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Che è l'uomo?

Aperto da maral, 15 Aprile 2017, 10:49:56 AM

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green demetr

x paul

cit paul
"se non c'è un inizio, un origine, che sai filosofica, teologica o scientifica, dimmi come faremmo a "leggere" il mondo?"

Se provi a leggere i post scambiati con Sgiombo, con cui concordo in linea di massima, la lettura del mondo si può dare come descrizione fenomenica, senza dover aggiungere altro.

Ovviamente è una lettura riduzionista, che non tiene conto della trascendenza e della possibilità razionale di indagarla.
Ma questo non cambia che sia una lettura assolutamente legittima e ragionevole.

cit paul
"Senza un ordine che è necessariamente un "in sè" tutto sarebbe randomizzato. Oggi la gravità funzionerebbe con i piedi per terra e domani la testa. Ogni cosa che oggi è, domani non sarebbe ,e domani ancora diversamente da prima.
Questa è una contraddizione in termini. Ma addirittura che se fossimo un cervello in una  vasca" o tutto fosse una matrix o un'illusione, perchè comunque ha un ordine intellegibile analogicamente al nostro cervello che è infatti parte."

oscuro questo passaggio, spero vivamente che non tu non mi stia propinando le barzellette dell'analitica americana come confutazione di un ordine (supposto) vigente in sè (Che ripeto non so cosa voglia dire detto così senza specifiche. Così detto sembra una condizione divina, condizione che prima avevi negato, quindi c'è di nuovo un problema con la significazione delle parole)

cit paul
"L'intuizione, ma è una mia semplice considerazione, è proprio perchè siamo parte di un origine comune, veniamo tutti e tutto da unico punto, così come è nato l'uomo così come nacque la Terra .così come nacque l'universo., sia che lo inseriamo i nquadro rappresentativo scientifico naturale, filosfiico o teologico."

E' una supposizione che fai invece! sarebbe considerazione se esistesse un ente divino (che produce un mondo, come nella vecchia  religione cattolica).

cit paul
"La trascendenza, non necessariamente per me è spirituale, forse la utilizzo impropriamente, ma per me signiifca spostare da un dominio all'altro un segno. Un albero, un fiore, un pianeta, comunque tutto ciò che appartiene al dominio naturale, attraverso il linguaggi o lo sposto nel dominio dell'asrtatto e diviene conoscenza."

Il punto della impropriatezza è che pur essendo una astrazione (e quindi contenendo in sè un linguaggio, segnico-simbolico) si tratterebbe del particolare caso in cui il simbolico rende il segnico sostanzialmente formale, una variabile sconosciuta.
Si tratterebbe quindi di controllare quella variabile, ed è lì che interviene il discorso sul fondamento, l'originario e ogni tentativo di "nuova metafisica".
Certo questa variabile non può (essendo formale) essere intensa come naturale. E questo per ri-sottolineare la distanza che ci divide.

cit paul
"Ad esempio, se osservo e analizzo il cilo planetario di un pianeta attorno al sole e vedo che è regolare(ecco il principio ordinativo e leggibile all mente umana) posso spostare i lsuo movimento dentro l'astratto con il linguaggio logico materiale in una equazione."

Se applico quell'equazione a tutti  i pianeti e vedo che i valori segnici dati corrispondono all'osservazione fisica, allora quella legge vale per tutti i pianeti. Quindi il concetto è la formulazione razionale che permette i passaggi dei domini attraverso i linguaggi e permette il doppio passaggio ,come in questo esempio per verificare la formalità logico-matematica, quindi è razionale."

Sì certo, ma la formalità (segnico-simbolica) in questo caso si riferisce a dei fenomeni, conoscibili sensibilmente, e quindi passibili di una sperimentazione empirica.
Fenomeno e trascendenza non sono cioè la stessa cosa.

cit paul
"La coscienza avendo un'intuito quest'ultimo, a mio modesto parere, lega la coscienza direi come un eco profondo  metaforicamente all'origine. Come dire.......qualcosa mi dice che quella cosa è relazionata a quella'ltra in un certo modo...poi agisce la ragione, la razionalità i linguaggi...... ma quell'intuito è come un'apripista."

Vedo che nonostante tutto però intendi benissimo che vi è una eco, ovviamente quella sì dell'intuito, ma meglio ancora come dice Hegel dell'immediatezza, pur essendo noi immersi nel presente, noi viviamo come di rimbalzo del passato. E in quel rimbalzo di cui arriva a noi l'informazione sensibile, si apre anche la certezza che qualcosa viene perso nel frattempo, quel qualcosa si intende solo come DOMANDA. Che poi sarebbe la domanda filosofica, ossia il fondamento è l'apertura all'originario. In Heideger sarebbe "la radura".

cit paul
"Green, quel Tutto qualcuno lo definisce punto zero della teoria del big bang e quindi teoria scientif1ca cosmologica, per altri è Dio, per altri è L'uno, per altri è il principio di identità, per altri è lo Spirito, per altri coscienza cosmica o universale,ecc.
Il problema è come concettualmente, in modo razionale il movimento della coscienza muova il procedimento conoscitivo quindi i domini in maniera coerente e non contraddittoria :questo è il problema razionale"

Caro Paul la psico-analisi o la psichiatria fenomenologica sa benissimo che ogni cosmologia è una rivelazione, una mimesi del discorso sul tempo. Ossia è sempre una forma del discorso paranoico.
Si tenta di iscrivere il tempo, di dominarlo, nascondendo come ben sai il tabù della morte.("se domino il tempo non muoio" sarebbe il discorso nascosto delirante).
Non vi è domanda filosofica nelle teorie fisiche, nè in Dio, nè nella coscienza cosmica etc...perchè essi suppongono che esistano come origine. Ma quella supposizione è solo una volgare arronganza direbbe un Nietzche.

cit paul
"Il problema è come concettualmente, in modo razionale il movimento della coscienza muova il procedimento conoscitivo quindi i domini in maniera coerente e non contraddittoria :questo è il problema razionale"

Certo, ma come lo risolvi concettualemte se riguarda una intuizione, senza darla per scontata quantomeno?Altrimenti sarebbe una cosmologia.

cit paul
"E' il nostro personale piccolo specchio che rispecchia l'universo, passando per il contraddittorio mondo dell'esistenza nel divenire. Direi è l'essere che esiste e quindi contraddizione e verità, velament oe svelamento. razionalità ed emotività. E' il luogo della nostra rappresentazione contraddittoria, dell'inquietudine ,del tormento esistenziale umano. ma appunto come Davintro ritengo che la razionalità= libertà. Perchè il punto centrale della contraddittorietà umana, la coscienza è il luogo in cui avviene dialetticamente il contraddittorio i umano e solo la razionalità vincendo le contraddizioni con la razionalità possono liberarlo  Vinco una paura ,quando la razionalizzo e allora l'irrazionale lo faccio entrare nel logico: questo è il movimento storico dellla cultura, togliere lo sconosciuto, svelare l'ignoto, affinchè conoscendo lo comprenda, lo faccia mio.
ma il fare mio signiifica interiorizzare nella coscienza la conoscenza dirimendo il contraddittorio fra il fenomeno fisico e l'astrazione del segno linguistico"

Certo che è uno specchio. Posso venire incontro a te e Davintro se vedete il naturale come l'atto della potenza originaria.
E quindi della possibilità della libertà umana di passare da potenza in atto.
Il punto è che per me ogni discorso sulla libertà risente di una "cosmologia" in cui è iscritta. E quindi è sospetta in massimo grado.

cit paul
Guarda che è simile alla psicoterapia. Tutti  i domini alla fine si correlano negli identici processi, negli dentici movimenti e dinamiche : perchè c'è un unico principio ordinativo.

Esatto un principio ordinativo, con il piccolo problema che è un principio ordinativo criminale. >:(
Pensiamo anche solo all'autismo e al diritto dell'individuo di sottrarsi al discorso generale ideologico. Nemmeno più quella fortezza nascosta (Come veniva chiamata) è esente dalla sua cosificazione, dalla feticizzazione umana medica.
Anche l'autismo viene considerata malattia. :'(

Diversa cosa la psicoanalisi, che è invece sempre una analisi del discorso, un tentativo di comprensione, e di decifrazione del linguaggio (che la psico-analisi ritiene il vero originario, non io per inciso).
Nessuna pretesa di ordinazione medica. Dal dominio del discorso al dominio della zoe. 
Caro Paul sono in pochi a capire questo incubo contemporaneo. :(

Per favore ricordatelo! io parlo di psicanalisi non  di psichiatria! (quella di freud e lacan non quelle comportamentali e dinamiche) :'(

cit paul
"Sini è un pragmatico di ascendenza fenomenologica: non mi dice molto.
 Come ho scritto in tutte le salse il rapporto è sempre cultura/natura, come soggetto/oggetto, come osservato/osservatore. ma semplicemente perchè noi non siamo fuori  dall'universo, noi siamo "dentro" e questo cambia notevolmente.
E' solo una comodità conoscitiva costruire artificialmente la soggettività e dividerla totalmente dall'oggettività"

La prospettiva fenomenologica e quella naturalista infatti sono opposte. E proprio a partire dalla definizione di soggetto.
Per la fenomenologia il soggetto è un costrutto (e in base alle modalità della costruzione, esistono infinite fenomenologie) per il naturalista è un dato di fatto.

cit paul
"Oltretutto i nostri  apparati sensoriali sono ridicoli rispetto al mondo animale e sarà sempre peggio, perchè noi sopperiamo con l'artefatto culturale, con la tecnica e la tecnologia, l'ambiente naturale dove  l'animale deve sopravvivere difendendosi e cacciando.
Noi saremo sempre più il prodotto di una nostra cultura,se si vuole, delle nostre contraddizioni"

Certo il nostro mondo (rappresentativo e non naturale) sta diventando sempre più una costruzione culturale.
Nel senso che le prassi hanno raggiunto per qualità e quantità  una dimensione che soverchia il singolo individuo, completamente.
Ponendolo in una situazione di angoscia sempre più crescente (nichilismo).

cit paul
La coscienza sociiale in Hegel, perchè la definisce proprio così, è il procedimento dialettico e quindi fenomenologico del contraddittorio fra l'egoismo individualista e il far parte della comunità.C'entra poco con Marx che "copierà" la dialettica hegeliana nell'analisi del materialismo storico per cui ne scaturirà la "coscienza di classe"

Se Marx copia, perchè centra poco con Hegel?  ;D

cit paul
"Dove deduci che per me l'etica equivale a natura? Tutt'altro è un procedimento della nostra coscienza e non può essere slegata dal principio ordinativo e originario e quindi storicizzata e quindi relativa solo ad un tempo ed un luogo. esiste un'etica universale oppuure non esiste affatto."

Equivale a natura perchè qualcuno (la chiesa) ha deciso di sana pianta che le cose DEVONO stare così. E che cioè esiste una etica universale.
Ovviamente per me non esiste affatto qualcosa come una "etica universale", la nuova etica sarà il frutto della indagine futura, come dirà nietzche, della società fatta da uomini liberi da qualsiai preconcetto, e dominati dalla voglia di confronto nello scontro.
Cioè esisterà prima uno scontro fra individui, nell'era in cui la cultura fa da cuscinetto (la legge NON UCCIDERE) la guerra intellettuale deve prima nascere, l'etica sarà solo una conseguenza di quella guerra.
Certo per capire cosa sia quella guerra abbiamo bisogno di intendere ancora Nietzche. E non vedo orizzonte prossimo.
Quindi mi sottraggo a dire cosa sia l'etica. Posso solo dare orizzonti di senso nell'agire politico, ma sarà sempre un senso più potenziale che attuale, infatti, come detto prima, l'angoscia sta afferrando l'intero mondo occidentale, impedendogli qualsiasi azione valoriale, che sia in vista di un fine, che non sia la sua mera sopravvivenza. (e che appunto essendo il discorso del morto, è il discorso paranoico, aggiungo discorso paranoico in una sociatà schizoide: come fa ad esistere una etica anche seppur lontamente credibile in un simile contesto?).
Detto per inciso l'etica cattolica sta facendo solo danni, perchè rinnega cosa sia l'uomo per davvero.(non cè amore là fuori!).
E l'ordinativo è più simile ad un prescrittivo che ad un equilibrativo. Specchio innegabile dell'angoscia che si riverbera nel burocratico come bulimia della amministrazione (dello status quo, vedi ancora le elezioni francesi, dove addirittura centro-destra e sinistra si alleano contro il partito populista di turno, affinchè niente cambi, tutto deve essere ingessato, appesantito, obnubilato).
In questo panorama sconsolante parlare di etica universale mi sembra uno scherzo.

cit paul
"Ciao Green, sei un "casinista" ,ma hai alcuni spunti di perspicacia che fanno riflettere"

Caro Paul anche per me sei un casinista! ma dimostri una intelligenza pratica che mi ispira simpatia e quindi stima!  ;)  :D
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Lou

#211
Citazione di: donquixote il 26 Aprile 2017, 19:20:58 PM
Citazione di: Lou il 25 Aprile 2017, 12:12:49 PMSe so in anticipo il posto e il pezzo giusto che ricerca sarebbe?  


