Cacciari e l'aporia: non c'è LA strada, ma ci siamo NOI.

Aperto da green demetr, 14 Giugno 2024, 11:21:03 AM

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green demetr



Ecco volevo dare conto del difficile rapporto con il mio personalissimo problema con i video (quando mancano i libri base è inutile leggere i libri che li presuppongono) di Cacciari che riguardano la sua ultima fatica.

Se in un primo momento non potevo sopportarlo  ;)
poi mi è venuto in mente che forse sbagliavo.
E grazie al cielo questo video chiarifica TUTTO.

Naturalmente manca la parte morale, ma il buon cacciari ha fatto bene a chiarire la parte che lo precede.

Che dire! E' la mia stessa posizione!

Cacciari capisce benissimo l'errore dell'ontoteologia...mi viene da piangere: ma allora esiste qualcuno che lo capisce!!!

Ridefinisce magistralmente Aristotele e l'allievo Heidegger, perchè anche il buon Massimo non ha tempo da perdere con chi non capisce!!!

Il mio maestro per esempio ancora non ha capito...

Niente un video ricchissimo, dove per la prima volta dice con CHIAREZZA quale è la sua filosofia!

Non ho capito bene ancora il rapporto tra ousia (le idee platoniche) e ta onta (gli enti).

A mio modo di vedere mi è sovvenuta dal nulla l'intuizione che le ousie sono sostanzialmente quelle idee che noi INTERROGANDO lo spirito noi conosciamo.

E che sono i mattoni, la costellazione di ciò che la filosofia dovrebbe conosere come morale.

Ecco grazie alla precisazioni offerteci da Cacciari potri dire meglio che è l'interrogazione delle aporie, ovvero la loro apertura.
Cacciari in un passo che mi sono perso del simposio afferma che eros è figlia di poros, ovvero la filosofia è la ricerca della strada, del senso, laddove questo senso nei ta onta, negli enti, si chiude alla conoscenza scientifica.

Una volta che la scienza moderna mette in cantina il meccanicismo, questa ricerca diventa anche la NECESSARIA ricerca di qualcosa che la scienza stessa, non sa da dove venga.

Infatti le cose emergono (emergentismo).

E' necessaria una nuova patafisica. (questo cacciari non lo dice...e va bene così perchè lo scopo della lezione è dare LE BASI del RICOMINCIAMENTO a fare FILOSOFIA.

Il grund è nel pensiero stesso...cacciari ti adoro! lo aveva già detto LEOPARDI....

E niente è bello vedere che siamo in due!!!

Io e Cacciari e il mio maestro: riapriamo le vie della patafisica, ora che abbiamo capito!

Ovvero torniamo a dostoevsky mi dicevo io, e cacciari, Massimo MIO PURE!!!

Caro massimo, siamo esausti, io addirittura alla fine del famoso tunnel zizekiano (quello del treno contrario  :D )


E niente, putroppo oggi le idee passano più su youtube che dai libri!!!!

E' il nuovo gioco, e ti ringrazio tantissimo per questa lezione che NESSUNO OVVIAMENTE capirà.

infatti i tipi che lo hanno invitato parlano di "provocazione"   :D

Non c'è nessuna provocazione. Ed è questo il dramma.


PS naturalmente non mi aspetto il discorso morale, altrimenti gli si chiuderebbero i salotti "bene".

Infatti una volta che hai detto che l'individuo è incommensurabile dovresti capire che l'unica politica valida è una che rispetti OGNI SINGOLO INDIVIDUO, e ti ringrazio per le tue battaglie durante la pandemenza.

E certo anche tu hai capito, non che non lo avessi capito prima, ma ancora di più di come o la politica cattolica si sveglia, o è finita.

Arrivano i mangiamorte!!! :D (Cit harry potter, citazione dotta per finire).


