Che cos'è veramente la coscienza e dove essa si trova?

Aperto da Socrate78, 14 Marzo 2021, 19:17:16 PM

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Socrate78

Apro questo thread per proporvi una mia riflessione sul concetto di COSCIENZA e su ciò che sia veramente la coscienza stessa, intesa come consapevolezza (non quindi in senso morale). Ora, generalmente la neurobiologia considera la coscienza come un prodotto del nostro cervello, la coscienza sarebbe quindi il frutto delle sinapsi e dell'attività neurale, e la scienza porta come prova a questa teoria il fatto che in caso di patologie cerebrali o di assunzione di droghe la coscienza è alterata o del tutto assente, come accade nel coma oppure sotto l'effetto pesante di stupefacenti. In realtà a mio avviso questa teoria è profondamente inadeguata a spiegare che cosa sia davvero la coscienza e dove essa si trovi veramente. Il fatto che a determinate condizioni del cervello corrispondano determinati stati di coscienza non dimostra il rapporto di causa-effetto: in altre parole il cervello potrebbe non essere l'autore della coscienza stessa, ma solo il suo veicolo fisico, e quindi se il veicolo è danneggiato anche la coscienza (o anima, psiche, ecc.) non riuscirà ad esprimersi nelle sue potenzialità, proprio come quando un televisore è danneggiato e le immagini sono distorte, il programma non è il prodotto di quel televisore ma solo un veicolo, infatti se accendi un televisore funzionante il programma viene trasmesso correttamente.
Se si descrive il cervello dal punto di vista anatomico, si nota come esso sia una rete di connessioni elettriche e di messaggi chimici, ma tutto questo di per sé non implica coscienza, l'ipotesi che sia il cervello a produrre coscienza deriva solo dal fatto che noi abbiamo coscienza di noi stessi e delle realtà che ci circondano.

In realtà io credo che la coscienza non risieda soltanto nel corpo, ma sia sostanzialmente ovunque. Quando noi facciamo esperienza del mondo e lo percepiamo, noi in realtà "siamo" gli oggetti percepiti, percepire qualcosa è lo stesso che essere quella cosa, poiché la nostra coscienza diventa "coscienza dell'ente percepito".
La coscienza quindi è in ogni cosa che viene di volta in volta percepita, ed è quindi "non-locale", non può essere ridotta ad un determinato luogo fisico. Credo di conseguenza che per quanti sforzi la scienza possa fare per individuare quella parte del cervello che produce coscienza e autocoscienza, essa non ci riuscirà mai, poiché è proprio il presupposto ad essere sbagliato, quello secondo cui la coscienza risieda nel cervello e sia un prodotto dell'attività cerebrale.
Che cosa ne pensate? Ritenete la coscienza un semplice prodotto dell'attività cerebrale o ritenete che essa trascenda l'organo del pensiero?


Jacopus

#1
Per Socrate. Detto in modo molto sintetico. Sì, la coscienza trascende l'organo comunemente detto cervello. Ma solo se con coscienza intendiamo, non lo stato di veglia che ci permette di agire come qualunque essere vivente, ma l'autocoscienza, ovvero il domandarci "chi sono io?" o il più socratico "conosci te stesso".
In questo secondo caso, l'autocoscienza, la riflessività, la teoria della mente, la trilogia psicoanalitica di Io/Super-Io/Es, sono il frutto di un rapporto dinamico e interagente fra sistema neurale complessivo (non solo cervello, visto che abbiamo, ad esempio, 100 milioni di neuroni fra stomaco e intestino e altri 100 milioni nella spina dorsale) molto sofisticato e l'invenzione della cultura, intendendo con essa tutto l'insieme di tecniche, ideologie, arti, miti, religioni che si sono accumulate nel tempo.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Ipazia

Gli organismi biologici sono entità complesse ed indivisibili in cui ad un certo grado di evoluzione del sistema nervoso centrale (snc) è emersa  la (auto)coscienza, la cui funzione consiste nella consapevolezza del confine tra l'organismo biologico (l'in sè) e il resto dell'universo.

