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Caso e necessità.

Aperto da iano, 11 Gennaio 2022, 00:49:11 AM

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iano

Ciao Paolo e benvenuto.
In tutti i casi da te illustrati interviene sempre un omino , il croupier.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

viator

Ciao Paolo e benvenuto. Non so quanto tu sia novellino nell'arte di pensare.


Magari sei un artista esperto, alla faccia di chi pensa che il pensare sia un'arte.

Io non sono un'artista, solamente un'artigiano. Hai presente quegli artigiani che usano quotidianamente la sega ?

Infatti il mio pensiero è talmente monotono nella sua alternatività che mi sono cresciuti i calli, e non certo sul cervello...........ma ti lascio indovinare su quale mio organo o parte del corpo.

Mi limito quindi ad augurare a te di riuscire ad essere o diventare un vero e completo artista del pensiero.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

iano

#17
Citazione di: paolo il 04 Febbraio 2022, 14:36:30 PM
Un saluto a tutti voi. Mi sono iscritto giusto ieri e questo è il mio primo post.

Mi presento: avanti negli anni , diplomato tecnico , insegnante in pensione, neuroni stanchi ma ancora più o meno collegati, conoscenza della filosofia quasi nulla ma comunque interessato.


Avendo scarsa dimestichezza con concetti astratti vi propongo  un esperimento mentale relativo comunque ad una situazione concreta:
Casinò di Sanremo.  Il croupier effettua una serie di mille lanci. Chiamo  questa  serie Prova1.     La Prova 1 da il seguente risultato: 200 rossi, 800 neri.                                                            Al rapporto 200/800 = 0,25 appiccico l'etichetta "Caso1"(nella eventualità di 800 rossi e 200 neri avrei considerato identico risultato).  Alla differenza 1- 0,25 = 0,75 appiccico l'etichetta "Necessità1".


Le prove continuano con risultati ovviamente diversificati.


La prova33 da come risultato: 0 rossi, 1000 neri.                                                              Caso33 = 0(minimo) ,    Necessità33= 1(massima).


La prova75 da come risultato: 500 rossi, 500 neri.                                                              Caso75 = 1(massimo),   Necessità75= 0(minima).
Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova33?    Probabilmente nella vostra mente comparirebbe un omino nascosto che, con una calamita, ha costretto la pallina sempre sul nero. Chiamo questo omino  "Causa".


Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova75?   Probabilmente nella vostra mente non comparirebbe alcun  omino.  La parola Causa neanche comparirebbe nel vostro vocabolario.


Cosa pensereste dopo aver assistito sia alla Prova33 che alla prova75 e solo a quelle? Avanzo le seguenti opzioni:
a)  La Causa opera nel corso  della Prova33                                                                             b)  La Causa non opera durante la Prova75.                                                                            c)  La Causa opera in entrambe le  Prove.                                                                                 d)  La Causa non opera in alcuna delle due.                                                                      Quale delle quattro?


Cosa pensereste dopo aver assistito a tutte le Prove?                                                             Non avanzo alcuna opzione. Non ne ho la più pallida idea!

Se l'esperimento non vi risulta del tutto strampalato avrei piacere in un vostro riscontro.
Per intanto vi ringrazio dell'attenzione e vi saluto.

Prima di darti una risposta ho una domanda da farti?
Perché hai chiamato esperimento mentale quello che potrebbe benissimo essere un esperimento reale?
Infatti tu lo hai descritto di fatto come tale con un croupier in carne e ossa.
Io direi quindi che si può provare a dare una risposta se lo si considera un possibile caso reale.
Considerandolo un caso reale forse riesci a darti anche da solo una risposta.
Se lo consideri reale, riesci a trovare una risposta?
Spesso, quando non si ha la più pallida idea della risposta, è perché la domanda è sbagliata.
È da capire se la forma non necessaria in cui hai posto la questione, quella di un esperimento mentale, non diventi al minimo fuorviante, quando pure fosse equivalente.
Perché, per contro, a volte, una domanda trova più facilmente risposta solo per avergli trovato una forma diversa, ma equivalente.
Il tuo esperimento mentale ,  potrebbe essere una forma diversa, ma equivalente, che ottiene però l'effetto di non farci vedere la risposta.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

baylham

A Paolo


Suppongo che siano in corso delle prove tecniche per alterare a piacimento il meccasmo casuale del gioco e controllarne gli esiti. Un esempio di passaggio da un sistema casuale a uno necessario negli esiti.


paolo

Ciao .   Ringrazio tutti per l'attenzione che mi accordate: date una mano ad un poveraccio in crisi di autostima. La cosa potrà tornarvi utile in futuro, ma non prima di cent'anni , ovviamente.

