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Che è l'uomo?

Aperto da maral, 15 Aprile 2017, 10:49:56 AM

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Phil

Citazione di: paul11 il 04 Maggio 2017, 14:25:09 PM
In questo tempo che si dichiara materiale, non c'è mai stata più metafisica dal Novecento in poi più ancora dell'antichità.[...]
In questo tempo nulla è più immaginifico e privo di materialità come oggetti, nomi, definizioni che sono invenzioni tipicamente e solo umane. [...]
Pensateci bene  e riflettete, la storia dell'uomo non è mai stata così metafisica come oggi. Perchè persino denaro, bancomat, bonifico, Stato, sovranità, sono tutti termini metafisici,non appartengono alla fisicità,alla natura  tanto da essere convenzioni e quindi linguistiche, comunicative.
Sul rapporto metafisica/attualità sarei cauto e disambiguerei cosa si intende per "metafisica": in senso filosofico, correggetemi se sbaglio, la meta-fisica non è banalmente tutto ciò che è oltre il mondo fisico, come una semplice astrazione (non a caso, la filosofia del linguaggio, che si nutre di astrazioni, tassonomie e immaterialità, non è generalmente considerata una forma di metafisica); solitamente la metafisica, in senso classico, è intesa, se non erro, come la ricerca/studio di ciò che fonda/governa il mondo fisico, la posta in gioco non è quindi solo staccarsi dal reale (e qui entrano in gioco le categorie, le essenze, i trascendentali, la "differenza ontologica" più altre parole con iniziali maiuscole...). Per cui, oggi, la metafisica filosoficamente intesa, non mi sembra sia pervasiva e pulsante come nel millennio scorso, perchè i dizionari dei filosofi (e, con il consueto ritardo storico, quelli del senso comune) stanno ancora (da sempre) cambiando, alcune parole diventano desuete, altre se ne aggiungono, altre diventano più problematiche, etc..
Se invece intendiamo la metafisica semplicisticamente come "tutto ciò che non è fisico", prescindendo dal suo posizionamento in una ricerca al contempo "archè-ologica" e teleologica, allora nel momento in cui penso alla lista della spesa sto facendo metafisica, ma credo che Aristotele non sarebbe troppo d'accordo  ;D

Citazione di: paul11 il 04 Maggio 2017, 14:25:09 PM
Dalle scienze naturali e fisiche che sono andate oltre il limite del dimostrabile rappresentando e modellando le forme della conoscenza negli schemi logici, nei calcoli, nei diagrammi, dalle comunicazioni all'informatica fino al cyber spazio, il mondo è bit, è pixel, è olistico, è persin globale.
Anche per quanto riguarda l'intangibile evanescenza del virtuale informatico non lo accosterei alla metafisica, né per portata filosofica (non c'è minima ambizione veritativa/ermeneutica, ma solo tecnologia finalizzata ad intrattenimento, condizionamento o marketing), né per superamento della fisicità: l'ancora del virtuale è saldamente incastonata nella materialità, nella sua stessa condizione di possibilità "fungente", ovvero nella materia tangibile dei server, delle antenne, dei computer, dei cavi etc. ciò che questa tecnologia proietta sembra essere intangibile e letteralmente mata-fisico, ma solo perché viene visualizzato su quella "retina secondaria" che ormai sono i monitor (si potrebbe quasi riattualizzare la famigerata caverna platonica sostituendola con un maxischermo computerizzato, e forse il succo del discorso non cambierebbe di molto... magari si (r)aggiungerebbe un effetto ottico di mise-en-abime).

Con ciò non voglio affatto sostenere che la metafisica sia oggettivamente "scaduta": oggi si può anche essere metafisici, ma direi che prima del novecento era difficile non esserlo...


Citazione di: anthonyi il 06 Maggio 2017, 18:58:24 PM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
....Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana

p.s. bentornata Gyta

Ne sei proprio convinto? Secondo me può essere l'esatto contrario. Supponi un mondo dove tutti gli individui hanno irrazionalmente fede in un'unica religione che parla di pace e di amore, sarebbe un mondo irrazionalmente pacifico e unito.
Supponi un mondo di individui perfettamente razionali ma con obiettivi conflittuali l'uno con l'altro, sarebbe un mondo di continue guerre.
Penso anch'io che non sia tanto una questione di razionalità in sé, ma delle (talvolta) contrastanti finalità a cui le differenti razionalità (al plurale) vengono rivolte... la differenza fra la razionalità del calcolo matematico (universalmente accettata) e quella del ragionamento umano (fatto da mille prospettive/finalità differenti, ma non per questo irrazionali) direi che viene a galla proprio pensando alla storia dell'uomo, all'etica, etc.

paul11

Citazione di: anthonyi il 06 Maggio 2017, 18:58:24 PM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
....Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana

p.s. bentornata Gyta

Ne sei proprio convinto? Secondo me può essere l'esatto contrario. Supponi un mondo dove tutti gli individui hanno irrazionalmente fede in un'unica religione che parla di pace e di amore, sarebbe un mondo irrazionalmente pacifico e unito.
Supponi un mondo di individui perfettamente razionali ma con obiettivi conflittuali l'uno con l'altro, sarebbe un mondo di continue guerre.
per quanto si possa soggiogare un popolo seppur per uno scopo umanitario come la pace e l'amore  con l'irrazionalità emergerà pur sempre una contraddizione logica a cui l'ìuomo razionale tende, .
Comunque ,per chiarire, non è che la razionalità sia di per sè vincente, se lo fosse non esisterebbe ad esempio  la pubblicità . il populismo sciatto e meschino, che mirano più che alla ragione ad aspetti emotivi,ma penso che ciò che è Cultura debba necessariamente avere un fondo razionale.
L'irrazionalità è legata più alla parte psico-emotiva, la razionalità alla ragione all'intellegibilità, al confronto a vivere consapevolmente la contraddizione di una ricerca di una verità, fattibile o utopistica che sia.

la conflittualità vive sempre su un momento contraddittorio, dove il contenzioso è "forzato" razionalmente, perchè non è possible che entrambi i contendenti abbiano ragione .Un giudice non può mai dichiarare una "patta".

