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Caso e necessità.

Aperto da iano, 11 Gennaio 2022, 00:49:11 AM

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iano

Provo a interpretare il tuo pensiero Paolo.
Elencare tutti gli elementi di un insieme equivale a definirlo? Si.
Forse tu ci vuoi dire che non esiste altro modo di definirlo?



Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

paolo

Caro Iano,   da insonne a insonne,    ma saranno sti cacchio di puntini che non ti lasciano dormire?

Come sai non esiste una definizione di retta.  La retta è una intuizione.   La retta che ho in testa io e la retta che hai in testa tu sono uguali o differenti?  Non lo sapremo mai.   
Nel disperato tentativo di trasferirmi la tua idea di retta sono certo che mi faresti un bel disegnino con un segmento al centro e tanti puntini  di qua e tanti puntini di là.     Non possiamo che sperare che le rette di tutti noi siano abbastanza  simili tra loro.   Questa speranza trova conforto nel fatto che con queste rette ci costruiamo i grattacieli.

Un insieme risulta definito se,  considerando  un qualunque oggetto del nostro mondo ( fisico o metafisico ),  siamo in grado di affermare che esso appartiene ( o non appartiene ) all'insieme.
Come sai gli insiemi vengono definiti per enumerazione o per caratteristica .
L'insieme " INFINITO" ( insieme di insiemi ) è definito tramite caratteristica,  quelle  due che, volendo, ricaviamo da Wikipedia.
Esaminiamo ora N per vedere se riusciamo a ficcarlo in "INFINITO".   
Russel e Whitehead  definiscono  ciascun numero naturale ma non l'insieme N (tralascio Peano).   L'insieme N è una intuizione alla pari della retta. 
La retta non possiamo che disegnarla  con i puntini, così come , quando tentiamo di esprimere N, non possiamo che ricorrere ai puntini:  (1, 2, 3, ....................).   Così come diciamo che la retta  r1 appartiene al pianox,  pur non avendo definiti ne l'uno ne l'altro,   così potremmo eventualmente dire che N appartiene a "INFINITO".
Per dire che N appartiene a "INFINITO" bisogna dimostrare che N possiede le due caratteristiche di cui sopra ( Wikipedia ).   
La tua dimostrazioni  e quella di NiKo conducono alla appartenenza ( N infinito ),  le mie due contro-dimostrazioni conducono  alla  indimostrabilità.
Ove mai venisse accolta la indimostrabilità,  nulla vieta di "forzare"  N  in "INFINITO".  Tale operazione si chiama Postulato;   niente di male, basta saperlo.
Ed è appunto per saperlo che, insistente come un tafano, vi rifaccio ancora la stessa domanda:  N  è considerato infinito per dimostrazione o per Postulato?

P.S.   Conoscete la storia di sant' Agostino e del fanciullo in riva al mare?


 




paolo

Nel mentre che rileggevo il mio ultimo post ( Caro Iano .......  )   è comparso  un avviso che che mi annunciava l'arrivo di un nuovo post.
Del suddetto post nessuna traccia.  Potete confermarmi l'eventuale  l'invio di un post da parte di uno di voi? 

iano

#63
Ciao Paolo.
È da un po' che l'intuizione è stata espulsa ufficialmente dalla matematica, anche se con essa ci si continua ad aiutare, usando le dovute precauzioni.
Seppure possiamo avere la stessa idea di retta, e anzi ne sono sicuro, e allo stesso modo per richiamare l'idea la disegnamo, ciò non certifica più la nostra idea  come ente matematico ammesso.
C'è' stata una evoluzione nella matematica , per cui i concetti evidenti di punto , retta e piano, non sono più considerati tali.
Che un insieme sia infinito o meno è già implicito nella sua definizione e questa definizione per poter essere data deve essere necessariamente finita, perché solo in tal modo là si può dare in modo completo, ed in tal modo bisogna darla, senza lasciare nulla per inteso usando puntini di sospensione.


