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Buddhismo

Aperto da acquario69, 16 Febbraio 2017, 04:59:05 AM

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green demetr

Citazione di: Apeiron il 20 Dicembre 2017, 09:58:44 AM
Grazie Sari  ;)

Certamente è un approccio molto pragmatico che ha moltissimi pregi. Mi era venuta questa perplessità considerando l'eventualità di un "inizio" del samsara però come ben dici tu farci una teoria sopra è "pura speculazione"  ;)

Direi invece di no.

Infatti a meno che non si intenda speculazione nel senso di un annoiato raccontarsi barzellette.

la speculazione sul vuoto, non può che portare a forme di avvicinamento al DIO.

poichè se il vuoto è ciò che a noi compare come DIO; allora vi è una strada speculare, il nobile silenzio, di attestazione di come noi siamo lo specchio, lo speculum, la speculazione di questo essere qualcosa che vuole tornare al niente, perchè sà di essere qualcosa.(sembra un paradosso, ma se uno ci medita o ci ragiona a fondo non lo è affatto, una volta vista l'orizzonte e la meta)

Vi è una immensa saggezza, che solo chi ha praticato meditazione come me, riesce a capire, abbastanza rapidamente. (gli altri si armino di pazienza).

Infatti cosa è la meditazione se non la riflessione sui metodi di de-sogettivazione, fino a raggiungere l'animus del MONDO, che si presenta come VUOTO.

Ho già spiegato che questa sensazione è terrificante. Perchè se lo fai con dedizione e ingenuità come ancora bambino feci, ti arrischi in territori pericolosi.

Per questo c'è bisogno del maestro, qualcuno che ti insegni a come prendersi cura di se stessi.

(è alle note della cronaca come alcuni santoni siano chiaramente invasati, e come altri invece abbiamo un carisma difficile da trovarsi in occidente.).

Certamente la via mediana, ossia mediata delle comunità buddiste, serve anche a quello.
Ma è come una via media ad una via media che però è in sè terribile.

Vi trovo molte assonanze con la mia esperienza induista. Grazie.


Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

#196
Caro Green, sollevi molti punti interessanti su cui anche io ho riflettuto parecchio in realtà. E sono giunto alla conclusione che in un certo senso la "Realtà Ultima" "pare" essere il Nulla... anzi usando la lingua inglese è "no-thing" (= non è una cosa) ma "it is not nothing" (non è il niente). C'è una sottile differenza tra le due, che a mio parere giustifica frasi come (da https://www.canonepali.net/2015/05/mn-72-aggi-vacchagotta-sutta-vacchagotto-2/):
"redento ad ogni attaccamento il Compiuto (Tathagatha) è quindi profondo, immensurabile, imperscrutabile, quasi come l'oceano. Dire 'risorge' quindi non va, 'non risorge' non va, 'non risorge né non risorge' non va.""
" Perciò Anuradha – quando non puoi conoscere, in questa esistenza, il Tathagata come realmente è – è retto fare queste affermazioni:'Amici, il Tathagata – il supremo, il magnifico, l'eccelso – viene descritto con queste quattro caratteristiche: il Tathagata esiste dopo la morte, non esiste dopo a morte, esiste e non esiste dopo la morte, né esiste né non esiste dopo la morte?'" (https://www.canonepali.net/2015/06/sn-22-86-anuradha-sutta-per-anuradha/)
"Questo è stato detto dal Beato, è stato detto dall'Arahant, e così ho sentito: "Vi è, monaci, un non-nato — non-divenuto — non-creato — non-formato. Se non ci fosse il non-nato — non-divenuto — non-creato — non-formato, non ci sarebbe alcuna conoscenza della liberazione da ciò che è nato— divenuto — creato — formato. Ma poiché vi è un non-nato — non-divenuto — non-creato — non-formato, vi è la conoscenza della liberazione da ciò che è nato— divenuto — creato — formato."
Ciò che è nato, divenuto, prodotto,
creato, formato, impermanente
composto da nascita e morte,
nido di malattie, soggetto a perire,
che dipende dal nutrimento
e la guida [cioè la brama] —
non può portare alla gioia.
L'unica salvezza
è
calma, permanente
("dhuva")
oltre il comune ragionare,
non-nata, non-prodotta,
priva di sofferenza, senza macchia,
la cessazione di tutte le sofferenze,
la felicità che
placa ogni coefficiente.
." (https://www.canonepali.net/2015/06/itivuttaka-la-sezione-delle-coppie/)
e potrei trovarne altre.