paul11

Citazione di: Phil il 06 Maggio 2017, 19:26:01 PM
Citazione di: paul11 il 04 Maggio 2017, 14:25:09 PM
In questo tempo che si dichiara materiale, non c'è mai stata più metafisica dal Novecento in poi più ancora dell'antichità.[...]
In questo tempo nulla è più immaginifico e privo di materialità come oggetti, nomi, definizioni che sono invenzioni tipicamente e solo umane. [...]
Pensateci bene  e riflettete, la storia dell'uomo non è mai stata così metafisica come oggi. Perchè persino denaro, bancomat, bonifico, Stato, sovranità, sono tutti termini metafisici,non appartengono alla fisicità,alla natura  tanto da essere convenzioni e quindi linguistiche, comunicative.
Sul rapporto metafisica/attualità sarei cauto e disambiguerei cosa si intende per "metafisica": in senso filosofico, correggetemi se sbaglio, la meta-fisica non è banalmente tutto ciò che è oltre il mondo fisico, come una semplice astrazione (non a caso, la filosofia del linguaggio, che si nutre di astrazioni, tassonomie e immaterialità, non è generalmente considerata una forma di metafisica); solitamente la metafisica, in senso classico, è intesa, se non erro, come la ricerca/studio di ciò che fonda/governa il mondo fisico, la posta in gioco non è quindi solo staccarsi dal reale (e qui entrano in gioco le categorie, le essenze, i trascendentali, la "differenza ontologica" più altre parole con iniziali maiuscole...). Per cui, oggi, la metafisica filosoficamente intesa, non mi sembra sia pervasiva e pulsante come nel millennio scorso, perchè i dizionari dei filosofi (e, con il consueto ritardo storico, quelli del senso comune) stanno ancora (da sempre) cambiando, alcune parole diventano desuete, altre se ne aggiungono, altre diventano più problematiche, etc..
Se invece intendiamo la metafisica semplicisticamente come "tutto ciò che non è fisico", prescindendo dal suo posizionamento in una ricerca al contempo "archè-ologica" e teleologica, allora nel momento in cui penso alla lista della spesa sto facendo metafisica, ma credo che Aristotele non sarebbe troppo d'accordo  ;D

Citazione di: paul11 il 04 Maggio 2017, 14:25:09 PM
Dalle scienze naturali e fisiche che sono andate oltre il limite del dimostrabile rappresentando e modellando le forme della conoscenza negli schemi logici, nei calcoli, nei diagrammi, dalle comunicazioni all'informatica fino al cyber spazio, il mondo è bit, è pixel, è olistico, è persin globale.
Anche per quanto riguarda l'intangibile evanescenza del virtuale informatico non lo accosterei alla metafisica, né per portata filosofica (non c'è minima ambizione veritativa/ermeneutica, ma solo tecnologia finalizzata ad intrattenimento, condizionamento o marketing), né per superamento della fisicità: l'ancora del virtuale è saldamente incastonata nella materialità, nella sua stessa condizione di possibilità "fungente", ovvero nella materia tangibile dei server, delle antenne, dei computer, dei cavi etc. ciò che questa tecnologia proietta sembra essere intangibile e letteralmente mata-fisico, ma solo perché viene visualizzato su quella "retina secondaria" che ormai sono i monitor (si potrebbe quasi riattualizzare la famigerata caverna platonica sostituendola con un maxischermo computerizzato, e forse il succo del discorso non cambierebbe di molto... magari si (r)aggiungerebbe un effetto ottico di mise-en-abime).

Con ciò non voglio affatto sostenere che la metafisica sia oggettivamente "scaduta": oggi si può anche essere metafisici, ma direi che prima del novecento era difficile non esserlo...


Citazione di: anthonyi il 06 Maggio 2017, 18:58:24 PM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
....Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana

p.s. bentornata Gyta

Ne sei proprio convinto? Secondo me può essere l'esatto contrario. Supponi un mondo dove tutti gli individui hanno irrazionalmente fede in un'unica religione che parla di pace e di amore, sarebbe un mondo irrazionalmente pacifico e unito.
Supponi un mondo di individui perfettamente razionali ma con obiettivi conflittuali l'uno con l'altro, sarebbe un mondo di continue guerre.
Penso anch'io che non sia tanto una questione di razionalità in sé, ma delle (talvolta) contrastanti finalità a cui le differenti razionalità (al plurale) vengono rivolte... la differenza fra la razionalità del calcolo matematico (universalmente accettata) e quella del ragionamento umano (fatto da mille prospettive/finalità differenti, ma non per questo irrazionali) direi che viene a galla proprio pensando alla storia dell'uomo, all'etica, etc.
Se Platone fu un metafisica si dimentica allora che pone una soggettiva.Significa che la metafisica non è solo ontologia, non sono solo oggetti degli enti, ma pone il soggetto agente conoscitivo:l'uomo.

E' l'uomo il mediatore fra natura e cultura, fra razionale e irrazionale e su se stessoo che esercita la contraddizione di una ricerca di una verità, ribadisco fattibile o utopistica, dipende dal proprio punto di vista, dalle proprie forme gerarchico-concettuali.

La civiltà ,se ne vediamo il cammino se vediamo le metropoli moderne è sempre più artefatto, artificiale, produzione dell'uomo e sempre meno della natura. Noi alteriamo i cili della natura dentro una serra, l'industria è tutto arteficio, i concetti giuridici sono tutti artetefatti.

Ora se il "concreto" o "reale" fosse il mondo naturale e fiscio noi ci allontaniamo sempre più pur facendo parte biologicamente, ma noi alteriamo il bios, lavoriamo sul dna, parliamo di eutanasia, perchè vogliamo uscire dalla schiavitù temporale del ciclo della vita, non accettando la condizione di un inizio e di una fine. E' accaduto quindi che a differenza di quanto si creda, i concetti astratti hanno modificato la realtà del concreto, sono entrati nel governo della civiltà e questo pardossalmente è compiuto tanto più si è "materialisti".

