Cartesio ha dimostrato l'esistenza dell'anima?

Aperto da Socrate78, 03 Dicembre 2020, 18:43:21 PM

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Socrate78

E' possibile affermare, secondo voi, che Cartesio abbia dimostrata l'esistenza dell'anima? A me sembra che le sue riflessioni siano un buon argomento per affermare l'esistenza della coscienza spirituale o anima se si vuol dare una sfumatura religiosa. Infatti Cartesio afferma che il dubbio metodico può in teoria essere esteso a tutto, anche alle evidenze apparentemente più ovvie e spontanee: si può dubitare delle certezze matematiche e di qualsiasi ente percepito con i sensi e perfino si può dubitare di avere un corpo, ma non si può mettere in questione il fatto stesso di dubitare, e quindi di esistere come sostanza pensante. Il pensiero, e anche i vissuti emotivi come modi della res cogitans, indipendentemente dal fatto di avere un corpo, è ciò che qualifica l'ESSENZA dell'individuo.
Di conseguenza ne vien fuori addirittura che il nucleo fondamentale dell'individuo non sia materiale, perché come detto prima del corpo si può dubitare, ma è spirituale, poiché noi abbiamo evidenza di un qualcosa che è puro pensiero, indipendente dall'esistenza stessa della materia.
Secondo voi si tratta di una valida dimostrazione dell'anima oppure è soltanto un argomento illusorio?

viator

Salve socrate78. Secondo me quella di Cartesio è sicuramente la dimostrazione dell'esistenza dell'anima.
Basta mettersi d'accordo sulla definizione e realtà di ciò di cui Cartesio parlò senza riuscire a darne una definizione chiara.


Secondo me per "anima" deve intendersi "la forma, cioè la struttura immateriale dell'insieme dei contenuti della nostra scatola cranica". Sei d'accordo ?. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Ipazia

"Indipendentemente dal corpo e dalla sua matericità" è un azzardo insensato, visto che basta un corpo malfunzionante perchè il cogito/anima annichilisca.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Socrate78

#3
@Ipazia: Però il fatto che l'anima/cogito sia influenzata dal corpo non dimostra di per sé che il corpo sia l'unica realtà e che il pensiero sia solo un'espressione del corpo senza avere una sua propria realtà distinta da esso. Al massimo dimostra che, nella dimensione in cui esistiamo, il cogito ha bisogno del corpo (in questo caso il cervello) come mezzo per esprimersi e se il corpo è rotto allora non può esprimersi nonostante abbia comunque grandi potenzialità. Allo stesso modo si potrebbe dire che io posso essere anche un ottimo pianista, al livello di Mozart, ma se il pianoforte è distrutto allora la mia musica sarà impedita, non riuscirò a produrla.
L'anima sarebbe il pianista e il pianoforte è il cervello. Allo stesso modo, ammettendo che il nostro pensiero sia influenzato da agenti chimici (neurotrasmettitori), non è chiaro comunque il rapporto vero esistente tra l'anima e il corpo: si PRESUME che pensieri e sentimenti derivino da impulsi elettrici e chimici, ma magari è proprio l'anima immateriale a fornire l'impulso affinché tali fenomeni corporei si verifichino.  O non ti sembra che calzi come ragionamento? Anche se suppongo che tu sia fortemente orientata verso una concezione materialistica per cui l'uomo E' il suo corpo.

Alexander

Un altro esempio che si potrebbe fare è quello del guidatore e dell'auto.Con l'auto in panne il guidatore non può viaggiare, ma questo non significa che è rotto anche il guidatore. Con il cervello "rotto" (per qualche malattia) la coscienza non può più protrarsi all'esterno, ma questo non significa che la coscienza sia "rotta".

Ipazia

La differenza tra il binomio pianista-piano e psiche-soma è che il pianista può cambiare piano ma la psiche non può cambiare soma. L'unità psicosomatica è separabile dal punto di vista funzionale, ma non nella sua "essenza" fisiologica che rimane indissociabile. Il pensiero/cogito è una funzionalità psichica all'interno di una unità individuale indissolubile. Almeno per ora. In attesa che le "diavolerie" tecnoscientifiche modifichino - il che è teoricamente possibile - anche questo dato-di-fatto, traghettando l'"anima" da un contenitore all'altro. Neppure integralmente biologico o umano.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

