Menu principale

Caso e necessità.

Aperto da iano, 11 Gennaio 2022, 00:49:11 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

iano

#75
E a proposito di molteplicità che implica una relazione, perché si possa parlare di moto, o meglio per poterlo misurare, quale minima molteplicità occorre secondo voi?
Questo è un quesito alla Eutidemo, ma di cui io dò subito la risposta.
Io credo tre, di modo che si può misurare il moto di C se assumiamo come unità di misura la distanza fra A e B, la quale perciò non è fissa, ma fissata, e fra fissa e fissata c'è una bella differenza. Se volessimo misurare la distanza fra A e B non possiamo usare come unità di misura AB, ma dovremo usare ad esempio un altra unità di misura, ad esempio BC.
Se le cose stanno così, e stanno in un modo ben diverso da come di solito le pensiamo, sembra proprio che queste unità di misura si dilatino e restringano proprio come nella relatività.
In effetti che una lunghezza si dilati sembra una magia, ma perché il gioco di magia possa riuscire bisogna che prima qualcuno vi convinca che la lunghezza esista come cosa in sé.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: iano il 17 Marzo 2022, 22:43:32 PM@Alberto.
Si usa dire che per esserci una relazione deve esserci prima qualcosa da relazionare, e da ciò nasce l'idea di un essere in quanto tale, ma se si accetta che l'essere è il prodotto della nostra interazione con la realtà, in quanto tale, esso nasce già con le sue relazioni. In quanto tali l'essere e le sue relazioni non sono necessari, in quanto relativa, mutevole e varia è l'interazione che li genera.
Ti stai avvicinando concettualmente, ma ancora ci sono delle falle nel tuo ragionamento. E qui trovo subito una falla nella tua spiegazione , cito " l'essere è il prodotto della nostra interazione con la realtà, in quanto tale, esso nasce già con le sue relazioni" no, come si origina l'essere? c'è un lavoro prima , l'essere non è dato da nulla, niente è gratis. C'è un emergentismo dell essere , un qualcosa che sale partendo dal basso, c'è un "soma" , un pezzo di materia che a un certo punto diventa Bios, diventa vita. E come è possibile questo passaggio dalla materia inanimata alla vita? è possibile in quanto la vita è già contenuta nella materia , la materia si chiama così perchè è mather , madre. Vedi polvere vitale ("Vital Dust") autore Christian de Duve. Poi il lavoro della materia continua , sempre dal basso e oltre a bios produce zoé, vita zoologica animale e poi continua e produce "psiché" , uso i termini greci perchè i greci  hanno pensato a queste cose e ci hanno consegnato i termini adatti per comprenderli .e che cos'è questa "psichè" è la vita psitica ovviamente .ed è sempre questo pezzo di materia che evolve , e poi continua il lavoro dell essere energia e giunge al "logos" che è la ragione e poi non si ferma, continua , c'è un ulteriore aspetto che è l anima spirituale , sì perchè anche l anima ha diversi livelli. E questa è il "Nus" che i Greci indicavano riguardo a quello stato in cui l'essere umano giunge ad essere libero dalle determinazioni  biologiche e ambientali sia nel bene che nel male .Senza le determinazioni biologiche e ambientali non non saremmo, noi siamo un prodotto dei geni e dell ambiente ok? ma noi possiamo esseri liberi da questa determinazione ed è questo quello che si chiama il dramma della vita umana, quello che fa le domande di senso, per voi supestiziose, ma che invece è ciò che specifica la nostra specie.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Alberto Knox