Mia nonna guardò il cielo stellato in un agosto di parecchi anni fa e disse che non era possible che l'uomo fosse andato sulla Luna.
Lo scopritore dei buchi neri in una intervista di parecchi anni fa, che penso sia negli archivi Rai,, disse che inon era più concepile l'astrofisica secondo il metro del sensibile, dell percezioni sensitive, perchè quella realtà fisca andava oltre il senso comune di come funzionano le cose, di una fenomenologia, diciamo così convenzionale.. Significa perdere il "metro". Il denaro elettronico fa perdere il metro del  rapporto .natura/moneta. Tutto questo disorienta l'uomo nella postmodernità, si perde in una complessità specialistica basata sulla divisione della conoscenza oltre a quella del lavoro, per cui abbiamo e avremo sempre più bisogno di specialisti per ogni tipo di problema, ma ancora porterà a sempre più individualizzazione dove la comunicazione sarà sempre più difficoltosa e piena di luoghi comuni emotivi.
Perchè sarà sempre più difficile codiifcare  e decodificare l'astratto dal reale per il non specialista, che invece sono connaturali negli oggetti, nelle parole della civiltà.

La dimostrazione è che un tempo l'esperienza era tutto, oggi la conoscenza è obsoleta senza continui aggiornamenti.
L'uomo anziano era la sedimentazione della saggezza e quindi del rispetto, oggi è un peso oggi è un "vecchio".

green demetr

#243
cit paul
L'irrazionalità è legata più alla parte psico-emotiva, la razionalità alla ragione all'intellegibilità, al confronto a vivere consapevolmente la contraddizione di una ricerca di una verità, fattibile o utopistica che sia.

Sono d'accordo con quanto scrivi Paul.
Anche se la provocazione di Antony mi è piaciuta.(c'è del vero in quel che dice)

L'unica cosa che correggerei è forse che l'irrazionalità è legata alla parte psicoemotiva che non ha feed-back. Ossia a quell'incapacità di relazione (e quindi di confronto razionale) con un altro essere umano.
Fin tanto che ne facciamo una questione di soli mezzi, e non di sentimenti, non andremo mai oltre la soglia delle semplice promesse.
E quindi la provocazione di Antony sarebbe assai attuale.
La nostra è un epoca che in nome della pace e dell'amore, fa guerra continua e serrata.
(tutto rigorosamente dimostrato).
Poi certo che il papa Francesco mi piace quando comincia a essere scorretto (la critica alla bomba madre americana). 8)


Vai avanti tu che mi vien da ridere

sgiombo

Citazione di: maral il 06 Maggio 2017, 14:37:28 PM
Certamente i miti dei popoli primitivi sono molto diversamente veri dalla scienza moderna, ma in minor misura solo dal punto di vista della scienza moderna appunto, che, come tu stesso dici, non aderisce alla realtà delle cose fino ad essere lo stesso con esse, con la realtà stessa. Se tu ammetti questo (e mi pare che lo ammetti), puoi anche vedere che miti e scienza moderna sono due modi diversi con cui la realtà risuona in noi facendosi discorsi diversamente significanti, ma senza preminenze (quello che ho indicato come "gerarchie"), perché se collochiamo la scienza moderna in una posizione preminente sul significato delle cose, dovremmo essere in una posizione neutra rispetto sia al mito che alla scienza, ma così non è, l'osservatore è sempre in una posizione, dunque gode di una prospettiva di parte e la parte in cui ci troviamo oggi è quella della scienza, non perché siamo tutti scienziati, lo sono pochissimi e anche quei pochissimi lo sono in termini estremamente limitati e specialistici, ma perché il nostro modo di cogliere le cose è nel significato di questa prospettiva che vanifica quella del mito.
In altre parole e come dici, ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa, ma noi non siamo sempre in una forma di sapere che è una visione del mondo ed è a partire da questa che giudichiamo le altre rispetto alla nostra che assumiamo come unità di misura valida per tutti, poiché si dà tra noi come condivisibile. E solo in questa condivisibilità soggettiva e delimitata sta ciò che ritieniamo oggettivamente valido, dunque "normale" (ossia secondo norma, ove la "norma" un tempo indicava una specie di squadra che serviva a misurare se l'angolo di costruzione era o meno retto).
Per questo non è che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà secondo una visione positivistica e a mio avviso molto ingenua del sapere, ma piuttosto che in ogni tempo si praticano le esperienze di quel tempo ("Esse est percipi", ma ancor più l'essere è fare, ossia ci rimbalza come significato dal diverso fare proprio di ogni tempo) e in quelle esperienze si stabilisce un senso retto (quindi normale) prt quel contesto. E proprio perché vivo in questo contesto posso dire pure queste cose, non potrei dirle se vivessi nell'Egitto dei Faraoni o ai tempi di Carlo Magno o in un villaggio del Neolitico. E' la lunga esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere, per come oggi lo percepisco che mi dice questo e mi permette di vedere che ogni preminenza gerarchica di una forma di sapere sull'altra è solo una superstizione. Ma nello stesso tempo mi permette di pensare che ogni sapere nel suo errare è sempre in un cammino di verità, nel suo errare è sempre una parzialità in atto della realtà.
Se è così allora la verità non sta nell'avvicinarsi fino ad aderire alla realtà in sé delle cose, ma nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità e riconosce se stessa vera in ciò che concretamente sa fare, pensare e dire e misura la propria giustezza nella propria postura lungo il percorso che la trasforma. E questo significa a mio avviso oggi farsi filosofi: trovare se stessi nel mondo e in rapporto al mondo in cui si esiste   facendo e pensando insieme con i suoi co-abitanti e per come le nostre pratiche ci permettono di fare e pensare. Sono le cose stesse che maneggiamo che ci parlano e ci ispirano i significati con cui evocarle, non siamo noi ad attribuirglieli ad esse arbitrariamente o casualmente, come da sopra.
Nulla è un puro oggetto passivo che assume forma secondo il nostro progetto, è esso stesso a determinare, con il significato, il nostro stesso progetto, ma un significato è solo un modo della cosa per farci segno e lasciare un segno.

CitazioneIl fatto che la conoscenza scientifica propria della scienza moderna si "altra cosa" alla realtà materiale naturale che né oggetto (cosa che non ammetto affatto, ma ho sempre sostenuto a chiarissime lettere!) non significa affatto che sia equiparabile alle antiche mitologia quanto a verità:
 
 
conoscenza vera =/= onniscienza
 
e a maggior ragione:
 
conoscenza vera =/= realtà veracemente conosciuta.
 