Nonostante ciò ti posso fare un esempio di un monaco buddhista che ha affermato di essere un Sotapanna* ("primo grado del risveglio") che ha affermato che termini come "non-nato" non sono referenziali, bensì significano "libertà dalla nascita" e così via. Ergo Nirvana=Non-Esistenza e non "il vuoto quantistico". E non è l'unico. Termini come "dhuva" vengono intesi come "irreversibile" e non "permanente". E così via. Ragionando con me stesso mi sono dunque chiesto: come può una persona interessata alla spiritualità pensarla in questo modo? Semplice: pensa di aver capito che è da "tempo immemore" che nasci, soffri e muori, rinasci, ri-soffri e ri-muori, a questo punto qualsiasi cosa che ti libera da questo "inferno" ti va bene. Un po' come Prometeo che è stato condannato da Zeus  per l'eternità ad essere torturato da un'aquila che gli mangia il fegato (che ogni notte ricresce) certamente "preferirebbe" riuscire a "non-esistere". Allo stesso modo la compassione la si ha perchè l'altro soffre, non perchè l'altro ha "valore intrinseco" ecc. Le attività "nobili" del samsara non sono nobili, ma non hanno valore intrinseco. Ergo: siccome "tutto è vano" allora è meglio "la non-esistenza". Fai conto che questa "saggia" interpretazione si ben accorda con le metafore del "fuoco estinto", "ogni cosa è senza sostanza" ecc. Una interpretazione simile con ad esempio l'unione con Brahman non è possibile, in quanto per quanto "non sia una cosa" (no-thing) e per quanto "l'essere non è un essere (being is not a being)" comunque (nirguna) Brahman "è la Realtà".  

Come la vedo io è ben diversa, invece. Non è che le cose del samsara siano solo "vane". Hanno anche un valore positivo. Però non sono il "Summum Bonum" ed ergo termini come "non-nato" sono referenziali, sono aggettivi. Ma questo significa attribuire al Nirvana una "realtà" molto simile a quella di "nirguna Brahman", Dao ecc. Solo così si viene salvati dal nichilismo, ovvero vedere anche nelle cose un valore "positivo" e non solo "negativo", in modo che "Nirvana" non sia la "mera estinzione". Anzi è la realtà più autentica e "reale" ma a differenza di Dao, Brahman, l'Uno platonico ecc non è in rapporto "causale" (in un certo senso) con le "cose" [e questo è un altro punto che mi disturba parecchio, personalmente ho capito che sono un "platonico" in un certo senso, peccato che l'Accademia è estina ecc ecc]. Inoltre anche la stessa dottrina dell'anatta mi da molte perplessità. Solitamente non capisco cosa è un animale realizzando che "ogni animale non è una pianta", capisco l'animale in quanto animale, non in quanto non essere pianta. Allo stesso modo "sabbe dhamma anatta" (ogni cosa è priva di sostanza) non mi dice "la natura della realtà". Ovviamente c'è anche qui un'interpretazione nobile, ovvero l'interpretazione apofatica ovvero che "la realtà trascende ogni concettualizzazione". Anche lo stesso fatto che il Nirvana non ha rapporto causale è molto interessante, anche se non mi convince. Come vedi il buddhismo mi affascina ma non mi convince, ho troppe questioni su cui non sono d'accordo. Ho un rapporto che non so nemmeno spiegare con il buddhismo.

Ma si può andare anche oltre e pensare alla Mente Luminosa (ad esempio: https://suttacentral.net/it/iti27). Ovvero che la nostra mente non è "nata nel peccato" bensì è di per sè "pura" e "luminosa". I Mahayana hanno sottolineato questo aspetto del buddhismo, ovvero che Prajna e Metta/Karuna si rafforzano l'una con l'altra e che la mente è naturalmente luminosa ma è "oscurata" dagli inquinanti. Tolti gli inquinanti la Mente diventa Luminosa, irradia compassione verso tutti gli esseri viventi (idea che in parte è presente nel Canone Pali, vedi citazione sopra). Il Nirvana stesso comincia a somigliare ad un "tipo" di questa mente luminosa: anzi la mente più pura in assolutamente. Il "fuoco estinto" in sostanza non ha smesso di esistere, ma è nel suo "stato naturale", per così dire. A questo punto però se il Nirvana è una forma di "mente" che differenza c'è con l'Atman/Atta induista? E in questo periodo è proprio questo aspetto della mente luminosa che mi attrae di più, credo che ciò sia dovuto al fatto che avendo io "studiato troppo" comincio a vedere che la conoscenza non è sufficiente se non c'è la "mente luminosa", ovvero la (giusta) relazione con l'altro, l'irradiamento di "metta" ecc.