Magari lo analizziamo pezzo per pezzo....non lo so dubito, l'euforia iniziale è già finita, sono esangue mentalmente, direi vicino all'esaurimento, o vicino all'apertura della diga che ho messo al mio pensiero, una delle due per certo.
:D
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Ipazia

Filia (philo-sophia) é figlia di penia (ignoranza, povertà), non di poros che rappresenta l'accesso (sempre imperfetto purtroppo) all'essenza (ousia).  L'a-poria sta nell'incompletezza della conoscenza, nella meta (telos) irraggiungibile, ma filosoficamente irrinunciabile. Lungo la discordia concors dei vari saperi, che supera lo scientismo e rilancia il logos metafisico (ri)unificante.

Contrariamente ad altre presentazioni più "laiche" del libro, qui Cacciari accentua il carattere trascendente della ricerca filosofica nell'ambito ontologico.

Discorso che piacerebbe senz'altro a iano.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Ipazia

La lectio di Cacciari, e il palese sforzo per rendere il concetto di essente, con sempre sullo sfondo, senza mai nominarlo, lo spettro dell'essere, mi ha ricordato il flipper con tutte le analogie e le dramatis personae del caso, inclusa l'ontoteologica utopia di un piano piano, invece che inclinato verso il nulla (nichilismo) ove la pallina, l'essente, è fatalmente attratta, mentre tutto lo sforzo del giocatore epistemico cerca di trattenerla nella sua essente essenza (ousia) contro la travolgente gravità che la sospinge verso una assente assenza (nulla).

Posta l'insuperabile inclinazione del piano di gioco, l'abilità del giocatore epistemico consiste nel guadagnare tempo attraverso una incessante attività di ricerca di strategie per mantenere la pallina-essente in quello che Severino chiama il circolo dell'apparire, che per quanto apparente, è l'unico palcoscenico in cui il logos può dire qualcosa sulla pallina-essente, finchè non diviene, per la gioia di bobmax, assente.

Il flipper epistemico prevede comunque dei premi per i bravi giocatori che riescono a tenere l'essente in gioco. Si va dai punticini delle applicazioni tecnologiche ai jackpot delle grandi rivoluzioni epistemiche e sociali, che ti permettono di guadagnare una nuova partita con l'essente, tenendo sempre il grande slam dell'essere-fenice nell'orizzonte delle possibilità (lo dice Cacciari alla fine).

Le opzioni più sfavorevoli del gioco si verificano quando giocatori poco abili e truffaldini cercano di taroccare il gioco con scuotimenti che danno punti farlocchi e salvano l'essente dall'assenza cui la loro scarsa abilità li condanna. Ma il piano reale se ne accorge e decreta la fine del gioco, il tilt.

Direi che ci siamo.  Cercasi giocatori abili disperatamente, almeno per il flipper domestico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#3
Citazione di: Ipazia il 15 Giugno 2024, 00:17:49 AMDiscorso che piacerebbe senz'altro a iano.
Si, se l'avessi capito. :)
La lezione di Cacciari è troppo per addetti ai lavori.

Fra noi e la realtà vi sono mondi virtuali fatti di essenti e di loro relazioni in modo inscindibile, mentre l'essere , ciò che è in se, la cui esistenza non dipende da altro, che non ha bisogno di relazioni con altro per giustificare il suo esistere, direi propriamente realtà.
Giustificare l'essente attraverso le sue relazioni, o viceversa, è cosa impropria se di cose indipendenti stiamo parlando, come mi pare dica Cacciari. Se invece stiamo parlando di cose non indipendenti, allora in questa dipendenza si giustificano a vicenda.
La fisica e la metafisica non concorrono a definire la realtà, ma i mondi in cui viviamo, la cui sempre più manifesta virtualità mette in crisi una distinzione netta fra essi, essendo fatti della stessa essenza virtuale.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

#4
Tutte le aporie spariscono se non si confonde la realtà con una delle sue possibili strade che ci è dato percorrere, se partiamo cioè dai nostri diversi modi di fare per dedurre l'unica realtà.
La realtà esiste se vi possiamo agire.
Pretendere di vivere direttamente nella realtà, come si percorresse l'unica sua possibile strada, è un illusione che abbiamo potuto sostenere solo finché non abbiamo putto percorrere strade alternative.
Ma di questa nuova ricchezza paradossalmente ora ci rammarichiamo, perchè non siamo in grado di apprezzare il regalo che ci siamo fatti.
Gli essenti e le loro relazioni non sono relativi alla realtà in modo esclusivo, ma sono relativi al nostro modo di agirla, e riguardano quindi noi non meno della realtà.


Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

L' "insostenibile leggerezza dell'essere" si scontra subito con la sostenibile pesantezza dei suoi teoremi: Dio, logos, realtà, universo, multiverso,...dove tutto è correlato e il filo di Arianna porta sempre a nuovi labirinti.

Intuire quella leggerezza è il compito del pensiero che la (intra)vede nel suo mostrarsi, ma sa di non poterla possedere che dalla parte della sua limitata essenza di essente transeunte e impermanente, cui l' "evoluzione", il logos, ha dato la facoltà di godersi lo spettacolo.

Penso sia questa la concretezza auspicata della metafisica, col suo spirito di gravità da alleggerire, come sa fare il mare in cui è dolce naufragare.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Koba II

Lezione molto interessante, quella di Cacciari.
Condivido completamente la critica a quelle posizioni filosofiche (neopositivismo da una parte, ermeneutica e genealogia dall'altra) che da versanti opposti hanno sancito la fine della filosofia. Perché tali posizioni vanno rigettate? Semplicemente perché sono fondate su un errore, o peggio ignorano il loro fondamento. Quale fondamento? Che l'oggetto singolo, l'essente, si possa conoscere completamente nella scienza (neopositivismo) o non si possa conoscere mai per cui ciò che rimane da fare è cultura, descrizioni colte dell'oggetto.
Ma l'oggetto singolo, la cui singolarità è vero non può mai essere colta perché nel momento in cui cerchiamo di descriverla non facciamo che assegnarle predicati generali, così che la sua descrizione finisce per essere composta da altro, non da ciò che è lei stessa, (tema ampiamente trattato da Hegel nella prima parte della Fenomenologia dello spirito), l'oggetto singolo, dicevo, non per questo non continua ad interpellarci e il problema del fondamento delle nostre descrizioni (quale sia l'opinione più autorevole intorno all'oggetto) rimane.
L'intuizione di green demetr: il fondamento è il pensiero. Esatto!
Ovvero, l'ethos del filosofo è il trattenersi nella domanda non per giocare a costruire cultura, ma per sviscerare la cosa (che implica anche sviscerare le relazioni della cosa con il tutto: la lezione del Sofista), pur non potendo arrivare a nulla di definitivo.
In altri termini: la versione più autorevole della conoscenza della cosa non si da a partire da un'ontologia eterna (che sia posta da una metafisica o dalla scienza), ma da una continua interrogazione intorno ad essa, la quale è motivata dall'amore per la sua inesauribile ricchezza, non dalla volontà di dominarla.
"Con letizia banchettiamo di coloro che vorrebbero assoggettarci" [motto della famiglia Addams]

Alberto Knox

Citazione di: Koba II il 19 Giugno 2024, 16:52:30 PML'intuizione di green demetr: il fondamento è il pensiero. Esatto!
Ovvero, l'ethos del filosofo è il trattenersi nella domanda non per giocare a costruire cultura, ma per sviscerare la cosa (che implica anche sviscerare le relazioni della cosa con il tutto: la lezione del Sofista), pur non potendo arrivare a nulla di definitivo.
In altri termini: la versione più autorevole della conoscenza della cosa non si da a partire da un'ontologia eterna (che sia posta da una metafisica o dalla scienza), ma da una continua interrogazione intorno ad essa, la quale è motivata dall'amore per la sua inesauribile ricchezza, non dalla volontà di dominarla.
pensare alla cosa in questi termini significa anche esporsi al dramma. Cosa intendo dire? cercherò di dirlo in poche parole.
Il contenuto che appare dal confronto con le posizioni altrui è molto semplice. è la contraddizione, è l'antinomia, è l'impossibilità di chiudere il cerchio di un sistema definito. E se c'è un pensatore a cui rivolgo il mio pensiero in questo momento non può che essere verso il padre dell antinomia, ovvero Immanuel Kant il quale nella dialettica trascendentale della critica della ragion pura inchioda la pura ragione alla logica antinomica! Sulle cose più importanti e decisive del mondo noi abbiamo tanto le ragioni della tesi quanto le ragioni dell antitesi da convocare e se non lo facciamo produciamo  ideologia e non produciamo pensiero. Ecco il senso del dramma. Da qui , quello che io chiamo ottomismo drammatico, ovvero la possibilità di uscire dall antinomia.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

