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Caso e necessità.

Aperto da iano, 11 Gennaio 2022, 00:49:11 AM

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iano

Se ripropongo questo argomento più volte da noi affrontato, è perché interagendo con Eutidemo riguardo la storia dell'asino di Buridano mi è venuta un idea che credo originale, e ve la illustro.


Si tratta di una definizione di caso diversa, ma equivalente a quella classica.
Ciò equivale a nient'altro che riguardare la stessa cosa da una prospettiva diversa, perché quando si cambia prospettiva a volte si vedono dettagli che dalla vecchia non ci apparivano.


Così propongo di sostituire la definizione di caso, di come ciò che avvenga senza una causa, come ciò che avviene per causa inconoscibile.
Ciò equivale a dire che nulla avvenga senza una causa e il caso deterministico si riduce a quello in cui vi è una causa potenzialmente conoscibile.


Sull'inconoscibilita',e in ciò la nuova prospettiva mi sembra interessante, possiamo fare due ipotesi diverse, una come inconoscibilita' assoluta, nel senso che nessun osservatore presente e futuro potrà' mai conoscere le cause, che pure si ipotizza sempre esista, l'altra come relativa agli osservatori presenti, ma non necessariamente ai futuri.


Io propendo per una inconoscibilita' relativa , cioè una inconoscibilita' che ci dice qualcosa sull'osservatore.


Noto infatti che, seppure le vecchie teorie fisiche vengano superate dalle nuove grazie all'accumulo di nuovi dati dipendente  dall'evoluzione degli strumenti di misura, esistono però da sempre dati a disposizione dell'uomo che solo l'uomo moderno è riuscito ad elaborare in una teoria, e in particolare mi riferisco alla teoria dell'evoluzione di Darwin.
Una possibile spiegazione è che non stiamo parlando degli stessi uomini, ma di osservatori diversi, o, se si preferisce, appunto in evoluzione


L'argomento però non è l'evoluzione di Darwin, che è solo un esempio che ho provato a trarre dalla nuova definizione di caso.
L'argomento è ciò che voi vorrete provare a trarne..
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Secondo me, vi è un diffuso fraintendimento riguardo al caso.
Cioè si confonde il casuale con l'indeterminabile. Mentre sono concetti ben differenti.

Quando si osserva che un evento è stato casuale, normalmente si intende che quell'evento non poteva essere previsto in quanto indeterminabile. Non che fosse davvero dovuto al caso!

Perché il caso esclude che vi possa essere una causa.
Mentre l'indeterminabilità non esclude una causa. Semplicemente rileva che quell'evento non avrebbe potuto essere determinato.

Noi siamo in grado di considerare la realtà di eventi indeterminabili, tali non solo praticamente ma pure in teoria.
Ma rischieremmo la nostra stessa sanità mentale se accettassimo per davvero la realtà del caso.

Perché l'evento casuale non ha causa.
Ossia è causato dal Nulla.
È il Caos che irrompe nel mondo!

Quindi un conto è la necessità, che può essere determinabile o meno, un altro il caso.

Sebbene inconcepibile nella sua assurdità e nel totale annichilimento che comporterebbe la sua effettiva esistenza... il caso non può essere mai escluso del tutto.

Per vari fondamentali motivi.

Perché è la negazione della necessità. E ogni negazione ha la sua ragion d'essere in ciò che nega.

Perché siamo evidentemente qui, ora, per caso.

E soprattutto, perché ciò che vale davvero in questa vita non è necessario, non ha una causa, è perciò espressione del caso.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#2
Ciao Bobmax.
Giusto.
Il caso ha diritto di esistenza al minimo come contrario della necessità.
Ma concordo che il caso puro non può esistere, anche perché non è chiaro come potrebbe convivere fianco a fianco con la necessità.
L'unica soluzione sembra essere allora che non esistono entrambi.
Se riusciamo a descrivere la realtà in termini di necessità è perché essa e' coerente, e ciò esclude che in essa abbia luogo il caso. Ma esclude anche che esista la necessità se non come ciò che riusciamo ad estrarre dalla coerenza della realtà.
È semplicistico pensare che ogni effetto abbia una causa, perché è arbitrario pensare che esista un unica causa, anche se di fatto riusciamo ad isolarne a volte  una significativa al punto da ricavarne una buona capacità predittiva dentro un accettabile errore.
Però non è scontato che cio avvenga sempre.
Cosa succede se le cause significative sono tante e nessuna prevale sulle altre?
Non potrebbe essere così che si manifesta il caso?
Cioè come una manifestazione della realtà che non ci consente di risalire alla sua coerenza, e la necessità come il suo contrario , quando riusciamo a risalirvi.
In questo modo la contemporanea esistenza di caso e di necessità non mi sembra più contraddittoria , essendo due diverse manifestazioni della stessa coerente realtà.
Nessuno ci vieta dunque di immaginare anche casi in cui intervengono insieme caso e necessità.
Questo spiegherebbe l'apparente paradosso della attuale miglior prova della coerenza della realtà, la meccanica quantistica, che però non può essere descritta senza far ricorso al caso.