Consapevolezza indispensabile per la sopravvivenza dell'organismo medesimo, evolutasi in forme di interazione sempre più elaborate man mano che la diversità biologica aumentava. Pensare la coscienza al di fuori dell'organismo che ne è portatore, o non relazionata al suo snc, è un azzardo teorico tutto da dimostrare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Socrate78

@Ipazia: Esistono tuttavia casi documentati di persone che erano affetti da demenza grave (Alzheimer o altre demenze) che per anni non hanno più riconosciuto i parenti e le persone attorno e non erano per niente lucide, tuttavia in fase terminale e poco prima di morire hanno riacquistato consapevolezza ed hanno riconosciuto le persone che stavano loro attorno, interagendo correttamente con loro e dando loro addio prima del trapasso. Se la coscienza è un mero prodotto del cervello, questi fenomeni non avrebbero dovuto verificarsi, poiché il cervello era irrimediabilmente danneggiato dalla demenza. Quindi questi a mio avviso sono indizi che la coscienza supera il cervello stesso e non è riducibile alle condizioni biologiche cerebrali.

Ipazia

Quello che succede dentro il cervello è ancora molto misterioso e incerto. Ad esempio, a volte ci manca una parola a noi ben nota e poi ricompare all'improvviso quando non la cerchiamo più. Fenomeno impossibile in una AI che invece ricorda all'istante tutto quello che ha memorizzato.

Quello che succede asportato il cervello è invece certo. Per quanto umanamente accertabile.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Per Ipazia. La consapevolezza di sè e della propria individuazione non è conditio sine qua non della sopravvivenza. Anche i batteri, quando percepiscono in una zona una temperatura calda, in grado di compromettere la loro esistenza, evitano quella zona. I meccanismi biologici di sopravvivenza sono di molto anteriori (almeno un paio di miliardi di anni) alla creazione di un sistema nervoso centrale (i batteri non hanno cervello), e non sono correlati nè ad esso nè tantomeno alla "coscienza" a cui facevo riferimento nel mio precedente intervento.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

bobmax

Supponi, anche solo per un momento, di essere il figlio unigenito.
Di modo che ci sei solo tu e il Padre.
Tutto quello che c'è è il Padre.
Tranne... te stesso.

Ma in cosa consiste questo te stesso?

Perché dovunque c'è solo il Padre.
Cose, pensieri, sentimenti... sono sempre e solo il Padre.

E poi ci sei tu... il tuo io.
Che è coscienza.
Ma è coscienza di toccare, vedere, ascoltare, annusare, pensare, sentire... sempre attraverso il Padre!

È sempre e solo tutto il resto che fa sì che pure tu ci sia.
Senza il Padre non saresti assolutamente. Perché ne sei solo
un riflesso.

Infatti la tua coscienza, nella quale ti identifichi, fino a immaginare una tua autocoscienza, non è forse in se stessa un puro nulla?
La coscienza non è sempre coscienza "di"?

Di che cosa?

Del Padre.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

doxa

#7
Il neuroscienziato Giorgio Vallortigara nel suo libro titolato "Pensieri della mosca con la testa storta" afferma che la coscienza nasce dalla necessità di distinguere tra stimolazione endogena (prodotta all'interno dell'organismo umano) e quella esogena (proveniente dall'esterno, dall'ambiente che circonda l'individuo).

L'innesco proviene da processi interni. Questa tesi, coerente con i dati di molti esperimenti, produce un'altra ipotesi sulla funzione dei miliardi di neuroni umani in eccesso rispetto a quelli di un insetto: essi servono per ampliare la memoria.

L'evoluzione ha selezionato nell'uomo un cervello ricco di neuroni in assenza di specializzazioni in compiti diversi e, quindi, di rigide divisioni del lavoro.

Quanto più una società è gerarchica e frammentata in compiti precisi e immutabili, come nel caso delle api, tanti meno neuroni sono necessari a chi la fa funzionare.