Da un punto di vista filosofico espellere l'intuito dalla matematica ha avuto diverse conseguenze, una delle quali è che anche chi non possiede intuito può fare matematica, e in ciò in sostanza consiste la cosiddetta "intelligenza" artificiale.
Se ciò da un lato a noi umani non ci aiuta a capire , ci aiuta però a non sbagliare, proprio come fossimo un computer, il quale non solo non capisce, ma non ha alcun bisogno di capire.


Non esisterebbe alcun insieme infinito se non se ne potesse dare una definizione finita, perché l'infinito non si può enumerare.
Possiamo quindi certificarne l'esistenza solo se esiste un alternativa praticabile e accettata come tale  all'enumerazione.
Cantor ci suggerisce appunto questa alternativa facendoci notare che il numero non è un concetto logicamente primitivo.
Esso ci dice infatti che possiamo confrontare due insiemi per dire se possiedono lo stesso numero di elementi, senza conoscere necessariamente quel numero, senza aver contato cioè i loro elementi, se riusciamo a stabilire una corrispondenza biunivoca fra questi elementi.
In virtù di ciò Cantor ci dice che non basta dimostrare che due insiemi sono infiniti per possedere lo stesso numero di elementi, ma a patto di introdurre una nuova tipologia di numeri, i numeri transfiniti come li ha chiamati lui.
Se questo è un trucco, però è un trucco che i matematici non hanno mai smesso di usare, e non è Cantor il primo ad averlo usato.
Nella loro evoluzione i numeri nascono come molteplicità, dove il primo numero è il 2, la più piccola molteplicità. I numeri naturali invece includo l'uno, ma ciò  lo si è potuto fare solo modificando la natura dei numeri, promuovendola da molteplicità a quantità, e la storia "snaturale" dei numeri è continuità in questo modo, a furia di cambiarne la natura finché non si è deciso di non dargliene più alcuna.
Questo non è un problema ma un vantaggio, in quanto siamo così liberi di dare ai numeri ogni volta una diversa natura asseconda del contesto in cui li si va' ad applicare, rimettendo in esercizio il nostro intuito in campo applicativo, ed è in tal modo che la matematica si presta ad interpretare la realtà, e nel modo in cui lo fa' ci sarebbe ancora tanto da dire.


Questa storia, almeno come io l'ho raccontata è esemplare, perché me traiamo la morale che non bisogna temere il nichilismo, perché i valori che ci sembra di perdere , come ad esempio l'intuizione e l'evidenza degli enti matematici, sono solo in effetti solo in via di ridefinizione , e ci no poi restituiti in diversa forma e con gli interessi.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#64
Non è più accettabile, come finora abbiamo fatto, legare l'esistenza delle cose al poterle intuire, perché l'intuito usato fuori contesto smette di essere una risorsa e diventa un limite.
Se fino a un certo punto tale errore non ha avuto  conseguenze e' perché non avevamo a che fare con contesti diversificati, anche se di fatto ciò è stato possibile solo rifiutandoci di vederli, adottando i paraocchi, cosa a cui poi Galilei ha rimediato, vivendo di fatto in un contesto uniforme ed unico di cui Euclide ha ben delineato la forma con la sua geometria.
Ciò paradossalmente ha comportato la moltiplicazione delle geometrie e la presa di coscienza che il nostro modo di vedere il mondo a partire dalla definizione di uno spazio non era il solo possibile.
Certamente Paolo noi vediamo la stessa retta e questo ci restituisce un senso di realtà condivisa.
Ma anche se fatichiamo ad ammetterlo da quella realtà ormai ci siamo evoluti , ma sarebbe però un errore perciò negarla, come si è provato a fare. È solo una delle tante, e fino a un certo punto è stata per noi la sola, e per la maggioranza di noi lo è  ancora, o, per meglio dire, tutti ci troviamo più o meno a un certo punto del guado.
Anche quando andassimo a stare in una casa migliore, non è ciò che  ci fa' amare i traslochi, specie quando lasciamo la casa in cui siamo nati.
Ma poi cambiando casa dopo casa, dispiacere dopo dispiacere, ci facciamo furbi, smettendo di affezionarci. O almeno, così a me è capitato.🤗
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#65
Concludendo , se provare a intuire l'infinito ci fa' girare la testa, tanto da volerlo negare, la causa non è l'infinito, ma l'improprio uso che facciamo dell'intuizione.
Eliminato l'intuito sparisce il giramento di testa ,ma l'infinito resta la'.
Per dominarlo però abbiamo dovuto rinunciare appunto all'intuizione., posto che essa continuerà  a fare, dove meglio occorra, il suo sporco lavoro.
Procediamo come sempre a tentoni, imparando dagli errori, acquisendo con la pratica un uso sempre più mirato dei mezzi di cui disponiamo
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Alberto Knox

