Il paradosso di Fermi e l'equazione di Drake.

Aperto da Eutidemo, 08 Febbraio 2020, 14:55:25 PM

Discussione precedente - Discussione successiva

iano

#30
Citazione di: Ipazia il 09 Febbraio 2020, 18:48:14 PM
penso che l'autocoscienza sapiens abbia una eccezionale potenza evolutiva mirata alla sopravvivenza in quanto, promuovendo forme di cooperazione razionali, ci ha permesso di scalare la piramide alimentare, malgrado la nostra individuale miseria predatoria specista.
Sicuramente ha avuto questa potenza e speriamo continui ad averla , visto che ci caratterizza talmente , che le nostre sorti , nel bene e nel male che l'evoluzione decide , sono legate ad essa e tendiamo quindi ad attribuirgli , senza un vero buon motivo , un valore in se'.
O meglio , il motivo è quello di autoesaltarci in modo esclusivo , con il comtroeffetto di sentirci poi soli nell'universo.
Fermi infatti pone l'accento sulla comunicazione che richiede coscienza , più che sulla vita in se'.
Più che  un paradosso sembra essere materia per lettino da analista.
Il suo successo sembra più legato all'autorita' di Fermi. , che altro.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Ipazia

E dove altro luogo potremmo trovare motivi, senso, valori ? I quali sono ineluttabilmente per noi, non in sé (se non come falsificazione e mistificazione della realtà)

La solitudine é un dato di fatto, non una condanna, e più che di sgomento, o appena subito dopo, dovrebbe riempirci di quel valore raro che é il senso di responsabilità: di fronte a noi stessi e all'universo, la cui evoluzione ha prodotto un elemento altrettanto raro come la sua autocoscienza. Che coincide con la nostra, con noi.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Eutidemo

Ciao Viator. :)
Chiedo scusa, perchè in effetti pensavo proprio che tu ti riferissi specificamente a "me"; ed infatti, io ritengo, in genere, che:
- il concetto di "autoreferenzialità" si riferisca al "singolo individuo", che non tiene conto del parere altrui e della realtà oggettiva che lo circonda;
- e non, invece, all'"umanità" nel suo complesso, per la quale, semmai, penso che sarebbe più corretto parlare di "antropocentrismo", che è comune un po' a tutti.

***
Premesso questo, sono perfettamente d'accordo con te che tutte le riflessioni su di un "QUALSIASI ARGOMENTO" non possono che riferirsi all'intelligenza di chi le compie, cioè quella "umana"; questo vale sia per le mie, sia per le tue, sia per quelle di chiunque altro...anche se possiede una intelligenza cento volte superiore a quella di noi due messi insieme.
Quanto a me, invero, : "Homo sum, humani nihil a me alienum puto!"
Se ne esistono, invece, gli alieni non possono che essere alieni!

***
Ti ringrazio per la spiegazione della tua affermazione "Il soggetto di una riflessione o di una trasformazione è proprio proprio proprio inadatto al riconoscimento delle cause che l'hanno generata", che,  sinceramente, non ero riuscito a comprendere in alcun modo.
Ora spieghi che tu intendevi dire che "...colui che risulta essere - tutto sommato - un effetto delle cause sulle quali sta riflettendo.........avrà una visione distorta, incompleta, delle cause stesse. Un figlio (effetto di un padre) potrà forse arrivare a conoscere ed immedesimarsi completamente con il proprio padre ? Direi di no. Assai più naturale sarebbe il reciproco (il padre(La causa) che invece capisce e conosce meglio il figlio poichè figlio lo è stato!)."
Ora, finalmente, ho capito cosa intendevi dire, ma non sono affatto d'accordo.