 
 
 
L' osservatore è sempre in una determinata posizione, ma ciò non implica che una prospettiva vale l' altra!
Un conto è vedere una montagna in una giornata nuvolosa in cui è in gran parte coperta da ammassi di vapore acqueo, un conto è vederla in una giornata luminosa e serena; un conto è vedere il Monte Bianco dalla cima del Gran Paradiso, un conto vederlo da Aosta.
 
 
 
 
Che (ovviamente!) ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa non significa, non implica affatto che la credibilità, e men che meno la verità (limitata e relativa) di ciascuna di esse dipenda dalla sua condivisibilità soggettiva, né che sia pari fra tutte.
 
 
 
 
Che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà (tendenzialmente e considerando periodi abbastanza lunghi, non in maniera lineare costante: la storia in generale, e anche la storia della scienze in particolare, conosce anche fasi di stagnazione e di regresso) non è affatto una visione positivistica molto ingenua del sapere, bensì un dato di fatto.
Anche se è pur vero (ma non v' è alcuna contraddizione in questo!) che in ogni tempo si praticano le esperienze di quel tempo ("Esse est percipi", ma ancor più l'essere è fare, ossia ci -per dirlo metaforicamente- rimbalza come significato dal diverso fare proprio di ogni tempo.
 
 
 
 
Non vedo alcuna "esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere" scientifico, ma invece periodi di aumento del sapere alternati a periodi di stasi e a periodi di diminuzione (perdita di conoscenze), e in tempi lunghi una tendenza complessiva all' incremento.
 
 
 
 
Nessun razionalista ha mai preteso che la verità circa la realtà possa avvicinarsi fino ad aderire alla (confondersi con la) realtà in sé delle cose, ma invece nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità (e non è affatto dipendete da soggettivi consensi, né equivalente nei casi del mero senso comune, delle concezioni pre- e proto- -scientifiche e nelle varie fasi della storia della scienza; e magari perfino, come sembreresti suggerire, nei casi delle più disparate religioni e superstizioni di tutti i tempi).
 
 
 
Ritengo assolutamente necessaria la critica filosofica razionale di tutto, comprese le scienza, ovviamente.
 
 
 
 
Le affermazioni che sono le cose stesse che maneggiamo che ci parlano e ci ispirano i significati con cui evocarle, non siamo noi ad attribuirglieli ad esse arbitrariamente o casualmente (omissis), e che nulla è un puro oggetto passivo che assume forma secondo il nostro progetto, è esso stesso a determinare, con il significato, il nostro stesso progetto, ma un significato è solo un modo della cosa per farci segno e lasciare un segno le posso intendere e condividere solo nel senso che non è la nostra conoscenza a plasmare ad libitum la realtà, ma la realtà a condizionare (la verità della) nostra conoscenza.

sgiombo

Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Maggio 2017, 22:54:11 PM
...............
A Paul11:


Mi permetto brevemente come una pozioncina da stregone animista (mi scuso per l' ironia intenzionalmente, ma non malignamente, provocatoria).

Per me L'uomo è centrale anche quando si cerca o si vuole esautorarlo dalle forme ontologiche, epistemologiche e fenomenologiche, ma "solo" soggettivamente, arbitrariamente per se stesso, nei suoi pensieri (per altri uomini che continuano comunque a ritenerlo centrale e probabilmente di fatto, poco o punto consapevolmente, anche per molti di quelli che vorrebbero decentrarlo o del tutto ignorarlo); invece oggettivamente, nella realtà è pari a qualsiasi altro ente/evento.

Credo che vi sia una realtà "più realistica" della visione umana (o meglio: di qualsiasi visione umana; e che non tutte le visioni umane siano ugualmente realistiche, talune avvicinandosi di più, talaltre di meno al "realismo della realtà"; credo che non esista un' unica "visione umana" della realtà).

Credo che chiunque, pur essendo più o meno gravemente limitato per intelligenza e cultura, possa sottoporre a critica razionale quegli schemi mentali accettati dalla comunità e divenuti convenzioni, linguaggi culture, ideologie (anche se di fatto ciò, oggi più o meno come ieri, non accade di frequente).


Sul resto delle tue considerazioni mi trovo sostanzialmente d' accordo.

Hai semplicemente dichiarato l'ambivalenza umana, una sua soggettività dettata da una autoconsapevolezza grazie  a sue facoltà , soggetta ad una oggettività delle condizioni naturali fisiche delle regole dell'universo e del pianeta ospitante.

Quale sarebbe una realtà più vera della visione umana, visto che è il soggetto umano che descrive il mondo e non il mondo che si autodescrive o il mondo che descrive l'uomo?

Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana
CitazioneHo affermato la soggettività arbitrarietà (e non oggettività) del fatto che (giustamente) l' uomo si pone "al centro dell' universo" (o meglio della propria attenzione).
Già anticamente Senofane notava se i buoi, i cavalli, i leoni avessero le mani, o potessero disegnare e costruire monumenti alla maniera degli uomini, I cavalli rappresenterebbero gli dei come cavalli e i buoi come buoi, i leoni come leoni e raffigurerebbero i loro corpi simili al proprio.
 
Un predicato o un discorso può essere più o meno vero di altri predicati o discorsi.
Ma la realtà non può essere più o meno vera, semplicemente realmente è, accade (ho messo fra virgolette il concetto di "realtà realistica", seguendo le tue parole per criticarle, intendendolo in senso metaforico, improprio, volendo significare solo che il "realismo" (propriamente la "verità") delle varie forme di conoscenza umana non è affatto pari fra tutte, ma nelle une è maggiore che nelle altre, dipendentemente dal come è la realtà e non dai rispettivi contesti culturali o dalle mere preferenze soggettive di chi vi crede.
 
La razionalità coesiste con l' irrazionalità nell' uomo, ma sono sue caratterist5iche complementari, che a seconda dei casi si armonizzano più o meno bene fra loro (a volte anche malissimo o quasi per niente, ma non è destino ineluttabile che la seconda domini sulla prima).


sgiombo

Citazione di: paul11 il 07 Maggio 2017, 00:32:28 AM


La civiltà ,se ne vediamo il cammino se vediamo le metropoli moderne è sempre più artefatto, artificiale, produzione dell'uomo e sempre meno della natura. Noi alteriamo i cili della natura dentro una serra, l'industria è tutto arteficio, i concetti giuridici sono tutti artetefatti.