Anzitutto va precisato che l'esempio del puzzle è una mera analogia (per quanto adatta allo scopo). Detto ciò bisogna considerare che, trasponendo l'esempio nella realtà:
questo è pacifico.
Citazione
1) tu non potrai mai sapere il posto giusto per ogni pezzo, ma potrai invece sapere con certezza che, essendo il puzzle formato da un miliardo di pezzi, TUTTI saranno necessari alla ricostruzione dell'immagine completa, e l'arbitraria esclusione di alcuni o molti di quei pezzi significherà la falsificazione dell'immagine. Ogni ricostruzione parziale sarà dunque una ricostruzione falsa.
D'accordissimo sulle premesse, ma non sulle conclusioni. Innanzitutto il fatto che che arbitrariamente si abbia da "escludere" dei pezzi e lasciarli "esclusi" va chiarito: sebbene per comporre il puzzle passerò uno, duo o tre pezzi alla volta, non potendo abbracciare millemila tessere a mucchio in una volta sola e sperare di poter comporre d'amblè con uno sguardo e una mossa tutto il puzzle, direi che parte dei pezzi può esser detta momentaneamente "esclusa" dalla figura che stiamo sviluppando, ma progressivamente aggiunta, pezzo per pezzo, alcuni sostituiti, spostati. Perciò ogni ricostruzione parziale non è affatto detto che sia falsa, ma appunto parziale, un momento del farsi dell'interezza, sulla falsità della parzialità ci sarebbe da accertarsene: falso, ad esempio,  per me sarebbe ritenere la parzialità della figura che va componendosi l'intera figura nella sua totalità e completezza, ma non trovo riscontrabile di default la falsità nel solo fatto di essere parziale.
Non vedo proprio perchè cogliere anche solo un aspetto di un intero oggetto sia sinonimo di falsità: posso cogliere solo l'altezza della tua figura e non vedere il tuo volto, il colore degli occhi etc, ma non per questo dire che l'aspetto che ho colto, che mi fa dire, deve essere supe giù alto x, deve essere una falsificazione della tua figura e non piuttosto un aspetto veritiero della stessa.

Citazione2) Se l'immagine completa è quella dell'universo (o della "realtà") l'uomo, essendone solo un minuscolo "pezzo", ha una visione di questa realtà necessariamente limitata, e non può certo conoscere il posto degli altri pezzi, ma può però cercare e trovare il proprio posto nel mondo per poi occuparlo, e questa mi sembra l'unica ricerca sensata, necessaria e doverosa, oltre che assai difficile e impegnativa.
Certamente concordo, pur annotando a margine che pure è proprio dell'uomo la tendenza a farsi una idea diciamo panoramica dell'intero puzzle, un po' la mania del cosmoteoreta nell'uomo è osservabile, e pur con i suoi limiti di mero pezzo tra i pezzi alla ricerca del propria posizione ha nella testa un ideale chiamiamolo regolativo di mondo per cui gli è possibile pensare, anche se forse non lo può conoscere l'evento del mondo nella sua interezza, l'idea che il puzzle abbia una sua completezza seppur attingibile solo come parzialità, ma che l'abbia.

Citazione3) Nondimeno l'osservazione del mondo permette di rendersi conto che, in generale, tutti gli enti non umani intorno a noi sanno bene qual è il loro posto nel mondo, dal che dovrebbe essere facile dedurre che ogni "ordine" diverso da quello dato e osservabile, peggio ancora se elaborato dalla mente umana che non sa nemmeno riconoscere il proprio posto nel mondo, è sicuramente un ordine sbagliato poichè partorito da una mente che si può certamente definire, da questo punto di vista, miope e ignorante.
Su questo punto non so se gli enti non umani sappiano più o meno bene qual è il loro posto nel mondo, né che la distinzione tra bene e male, giusto o sbagliato, vero o falso siano approcci propri di alberi, pietre, nuvole, gatti e insetti, ma questo è un discorso entro il quale si rischia di proiettare ed estendere agli enti che dall'umano diciamo essere non umani dinamiche proprie di una tassello tra i tasselli, che come ben dici ha già parecchio da pensare per sé. (parlo per me ovviamente)
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

myfriend

#212
Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2017, 16:18:29 PM
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 13:53:41 PM
@sgiombo

No no.
Nella natura ci sono entrambe queste Realtà.

C'è la Realtà della sopravvivenza, che spinge il leone a uccidere i cuccioli della giraffa per sfamarsi e per sfamare i propri cuccioli.
E c'è la Realtà della salvaguardia dei piccoli che spinge la giraffa a proteggere i propri cuccioli dal pericolo dei leoni e spinge la leonessa a trovare cibo per sfamare i propri cuccioli.

Entrambe questi aspetti (sopravvivenza personale e protezione dei cuccioli) fanno parte della Realtà della "natura inferiore". Anche se a volte sono in competizione.
Affermare che la Realtà non tiene conto dei cuccioli è falso come una banconota da 300 euri.  :D
CitazioneDi natura "inferiore" e "superiore" dovresti dare dimostrazione....

Ma comunque nella natura vi sono soggetti (individui) che hanno a cuore altri individui, mente invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti (ogni e ciascun individuo; a meno che non sia frutto della provvidenza divina, cosa pure da dimostrarsi e comunque palesemente confutata dai fatti quoitidianamente osservabili).

Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.

...Ma mi raccomando: prima assicurati che non abbia a portata di mano un corpo contundente!
Ho dato dimostrazione scientifica della natura inferiore e superiore quando ho parlato del cervello umano e della sua struttura a strati.
Non posso ogni volta ripetere le stesse cose.

mentre invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti


Questo non solo è sbagliato, ma è falso.
Come ti ho già dimostrato, l'evoluzione, per quanto riguarda la vita animale, ha sviluppato quattro caratteristiche nella "natura inferiore":
- la sopravvivenza personale
- la procreazione
- la protezione dei cuccioli
- l'inidividuazione

Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.

Tu metti insieme la vita animale con i terremoti e le alluvioni.
Non sai che la Realtà è costituita da "sistemi" e ogni sistema si muove e si sviluppa secondo le proprie regole.
Le regole del sistema "vita animale" sono fatte per preservare la vita individuale e di specie.
Le regole del sistema "crosta terrestre" sono fatte pre creare un ambiente che sia favorevole alla vita. Se non ci fosse la "tettonica a zolle" che crea terremoti e alluvioni, non ci sarebbero le montagne, non ci sarebbero i fiumi e non ci sarebbero le pianure. In poche parole il nostro pianeta sarebbe inospitale e disabitato gà da qualche miliardo di anni.
E' proprio la tettonica a zolle (che causa terremoti e alluvioni) che consente al nostro pianeta di essere "vivo" e di poter ospitare la vita.

Poi..è chiaro che se stai facendo un picnic su una pianura alluvionale e ti becchi una alluvione e crepi, questo non vuol dire che la Realtà se ne frega della tua vita. Significa che ogni sistema segue le sue regole.
La stessa cosa accade se ti avventuri nella savana a piedi. Se incontri una leonessa ti sbrana. Perchè queste sono le sue regole.
La stessa cosa accade se bevi acqua che contiene dei batteri. I batteri ti sbranano e muori. Perchè queste sono le sue regole.
La Realtà è fatta a livelli e ogni livello è costuituito dai propri sistemi. E ogni sistema ha le sue regole, tutte indirizzate a preservare e continuare la vita nel suo complesso.

Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.


La frase che hai scritto e che io ho riportato è una tua fede.
Ed è la prova provata del fatto che le fedi, tutte le fedi, nascono dalla inconsapevolezza.
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

myfriend

#213
Citazione di: Lou il 26 Aprile 2017, 17:32:14 PM
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 14:21:37 PM

Su ciò che dice Einstein hanno costruito le bombe atomiche e le centrali elettronucleari. E non c'è nessun errore, perchè funzionano.
Quanto ha scoperto Einstein (e cioè che la materia è energia) è Realtà e infatti su questa Realtà si costruiscono le bombe atomiche e le centrali elettronucleari. E funzionano.  :D
Ciò significa che questo è effettivamente "ciò che è". Cioè la "materia è energia" non è una mappa o un errore, ma è una VERITA'.

Tanto per muovere i miei ditini e incozzarmi nel non voler capire ;) mi spiace ridirtelo ma non ero troppo fuor dal vero quando ti scrissi che consideri Verità ciò che dice Einstein perchè funziona.
Maddai Lou.
Il fatto che "funziona" indica che da una affermazione scientifica si può creare una tecnologia che funziona. E che tale tecnologia si basa proprio su una affermazione scientifica.
Il fatto che tale tecnologia "funziona" è una prova del fatto che l'affermazione scientifica è VERA.
In questo senso va intesa la tecnologia che "funziona". E cioè come l'ennesima prova del fatto che una affermazione scientifica è VERA ed è VERITA'.
Se così non fosse, infatti, non sarebbe possibile creare, a partire da una affermazione scientifica, una tecnologia che funziona.

Qui siamo proprio all'ABC.
Cioè si tratta di conoscere la differenza tra scienza e tecnologia e di sapere che la tecnologia esiste proprio perchè la scienza afferma delle VERITA'. Se non fossero VERITA' non sarebbe possibile creare, a partire da una affermazione scientifica, una tecnologia che funziona.
Ossignur!
E' proprio l'ABC!
Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Lou

#214
CitazioneIl fatto che tale tecnologia "funziona" è una prova del fatto che l'affermazione scientifica è VERA.

Appunto.
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

maral

Rispondo in modo abbozzato alle precedenti osservazioni di Sgiombo. Mettendo qualche titolo qua e là per cercare di rendere l'ammasso un po' più leggibile a tutti.

1-TAVOLI E SENSAZIONI
La sensazione per l'essere umano non significa altro che il presentarsi di una domanda: "C'è qualcosa, che cosa è?" E questo è già un significato: ogni sensazione significa precisamente questo.
Il falegname che ha fatto il tavolo della tua sala da pranzo, sapeva benissimo il significato di quello che faceva e perché lo andava fare e il suo fare aveva per lui un significato che richiedeva una risposta condivisa da altri soggetti sempre nell'ambito dei significati: "questo è un tavolo ben fatto", di modo che il suo progetto si realizzasse come un ulteriore significato (questo tavolo significa qualcosa di utile che mi dà da vivere) in cui convenire pubblicamente. Tutto questo è nel mondo delle parole (la nostra vita stessa è nel mondo delle parole e dunque dei significati), non delle cose e io non confondo le cose con le parole, proprio per questo so che "tavolo" è una parola e non una cosa, ma so anche che ogni cosa richiede la parola, un nome che le dà significato di modo da poter apparire chiamandola. In quel nome che però non è e non sarà mai, la cosa è sempre chiamata a partire dalla sensazione che significa  "C'è qualcosa, che cosa è?"

2- LE VERITA' E LE SCIENZE
Non ci sono verità tra loro maggiori e minori, semplicemente perché noi ci troviamo sempre nel senso tra noi comune di una sola di queste verità (e questo è il punto fondamentale, per il quale non è possibile nessun "chissenefrega", perché è da qui che si istituisce la prospettiva a cui ci affidiamo). E' da questa verità comune che culturalmente condividiamo che andiamo a misurare tutte le altre e la prendiamo come unità di misura per tutte, il nostro punto di osservazione è sempre al centro ogni volta che giudichiamo del vero o del falso, che lo si voglia o no è il pregiudizio a noi comune. E certo che la scienza istituisce un punto assolutamente centrale in una particolare forma del pensare umano che vuole valere per l'universo intero e poi verifica secondo le condizioni poste da questo stesso modo di pensare che non si verifica, ma è il metro pregiudiziale per ogni verifica. Noi partiamo da questo centro, dove stiamo noi anche quando diciamo che l'universo è infinito e non ha centro, perché qui è centrata la prospettiva del mondo, ma da qui possiamo però riconoscere che ogni prospettiva del mondo è un centro ed è vera nell'ambito della prospettiva da cui è prodotta. Per ogni centro si mostra una verità diversa, quindi la irriducibile pluralità delle verità, tutte fra loro diverse che si rispecchiano e rimandano reciprocamente, tutte in qualche misura in errore, quindi anche la nostra, quindi anche quella scientifica, ma ognuna in errore in modo diverso.
Non ha nessun senso dire che la medicina scientifica è oggettivamente e in assoluto la più vera  pratica di cura rispetto a ogni altra mai praticata. E' la più vera per chi abita in questa prospettiva del mondo istituita da un certo modo di fare le cose, di dirle, di pensarle, di utilizzare certi strumenti cognitivi (e questa prospettiva ormai è ovunque nel senso comune di riferimento, anche se, come sempre, ripresenta a se stessa le proprie dirompenti contraddizioni). La nostra prospettiva non ha migliorato per nulla la vita di chi non conosceva o ancora non conosce questa prospettiva di esistenza, questo contesto in cui risulta utile e vera, ma diventa indispensabile quando instaura il suo doversi adeguare ad essa. Il fatto è piuttosto che questa prospettiva è la più potente, non perché è più vera (la potenza non ha nulla a che fare con la verità), ma perché è quella che meglio riesce a illudere chi la adotta di un controllo assoluto sul reale, essa trasforma il reale in un mosaico di tessere, lo smembra con un pensiero analitico che fa a pezzi la realtà. Il problema è che questo stesso pensiero analitico, proprio come una macchina impazzita, si perde sempre di più nei suoi pezzi e viene smembrato dal suo medesimo procedere. 

