C'è qualcosa che non potremo mai conoscere?

Aperto da iano, 21 Marzo 2018, 03:56:08 AM

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iano

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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Jacopus

Non lo sappiamo ora ma continueremo la ricerca per saperlo. Questo direbbe l'uomo occidentale. Mentre l'uomo orientale accetterebbe l'inconoscibilita'.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

epicurus

E invece secondo me è proprio il contrario. Infatti, sappiamo che ci sono verità che non conosceremo mai. Ad esempio, le verità matematiche sono infinite, quindi sicuramente ci saranno infinite verità matematiche non conosceremo mai (anche senza introdurre i teoremi di Goedel).

baylham

Il conscio e l'inconscio, il tutto e il nulla, l'io e il non io, l'ignoranza e l'intelligenza, il soggetto e l'oggetto, il bene e il male, l'immanente e il trascendente, il caos e l'ordine, il caso e la necessità, il passato e il futuro, la felicità e l'infelicità, l'essere e il divenire, ...

Jacopus

Il contrario di cosa  Epicurus? Se vuoi dire che il pensiero occidentale si fonda sulla inconoscibilita' saresti smentito facilmente da secoli di storia. La contrapposizione fra il pensiero ellenistico fondato sulla conoscenza e pensiero orientale fondato sul misticismo e sull'eterna ripetizione della natura e' presente in una letteratura tanto vasta che mi sembrava di scrivere una banalita'.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

epicurus

Citazione di: Jacopus il 21 Marzo 2018, 10:48:35 AM
Il contrario di cosa  Epicurus?

La domanda è "C'è qualcosa che non conosceremo mai?". Iano ha detto che non sappiamo rispondere a questa domanda e che mai saremo in grado. Io, al contrario e come ho spiegato sopra, penso che la risposta la conosciamo eccome ed è affermativa.  ;)

Assenzio

Io non sono molto d'accordo, perché noi possiamo conoscere solo ciò che possiamo pensare, se qualcosa non è pensabile vuol dire che non è possibile. Se poi ti riferisci alle particolarità di qualcosa di cui abbiamo un concetto allora ci sono infinite cose che non conosceremo nell'immediato, ma come dice Jacopus continueremo la ricerca.

epicurus

Citazione di: Assenzio il 21 Marzo 2018, 11:23:34 AM
Io non sono molto d'accordo, perché noi possiamo conoscere solo ciò che possiamo pensare
"ciò che possiamo pensare" è un concetto un po' oscuro. Sotto un certo punto di vista noi non riusciamo a pensare (a farci un'idea chiara in testa) della meccanica quantistica, ma stiamo comunque aumentando sempre più le nostre conoscenze su di essa. Inoltre, potremmo dire che la nostra capacità di concettualizzazione non è immutabile ma, anzi, evolve con l'evolvere delle nostre conoscenze: più conosciamo più le nostre capacità di immaginare e concettualizzare aumentano.

Citazione di: Assenzio il 21 Marzo 2018, 11:23:34 AM
se qualcosa non è pensabile vuol dire che non è possibile.
Concetto estremamente controverso. Comunque mi pare che ci porterebbe offtopic.

Citazione di: Assenzio il 21 Marzo 2018, 11:23:34 AMSe poi ti riferisci alle particolarità di qualcosa di cui abbiamo un concetto allora ci sono infinite cose che non conosceremo nell'immediato, ma come dice Jacopus continueremo la ricerca.
Ma certo, probabilmente la nostra conoscenze non ha un limite preciso (sempre che l'intera razza umana non si estingua), ma comunque le verità sono in numero infinito, quindi sicuramente non le conosceremo mai tutte.