Perché in fondo cosa facciamo noi quando simuliamo  il caso con il lancio di un dado ?
Moltiplichiamo volutamente le cause equalizzandole inoltre senza che si possa così risalire ad una di queste significativa in particolare.
Lo stesso fa' la natura a volte , come se volesse simulare il caso.
Ma anche quando siamo costretti a saltare un passaggio il risultato complessivo non è mai casuale.
La curva di distribuzione dei lanci di un dado è la miglior prova di coerenza della realtà.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

bobmax

Ciao Iano
Sono dell'idea che la "causa" è sempre da intendersi in senso lato. In realtà ci sono sempre tante cause concomitanti.
Talmente tante... che dato un evento ritengo sia impossibile elencarle tutte.

Mi sto tuttavia convincendo che la necessità non sia originaria.
Cioè che non sia una legge assoluta, ma un dono.
Un dono che permette una costruzione di senso.
Ma comunque un dono, che può essere negato in ogni istante.

E questo dono proviene dal Caos.

Il Cosmo è un dono del Caos.
Ed è un dono d'amore.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

iano

#4
Così come la sega non è il legno , ma l'attrezzo con cui tagliamo il legno in parti, così i nostri concetti sono strumenti per agire sulla realtà, esistendo essi solo in tale forma, ricavandone i cosiddetti oggetti "reali", o che più o meno ci appaiono tali, attribuendogli perciò un diverso grado di concretezza.
In particolare , determinazione e caso , non sono propriamente la realtà, come la sega non è il legno.
Ciò è più facile da vedere quanto più questi concetti sono astratti, perché appare meglio la loro arbitraria costruzione, il non avere cioè una esistenza in se', che si attualizza solo con la loro costruzione.
Ma è nostra esperienza che quanto più cerchiamo di indagare la natura degli oggetti cosiddetti concreti, tanto più essi ci mostrano il loro insospettato lato sfuggente, cioè la loro parte astratta.
In effetti non esistono oggetti che noi possiamo percepire o pensare che non abbiano natura astratta, ma questa meglio appare quanto  più ne abbiamo o prendiamo coscienza intima, al di là della illusoria intimità che ci sembra di avere con cioè che è evidente.
L'evidenza delle cose deriva da un grado massimo di incoscienza.
Di ciò  che è evidente quindi altro non possiamo dire che è in quanto tale, per il motivo che altro non potremo dire finché meglio non ci è possibile indagarlo. Vale come dire niente, che ciò che è, è per il motivo che è.
È evidente ciò che è , pur essendo astratto, è stato selezionato dall'evoluzione come adatto alla nostra interazione con la realtà. E in particolare adatto all'ambiente in cui insistiamo.
In una costruzione teorica sempre più consapevole che oggi ha portato alla moderna scienza fisica, non è dunque un caso che aumenti il livello di astrazione, o meglio, che sempre più esso appaia.
Del modo in cui vediamo il mondo attraverso i sensi nulla sappiamo, o quasi, è perciò ci sembra evidente cio 'che percepiamo, dando diritto di cittadinanza anche alle illusioni, per fare stare in piedi la baracca della percezione.
Ma mella misura in cui indagando questi meccanismi di percezione e meglio li conosciamo , siamo perfino in grado di modificarli attraverso la volontà, senza uso di droghe.
Siamo in grado cioè di modificare il nostro cervello, supporto fisico della percezione, solo volendolo, una volta noti i suoi meccanismi.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

Non ho ben capito dove risieda la novità del pensiero.

Allora provo a riassumere, vediamo se ho capito.
Tu dici che l'indecidibilità sia comunque all'interno di una necessità.
Questo però andrebbe contro i principi di godel, che ha confutato l'impossibilità per un sistema di essere coerente al suo interno.
Ossia che necessiti di un altro piano che ne affermi i principi.