Citazioneperché non fondare una cultura che affermi l' immortalità umana con la stessa validità e verità (secondo le tue pretese) delle teorie scientifiche (efficaci, che curano efficacemente esattamente come affermano di fare -cioè non in assoluto, non infallibilmente- tantissime malattie)?
Mi sembra chiaro a questo punto: è impossibile in quanto non siamo noi a decidere di fondare culture, noi ne siamo i prodotti e non i fondatori e in questo esserne prodotti troviamo verità che poi contribuiamo a cambiare. Non siamo noi gli autori dei nostri pensieri, non li scegliamo noi.

CitazioneMa la scienza (le scienze naturali), astrattamente intesa, si pone (di fatto, se e quando correttamente praticata, tende a porsi) di fronte al mondo in maniera avalutativa, ha per scopo il cercare ciò che é/accade realmente e non ciò che è bene che sia/accada realmente.
No, questo è il trucco, ormai svelato da molto tempo. La scienza parte sempre da una prevalutazione dei dati, quindi non si pone per nulla di fronte al mondo in maniera avalutativa, ma al contrario comincia sempre con una valutazione dei dati da considerare in base a presupposti procedurali prefissati che sono dati e accettati prima di qualsiasi altro dato. Chiunque pratica la scienza, soprattutto se "dura", quantificata e oggettiva, fa sempre valutazioni a priori, anche se poi rimuove questo fatto.

3- IL SENSO COMUNE E LA REALTA'
Il senso comune è davvero matrice ed espressione dell'intera conoscenza umana, qualsiasi cosa si dica e comunque la si dica riferisce ad esso, ma il senso comune  non è né semplicemente definito, né definitivo, è invece una pluralità di sensi che nella storia umana si presenta continuamente in modo diverso: rilegge se stesso, si capovolge e cambia di significati, ritorna sui propri resti e sulle proprie tracce fissate in memoria, ne produce di nuovi che poi re-ingloba e dimentica mutando continuamente i significati per quanto li si voglia fissare con linguaggi astrattamente oggettivi. E' un magma sempre in movimento da cui esalano astrazioni, definizioni, sogni, immagini di grande potenza, scienze, filosofie, miti, superstizioni che continuamente si intrecciano nel loro significare, ossia nel fare segno della cosa per poter dire che cosa è senza mai poterla dire, proprio perché è necessario dirla e dirla di nuovo diversamente, perché è la cosa stessa a chiedere il suo nome che non è la cosa.
E per questo motivo nessun senso particolare è più fondato di un altro, nessuna conoscenza che può solo essere parziale, ma ogni conoscenza è fondata e vera nel contesto di pratiche in cui è prodotta, quando non è fondata si disintegra con grande angoscia di chi vi faceva affidamento. Lo stiamo vivendo oggi, è la nostra catastrofe, che è catastrofe di segni e significati, è catastrofe della nostra conoscenza, non della "realtà".

Sì, la realtà è una sola, ma conoscere non è predicare ciò che realmente accade, perché ciò che si dice che realmente accade è ancora un predicato, non la realtà in-predicata. E ogni predicare, proprio perché predica, è sempre contraddittorio, ha comunque in sé ciò che lo contraddice, il proprio "non (essere così)". Vale anche per quello che sto dicendo, che non è altro che un dire, come non è altro che un dire il tuo che mi contraddice, come non è altro che un dire quello che dice la scienza, ogni filosofia, ogni religione, senza che nessuna di queste forme di conoscenza abbia uno statuto privilegiato di verità rispetto alle altre, perché ognuna presenta la propria verità e il proprio errore cercando di dire meglio che può.
Anche le "componenti materiali" sono un dire, un voler significare. La realtà non ha né componenti materiali né spirituali che sono solo predicati, non conosce né soggetto né oggetto né relazione tra questi, ma continuamente li genera come significati e nomi da poter un po' trattenere qualcosa, dei resti da condividere su cui fissare dei punti di orientamento.

4- TOLLERANZA E ONNISCIENZA 
CitazioneScusa eh, ma a parte la reiterazione veramente fastidiosissima (al limite dell' offensivo) della Verità con l' iniziale maiuscola riferita del tutto indebitamente a me, qui cadi nella stessa fallacia di Angelo Cannata consistente nell' identificare del tutto indebitamente "convinzione ritenuta certa" con intolleranza delle convinzioni altrui" e "indifferenza" con "tolleranza"!
No, ogni contesto genera del tutto lecitamente delle convinzioni certe e deve farlo, non si può essere né indifferenti alla verità, anche se si sa che in qualche misura è sempre in errore, né comunque tolleranti. Perché è solo in questa nostra prospettiva relativa che noi viviamo che troviamo senso, non certo nella "realtà" assoluta, quindi si tratta di difendere quello che siamo, quello in cui possiamo vivere propriamente noi stessi.
Anche se nessuna verità può coincidere con la realtà, poiché riguarda il suo significato e non il suo essere, pur tuttavia ogni verità è reale parte della realtà e quindi non può essere scelta come si vuole (nessuna), essa è ciò a partire dalla quale riusciamo a riconoscerci e quindi umanamente a vivere. Non possiamo rinunciarvi, ma proporla agli altri, affinché negli altri ci si possa riconoscere (e non c'è altro modo di conoscersi se non negli altri, per questo non può esserci alcuna coscienza unica e assoluta che non ha altro da sé, qualcosa che le rimandi l'immagine di se stessa).
La fondatezza vera delle nostre convinzioni e conoscenze la si può misurare solo negli effetti che producono nell'ambito culturale che li produce, non certo in generale, non certo nell'universo mondo e per tutti, pipistrelli compresi. Il problema sorge invece quando due culture si incontrano, ma questo è un discorso da affrontare a parte.

CitazioneBeh, se invece di filosofia, come mi era sempre parso, intendi discutere di religione, la cosa non mi interessa (più).
E comunque non mi pare che quel Dio (se è quello cui credo tu alluda), per il fatto di non essere di questo mondo, abbia mai negato di poterlo conoscere.
Moltissimi teologi che vanno per la maggiore gli attribuiscono anzi l' "onniscienza"!
Sempre se ho inteso bene a quale Dio alluda (ma a me risulta un solo Dio che abbia affermato che il suo regno -e dunque anche lui in esso- non è di questo mondo).
Parlavo di Dio filosoficamente, non certo religiosamente. Il Dio onnisciente è un Dio che gode la panoramica trascendente su tutto l'universo, quindi deve essere fuori da esso e infatti lo crea dal nulla e così lo conosce. Credo che il tecnico scienziato (ma non solo, anche un certo tipo di filosofi), abbia inconsciamente ereditato dalla religione questa immagine così suggestiva. D'altro canto è più allettante cercare di assomigliare a Dio che a un pipistrello, soprattutto dopo che la scienza spiega cosa sono "oggettivamente" i pipistrelli mostrandoci che solo dei selvaggi o dei matti possono vederci degli Dei.

sgiombo

Citazione di: myfriend il 27 Aprile 2017, 11:09:14 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2017, 16:18:29 PM
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 13:53:41 PM
@sgiombo

No no.
Nella natura ci sono entrambe queste Realtà.

C'è la Realtà della sopravvivenza, che spinge il leone a uccidere i cuccioli della giraffa per sfamarsi e per sfamare i propri cuccioli.
E c'è la Realtà della salvaguardia dei piccoli che spinge la giraffa a proteggere i propri cuccioli dal pericolo dei leoni e spinge la leonessa a trovare cibo per sfamare i propri cuccioli.

Entrambe questi aspetti (sopravvivenza personale e protezione dei cuccioli) fanno parte della Realtà della "natura inferiore". Anche se a volte sono in competizione.
Affermare che la Realtà non tiene conto dei cuccioli è falso come una banconota da 300 euri.  :D
CitazioneDi natura "inferiore" e "superiore" dovresti dare dimostrazione....

Ma comunque nella natura vi sono soggetti (individui) che hanno a cuore altri individui, mente invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti (ogni e ciascun individuo; a meno che non sia frutto della provvidenza divina, cosa pure da dimostrarsi e comunque palesemente confutata dai fatti quoitidianamente osservabili).

Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.

...Ma mi raccomando: prima assicurati che non abbia a portata di mano un corpo contundente!
Ho dato dimostrazione scientifica della natura inferiore e superiore quando ho parlato del cervello umano e della sua struttura a strati.
Non posso ogni volta ripetere le stesse cose.

mentre invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti


Questo non solo è sbagliato, ma è falso.
Come ti ho già dimostrato, l'evoluzione, per quanto riguarda la vita animale, ha sviluppato quattro caratteristiche nella "natura inferiore":
- la sopravvivenza personale
- la procreazione
- la protezione dei cuccioli
- l'inidividuazione

Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.

Tu metti insieme la vita animale con i terremoti e le alluvioni.
Non sai che la Realtà è costituita da "sistemi" e ogni sistema si muove e si sviluppa secondo le proprie regole.
Le regole del sistema "vita animale" sono fatte per preservare la vita individuale e di specie.
Le regole del sistema "crosta terrestre" sono fatte pre creare un ambiente che sia favorevole alla vita. Se non ci fosse la "tettonica a zolle" che crea terremoti e alluvioni, non ci sarebbero le montagne, non ci sarebbero i fiumi e non ci sarebbero le pianure. In poche parole il nostro pianeta sarebbe inospitale e disabitato gà da qualche miliardo di anni.
E' proprio la tettonica a zolle (che causa terremoti e alluvioni) che consente al nostro pianeta di essere "vivo" e di poter ospitare la vita.

Poi..è chiaro che se stai facendo un picnic su una pianura alluvionale e ti becchi una alluvione e crepi, questo non vuol dire che la Realtà se ne frega della tua vita. Significa che ogni sistema segue le sue regole.
La stessa cosa accade se ti avventuri nella savana a piedi. Se incontri una leonessa ti sbrana. Perchè queste sono le sue regole.
La stessa cosa accade se bevi acqua che contiene dei batteri. I batteri ti sbranano e muori. Perchè queste sono le sue regole.
La Realtà è fatta a livelli e ogni livello è costuituito dai propri sistemi. E ogni sistema ha le sue regole, tutte indirizzate a preservare e continuare la vita nel suo complesso.

Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.


La frase che hai scritto e che io ho riportato è una tua fede.
Ed è la prova provata del fatto che le fedi, tutte le fedi, nascono dalla inconsapevolezza.
CitazioneQui di inconsapevolezza c' é solo la tua circa l' infondatezza delle sciocchezze che sciorini con sicumera pari solo alla loro infondatezza stessa, dispensando a vanvera giudizi infondati e falsi circa la presunta altrui ignoranza delle scienze naturali e pretesi atteggiamenti fideistici.

sgiombo

#217
Citazione di: maral il 27 Aprile 2017, 14:05:54 PM
Rispondo in modo abbozzato alle precedenti osservazioni di Sgiombo. Mettendo qualche titolo qua e là per cercare di rendere l'ammasso un po' più leggibile a tutti.

1-TAVOLI E SENSAZIONI
La sensazione per l'essere umano non significa altro che il presentarsi di una domanda: "C'è qualcosa, che cosa è?" E questo è già un significato: ogni sensazione significa precisamente questo.
Il falegname che ha fatto il tavolo della tua sala da pranzo, sapeva benissimo il significato di quello che faceva e perché lo andava fare e il suo fare aveva per lui un significato che richiedeva una risposta condivisa da altri soggetti sempre nell'ambito dei significati: "questo è un tavolo ben fatto", di modo che il suo progetto si realizzasse come un ulteriore significato (questo tavolo significa qualcosa di utile che mi dà da vivere) in cui convenire pubblicamente. Tutto questo è nel mondo delle parole (la nostra vita stessa è nel mondo delle parole e dunque dei significati), non delle cose e io non confondo le cose con le parole, proprio per questo so che "tavolo" è una parola e non una cosa, ma so anche che ogni cosa richiede la parola, un nome che le dà significato di modo da poter apparire chiamandola. In quel nome che però non è e non sarà mai, la cosa è sempre chiamata a partire dalla sensazione che significa  "C'è qualcosa, che cosa è?"
CitazioneQuel falegname sapeva bene ciò che faceva; e ciò che faceva (il tavolo), contrariamente ad esempio alla scritta "vernice fresca" che ha apposto al tavolo dopo averlo verniciato o la sua probabile frase "questo è un tavolo ben fatto" (che è tutt' altro che il tavolo stesso!), non significava proprio nulla.
Non ogni cosa, ma casomai il pensiero, la conoscenza (verbale) di ogni cosa richiede parole (delle quali le cose stesse sono i rispettivi significati, nel senso di denotazioni, e non viceversa), e tu continui proprio imperterrito a confondere questi due ben diversi casi.