Riguardo alla fisica. Anche qui c'è molta discussione su come interpretare il "vuoto quantistico". Alcuni ritengono che sia una "vuota" non esistenza. Altri invece ritengono che sia qualcosa di "reale". Le particelle sono "eccitazioni" dei campi e una volta "estinte" le particelle...  ;D sono proprio questi "collegamenti" tra la filosofia indiana (e in minor parte greca e cinese) che mi sorprendono. Incredibile come idee che hanno avuto origine con l'introspezione tornano. E devo dire che a differenza di moltissimi altri fisici per me "il vuoto" è tutt'altro che la non-esistenza  ;)



*Ci si può chiedere se un "sotapanna" abbia davvero la comprensione completa del Nirvana (sul fatto che i sotapanna possono abbiano o meno una conoscenza infallibile di "cosa sia" il nirvana chiedo lumi al Sari...). Anche perchè questa interpretazione negativistica non è condivisa, da quanto ho capito, nell'Abhidhamma e nei commentari per quanto riguarda la filosofia Theravada, nella filosofia Cittamatra e forse anche in quella Madhyamaka in quella Mahayana. Il monaco a cui mi riferisco è citato qui (https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=22421) ovvero Nanavira, ex-ufficiale inglese che ha dichiarato di essere sotapanna. Nella sua visione nirvana e non-esistenza sono la stessa cosa - il che ci induce a chiederci su come questo monaco interpretava frasi come "redento ad ogni attaccamento il Compiuto (Tathagatha) è quindi profondo, immensurabile, imperscrutabile, quasi come l'oceano".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#197
Citazione di: green demetr il 22 Dicembre 2017, 23:33:03 PM
Citazione di: Apeiron il 20 Dicembre 2017, 09:58:44 AMGrazie Sari ;) Certamente è un approccio molto pragmatico che ha moltissimi pregi. Mi era venuta questa perplessità considerando l'eventualità di un "inizio" del samsara però come ben dici tu farci una teoria sopra è "pura speculazione" ;)
Direi invece di no. Infatti a meno che non si intenda speculazione nel senso di un annoiato raccontarsi barzellette. la speculazione sul vuoto, non può che portare a forme di avvicinamento al DIO. poichè se il vuoto è ciò che a noi compare come DIO; allora vi è una strada speculare, il nobile silenzio, di attestazione di come noi siamo lo specchio, lo speculum, la speculazione di questo essere qualcosa che vuole tornare al niente, perchè sà di essere qualcosa.(sembra un paradosso, ma se uno ci medita o ci ragiona a fondo non lo è affatto, una volta vista l'orizzonte e la meta) Vi è una immensa saggezza, che solo chi ha praticato meditazione come me, riesce a capire, abbastanza rapidamente. (gli altri si armino di pazienza). Infatti cosa è la meditazione se non la riflessione sui metodi di de-sogettivazione, fino a raggiungere l'animus del MONDO, che si presenta come VUOTO. Ho già spiegato che questa sensazione è terrificante. Perchè se lo fai con dedizione e ingenuità come ancora bambino feci, ti arrischi in territori pericolosi. Per questo c'è bisogno del maestro, qualcuno che ti insegni a come prendersi cura di se stessi. (è alle note della cronaca come alcuni santoni siano chiaramente invasati, e come altri invece abbiamo un carisma difficile da trovarsi in occidente.). Certamente la via mediana, ossia mediata delle comunità buddiste, serve anche a quello. Ma è come una via media ad una via media che però è in sè terribile. Vi trovo molte assonanze con la mia esperienza induista. Grazie.

Nella filosofia Cittamatra (Yogacara) e secondi molti maestri della Tradizione della Foresta Thailandese - per quanto ho capito - il Nirvana è una mente "luminosa" che ha trasceso il "soggetto" e l'"oggetto". In un certo senso è una sorte di "morte" perchè il soggetto non esiste più, però non è il nulla ("nothing"), quanto non è una cosa ("no-thing").

"Così se ci fosse una casa con un tetto o una sala con un tetto che abbia finestre a nord, a sud o ad est. Quando il sole sorge, ed un raggio entra dalla finestra, dove si stabilisce? "
"Sul muro di ponente, signore."
"E se non c'è muro di ponente, dove si stabilisce? "
"Sul pavimento, signore."
"E se non c'è pavimento, dove si stabilisce? "
"Sull'acqua, signore."
"E se non c'è acqua, dove si stabilisce? "
"Non si stabilisce, signore."