Vallortigara fa presente che ci sono persone eccezionali nel riconoscere volti e persone, invece altre che non ne sono capaci. Queste ultime non sono malate, sono soltanto all'altro estremo del continuum della capacità in questione.

Un cervello invecchiando perde neuroni: l'anziano non per questo è malato, non è afflitto da una malattia con una causa precisa, ma da un normale decadimento cognitivo, che avviene con velocità diverse da persona a persona.













viator

Salve Socrate78. Il problema che accomuna un sacco di menti è l'incapacità di concepire la differenza tra la materialità di un organo e l'immaterialità della sua funzione.
Non parliamo di cervello e di coscienza, per carità ! Argomento troppo difficile per quasi tutti.Ma cosa è mai la illuminazione notturna delle strade di Milano ? Il fatto che ci si possa vedere un pochino di notte a Milano non dipende certo nè dalla materialità delle dighe alpine nè da quella delle turbine, degli elettrodotti, dei trasformatori, dei lampioni e delle lampade. Questi sono solo organi (o supporti materiali) tutti sostituibili uno per uno e categoria per categoria da altri organi, supporti, sistemi certamente meno efficienti ma pur sempre equivalenti nelle loro funzioni (whisky al posto dell'acqua per le condotte forzate, pedali al posto delle turbine, torce e bracieri al posto delle lampade etc.).

Un solo componente risulta indispensabile per illuminare di notte Milano. Si chiama energia e non è un "supporto materiale" bensì un "una dimensione fisica immateriale" (se fosse materiale infatti si chiamerebbe materia e non energia!) la quale è utilizzabile per svolgere una certa FUNZIONE.

La funzione - abbiamo detto - è cosa ben diversa e potenzialmente estranea rispetto allo strumento usato per svolgere la funzione stessa (cioè per raggiungere lo SCOPO della funzione).

Però la funzione risulta, sotto diverso punto di vista - sempre connessa e basata su degli strumenti materiali. Essa quindi risulta indipendente da qualsiasi SPECIFICO strumento ma dipendente comunque da UN QUALCHE STRUMENTO MATERIALE (Ovvero, come l'essenzialità naturale sa farsi beffe dei nostri principi di non contraddizione).

Ciò perchè l'immateriale ENERGIA ha bisogno di intermediari materiali per esplicare i propri  effetti, cioè la propria funzione (in questo caso, illuminare le notti milanesi).

In alcuni casi l'intermediario materiale è molto semplice e deve realizzare una funzione altrettanto semplice. E' il caso ad esempio delle forbici, in cui l'energia "anima" (notare il termine non casuale) due semplici lame metalliche.

Nel caso delle luci di Milano il supporto materiale di tutto ciò che compone gli impianti del Gestore A2A è invece esteso e abbastanza complesso, e consiste in una RETE ELETTRICA avente una struttura ramificata e capillare. Ma la fonte essenziale della luce delle notte milanesi resta identicamente la stessa immateriale energia che agisce sulle forbici.

Ma la luce coscienziale...................che sia qualcosa di immateriale ed energetico basato sulla materialità di un organo vertiginosamente complesso e su di una rete ramificata e sofisticatissima di collegamenti i quali assieme..............producano un certo effetto avente lo scopo di renderci consapevoli ?.

Naturalmente se un primitivo precolombiano potesse vedere lo spettacolo di una metropoli illuminata..........avrebbe la sensatissima reazione diattribuire un simile prodigio al (Grande) Spirito, e vano sarebbe (perchè troppo lontano dalla sua esperienza) il cercare di spiegargli cosa possa essere l'energia elettrica. Infatti per i precolombiani il mondo consisteva solo in solida materialità qui e là "animata" dal soffio vitale di una certa folla "spiritualistica" la cui localizzazione - come si chiede oggi anche l'amico Socrate 78 - restava completamente misteriosa (forse perchè, come l'energia, aveva carattere ostinatamente migratorio e pervasivo). Saluti.