Citazione di: iano il 17 Marzo 2022, 22:43:32 PMIl mio è uno schema filosofico che penso possa trarsi dalla descrizione della MQ, che usa allo stesso tempo caso e necessità.
Essa sembra suggerire appunto che non sono le cose ad essere misurate, ma che le cose sono il risultato di una misura.
Anche qui ci stai girando  attorno, ma ci sono delle inesattezze, La scoperta della teoria dei quanti è la scoperta che le propietà di ogni cosa non sono altro che il modo in cui questa cosa influenza le altre. Esistono solo nell interazione con altre cose. La conclusione è radicale , fa saltare l'idea che il mondo debba essere costituito da una sostanza che ha attributi . Nessuna metafisica sopravvive.
 Non c'è, la sostanza prima, non esiste , la materia , essa esiste solo grazie alle forze che la tengono insieme. Ogni interazione è un evento , e sono questi eventi lievi ed effimeri che costituscono la realtà , non i pesanti oggetti carichi di propietà assolute che la nostra filosofia poneva a supporto di questi eventi. Invece di guardare gli oggetti dobbiamo guardare le relazioni che permettono all oggetto di essere un oggetto.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#78
Non è che hai spiegato in modo chiaro a cosa sto girando attorno, Alberto. I tuoi discorsi restano un pò vaghi, e da essi traspare per lo più solo un sano e promettente entusiasmo.
Il denominatore comune del nostro discorso, ciò su cui convergiamo, sembra essere un ''relazionismo'' che immagino deriviamo entrambi  dal lavoro fatto dai fisici nel cercare di mettere d'accordo MQ e Relatività attraverso la teoria della Gravità Quantistica.
Però lo schema filosofico che tu ne derivi mi pare sia rimasto sospeso a metà strada, perché, se da un lato promuovi il relazionismo,  dall'altro sembra tu voglia mantenere il vetusto essere come cosa in se'.
Ma come ho provato a suggerirti le due cose da un punto di vista logico collidono.
L'essere in quanto tale è tradizionalmente la premessa necessaria di una relazione, che per essere tale prevede però almeno una minima molteplicità , mentre l'essere in quanto tale non implica necessariamente una relazione, in quanto esso si giustifica da solo, nella sua possibile unicità.
Il problema diventa allora come un essere considerato necessario perché' possa esservi una relazione, senza però implicarla già in se', possa diventare poi il soggetto di questa relazione.
Io ho provato a spiegarla mettendo sullo stesso piano oggetto e relazione, nell'essere  insieme il risultato della nostra interazione con la realtà.
L'essere quindi nasce dalla nostra interazione con la realtà già comprensivo delle sue relazioni, in un parto gemellare.

Faccio un esempio.
Se dal nostro rapporto con la realtà nasce la fisica Newtoniana, la massa e la forza di gravità, come relazione fra le masse, nascono insieme, e non prima le masse come essere, che giustificano poi la loro relazione di gravità dentro la descrizione di un tempo e uno spazio assoluti.
Nuove interazioni con la realtà sortiscono poi nuove teorie dove la relazione è descritta dentro uno spazio e un tempo relativi , ma dentro uno spazio-tempo assoluto e cambia il tipo di relazione, dove adesso la relazione  fra masse è lo stesso spazio-tempo.
Da tutto ciò derivo l'idea di oggetti la cui esistenza non sia slegata dalle loro relazioni, perché quando cambia la relazione fra gli oggetti non possiamo dire a rigore che stiamo parlando ancora degli stessi oggetti. Anche se continuiamo a dare lo stesso nome agli oggetti, c'è però una bella differenza fra masse che producono forze e masse che producono invece spazio-tempo.
Hanno lo stesso nome, ma sono oggetti diversi.

Tu ti limiti a dare maggiore importanza alle relazioni di quanto finora si sia fatto, avendo  noi sottolineato fino ieri invece l'importanza primaria dell'essere.
Quindi, se non ti offendi, direi che ci stai girando attorno alla questione, ma ancora non ci sei, secondo me.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#79
Ci tengo comunque a sottolineare che la mia posizione filosofica non vuole essere né gratuita da un lato, né tanto meno dall'altro lato vuole affermarsi come una verità che si possa più o meno raggiungere girandoci attorno.
Essa pretende di essere funzionale alla comprensione della realtà, non in quanto verità, ma in quanto progresso nella nostra relazione con la realtà.
Non è dunque che io voglia togliere solidità all'essere in quanto tale perché mi sia venuto ad uggia, ma perché toltoci il fardello del metafisico concetto di solidità, non avremo difficoltà a dare patente di comprensibilità ad un essere che tale solidità non mostra di avere.
Un essere per il quale, volendo mantenere un attributo di solidità, siamo però costretti ad assegnarli una duplice identità, come un onda, si, ma anche una particella.
Ma non si tratta ne' di un onda , né di una particella, ma di un nuovo essere che nasce insieme alle sue nuove relazioni, da una nostra rinnovata interazione con la realtà.
Un essere che non ha in se' nessuna necessità, essendo il prodotto di una interazione relativa.