Citazione di: iano il 15 Gennaio 2022, 23:18:40 PMNon può esistere il caso se non esiste il suo contrario , la necessità.
In alternativa non esistono entrambi., e io propendo per quest'ultima soluzione, intendendo che nin esistono nella realtà se non come strumenti attraverso i quali con essa interagiamo.

Di sicuro tutti gli oggetti fisici che incontriamo nel mondo e tutti i fatti che accadono loro dipendono in un modo o nell altro dal resto dell universo, e quindi si devono considerare contingenti. E le leggi fisiche? sono necessarie o contingenti?  Qui le cose sono meno chiare. Normalmente queste leggi sono considerate senza tempo ed eterne. Ma l'esperienza ha dimostrato che man mano che la fisica progredisce si scopre che leggi che erano considerate indipendenti l'una dall'altra sono collegate fra di loro. Ad es. l'interazione nucleare debole e l'interazione elettromagnetica in realtà sono due aspetti di un unica interazione elettrodebole descritta da un sistema di equazione comune. Dunque se le singole forze dipendono da altre forze sono da considerarsi contingenti. Ma è possibile che esista una superforza (o anche una superlegge totalmente unificatrice) necessaria?..
 
N.B.
Affinchè ogni lettore possa capire mi prendo la libertà di spiegare i due termini adottati: Una cosa è necessaria se è quello che è indipendentemente da qualsiasi altra cosa (salvo, eventualmente, altre cose necessarie). Le cose necessarie contengono in sè la propia ragione e se il resto dell universo cambiasse resterebbero completamente immutate.
Una cosa contingente è una cosa che avrebbe potuto essere diversa, cosicchè la ragione per la quale è come è dipende da qualcosa d'altro, da qualcosa che la supera.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

bobmax

Citazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 19:07:43 PMDi sicuro tutti gli oggetti fisici che incontriamo nel mondo e tutti i fatti che accadono loro dipendono in un modo o nell altro dal resto dell universo, e quindi si devono considerare contingenti.

Una cosa è contingente se avrebbe potuto non esserci o essere diversa da ciò che è.

Viceversa una cosa è necessaria perché non avrebbe potuto non esserci e neppure essere diversa da ciò che è.

Poiché ogni cosa dipende totalmente da altre cose, quella cosa è necessaria. C'è necessariamente, e proprio così come è.

Non vi è perciò alcuna cosa che sia contingente.

Tuttavia, l'esistenza, il nostro esserci qui e ora, non può che essere contingente.
Non siamo forse qui per caso?

Il Cosmo non può che nascere dal Caos.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Alberto Knox

Citazione di: bobmax il 16 Marzo 2022, 21:54:05 PM
Citazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 19:07:43 PMDi sicuro tutti gli oggetti fisici che incontriamo nel mondo e tutti i fatti che accadono loro dipendono in un modo o nell altro dal resto dell universo, e quindi si devono considerare contingenti.

Una cosa è contingente se avrebbe potuto non esserci o essere diversa da ciò che è.

Viceversa una cosa è necessaria perché non avrebbe potuto non esserci e neppure essere diversa da ciò che è.

Poiché ogni cosa dipende totalmente da altre cose, quella cosa è necessaria. C'è necessariamente, e proprio così come è.

Non vi è perciò alcuna cosa che sia contingente.

Tuttavia, l'esistenza, il nostro esserci qui e ora, non può che essere contingente.
Non siamo forse qui per caso?