2- LE VERITA' E LE SCIENZE
Non ci sono verità tra loro maggiori e minori, semplicemente perché noi ci troviamo sempre nel senso tra noi comune di una sola di queste verità (e questo è il punto fondamentale, per il quale non è possibile nessun "chissenefrega", perché è da qui che si istituisce la prospettiva a cui ci affidiamo). E' da questa verità comune che culturalmente condividiamo che andiamo a misurare tutte le altre e la prendiamo come unità di misura per tutte, il nostro punto di osservazione è sempre al centro ogni volta che giudichiamo del vero o del falso, che lo si voglia o no è il pregiudizio a noi comune. E certo che la scienza istituisce un punto assolutamente centrale in una particolare forma del pensare umano che vuole valere per l'universo intero e poi verifica secondo le condizioni poste da questo stesso modo di pensare che non si verifica, ma è il metro pregiudiziale per ogni verifica. Noi partiamo da questo centro, dove stiamo noi anche quando diciamo che l'universo è infinito e non ha centro, perché qui è centrata la prospettiva del mondo, ma da qui possiamo però riconoscere che ogni prospettiva del mondo è un centro ed è vera nell'ambito della prospettiva da cui è prodotta. Per ogni centro si mostra una verità diversa, quindi la irriducibile pluralità delle verità, tutte fra loro diverse che si rispecchiano e rimandano reciprocamente, tutte in qualche misura in errore, quindi anche la nostra, quindi anche quella scientifica, ma ognuna in errore in modo diverso.
CitazionePosto che lo scetticismo non è razionalmente superabile e allora se si vuole essere razionalisti del tutto conseguenti bisogna limitarsi a dubitare di tutto, sospendere il giudizio su tutto (anche sulla non superabilità dello scetticismo, e allora la discussione è "morta lì"; se invece si assume un minimo di credenze indimostrabili proprie del cosiddetto "senso comune" e tali che chiunque è correntemente considerato sano di mente per lo meno agisce come se vi credesse, allora è falso che qualsiasi credenza su qualsiasi cosa è vera.
Molte sono false e per quanto riguarda la conoscenza del solo mondo materiale che ne è oggetto nessun sistema teorico è neanche minimamente paragonabile per quantità di verità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di meno) e per quantità di falsità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di più) alle scienze, grazie alla critica razionale cui si servono di osservazioni empiriche e ipotesi teoriche.

Non ha nessun senso dire che la medicina scientifica è oggettivamente e in assoluto la più vera  pratica di cura rispetto a ogni altra mai praticata. E' la più vera per chi abita in questa prospettiva del mondo istituita da un certo modo di fare le cose, di dirle, di pensarle, di utilizzare certi strumenti cognitivi (e questa prospettiva ormai è ovunque nel senso comune di riferimento, anche se, come sempre, ripresenta a se stessa le proprie dirompenti contraddizioni). La nostra prospettiva non ha migliorato per nulla la vita di chi non conosceva o ancora non conosce questa prospettiva di esistenza, questo contesto in cui risulta utile e vera, ma diventa indispensabile quando instaura il suo doversi adeguare ad essa. Il fatto è piuttosto che questa prospettiva è la più potente, non perché è più vera (la potenza non ha nulla a che fare con la verità), ma perché è quella che meglio riesce a illudere chi la adotta di un controllo assoluto sul reale, essa trasforma il reale in un mosaico di tessere, lo smembra con un pensiero analitico che fa a pezzi la realtà. Il problema è che questo stesso pensiero analitico, proprio come una macchina impazzita, si perde sempre di più nei suoi pezzi e viene smembrato dal suo medesimo procedere.  
CitazioneTi sbagli di grosso (ritenendo in pratica che in terapia esista unicamente l' effetto placebo, che invece è qualcosa di molto limitato e marginale!): indipendentemente da ciò che ne sanno o meno, le cure scientifiche curano allo stesso modo (molto efficace e non infallibile) tutti: noi occidentali, aborigeni australiani e amazzonici, ecc.
E, a parte effetti placebo, molto limitati, la stessa indiscriminatezza e indipendenza dalle opinioni di chi se ne serve è propria anche dell' efficacia (incomparabilmente minore e dipendente: o da quel poco di verità empiriche pre-scientifiche o al massimo prortoscientifiche che ne sono alla base, o dell' effetto placebo, oppure del "puro culo") delle medicine degli stregoni.

Citazioneperché non fondare una cultura che affermi l' immortalità umana con la stessa validità e verità (secondo le tue pretese) delle teorie scientifiche (efficaci, che curano efficacemente esattamente come affermano di fare -cioè non in assoluto, non infallibilmente- tantissime malattie)?
Mi sembra chiaro a questo punto: è impossibile in quanto non siamo noi a decidere di fondare culture, noi ne siamo i prodotti e non i fondatori e in questo esserne prodotti troviamo verità che poi contribuiamo a cambiare. Non siamo noi gli autori dei nostri pensieri, non li scegliamo noi.
CitazioneSe così fosse non si spiegherebbe come sia nata naturalmente (cioè in un mondo naturale nel quale prima non c' era) la cultura umana: poiché per lo meno prima della comparsa dei primati (a voler essere molto prudenti in proposito) non esisteva cultura, come potrebbe essere sorta? Forse perché Dio avrebbe insegnato agli uomini le prime verità, i primi elementi di cultura, le prime conoscenze vere ("pensieri veri") di cui non potevano essere rispettivamente "gli autori" e "i fondatori" per lo meno quanto non potremmo esserli noi dei nostri?

CitazioneMa la scienza (le scienze naturali), astrattamente intesa, si pone (di fatto, se e quando correttamente praticata, tende a porsi) di fronte al mondo in maniera avalutativa, ha per scopo il cercare ciò che é/accade realmente e non ciò che è bene che sia/accada realmente.
No, questo è il trucco, ormai svelato da molto tempo. La scienza parte sempre da una prevalutazione dei dati, quindi non si pone per nulla di fronte al mondo in maniera avalutativa, ma al contrario comincia sempre con una valutazione dei dati da considerare in base a presupposti procedurali prefissati che sono dati e accettati prima di qualsiasi altro dato. Chiunque pratica la scienza, soprattutto se "dura", quantificata e oggettiva, fa sempre valutazioni a priori, anche se poi rimuove questo fatto.
CitazioneNon confondiamo valutazione di fatti constatati con valutazione di giustezza o doverosità di azioni!

Come mi sembra fosse del tutto inequivocabile dal contesto della discussione, per "avalutatività" scientifica non intendevo l' acritica accettazione delle prime ipotesi che "capita di partorire", che è casomai il contrario di ciò che fa la scienza, ma la il non far dipendere le tesi teoriche da proporre da valutazioni deontologiche.

Circa la non dimostrabilità (l' essere "a priori") di importanti conditiones sine qua non della conoscenza scientifica (rilevate per primo da genio di David Hume!) chi fa scienza (e non filosofia) può ben non esserne consapevole ("rimuovere questo fatto"): sbaglia, in campo filosofico, ma non è detto che per questo la conoscenza scientifica sia altrettanto arbitraria di qualsiasi altro sistema di teorie irrazionalistiche (superstiziose, religiose, new age, olistiche, ecc.).

3- IL SENSO COMUNE E LA REALTA'
Il senso comune è davvero matrice ed espressione dell'intera conoscenza umana, qualsiasi cosa si dica e comunque la si dica riferisce ad esso, ma il senso comune  non è né semplicemente definito, né definitivo, è invece una pluralità di sensi che nella storia umana si presenta continuamente in modo diverso: rilegge se stesso, si capovolge e cambia di significati, ritorna sui propri resti e sulle proprie tracce fissate in memoria, ne produce di nuovi che poi re-ingloba e dimentica mutando continuamente i significati per quanto li si voglia fissare con linguaggi astrattamente oggettivi. E' un magma sempre in movimento da cui esalano astrazioni, definizioni, sogni, immagini di grande potenza, scienze, filosofie, miti, superstizioni che continuamente si intrecciano nel loro significare, ossia nel fare segno della cosa per poter dire che cosa è senza mai poterla dire, proprio perché è necessario dirla e dirla di nuovo diversamente, perché è la cosa stessa a chiedere il suo nome che non è la cosa.
E per questo motivo nessun senso particolare è più fondato di un altro, nessuna conoscenza che può solo essere parziale, ma ogni conoscenza è fondata e vera nel contesto di pratiche in cui è prodotta, quando non è fondata si disintegra con grande angoscia di chi vi faceva affidamento. Lo stiamo vivendo oggi, è la nostra catastrofe, che è catastrofe di segni e significati, è catastrofe della nostra conoscenza, non della "realtà".
CitazioneE' vero che il senso comune è abbastanza difficile da definire e può essere inteso anche diversamente (più "largamente") di quanto da me proposto in questa discussione.
Ma ciò non toglie che implica comunque un "minimo comun denominatore" comprendente il superamento del solipsismo, l' intersoggettività e il divenire ordinato secondo modalità generali-astratte universali e costanti dei fenomeni materiali -la tendenza a "fare induzioni"- tale che chiunque è comunemente considerato sano di mente per lo meno si comporta come se vi credesse; e a questo "minimo comun denominatore del senso comune" sui limitano gli assunti indimostrabili della conoscenza scientifica (mentre qualsiasi altro meno razionalistico sistema teorico accetta acriticamente a man bassa una gran quantità di ulteriori credenze infondate).

Sì, la realtà è una sola, ma conoscere non è predicare ciò che realmente accade, perché ciò che si dice che realmente accade è ancora un predicato, non la realtà in-predicata. E ogni predicare, proprio perché predica, è sempre contraddittorio, ha comunque in sé ciò che lo contraddice, il proprio "non (essere così)". Vale anche per quello che sto dicendo, che non è altro che un dire, come non è altro che un dire il tuo che mi contraddice, come non è altro che un dire quello che dice la scienza, ogni filosofia, ogni religione, senza che nessuna di queste forme di conoscenza abbia uno statuto privilegiato di verità rispetto alle altre, perché ognuna presenta la propria verità e il proprio errore cercando di dire meglio che può.
Anche le "componenti materiali" sono un dire, un voler significare. La realtà non ha né componenti materiali né spirituali che sono solo predicati, non conosce né soggetto né oggetto né relazione tra questi, ma continuamente li genera come significati e nomi da poter un po' trattenere qualcosa, dei resti da condividere su cui fissare dei punti di orientamento.
CitazioneChe ciò che si dice che realmente accade è ancora un predicato è un' ovvia tautologia: come dire conoscere è ancora conoscere.

Contraddittorio non è affatto ogni predicare per il fatto che la stessa cosa potrebbe predicarsi in linea di principio anche in forma negativa: dire "l' Everest é più alto di tutti gli altri monti della terra" e "tutti gli altri monti della terra sono più bassi dell' Everest" non sono affatto predicati reciprocamente contraddittori; anzi, sono sostanzialmente identici.

Se il mio dire contraddice il tuo, come in effetti accade, non per questo il mio dire (né il tuo) è un dire intrinsecamente contraddittorio.
E non per questo, quanto a verità, l' uno vale l' altro.

Il dire è una cosa, la realtà (in generale) è un' altra.
Ma non per questo non si può veracemente dire qualcosa (molto? Poco? Valutazioni meramente soggettive e opinabili) della realtà.

4- TOLLERANZA E ONNISCIENZA  
CitazioneScusa eh, ma a parte la reiterazione veramente fastidiosissima (al limite dell' offensivo) della Verità con l' iniziale maiuscola riferita del tutto indebitamente a me, qui cadi nella stessa fallacia di Angelo Cannata consistente nell' identificare del tutto indebitamente "convinzione ritenuta certa" con intolleranza delle convinzioni altrui" e "indifferenza" con "tolleranza"!
No, ogni contesto genera del tutto lecitamente delle convinzioni certe e deve farlo, non si può essere né indifferenti alla verità, anche se si sa che in qualche misura è sempre in errore, né comunque tolleranti. Perché è solo in questa nostra prospettiva relativa che noi viviamo che troviamo senso, non certo nella "realtà" assoluta, quindi si tratta di difendere quello che siamo, quello in cui possiamo vivere propriamente noi stessi.
CitazioneSe ben capisco, così dicendo semplicemente ammetti che tolleranza e relativismo non sno la stessa cosa e che si può essere sostenitori convinti e perfino dogmatici delle proprie credenze senza per questo necessariamente imporle con la forza e l' intolleranza agli altri.

Anche se nessuna verità può coincidere con la realtà, poiché riguarda il suo significato e non il suo essere, pur tuttavia ogni verità è reale parte della realtà e quindi non può essere scelta come si vuole (nessuna), essa è ciò a partire dalla quale riusciamo a riconoscerci e quindi umanamente a vivere. Non possiamo rinunciarvi, ma proporla agli altri, affinché negli altri ci si possa riconoscere (e non c'è altro modo di conoscersi se non negli altri, per questo non può esserci alcuna coscienza unica e assoluta che non ha altro da sé, qualcosa che le rimandi l'immagine di se stessa).
La fondatezza vera delle nostre convinzioni e conoscenze la si può misurare solo negli effetti che producono nell'ambito culturale che li produce, non certo in generale, non certo nell'universo mondo e per tutti, pipistrelli compresi. Il problema sorge invece quando due culture si incontrano, ma questo è un discorso da affrontare a parte.
CitazioneChe la realtà è una cosa e la conoscenza un' altra (è infatti il predicare vero circa la realtà) è pacifico.
Cos' come che ogni verità reale è parte della realtà.

Ma ciò non significa certo che, come sembrerebbe di capire dall' espressione "non può esserci alcuna coscienza unica e assoluta", ogni predicato o teoria valga l' altro –a indifferentemente quanto a verità.

Purtroppo per noi innocenti, per i pipistrelli e per ogni altra cosa, animale o persona, e contrariamente a quanto pretenderesti tu, la fondatezza vera delle conoscenze (scientifiche) in base alle quali si sono prodotte le bombe atomiche (e tanti altri artefatti dannosissimi) non la  si può misurare solo negli effetti che producono nell'ambito culturale che li produce, ma in qualsiasi altro ambito materiale, culturale e pure naturale (quello dei chirotteri compreso).