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

Citazione di: Jacopus il 14 Marzo 2021, 21:30:01 PM
Per Ipazia. La consapevolezza di sè e della propria individuazione non è conditio sine qua non della sopravvivenza. Anche i batteri, quando percepiscono in una zona una temperatura calda, in grado di compromettere la loro esistenza, evitano quella zona. I meccanismi biologici di sopravvivenza sono di molto anteriori (almeno un paio di miliardi di anni) alla creazione di un sistema nervoso centrale (i batteri non hanno cervello), e non sono correlati nè ad esso nè tantomeno alla "coscienza" a cui facevo riferimento nel mio precedente intervento.
Diciamo che avere marce in più aiuta a sopravvivere e a far carriera nella piramide alimentare/evolutiva. Restavamo fermi a zanne, artigli e sensori termici, non so tra noi e l'orso ... Salvo poi rischiare di eccedere, continuando a fare e farsi del male. Come dice Doxa, Vallortigara la spiega meglio.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Salve doxa. Perfettamente d'accordo con la tesi di Valleortigara (Ma va?! Che sia di origini vicentine ?). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#11

A tutto ciò che percepiamo attribuiamo un confine, anche perché tale confine, per quanto incerto e approssimativo,e in ciò la coscienza è campione, è funzionale alla manipolazione di ciò che percepiamo.
È la nostra percezione stessa che per funzionare reclama un confine a causa dei suoi ovvi limiti.
La realtà non ha necessariamente bisogno di confini nei quali rifugiarsi, un tocco qui è uno li'.
Noi però abbiamo la necessità funzionale di crearli.
Diversamente in assoluto non ha senso parlare di confini quanto della loro mancanza.
Noi possiamo immaginare cose senza confini, ma non riusciamo a percepire nulla che non ne abbia e la coscienza è appunto una delle cose che non ci limitiamo a immaginare, ma la percepiamo.
Data la fatuità' dei confini, laddove ne abbiamo posto di tipo approssimativo, così approssimativo da chiederci dove è veramente ciò che percepiamo, si ha gioco facile nel dire che non ve ne siano, come fa' Socrate.
Immaginare una catena di coscienza sconfinata di cui il cervello al più è il terminale a cosa dovrebbe servirci?
A toglierci l'ansia di non saper dire dov'è essa sia?
Non è che dicendo che la coscienza è ovunque abbiamo così detto dov'è.
È solo un altro modo di dire che non sappiamo ben dire dove sia,( ponendola perdi più in concorrenza con Dio)
E su questo più o meno, chi la racconta in un modo, chi in un altro, mi pare tutti convergiamo.
Mettere confini geometrici è una nostra arte funzionale alla nostra interazione con la realtà.
Non è che la realtà sia un libro scritto in caratteri geometrici, siamo noi che la traduciamo così.
Se togliamo quei confini che sono i circoli cosa ci rimane da dire?
Anche la coscienza, per quanto vago , il suo circolo c'è l'ha, se ne parliamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