Ma dunque prendiamo i 2 casi.

Nel primo caso, quello classico, ammettiamo che i principi sia coerenti in base ai risultati di una ricerca random.
Nel secondo caso, ammettiamo che il sistema B dia al sistema A i principi necessari a che A scopra la sua coerenza interiore come nel caso classico.

Ora la necessità nel caso di A sia quella che i principi indeterminabili, siano dei fattori statistici che rispecchiano una legge altrimenti indecidibile.
La necessità nel caso B invece è la stessa legge statistica che decide della coerenza del sistema A.
Diciamo che il tuo discorso è forse capibile all'interno dell'esempio classico, dove la necessità è determinata a posteriori e quindi idecidibile se non nel suo farsi, perciò approsimativa.
Nel caso due invece è evidente l'aporia, infatti staresti dicendo che esiste una statistica che preveda una coerenza, ma questa coerenza in realtà è stata data soltato a posteriori, e il sistema B è la patch con cui la scienza si fa guerra in questi giorni sulla supposta coerenza interna DECIDIBILE.

In un qual senso penso di capire cosa intendi, all'interno di un sistema indecidibile, affermi non la coerenza come punto focale, ma la necessità stessa come chiave di lettura.

Rimane la critica che ha fatto bobmax comunque inaggirabile, infatti nessuno può dire che esista una necessità (men che meno nel caso in cui si lavori in un campo univoco, infatti le necessità sono tante e quante la legge statistica viene costruita).
Voglio dire che esisterebbe un grado di indecidibilità della necessità, il che è aporetico.

Comunque è interessante il cambio del punto di vista focale, in fin dei conti non è proprio quella che fa l'idelismo tedesco? Ossia partire a priori dal dato di una necessità, e poi svolgendo i suoi temi sulla indecidibilità. delle preposizioni.

A livello di matematica però non funziona nè nel primo caso, nè a maggior ragione, nel secondo caso.
O forse non ho capito bene il tuo pensiero.
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

#6
Ciao Green.
No sai quanto mi dispiace non aver,capito a mia volta la tua esposizione.
Credo anch'io che ciò che Bobmax nota sia inaggirabile, e infatti ho accolto l'obiezione , posto che quella l'abbia capita.
Se invece anche quella non l'avessi capita la espongo allora per come l'ho intesa.
Non può esistere il caso se non esiste il suo contrario , la necessità.
In alternativa non esistono entrambi., e io propendo per quest'ultima soluzione, intendendo che nin esistono nella realtà se non come strumenti attraverso i quali con essa interagiamo.
In effetti, se ci pensi, non occorre conoscere la realtà per potervi interagire, ne' il fatto che riusciamo a interagirvi è prova che la conosciamo, seppur approssimativamente.
Significa solo che sappiamo come fare a interagirvi, e in senso ancora più riduttivo che il fatto che siamo forme viventi è la prova che vi interagiamo, senza perfino dover sapere come.
Il farlo sapendo come in fondo è una relativa novità, e si chiama scienza.
Relativa perché nuova nella forma, ma non nella sostanza.
Se tu hai capito Goedel ti invidio, comunque in qualche modo riesco a inquadrare il suo pensiero dentro a una storia umana che progredisce non verso la verità, ma nell'incremento della coscienza di se' e degli strumenti che usa.
In sostanza Goedel senza forse volere, ci dimostra che possiamo usare utilmente strumenti che a malapena conosciamo, come ad esempio la logica, senza che la parziale conoscenza, che io estremizzando ammetto anche nulla, sia un ostacolo insormontabile.
A me sembra che questo progresso nella coscienza, nel farci vedere i nostri strumenti per quel che sono, renda sempre più inservibile il concetto di verità, declassandolo.
La nostra conoscenza passata presente e futura non contiene e non conterrà  alcuna verità , ma solo istruzioni per l'uso della realtà, che ci dicono poco sulla realtà, e molto su chi li usa.