Ma come ci dice la fisica, che a suo fondamento pone le misure e la ripetitività, sappiamo che ogni volta che reitereremo la stessa interazione con la realtà, essa ci restituirà sempre gli stessi oggetti.
E' ben comprensibile quindi come abbiamo fatto a sviluppare l'idea di un essere in quanto tale, finché monolitico è rimasto il nostro tipo di interazione con la realtà. L'essere era in quanto tale perché non esistevano alternative da considerare.
Ma, nel momento in cui con la pratica scientifica il nostro rapporto con la realtà si è diversificato esso ha iniziato a produrre sempre nuovi oggetti, che però non sono da considerare inammissibili, se non per la nostra mancata confidenza ancora da acquisire con essi.
Perché alla fine in cosa consiste la comprensione se non nella confidenza e nella intimità con gli oggetti, che nascono dall'abitudine a trattarli?
Perché è con l'uso che li facciamo nostri, comprendendoli.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: iano il 20 Marzo 2022, 00:10:25 AML'essere in quanto tale è tradizionalmente la premessa necessaria di una relazione, che per essere tale prevede però almeno una minima molteplicità , mentre l'essere in quanto tale non implica necessariamente una relazione, in quanto esso si giustifica da solo, nella sua possibile unicità.
Il problema diventa allora come un essere considerato necessario perché' possa esservi una relazione, senza però implicarla già in se', possa diventare poi il soggetto di questa relazione.
Non fraintendermi, mi sento in sintonia con gran parte di quello che dici. La domanda è se può esistere l'essere in quanto tale, cioè come fenomeno slegato dalle relazioni che come fai notare è la premessa necessaria per avere l'essere . Mi sembra che entrambi neghiamo la possibilità che un essere in quanto tale possa esistere. Non c'è nessuna volontà che ordina  e calibra le leggi dell universo in modo tale che queste leggi poi permettono la relazione fra materia e leggi , le quali permettono l'insorgere dell essere. Poichè una spiegazione delle propietà dell essere non è autosufficente ma dipende da qualcosa d'altro, allora diciamo che queste propietà sono contingenti. Cioè dipendono da qualcosa d'altro. è possibile che le leggi del nostro universo , pur non essendo , per logica, le uniche possibili , siano tuttavia le sole leggi possibili capaci anche di dare origine alla complessità organica oltre che fisica. Forse il nostro è il solo universo possibile che permetta la biologia e di conseguenza l'insorgere dell essere , l'unico in cui possano nascere organismi coscienti ; ed allora, sarebbe il solo universo conoscibile possibile.

p.s.
Ora mi sono ricordato di te, avevamo già chiaccherato quando ho parlato della voluntas di Shopenhauer.

Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

viator

Salve. Interessante il concetto espresso da Alberto e che qui riprendo : " Forse il nostro è il solo universo possibile che permetta la biologia e di conseguenza l'insorgere dell essere , l'unico in cui possano nascere organismi coscienti ; ed allora, sarebbe il solo universo conoscibile possibile".

Mi permetto solo - nuocendo gravemente alla prolissità del'argomento - di riformularlo diversamente ed in modo profondissimo ed originalissimo : "Sicuramente il nostro è il solo universo possibile che permetta all'universo di essere quello che è".

A questo punto a me pare di avere rifondato tutta la filosofia  degli ultimi tremila anni, incluse pure tutte le discussioni del nostro magnifico Forum. Ma ovviamente mi sbaglio, tantopiù che non mi considero affatto una ultramente, ma più probabilmente solamente un ultrademente che capisce quasi niente !!. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Discussioni simili (5)