Ora se il "concreto" o "reale" fosse il mondo naturale e fiscio noi ci allontaniamo sempre più pur facendo parte biologicamente, ma noi alteriamo il bios, lavoriamo sul dna, parliamo di eutanasia, perchè vogliamo uscire dalla schiavitù temporale del ciclo della vita, non accettando la condizione di un inizio e di una fine. E' accaduto quindi che a differenza di quanto si creda, i concetti astratti hanno modificato la realtà del concreto, sono entrati nel governo della civiltà e questo pardossalmente è compiuto tanto più si è "materialisti".
CitazioneMa la cultura, l' artificio nasce nella e dalla natura e non la trascende (data la mia idiosincrasia per Hegel non vorrei dire uno strafalcione, ma credo si possa parlare a proposito di "superamento dialettico", cioé non di negazione-alterità assoluta o annullamento totale, ma invece di cambiamento in cui il conseguente sviluppa il precedente, sia pure in una sorta di "salto diqualità).

Pretendere di uscire dalla schiavitù temporale del ciclo della vita, non accettando la condizione di un inizio e di una fine, anche se attraverso la cultura, l' artificio di tipo razionale - scientifico - tecnico é irrazonalistissmo delirio di onnipotenza (di fatto propalato dall' ideologia dominante).


Garbino

Che è l' uomo?

X Gyta

A quanto poare sei una vecchia conoscenza del sito e perciò non ti do il benvenuto ma semmai il bentornato. Da come ti esprimi ti presenti come un' appartenente al sesso femminile e ciò veramente non può che essere positivo. Per altro Maral tarda a risponderti, impegnato com' è, ed allora provo a darti la mia risposta, visto che avevo considerato il discorso accettabile, e a cui poi Maral potrà aggiungere le sue opinioni personali.

E' ovvio che lo status dell' uomo possa essere considerato anche come una differenza in rapporto a tutto ciò che vive. Ma è una differenza che oltre alla sua fisicità inerisce anche a qualcos' altro, e cioè ad una capacità intellettiva che lo rende cosciente di quel che è, o almeno di quel che pensa di essere. E gli dà anche la possibilità di guardarsi attorno e di cercare di capire cosa lo circonda e determinarlo. E a questo punto la parola differenza mi sembra che non sia più sufficiente a stabilire il suo status. Ed è per questo che la parola disomogeneità e discontinuità possono descriverlo in un modo, sempre a mio avviso, più calzante. Qui si è di fronte infatti ad una condizione inquadrabile come un Dio minore ( quello maggiore è quello Metafisico ) che però non può abbandonare la sua fisicità e non può essere senza la fisicità. Come Nietzsche afferma ironicamente: l' animale impossibile.

Il vocabolo discontinuità si riferisce ad una particolarità a volte sottovalutata del crescere intellettivo umano, e cioè che essa può svilupparsi soltanto in un ambiente umano completo. ( questo caro Green era il motivo per cui ti avevo indicato Il Signore delle Mosche di Goodwin ) perché in assenza di esso, mentre le caratteristiche istintuali, bene o male raggiungono comunque un certo livello, a livello intellettivo si può registrare addirittura un regresso, e non solo in un ambiente povero di adulti ma anche in un ambiente ( naturale-sociale ) in cui sia accaduto qualcosa che lo abbia alterato in modo significativo.

Per quanto riguarda la sensazione che tu ritieni vera, essa lo è soltanto soggettivamente, ma noi sappiamo che essa è falsa.  E come giustamente afferma Maral lo sappiamo non per esperienza diretta, a meno che non prendiamo un aereo o un missile interstellare, ma perché ci viene insegnato fin da piccoli.

L' uomo che tu poni come essere quel luogo dove tutto ( o quasi ) è possibile, posso accettarlo soltanto se ti riferisci alla sua inventiva e fantasia, perché a livello fisico-intellettivo è possibile soltanto ciò che l' uomo ha in potenza di essere e nient' altro. Ha in potenza nel senso aristotelico del termine, naturalmente. Il resto mi sembra che riguardi più direttamente Maral e perciò lascio a lui risponderti. Se in caso interverrò in seguito su tali argomenti.

A presto Gyta e grazie di Esser-ci. E non nel senso heideggerriano del termine.

Garbino Vento di Tempesta.

paul11

Sgiombo, prendo due piccioni con una fava, vale adire i tuoi due post con una risposta.
al tempo di Senofonte, lo ribadisco, credevano nella terra piatta e che finisse alle Colonne d?Ercole,,l'attuale Gibilterra: ci credevano e vivevano.
Se c'è una una disciplina che muta è proprio il concetto di empirico e le sue derivazioni, il che significa che non sarà mai definitivo, nè certo e quindi tanto meno verità.
Se vuoi dire che l'empirico è ciò che a "misura d'uomo" ci permette di sopravvivere, questo lo  si faceva dalla preistoria ad oggi senza necessità di una scienza naturale e fisica.

E ribadisco pure che l'armamentario, gli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica per costruire nozioni, postulazioni, enunciati derivano dalla metafisica antica. Ribadisco la logica non è un animale, non è un minerale e nemmeno un vegetale.


La mia non è un'apologia della metafisica, se l'uomo utilizzasse SOLO  la metafisica così come utilizzasse SOLO  la fisica naturale in tutte e due casi sbaglia. la coscienza deve mediare attraverso la conoscenza i due domini che per me equivalgono al rapporto fra ESSERE ed ESISTENZA, in quanto il primo è deduttivo logicamente, i l secondo è oltre che percezione del sensibile induttivo logicamente.
Se esisite una verità quella non può che essere eterna ed appartiene all'Essere, mentre l'esistenza è iil divenire temporale, ciò che appare e muta, è la nostra condizione fisica/naturale, I due momenti essere ed esistenza sia aprono nel contraddittorio logico umano in maniera dialettica:questo è il mio parere, ma  entrambi sono necessari, il primo per logica, il secondo per natura fisica per ciò che siamo come manifestazione esistenziale.