***
Ed infatti, tu dai per scontato il concetto di "causa ed effetto" (interpretato in modo molto personale), senza considerare che,  storicamente, i significati attribuiti al termine "causalità", come noto, sono stati molteplici e differenti tra loro.
Anzi, come scrive Bruschi:  "A seconda delle circostanze storiche il concetto è stato a volte enfatizzato, a volte minimizzato o addirittura respinto; è sempre però sopravvissuto nella pratica della ricerca pur con accezioni diverse". 

***
A quanto mi risulta, volendo semplificare, le diverse interpretazioni possono essere ricondotte fondamentalmente a due filoni (sebbene siano riscontrabili al loro interno ulteriori, a volte sottili, distinzioni):
a)
Il primo filone di pensiero, assume il rapporto come una connessione in cui la causa è a tutti gli effetti il presupposto del determinarsi del suo effetto, la ragione determinante (Leibniz); il rapporto causale è quindi un rapporto logico-deduttivo, dove l'effetto segue inevitabilmente, è appunto deducibile dalla causa.
b)
In base al secondo filone, invece, la connessione non è altro che un rapporto empirico di successione costante ed uniforme; per cui a partire dalla causa l'effetto può essere unicamente previsto (talvolta si parla di «prevedibilità certa», ad esempio con Comte) ma non dedotto.
Ma, al riguardo, bisognerebbe aprire un altro TOPIC!

***
In ogni caso, a mio avviso, non è corretto dire che "il padre è causa del figlio", in quanto:
- semmai le "cause" del figlio sono, congiuntamente, il padre e la madre  e non il solo padre, che, da solo, non può fare un sega (o, al massimo, solo quella).
- in ogni caso, il padre e la madre  non costituiscono affatto la "causa" del figlio, bensì sono soltanto dei meri "fattori" generativi, nel ruolo di portatori di geni che si fondono nel figlio.
Quanto al fatto che i padri conoscano i figli meglio di quanto i figli possano conoscere i padri, mi sembra una affermazione alquanto anapodittica e discutibile.

***
Quanto alla tua seconda spiegazione, quella relativa allo "specchio", invece, non è stata sufficiente a chiarirmi del tutto ciò che volevi dire; per cui non sono affatto sicuro di aver veramente compreso il senso di ciò che hai scritto.
Ma ci provo! ;)

***
Forse, più che ad uno specchio vero e proprio, tu intendevi riferirti alla visione che abbiamo attraverso una finestra, quando teniamo accesa all'interno della stanza una lampada molto potente, nel qual caso:
- se fuori c'è il sole, riusciamo comunque a vedere l'esistenza "oggettiva" degli oggetti esterni;
- tale immagine, però, viene distorta dal riflesso "soggettivo" del nostro volto, che la deforma sovrapponendovisi sul vetro.
Cioè, se ho ben interpretato ciò che vuoi dire, il vetro della finestra:
- in parte consente la nostra percezione della realtà esterna;
-  in parte, invece, riflette la percezione che noi abbiamo di noi stessi.
Se era questo che intendevi dire, sono perfettamente d'accordo con te!

***
Io aggiungerei soltanto che:
- più è potente la lampada all'interno della stanza, e meno chiara diventa la visione di quello che c'è fuori;
- più riusciamo a ridurre la luce eccessiva all'interno della stanza, e più chiara ci diventa la visione di quello che è fuori (sebbene MAI perfetta).

***
E' anche vero che i riferimenti spaziali degli oggetti esterni al vetro, sono quelli reali, mentre quelli del nostro volto riflesso sono inverti da destra a sinistra; però, secondo me, tale considerazione "confonde" il ragionamento metaforico, più che chiarirlo.
Ed infatti, in ogni caso, sebbene un po' confusi dalla sovrapposizione dell'immagine del nostro volto, gli oggetti esterni mantengono SEMPRE, ai nostri occhi, i loro riferimenti spaziali reali; a nulla rilevando, al loro riguardo, che, invece, quelli del nostro volto riflesso, ai nostri occhi, siano invertiti da destra a sinistra.