CitazioneBeh, se invece di filosofia, come mi era sempre parso, intendi discutere di religione, la cosa non mi interessa (più).
E comunque non mi pare che quel Dio (se è quello cui credo tu alluda), per il fatto di non essere di questo mondo, abbia mai negato di poterlo conoscere.
Moltissimi teologi che vanno per la maggiore gli attribuiscono anzi l' "onniscienza"!
Sempre se ho inteso bene a quale Dio alluda (ma a me risulta un solo Dio che abbia affermato che il suo regno -e dunque anche lui in esso- non è di questo mondo).
Parlavo di Dio filosoficamente, non certo religiosamente. Il Dio onnisciente è un Dio che gode la panoramica trascendente su tutto l'universo, quindi deve essere fuori da esso e infatti lo crea dal nulla e così lo conosce. Credo che il tecnico scienziato (ma non solo, anche un certo tipo di filosofi), abbia inconsciamente ereditato dalla religione questa immagine così suggestiva. D'altro canto è più allettante cercare di assomigliare a Dio che a un pipistrello, soprattutto dopo che la scienza spiega cosa sono "oggettivamente" i pipistrelli mostrandoci che solo dei selvaggi o dei matti possono vederci degli Dei.
CitazioneScusa, ma questa tua credenza mi sembra proprio un pregiudizio infondato.
So di molti scienziati e qualche filosofo che sono pessimi filosofi e pretendono ridicolmente l' onniscienza, ma di nessuno scienziato che pretenda che la realtà venga creata dal nulla o e in questo modo conosciuta da parte della scienza.

Per credere (giustamente) che solo dei selvaggi incivili o dei matti possono ritenere i pipistrelli degli dei non è necessaria la scienza: basta molto meno!

paul11

Citazione di: green demetr il 27 Aprile 2017, 05:51:09 AM
x paul

cit paul
"se non c'è un inizio, un origine, che sai filosofica, teologica o scientifica, dimmi come faremmo a "leggere" il mondo?"

Se provi a leggere i post scambiati con Sgiombo, con cui concordo in linea di massima, la lettura del mondo si può dare come descrizione fenomenica, senza dover aggiungere altro.

Ovviamente è una lettura riduzionista, che non tiene conto della trascendenza e della possibilità razionale di indagarla.
Ma questo non cambia che sia una lettura assolutamente legittima e ragionevole.

cit paul
"Senza un ordine che è necessariamente un "in sè" tutto sarebbe randomizzato. Oggi la gravità funzionerebbe con i piedi per terra e domani la testa. Ogni cosa che oggi è, domani non sarebbe ,e domani ancora diversamente da prima.
Questa è una contraddizione in termini. Ma addirittura che se fossimo un cervello in una  vasca" o tutto fosse una matrix o un'illusione, perchè comunque ha un ordine intellegibile analogicamente al nostro cervello che è infatti parte."

oscuro questo passaggio, spero vivamente che non tu non mi stia propinando le barzellette dell'analitica americana come confutazione di un ordine (supposto) vigente in sè (Che ripeto non so cosa voglia dire detto così senza specifiche. Così detto sembra una condizione divina, condizione che prima avevi negato, quindi c'è di nuovo un problema con la significazione delle parole)

cit paul
"L'intuizione, ma è una mia semplice considerazione, è proprio perchè siamo parte di un origine comune, veniamo tutti e tutto da unico punto, così come è nato l'uomo così come nacque la Terra .così come nacque l'universo., sia che lo inseriamo i nquadro rappresentativo scientifico naturale, filosfiico o teologico."

E' una supposizione che fai invece! sarebbe considerazione se esistesse un ente divino (che produce un mondo, come nella vecchia  religione cattolica).

cit paul
"La trascendenza, non necessariamente per me è spirituale, forse la utilizzo impropriamente, ma per me signiifca spostare da un dominio all'altro un segno. Un albero, un fiore, un pianeta, comunque tutto ciò che appartiene al dominio naturale, attraverso il linguaggi o lo sposto nel dominio dell'asrtatto e diviene conoscenza."

Il punto della impropriatezza è che pur essendo una astrazione (e quindi contenendo in sè un linguaggio, segnico-simbolico) si tratterebbe del particolare caso in cui il simbolico rende il segnico sostanzialmente formale, una variabile sconosciuta.
Si tratterebbe quindi di controllare quella variabile, ed è lì che interviene il discorso sul fondamento, l'originario e ogni tentativo di "nuova metafisica".
Certo questa variabile non può (essendo formale) essere intensa come naturale. E questo per ri-sottolineare la distanza che ci divide.

cit paul
"Ad esempio, se osservo e analizzo il cilo planetario di un pianeta attorno al sole e vedo che è regolare(ecco il principio ordinativo e leggibile all mente umana) posso spostare i lsuo movimento dentro l'astratto con il linguaggio logico materiale in una equazione."

Se applico quell'equazione a tutti  i pianeti e vedo che i valori segnici dati corrispondono all'osservazione fisica, allora quella legge vale per tutti i pianeti. Quindi il concetto è la formulazione razionale che permette i passaggi dei domini attraverso i linguaggi e permette il doppio passaggio ,come in questo esempio per verificare la formalità logico-matematica, quindi è razionale."

Sì certo, ma la formalità (segnico-simbolica) in questo caso si riferisce a dei fenomeni, conoscibili sensibilmente, e quindi passibili di una sperimentazione empirica.
Fenomeno e trascendenza non sono cioè la stessa cosa.

cit paul
"La coscienza avendo un'intuito quest'ultimo, a mio modesto parere, lega la coscienza direi come un eco profondo  metaforicamente all'origine. Come dire.......qualcosa mi dice che quella cosa è relazionata a quella'ltra in un certo modo...poi agisce la ragione, la razionalità i linguaggi...... ma quell'intuito è come un'apripista."

Vedo che nonostante tutto però intendi benissimo che vi è una eco, ovviamente quella sì dell'intuito, ma meglio ancora come dice Hegel dell'immediatezza, pur essendo noi immersi nel presente, noi viviamo come di rimbalzo del passato. E in quel rimbalzo di cui arriva a noi l'informazione sensibile, si apre anche la certezza che qualcosa viene perso nel frattempo, quel qualcosa si intende solo come DOMANDA. Che poi sarebbe la domanda filosofica, ossia il fondamento è l'apertura all'originario. In Heideger sarebbe "la radura".

cit paul
"Green, quel Tutto qualcuno lo definisce punto zero della teoria del big bang e quindi teoria scientif1ca cosmologica, per altri è Dio, per altri è L'uno, per altri è il principio di identità, per altri è lo Spirito, per altri coscienza cosmica o universale,ecc.
Il problema è come concettualmente, in modo razionale il movimento della coscienza muova il procedimento conoscitivo quindi i domini in maniera coerente e non contraddittoria :questo è il problema razionale"

Caro Paul la psico-analisi o la psichiatria fenomenologica sa benissimo che ogni cosmologia è una rivelazione, una mimesi del discorso sul tempo. Ossia è sempre una forma del discorso paranoico.
Si tenta di iscrivere il tempo, di dominarlo, nascondendo come ben sai il tabù della morte.("se domino il tempo non muoio" sarebbe il discorso nascosto delirante).
Non vi è domanda filosofica nelle teorie fisiche, nè in Dio, nè nella coscienza cosmica etc...perchè essi suppongono che esistano come origine. Ma quella supposizione è solo una volgare arronganza direbbe un Nietzche.

cit paul
"Il problema è come concettualmente, in modo razionale il movimento della coscienza muova il procedimento conoscitivo quindi i domini in maniera coerente e non contraddittoria :questo è il problema razionale"

Certo, ma come lo risolvi concettualemte se riguarda una intuizione, senza darla per scontata quantomeno?Altrimenti sarebbe una cosmologia.

cit paul
"E' il nostro personale piccolo specchio che rispecchia l'universo, passando per il contraddittorio mondo dell'esistenza nel divenire. Direi è l'essere che esiste e quindi contraddizione e verità, velament oe svelamento. razionalità ed emotività. E' il luogo della nostra rappresentazione contraddittoria, dell'inquietudine ,del tormento esistenziale umano. ma appunto come Davintro ritengo che la razionalità= libertà. Perchè il punto centrale della contraddittorietà umana, la coscienza è il luogo in cui avviene dialetticamente il contraddittorio i umano e solo la razionalità vincendo le contraddizioni con la razionalità possono liberarlo  Vinco una paura ,quando la razionalizzo e allora l'irrazionale lo faccio entrare nel logico: questo è il movimento storico dellla cultura, togliere lo sconosciuto, svelare l'ignoto, affinchè conoscendo lo comprenda, lo faccia mio.
ma il fare mio signiifica interiorizzare nella coscienza la conoscenza dirimendo il contraddittorio fra il fenomeno fisico e l'astrazione del segno linguistico"

Certo che è uno specchio. Posso venire incontro a te e Davintro se vedete il naturale come l'atto della potenza originaria.
E quindi della possibilità della libertà umana di passare da potenza in atto.
Il punto è che per me ogni discorso sulla libertà risente di una "cosmologia" in cui è iscritta. E quindi è sospetta in massimo grado.

cit paul
Guarda che è simile alla psicoterapia. Tutti  i domini alla fine si correlano negli identici processi, negli dentici movimenti e dinamiche : perchè c'è un unico principio ordinativo.

Esatto un principio ordinativo, con il piccolo problema che è un principio ordinativo criminale. >:(
Pensiamo anche solo all'autismo e al diritto dell'individuo di sottrarsi al discorso generale ideologico. Nemmeno più quella fortezza nascosta (Come veniva chiamata) è esente dalla sua cosificazione, dalla feticizzazione umana medica.
Anche l'autismo viene considerata malattia. :'(

Diversa cosa la psicoanalisi, che è invece sempre una analisi del discorso, un tentativo di comprensione, e di decifrazione del linguaggio (che la psico-analisi ritiene il vero originario, non io per inciso).
Nessuna pretesa di ordinazione medica. Dal dominio del discorso al dominio della zoe.
Caro Paul sono in pochi a capire questo incubo contemporaneo. :(

Per favore ricordatelo! io parlo di psicanalisi non  di psichiatria! (quella di freud e lacan non quelle comportamentali e dinamiche) :'(

cit paul
"Sini è un pragmatico di ascendenza fenomenologica: non mi dice molto.
Come ho scritto in tutte le salse il rapporto è sempre cultura/natura, come soggetto/oggetto, come osservato/osservatore. ma semplicemente perchè noi non siamo fuori  dall'universo, noi siamo "dentro" e questo cambia notevolmente.
E' solo una comodità conoscitiva costruire artificialmente la soggettività e dividerla totalmente dall'oggettività"

La prospettiva fenomenologica e quella naturalista infatti sono opposte. E proprio a partire dalla definizione di soggetto.
Per la fenomenologia il soggetto è un costrutto (e in base alle modalità della costruzione, esistono infinite fenomenologie) per il naturalista è un dato di fatto.

cit paul
"Oltretutto i nostri  apparati sensoriali sono ridicoli rispetto al mondo animale e sarà sempre peggio, perchè noi sopperiamo con l'artefatto culturale, con la tecnica e la tecnologia, l'ambiente naturale dove  l'animale deve sopravvivere difendendosi e cacciando.
Noi saremo sempre più il prodotto di una nostra cultura,se si vuole, delle nostre contraddizioni"

Certo il nostro mondo (rappresentativo e non naturale) sta diventando sempre più una costruzione culturale.
Nel senso che le prassi hanno raggiunto per qualità e quantità  una dimensione che soverchia il singolo individuo, completamente.
Ponendolo in una situazione di angoscia sempre più crescente (nichilismo).

cit paul
La coscienza sociiale in Hegel, perchè la definisce proprio così, è il procedimento dialettico e quindi fenomenologico del contraddittorio fra l'egoismo individualista e il far parte della comunità.C'entra poco con Marx che "copierà" la dialettica hegeliana nell'analisi del materialismo storico per cui ne scaturirà la "coscienza di classe"

Se Marx copia, perchè centra poco con Hegel?  ;D

cit paul
"Dove deduci che per me l'etica equivale a natura? Tutt'altro è un procedimento della nostra coscienza e non può essere slegata dal principio ordinativo e originario e quindi storicizzata e quindi relativa solo ad un tempo ed un luogo. esiste un'etica universale oppuure non esiste affatto."