#12
Prima di continuare propongo una necessaria definizione di coscienza, che potrà essere arricchita da chi vorrà.
Un primo significato è "coscienza del linguaggio comune", come quando di dice "abbi coscienza". In questo caso la coscienza si riferisce alla moralità del soggetto e alla sua capacità di regolarsi secondo i costumi dell'epoca.
Un secondo significato definisce lo stato di consapevolezza del soggetto rispetto al suo corpo e alla sua differenziazione rispetto all'ambiente. Si parla in questo caso di  "propriocezione", ovvero sentire il proprio corpo definito nello spazio e sentirsi in grado di usare le sue funzioni in vista della sopravvivenza. Questo secondo significato non è del tutto derivato da funzioni organiche, (anche se esse sono preminenti), ma può essere anche manomesso da sviluppo infantili traumatici (in senso psichico) che possono evolvere nella incapacità di distinguere fra sè e gli altri, come in alcuni casi di schizofrenia. La coscienza in questo secondo significato si attenua nel sonno e viene compromessa da situazioni fisiologiche come lo stato di coma oppure, come accennato, da patologie psichiatriche o neurologiche  ( che comunque hanno una corrispondenza organica, come dimostrato dagli esami di fMRI).
Un terzo significato che, secondo me, è quello più interessante, definisce la coscienza come capacità autoriflessiva dell'uomo di farsi le cosiddette grandi domande: "chi sono io? Qual è il mio scopo? Cosa accade dopo la morte? Lo spazio è infinito? Cosa mi lega agli altri e a quella pianta di ciclamini?
Una ipotesi che circola e che mi sembra plausibile, fa derivare questa ulteriore livello di coscienza dall'interazione dinamica e continua, avvenuta ( e che continua ad avvenire) negli ultimi 500 mila anni fra un cervello atipico come il nostro (nel senso di estremamente complesso) e lo sviluppo di forme culturali, sempre più complesse, che vanno dalla punta di selce per le lance alla Intelligenza Artificiale.
P.S. Ho scritto 500.000 anni perché le prime tracce di utilizzo di strumenti tecnici è anteriore, rispetto alla comparsa dello stesso homo sapiens, risalente fra i 200.000 e i 300.000 anni fa; ovvero ominidi con cui siamo imparentati e che si sono ora estinti, utilizzavano già strumenti tecnici, prevalentemente per cacciare.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#13
@Jacopus.
Come dice Viator la coscienza svolge una funzione e questa è l'ottica più conveniente da cui osservarla.
Le grandi domande esistenziali le vedo come un allargarsi delle piccole domande contingenti.
Grazie alla coscienza non viviamo in un eterno presente .
Essa ci permette di farci domande, che hanno un piede nel passato e uno nel futuro e che allargano a compasso quello che diversamente sarebbe un puntuale eterno presente .
Che le domande si facciano grandi, esistenziali, è una conseguenza del massiccio uso di coscienza a di un  corrispondente grande cervello.
Si allarga il cervello e si allargano le domande.
Diversamente le domande si restringono, quasi fino a sparire.
Tuttavia io non credo che neanche il più inconsapevole dei microbi viva esattamente in un eterno presente.
È, se vuoi, una credenza di comodo. Evita infatti di sorvolare sul domandone di come sia nata la coscienza, dato che per i primi due miliardi di anni la vita contemplava sulla terra solo microbi, mentre ci teniamo per buono l'altro domandone, su come sia nata la vita.
Come ci insegnano i microbi le domande esistenziali hanno un senso solo per chi se le fa', cioè per chi si è allargato a questo mondo ben oltre la dimensione micro.
Come ben diceva Socrate, senza cervello non c'è coscienza, ma questo no dimostra che essa vi sia confinata.
Più in generale senza vita non vi è coscienza, ma senza microbi non vi è vita.
Però credo che Socrate non volesse allargarsi in questo senso, ma in ben più nobile direzione.
Quella spirituale. Io però mi sento più vicino ai microbi che a Dio.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

#14
Delle tre coscienze declinate da Jacopus l'unica scientificamente fondata, dimostrabile e infalsificata, è la seconda,  traente origine e funzionamento dal snc.

La prima è la versione popolare della tradizione cristiana che vede la coscienza come un'interfaccia tra l'umano e il sovrannaturale. Una specie di diario in cui il nume scrive e l'umano si contrae . La versione più "alta" è l'imperativo categorico Kantiano: Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me.

La terza è un epifenomeno culturale della coscienza scientifica che cerca di rilanciare la prima in una prospettiva filosofica. Legittima, ma pur sempre epifenomenica.  La si può considerare più importante, agli effetti della vita sociale, del suo fondamento biologico: etica, diritto, metafisica, cultura in tutte le sue sfaccettature. Ma opera in tutt'altro universo.

Distinto ciò senza ambiguità, se ne può discutere. Evitando di confondere la coscienza di classe con quella delle neuropsicoscienze.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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