A bobmax:
Caso75 e Necessità75 dovrebbero essere 0,5 ciascuno.
Dipende da come la si mette. Di fronte alla Prova33 si pensa intuitivamente, spontaneamente, al massimo di necessità e niente caso. L'opposto riguardo la Prova75. Il mio modo di calcolare mi consente di essere vicino al linguaggio corrente.
Ciò premesso, ritengo che tu con "Causa" intenda una forzatura che influisce sull'esito dei lanci.
Certamente. A tal proposito, ho utilizzato i termini Caso, Necessità, Causa per un rimando al linguaggio filosofico. Ciò però ci orienta verso i nostri "pregiudizi". Se avessi usato i termini Pinco, Palla e Vattelappesca  saremmo stati "vergini" di fronte al "fenomeno",  quindi meno soggetti ad errore.
Considerando .............. è altamente probabile.
Noi siamo filosofi, la probabilità non ci interessa, pretendiamo l'Assoluto!

A Nico.
Mi trovi in accordo con te quando affermi che ciascuna Prova è caratterizzata quantitativamente( 134 rossi, 866 neri) ma anche qualitativamente secondo l'ordine (nero, rosso, rosso, nero, ......... ). La caratterizzazione qualitativa è certamente più specifica e fine ma non credo ci possa aiutare nell'affrontare il "quibus". Se sbaglio, insisti.
Ovviamente se non puoi fare tentativi ripetuti, non puoi conoscere .......
Le parole Caso5, Necessità5   sono numeri riferiti ad una pluralità di eventi ( Prova5 ) e calcolati secondo procedura.  Il risultato di un qualunque singolo lancio della Prova5, astratto dal contesto, non da luogo ad alcun calcolo.
A Daniele22
Ciao Paolo e benvenuto.  Grazie.  Non so quanto tu sia novellino nell'arte di pensare. Si vedrà.
Con "novellino" ho inteso la mia condizione nei confronti degli strumenti informatici. In quanto al pensare, ci provo. Con quali risultati, Si vedrà. 
Quindi la risposta è la "c".
Non capisco se è la tua risposta o quella che mi attribuisci.
La domanda diventa quindi: dopo quanti lanci..........
Ti rimando alla risposta a Nico.
Ad  Ispazia
Tutti i fenomeni hanno una loro causalità,  ma il loro intreccio diventa casuale
( I termini "casuale" e "causale" mi si intrecciano nella mente ed ogni volta mi tocca sbrogliarli. Che rottura! )
Se capisco bene, tu imputi la variabilità dei risultati alla pluralità dei fattori (Cause) comunque presenti.
Seguendo una prima vaga intuizione  direi che non è questo il punto. Provo a ragionare. 
Cesare affronta il nemico.  Sul campo di battaglia sono presenti due cause entrambe negative e la somma delle due, causa risultante, è negativa, Cesare perde e la Storia finisce lì.  Un unico risultato non da alcuna  variabilità, non c'è caso ne necessità, con il che, insieme alla Storia finisce ogni nostro discorso.
  Poniamo che , a nostra insaputa, Cesare faccia altri 999 tentativi. Se le due cause restano sempre quelle Cesare perde ogni volta.  Se invece i risultati variano evidentemente variano le cause, in numero, intensità e segno, varia la causa risultante ( + -> vittoria  ;  -  -> sconfitta). IL confine di decidibilità si è spostato dal campo di battaglia ad un luogo appena prima delle cause.
C'è forse un omino invisibile (causa antecedente ) che cambiando le cause determina la risultante e quindi la vittoria o la sconfitta?  Con il che torniamo al caso predente, per dirla come i matematici.
Cara Ispazia ,la conclusione, ora come ora, mi appare banale.
Sappi però che mi è costata due ore di "scervellamento"       ( forse la stanchezza ). Nel caso tu riuscissi a smontarmi il ragionamento prova a non farmi troppo male: carità cristiana, please .