Koba II

Citazione di: Alberto Knox il 19 Giugno 2024, 23:29:24 PMpensare alla cosa in questi termini significa anche esporsi al dramma. Cosa intendo dire? cercherò di dirlo in poche parole.
Il contenuto che appare dal confronto con le posizioni altrui è molto semplice. è la contraddizione, è l'antinomia, è l'impossibilità di chiudere il cerchio di un sistema definito. E se c'è un pensatore a cui rivolgo il mio pensiero in questo momento non può che essere verso il padre dell antinomia, ovvero Immanuel Kant il quale nella dialettica trascendentale della critica della ragion pura inchioda la pura ragione alla logica antinomica! Sulle cose più importanti e decisive del mondo noi abbiamo tanto le ragioni della tesi quanto le ragioni dell'antitesi da convocare e se non lo facciamo produciamo  ideologia e non produciamo pensiero. Ecco il senso del dramma. Da qui , quello che io chiamo ottimismo drammatico, ovvero la possibilità di uscire dall'antinomia.

Sono d'accordo. Anche se la prospettiva di Kant mi sembra sia fortemente caratterizzata, rispetto alla nostra, dall'esigenza di voler stabilire un confine sicuro al sapere, il che significa che quello che rientra in esso, derivando dall'esperienza, ha la garanzia di poter essere conosciuto nella sua verità (come fenomeno, non come cosa in sé, ma tanto basta a dimostrarne l'oggettività, l'universalità).
Mentre ciò che sconfina, appunto le idee pure della ragione, quelle di anima, cosmo e Dio, non possono essere verificate, e quindi su di esse non può esserci ne dimostrazione ne confutazione, per cui le battaglie che si scatenano tra tesi e antitesi sono solo scontri ideologici, come giustamente dici tu.
La prospettiva in cui si pone Cacciari nel suo discorso (io non ho ancora letto il suo testo, quindi mi posso limitare alla sola lezione che green ha postato), mi sembra molto diversa.

Al centro del discorso la concezione dell'essente come aporumenon.
Ovvero l'essente, l'ente, l'oggetto insomma, la cui singolarità non può essere definitivamente chiusa e quindi posseduta.
Descrivere una cosa è assegnare ad essa determinati predicati (colore, peso, forma, etc.), cioè in sostanza, dire di essa qualcosa di altro rispetto a ciò che è.
E allora la sua identità dove finisce?
Mi piace che a un certo punto Cacciari dica: l'ambizione del libro è dimostrare l'infondatezza di quei paradigmi filosofici che risolvendo il problema della conoscibilità dell'essente dichiarano il compimento della filosofia, cioè la sua fine, l'esaurimento del suo compito storico.

Facile l'attacco al neopositivismo.
Più interessante la critica ad Heidegger: cioè all'idea della metafisica che nella sua storia lavora all'individuazione di un fondamento dell'essente per poi consegnarlo alla scienza, la quale nel suo aspetto di tecnica può dominarlo. Da qui la tesi che la filosofia occupandosi dell'ente, poi consegnato alla manipolazione dell'apparato tecnico-scientifico, si è dimenticato dell'essere, che va recuperato andando però oltre la filosofia, con quel pensiero che non è ne filosofia ne poesia.

