Che contributo può dare la filosofia alla scienza?

Aperto da iano, 21 Settembre 2023, 01:04:24 AM

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iano

#15
Citazione di: baylham il 02 Ottobre 2023, 12:07:41 PMPer me vale la relazione inversa: è la scienza che dà grandi contributi alla filosofia, basti citare Darwin ed Einstein. I contributi della filosofia alla scienza sono scarsi, se non superflui. Alcune correnti filosofiche moderne sono antiscientifiche.

Per quanto riguarda il caso, la massima casualità, disordine produce ordine, regolarità: in statistica la distribuzione normale è un evidente esempio in tal senso, come osserva De Finetti.

Non c'è dubbio che la scienza è una descrizione e predizione della realtà, di cui è parte: quello che conta è selezionare le teorie migliori in questo senso.






Credo anch'io che i migliori filosofi siano gli scienziati, che quando fanno divulgazione scientifica non fanno scienza, ma filosofia.
Il filosofo però, non facendo scienza ha più tempo per fare filosofia di quanto non ne abbia lo scienziato, sperimentando e proponendo punti di vista alternativi.
Così, con una certa presunzione (un poco ci vuole) ho proposto di guardare come scandaloso non l'ingresso della casualità nelle teorie scientifiche, ma il suo riuscire a convivere col determinismo, provando a trarne le conseguenze filosofiche.
E invece come si può dimostrare scorrendo anche questo forum, la riflessione filosofica pone al centro la sola casualità.

Un altro punto di vista nuovo che mi sentirei di proporre è di riguardare  l'attuale ''sciagurata'' evenienza di una scienza sempre più lontana dalle nostre possibilità di comprensione (scienziati compresi), come essere invece un risultato ''filosofico'' da incorniciare come rivoluzionario: ''La scienza non ha bisogno di essere compresa''.
Questo vuol dire che la nostra capacità di comprendere ha fin qui in modo decisivo accompagnato la scienza senza pur essere essenziale.
Voglio dire che , allo stesso modo che la casualità in quanto new entry assoluta nelle teorie scientifiche si è presa la scena, al punto da oscurare che il determinismo è ancora vivo e vegeto, il dispiacere di non poter comprendere più la scienza, oscura un risultato rivoluzionario, che è quello per cui si può fare scienza senza comprenderla.
Questo, fra l'altro,  è valso come un invito sommesso, non gridato, alla Intelligenza artificiale, che nulla comprende, di entrare pesantemente nel gioco della scienza.
Questo è il punto di vista privilegiato dal quale guardare all'intelligenza artificiale, ma sempre scorrendo questo forum è evidente che è tutt'altro punto di vista a prevalere.
In sostanza si capovolge l'intero teorema e si dice , MA ALLORA, se l'AI fà scienza, ciò vuol dire che comprende, e che domani, se non già oggi, potrebbe dominarci.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Jacopus