A  Iano
Perché hai chiamato esperimento mentale quello che potrebbe benissimo essere un esperimento reale?
Perché pensavo che si potesse definire esperimento mentale un esperimento solo pensato che fosse realizzabile o meno.  In entrambi i casi non credo che i risultati possano essere tanto diversi.
Come che sia, caro Iano, non fare  il filosofo, non spaccarmi....... il capello in quattro!   ( Sono napoletano e quindi "obbligato", la gente se lo aspetta, a condire il discorso con qualche facezia. Tra persone di spirito non è un problema ).

A Viator
Mi limito quindi ad augurare a te di riuscire ad essere o diventare un vero e completo artista del pensiero.
Sono in là con gli anni, bisogna che mi dia una mossa.
Grazie del benvenuto e dell'augurio

A Baylham
Occhio, i truffatori sono sempre in agguato!.

iano

#20
@Ciao Paolo.
Confesso di non averci capito nulla.
Troppi casi mi confondono.
Con questa discussione mi riproponevo addirittura  infatti di ridurre caso e necessità ad uno solo, col trucco di dare una definizione di caso diversa ma equivalente a quella corrente.
Lo scopo era di snaturare il caso ammettendo sempre una causa.
Ma di fatto eliminando il caso si elimina anche il suo contrario, la necessità .
A pensarci bene infatti è ingenuo credere che ogni specifica cosa abbia una specifica causa, sebbene sembri evidente che questo  sia lo schema della natura, almeno quando facilmente ci appare. Ma non sempre è così, e lo schema nin sempre si riesce a trovare.

Causa ed effetto sono secondo me un espediente descrittivo in base al quale sono possibili diverse descrizioni, che anche quando fossero equivalenti , cambiano la natura delle cause, per cui pensare a specifiche cause non mi sembra appropriato.
Così, ad esempio , nella teoria di Newton agiscono delle cause e in quella di Einstein altre.
Per cui io direi che non agisce alcuna causa specifica, ma che è possibile dedurre la coerenza di fondo della realtà mediante diversi racconti usando l'espediente narrativo delle cause e degli effetti.
Se invece ci fissiamo sull'esistenza di specifiche cause, ci toccherà poi necessariamente ipotizzare il caso, quando dentro una particolare storia queste ci difettino.
Succede così che trovandoci di fronte ad un racconto che descrive come mai ci era successo prima   la coerenza della realtà , la teoria quantistica, siccome però in difetto di cause , abbiamo difficoltà ad accettarla.


Il paradosso è che, nonostante abbiamo ormai sotto gli occhi la relatività delle cause, non ne abbiamo però tratto tutte le conseguenze, se assoluto è rimasto il loro contrario, il caso.


Insomma, da un lato non accettiamo davvero l'esistenza del caso ( Dio non gioca a dadi) ma dall'altro siamo noi a mantenerlo ancora in vita, non volendo rinunciare, per abitudine o chissà', all'esistenza di specifiche cause, perché non perdiamo la speranza in un racconto possibile univoco della realtà, la cosiddetta verità.
È arrivato davvero il momento di chiedersi se non sia il caso di rinunciare a questo pregiudizio, se dobbiamo rinunciare per mantenerlo, paradossalmente , alla comprensione della realtà.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

daniele22

Citazione di: paolo il 06 Febbraio 2022, 18:26:27 PM
Ciao .   Ringrazio tutti per l'attenzione che mi accordate: date una mano ad un poveraccio in crisi di autostima. La cosa potrà tornarvi utile in futuro, ma non prima di cent'anni , ovviamente.

A bobmax:
Caso75 e Necessità75 dovrebbero essere 0,5 ciascuno.
Dipende da come la si mette. Di fronte alla Prova33 si pensa intuitivamente, spontaneamente, al massimo di necessità e niente caso. L'opposto riguardo la Prova75. Il mio modo di calcolare mi consente di essere vicino al linguaggio corrente.
Ciò premesso, ritengo che tu con "Causa" intenda una forzatura che influisce sull'esito dei lanci.
Certamente. A tal proposito, ho utilizzato i termini Caso, Necessità, Causa per un rimando al linguaggio filosofico. Ciò però ci orienta verso i nostri "pregiudizi". Se avessi usato i termini Pinco, Palla e Vattelappesca  saremmo stati "vergini" di fronte al "fenomeno",  quindi meno soggetti ad errore.
Considerando .............. è altamente probabile.
Noi siamo filosofi, la probabilità non ci interessa, pretendiamo l'Assoluto!