Ma un fondamento non c'è. Non c'è la possibilità di definire, circoscrivere compiutamente l'essente.
La singolarità dell'essente, che è la cosa più concreta, più certa, di cui perciò non possiamo dubitare, non si lascia però esaurire. Ama nascondersi. Per questo va interrogata, indagata. Non posseduta, non manipolata. O meglio, la tecnica fa quel che deve fare, la scienza compie le sue indagini, ma tutto questo non significa che si possa pensare che la sua conoscenza sia compiuta una volta per tutte.
Ed è interessante l'applicazione di queste idee a quell'essente che noi siamo, all'esserci, detto in termini heideggeriani.
Così come l'essente-oggetto esprime la sua inesauribile singolarità e non può essere posseduto, l'essente che siamo, l'esserci, si esprime nelle infinite possibilità esistenziali.
Dunque, per logica, per la natura stessa dell'essente, e quindi per la natura stessa dell'esserci, si esclude che queste possibilità si debbano necessariamente infrangere contro l'impossibile. Cioè con la morte.
Perché dovrebbe finire tutto così? Sarebbe illogico: infinite possibilità che si chiudono contro una barriera. Quindi le infinite possibilità che hanno come esito la necessità. Ma allora non ci sono infinite possibilità ma solo la necessità.
(Sembra un discorso un po' stiracchiato, andrebbe letto il testo per capire meglio).

E mi piace anche l'idea espressa con la citazione di Husserl: "La rinascita dell'Europa può venire soltanto dallo spirito della filosofia".
E lo spirito della filosofia è questo intrattenersi nella domanda. Tornare a pensare alla filosofia come un sapere "inutile ma necessario" il cui compito è interrogare senza pace l'essente.
"Con letizia banchettiamo di coloro che vorrebbero assoggettarci" [motto della famiglia Addams]

Ipazia

#9
Penso che l'argomento "stiracchiato" sia una ciambella lanciata ai suoi ospiti che, sul superamento di quell'impossibile, ci marciano.

Come ci ha marciato la loro ancella per secoli.

La mia sensazione è che l'ontologia dell'Essere aveva una sua plausibilità quando le conoscenze sulla natura erano molto limitate e si pensava che il reale avesse un suo fondo e una sua origine che spiegassero tutto, ovvero il Tutto, sostantivandolo.

Invece è accaduto che l'origine si sia sempre più allontanata in remoti eventi inconoscibili, e la "sostanza" unificante si sia dissolta in radiazioni vagamente corpuscolate, di molteplici fogge, blasfemamente plurali, denominate impietosamente "quanti".

Oggi l'Essere è narrazione antiquaria, che mette pena pure confutare. Mentre l'essente una sua concretezza contestualizzabile, meritevole di studio e approfondimento, anche filosofico, la conserva. Fresca e virginale come i ta panta della sapienza greca.

pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

iano

#10
Citazione di: Koba II il 20 Giugno 2024, 14:44:49 PME lo spirito della filosofia è questo intrattenersi nella domanda. Tornare a pensare alla filosofia come un sapere "inutile ma necessario" il cui compito è interrogare senza pace l'essente.
Più che proporsi come meta il farsi a ripetizione domande che non sembrano avere una risposta, non possiamo smettere di farci a ripetizione domande cui attribuiamo un senso, finché continueremo ad assegnarglielo, pur senza trovare una risposta, anche quando disperassimo di trovarla, e lo faremo finché mancherà la dimostrazione che una risposta non c'è.
Nel caso in cui questa dimostrazione venisse però trovata allora potremo dire che non sia stato inutile continuare a porsi la domanda che non abbiamo potuto fare a meno di continuare a porci.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Possiamo ad esempio continuare a chiederci perchè i corpi cadono verso il basso e non verso l'alto, finché la domanda non perde di senso una volta scoperto che non esistono l'alto e il basso.
Ma questa scoperta di mancanza di senso della domanda non è stata cosa inutile perchè equivale di fatto alla scoperta della legge di gravità.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

iano

Citazione di: Ipazia il 20 Giugno 2024, 21:56:12 PMOggi l'Essere è narrazione antiquaria, che mette pena pure confutare. Mentre l'essente una sua concretezza contestualizzabile, meritevole di studio e approfondimento, anche filosofico, la conserva. Fresca e virginale come i ta panta della sapienza greca.