Equivale a natura perchè qualcuno (la chiesa) ha deciso di sana pianta che le cose DEVONO stare così. E che cioè esiste una etica universale.
Ovviamente per me non esiste affatto qualcosa come una "etica universale", la nuova etica sarà il frutto della indagine futura, come dirà nietzche, della società fatta da uomini liberi da qualsiai preconcetto, e dominati dalla voglia di confronto nello scontro.
Cioè esisterà prima uno scontro fra individui, nell'era in cui la cultura fa da cuscinetto (la legge NON UCCIDERE) la guerra intellettuale deve prima nascere, l'etica sarà solo una conseguenza di quella guerra.
Certo per capire cosa sia quella guerra abbiamo bisogno di intendere ancora Nietzche. E non vedo orizzonte prossimo.
Quindi mi sottraggo a dire cosa sia l'etica. Posso solo dare orizzonti di senso nell'agire politico, ma sarà sempre un senso più potenziale che attuale, infatti, come detto prima, l'angoscia sta afferrando l'intero mondo occidentale, impedendogli qualsiasi azione valoriale, che sia in vista di un fine, che non sia la sua mera sopravvivenza. (e che appunto essendo il discorso del morto, è il discorso paranoico, aggiungo discorso paranoico in una sociatà schizoide: come fa ad esistere una etica anche seppur lontamente credibile in un simile contesto?).
Detto per inciso l'etica cattolica sta facendo solo danni, perchè rinnega cosa sia l'uomo per davvero.(non cè amore là fuori!).
E l'ordinativo è più simile ad un prescrittivo che ad un equilibrativo. Specchio innegabile dell'angoscia che si riverbera nel burocratico come bulimia della amministrazione (dello status quo, vedi ancora le elezioni francesi, dove addirittura centro-destra e sinistra si alleano contro il partito populista di turno, affinchè niente cambi, tutto deve essere ingessato, appesantito, obnubilato).
In questo panorama sconsolante parlare di etica universale mi sembra uno scherzo.

cit paul
"Ciao Green, sei un "casinista" ,ma hai alcuni spunti di perspicacia che fanno riflettere"

Caro Paul anche per me sei un casinista! ma dimostri una intelligenza pratica che mi ispira simpatia e quindi stima!  ;)  :D
Ciao green, cerco di sintetizzare cronologicamente in riferimento al tuo scritto.
Il fenomenico è un dominio e non è il solo e unico dominio,E' il determinato dell'ente ed è nel divenire.
In sè e per sè è solo  le infinite descrizioni di vettori  spazio temporali con caratteristiche e proprietà tipiche di materia ed energie manifestate. E' importante, ma la razionalità precede e va oltre i fenomeni in sè e per sè.perchè esce dallo spazio/tempo senza cui sarebbe impossibile stabilire prima del fenomeno l'origine di tutti i fenomeni e lo scopo dei fenomeni. Se ci si limta al fenomenico sarebbe un'enorme diagramma di vettori causa/effetto.
E' importante, ma non preso d solo,  è veritativo se non dentro il proprio dominio .

Cosa vuol dire legittima se non semplicemente convenzionale? Se fosse vera perchè allora  si evolvono modelli e rappresentazioni in continuazione? E semplicemente relativismo.

Un ordine significa che ogni ente, ogni cosa, risponde a denominatori comuni che la nostra mente ha costruito nel segno logico.Senza un ordine non esisterebbero leggi, nè fisiche neppure nelle organizzazioni umane, laddove  in
quest'ultime vi è sia biologia che cultura..
C'è un ordine  discendere nelle teologie, nelle filosofie e persino nelle scienze, è il sistema del deduttivo.
sarebbe impossibile dedurre qualcosa se i fenomeni non fossero reiterati, se non vi fossero ciclicità, persino il divenire e tutto ciò mostra che c'è un ordine che noi possiamo leggere razionalmente e trasporlo(se non piace il termine trascendere che fa venire l'orticaria a più di uno.......) nell'ordine dell'astratto, del segno simbolo senso ,significato dentro i linguaggi più o meno codificati.

Non saremmo spinti a cercare un origine a domandarci da dove veniamo e dove andremp, senza una motivazione che quì chiamo intuitiva che è ancor prima del razionale.
Leggiti la teoria cosmologica del big bang che è scienza moderna che dice che veniamo tutti e tutto d un unico punto originario.

Il trascendere(attenzione all'orticaria......) è semplicemente spostare il fenomenico del sensibile dentro il linguaggio razionale che è logico concettuale. ed è quello che facciamo tutti.
Io non ti mostro il sole se scrivo semanticamente il termine sole, ma sai quale sia l'immagine, il significato corrispondente e le descrizioni e definizioni. Questo è spostare un dominio fisico fenomenico dentro un linguaggi segnico che non è più natura,siamo già dentro un altro dominio. quello dell'astratto.

Per Hegel quel mio "eco" profondo originario  è lo spirito  e per arrivarvi nella "Fenomenologia dello Spirito" descrive la dinamica, appunto l fenomenologia del movimento della conoscenza che confronta nel contraddittorio dialettico il mondo del fenomeno ,del concreto fisico e dall'altro dominio dell'astratto dentro la coscienza per arrivare alla verità razionale concettuale che è lo spirito appunto.

Ribadisco, allora si studi la teoria cosmologica che è scienza fisica moderna che spiega l'universo fisico.la sua dilatazione ,le forze, tendo conto del modello standard delle microparticelle.
C'è sempre un origine............

L'intuizione è una spinta motivazionale ad esplorare  a conoscere, ma nasce dalla coscienza. che si esplica nella conoscenza che ritorna alla coscienza; le tue convinzioni sono coscienza date da tue conoscenze, così è per ognuno di noi. E' la consapevolezza di sè che costruisce una nuova forma relazionale che altri enti, fenomeni, animali, non hanno.Loro reagiscono più dentro il dominio delle cause/effetto, noi abbiamo gradi di volizione, di volontà,di scelte, di arbitrio.

E' profondo quando scrivi che"...ogni discorso sulla libertà risente di una "cosmologia" in cui è inscritta. e' quindi sospetta in massimo grado".
E' vero.ma non dimenticare che dal come rappresentiamo una cosmologia noi la metabolizziamo mentalmente e ci comportiamo relazionandoci a quella rappresentazione, se è credibile e genera in noi fiducia o meno .Ma daccapo è la razionalità che a sua volta vaglia la veridicità o falsità, riconfronta continuamente.

Non basta dire che la dialettica hegeliana, che a sua volta viene da una dialettica greca  e direi anche orientale, perchè diventa logica dialettica in severino o dialettica materialista in Marx, la pensano tutti uguale anzi.
Dopo Hegel un gran numero di filosofi e pensatori vi si rifanno, ma ognuno con una sua originalità.
Ad esempio l'attualismo di Gentile, l'idealismo di Croce  e il comunismo di Gramsci: origine comune,diversità di vedute politiche.

Ammettendo che un'etica "vera" sia ancora da venire, cadiamo ancora in contraddizione. o esiste un'etica vera da sempre o non esiste.Esiste nel senso che "è". La verità se è ,è già nell'origine. nel punto zero,
Un'altro ragionamento è dire che noi siamo "condannati" cosmologicamente a cercare una verità che comunqueè lì è già da sempre, diversamente non ci sarebbero ordini, domini.Quello che muta e ci muta è la conoscenza che si fa cultura e che costruisce ,ma può anche de-costruire una coscienza, quello che si dice interpretare, ermeneutica.
Ma una ed è da sempre la verità, là, nell'origine.

L'angoscia nasce dalla difficoltà. che appartiene al razionale, ma ancor più al disagio, che è coscienza.
Ecco perchè trovo giusto dire che la razionalità della conoscenza è libertà quando diventa coscienza che toglie il disagio e la difficoltà dell'angoscia dell'esistere. Io accetto la morte, se capisco la morte, se la comprendo e la faccio mia,ma non basta conoscerla nel manifesto, bisogna che la conoscenza entri nella coscienza Quindi che la morte non sia un fenomeno in sè e per sè, ma dentro il Tutto dell'origine, vale a dire la significazione del morire deve ricondurmi razionalmente ad un origine del perchè la morte come manifestazione di una fine, che non può essere definitiva se razionalmente riconduco il dominio della natura nella razionalità.I fenomeni sono e non sono, vengono e vanno come le nostre esistenze. ma l'essere era già originario con la sua verità

E' stato un piacere green, ciao

green demetr

x paul

piccole note a margine   :)

"E' importante, ma la razionalità precede e va oltre i fenomeni in sè e per sè.perchè esce dallo spazio/tempo senza cui sarebbe impossibile stabilire prima del fenomeno l'origine di tutti i fenomeni e lo scopo dei fenomeni. Se ci si limta al fenomenico sarebbe un'enorme diagramma di vettori causa/effetto."

Certamente, per questo pur cercando di restare all'interno del rappresentazionalismo, mi ritengo un metafisico, se vogliamo un rappresentazionalista trascendente.

"C'è un ordine  discendere nelle teologie, nelle filosofie e persino nelle scienze, è il sistema del deduttivo."

Certamente, io lo affianco al metodo induttivo che ha Hume arriva a Peirce, e che appunto aiuterebbe a capire il trascendente.

"Leggiti la teoria cosmologica del big bang che è scienza moderna che dice che veniamo tutti e tutto d un unico punto originario."

Preferisco la teoria cosmologica della materia oscura, mi riesce difficile pensare un centro dell'universo, visto che l'universo non lo conosciamo tutto. Preferisco pensare l'universo infinito e perciò increato, dove tutte le categorie logiche umane falliscono a comprenderlo.

"Il trascendere(attenzione all'orticaria......) è semplicemente spostare il fenomenico del sensibile dentro il linguaggio razionale che è logico concettuale"

A me pare la significazione, comunque ci può stare (nel senso che cercherò di ricordare come intendi il trascendente, non te lo garantisco perchè è un accezione molto distante dalla mia, proverò ;)).

"del concreto fisico e dall'altro dominio dell'astratto dentro la coscienza per arrivare alla verità razionale concettuale che è lo spirito appunto."

Pur essendomi limitato a leggere l'inizio della fds, mi sono fatto una idea simile alla tua per quanto riguarda lo spirito, che quindi è indagabile razionalmente come concetto.

"Ribadisco, allora si studi la teoria cosmologica che è scienza fisica moderna che spiega l'universo fisico.la sua dilatazione ,le forze, tendo conto del modello standard delle microparticelle.
C'è sempre un origine............"

Sono d'accordo che c'è sempe un origine, non riesco a vederla come una cosmologia, ma capisco che per te esista, o debba esistere.
Forse sei più hegeliano di me, e fai della frase "tutto ciò che è reale è razionale, e tutto ciò che è razionale è reale", un tuo mantra personale. ;) 

"L'intuizione è una spinta motivazionale ad esplorare  a conoscere, ma nasce dalla coscienza. che si esplica nella conoscenza che ritorna alla coscienza; le tue convinzioni sono coscienza date da tue conoscenze, così è per ognuno di noi. E' la consapevolezza di sè che costruisce una nuova forma relazionale che altri enti, fenomeni, animali, non hanno.Loro reagiscono più dentro il dominio delle cause/effetto, noi abbiamo gradi di volizione, di volontà,di scelte, di arbitrio."

Quindi l'intuizione come riformulazione del dentro e fuori della coscienza, che si da storicamente come addizione, come crescita personale: interessante.

"E' profondo quando scrivi che"...ogni discorso sulla libertà risente di una "cosmologia" in cui è inscritta. e' quindi sospetta in massimo grado".
E' vero.ma non dimenticare che dal come rappresentiamo una cosmologia noi la metabolizziamo mentalmente e ci comportiamo relazionandoci a quella rappresentazione, se è credibile e genera in noi fiducia o meno .Ma daccapo è la razionalità che a sua volta vaglia la veridicità o falsità, riconfronta continuamente."

Ma sicuramente non volevo certo ridurre il compito critico della razionalità, dico solo di non abbassare la guardia per così dire.

"Non basta dire che la dialettica hegeliana, che a sua volta viene da una dialettica greca  e direi anche orientale, perchè diventa logica dialettica in severino o dialettica materialista in Marx, la pensano tutti uguale anzi.
Dopo Hegel un gran numero di filosofi e pensatori vi si rifanno, ma ognuno con una sua originalità.
Ad esempio l'attualismo di Gentile, l'idealismo di Croce  e il comunismo di Gramsci: origine comune,diversità di vedute politiche."

Certo ognuno si riferisce al suo lato esperienzale, di crescita personale. Se poi lo coniughiamo con la ragione, che intellige, che lega le varie esperienze, avremo diverse dialettiche, diverse storie per ciascuno.

"Ammettendo che un'etica "vera" sia ancora da venire, cadiamo ancora in contraddizione. o esiste un'etica vera da sempre o non esiste.Esiste nel senso che "è". La verità se è ,è già nell'origine. nel punto zero"

Certamente, sia a occidente che a oriente, l'unica etica del punto zero, è quella della esistenza in sè.
Ossia la vita stessa. L'essere vivi. Come dici tu, la sofferenza è solo uno dei modi di presentarsi dell'esistenza stessa.

Ma ovviamente io mi riferivo alle etiche politiche della prassi, del rapporto comunitario fra uomini, non a qualcosa di così originario, comunque capisco a cosa ti riferisci.

"Ecco perchè trovo giusto dire che la razionalità della conoscenza è libertà quando diventa coscienza che toglie il disagio e la difficoltà dell'angoscia dell'esistere. Io accetto la morte, se capisco la morte, se la comprendo e la faccio mia,ma non basta conoscerla nel manifesto, bisogna che la conoscenza entri nella coscienza Quindi che la morte non sia un fenomeno in sè e per sè, ma dentro il Tutto dell'origine, vale a dire la significazione del morire deve ricondurmi razionalmente ad un origine del perchè la morte come manifestazione di una fine, che non può essere definitiva se razionalmente riconduco il dominio della natura nella razionalità.I fenomeni sono e non sono, vengono e vanno come le nostre esistenze. ma l'essere era già originario con la sua verità"

Molto ben scritto, ovviamente approvo tutto. E alla fine abbiamo una definizione della libertà, che ci verrà comoda in futuro.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

maral

#220
Citazione di: green demetr il 27 Aprile 2017, 05:33:33 AM


Ovviamente il discorso leopardiano è un discorso poetico, allegorico.
Non è un discorso episitemico.
Forse non è epistemico, ma di si sicuro è ontologico. Non sottovaluterei Leopardi come filosofo. Come sai Severino lo considera come uno dei maggiori protagonisti del panorama filosofico dell'800-900 (gli altri due sono Nietzsche e Gentile, ma considera Leopardi su una posizione ancora più radicale di Nietzsche).