A Nico.
Mi trovi in accordo con te quando affermi che ciascuna Prova è caratterizzata quantitativamente( 134 rossi, 866 neri) ma anche qualitativamente secondo l'ordine (nero, rosso, rosso, nero, ......... ). La caratterizzazione qualitativa è certamente più specifica e fine ma non credo ci possa aiutare nell'affrontare il "quibus". Se sbaglio, insisti.
Ovviamente se non puoi fare tentativi ripetuti, non puoi conoscere .......
Le parole Caso5, Necessità5   sono numeri riferiti ad una pluralità di eventi ( Prova5 ) e calcolati secondo procedura.  Il risultato di un qualunque singolo lancio della Prova5, astratto dal contesto, non da luogo ad alcun calcolo.
A Daniele22
Ciao Paolo e benvenuto.  Grazie.  Non so quanto tu sia novellino nell'arte di pensare. Si vedrà.
Con "novellino" ho inteso la mia condizione nei confronti degli strumenti informatici. In quanto al pensare, ci provo. Con quali risultati, Si vedrà. 
Quindi la risposta è la "c".
Non capisco se è la tua risposta o quella che mi attribuisci.
La domanda diventa quindi: dopo quanti lanci..........
Ti rimando alla risposta a Nico.
Ad  Ispazia
Tutti i fenomeni hanno una loro causalità,  ma il loro intreccio diventa casuale
( I termini "casuale" e "causale" mi si intrecciano nella mente ed ogni volta mi tocca sbrogliarli. Che rottura! )
Se capisco bene, tu imputi la variabilità dei risultati alla pluralità dei fattori (Cause) comunque presenti.
Seguendo una prima vaga intuizione  direi che non è questo il punto. Provo a ragionare. 
Cesare affronta il nemico.  Sul campo di battaglia sono presenti due cause entrambe negative e la somma delle due, causa risultante, è negativa, Cesare perde e la Storia finisce lì.  Un unico risultato non da alcuna  variabilità, non c'è caso ne necessità, con il che, insieme alla Storia finisce ogni nostro discorso.
  Poniamo che , a nostra insaputa, Cesare faccia altri 999 tentativi. Se le due cause restano sempre quelle Cesare perde ogni volta.  Se invece i risultati variano evidentemente variano le cause, in numero, intensità e segno, varia la causa risultante ( + -> vittoria  ;  -  -> sconfitta). IL confine di decidibilità si è spostato dal campo di battaglia ad un luogo appena prima delle cause.
C'è forse un omino invisibile (causa antecedente ) che cambiando le cause determina la risultante e quindi la vittoria o la sconfitta?  Con il che torniamo al caso predente, per dirla come i matematici.
Cara Ispazia ,la conclusione, ora come ora, mi appare banale.
Sappi però che mi è costata due ore di "scervellamento"       ( forse la stanchezza ). Nel caso tu riuscissi a smontarmi il ragionamento prova a non farmi troppo male: carità cristiana, please .

A  Iano
Perché hai chiamato esperimento mentale quello che potrebbe benissimo essere un esperimento reale?
Perché pensavo che si potesse definire esperimento mentale un esperimento solo pensato che fosse realizzabile o meno.  In entrambi i casi non credo che i risultati possano essere tanto diversi.
Come che sia, caro Iano, non fare  il filosofo, non spaccarmi....... il capello in quattro!   ( Sono napoletano e quindi "obbligato", la gente se lo aspetta, a condire il discorso con qualche facezia. Tra persone di spirito non è un problema ).

A Viator
Mi limito quindi ad augurare a te di riuscire ad essere o diventare un vero e completo artista del pensiero.
Sono in là con gli anni, bisogna che mi dia una mossa.
Grazie del benvenuto e dell'augurio

A Baylham
Occhio, i truffatori sono sempre in agguato!.


E' la risposta che do io naturalmente. A caso non capita nulla

daniele22

Citazione di: iano il 11 Gennaio 2022, 00:49:11 AM
Se ripropongo questo argomento più volte da noi affrontato, è perché interagendo con Eutidemo riguardo la storia dell'asino di Buridano mi è venuta un idea che credo originale, e ve la illustro.


Si tratta di una definizione di caso diversa, ma equivalente a quella classica.
Ciò equivale a nient'altro che riguardare la stessa cosa da una prospettiva diversa, perché quando si cambia prospettiva a volte si vedono dettagli che dalla vecchia non ci apparivano.