Restare, per un filosofo di professione , intrappolato nella ragnatela dell'essere è cosa comprensibile, tanto che dibattersi disperatamente una volta scopertisi intrappolati è una nota di merito da riconosce a Cacciari, di cui più che le parole mi sembrano  significative a volte le mimiche di sofferenza e/o insofferenza che usa per sopperire alla inadeguatezza delle sue o altrui parole.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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Koba II

Citazione di: iano il 20 Giugno 2024, 23:33:26 PMPiù che proporsi come meta il farsi a ripetizione domande che non sembrano avere una risposta, non possiamo smettere di farci a ripetizione domande cui attribuiamo un senso, finché continueremo ad assegnarglielo, pur senza trovare una risposta, anche quando disperassimo di trovarla, e lo faremo finché mancherà la dimostrazione che una risposta non c'è.
Nel caso in cui questa dimostrazione venisse però trovata allora potremo dire che non sia stato inutile continuare a porsi la domanda che non abbiamo potuto fare a meno di continuare a porci.

Non si tratta solo di farsi delle domande sul mondo, sul senso delle cose e via dicendo.
Cacciari inizia citando Husserl non a caso, ma per la sua visione rigorosa della filosofia (indipendentemente da quelli che sono stati poi i risultati storici della fenomenologia).
Perché i problemi sono concreti, e basta pensare all'etica per capirlo.
Ovvero la ricerca di un'opzione autorevole senza che questa autorevolezza sia legittimata dai due grandi miti: il sapere definitivo, completo, della scienza della natura; una dottrina dell'Essere, cioè una specifica dottrina metafisica.
Vediamo bene come appena si apre una discussione sull'etica la tendenza è quella ad appoggiarsi ai risultati oggettivi della scienza, oppure quella di richiamarsi alla tradizione cristiana, nelle sue diverse traduzioni filosofiche.
E lo vediamo tutti come entrambe queste tendenze alla fine non portano al risultato che ci si aspettava.

Dunque quello che si propone nella conferenza è capire bene che la singolarità di ogni cosa (inanimata o animata) non ha fondamento. La sua essenza non esiste. La sua natura è aporetica.
Questo lo si dimostra filosoficamente (come ripetuto più volte: la questione della definizione della cosa predicandone aspetti generali che non possono delineare, neanche nella loro sommatoria, la sua identità, che si perde così nella serie di qualità universali).
Ma questo lo si dimostra anche scientificamente, o meglio questo è il convincimento della scienza contemporanea con il passaggio da un paradigma meccanicistico ad uno probabilistico. È la fisica a rifiutare da tempo il mito neopositivista dell'esattezza e a capire che ogni stato è unico e irriducibile a uno schema esatto, anche se si fosse capaci di riversare in esso tutte le variabili in gioco.
La singolarità è cioè inestinguibile. Solo avvicinabile. Non per mancanza di conoscenza quindi, ed eventualmente raggiungibile in futuro, ma per sua stessa natura.

Il motore della filosofia è l'ignoranza. L'ignoranza non viene solo dalle nostre lacune, ma anche e soprattutto dal fatto che l'essente non avendo un fondamento non lo si può mai conoscere definitivamente, lo si può solo infinitamente interrogare.
La filosofia è amore del sapere. Di questo sapere. Che mosso dall'ignoranza, produce una tradizione. Che va quindi interrogata sul serio. Non banalizzata negli schemi metafisica-antimetafisica, teismo-ateismo, e via dicendo. Lasciamoci alle spalle queste ossessioni.
"Con letizia banchettiamo di coloro che vorrebbero assoggettarci" [motto della famiglia Addams]

Alberto Knox

Mi resterà il ricordo del tuo discorso che è un pò il voler salvare la filosofia per quello che veramente è stato e che deve continuare ad essere: Una domanda filosofica è per definizione qualcosa che ogni generazione, ogni essere umano nei tempi a venire deve porsi ogni volta nonostante tutti i progressi raggiunti in quanto scienza, ricerca e tecnica nascono , per così dire, dal senso delle riflessioni filosofiche. In fondo è stato lo stupore dell uomo verso l'esistenza che alla fine lo ha portato sulla luna. E lo porterà anche oltre ma non dobbiamo dimenticarci che tutto quello che possiamo dire sulla natura animata o inanimata o anche sull etica non resteranno come pietre irremovibili della storia. Perchè le cose cambieranno,ci saranno nuove esigenze , nuove prospettive , nuovi modi di vedere il mondo. è in questo senso che io sostengo che verità universali non sono possibili.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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