Senza entrare tanto nel dettaglio, io credo che il pensiero (ma anche l'emozione) si esprima nel tempo, abbia bisogno del tempo, quindi di un passato, di un futuro e di un ineffabile presente,come risorsa, dalla cui disponibilità la possibilità del pensiero dipende, e come forma contenitrice del pensiero stesso, niente tempo niente pensiero, quindi il pensiero non è una realtà inestesa e intemporale, ma inestesa e temporale.
Quindi, se delle cose materiali si predica sia l'estensione che la durata, del pensiero si predica solo la durata, dunque in un certo senso del pensiero si predica qualcosa che si predica anche dell'estensione, quindi la cesura netta tra pensiero ed estensione non esiste, e anzi il pensiero per me è una riduzione monodimensionale dell'estensione, l'estensione ha l'estensione stessa, ha se stessa, come attributo dimensionale della sua esistenza ulteriore all'attributo del tempo, che condivide col pensiero, mentre il pensiero è la realtà del solo-temporale, della pura durata, quindi un qualcosa di estratto per riduzione dimensionale e direzionale dall'estensione, come estrarre un piano da uno spazio tridimensionale, o come passare dal un mondo in cui ci si può muovere in più direzioni (la multidirezionalità dello spazio, e la reversibilità in linea di principio di tutto ciò che in esso avviene) a uno in cui si va in una direzione sola, lo scorrere del tempo, appunto.


Quindi, se in quanto esseri spirituali se vi credete superiori al vostro corpo perché esistete anche nel vostro pensiero, sappiate solo che secondo me il pensiero è come un disegno estratto facendo passare un piano bidimensionale attraverso la statua tridimensionale del vostro corpo, un qualcosa che pertiene esclusivamente e totalmente al vostro corpo nella sua natura (essendone effetto), e per giunta considerato a un livello di esistenza con una dimensione di meno.






Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

Tradotto da Gaber: "se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione". Le tre dimensioni non perdonano, ma neppure la quarta. Basta vedere come i nostri politicanti hanno seguito per mesi l'idea dei banchi a rotelle mentre lo spaziotempo virale intenzionava bulimicamente i mezzi di trasporto degli studenti.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

Citazione di: Alexander il 03 Dicembre 2020, 21:29:20 PM
Un altro esempio che si potrebbe fare è quello del guidatore e dell'auto.Con l'auto in panne il guidatore non può viaggiare, ma questo non significa che è rotto anche il guidatore. Con il cervello "rotto" (per qualche malattia) la coscienza non può più protrarsi all'esterno, ma questo non significa che la coscienza sia "rotta".
Salve Alessandro. Secondo me sia Ipazia che niko dicono molto bene. Se l'anima-coscienza è disgiungibile dal corpo, nulla vieta che essa risulti separabile da esso corpo per venir trapiantata in un altro corpo.Magari il trapianto potrebbe avvenire aggiungendo l'anima trapiantanda all'anima che già insiste e resta ospitata nel nuovo corpo di destinazione. Quindi invece del classico e romanticissimo "due corpi e un'anima".....potremmo avere "due anime e un corpo".......no ?.

Non si capisce come, a fronte dei prodigiosi misteri contenuti nella sfera dello spiritualismo, un banale, meccanico, chirurgico intervento del tipo di quello da me descritto non debba venir ritenuto futuribilmente possibile.

Inoltre, utilizzando maliziosamente questo sistema, qualcuno potrebbe pure trovare il modo non solo di vivere corporalmente per l'eternità (tanto l'ingrediente fondamentale è l'anima-coscienza-guidatore dell'auto, e non il corpo-autovettura, i quali ultimi possono venir sostituiti periodicamente !)................dicevo corporalmente per l'eternità, ma pure di poter vivere spiritualmente per l'eternità su questa terra senza mai doverla abbandonare, limitandosi appunto a saltellare ogni tanto dalla logora carcassa di un corpo-autovettura ad un'altro - possibilmente di ultimo modello (almeno finchè Dio non ti ritiri la patente !). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

davintro

Penso che la dimostri, ma non necessariamente nel senso in cui Cartesio la intendeva, come sostanza cogitante separata dalla sostanza estesa corporea, necessitante di un ponte di collegamento come la ghiandola pineale per interagire con esso, ma per il fatto che, stante l'indubitabilità del Cogito come residuo della fallibilità della realtà degli oggetti esterni al pensiero, si riconosce come essenza (elemento necessario per cui una certa cosa è quella cosa e non un'altra) un nucleo spirituale, che determina il pensiero, attributo essenziale dell'uomo che resta tale al di là della possibilità di dubitare e di errare. Ma vedere il cogito come essenza fa sì che l'anima di cui si parla andrebbe più propriamente vista nell'accezione aristotelica che cartesiana, anima dell'uomo come sua essenza, anima razionale che costituisce il quid dell'uomo, ma non sostanza a se stante, ma fattore ontologico che assieme a quello materiale costituisce l'individualità psicofisica, il "sinolo".