Così propongo di sostituire la definizione di caso, di come ciò che avvenga senza una causa, come ciò che avviene per causa inconoscibile.
Ciò equivale a dire che nulla avvenga senza una causa e il caso deterministico si riduce a quello in cui vi è una causa potenzialmente conoscibile.


Sull'inconoscibilita',e in ciò la nuova prospettiva mi sembra interessante, possiamo fare due ipotesi diverse, una come inconoscibilita' assoluta, nel senso che nessun osservatore presente e futuro potrà' mai conoscere le cause, che pure si ipotizza sempre esista, l'altra come relativa agli osservatori presenti, ma non necessariamente ai futuri.


Io propendo per una inconoscibilita' relativa , cioè una inconoscibilita' che ci dice qualcosa sull'osservatore.


Noto infatti che, seppure le vecchie teorie fisiche vengano superate dalle nuove grazie all'accumulo di nuovi dati dipendente  dall'evoluzione degli strumenti di misura, esistono però da sempre dati a disposizione dell'uomo che solo l'uomo moderno è riuscito ad elaborare in una teoria, e in particolare mi riferisco alla teoria dell'evoluzione di Darwin.
Una possibile spiegazione è che non stiamo parlando degli stessi uomini, ma di osservatori diversi, o, se si preferisce, appunto in evoluzione


L'argomento però non è l'evoluzione di Darwin, che è solo un esempio che ho provato a trarre dalla nuova definizione di caso.
L'argomento è ciò che voi vorrete provare a trarne..


Ciao Iano, questo è un paradosso molto semplice. Ti sei più volte appellato al fatto che una cosa non esiste di per se (io nego pure "la cosa per noi"). Se neghi la "cosa in se" come più o meno tutti qui dentro, come puoi porti dei dubbi sul fatto che possa esistere il caso in assoluto? Il caso non esiste e basta, il suo senso riguarda solo un aspetto pratico della nostra vita per distinguerlo dalla necessità

daniele22

Citazione di: iano il 06 Febbraio 2022, 19:56:15 PM
In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.


Appunto. E' da qui che parte la critica al sostantivo della lingua. Quante azioni può compiere una sega, oltre a quella classica?

Ipazia

L'approccio metafisico, ovvero per assoluti, è quanto di meno proficuo possa esserci per venirne a capo.

L'abilità di uno stratega è mettere in campo quanto è necessario tenendo conto di tutti i casi possibili.

Sarà stato un bravo (e fortunato) stratega se avrà saputo prevedere tutti i casi che si sono verificati predisponendo per ciascuno le necessarie contromisure.

Ciò vale in guerra, politica, lavoro, sport, sentimenti, e ovunque giochiamo la partita della nostra unica e irripetibile vita.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#26
Citazione di: Ipazia il 06 Febbraio 2022, 21:39:14 PM
L'approccio metafisico, ovvero per assoluti, è quanto di meno proficuo possa esserci per venirne a capo.

L'abilità di uno stratega è mettere in campo quanto è necessario tenendo conto di tutti i casi possibili.

Sarà stato un bravo (e fortunato) stratega se avrà saputo prevedere tutti i casi che si sono verificati predisponendo per ciascuno le necessarie contromisure.

Ciò vale in guerra, politica, lavoro, sport, sentimenti, e ovunque giochiamo la partita della nostra unica e irripetibile vita.
Sono d'accordo.
Ma mi rimane un dubbio. Che l'ipotesi metafisica, assunta in modo più o meno cosciente, sia necessaria.
Da essa si derivano infatti non tutti i possibili casi, ma solo quelli che da essa si possono derivare.


Gli strateghi comunque giocano alla pari perché condividono quella ipotesi, senza la quale non vi sarebbe neanche un campo di battaglia comune, una ragione di contesa.
Sono però curioso dei meccanismi che portano a prendere piena coscienza delle nostre metafisiche, e delle inerzie che portano a cambiarle.
La metafisica nin ha alcun effetto se non è condivisa.
Essa funziona come un perfetto surrogato della verità che si va' a cercare, perché si è posta invece a premessa senza saperlo.
Il meccanismo che porta a condividere ciò che in se' ha il carattere della gratuità non può non incuriosire.
Viviamo in periodo cosiddetto nichilistico, in cui tutte le metafisiche che hanno fin qui imperato sono state denudate, anche se non tutti lo ammettono, e il problema è, come facciamo a sostituirle, come se dovessimo deciderne di nuove, cosa già' non facile, e che risultino al contempo condivise?
Ma se le metafisiche si producono in modo condiviso a nostra insaputa, non rimane che aspettare.
La ragione che deriva i casi su qualcosa si deve esercitare.