Ma non siamo così distanti, Sgiombo, perchè alcune tue specificazioni rientrano in quello che penso.
Vale quello che ho scritto con Green, forse ci sono malintesi e punti da chiarire.
La razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza, nel contraddittorio dialettico della coscienza che ribadisco vive la difficoltà in termini logici razionali e dall'altra il disagio come difficoltà emotiva.


Hegel nella famosa " Fenomenologia dello spirito" applica il metodo dialettico mediato dalla coscienza, che nella storia diventa o meglio può diventare coscienza sociale. La contraddizione per Hegel è prendere un pensiero astratto, o un fenomeno naturale, e ritenerlo veritativo IN SE' E PER SE',vale adire che un pensiero non è mai verità concettuale se non è relazionato ad esempio a quel fenomeno, e quindi il fenomeno non èmai verità concettuale se preso in sè e per sè senza una logica razionale che lo analizzi.
Quindi quel trasporre per me signifca quando un fenomeno diventa segnico nel linguaggio logico razionale, tutto quì.
Quando avevamo il problemino alle elementari di Pierino che comprava con i soldini, noi trasformavamo un discorso di parole in segni matematici, questo è trasporre. persino un artista, un pittore  traspone una osservazione fisica in impressioni oggetti artistici mediati da una sua tecnica e dalla sua coscienza,

L'uomo prende dalla natura, la usa e la sottomette all'arteficio. Certo che è delirio di onnipotenza, ma le cause sono la contraddizione di cui dicevo prima

paul11

Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2017, 02:16:07 AM
cit paul
L'irrazionalità è legata più alla parte psico-emotiva, la razionalità alla ragione all'intellegibilità, al confronto a vivere consapevolmente la contraddizione di una ricerca di una verità, fattibile o utopistica che sia.

Sono d'accordo con quanto scrivi Paul.
Anche se la provocazione di Antony mi è piaciuta.(c'è del vero in quel che dice)

L'unica cosa che correggerei è forse che l'irrazionalità è legata alla parte psicoemotiva che non ha feed-back. Ossia a quell'incapacità di relazione (e quindi di confronto razionale) con un altro essere umano.
Fin tanto che ne facciamo una questione di soli mezzi, e non di sentimenti, non andremo mai oltre la soglia delle semplice promesse.
E quindi la provocazione di Antony sarebbe assai attuale.
La nostra è un epoca che in nome della pace e dell'amore, fa guerra continua e serrata.
(tutto rigorosamente dimostrato).
Poi certo che il papa Francesco mi piace quando comincia a essere scorretto (la critica alla bomba madre americana). 8)
Siamo pieni di folli socializzatori, il problema non è nella relazione sociale, ma il come costruiscono le relazioni sociali e i il dialogo.

Sono d'accordo che purtroppo c'è molta ipocrisia, ma bisognerebbe andare a fondo anche come giustamente indichi nelle nostre paure, nelle nostre irrazionalità .Io non mi sento al di sopra, tanto per essere chiari, vivo come tutti nella contraddizione ,difficoltà e disagi esistenziali. Perchè la contraddizione può essere in buona fede oppure voluta ,cercata e cinicamente perpetrata dietro parole  come pace e amore:Bisogna allora analizzare andando " a fondo" nell'umano e nella cultura. che Nietzsche a suo modo ha compiuto.
I

maral

#250
Citazione di: Gyta il 06 Maggio 2017, 01:42:27 AM
Cos'è l'uomo?
L'uomo è quel "luogo" dove tutto (o quasi?) è possibile.
Sta a chi legge gioire o.. rattristarsi.  ;)
Di sicuro il "luogo" dove si sperimenta l'arte dello sbilanciamento.. come prassi del reggersi in piedi.

Riprendo da questa considerazione di Gyta che penso dica qualcosa di fondamentale. Sì l'uomo è il luogo dove si sperimenta l'arte dello sbilanciamento come prassi per reggersi in piedi, ma varierei leggermente l'asserzione che afferma che "l'uomo è quel luogo dove tutto (o quasi?) è possibile" dicendo che è il solo luogo dove il possibile appare e apparendo chiede di essere fatto. Non so se Gyta concordi su questo modo di pensarla.
Il fatto di essere l'uomo il solo luogo in cui la realtà può apparire come possibilità (ed è quello che Severino considera follia assoluta, dunque l'uomo sarebbe innanzitutto la sua dolorosa follia), penso mi consenta di dire che l'uomo è diverso in modo radicale da ogni altro ente, per come ogni altro ente gli appare rispetto a lui, ed essendo esseri umani non ci è dato altro modo di sapere. L'essere umano è l'unico vivente di cui come esseri umani possiamo dire che il fluire delle immagini si trattiene ripetendosi in un rappresentarsi significando, cosicché nell'uomo il mondo viene messo in scena per essere tradotto in un altro mondo possibile ove le immagini tornano con altri significati e l'immaginare acquista la prospettiva di un senso.
In questo modo intendo l'essere umano come un unicum anche se, ripeto, non è separato dal mondo, ossia dalla totalità del reale così da poterla definire innanzi a sé come realtà, ma fa parte del mondo, fa parte della realtà, non la controlla, non la comprende, ma costantemente tenta di controllarla e comprenderla e a volte gli pare pure di esserci per un istante riuscito, finché l'istante successivo rimette tutto in dubbio. La nostra conoscenza non è in un altro mondo sovrastante il mondo, è sempre nello stesso mondo dell'animale, della pianta e del sasso e come loro (sasso compreso) si sa vivere, ma in questo mondo a cui tutti apparteniamo l'uomo si trova e vi si riconosce in un modo diverso che lo decentra mentre per la sua unicità ne è posto al centro. Non è un caso che i primi Dei che gli esseri umani invocarono si mostrassero appunto in forma di animali, piante e rocce e che in essi l'uomo abbia sentito originariamente risuonare il divino, l'Altro che manca, che non si vede, e per questo è da evocare per chiamarlo a rendersi presente attraverso il suono, il canto, il gesto ritmato.
Non è quindi la dimensione sensoriale dell'esperienza con cui dobbiamo fare i conti, ma con lo iato tra la dimensione sensoriale in cui come ogni altra forma di esistenza semplicemente si vive senza sapere di nulla e la dimensione del significato che da essa promana per poter sapere di essa, così che possa presentarsi in scena, davanti a tutti noi, così che tutti possano insieme parteciparvi e dunque continuare a vivere, non come singoli, non come bios individuali che sgomitano sperando di evitare il loro inevitabile morire, ma come vita condivisa che insieme ci sottende.
E' questa la frattura che continuamente ci decentra e, in bilico su di essa, danziamo insieme per poterci mantenere in equilibrio. Il canto, la musica e la danza sono le forme ancestrali che l'essere umano adotta per mantenersi in precario equilibrio in bilico sull'abisso, sono il suo primo linguaggio gestuale e il primo uomo nasce con la musica, il canto e la danza. Anche la meccanica quantistica viene da lì, da una danza ancestrale, dal ritmo di oggetti percossi con altri strumenti, fossero pure mani umane, un canto per richiamare gli antenati morti, affinché tornassero a danzare con noi nella festa che celebrava il loro sacrificio. La festa riproponeva l'ebbrezza del sacrificio affinché la vita venisse a mostrarsi nella sua primordiale eternità.
Per quello che ne sappiamo in tutto l'universo, solo nell'uomo la danza può accadere ed è questo che lo pone al centro e insieme torna a decentrarlo, non è una questione di fisica, né di biologia ma sta sotto a ogni fisica o biologia possibile.
Credo allora che conoscere bene abbia lo stesso senso da sempre, si tratta di ritrovarci nella comunità umana per poter fare festa insieme, ossia per poter ancora insieme vivere meglio restando in bilico.