Questo modello di rapporto tra anima e corpo rende ragione, per un verso della necessità del supporto materiale perché si dia vita, cioè l'anima esprima le sue facoltà, per l'altro dell'insufficienza di tale supporto che, privato di una forma, resterebbe pura materia, pura estensione indifferenziata senza una propria qualità che lo renda a tutti gli effetti "organismo", organizzazione atta ad attribuirle determinate facoltà. Concordo con le osservazioni di Socrate 78 e Alexander circa la non deducibilità dal fatto del corpo condizione necessaria dell'attività del pensiero (anima razionale) a quella di una presunta sufficienza del corpo a render ragione dell'anima. Se da un lato è ovvio che, intendendo l'anima come "forma corporis", l'anima non potrebbe esistere senza una materia di cui esser la forma (non solo geometrica, ma vivente, principio che forma dall'interno organizzando olisticamente le singole componenti in un organismo), dall'altro, la forma rende ragione di una vita che la pura materia non potrebbe mai determinare. L'insufficienza della materia riguardo la vita, cioè l'anima è verificabile sia da un punto di vista puramente logico (se la materia pura, senza forma, fosse sufficiente a spiegare la vita il concetto di "materia inerte" sarebbe un ossimoro, una definizione autocontraddittoria: dove c'è materia ci sarebbe sempre vita. Dato che così non è, allora l'essere dotata di vita di una realtà materiale necessita di introdurre un nuovo principio, la causa formale, accanto a quella materiale), che anche da uno empirico: se bastasse il corpo, inteso come pura massa materiale, a determinare la vita, al momento della morte, con lo spegnimento del pensiero dovrebbe scomparire anche il corpo: via la causa, via l'effetto. Invece, anche senza vita il corpo continua a esistere come cadavere. Abbiamo dunque due modelli di corporeità, uno vivente, uno inerte, entrambi esistenti, entrambi costituiti da materia, la differenza tra i due necessita di ricondursi a un principio spirituale, presente in uno, assente in un altro. E la stessa decomposizione può esser vista come effetto progressivo della perdita della forma, l'anima, che preservava l'unità individuale: lasciata a se stessa, la materia si abbandona alla pura estensione, alla pura dispersione, indeterminazione, la perdita della vita coincide, guarda caso, con la perdita della forma, della componente intelligibile, che dava alla materia un senso determinato, l'umanità. Principio vitale e principio formale coincidono..

davintro

Citazione di: viator il 03 Dicembre 2020, 22:20:43 PM
Citazione di: Alexander il 03 Dicembre 2020, 21:29:20 PM
Un altro esempio che si potrebbe fare è quello del guidatore e dell'auto.Con l'auto in panne il guidatore non può viaggiare, ma questo non significa che è rotto anche il guidatore. Con il cervello "rotto" (per qualche malattia) la coscienza non può più protrarsi all'esterno, ma questo non significa che la coscienza sia "rotta".
Salve Alessandro. Secondo me sia Ipazia che niko dicono molto bene. Se l'anima-coscienza è disgiungibile dal corpo, nulla vieta che essa risulti separabile da esso corpo per venir trapiantata in un altro corpo.Magari il trapianto potrebbe avvenire aggiungendo l'anima trapiantanda all'anima che già insiste e resta ospitata nel nuovo corpo di destinazione. Quindi invece del classico e romanticissimo "due corpi e un'anima".....potremmo avere "due anime e un corpo".......no ?.

Non si capisce come, a fronte dei prodigiosi misteri contenuti nella sfera dello spiritualismo, un banale, meccanico, chirurgico intervento del tipo di quello da me descritto non debba venir ritenuto futuribilmente possibile.

Inoltre, utilizzando maliziosamente questo sistema, qualcuno potrebbe pure trovare il modo non solo di vivere corporalmente per l'eternità (tanto l'ingrediente fondamentale è l'anima-coscienza-guidatore dell'auto, e non il corpo-autovettura, i quali ultimi possono venir sostituiti periodicamente !)................dicevo corporalmente per l'eternità, ma pure di poter vivere spiritualmente per l'eternità su questa terra senza mai doverla abbandonare, limitandosi appunto a saltellare ogni tanto dalla logora carcassa di un corpo-autovettura ad un'altro - possibilmente di ultimo modello (almeno finchè Dio non ti ritiri la patente !). Saluti.


L'idea che l'anima possa essere trasferita da un corpo all'altro, con tutte le assurdità che ne conseguono, vuol dire ancora ragionare in termini materialisti, dunque è un argomento che in nulla intacca la tesi di chi quel modello contesta, anzi, semmai si rivolge contro i fautori del modello come un boomerang. La trasferibilità dell'anima ne implicherebbe la spazializzazione, si passa da un luogo fisico a un altro, ma solo ciò che è materia, estensione, può occupare un luogo fisico, mentre considerando l'anima come entità spirituale, inestesa, è evidente che non si possa trasferire, resta ciò che organizza una realtà materiale vivente, essendo presente in essa fin dal primo istante del suo esistere, non come qualcosa che va a riempire uno spazio preesistente. L'anima, intesa come forma intelligibile, non occupa spazio, è INTERRUZIONE di spazio, è ciò che contraddistingue qualitativamente, dando un senso peculiare, un certo oggetto, distinguendolo dal resto della materia circostante. Per questo, per un certo aspetto, sarebbe più corretto dire che è l'anima a contenere il corpo che non viceversa

bobmax

L'anima individuale è una creazione dell'io. Una sua invenzione con la quale identificarsi.