***
Poi tu scrivi che lo "specchio", che io interpreto come "finestra": "...ha la caratteristica di mostrarci sia la realtà (le cause di ciò che siamo) che la nostra interpretazione di essa (gli effetti delle cause che hanno agito su di noi).
A questo punto mi trovo ancora in difficoltà, soprattutto trovando incomprensibile ciò che scrivi in parentesi; ed infatti, cosa diamine c'entrano, nella tua suggestiva metafora, le cause e gli effetti?
Secondo me, ammesso che effettivamente esista il "nesso di causalità", noi ne abbiamo una concezione troppo diversa per poterci capire del tutto.

***
A parte questo, però, sono d'accordo con te che noi non possiamo prescindere dal venir influenzati dai vari "idola" intrinseci alla nostra "coscienza" culturale e filogenetica; il che, però, non ci vieta affatto, sia pure con tale limite, di esprimere opinioni più o meno corrispondenti alla realtà oggettiva.

*** 
Se io ho capito almeno qualcosa del tuo pensiero, come spero,  vuol dire che tu sei stato bravo a chiarirlo!
Ma sta a te giudicarlo, non a me!

***
Un saluto! :)

anthonyi

Citazione di: Jacopus il 09 Febbraio 2020, 16:47:41 PM
... Penso che il rapporto sia reciproco. L'uomo senza le sue scoperte non sarebbe come lo conosciamo noi ora.
...
La coscienza è un processo che deriva in primo luogo dallo sviluppo culturale dell'uomo. Nel momento in cui ad esempio, vengono inventate le prime religioni, l'uomo inizierà a pensare e a pensarsi diversamente, perchè si sentirà portatore di conoscenze e di una missione che lo proietta in una dimensione che non è più solo quella della "vita nuda". penso che il riferimento alla coscienza sia sempre superindividuale, anche se un certo tipo di cultura cerca di fornircene una intepretazione diversa (e qui torniamo alla plasticità del cervello e alla sua influenzabilità dalla cultura umana).

Ciao Jacopus, non puoi usare l'effetto per spiegare la causa, il fatto che l'uomo interagisca a sistema con le sue scoperte non toglie che, per ragioni logiche, ed osservazioni empiriche, l'uomo era prima delle sue scoperte.
Lo stesso vale per l'"invenzione" delle religioni, chi le ha inventate? Le ipotesi possibili sono due:
O è stato l'uomo, un uomo che non era ancora condizionato dalle religioni, e quindi, bisogna spiegare perché e come, quell'uomo, dotato solo degli strumenti cognitivi che gli aveva dato la natura, ha "inventato" le religioni.
Oppure si è trattato di un condizionamento esterno da parte di altri esseri dotati di intelligenza (Perché le religioni sono strutture ordinate) di tipo spirituale o naturale.
Un saluto

Eutidemo

Citazione di: anthonyi il 09 Febbraio 2020, 16:10:44 PM
Citazione di: Eutidemo il 09 Febbraio 2020, 12:59:44 PM




***
Quanto a fare la classificazione tra esseri "coscienti" ed esseri "non coscienti", il discorso è un po' più complicato; in quanto, effettivamente, la "coscienza" sembra essere la sola componente della nostra intelligenza che risulta difficilmente spiegabile sulla base di logiche di sopravvivenza.
Ciò,  ammesso e non concesso che si tratti di qualcosa che esiste veramente (io ci credo, ma alcuni lo negano), e che sia possibile definirla in modo esauriente e condiviso.
Un saluto. :)

La coscienza io la definisco un "essere interiore", cioè un qualcosa di percettibile solo all'individuo che ne è portatore. Se un concetto come questo è nel nostro linguaggio questo vuol dire che ci sono stati almeno due esseri umani che hanno vissuto questa esperienza e, comunicando tra loro, hanno avuto bisogno di un concetto per esprimere questa esperienza. Tutti gli altri individui potrebbero benissimo averlo preso per beneficio d'inventario, credendoci o meno. Chi non crede che esista la coscienza in qualche essere umano, magari, è solo perché lui non ce l'ha, eternamente immerso nella miseria del materialismo.

