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Che cos'è la verità?

Aperto da maral, 24 Maggio 2016, 15:17:26 PM

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Daniele_Guidi

..Io credo che si possa raccontare o sapere cosa sia la libertà solo effettivamente viverla di persona.. il resto è solo supposizione o sentito dire.. ricordate che non si potrà mai essere completamente liberi.. siamo tutti sottoposti a qualcun'altro. forse chi pratica ascetismo ma o dubbi anche li... il Cristo è stato un uomo libero. Libero dai condizionamenti della sua stessa specie e di cio' che lo circondava
Daniele Guidi

sgiombo

CVC:

Il problema penso stia proprio nel campo di applicazione della scienza. I successi del metodo sperimentale soprattutto nel campo della meccanica, della chimica e della fisica in generale hanno dato l'illusione, sulla scorta del positivismo e del sentimento di fiducia nel progresso illuministico e ottocentesco, che gli stessi risultati potessero essere replicati nelle scienze sociali, una volta dette umanistiche. Il problema è tutto qua visto che, parlando di verità, le verità che emergono dalle scoperte scientifiche, che d'altra parte alimentano l'illimitata fiducia nel progresso, sono verità che incontrano forti limitazioni quando vengono applicate nella sfera delle scienze sociali o umane. Questo perché emerge prepotentemente il problema della libertà. La libertà è tanto importante per l'uomo che viene protetta con le leggi. Ma le possibilità di manipolazione che ha raggiunto, ad esempio, la biologia si sono sviluppate ad una velocità tale per cui le leggi non riescono più a stargli dietro. Si è raggiunta la possibilità di attuare la procreazione assistita ma non si riesce a trovare una legge soddisfacente che la regoli. Lo stesso vale per le cellule staminali e altre problematiche che conosci meglio di me. In definitiva si è creato uno scarto per cui le leggi dell'uomo, il nomos, non riesce più a stare dietro alle leggi di natura, la physis. Tanto che oramai, secondo me, la tendenza è quella di ignorare il problema delle leggi in quanto dibattito sulla libertà, perché l'illimitata fiducia nel progresso spera che anche la soluzione di questo problema si possa trovare studiando la physis.
 
Rispondo (Sgiombo):
E' mia convinzione che se le possibilità di manipolazione che ha raggiunto, ad esempio, la biologia [che non sono conoscenza scientifica pura, teorica, bensì "applicazioni pratiche" di essa] si sono sviluppate ad una velocità tale per cui le leggi non riescono più a stargli dietro, con tutto ciò che di negativo vi consegue, è a causa dei rapporti di produzione socialmente dominanti, e non della conoscenza, né filosofica, né scientifica (teorica pura).

Sono convinto che in ultima analisi dipende da esse e dalla loro inveterata inadeguatezza allo sviluppo raggiunto dalle forze produttive lo scarto per cui le leggi dell'uomo, il nomos, non riesce più a stare dietro alle conseguenze pratiche (tecniche ed economiche) della conoscenza delle leggi di natura, della physis attualmente disponibile.
E chi è al potere e gode di smisurati, iniquissimi privilegi tende a impedire la soluzione del problema anche (ma non solo: dispone di tantissime, disparate armi ideologiche, tutte più o meno irrazionalistiche) promuovendo l' ideologia scientistica.

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Paul11:
la scienza non è filosfia così come non è arte e nemmeno spiritualità o metafisca , perchè ogni dominio legge la realtà e verità a modo suo.
E adatto che ad un certo punto della storia il vedere è stato più importante del credere, la vista vede una realtà che si scambia per verità e ne fa un metodo accertativo e veritativo. Ma è solo un dominio Noi non siamo solo induzione scientifica, siamo deduzione metafisica e intuizione artistica creativa e meditazione spirituale,


Rispondo (Sgiombo):
Ma per restare nella metafora, non è detto che la vista debba sempre, necessariamente vedere illusioni ottiche (o meglio il pensiero interpretare erroneamente i dati incontrovertibili della vista).
 
E comunque per me è molto meglio sbagliare cercando la verità "con i propri occhi" (soprattutto metaforici) che credere fideisticamente a chichessia (so benissimo che per altri è altrettanto legittimamente preferibile il contrario).
 
E inoltre nel campo del mondo fisico – materiale (biologia compresa) è l' unico strumento valido (la "vista" metaforicamente intesa": ragionamento razionale e verifica empirica), oltre ad essere uno strumento validissimo, mutatis mutandis (innanzitutto tenuto conto della loro non intersoggettività e non misurabilità quantitativa, ergo: non conoscibilità scientifica in senso stretto) e insostituibile anche in tutti gli altri.


Paul11:
E noi come singoli umani siamo molto più di quel solo dominio che da un parte ci allieta con le sue scoperte e invenzioni e dall'altra ci aliena ,dimentico di una verità perduta.


La semiologia pone alla fine l'accento sul significante perchè è l'osservativo interpretativo che decide se il segno simbolo è corrispondente al referente oggetto. Ovvero è l'uomo che decide culturalmente quale dominio gerarchico decide sugli altri.