CitazioneSì e no. Sì perchè ovviamente anche per me il percorso individuale che seguiamo è un percorso immanente, e dentro ai suoi costrutti mentali. No perchè la danza come la chiami tu, è tutt'altro che una danza...(sì lo so che è una citazione di Nietzche)
E'invece il dramma dello scontro individuo-stato.
Bè, non trovo che lotta e danza siano così discoste. Nella danza ci metterei anche lo scontro, compreso quello tra individuo e stato da leggersi a mio avviso nel rapporto tra vita e conoscenza nella dimensione individuale soggettiva e in quella pubblica oggettiva.
La dimensione dell' "stare a vedere", come si sa, venne espressa da Hegel come la più filosoficamente pertinente. Non so in realtà fino a che punto Sini sia effettivamente d'accordo (partecipando ai suoi incontri lo ho trovato sempre più interessato alla dimensione didattico performativa dell'esistenza). Di sicuro comunque la nostra vita non si riduce alla filosofia, dunque, in ogni caso sarebbe assurdo pensare di poter incarnare qualsiasi posizione perfettamente asettica, come se si fosse la filosofia stessa (come diceva Hegel di essere, anche se di sicuro nemmeno lui lo era). Anche perché credo che oggi sia assai difficile dire di preciso in che cosa consista ancora la filosofia, se ancora sia possibile trovare un denominatore comune tra pratiche che la smembrano.  

.

paul11

Citazione di: green demetr il 28 Aprile 2017, 07:55:35 AM
x paul

piccole note a margine   :)

"E' importante, ma la razionalità precede e va oltre i fenomeni in sè e per sè.perchè esce dallo spazio/tempo senza cui sarebbe impossibile stabilire prima del fenomeno l'origine di tutti i fenomeni e lo scopo dei fenomeni. Se ci si limta al fenomenico sarebbe un'enorme diagramma di vettori causa/effetto."

Certamente, per questo pur cercando di restare all'interno del rappresentazionalismo, mi ritengo un metafisico, se vogliamo un rappresentazionalista trascendente.

"C'è un ordine  discendere nelle teologie, nelle filosofie e persino nelle scienze, è il sistema del deduttivo."

Certamente, io lo affianco al metodo induttivo che ha Hume arriva a Peirce, e che appunto aiuterebbe a capire il trascendente.

"Leggiti la teoria cosmologica del big bang che è scienza moderna che dice che veniamo tutti e tutto d un unico punto originario."

Preferisco la teoria cosmologica della materia oscura, mi riesce difficile pensare un centro dell'universo, visto che l'universo non lo conosciamo tutto. Preferisco pensare l'universo infinito e perciò increato, dove tutte le categorie logiche umane falliscono a comprenderlo.

"Il trascendere(attenzione all'orticaria......) è semplicemente spostare il fenomenico del sensibile dentro il linguaggio razionale che è logico concettuale"

A me pare la significazione, comunque ci può stare (nel senso che cercherò di ricordare come intendi il trascendente, non te lo garantisco perchè è un accezione molto distante dalla mia, proverò ;)).

"del concreto fisico e dall'altro dominio dell'astratto dentro la coscienza per arrivare alla verità razionale concettuale che è lo spirito appunto."

Pur essendomi limitato a leggere l'inizio della fds, mi sono fatto una idea simile alla tua per quanto riguarda lo spirito, che quindi è indagabile razionalmente come concetto.

"Ribadisco, allora si studi la teoria cosmologica che è scienza fisica moderna che spiega l'universo fisico.la sua dilatazione ,le forze, tendo conto del modello standard delle microparticelle.
C'è sempre un origine............"

Sono d'accordo che c'è sempe un origine, non riesco a vederla come una cosmologia, ma capisco che per te esista, o debba esistere.
Forse sei più hegeliano di me, e fai della frase "tutto ciò che è reale è razionale, e tutto ciò che è razionale è reale", un tuo mantra personale. ;)

"L'intuizione è una spinta motivazionale ad esplorare  a conoscere, ma nasce dalla coscienza. che si esplica nella conoscenza che ritorna alla coscienza; le tue convinzioni sono coscienza date da tue conoscenze, così è per ognuno di noi. E' la consapevolezza di sè che costruisce una nuova forma relazionale che altri enti, fenomeni, animali, non hanno.Loro reagiscono più dentro il dominio delle cause/effetto, noi abbiamo gradi di volizione, di volontà,di scelte, di arbitrio."

Quindi l'intuizione come riformulazione del dentro e fuori della coscienza, che si da storicamente come addizione, come crescita personale: interessante.

"E' profondo quando scrivi che"...ogni discorso sulla libertà risente di una "cosmologia" in cui è inscritta. e' quindi sospetta in massimo grado".
E' vero.ma non dimenticare che dal come rappresentiamo una cosmologia noi la metabolizziamo mentalmente e ci comportiamo relazionandoci a quella rappresentazione, se è credibile e genera in noi fiducia o meno .Ma daccapo è la razionalità che a sua volta vaglia la veridicità o falsità, riconfronta continuamente."

Ma sicuramente non volevo certo ridurre il compito critico della razionalità, dico solo di non abbassare la guardia per così dire.

"Non basta dire che la dialettica hegeliana, che a sua volta viene da una dialettica greca  e direi anche orientale, perchè diventa logica dialettica in severino o dialettica materialista in Marx, la pensano tutti uguale anzi.
Dopo Hegel un gran numero di filosofi e pensatori vi si rifanno, ma ognuno con una sua originalità.
Ad esempio l'attualismo di Gentile, l'idealismo di Croce  e il comunismo di Gramsci: origine comune,diversità di vedute politiche."

Certo ognuno si riferisce al suo lato esperienzale, di crescita personale. Se poi lo coniughiamo con la ragione, che intellige, che lega le varie esperienze, avremo diverse dialettiche, diverse storie per ciascuno.

"Ammettendo che un'etica "vera" sia ancora da venire, cadiamo ancora in contraddizione. o esiste un'etica vera da sempre o non esiste.Esiste nel senso che "è". La verità se è ,è già nell'origine. nel punto zero"

Certamente, sia a occidente che a oriente, l'unica etica del punto zero, è quella della esistenza in sè.
Ossia la vita stessa. L'essere vivi. Come dici tu, la sofferenza è solo uno dei modi di presentarsi dell'esistenza stessa.

Ma ovviamente io mi riferivo alle etiche politiche della prassi, del rapporto comunitario fra uomini, non a qualcosa di così originario, comunque capisco a cosa ti riferisci.

"Ecco perchè trovo giusto dire che la razionalità della conoscenza è libertà quando diventa coscienza che toglie il disagio e la difficoltà dell'angoscia dell'esistere. Io accetto la morte, se capisco la morte, se la comprendo e la faccio mia,ma non basta conoscerla nel manifesto, bisogna che la conoscenza entri nella coscienza Quindi che la morte non sia un fenomeno in sè e per sè, ma dentro il Tutto dell'origine, vale a dire la significazione del morire deve ricondurmi razionalmente ad un origine del perchè la morte come manifestazione di una fine, che non può essere definitiva se razionalmente riconduco il dominio della natura nella razionalità.I fenomeni sono e non sono, vengono e vanno come le nostre esistenze. ma l'essere era già originario con la sua verità"

Molto ben scritto, ovviamente approvo tutto. E alla fine abbiamo una definizione della libertà, che ci verrà comoda in futuro.
Ciao green,
non c'è un centro nell'universo, un principio spaziale, c' è semmai un origine temporale,
Il tempo zero è il momento in cui tutto era energia e non si erano ancora manifestate le forze, quest'ultime responsabili della creazione dello spazio in quanto dilatano l'energia che si condensa con la forza della gravità.
Le antiche cosmogonie sapevano.......avevano solo trasposto nei simboli .
C' una profonda origine comune nelle scienze antiche e nelle scienze fisiche moderne e fa parte della ciclicità umana della conoscenza; tutto torna e si ripete.
L'universo è energia, fra cui energia e materia oscura,ancora ci sarà da svelare.Le forze "stirano" e condensano energia costituendo materia e intanto l'universo si espande.

Il termine trascendere è fin troppo inculcato dentro il dominio del sacro, forse è meglio dire trasporre.
L'importante è capire che noi percepiamo attraverso i sensi i fenomeni fisico naturali dentro un tempo in divenire che manifesta la possibilità analogica di un cervello umano di poterlo analizzare spazio/temporalmente: questo è la potenza e il limite del nostro cervello fisico.ma è il passaggio dal fisco dei neuroni-sinapsi al mentale che è il trasporre. Il poter spostare da un dominio fisico a quello astratto analizzandolo attraverso i linguaggi formali e informali,codificando segni analogici fra il fisico e l'astratto.
La nostra forma linguistica ordinaria della comunicazione informale è nei convenevoli, è nella socializzazione della conoscenza: è il convenzionale. Quest'ultimo è legato a tutti gli eventi fenomenici e forme sociali ad esse referenti.
L'identità sociale e la stessa cultura convenzionale essendo legata agli innumerevoli eventi e fenomeni isolati cerca leggi che legano le frammentazioni categorizzandoli. Ma il risultato è necessariamente leggi interne alle singole discipline categoriche autoreferenti e chiuse.Essendo l'uomo un'unità vive l'asincronia di una conoscenza disposta in frammentazioni.L'accetta per convenienza, perchè la forza del convenzionale è che comunque forma una identità sociale e culturale dove la conoscenza è una forma, ma l'altra è sono i sentimenti, l'emotività.
Questo è il motivo per cui tutte le culture tendono alla conformità e si chiudono nel conformismo ,in una autodifesa.per quanto il singolo possa vivere il disagio percependolo intimamente .per questo la cultura ha bisogno per fare salti di un parricidio simbolico, di un coraggio che superi i legami che sono le condizioni affettive.

Non sono legato ad una particolare filosofia o filosofo, tutti i grandi pensatori hanno delle loro originalità che fanno riflettere. Direi che Hegel è importante soprattutto per la dinamica fra conoscenza e coscienza.

Nelle organizzazioni sociali umane il cuore del problema è sempre la contraddittoria antitesi che paradossalmente la costituisce, la relazione fra le due spinte motivazionali  avverse: egoismo e comunità.Se l'asse dell 'organizzazione è spostata sull'egoismo, la comunità diventa una menzogna e i rapporti sono necessariamente ipocriti.Se l'asse è spostato sulla comunità il rischio è perdere le qualità individuali.

maral

Citazione di: sgiombo il 27 Aprile 2017, 16:46:23 PM
Quel falegname sapeva bene ciò che faceva; e ciò che faceva (il tavolo), contrariamente ad esempio alla scritta "vernice fresca" che ha apposto al tavolo dopo averlo verniciato o la sua probabile frase "questo è un tavolo ben fatto" (che è tutt' altro che il tavolo stesso!), non significava proprio nulla.
Non l'ho capita: cos'è che non significa nulla?
CitazioneNon ogni cosa, ma casomai il pensiero, la conoscenza (verbale) di ogni cosa richiede parole (delle quali le cose stesse sono i rispettivi significati, nel senso di denotazioni, e non viceversa), e tu continui proprio imperterrito a confondere questi due ben diversi casi.
Mi fai disperare Sgiombo  ;): come fai a sostenere che la conoscenza della cosa la confondo con la cosa, quando non ho fatto altro che dire il perfetto contrario? Quello che sostengo e mi pare evidentissimo è che ogni cosa nell'uomo richiede parole per conoscerla, dunque parola e cosa sono sempre legate, altrimenti come faccio a dire cos'è, ove il dire cos'è si richiede con il manifestarsi stesso della cosa. Ma nessuna parola può dire la cosa come davvero è, solo la indica proprio come se alzo un dito e indico la luna. La parola e tutte le scienze che non sono che discorsi sono come quel dito che indica la luna e tali restano. La parola che sentiamo di usare però non siamo noi a sceglierla, come potremmo mai? Sono le parole che ci parlano da dentro e accompagnano la cosa nel suo apparire (proprio come il bambino comincia a balbettare in un certo modo vedendo sua madre), pur non essendo mai la cosa stessa.
E per il linguaggio scientifico vale il medesimo, perché anch'esso si basa sul senso del linguaggio comune. Le verifiche che la scienza dispone per comprovare l'oggettività di un suo dire, sono regole in base alle quali si prestabilisce cosa va considerato o meno, come per dire cose scientificamente ci si deve porre di fronte ai fenomeni di modo che ci sia un senso scientifico che però non è l'unico senso possibile e non ha primati assoluti sulla realtà. In laboratorio io non mi avvicino per niente di più all'essenza delle cose che verifico, ma semplicemente seguo un modo di fare codificato precisamente secondo procedura scritta (a fronte di infiniti altri modi di considerare le cose). La verifica è sempre relativa al contesto in cui mi pongo per verificare, alle regole che adotto, agli strumenti che ho a disposizione, ai significati che con quegli strumenti e con le conoscenze che ho mi appaiono. Si è sempre solo nell'ambito dei discorsi e non delle cose in sé, della realtà. E=mc(2) è un discorso, è il segno di una mappa, non la realtà.