Sono d'accordo con te: anche io la coscienza la concepisco  come un qualcosa di percettibile solo all'individuo che ne è portatore.  ;)

Jacopus

#35
Per Anthony. Sono un fautore di una evoluzione umana lenta e multifattoriale. Iniziare a porsi delle domande profonde da parte dei primi sapiens proveniva da una parte dalla complessità del suo SNC , dall'altra da una caratteristica ancora più unica, la nostra predisposizione a "immedesimarci" e di conseguenza imitare gli altri. Questa seconda qualità è ancora più cruciale. Basti pensare che il Neanderthal aveva un cervello più grande del nostro ma non aveva affinato questa qualità.
I primi tentativi di superare lo stato di natura erano relativi alla scoperta e uso di strumenti tecnologici. Non hanno subito permesso l'affiorare della coscienza, magari ci saranno voluti secoli, ma la tecnica avrà iniziato a interrogare i sapiens e questi interrogativi si sono moltiplicati una volta scoperto il linguaggio e la scrittura.
La coscienza si potrebbe dire che è incarnata nella nostra fisiologia e  non sarebbe così se non avessimo la laringe e il pollice opponibile. E questi sono elementi che hanno permesso, a partire dalla fisiologia, l'esplosione della cultura umana e l'esplosione di questa a porsi infinite domande, comprese quelle fondative. Queste credo, sono le cause reciprocamente interagenti, alla base della coscienza umana: un  certo tipo di struttura neurofisica, e la cultura umana, la quale non è, d'altro canto spiegabile, indipendentemente da quella conformazione fisica che  ci distingue.
Sono idee non del tutto  chiare neppure a me e quindi bene accette tutte le critiche sull'argomento.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

anthonyi

Citazione di: Jacopus il 11 Febbraio 2020, 08:50:38 AM
Per Anthony. Sono un fautore di una evoluzione umana lenta e multifattoriale. Iniziare a porsi delle domande profonde da parte dei primi sapiens proveniva da una parte dalla complessità del suo SNC , dall'altra da una caratteristica ancora più unica, la nostra predisposizione a "immedesimarci" e di conseguenza imitare gli altri. Questa seconda qualità è ancora più cruciale. Basti pensare che il Neanderthal aveva un cervello più grande del nostro ma non aveva affinato questa qualità.
I primi tentativi di superare lo stato di natura erano relativi alla scoperta e uso di strumenti tecnologici. Non hanno subito permesso l'affiorare della coscienza, magari ci saranno voluti secoli, ma la tecnica avrà iniziato a interrogare i sapiens e questi interrogativi si sono moltiplicati una volta scoperto il linguaggio e la scrittura.
La coscienza si potrebbe dire che è incarnata nella nostra fisiologia e  non sarebbe così se non avessimo la laringe e il pollice opponibile. E questi sono elementi che hanno permesso, a partire dalla fisiologia, l'esplosione della cultura umana e l'esplosione di questa a porsi infinite domande, comprese quelle fondative. Queste credo, sono le cause reciprocamente interagenti, alla base della coscienza umana: un  certo tipo di struttura neurofisica, e la cultura umana, la quale non è, d'altro canto spiegabile, indipendentemente da quella conformazione fisica che  ci distingue.
Sono idee non del tutto  chiare neppure a me e quindi bene accette tutte le critiche sull'argomento.

