver stabilito una verità seguendo solo l'emotività.
Non considero quindi affatto i sentimenti come irrazionali, ma devono essere guidati dalla ragione, temperati, equilibrati; perchè ila sfera emotiva è quella motivazionale e quindi ci spinge a conoscere. In fondo l'amore è una forma di conoscenza.

C'è del vero Sariputra in quel che scrivi, ma proprio perchè l'amore, che è il sentimento per eccellenza è una forma di com-prensione e noi abbiamo necessità di comprendere e di essere compresi con i nostri simili:è molto importante .
Quindi sono d'accordo nella metafora che la razionalità da sola sarebbe "fredda",ha bisogno a sua volta della sfera emotiva, di calore umano:
un equilibrio.

Sariputra

#267
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 00:48:41 AMEppure, Sariputra, penso che anche l'uomo più irrazionale andrebbe da un bravo dentista (a meno di non essere un masochista naturalmente). Il fatto è che non penso che la scelta di evitare il dolore (e quindi colui che può arrecarlo) sia propriamente razionale o irrazionale, ma piuttosto appartenga alla dimensione primaria della vita, lo si fa comunque. Anche un bruco si ritrae davanti a ciò che lo punge e impara a evitarlo e non per questo lo fa perché considera la cosa razionale. :)

Infatti ho scritto che è razionale affidarsi al dentista. Ma la mia voleva essere una critica alla generale considerazione che la dimensione razionale della mente umana sia 'superiore' a quella irrazionale, quando questo concetto è valido in determinati 'regni' ( come la scelta di un buon dottore) , ma non sempre in altri ( come l'irrazionale preferenza per un amore rispetto ad un altro o in una passione rispetta ad un'altra...). Non si dovrebbe rigettare, a parer mio, nessuna delle due caratteristiche dell'essere umano, avendo ben chiara ( e questa è una valutazione razionale) la rispettiva forza nei rispettivi ambiti ( di conoscenza empirica e non solo la prima , d'abbandono istintivo e  amoroso la seconda).
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

maral

#268
Vedo che tutti siamo più o meno d'accordo sulla necessità di trovare un equilibrio tra razionale e irrazionale. Però da inveterato provocatore mi viene da pensare che questo equilibrio non è semplicemente il razionale a stabilirlo. Ossia non è con un calcolo razionale dei pro e dei contro che lo si riesce a determinare. Credo sia piuttosto attraverso una riflessione su di sé acquisita con un attento e paziente esercizio di automodulazione in cui l'aspetto mentale razionale è solo uno dei fattori in gioco.
Si tratta forse di arrivare a conoscere la propria irrazionalità e quindi a comprenderla razionalmente per vedere come essa alla fine comprenda sempre la razionalità che la conosce.

sgiombo

#269
Citazione di: maral il 08 Maggio 2017, 23:20:57 PM


Il confronto con argomentazioni razionale e osservazioni empiriche secondo te è solo della scienza moderna? Prima della visione scientifica l'uomo dunque brancolava nel buio assoluto con qualche rara e del tutto casuale illuminazione? Bè se è così, bisogna dire che queste casuali illuminazioni nelle tenebre onnipervasive della conoscenza hanno funzionato egregiamente dato che l'essere umano è comunque sopravvissuto moltiplicandosi anche a dismisura.
CitazioneQuesta domanda (e questa conclusione condizionale) francamente mi stupisce.

Mi sembra infatti del tutto evidente e inequivocabile che ho sempre considerato la razionalità ben più estesa della scienza, comprendendo anche la filosofia, le cosiddette "scienze umane", aspetti del senso comune e delle concezioni pre- e proto- scientifiche (compresi alcuni limitati aspetti più o meno elementarmente empirici delle medicine degli stregoni e degli sciamani e di quelle degli antichi Egizi, nonché probabilmente altro).


E come si fanno a prendere le osservazioni empiriche senza che esse si presentino come significati? E non è proprio solo quei significati che tra loro si verificano, fissandone alcuni come unità di misura per gli altri? Cos'altro si va a verificare se non l'appropriatezza di un significato rispetto a un modo prestabilito e condiviso di significare? Anche chi contraddice il modo comune di pensare non può farlo in altro modo se non a partire da quel modo comune di pensare.
CitazioneAnche tu mi fai veramente disperare (a questo proposito siamo proprio pari)!
Quante volte ho scritto a chiarissime lettere che a significare non sono in generale le osservazioni empiriche bensì (i concetti costituenti i) i pensieri, i predicati circa le osservazioni empiriche (mediante i quali le si conoscono; ivi compresi i predicati delle verifiche empiriche, sperimentali delle scienze)?