Rispondo (Sgiombo):
Non vedo un dominio gerarchico (oggettivo) fra i diversi "domini" della conoscenza e delle attività umane.
Anche se l' ideologia dominante (per l' appunto ideologicamente, falsamente) pretenderebbe di istituirlo.
(Mi sembra in accordo con te, se non ti fraintendo).

maral

Citazione di: sgiombo il 13 Giugno 2016, 10:45:40 AM

Ribadisco la mia rassegnazione a constatare che non cogli la differenza fra fatti e pensieri, realtà e verità (o meno), eventi non simbolici (=senza significato) e simboli .

Riprendo dopo una breve pausa da questa contestazione di Sgiombo, che ringrazio comunque per le sue obiezioni che mi permettono di riflettere meglio sulle mie posizioni.
Penso di cogliere bene la differenza tra fatti (ciò che per esempio adesso sento accadere attorno a me) e il  pensare all'accadere di quei fatti, ma lo colgo in qualità di osservatore e, come osservatore, non solo posso, ma devo mettere in dubbio la verità di questo mio pensare rapportandola alla realtà di quei fatti che vivo (e chissà mai se vivrei senza pensarli, dato che ciò che vivo sempre mi appare significando). Quello che qui vengo affermando però è che quello che giudica non è l'unico modo di pensare la verità (che a sua volta è un fatto che accade) e, ho tentato di spiegare, che in questo caso (nel caso in cui non mi ponga come osservatore esterno di quello che accade), la verità non sta in un rapporto tra ciò che  soggettivamente percepisco e quello che oggettivamente accade in oggetto indipendentemente da me e fuori di me, ma proprio in quello che appare per come appare e che precede ogni soggetto osservatore/oggetto osservato.
Sono due prospettive diverse di considerare la verità delle cose in cui, nel secondo, non c'è alcun pensare, poiché non c'è né un soggetto che pensa né un oggetto pensato, c'è solo lo svelarsi della realtà e questo svelarsi è verità. E dunque, anche in questo caso, la verità resta diversa dalla realtà, essendone essa lo svelamento, ma ciò che si svela non esaurisce il reale, pur essendo quanto non si svela compreso nella verità dello svelarsi del nascosto come nascosto (quello che nel suo linguaggio, l'osservatore magari chiama noumeno). In questa dimensione, che è quella di un puro accadere, non c'è tempo né durata, perché il tempo è la dimensione in cui esiste un soggetto (e i suoi oggetti), dunque non ci sono né durate infinitamente piccole, né infinitamente grandi, è solo l'osservatore che vede le cose iniziare e finire e quindi può raccontarle e raccontarsele secondo un iniziare e un finire, un finire subito e anche un sembrare non finire mai.
Non c'è differenza tra accadere e significare, perché ogni accadere accade significando proprio ciò che accade. Solo la mente dell'osservatore vede che tra questi termini una differenza, pur potendo sentirne l'implicazione senza isolarli nella pretesa che da una parte ci sta quello che penso, dall'altra la realtà oggettiva, fuori da mio pensarla, come se entrambi, soggetto e oggetto, fossero del tutto auto sussistenti: io e il mondo presi in sé. L'apparire appare in immagini dirompenti di significato che richiamano altre immagini, ogni immagine è simbolo, quindi nulla quando appare è solo "simbolo". Non si immagina un inesistente per dirne l'inesistenza (fossero pure chimere, minotauri e ippogrifi), poiché ciò che appare è in quanto appare che è presente nel suo significare che comprende terrore, meraviglia, dolore, fino alla più pura angoscia e gioia ove ogni immagine si dissolve. Ma non c'è alcuna onnipotenza di un soggetto al quale basta immaginare per creare, proprio perché non c'è alcun soggetto, semplicemente l'apparire sperimenta se stesso e si sperimenta immediatamente vero.
So bene che è una dimensione questa che risulta assurda all'osservatore che giudica del vero e del falso, è estremamente rischiosa e il soggetto (e di conseguenza l'oggetto) nasce e vuole durare proprio per non incontrare questo rischio, lo esorcizza con descrizioni che istituzionalizzano giudizi di vero e di falso secondo metodo e regola, con definizioni di parole da credere solo convenzionali e arbitrarie, come mezzi a disposizione per maneggiare il mondo previa verifica, parole sottratte alla verità del loro accadere che precedette qualsiasi definizione concordata sul grido di un pianto, o su un riso di gioia.   
L'osservatore nasce solo perché qualcun altro lo osserva (il volto di un altro che lo guarda gli appare) e gli restituisce ciò che si svela come un oggetto che egli potrà osservare e utilizzare per sopravvivere come io, potrà giudicare buono o cattivo, bello o brutto, vero o falso, vivendo in un mondo che ha durata e confini entro i quali potrà sentirsi, per un po', al sicuro.
Ma questa verità, che è lo svelamento del reale, sotto sotto resta sempre e ogni tanto riappare, magari per dileguarsi subito. Perché l'io dell'osservatore, una volta che c'è, c'è in qualche misura sempre, anche se a volte si immagina come se non ci fosse, fa finta di non esserci.
I significati non sono a disposizione arbitraria di chi li pensa o li immagina, ma sono duri come pietre e taglienti come lame acuminate, scavano e lasciano segni profondi, solo ciò che non ha significato non lascia alcun segno e quindi non si manifesta.
E tutto questo lo dico da osservatore, da uno che giudica del vero e del falso, ma in qualche modo sa, o forse ha solo un vago sentire del fatto, che non è tutto lì e cerca di recuperare il resto pur sapendone bene il pericolo.
   
 

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