Il Cosmo non può che nascere dal Caos.
Devo dire che ognuno , in base alle propie ricerche , ricava dei dati differenti e di conseguenza conclusioni differenti. Non sono infatti giunto alla conclusione che noi siamo qui per caso. Tutt altro, i dati scientifici che ho raccolto suggeriscono che l'ordinamento del cosmo è qualcosa di più di una semplice regolarità "irregimentata" è anche una complessità organizzata , ed è questa a dare all universo il suo carattere aperto e a permettere l'esistenza di esseri umani dotati di libero arbitrio. Le leggi naturali permettono alla materia e all energia di auto-organizzarsi in una varietà enorme di stati complessi , inclusi quelli che hanno la propietà della coscienza, e possono riflettere , a loro volta, sul perfetto ordine cosmico che le ha prodotte.

il successo della scienza e della matematica nello spiegare il mondo è solo un caso fortunato? un accidente storico casuale? oppure mette in evidenza una sintonia profonda (un legame) e significativa fra la mente umana e l'organizzazione che sta alla base del mondo naturale? lungi dal presentare gli esseri umani come prodotti accidentali di cieche forze fisiche, la scienza suggerisce che siamo iscritti in maniera profondamente significativa  nelle leggi naturali, c'è un legame, una relazione fra la mente umana e il principio di organizzazione del mondo.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

bobmax

#69
@Alberto

Il nostro poterci inoltrare nel mondo, attraverso la scienza, la stessa nostra capacità di comprendere, dimostrano che le cose sono necessarie. Ossia sono quello che devono necessariamente essere.

Se le cose fossero invece contingenti saremmo perduti. Nulla potremmo comprendere. Perché non sarebbero legate necessariamente le une alle altre.
Qualsiasi nostra ipotesi razionale non potrebbe che svanire. Proprio per la possibilità di ogni cosa si essere diversa da ciò che è o addirittura di non esserci.

Tuttavia la necessità, indispensabile affinché vi sia il Cosmo, è pure un vuoto meccanismo. È il deserto che siamo costretti ad attraversare nella ricerca della Verità.

Ma l'unica alternativa alla necessità è il caso.
Il caso, negazione della necessità, per cui una cosa c'è ma avrebbe potuto non esserci. O potrebbe non esserci più ora! Senza alcuna causa... Semplicemente per effetto del caso.

La manifestazione concreta del caso è perciò l'irrompere del Caos nel Cosmo.

Inaccettabile per il pensiero razionale, che si ritroverebbe perduto irrimediabilmente.
Ma il caso non può mai essere escluso del tutto. Ribolle come possibilità di annichilimento del Cosmo.
E inoltre non è forse all'origine del Tutto?

Noi non siamo e siamo qui proprio per caso.

La fede nella Verità non consiste infatti nel voler credere che il Caos sia Amore?

PS
La probabilità non ha nulla a che fare con il caso. Essendo la probabilità un modo per gestire l'indeterminabile.
Che nulla ha a che fare con l'autentico casuale.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

bobmax

Il Caos non è disordine. Perché il disordine è comunque relativo a qualcosa, che non è in ordine, ma comunque c'è.

Mentre il Caos è annichilimento di ogni qualcosa, di qualsiasi determinazione, di ogni possibile distinzione.
È l'abisso dove nulla può esserci.

Tuttavia, l'amore, il puro amore, non va oltre qualsiasi distinzione, determinazione, logica?

Io sono qui, ora!
Questo mio stesso esserci mi riempie di meraviglia.
Come è possibile?

Avrei potuto non esserci, e invece ci sono...

Sono contingente, frutto del caso.
Nonostante tutte le necessità che hanno fatto sì che io ora ci sia, questo mio esserci è comunque un dono.

Un dono d'amore.

Da parte del Caos.

Caos origine del Tutto.

E io ne sono il figlio, il figlio unigenito.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Alberto Knox

L'errore più comune per un pensatore è il ritenere che fra due possibilità ce ne deve essere una che escude l'altra. è mia intenzione dunque mostrare come caso e specificità possono entrare in simbiosi.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

bobmax

Il caso è, ed è soltanto, negazione della necessità.

La sua ragion d'essere è infatti tutta in questa negazione, in quanto impensabile al di fuori della negazione della necessità.

Per superare la contrapposizione occorre perciò andare oltre la stessa negazione.

Ossia negare ogni possibile negazione.