Jacopus

Effettivamente ci sara' sempre qualcosa che non conosceremo ma nulla che non conosceremo mai. Almeno finche' restera' attiva la cultura occidentale ci sara' sempre lo sforzo di conoscere l'inconoscibile. Volevo allargare il discorso poiche' la domanda iniziale da luogo a interpretazioni e ad ambiguita', come ogni discorso umano del resto.
In fondo e' un discorso di filosofia pratica. Cosa dobbiamo fare con cio' che non conosciamo? Quali sono gli strumenti del conoscere? A che scopo conoscere?
Il rischio di accettare l'inconoscibilita' e' il rischio della sottomissione al potere altro (politico o di natura). Il rischio di sfidarlo e' di distruggere la stessa vita nel nome della tecnica.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

viator

Salve. La struttura della conoscenza è semplice.
Esiste il noto.
Quindi esiste l'ignoto.

L'ignoto a sua volta consiste in :

L'ignoto sconosciuto ma che diventerà noto in futuro.
L'ignoto sconosciuto che resterà sconosciuto.

L'ignoto sconosciuto che resterà tale a sua volta si divide in :

L'ignoto che avremmo potuto conoscere ma che non riusciremo a conoscere.
L'ignoto che non avremmo potuto conoscere e che non potremo conoscere.

Per comprendere ciò a livello pratico è sufficiente conoscere il principio di indeterminazione : nel mentre noi stiamo cercando di osservare/conoscere qualcosa, quella cosa è già cambiata. (i tempi material-fisiologici della nostra percezione e del nostro processo di apprendimento non ci permettono di ottenere la contemporaneità tra l'evento ed il nostro apprezzamentodi esso).

Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

sgiombo

Citazione di: Jacopus il 21 Marzo 2018, 11:47:39 AM
Effettivamente ci sara' sempre qualcosa che non conosceremo ma nulla che non conosceremo mai. Almeno finche' restera' attiva la cultura occidentale ci sara' sempre lo sforzo di conoscere l'inconoscibile
CitazioneMa resterà sempre qualcosa di sconosciuto, qualcosa che non conosceremo mai.

A meno di non farneticare "occidentalisticamente" di immortalità (durata infinita nel tempo) della specie umana; oltre che di sua onniscienza e magari pure di onnipotenza: tipiche farneticazioni scientistiche -ergo: irrazionalistiche- molto tipicamente "occidentali".

Volevo allargare il discorso poiche' la domanda iniziale da luogo a interpretazioni e ad ambiguita', come ogni discorso umano del resto.
In fondo e' un discorso di filosofia pratica. Cosa dobbiamo fare con cio' che non conosciamo? Quali sono gli strumenti del conoscere? A che scopo conoscere?
Il rischio di accettare l'inconoscibilita' e' il rischio della sottomissione al potere altro (politico o di natura). Il rischio di sfidarlo e' di distruggere la stessa vita nel nome della tecnica.
CitazioneQui concordo.

bobmax

Secondo me, il "qualcosa" è già per definizione ciò che può essere "conosciuto".
Il nostro stato è infatti "esserci", ossia scissione originaria soggetto/oggetto.
 
Il soggetto e l'oggetto sono sempre compresenti, concretamente o idealmente non importa. E ciò che c'è è sempre un oggetto, ossia un qualcosa. Ad esclusione del soggetto, che mai può essere ricondotto a oggetto: ogni tentativo di oggettivarlo si traduce in un "qualcosa" che non è il soggetto.
 
Il "conoscere" consiste sostanzialmente nell'oggetto stesso. Ossia l'oggetto altro non è che la conoscenza che se ne ha. Perciò nei limiti di questa conoscenza, al punto che l'oggetto in sé ci è irraggiungibile.
 
Di modo che ipotizzare qualcosa che non sarà mai conosciuto è, a mio avviso, una contraddizione.
 
Ben diverso sarebbe, a mio parere, domandare riguardo alla ricomposizione della scissione soggetto/oggetto. Cioè rivolgerci dal nostro "esserci" all'"essere".
In questo caso potremmo ben affermare l'impossibilità di conoscere l'essere. In quanto lo stesso conoscere necessita dell'esserci.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata. Tu eri con me, mentre io ero lontano da te.

Suttree

Citazione di: iano il 21 Marzo 2018, 03:56:08 AM
Non possiamo saperlo.
Eccone una.