Immagino Goedel voglia dirci che una teoria non vale l'altra, e  che non hanno perciò un fondamento comune, se non nell'essere ognuna una coperta troppo corta per abbracciare la realtà, condannati ad usarle in alternativa, senza poterle cucire insieme all'uopo. Nell'ottica fisica ognuna vale come un diverso punto di vista sulla realtà.
Possiamo decidere di vedere la realtà come continua, o come quantizzata, ma senza poter fare teorie Arlecchino.
E ciò dimostra che la realtà non è una cosa, ne' l'altra, ma che possiamo interagirvi solo se la pensiamo ogni volta  in un determinato ed esclusivo modo, che però può essere scelto anche a caso, secondo convenzione, e che perciò ciò che conta non è la verità, ma la condivisione, ciò che costituisce l'umanità nell'unita dell'azione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

green demetr

Citazione di: iano il 15 Gennaio 2022, 23:18:40 PM
Ciao Green.
No sai quanto mi dispiace non aver,capito a mia volta la tua esposizione.
Credo anch'io che ciò che Bobmax nota sia inaggirabile, e infatti ho accolto l'obiezione , posto che quella l'abbia capita.
Se invece anche quella non l'avessi capita la espongo allora per come l'ho intesa.
Non può esistere il caso se non esiste il suo contrario , la necessità.
In alternativa non esistono entrambi., e io propendo per quest'ultima soluzione, intendendo che nin esistono nella realtà se non come strumenti attraverso i quali con essa interagiamo.
In effetti, se ci pensi, non occorre conoscere la realtà per potervi interagire, ne' il fatto che riusciamo a interagirvi è prova che la conosciamo, seppur approssimativamente.
Significa solo che sappiamo come fare a interagirvi, e in senso ancora più riduttivo che il fatto che siamo forme viventi è la prova che vi interagiamo, senza perfino dover sapere come.
Il farlo sapendo come in fondo è una relativa novità, e si chiama scienza.
Relativa perché nuova nella forma, ma non nella sostanza.
Se tu hai capito Goedel ti invidio, comunque in qualche modo riesco a inquadrare il suo pensiero dentro a una storia umana che progredisce non verso la verità, ma nell'incremento della coscienza di se' e degli strumenti che usa.
In sostanza Goedel senza forse volere, ci dimostra che possiamo usare utilmente strumenti che a malapena conosciamo, come ad esempio la logica, senza che la parziale conoscenza, che io estremizzando ammetto anche nulla, sia un ostacolo insormontabile.
A me sembra che questo progresso nella coscienza, nel farci vedere i nostri strumenti per quel che sono, renda sempre più inservibile il concetto di verità, declassandolo.
La nostra conoscenza passata presente e futura non contiene e non conterrà  alcuna verità , ma solo istruzioni per l'uso della realtà.


Immagino Goedel voglia dirci che una teoria non vale l'altra, e  che non hanno perciò un fondamento comune, se non nell'essere ognuna una coperta troppo corta per abbracciare la realtà, condannati ad usarle in alternativa, senza poterle cucire insieme all'uopo. Nell'ottica fisica ognuna vale come un diverso punto di vista sulla realtà.
Possiamo decidere di vedere la realtà come continua, o come quantizzata, ma senza fare teorie Arlecchino.
E ciò dimostra che la realtà non è una cosa, ne' l'altra.


:D  magari capissi godel, ho il suo libro a casa, purtroppo le sue annotazioni matematiche sono per me incomprensibili.
Mi pare solo di aver capito che il vecchio pallino dei matematici che la matematica si possa auto-dichiarare sia falsa. Infatti un gruppo veritativo deve essere dichiarato da un gruppo esterno per poter essere coerente.


comunque mi pare che anche tu lo hai capito quando parli di impossibilità di unire la teoria classica, con quella ad arlecchino come l'hai chiamata,  :D c'hai proprio ragione.


Si ora ho capito.  cit "Io propendo per una inconoscibilita' relativa , cioè una inconoscibilita' che ci dice qualcosa sull'osservatore."

pensavo intendessi dire che l'inconoscibilità ci dice qualcosa sulla conoscibilità dell'osservatore.

per cui cercavo di capire in cosa consistesse questa conoscibilità.

In realtà tu intendevi dire proprio il contrario che la conoscibilità è solo un mezzo usata dal nulla che noi siamo.