Dio, negazione della negazione, coincidenza degli opposti.

Ma se non vi è più alcuna negazione, è impossibile ogni determinazione, quindi impossibile qualsiasi pensiero.

Perché il pensiero o è determinato o non è.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Alberto Knox

Citazione di: bobmax il 17 Marzo 2022, 15:39:55 PMIl caso è, ed è soltanto, negazione della necessità.

La sua ragion d'essere è infatti tutta in questa negazione, in quanto impensabile al di fuori della negazione della necessità.

Per superare la contrapposizione occorre perciò andare oltre la stessa negazione.

Ossia negare ogni possibile negazione.

Dio, negazione della negazione, coincidenza degli opposti.

Ma se non vi è più alcuna negazione, è impossibile ogni determinazione, quindi impossibile qualsiasi pensiero.

Perché il pensiero o è determinato o non è.
Anche le argomentazioni puramente logiche devono passare sul banco di prova della scienza .  Ora dobbiamo stabilire se vogliamo toccare il vero terreno del discorso o limitarci a giostrare e mettere in campo sistemi logici , alcuni vecchi di mille anni, e continuare ad avere un idea platonica di principio ordinatore che ben si collima con le nostre idee di ciò che riteniamo logico. E comunque devo dedurre che ti stai limitando a sostituire il nome "Dio" con un altro nome "caos" . E a supporto di ciò proponi una costruzione logica che cerca in modo forzato di spiegarlo. Il tuo solo ragionamento logico non offre delle fondamenta solide. poichè il solo fondamento che ci proponi è basato sulla tua ragione  , che mi sembra chiaro, voler essere simbolo di tutta la ragione umana.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#74
@Alberto.
Si usa dire che per esserci una relazione deve esserci prima qualcosa da relazionare, e da ciò nasce l'idea di un essere in quanto tale, ma se si accetta che l'essere è il prodotto della nostra interazione con la realtà, in quanto tale, esso nasce già con le sue relazioni. In quanto tali l'essere e le sue relazioni non sono necessari, in quanto relativa, mutevole e varia è l'interazione che li genera.
Quindi necessità e caso possono ben coesistere in quanto possibili concetti che servono a descrivere le relazioni fra gli esseri.
Il mio è uno schema filosofico che penso possa trarsi dalla descrizione della MQ, che usa allo stesso tempo caso e necessità.
Essa sembra suggerire appunto che non sono le cose ad essere misurate, ma che le cose sono il risultato di una misura.
Quindi non c'è bisogno di immaginare nessun caos primordiale da cui magicamente nasca il mondo, per potervi poi eventualmente ritornare.
Tutto ciò che ci appare è relativo alla realtà non meno che a noi stessi, quindi è relativo alla nostra particolare interazione con la realtà.
Se si accetta questo schema tante diatribe filosofiche si riducono a poca cosa, ma per contro l'essere assume la sostanza dell'opera d'arte e il logos la creta con cui plasmarla.
Si apre così un orizzonte di libertà che può disorientare e che ci porta trasferirci dentro ''realtà'' virtuali, ma in effetti non sono mai esistite apparenze della realtà diverse da quelle virtuali.
La novità è che oggi costruiamo queste realtà, mentre prima d'ora ci siamo limitati ad occupare realtà già edificate.
Ma come sempre ciò che comanda è il rasoio di Occam, quindi valutate voi se perciò lo schema filosofico che vi propongo alla luce di ciò  possa essere considerato.
Possiamo finalmente fare piazza pulita di archetipi, fare a meno di noumeni , di sostanze ultime, e di motori primi, perché nulla muove nulla, perché ogni cosa si produce già comprensiva di moto.
L'essere in quanto tale non necessita di molteplicità, mentre il moto invece si, in quanto relazione fra gli esseri che perciò ''non si muovono'', ma sono in moto, perché nascono fra di loro in relazione, e il moto è una di queste relazioni.
L'essere in quanto tale, nella sua possibile unicità, non sta né in cielo né in terra, perché non abbisogna di un luogo dove stare.
E' l'essere che, quando si produce nella sua molteplicità, nasce comprensivo di un luogo, perché la relazione è già insita nella molteplicità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

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