Ciao Jacopus, naturalmente tu sei libero di esprimere tutte le opinioni che vuoi. Io ho avuto una formazione che mi spinge a muovermi sempre con una certa correttezza metodologica.
I neuroni specchio non sono un'esclusiva umana, o addirittura del solo homo sapiens.
Il passaggio formale che fai tra neuroni specchio e comportamento imitativo è una verità relativa e neanche logicamente necessaria perchè per imitare un altro non hai bisogno di leggere quello che ha dentro, basta che vedi quello che fa.
Per te poi il comportamento imitativo è segno di cosa: Di intelligenza ? Di coscienza ? Per me di nessuna delle due, e anch'esso non è un'esclusiva umana: Sai che i gatti in casa tendono ad umanizzare e ad assumere comportamenti imitativi del padrone.
L'imitazione, poi, non spiega l'archetipo, cioè la prima volta in cui un certo comportamento si è manifestato e siamo sempre lì, a quel punto di partenza della civiltà/coscienza umana sulla quale le spiegazioni sono molto difficili.
Un saluto

Ipazia

Citazione di: anthonyi il 10 Febbraio 2020, 11:24:21 AM
... non puoi usare l'effetto per spiegare la causa, il fatto che l'uomo interagisca a sistema con le sue scoperte non toglie che, per ragioni logiche, ed osservazioni empiriche, l'uomo era prima delle sue scoperte.

La catena causale evolutiva è tale per cui l'effetto di una causa, anche occasionale (vedi incipit di "odissea nello spazio") produce un effetto che diventa causa di altri effetti a seguire. L'evoluzione, a differenza del creazionismo, funziona così.

CitazioneLo stesso vale per l'"invenzione" delle religioni, chi le ha inventate? Le ipotesi possibili sono due:
O è stato l'uomo, un uomo che non era ancora condizionato dalle religioni, e quindi, bisogna spiegare perché e come, quell'uomo, dotato solo degli strumenti cognitivi che gli aveva dato la natura, ha "inventato" le religioni.

Tra i tanti frizzi e lazzi evolutivi vi è pure l'autocoscienza, inclusa quella della morte che a sua volta genera il desiderio di una vita eterna. L'illusionalità umana è terra di succulente scorribande delle neuropsicoscienze. Mettiamoci pure la condizione sociopolitica privilegiata dei professionisti delle narrazioni religiose fin dai tempi delle latomie e della schiavitù e "les jeux sont faits".  Il tutto dimostrabile scientificamente e storicamente.

CitazioneOppure si è trattato di un condizionamento esterno da parte di altri esseri dotati di intelligenza (Perché le religioni sono strutture ordinate) di tipo spirituale o naturale.

Indimostrabile allo stato attuale delle prove provate. Quindi vince Ockham.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

anthonyi

Citazione di: Ipazia il 11 Febbraio 2020, 10:22:17 AM
Citazione di: anthonyi il 10 Febbraio 2020, 11:24:21 AM
... non puoi usare l'effetto per spiegare la causa, il fatto che l'uomo interagisca a sistema con le sue scoperte non toglie che, per ragioni logiche, ed osservazioni empiriche, l'uomo era prima delle sue scoperte.

La catena causale evolutiva è tale per cui l'effetto di una causa, anche occasionale (vedi incipit di "odissea nello spazio") produce un effetto che diventa causa di altri effetti a seguire. L'evoluzione, a differenza del creazionismo, funziona così.

CitazioneLo stesso vale per l'"invenzione" delle religioni, chi le ha inventate? Le ipotesi possibili sono due:
O è stato l'uomo, un uomo che non era ancora condizionato dalle religioni, e quindi, bisogna spiegare perché e come, quell'uomo, dotato solo degli strumenti cognitivi che gli aveva dato la natura, ha "inventato" le religioni.

Tra i tanti frizzi e lazzi evolutivi vi è pure l'autocoscienza, inclusa quella della morte che a sua volta genera il desiderio di una vita eterna. L'illusionalità umana è terra di succulente scorribande delle neuropsicoscienze. Mettiamoci pure la condizione sociopolitica privilegiata dei professionisti delle narrazioni religiose fin dai tempi delle latomie e della schiavitù e "les jeux sont faits".  Il tutto dimostrabile scientificamente e storicamente.