Forse la domanda giusta è: c'è qualcosa che possiamo davvero dire di conoscere?

Apeiron

#13
Citazione di: epicurus il 21 Marzo 2018, 10:08:14 AM
E invece secondo me è proprio il contrario. Infatti, sappiamo che ci sono verità che non conosceremo mai. Ad esempio, le verità matematiche sono infinite, quindi sicuramente ci saranno infinite verità matematiche non conosceremo mai (anche senza introdurre i teoremi di Goedel).


Concordo  :)

visto che le cose da conoscere sono illimitate e la vita è limitata... siamo costretti a scegliere cosa conoscere e cosa trascurare. In realtà è molto importante tenere a mente che non possiamo conoscere tutto (ad esempio la cosa in teoria ci rende più umili, più aperti, più prudenti*...).

"prudenti" visto che dobbiamo scegliere cosa conoscere
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Phil

Il "mai" perentorio della domanda sembra voler dissuadere dal ragionare su scala temporale (usando i "non ancora", "per adesso", etc.").
Il "conoscere" a cui si riferisce l'interrogativo è invece tipicamente umano, e rimanda all'identificazione dell'oggetto della conoscenza, identificazione in cui il soggetto crea e scopre allo stesso tempo (in una sorta di "ventriloquismo" della ricerca, che parla attraverso l'oggetto più che dell'oggetto): il solito problema dell'identità (o meglio, se non erro, del "principio di arbitrarietà mereologica" di cui parla il "collega" Sgiombo). Per conoscere qualcosa devo infatti identificarlo, e ponendo la sua identità (arbitrariamente e concettualmente) lo "invento" nel conoscerlo (le dita con cui sto scrivendo non esistono "autonomamente", sono un'arbitraria identificazione astratta di una parte del mio corpo; una volta inventato il concetto di "dito" posso identificare/conoscere il pollice, l'anulare, etc. prima non esistevano concettualmente, quindi materialmente erano indistinti, senza identità).

La parola più pericolosa della domanda è "qualcosa", che spalanca un campo infinito di possibili ambiguità e sofismi: 
- per definizione, non potrò mai conoscere l'inconoscibile (e non chiedetemi cosa intendo per "inconoscibile", perché per dirvelo dovrei conoscerlo almeno un po', e allora non sarebbe davvero l'inconoscibile  ;)  )
- plausibilmente, per chi crede in un post mortem, non si potrà mai conoscere da vivi cosa c'è (se c'è) dopo la morte (ha senso, per costoro, parlare di conoscenza da parte di "qualcuno" anche dopo la morte del suo corpo fisico? Suppongo per alcuni, si, per altri, no...)
- probabilmente non conoscerò mai cosa significa "vivere da mosca", perché se anche venissi proiettato dentro un corpo da mosca, ma ragionando ancora da umano, non ne avrei l'esperienza "moscosa" che ne ha una mosca autentica... e se ne avessi invece l'esperienza autentica da mosca, allora non avrei la consapevolezza cognitiva del dire "ah, ecco allora come si vive da mosca!" (perché per essere una mosca autentica, dovrei perdere la mia memoria da uomo dello stato pre-mosca... inoltre, non sono affatto sicuro che una mosca faccia pensieri esistenziali... e forse questa è un'altra cosa che non sapremo mai con certezza  ;D ).
- non sapremo mai cosa succederà dopo la definitiva estinzione della razza umana, perché, se anche viaggiassimo nel tempo, nel momento in cui arrivassimo nel futuro post-estinzione, la nostra stessa presenza non renderebbe più la razza umana "definitivamente estinta", essendone noi (indegni) rappresentanti...
- inoltre, come già osservato da iano, verificare qualcosa di durata infinita (il "mai" assoluto) è impossibile, perché tale verifica andrebbe fatta in un tempo ulteriore al "mai" (il che è concettualmente impraticabile, essendo il "mai" della domanda inteso come eterno...).

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