P.S. sul ruolo fondante dell'etica rispetto a qualsiasi ontologia (di cui qualche traccia si può dedurre già da quel "vivere meglio") sarò più esplicito in altra occasione.

maral

Citazione di: anthonyi il 06 Maggio 2017, 18:58:24 PM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
....Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana

p.s. bentornata Gyta

Ne sei proprio convinto? Secondo me può essere l'esatto contrario. Supponi un mondo dove tutti gli individui hanno irrazionalmente fede in un'unica religione che parla di pace e di amore, sarebbe un mondo irrazionalmente pacifico e unito.
Supponi un mondo di individui perfettamente razionali ma con obiettivi conflittuali l'uno con l'altro, sarebbe un mondo di continue guerre.
Ma il primo mondo non c'è, né per quanto ne sappiamo c'è mai stato se non nei sogni del secondo: è solo un mondo di guerre che genera il sogno di un mondo di pace, ma la razionalità non fonda né l'uno né l'altro, ha sempre bisogno di partire dall'irrazionale per trovare la sua ragione e poi tornare a demolirla proprio in quanto prima o poi la scopre fondata sull'irrazionale.

maral

Citazione di: sgiombo il 07 Maggio 2017, 10:40:24 AM
L' osservatore è sempre in una determinata posizione, ma ciò non implica che una prospettiva vale l' altra!
E sia pure, ma quale osservatore (dato che è sempre un osservatore che mappa, prospetta e verifica) può stabilire quale prospettiva vale di più?


CitazioneChe (ovviamente!) ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa non significa, non implica affatto che la credibilità, e men che meno la verità (limitata e relativa) di ciascuna di esse dipenda dalla sua condivisibilità soggettiva, né che sia pari fra tutte.
Dalla condivisibilità soggettivamente stabilita dall'epoca in cui ci si trova. Da cos'altro altrimenti? Da come stanno le cose in sé, ossia in assoluto? Come sarà mai possibile se nessuno lo sa?

Che "con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà " è un dato di fatto solo in relazione alla nostra fiducia che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà. 

CitazioneNon vedo alcuna "esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere" scientifico, ma invece periodi di aumento del sapere alternati a periodi di stasi e a periodi di diminuzione (perdita di conoscenze), e in tempi lunghi una tendenza complessiva all' incremento.
Bè la conscenza degli antichi egizi è franata, ogni pretesa filosoficamente epistemica è franata, franerà pure quella delle scienze esatte, proprio perché la tecnologia avanza.



CitazioneNessun razionalista ha mai preteso che la verità circa la realtà possa avvicinarsi fino ad aderire alla (confondersi con la) realtà in sé delle cose, ma invece nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità (e non è affatto dipendete da soggettivi consensi, né equivalente nei casi del mero senso comune, delle concezioni pre- e proto- -scientifiche e nelle varie fasi della storia della scienza; e magari perfino, come sembreresti suggerire, nei casi delle più disparate religioni e superstizioni di tutti i tempi).
Se la nostra visione (compresa quella scientifica) è sempre parziale come possiamo dire, da questa parzialità, che le altre visioni sono più parziali delle nostre? Le abbiamo forse comprese nella nostra visione facendone parte di essa? Non mi pare, anzi.
In realtà poi tutto quello che diciamo fa sempre riferimento al senso e alle costruzioni del linguaggio comune, anche tra chimici non si parla solo con formule chimiche per capirsi.



sgiombo

Citazione di: paul11 il 07 Maggio 2017, 18:54:41 PM
Sgiombo, prendo due piccioni con una fava, vale adire i tuoi due post con una risposta.
al tempo di Senofonte, lo ribadisco, credevano nella terra piatta e che finisse alle Colonne d?Ercole,,l'attuale Gibilterra: ci credevano e vivevano.
Se c'è una una disciplina che muta è proprio il concetto di empirico e le sue derivazioni, il che significa che non sarà mai definitivo, nè certo e quindi tanto meno verità.
Se vuoi dire che l'empirico è ciò che a "misura d'uomo" ci permette di sopravvivere, questo lo  si faceva dalla preistoria ad oggi senza necessità di una scienza naturale e fisica.

E ribadisco pure che l'armamentario, gli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica per costruire nozioni, postulazioni, enunciati derivano dalla metafisica antica. Ribadisco la logica non è un animale, non è un minerale e nemmeno un vegetale.