CitazioneOppure si è trattato di un condizionamento esterno da parte di altri esseri dotati di intelligenza (Perché le religioni sono strutture ordinate) di tipo spirituale o naturale.

Indimostrabile allo stato attuale delle prove provate. Quindi vince Ockham.

Ipazia, nell'evoluzione, un evento occasionale (Che va comunque spiegato, supposto, magari dimostrato) produce effetti generali se ci sono le condizioni di sopravvivenza evoluzionistica, e io devo ancora ascoltare degli argomenti che spieghino il vantaggio evoluzionistico di avere una coscienza interiore (Se vuoi però ti posso rappresentare qualche svantaggio).
Il privilegio dei sacerdoti, poi, non spiega perché tanti esseri umani materialmente razionali accettavano questo privilegio e invece di mangiarselo loro, il primo vitello partorito, lo andassero ad offrire al tempio.

Come puoi asserire che una cosa è indimostrabile, al limite può essere indimostrata, stiamo comunque parlando di eventi che si potrebbero essere realizzati nel nostro mondo materiale, quindi la metafisica non c'entra niente.

Un saluto

Ipazia

Citazione di: anthonyi il 11 Febbraio 2020, 12:38:30 PM
Ipazia, nell'evoluzione, un evento occasionale (Che va comunque spiegato, supposto, magari dimostrato) produce effetti generali se ci sono le condizioni di sopravvivenza evoluzionistica, e io devo ancora ascoltare degli argomenti che spieghino il vantaggio evoluzionistico di avere una coscienza interiore (Se vuoi però ti posso rappresentare qualche svantaggio).

Purtroppo non abbiamo il filmato dei primi stadi della coscienza razionale. Soltanto reperti che ci dicono quando si è passati dagli artigli e zanne a più potenti equivalenti artificiali (caro green, la tecnica è destino antropologico fin dall'inizio dell'avventura sapiens), che hanno avuto una indubbia funzione evoluzionistica portandoci in tempi geologici insignificanti all'apice della catena alimentare (virus permettendo).

Di (auto)coscienza umana ne conosco un solo tipo, avente a che fare con l'io tanto inviso a bobmax; ma nello specifico di quell'autocoscienza ci sta un potente io plurale (noi) che ha permesso il nostro successo evolutivo. Altrove non saprei dove andarne a cercare la causa.

CitazioneIl privilegio dei sacerdoti, poi, non spiega perché tanti esseri umani materialmente razionali accettavano questo privilegio e invece di mangiarselo loro, il primo vitello partorito, lo andassero ad offrire al tempio.

Non rendere ingiuria alla tua intelligenza: cosa vuoi sia un vitello di fronte alla promessa di un buon raccolto, vittoria in guerra, fine della peste e - soprattutto - vita eterna, o almeno qualche briciola di post mortem ? La razionalità ha i suoi tempi di maturazione, e quella opportunista matura più in fretta: i sacerdoti erano la crema ideologica del tempo e riscuotevano lo stesso successo dei nostri politicanti che da loro hanno tratto tutta la loro ingannevole scienza indottrinatrice. Che Parmenide, non certo l'ultimo arrivato, ponesse la persuasione all'apice del Bene, la dice lunga ...

CitazioneCome puoi asserire che una cosa è indimostrabile, al limite può essere indimostrata, stiamo comunque parlando di eventi che si potrebbero essere realizzati nel nostro mondo materiale, quindi la metafisica non c'entra niente.