Ma l'io è una intrinseca contraddizione.

Io non sono io...

Di modo che scopo dell'esistenza è proprio quello di superare questa contraddizione.

L'io è illusione.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

viator

Salve davintro. Secondo me con la tua replica soprastante nr.9 hai fatto centro circa ciò che volevo significare attraverso il concetto di "forma" attribuibile ad un'anima.

Per quanto riguarda poi invece il tuo intervento nr.10, temo tu non abbia capito che il mio trattare di anime trasferibili da un corpo all'altro........risultava solamente un voler ironizzare circa la similitudine guidatore-autovettura portato da Alexander. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

Socrate78

Invece io tendo ad ipotizzare che l'Io sia proprio l'anima, non è affatto secondo me un'illusione (anzi, è una verità più vera del corpo stesso) e ritengo che esista un'anima individuale: esisterebbe nell'individuo un'energia che sopravvive alla morte fisica e che obbedisce al primo principio della termodinamica, secondo cui quest'energia non si distrugge e continua a vivere su un piano diverso di esistenza. L'io individuale continua in questa mia visione  anche dopo la morte ad essere presente e cosciente, non si dissolve affatto.
Infatti molte persone che hanno avuto un'esperienza di pre-morte riferiscono che dopo l'arresto cardiaco hanno visto il loro corpo ormai inerte dall'esterno, mentre i medici cercavano di rianimarlo e successivamente sono entrati in una dimensione fatta di luce bianca e accogliente, e in questa dimensione hanno sperimentato un amore assoluto, incondizionato, non paragonabile a nient'altro che esiste sulla Terra. Mentre erano in questa dimensione però il loro Io non era annullato o dissolto nel Tutto, ma continuava ad esistere mentre comunicavano telepaticamente con altre entità di luce che incontravano, ad esempio partenti ed amici defunti, oppure esseri di Luce sconosciuti. A volte addirittura hanno ricevuto l'ordine di tornare indietro, nel corpo che era ormai incosciente ed inerte, con il messaggio secondo cui non era ancora giunta la fine della loro esistenza terrena e che avevano una missione da compiere nel loro viaggio terreno.

bobmax

Secondo me occorrerebbe sempre domandarsi per quale scopo siamo propensi a credere esistente qualcosa.
E prima ancora, dovremmo cercare di definire questo qualcosa.

Nel provare a definirlo, potremo così già iniziare a intuire se ciò che crediamo esistente ha qualche possibilità di esserlo davvero.
Ma la verifica a mio parere più importante è quella di valutare quale sia il nostro fine, sia che ne siamo ora consapevoli o meno.

Perciò, quale definizione dare dell'anima individuale?
E per quale motivo preferiamo credere nella sua esistenza?

Direi che l'anima individuale coincide con il proprio io. Io sono la mia stessa anima.
Ma è questa una definizione sufficiente?
Direi di no.
Perché l'io di per se stesso è vuoto. E' un qualcosa che sta dietro, implicito, ma non compare mai a determinare alcunché.
Anche la mia volontà manifesta solo ciò che ho. Che può essere rabbia, gioia, bisogno, ricordi... ma mai "me stesso".

Di modo che questo "io" per identificarlo occorre forse il nome e cognome con il luogo e la data di nascita, ma pure questo può non bastare e allora bisogna ricorrere al codice fiscale...
Così l'anima individuale, che sarebbe lo stesso io, assomiglia un po' ad un badge, con un suo univoco id.
In sostanza, un nulla.

Ma qual è lo scopo, recondito o meno, che ci fa propendere per l'esistenza dell'anima?

Sopravvivere.

Riuscire ad esistere ancora dopo la morte.
Disperazione dell'io che non vuole morire.

Ma per affrontare questa disperazione non dovremmo invece cambiare radicalmente strada?

Considerare cioè che muore solo ciò che vive.

E quindi, ciò che non vive, ciò che non è mai esistito, non può morire.

E l'io, cioè l'anima individuale, non è mai esistito.
Si tratta solo di un'illusione. E' solo l'illusione che esiste.
Ed è perciò la sola che può morire.

E allora le prove, le visioni premorte, la luce bianca accogliente?

Non dobbiamo certo scartarle, sono anch'esse cifre che invitano a riflettere.
Una riflessione, tuttavia, che non dia per scontata l'esistenza di un io, di un'anima individuale.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

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