Sinceramente non ho proprio nessuna constatazione empirica che noi abbiamo imparato di più sulla realtà delle cose, quindi trovo assolutamente controvertibile affermarlo. Abbiamo imparato invece qualcosa di diverso che ha sostituito quello che si pensava prima e ci consente ora di vivere, al netto delle evidenti inadeguatezze che mostra la nostra attuale visione del mondo, ma non penso affatto che siamo più "realistici" rispetto ai tempi passati o che la sappiamo molto più lunga sulla realtà. Ognuno sa nella misura in cui sa vivere nei significati che gli presenta il suo mondo, secondo i modi in cui agisce e gli strumenti che usa e in rapporto a questo mondo verifica gli effetti del suo fare nei significati che facendo gli si presentano. Vale per noi come per gli antichi Egizi o per un indigeno che sa vivere perfettamente nel suo mondo con tutte le prospettive che gli sono necessarie per starci, finché non arriviamo noi a distruggerglielo per trasformarlo, bypassando tranquillamente millenni di storia, nel nostro mondo, a cui lui ovviamente non è per nulla adeguato. Questo saper funzionare in risonanza significante con il mondo in cui ci si trova a esistere è a mio avviso l'unico modo di essere realistici, non certo credere di arrivare a poter dire cos'è davvero la realtà, che è invece un sognare. Poi tutti più o meno sogniamo e pensiamo che i nostri sogni siano la realtà, l'importante è che i sogni possano funzionare. Quelli attuali funzionano? Temo, nonostante tutta la scienza, tragicamente poco. Non sarà che siamo poco realistici?
CitazioneIl progresso tendenziale delle conoscenze scientifiche (non lineare e ininterrotto) è un tendenziale miglioramento quantitativo e qualitativo delle nostre conoscenze scientifiche (della loro verità); che implica anche il superamento di credenze errate e false..
Cercare di distinguere in proposito fra qualità e quantità mi sembra decisamente una questione di lana caprina, un ozioso (in senso deteriore) cercare il pelo nell' uovo.
Poiché ancora continui a sostenere che la scienza moderna non ci dice (non consce) più e meglio la verità sul mondo naturale – materiale di quella per esempio degli antichi Egizi (per non parlare di peggio; "peggio" in senso negativo: meno bene di...), che saper funzionare in risonanza significante con il mondo in cui ci si trova a esistere è a tuo avviso l'unico modo di essere realistici, non certo credere di arrivare a poter dire cos'è davvero la realtà, che è invece un sognare, non posso che considerarti un "caso disperato" (dal mio punto di vista, ovviamente) e desistere dal cercare inutilmente di fartelo capire.

Quella delle malefatte e dei crimini contro l' umanità dell' imperialismo occidentale é un' altra questione.
E comunque essi fra l' altro si sono potuti perpetrare proprio anche e soprattutto grazie alla migliore-maggiore conoscenza (scientifica) del mondo materiale naturale di cui l' imperialismo stesso dispone rispetto alle sue vittime, per quanto ineluttabilmente limitata e relativa essa sia.



CitazioneCiò che é "franato" delle conoscenze (pre- e proto-) scientifiche degli antichi Egizi, e ciò che "franerà" delle conoscenze scientifiche attuali sono solo determinati elementi di falsità, superati da maggiori (ma pur sempre relative, limitate) acquisizioni di verità, le quali non negano integralmente e in assoluto le conoscenze scientifiche precedenti, ma le superano dialetticamente, sviluppandone e incrementandone gli elementi di verità.
Quali sono gli "elementi di verità"? C'è una tavola come per gli elementi chimici?
I dati di fatto? Ma i dati di fatto non sono altro che qualcosa che significa "dato di fatto" alla luce delle nostre mappature procedurali prestabilite e che variano da epoca a epoca, senza che vi sia un'epoca che stia sopra a tutte le altre a guardarle dall'alto in basso in nome della sua superiore conoscenza e scienza.
CitazioneNo, c' è una sterminata bibliografia di scritti che parlano veracemente (in misura limitata, relativa) dei dati di fatto, rilevati e sottoposti al cimento sperimentale attraverso le procedure scientifiche, che tendono (non linearmente ed ininterrottamente)  a migliorare di epoca in epoca, cosicché in linea di massima (=nel lungo periodo e salvo eccezioni che confermano la regola) le epoche successive tendono a disporre di più conoscenza vera delle precedenti.

CitazioneOvviamente tutto ciò che diciamo lo diciamo mediante il linguaggio (compreso il linguaggio dei chimici, costituito in buona parte di formule chimiche).
Sì ma anche una formula chimica non significa nulla se non passa attraverso un senso comune, magari finendo poi con il modificarlo, è nel linguaggio comune che va cercato il mistero del significato con cui le cose vengono a rappresentarsi rappresentandoci a noi stessi.
CitazioneNon vedo proprio alcun mistero nell' ovvia "continuità semantica" fra linguaggio specialistico scientifico più o meno rigorosamente formalizzato e linguaggio comune, nella traducibilità (e in un certo senso nella necessità di tradurre) l' uno nell' altro.