Indimostrabile allo stato attuale delle prove provate. Se troveremo qualche astronave o ali di foggia inconsueta o messaggi in qualche bottiglia paleolitica, databili parecchie migliaia di anni fa, ne riparliamo. Fino ad allora comanda Ockham.
Un saluto
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

#40
Penso che dire che l'origine della vita a partire dalla materia inerte vita sia un evento assolutamente improbabile di per sé , o un evento che può divenire probabile ma solo a seguito di un intreccio assolutamente improbabile di concause coincidenti, non sposti il punto della questione di un millimetro: comunque la si metta, è un evento improbabile ;-)

Tale improbabilità mi fa pensare (e non solo a me, anche a un biologo famoso di cui non ricordo il nome) alla possibilità di universi multipli: più universi, più scimmie a lanciare i dadi, più scimmie a lanciare i dadi, più probabilità che esca sei per tot milioni di volte di seguito, cioè, fuor di metafora, che si verifichi un evento di per sé assolutamente improbabile, perché non si può "provare", cioè dare una possibilità a questo strano evento di verificarsi, solo nei milioni di pianeti del nostro universo, che già sono tanti, ma nei fantamilioni di fantatriliardi di pianeti di tutti gli universi esistiti in passato o esistenti oltre al nostro, che sono molti di più. Prima o poi, una scimmia lancia i dadi e ottiene sei per un milione di volte di seguito, è statistica, bisogna solo considerare quanto tempo e quanto spazio ha a disposizione per lanciarli, e il tempo e lo spazio solo del nostro universo potrebbero essere ridicolmente piccoli allo scopo, ma con altri universi per lanciare altri dadi, i conti potrebbero tornare.

Inoltre non per essere fantascientifici, ma la vita è una cosa che si espande e si riproduce, quindi se l'origine della vita dal nulla o dall'inorganico è rarissima, oltre una certa soglia di rarità stabilita per l'evento "vita spontanea di per sé rarissima" ne deriva sempre più necessariamente che  ogni singolo "evento vita"  ha molte più probabilità di essere "non-spontaneo", cioè simulato al computer o indotto artificialmente a vario titolo da extraterrestri. Noi diamo per scontato che ogni singola vita presente intorno a noi ha una probabilità elevatissima, prossima alla certezza, di essere derivata da altra vita, e una probabilità bassissima, prossima all'impossibilità totale, di essere sorta dal nulla o dalla materia inerte, ma non ragioniamo affatto così per "la vita in generale" o "la vita sulla terra", che invece la supponiamo sorta dal nulla, semplicemente perché non c'era altra vita a poterla generare, e immaginarla sorta da altra vita ci sembra dunque contraddittorio. Ma come la terra non ha una posizione nello spazio particolare, potrebbe non aver nulla di particolare rispetto alla probabilità dicotomica per ogni singolo evento-vita che la vita attualmente considerata sia spontanea/o indotta, ma allora dovremmo ammettere che ci sono due milioni di miliardi di probabilità che viviamo nel computer di un extraterrestre o che un extraterrestre ci abbia a vario titolo "creato" aumentando artificialmente la probabilità che sul nostro pianeta si sviluppasse la vita, e una probabilità su due milioni di miliardi di essere invece proprio noi la vita "spontanea" quella che si è creata "da sé" a partire dall'inorganico, senza avere nessuna vita precedente dietro.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

#41
"Uno studio del 2010 stima il numero di stelle dell'universo osservabile in 300.000 trilioni (3×1023), mentre uno studio del 2016 ipotizza che il numero totale di galassie nell'universo osservabile, comprese quelle troppo piccole per essere rilevate dagli attuali telescopi, sia di 2000 miliardi (2x1012)." WP

Moltiplicato per 13,8 miliardi di anni terrestri fa un numero di lanci di dadi capace di determinare anche l'impossibile. E' altrettanto vero che la vita, magari non con le astronavi ma in forme primordiali su un meteorite, potrebbe propagarsi anche per via esobiologica.