Visione un pò troppo radicale per me ;) direi quasi buddista (ma dove sono finiti gli amici buddisti che frequentavano il forum a proposito!! che peccato che se ne sono andati  :-[ ).
Vai avanti tu che mi vien da ridere

iano

#8
Mi unisco a te nel  dispiacere.😌
Temo che  per capire Goedel bisognerebbe riuscire ad entrare nella testa dei matematici a lui contemporanei.
Perché ben conoscendo quelle teste potremmo capire Goedel , il quale in verità ci dice semplicemente che quelle idee destro quelle teste  erano sbagliate, ma, aggiungo io, che ciò non gli impediva di maneggiarle utilmente per interagire con la realtà.
Proprio questa difficoltà a comprendere che è diffusa, e non limitata a noi  , mi suggerisce che di altri uomini da noi si trattava., uomini così diversi noi da loro che elaborando gli stessi dati non produciamo la stessa realtà.
In questo senso intendo la conoscenza della realtà come cosa che poco o nulla ci dice della realtà, ma molto dei diversi  uomini che nei diversi tempi vi hanno a loro modo attraverso quella interagito.
Così quando studio, cosa rara che io faccia, gli antichi testi, non vi cerco la saggezza, ma gli uomini che li hanno prodotti, e così mi sorprendo di quanto siano uguali a noi, ma solo a patto di non darlo scontato.
Darlo per scontato è il miglior modo per non capirci nulla.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

paolo

#9
Un saluto a tutti voi. Mi sono iscritto giusto ieri e questo è il mio primo post.

Mi presento: avanti negli anni , diplomato tecnico , insegnante in pensione, neuroni stanchi ma ancora più o meno collegati, conoscenza della filosofia quasi nulla ma comunque interessato.


Avendo scarsa dimestichezza con concetti astratti vi propongo  un esperimento mentale relativo comunque ad una situazione concreta:
Casinò di Sanremo.  Il croupier effettua una serie di mille lanci. Chiamo  questa  serie Prova1.     La Prova 1 da il seguente risultato: 200 rossi, 800 neri.                                                            Al rapporto 200/800 = 0,25 appiccico l'etichetta "Caso1"(nella eventualità di 800 rossi e 200 neri avrei considerato identico risultato).  Alla differenza 1- 0,25 = 0,75 appiccico l'etichetta "Necessità1".


Le prove continuano con risultati ovviamente diversificati.


La prova33 da come risultato: 0 rossi, 1000 neri.                                                              Caso33 = 0(minimo) ,    Necessità33= 1(massima).


La prova75 da come risultato: 500 rossi, 500 neri.                                                              Caso75 = 1(massimo),   Necessità75= 0(minima).
Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova33?    Probabilmente nella vostra mente comparirebbe un omino nascosto che, con una calamita, ha costretto la pallina sempre sul nero. Chiamo questo omino  "Causa".


Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova75?   Probabilmente nella vostra mente non comparirebbe alcun  omino.  La parola Causa neanche comparirebbe nel vostro vocabolario.


Cosa pensereste dopo aver assistito sia alla Prova33 che alla prova75 e solo a quelle? Avanzo le seguenti opzioni:
a)  La Causa opera nel corso  della Prova33                                                                             b)  La Causa non opera durante la Prova75.                                                                            c)  La Causa opera in entrambe le  Prove.                                                                                 d)  La Causa non opera in alcuna delle due.                                                                      Quale delle quattro?


Cosa pensereste dopo aver assistito a tutte le Prove?                                                             Non avanzo alcuna opzione. Non ne ho la più pallida idea!

Se l'esperimento non vi risulta del tutto strampalato avrei piacere in un vostro riscontro.
Per intanto vi ringrazio dell'attenzione e vi saluto.

paolo

Sono un novellino. Ho scritto su Word e poi copiato.
La pagina risulta mal strutturata in alcuni punti.
Proverò a fare meglio.

bobmax

#11
Ciao Paolo e ben arrivato!

Vorrei fare alcune considerazioni riguardo all'esperimento mentale che hai proposto.

* Strano che non esca mai lo 0, diamo perciò per scontato che non vi sia.

* Caso75 e Necessità75 dovrebbero essere 0,5 ciascuno.

* L'opzione a) deduco che dovrebbe essere relativa al Caso33.

Ciò premesso, ritengo che tu con "Causa" intenda una forzatura che influisce sull'esito dei lanci.

Considerando la infinitesima probabilità di ottenere 1000 lanci consecutivi con il medesimo colore, che vi sia una forzatura in atto durante la Prova33 è altamente probabile.

In quanto però vi è causa ulteriore influenzante i lanci.

Ma questo non vuol dire affatto che nella Prova75 non vi sia causa...
Perché la causa vi è sempre.