La mia non è un'apologia della metafisica, se l'uomo utilizzasse SOLO  la metafisica così come utilizzasse SOLO  la fisica naturale in tutte e due casi sbaglia. la coscienza deve mediare attraverso la conoscenza i due domini che per me equivalgono al rapporto fra ESSERE ed ESISTENZA, in quanto il primo è deduttivo logicamente, i l secondo è oltre che percezione del sensibile induttivo logicamente.
Se esisite una verità quella non può che essere eterna ed appartiene all'Essere, mentre l'esistenza è iil divenire temporale, ciò che appare e muta, è la nostra condizione fisica/naturale, I

CitazioneA parte la confusione da parte tua di Senofane con Senofonte, non capisco proprio che cosa tu intenda obiettarmi.
 
Di empirismo e di "armamentario e degli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica" non ho proprio parlato nelle mie precedenti risposte cui qui obietti.
 
Anch' io ho sempre sostenuto che non ci basta la scienza ma occorra anche la filosofia (e anche la metafisica).

E infatti:


Ma non siamo così distanti, Sgiombo, perchè alcune tue specificazioni rientrano in quello che penso.
Vale quello che ho scritto con Green, forse ci sono malintesi e punti da chiarire.
La razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza, nel contraddittorio dialettico della coscienza che ribadisco vive la difficoltà in termini logici razionali e dall'altra il disagio come difficoltà emotiva.


Hegel nella famosa " Fenomenologia dello spirito" applica il metodo dialettico mediato dalla coscienza, che nella storia diventa o meglio può diventare coscienza sociale. La contraddizione per Hegel è prendere un pensiero astratto, o un fenomeno naturale, e ritenerlo veritativo IN SE' E PER SE',vale adire che un pensiero non è mai verità concettuale se non è relazionato ad esempio a quel fenomeno, e quindi il fenomeno non èmai verità concettuale se preso in sè e per sè senza una logica razionale che lo analizzi.
Quindi quel trasporre per me signifca quando un fenomeno diventa segnico nel linguaggio logico razionale, tutto quì.
Quando avevamo il problemino alle elementari di Pierino che comprava con i soldini, noi trasformavamo un discorso di parole in segni matematici, questo è trasporre. persino un artista, un pittore  traspone una osservazione fisica in impressioni oggetti artistici mediati da una sua tecnica e dalla sua coscienza,

L'uomo prende dalla natura, la usa e la sottomette all'arteficio. Certo che è delirio di onnipotenza, ma le cause sono la contraddizione di cui dicevo prima
CitazioneNon é delirio di onnipotenza, se l' uomo si rende conto dei suoi limiti e in particolare che può "sottomettere la natura all' artifizio" solo adeguandosi alle leggi del divenire naturale per applicarle al conseguimento di scopi realistici a partire dalle condizioni date.

sgiombo

Citazione di: maral il 07 Maggio 2017, 20:49:46 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Maggio 2017, 10:40:24 AM
L' osservatore è sempre in una determinata posizione, ma ciò non implica che una prospettiva vale l' altra!
E sia pure, ma quale osservatore (dato che è sempre un osservatore che mappa, prospetta e verifica) può stabilire quale prospettiva vale di più?
CitazioneIn linea teorica chiunque, sottoponendo a critica razionale le varie "prospettive" (ovviamente non in maniera infallibile ma "salvo errori od omissioni").


CitazioneChe (ovviamente!) ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa non significa, non implica affatto che la credibilità, e men che meno la verità (limitata e relativa) di ciascuna di esse dipenda dalla sua condivisibilità soggettiva, né che sia pari fra tutte.
Dalla condivisibilità soggettivamente stabilita dall'epoca in cui ci si trova. Da cos'altro altrimenti? Da come stanno le cose in sé, ossia in assoluto? Come sarà mai possibile se nessuno lo sa?
CitazioneDal confronto con argomentazioni razionali e osservazioni empiriche.

Ma perché mi chiedi "come stanno le cose in sé, ossia in assoluto" quando ho sempre affermato a chiare lettere che non lo si può sapere???
Che "con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà " è un dato di fatto solo in relazione alla nostra fiducia che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà.  
No, é una constatazione empirica incontrovertibile.

CitazioneNon vedo alcuna "esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere" scientifico, ma invece periodi di aumento del sapere alternati a periodi di stasi e a periodi di diminuzione (perdita di conoscenze), e in tempi lunghi una tendenza complessiva all' incremento.
Bè la conscenza degli antichi egizi è franata, ogni pretesa filosoficamente epistemica è franata, franerà pure quella delle scienze esatte, proprio perché la tecnologia avanza.

CitazioneCiò che é "franato" delle conoscenze (pre- e proto-) scientifiche degli antichi Egizi, e ciò che "franerà" delle conoscenze scientifiche attuali sono solo determinati elementi di falsità, superati da maggiori (ma pur sempre relative, limitate) acquisizioni di verità, le quali non negano integralmente e in assoluto le conoscenze scientifiche precedenti, ma le superano dialetticamente, sviluppandone e incrementandone gli elementi di verità.


CitazioneNessun razionalista ha mai preteso che la verità circa la realtà possa avvicinarsi fino ad aderire alla (confondersi con la) realtà in sé delle cose, ma invece nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità (e non è affatto dipendete da soggettivi consensi, né equivalente nei casi del mero senso comune, delle concezioni pre- e proto- -scientifiche e nelle varie fasi della storia della scienza; e magari perfino, come sembreresti suggerire, nei casi delle più disparate religioni e superstizioni di tutti i tempi).
Se la nostra visione (compresa quella scientifica) è sempre parziale come possiamo dire, da questa parzialità, che le altre visioni sono più parziali delle nostre? Le abbiamo forse comprese nella nostra visione facendone parte di essa? Non mi pare, anzi.
In realtà poi tutto quello che diciamo fa sempre riferimento al senso e alle costruzioni del linguaggio comune, anche tra chimici non si parla solo con formule chimiche per capirsi.
CitazioneLo si fa confrontandole di volta in volta criticamente, razionalmente fra loro e con i dati di fatto empiricamente constatabili, come fa ordinariamente la scienza.

Ovviamente tutto ciò che diciamo lo diciamo mediante il linguaggio (compreso il linguaggio dei chimici, costituito in buona parte di formule chimiche).