#16
@iano. Se ho capito bene, parti dalla considerazione che la casualità quantistica abbia creato un grande scompiglio, annebbiando la vista a tutti, ovvero rendendoci incapaci di vedere che determinismo e indeterminismo possono essere presenti contemporaneamente (come il gatto di Shrodinger). Personalmente, partendo da Monod, non ho mai pensato che determinismo e indeterminismo si escludessero a vicenda. E' logica la loro convivenza, almeno in campo biologico, rispetto al quale posso dire qualcosa di sensato. La teoria evoluzionistica è esattamente il connubio fra caso e necessità.
Detto questo ho sempre pensato alla filosofia come alla capacità di sfidare criticamente "lo stato delle cose". In questo senso Galilei e Copernico hanno fatto, in un certo senso, filosofia, perchè hanno considerato criticamente le verità tolemaiche e le hanno rivoluzionate. Ma la domanda tipica della scienza, anche in veste critica, è: "come", mentre la domanda tipica della filosofia è più profonda ed è "perché". Quel perchè investe non solo il funzionamento del mondo, che necessariamente è una attività parcellizzata e classificatoria, ma la connessione fra tutte le cose del mondo e sfiora in questo modo il delirio. La filosofia nulla può rispetto alle misurazioni e alle sperimentazioni in vitro, ma può rispetto a cosa accade all'uomo dopo aver adottato a tutte le latitudini le misurazioni e le sperimentazioni in vitro. Non rischia forse di diventare come il panettiere che usa metafore come "forno", "pagnotte" o "lievito", anche per la vita quotidiana? Pensare criticamente sè stessa lo può fare solo la filosofia o la filosofia della scienza. La scienza nel suo "fare" non può "criticare" il suo metodo, altrimenti si bloccherebbe.
Contemporaneamente esiste un movimento inverso, ovvero l'influenza della scienza moderna nella filosofia, che da Galilei in poi, non è più stata né contemplatio, né ancillare alla teologia. E' diventato un assioma collegare teoria e prassi. Anche la filosofia deve "servire" a qualcosa, non può più essere un passatempo bucolico per ricchi sfaccendati.
Il rischio che io vedo, in realtà, è proprio la caduta della filosofia da ancella della teologia ad ancella della scienza, sospingendo così la società verso una immagine di sè tecnocratica e funzionale.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

iano

#17
Citazione di: Jacopus il 03 Ottobre 2023, 00:45:23 AMDetto questo ho sempre pensato alla filosofia come alla capacità di sfidare criticamente "lo stato delle cose". In questo senso Galilei e Copernico hanno fatto, in un certo senso, filosofia, perchè hanno considerato criticamente le verità tolemaiche e le hanno rivoluzionate.
Ritengo intellettualmente eccitante sfidare lo stato delle cose che è l'insieme delle evidenze e delle ovvietà, le quali verranno poi sostituite da altre ovvietà ed altre evidenze, oppure da nient'altro come avviene oggi, e questa è la novità secondo me.
Non c'è più uno stato delle cose che influenzi nel bene e nel male lo stato politico. E inoltre, se mai ci fosse, risulterebbe difficile capire chi processare, chi si dovrebbe chiamare ad abiurare, perchè bisognerebbe chiamare in causa l'intero mondo scientifico, una comunità di scienziati che contemporaneamente collaborano insieme, mentre una volta collaboravano in un tempo così esteso da potersi individuare un epigono da classificare come genio colpevole.
Ciò non toglie che ognuno di noi possiede le sue evidenze e le sue ovvietà su cui può lavorare criticamente, se vuole, ripercorrendo in modo soggettivo l'istruttivo percorso della scienza.
Io più vado avanti in questo percorso più tutto mi appare chiaro, evidente, conscio che non esistono evidenze definitive.
Non è un percorso privo di insidie, perchè cosa succede se perdo le mie evidenze senza che altre ne prendano il posto?
Ma in sostanza direi che la filosofia è pensiero, e siccome non si può non pensare non si può non fare filosofia, ma sopratutto avere il tempo di farlo in modo quasi esclusivo.
Niente di eccezionale, niente di particolare, una cosa come tante.
Forse la scienza ha più a che fare con l'agire, un agire che non sempre richiede il pensare.
Di solito non si pensa a quello che si fà, perchè ciò renderebbe l'azione impacciata, ma a volte può capitare di pensarci, e dopo averci pensato la tua azione non sarà più la stessa.
Ogni volta che prendi coscienza di qualcosa quella cosa non sarà più la stessa e così cambia lo stato delle cose.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#18
Citazione di: baylham il 02 Ottobre 2023, 12:07:41 PMPer quanto riguarda il caso, la massima casualità, disordine produce ordine, regolarità: in statistica la distribuzione normale è un evidente esempio in tal senso, come osserva De Finetti.