CitazionePosto che lo scetticismo non è razionalmente superabile e allora se si vuole essere razionalisti del tutto conseguenti bisogna limitarsi a dubitare di tutto, sospendere il giudizio su tutto (anche sulla non superabilità dello scetticismo, e allora la discussione è "morta lì"; se invece si assume un minimo di credenze indimostrabili proprie del cosiddetto "senso comune" e tali che chiunque è correntemente considerato sano di mente per lo meno agisce come se vi credesse, allora è falso che qualsiasi credenza su qualsiasi cosa è vera.
Non occorre essere scettici, non si può essere scettici, è un'altra forma di assolutismo essere sempre scettici e quindi è una contraddizione. Basta ammettere che non c'è mai una identità tra quello che diciamo e quello che c'è e quindi siamo costretti ad accontentarci di quello che ci diciamo per poi vedere fin dove riusciamo insieme a condividerlo e trovare una strada comune su cui arrivare insieme senza farci troppo male, perché nessuno conosce la verità, ma ognuno un po', diversamente, la sa vivendola. Non è essere scettici questo, è solo un essere ragionevoli insieme. C'è verità nella scienza, c'è verità nei miti, nelle filosofie, ci sono verità che altri vedono e noi no, verità che si vedevano in passato e ora non più e non perché in passato fossero assolutamente in errore, e verità che si vedranno in futuro e ora no, ma non perché ora siamo assolutamente in errore. Tutti ci si muove sempre a tentoni nella realtà, come ciechi, e i discorsi che ci facciamo sono un po' come i nostri bastoni, i primi bastoni.
CitazioneMolte sono false e per quanto riguarda la conoscenza del solo mondo materiale che ne è oggetto nessun sistema teorico è neanche minimamente paragonabile per quantità di verità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di meno) e per quantità di falsità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di più) alle scienze, grazie alla critica razionale cui si servono di osservazioni empiriche e ipotesi teoriche.
Nella nostra prospettiva teorica, solo nella nostra è così. E ti assicuro che un abitante della Papuasia, del tutto estraneo al nostro sistema teorico, avrebbe del tutto il diritto di dire la stessa cosa con riferimento al suo sistema teorico, nato dalla sua storia e dalla sua cultura e sicuramente più adatto a vivere nel suo ambiente. Il problema è che noi andiamo là, trasformiamo sempre il suo ambiente di riferimento in cui il suo sistema era valido, mentre ovviamente ora non lo è più e prendiamo questo a dimostrazione che il nostro è più valido del suo.
"L'effetto placebo" è anch'esso una definizione che nasce nel nostro modo di pensare, è una parola nostra. Vai a raccontare a uno stregone che lui pratica l'effetto placebo... penserà che vaneggi e sei matto. Ma è così difficile rendersi conto che ognuno vede le cose non per come sono, ma per come il contesto culturale glielo consente? e che questo vale per tutti, noi compresi? Che non abbiamo inventato proprio nulla di così super oggettivo rispetto a tutti gli altri? Non riusciremo mai a liberarci di questa maledetta presunzione che ha fatto e continua a fare catastrofi ovunque, illudendoci di fare tutto al meglio, ossia proprio come la pensiamo noi, così evoluti?

CitazioneSe così fosse non si spiegherebbe come sia nata naturalmente (cioè in un mondo naturale nel quale prima non c' era) la cultura umana: poiché per lo meno prima della comparsa dei primati (a voler essere molto prudenti in proposito) non esisteva cultura, come potrebbe essere sorta? Forse perché Dio avrebbe insegnato agli uomini le prime verità, i primi elementi di cultura, le prime conoscenze vere ("pensieri veri") di cui non potevano essere rispettivamente "gli autori" e "i fondatori" per lo meno quanto non potremmo esserli noi dei nostri?
La cultura umana c'è da quando è comparso l'uomo, perché l'uomo non esiste senza una cultura di riferimento. Gli ominidi che scheggiavano la pietra, quasi un milione di anni fa, già avevano un forma di cultura. E' come se mi chiedessi come si spiega che gli uccelli hanno cominciato a volare e i pesci a nuotare?
Un'ipotesi che vale quello che vale ed è sempre in termini relativi (relativi a noi che la pensiamo così) è che la cosa sia collegata con l'assunzione della posizione eretta da parte di alcuni primati usciti nella Savana. La posizione eretta ha liberato gli arti anteriori con i quali si è potuto cominciare a fare e rappresentare delle cose. Ha liberato la bocca dalla sua funzione prensile e con la bocca libera si è potuto cominciare a parlare. Nessun animale si prende cura dei morti con riti funerari, al massimo li custodisce, nessun animale conserva degli attrezzi per un futuro utilizzo, nessun animale si riveste delle pelli di altri animali o si decora e si manipola il proprio corpo, nessun animale prima di andare a caccia scende in fondo a una caverna buia e comincia a pitturare gli animali che andrà a cacciare, nessun animale alza le braccia e prega e nessun animale parla e propriamente danza. E tutto questo è solo in virtù del significare per noi del mondo ed è solo nel significare che viviamo.

CitazioneNon confondiamo valutazione di fatti constatati con valutazione di giustezza o doverosità di azioni!
Come diavolo fai la valutazione dei "fatti constatati" se non hai un metodo di valutazione che stabilisca come procedere, rispetto a cosa valutarli e un metro di misura? E quale metodo valuta il metodo di valutazione dei fatti constatati? E quale constatazione li dichiara constatati?
Ogni sistema di conoscenza, funzionando, dimostra la sua ragionevolezza.

Il minimo comune denominatore richiesto dal senso comune, c'è nella misura in cui il senso comune di una certa cultura sociale funziona nel contesto in cui si esprime, quando non funziona quella cultura e quella società inevitabilmente si disintegra. La nostra cultura è stato un fattore disintegrante per molte altre, ormai lo è diventata anche per se stessa.
La sanità mentale la si misura nella misura in cui un individuo non si disintegra psicologicamente, una società non si disintegra culturalmente. L'individuo normalmente sano di mente non è quello che crede nella scienza piuttosto che nei racconti dei miti, ma è quello che vive in consonanza con il contesto culturale in cui si trova, ove il contesto culturale non sia a sua volta in disintegrazione. Quando questo accade, l'individuo, salve rare eccezioni, non ha speranza, muore mentre muore la sua cultura.
Non è folle ritenere i pipistrelli degli dei: l'uomo ha visto Dei in tantissimi animali, gli animali sono state le sue prime divinità e fin qui è sopravvissuto moltiplicandosi a dismisura e producendo arte, scienza,  tecnologie e filosofie. Forse il problema della sanità mentale non è mai stato vedere un Dio in un pipistrello ... o forse sì e in qualche modo siamo sempre alla ricerca di quel pipistrello.


davintro

la difficoltà maggiore insita in ogni tentativo di considerare l'uomo sta nel porre come punto di partenza della riflessione un'idea dell'uomo inteso come unità che emerge dall'esperienza immediata, che non considera l'uomo come realtà semanticamente complessa, quale è, ma come una semplicità che non tiene conto delle singole componenti che costituiscono il suo essere. E questa semplificazione conduce ad un'immagine dell'uomo confusa che dà il destro ai tentativi dei vari dogmatismi, delle varie ideologie, di interpretarlo non alla luce di una critica razionale, ma esasperando l'importanza di certi aspetti a scapito di altri, a seconda della visione ideologica che si vuole sostenere. Così avremo il materialismo che esaspera la centralità del corpo a discapito dell'autonomia della dimensione psichica e spirituale, o all'opposto, posizioni che tenderanno a sminuire il corpo, e ad offrire un'immagine dell'uomo eccessivamente "angelicata". La complessità semantica del concetto "uomo" richiede che la domanda "che è l'uomo" non possa essere la domanda inziale e fondativa dell'indagine, ma debba essere fondata e preceduta dalle domande  riguardanti l'essenza delle singole componenti dell'uomo: "che è la coscienza", "che è il corpo", "che è la psiche", "che è la percezione". "che è la volontà", "che è la razionalità", "che è lo spirito". Cioè occorre proceduralmente "scomporre" la complessità dell'uomo negli elementi primitivi e semplici che lo compongono, questo non per spirito pedante analitico, per poi ricomporre i singoli elementi, una volta chiaritone il senso, nell'unità dell'idea di "uomo", a questo punto nitida nella sua immagine. Fondamentale è che l'evidenziazione dei singoli aspetti (non uso mai il termine "parte", dato che rimanda ad una divisione spaziale, mentre qua si sta parlando di entità, che seppur necessitate ad essere isolate concettualmente, si relazionano e si compenetrano in un'unità organica) comporta il loro essere considerati al di là della contingenze del loro esistenziarsi fattuale in una certa realtà, compresa l'uomo. Occorre cioè applicare la riduzione fenomenologica, che considera i fenomeni nella loro essenza, non limitando le loro possibilità d'essere a quelle di cui ne abbiamo una certa esperienza spazio-temporale in un certa realtà, compresa la realtà umana. L'uomo cioè va posto non come punto di partenza dell'indagine su di esso, ma come l'unità conclusiva di un processo di analisi nel quale ogni sua componente va studiata al di là dei modi in cui agisce nella realtà umana, che non è mai il solo teorico contesto esistenziale in cui tali componenti agiscono. La coscienza ad esempio non va considerata come "coscienza umana", ma coscienza in generale, ciò che della coscienza è affermabile in qualunque realtà si trovi ad essere presente, indipendentemente se tali realtà esistano effettivamente o meno, è sufficiente che possano esistere in linea teorica, dato che alla riduzione fenomenologica non interessa la posizione di esistenza, ma l'essenza che comprende ogni possibilità, anche ciò che di fatto non esiste, ma in linea teorica potrebbe esistere. La sintesi conclusiva produrrà un'idea di essere umano più razionalmente fondata, perché ogni elemento che la compone viene riconosciuto come un proprio senso, un'invariante valida in ogni possibile modo d'essere, e tali possibili modi d'essere sono ora presi in considerazione, e l'uomo stesso potrà, in relazione a tutti i possibili modi d'essere dei suoi elementi, a sua volta essere visto come aperto a delle possibilità, che nell'esperienza immediata, ancora gravata dalle contingenze empiriche, sembrano essergli precluse.
L'uomo non deve essere più concepito come il primario metro di giudizio delle possibilità ontologiche degli elementi che lo compongono, la sua unità sintetica deve essere posta al termine della ricerca, non all'inizio.

Sembra aprirsi una singolare dialettica tra filosofia e antropologia. Da un lato una filosofia critica, intenzionata a superare il realismo ingenuo, che accetta come reale e oggettivo il contenuto dell'esperienza percettiva immediata, chiaramente necessita di analizzare la prospettiva soggettiva della mente che conosce la realtà, valutare i limiti e le possibilità delle nostre strutture soggettive mentali, pena il non tener conto del fondamentale incidere della nostra soggettiva sulla rappresentazione delle cose oggettive. Dunque sembra che la filosofia debba porre l'antropologia come suo momento metodologicamente primario e fondamentale, dato che le nostre strutture mentali sono sempre schemi di una mente umana. Tuttavia, come provato a spiegare sopra, occorre porre non l'uomo inteso nella sua complessità concettuale  come punto di partenza, ma le singole funzioni e dimensioni conoscitive, intese al di là del loro realizzarsi nell'uomo, in una visione trascendentale. Si potrebbe cioè sciogliere la problematicità di tale dialettica distinguendo un'accezione di antropologia analitica e trascendentale, che studia gli aspetti dell'umano al di là del loro umanità, che va posta come fondazione critica e metodologica di ogni filosofia, e l'antropologia nel senso più comune del termine, discorso sull'uomo inteso come tutt'uno, sintesi complessiva, che va posa come conclusione critica della ricerca filosofica. Tutto sta nella distinzione tra un livello di esperienza ingenua, allo stadio grezzo e ancora gravato dalle contingenze della nostra posizione storica, e un'esperienza vissuta su cui si applica la razionalità, che cerca di isolare gli aspetti necessari ed essenziali nei fenomeni dell'esperienza, portando la conoscenza umana ad un livello il più possibile trascendentale
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green demetr

a paul e davintro

davintro non ho tempo per considerazioni più ampie (per questo fine settimana) le rimando in settimana.

Ma volevo chiedere a entrambi: ovviamente anch'io penso che l'uomo è il frutto delle sue parti (siano esse fenomenologiche, o cosmologiche rispettivamente).
Ma non c'è traccia in voi della trascendenza, ossia di quel rapporto che la storia della filosofia ha chiamato essere-ente.
Non Intendo quindi le vostre soluzioni, di coincidenza analogica (paul) e di coincidenza ontologica (davintro).
(posto che comunque ne stiamo parlando da tempo, e che apprezzo molto)
Intendo proprio del rapporto metafisico, se vogliamo semplificare molto del rapporto DIO-Uomo.
Ma voi cosa ne pensate? (nel senso vi è spazio per un simile approccio, o ragionamento?)
Vai avanti tu che mi vien da ridere