PS

Il tasto "Anteprima" permette di verificare la qualità di ciò che si vuole postare, in modo da eventualmente apportarne le correzioni.

È consigliabile, prima di copiarvi del testo, di selezionare il puntatore (Arrow)
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

niko

#12
Citazione di: paolo il 04 Febbraio 2022, 14:36:30 PM
Un saluto a tutti voi. Mi sono iscritto giusto ieri e questo è il mio primo post.

Mi presento: avanti negli anni , diplomato tecnico , insegnante in pensione, neuroni stanchi ma ancora più o meno collegati, conoscenza della filosofia quasi nulla ma comunque interessato.


Avendo scarsa dimestichezza con concetti astratti vi propongo  un esperimento mentale relativo comunque ad una situazione concreta:
Casinò di Sanremo.  Il croupier effettua una serie di mille lanci. Chiamo  questa  serie Prova1.     La Prova 1 da il seguente risultato: 200 rossi, 800 neri.                                                            Al rapporto 200/800 = 0,25 appiccico l'etichetta "Caso1"(nella eventualità di 800 rossi e 200 neri avrei considerato identico risultato).  Alla differenza 1- 0,25 = 0,75 appiccico l'etichetta "Necessità1".


Le prove continuano con risultati ovviamente diversificati.


La prova33 da come risultato: 0 rossi, 1000 neri.                                                              Caso33 = 0(minimo) ,    Necessità33= 1(massima).


La prova75 da come risultato: 500 rossi, 500 neri.                                                              Caso75 = 1(massimo),   Necessità75= 0(minima).
Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova33?    Probabilmente nella vostra mente comparirebbe un omino nascosto che, con una calamita, ha costretto la pallina sempre sul nero. Chiamo questo omino  "Causa".


Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova75?   Probabilmente nella vostra mente non comparirebbe alcun  omino.  La parola Causa neanche comparirebbe nel vostro vocabolario.


Cosa pensereste dopo aver assistito sia alla Prova33 che alla prova75 e solo a quelle? Avanzo le seguenti opzioni:
a)  La Causa opera nel corso  della Prova33                                                                             b)  La Causa non opera durante la Prova75.                                                                            c)  La Causa opera in entrambe le  Prove.                                                                                 d)  La Causa non opera in alcuna delle due.                                                                      Quale delle quattro?


Cosa pensereste dopo aver assistito a tutte le Prove?                                                             Non avanzo alcuna opzione. Non ne ho la più pallida idea!

Se l'esperimento non vi risulta del tutto strampalato avrei piacere in un vostro riscontro.
Per intanto vi ringrazio dell'attenzione e vi saluto.



In realta' il modo piu' semplice di studiare le probabilita' di un evento ripetibile e' attribuire in via provvisoria delle probabilita' equidistribuite, quindi cinquanta rosso e cinquanta nero, e poi fare un gran numero di tentativi per cercare eventuali prove contrarie a questa tesi di equidistribuzione che avevamo posto come premessa, quindi vedere per esempio, se per dieci volte di seguito escono molti piu' rossi che neri.


Nel caso di una roulette non truccata, prove contrarie alla tesi iniziale non c'e ne sono, e il risultato tende a cinquanta e cinquanta, a parte lo zero.


Devi pensare che ogni serie di mille lanci e' ugalmente probabile di tutte le altre se tieni  conto dell'ordine di uscita di ogni singolo risultato, mentre se tieni conto solo di quanti neri e quanti rossi escono a prescindere dall'ordine in cui escono, una e una sola serie corrisponde al risultato possibile di tutti rossi, mentre un'infinita' di serie possibili posizionalmente tutte diverse convergono tutte nel risultato possibile comune di una distribuzione al cinquanta per cento, tutti i risultati "strani", come 999 rossi e un nero, sono rappresentati da poche serie rispetto alla distribuzione equiprobabile al cinquanta per cento.


ad esempio questa possibile uscita di 999 volte in un modo e una nell'altro e' rappresentata "solo" da mille possibili serie, in cui il colore unico diverso varia mille volte tra le sue mille posizioni possibili, contro i milioni di miliardi di serie tutte possibili equilibrate perfettamente al cinquanta per cento o tendenti al cinquanta per cento, come quarantotto e cinquantadue.