Posto che io non faccio il tifo per il caso, né per il determinismo, siccome siamo in grado di simulare il caso riproducendo la distribuzione normale attraverso eventi determinati (il lancio di un dado è un evento determinato) ne dovremmo dedurre che tutti gli eventi sono determinati con diversi gradi di determinabilità effettiva.
Ma il fatto è che a me l'idea di un mondo casuale non genera meno disagio di quella di un mondo determinato.
Non riesco a credere in un mondo determinato out casuale, e ancor meno che sia un mix delle due cose.
Sopratutto non credo di dover credere nulla sulla essenza della realtà.
Io mi limito ad interagire con la realtà, e idee come caso e determinismo sono mezzi teorici attraverso i quali interagisco con la realtà, e siccome non c'è un solo modo di interagire con essa strumenti teorici antitetici possono convivere, perchè non convivono dentro la realtà, ma dentro le sue descrizioni.
Una volta che la matematica ha dimostrato di non possedere solide fondamenta (merito alla sua ''onestà intellettuale'') dovremmo aver abbandonato l'idea di una teoria che possa avere una perfetta corrispondenza con la realtà.
E' vero che rimane l'esigenza di ''vedere'' la realtà, ma il vederla è solo uno dei modi in cui vi interagiamo.
Andiamo verso mondi, per fare il verso ai catastrofisti, dominati da un eterna notte scura.
In questi casi di solito ci si fà guidare dai ciechi, e se lo fai ti rendi conto che  questo vedere non è poi una necessità così inderogabile.
Diventeremo tutti diversamente vedenti?

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Personale contributo filosofico di un patafisico di scarso spessore: se d'un tratto smettessi di assecondare la legge di causa effetto, sempre ammesso che sia ancora vivo dopo un giorno, prima o poi sentirei lo stimolo della sete e della fame. Un saluto 👋

Pensarbene

#20
Lo stimolo della sete e della fame è un' informazione, quindi va capita "cum grano salis".
Non è detto sia dovuta a fame e sete reali: ci sono persone che la percepiscono per altri motivi, ad esempio,  bisogno affettivo.
La causalità sottostante può essere diversa da quella che si suppone!

Ipazia

La distinzione tra filosofia e scienza è un artefatto dell'ideologia scientista, organica alla visione e interessi del mondo capitalistici.

L'episteme, per quanto limitata e relativa, è unica ed è molto più saggio intendere, come facevano gli antichi, la scienza come "filosofia naturale" e il resto: "filosofia morale (etica)", "filosofia politica", estetica.

Passando dall'amore alla prassi, lo scibile va ricondotto alla sua unità epistemica correlata, se vogliamo salvare l'anima e il corpo. Altra unità negletta nel modello parcellizzato artificiale dominante.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Jacopus

Citazione di: Pensarbene il 04 Ottobre 2023, 06:11:29 AMLo stimolo della sete e della fame è un' informazione, quindi va capita "cum grano salis".
Non è detto sia dovuta a fame e sete reali: ci sono persone che la percepiscono per altri motivi, ad esempio,  bisogno affettivo.
La causalità sottostante può essere diversa da quella che si suppone!

la psicoanalisi e la sociologia/filosofia critica (ovvero di derivazione marxista), si occupano esattamente di questo, ovvero di scoperchiare il vaso di Pandora delle false o supposte verità, per scoprire cosa si nasconde dietro di esse (e così via). Per fare ciò però occorre un'altra condizione: essere competenti. Poichè l'antitesi di questa visione "scoperchiante" è quella "complottista".

Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Pensarbene

che succede jacopus quando una volta scoperchiato....non trovi un bel niente?

Jacopus

Citazione di: Pensarbene il 04 Ottobre 2023, 14:34:41 PMche succede jacopus quando una volta scoperchiato....non trovi un bel niente?
Difficile. Hai presente il famoso iceberg di Freud. La parte sommersa è molto più grande di quella emersa. Qualcosa si trova sempre. Sicuramente c'è chi ha una parte emersa più vasta e chi meno vasta. E' un discorso che si connette con l'autenticità da un lato e con la capacità di fare i conti con i propri lati oscuri senza gettare il male sugli altri.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

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