La vita biologica è un dato di fatto innegabile. Meglio nessuna ipotesi sulla sua origine che fingere ipotesi. La verità nol consente: tanto sul piano scientifico che etico. Piuttosto ricercare. E poi dimostrare.
.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

niko

#42
Citazione di: Ipazia il 12 Febbraio 2020, 14:07:30 PM
"Uno studio del 2010 stima il numero di stelle dell'universo osservabile in 300.000 trilioni (3×1023), mentre uno studio del 2016 ipotizza che il numero totale di galassie nell'universo osservabile, comprese quelle troppo piccole per essere rilevate dagli attuali telescopi, sia di 2000 miliardi (2x1012)." WP

Moltiplicato per 13,8 miliardi di anni terrestri fa un numero di lanci di dadi capace di determinare anche l'impossibile. E' altrettanto vero che la vita, magari non con le astronavi ma in forme primordiali su un meteorite, potrebbe propagarsi anche per via esobiologica.

La vita biologica è un dato di fatto innegabile. Meglio nessuna ipotesi sulla sua origine che fingere ipotesi. La verità nol consente: tanto sul piano scientifico che etico. Piuttosto ricercare. E poi dimostrare.
.


Il mio intervento era volto a far notare che ci sono persone che hanno studiato una vita queste cose, e ritiengono che il numero dei lanci possibili in un universo solo, sia pure milioni di miliardi di lanci, non basti a giustificare l'avvento della vita, per quanto sono complessi il dna e i vari meccanismi che mantengono l'integrità cellulare e per la conseguente assoluta improbabilità che questi meccanismi siano sorti per caso; e, onore a loro e alla scienza, anziché pensare a Dio e al progetto intelligente, hanno pensato agli universi multipli, una soluzione semplice e comoda, che permette di aumentare il "numero di lanci" possibili e quindi di concepire la non straordinarietà anche dei risultati più improbabili, senza necessità di ipotizzare un dio creatore o un'intelligenza a monte di qualsiasi tipo.

https://it.wikipedia.org/wiki/Eugene_Koonin

Sono poi assolutamente in disaccordo con te sulle conseguenze etiche, per me la mediocrità e la ripetizione/ripetibilità a distanza spaziale e temporale della vita (eoni cosmici come possibilità di ripetizione temporale, e universi ulteriori come possibilità di ripetizione spaziale), e anche la panspermia come ulteriore declinazione di una generale improbabilità di essere noi i primi e gli ultimi tra i viventi, sono fondamentali per costruire un'etica, o quantomeno un'etica che vada bene per me, nichlistica, antimetafisica ed eudaimonistica: niente mediocrità della vita niente eterno ritorno, niente eterno ritorno niente etica nel senso in cui la intendo io.

La non-straordinarietà statistica della vita, ben lungi dall'essere un fatto irrilevante, è la sua non-straordinarietà (e quindi ordinarietà) cosmica: l'ordine del mondo in cui siamo ci prevede e ci comprende in tutti i sensi, anche in senso probabilistico. E' nella non-straordnarità della vita che si deve trovare la continuità dell'oggetto vivente, che si deve risolvere la differenza tra vita e non vita.
Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Ipazia

L'etica (di base) sta nella differenza tra un'ipotesi e la sua dimostrazione. Etico è, quando non si hanno elementi per formulare ipotesi sulle cause, essendone comunque venuto a capo degli effetti, dire, come fece Newton sulla gravitazione universale: Hypotheses non fingo.

Prezioso atteggiamento etico che nella mediatizzazione dello show business bigscientifico mi pare stia soffrendo assai, e che i fedeli gradiscono ancor meno.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Concordo con Ipazia.

Etica è la fede nella Verità.
Una fede che non vuole ingannarsi in alcun modo.

Di modo che invece di fantasticare su progetti intelligenti o multi universi si dovrebbe a mio avviso accettare l'evidenza: siamo qui per caso.

Sì, il puro caso ha fatto in modo che io fossi qui, ora.

Il caso, che non ha niente a che fare con la probabilità, ma è semplicemente la manifestazione del Caos.

Che il Caos sia poi Amore dipende solo da me.
Da me, figlio del Caos.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Discussioni simili (5)