Ovviamente se non puoi fare tentativi ripetuti, non puoi conoscere le probabilita', e se ti esce mille o novecentonovantanove volte rosso, sei stato sfortunato e ti farai un' idea assolutamente distorta di quella che e' la probabilita' reale, ma stai pur tranquillo che non succede, tanto che i casino' devono mettere sia lo zero che i limiti massimi e minimi di puntata, per avere la certezza matematica di spennare i polli/clienti nel lungo periodo.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

daniele22

Citazione di: paolo il 04 Febbraio 2022, 14:36:30 PM
Un saluto a tutti voi. Mi sono iscritto giusto ieri e questo è il mio primo post.

Mi presento: avanti negli anni , diplomato tecnico , insegnante in pensione, neuroni stanchi ma ancora più o meno collegati, conoscenza della filosofia quasi nulla ma comunque interessato.


Avendo scarsa dimestichezza con concetti astratti vi propongo  un esperimento mentale relativo comunque ad una situazione concreta:
Casinò di Sanremo.  Il croupier effettua una serie di mille lanci. Chiamo  questa  serie Prova1.     La Prova 1 da il seguente risultato: 200 rossi, 800 neri.                                                            Al rapporto 200/800 = 0,25 appiccico l'etichetta "Caso1"(nella eventualità di 800 rossi e 200 neri avrei considerato identico risultato).  Alla differenza 1- 0,25 = 0,75 appiccico l'etichetta "Necessità1".


Le prove continuano con risultati ovviamente diversificati.


La prova33 da come risultato: 0 rossi, 1000 neri.                                                              Caso33 = 0(minimo) ,    Necessità33= 1(massima).


La prova75 da come risultato: 500 rossi, 500 neri.                                                              Caso75 = 1(massimo),   Necessità75= 0(minima).
Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova33?    Probabilmente nella vostra mente comparirebbe un omino nascosto che, con una calamita, ha costretto la pallina sempre sul nero. Chiamo questo omino  "Causa".


Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova75?   Probabilmente nella vostra mente non comparirebbe alcun  omino.  La parola Causa neanche comparirebbe nel vostro vocabolario.


Cosa pensereste dopo aver assistito sia alla Prova33 che alla prova75 e solo a quelle? Avanzo le seguenti opzioni:
a)  La Causa opera nel corso  della Prova33                                                                             b)  La Causa non opera durante la Prova75.                                                                            c)  La Causa opera in entrambe le  Prove.                                                                                 d)  La Causa non opera in alcuna delle due.                                                                      Quale delle quattro?


Cosa pensereste dopo aver assistito a tutte le Prove?                                                             Non avanzo alcuna opzione. Non ne ho la più pallida idea!

Se l'esperimento non vi risulta del tutto strampalato avrei piacere in un vostro riscontro.
Per intanto vi ringrazio dell'attenzione e vi saluto.



Ciao Paolo e benvenuto. Non so quanto tu sia novellino nell'arte di pensare. Si vedrà. A prescindere dal fatto che uno non conosca la roulette è chiaro che sei cmq costumato a pensare che a ciò che tu consideri causa debba in qualche misura corrispondere un effetto. Quindi la risposta è la "c". Però tu assisti innanzitutto alla prova 33. La domanda diventa quindi: dopo quanti lanci sul nero cominci a pensare che vi sia una causa diversa che agisce rispetto alla causa della ruota che gira e che determinerà la casella in cui finirà la pallina?

Ipazia

Tutti i fenomeni hanno una loro causalità,  ma il loro intreccio diventa casuale quando non è determinabile dai soggetti interessati. Cesare Borgia avrebbe potuto conquistare una bella fetta d'Italia se non si fossero sovrapposti due eventi, certamente determinati nelle loro cause specifiche, ma casuali rispetto ai progetti del Borgia: la morte del padre, papa Alessandro VI, ed una malattia temporaneamente invalidante.

Mi sa che Machiavelli, con le sue "virtù" e "fortuna", ci capiva più  dei metafisici su caso e necessità.

Anche nei fenomeni naturali il caso gioca brutti scherzi e quando ci si accorge di avere estratto il biglietto del "raro caso avverso" all'hub vaccinale solitamente è troppo tardi per le necessarie cure.

In tal caso gioca l'ignoranza di affaristi stregoni ed esecutori prezzolati, ma pure il trombo che va a finire dove non dovrebbe ed infine la genetica casuale degli incroci dei tuoi avi che ti ha reso piu trombotico del necessario di fronte all'aggressione covax.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

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