Ma noi filosofi non siamo qui per dire che il re è nudo, o sennò qui che ci stiamo a fare?
Se non glielo diciamo come faremo a convincerlo di doversi rivestire?



I nobili cavalieri sono andati con le loro armature alla disfatta contro le armi da fuoco, morendo da nobili, perché che erano nobili lo dimostrava la loro armatura., e forse non era il caso.
Mi sembra che stiamo vivendo un frangente simile, volendo morire da "uomini" piuttosto che dismettere le nostre armature metafisiche.
Lo vediamo ben tutti che stiamo andando a morire, eppure indomiti avanziamo, per morire da uomini, secondo quello che le nostre anacronistiche metafisiche ci dicono che siamo.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: daniele22 il 06 Febbraio 2022, 21:30:32 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2022, 19:56:15 PM
In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.


Appunto. E' da qui che parte la critica al sostantivo della lingua. Quante azioni può compiere una sega, oltre a quella classica?
Adesso capisco meglio cosa volevi dire.
Però il riferimento al sostantivo mi fuorviava.
Allora per dirla a modo tuo io dico, se immaginiamo la verità come una combinazione di simboli, laddove si escluda una indefinibile illuminazione, è  il giusto sostantivo allora che ci manca ancora, la giusta combinazione di simboli?
Ma posta in questo modo la verità, se non perde perciò il suo appeal, forse è perché ci si rifiuta di vederla come un vestito di simboli arbitrari.


C'è una profonda saggezza nella parabola, mito, o non so' come dire, del verbo che si fa' carne, dove la carne è ciò che condividiamo, senza bisogno che su ciò ci accordiamo, e nel momento in cui si fa' carne lo difendiamo con l'istinto di sopravvivenza.
Difficile allora vedere quella carne come un vestito, un uniforme.
Una la dobbiamo possedere perché non è da uomini avanzare nudi verso il futuro, come basta fare agli altri animali. Questo vestito però non è una pelle, carne della nostra carne, anche se per tale la scambiamo, e lo dobbiamo cambiare, quando cambia la stagione.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#28
Forse  allora capisco come risolvesse il pensiero magico il dilemma di una verità vista come combinazione di simboli potenzialmente arbitrari, che arbitrari perciò non fossero, possedendo un loro potere.
Che il verbo dunque si faccia carne, o che assuma i superpoteri, non c'è , sembra , altro modo per poter esprimere attraverso i simboli una verità.


Leggere il futuro nei tarocchi non è poi una idea così balzana, se a partire dalla loro lettura noi lo determiniamo e fra essi ci sono le carte del caso e della necessità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#29
Nella fisica subatomica ciò che frustra le nostre aspettative metafisiche è che quando andiamo a misurare  una particella non sappiamo mai dove essa ci apparirà, perché la nostra metafisica lega l'esistenza di qualcosa  all'occupare una precisa località , e questo diventa urgente in particolare se le particelle sono tutte uguali e distinguibili dunque solo per la loro posizione.
Questa apparente stranezza mette in secondo piano un altra stranezza, che a causa di una misura la particella appaia,e pure non è cosa da dare per scontata.
Eppure la cosa ci apparirebbe strana se la traducessimo in termini macroscopici, come una palla da biliardo che ci appaia, o la sentiamo, solo quando tirando a caso  la colpiamo, come succederebbe se spegnessimo la luce.
Al buio la palla potrebbe essere ovunque, e non ci resta che tirare con la stecca a caso.
Ma , nella misura in cui la palla esiste in quanto ha una posizione, nel momento in cui la colpiamo essa perde la sua distinzione, cambiando posizione.
A bocce ferme, accendendo la luce, come faremo a distinguere quale palla abbiamo colpito?


Se nel caso microscopico tirare di stecca significa assegnare una posizione, istituendo una identità, nel caso macroscopico significa togliergliela.
Lo dico così, come spunto di riflessione, perché  se certe cose nuove ci si presentano in modo inatteso, è solo l'abitudine a determinare le nostre aspettative, aspettative che per i casi  nuovi , non essendo abituali, non possediamo.
Ma se riusciamo per puro esercizio ad astrarre dai casi normali l'abitudine, che cosa resta a loro di normale?
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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