"Allo stesso modo, dove non c'è desiderio per il nutrimento di cibo fisico, dove non c'è piacere, nessuna brama, allora la coscienza non si stabilisce e non cresce. Dove la coscienza non si stabilisce, il nome e la forma non si sviluppano. Dove il nome e la forma non si sviluppano, non c'è nessuna crescita delle predisposizioni karmiche. Dove non c'è crescita delle predisposizioni karmiche, non si genera il divenire per una nuova rinascita. Dove non si genera il divenire per una nuova rinascita, non c'è nascita , vecchiaia e morte. Quindi, vi dico, nessun dolore, afflizione o disperazione." (https://www.canonepali.net/2015/05/sn-12-64-atthi-raga-sutta-dove-ce-avidita/)
Qui la mente è paragonata ad un raggio di luce ("mente luminosa"...). Quando ha attaccamenti e avversioni è come il raggio di luce che si stabilisce su una superficie. Viceversa quando non ha attaccamenti (attenzione: "non-attaccamento" non significa non amare ma anzi è vista come la forma più pura e autentica di amare) e avversioni è come il raggio di luce che non si stabilisce, libero. Chiaramente il raggio di luce "esiste".  Quindi sì ci sono ovvie somiglianze con l'induismo.

Riguardo al punto di vista esperienziale concordo che in genere la spiritualità è sia positiva che terrificante. Infatti è legata al senso del "numinoso" (ad esempio come diceva Otto) che è simile al "sublime" di Schopenhauer. La spiritualità, Dio, il Nirvana, la dissoluzione dell'io non sono solo piacevoli ma fanno anche paura. E cercare essi - con pazienza e dedizione - è un rischio oltre che un motivo di isolamento. E il "fallimento" è possibile, purtroppo. Ad ogni modo l'interpretazione apofatica del buddhismo e aggiungo l'interpretazione "non orotodossa" (?) del Nirvana come un tipo speciale di "discernimento (vijnana) senza alcun oggetto", ovvero come una mente senza oggetto né soggetto rendono molto simile il buddhismo alle tradizioni non-duali dell'induismo, del daoismo e in parte anche alla filosofia platonica (anzi il buddhismo Mahayana è esplicitamente non-duale...). Di certo visto che l'idea torna, secondo me è un chiaro segno che la realtà è "oggettivamente" così.

Comunque quelle che ho espresso sono solo una parte delle mie perplessità sul buddhismo (e alcune di esse si possono anche applicare all'induismo e ad altre tradizioni). Però non c'entrerebbero molto con questa discussione sul "vuoto" ;)

Anzi in tutto questo vorrei far notare che nel cristianesimo "giovanneo" (ovvero Vangelo secondo Giovanni e prima lettera di Giovanni, ad esempio), "luce" e "agape" sono molto connessi. E si arriva a dire "Dio è agape", che Gesù porta la luce ecc. CI deve essere qualcosa di vero in tutto questo, che non dipende dal condizionamento sociale, a differenza di quanto il "relativismo culturale" afferma ;)

P.S. [Off-topic per Green] Platone non è per nulla dogmatico... d'altronde il successore alla guida dell'Accademia Platonica, Speupippo ha rifiutato l'identificazione tra la Realtà Suprema e il Bene e anche molte caratteristiche dell Forme attribuite da Platone stesso. Era un ambiente molto vivace in cui si discuteva della filosofia e si rifiutavano spesso le opinioni del maestro ecc. Il contrario del dogmatismo, insomma ;) [lo scrivo qui e non nel topic che hai aperto sulla orizzontalità e verticalità perchè in quel topic ho poche cose da dire (per ora) e non volevo fare un post inutile su una frase che hai scritto. Secondo me la nostra convinzione che Platone e Aristotele fossero "chiusi" nasce dal fatto che in troppi li hanno presi come tali. Tant'è che Platone ha scritto solo dialoghi e lettere, ovvero le cose meno sistematiche che si possono scrivere. Segno, secondo me, di apertura al dialogo e alla dialettica. Di certo il Socrate (ma anche molti altri personaggi) dei dialoghi platonici non mi sembra uno che "predica" bensì uno che indaga sulla realtà con i suoi interlocutori. Viceversa per esempio un Buddha sa già la realtà delle cose e le spiega agli altri... non è una ricerca fatta assieme, ma un maestro che ceerca di "dire la sua verità". Sinceramente in nessuno dei dialoghi platonici vedo una chiusura alle obiezioni, alle correzioni delle teorie ecc vedo semmai una sforzo condiviso per raggiungere la comprensione delle cose ;) anzi e molto spesso l'idea che ho avuto è che molte "dottrine" siano considerate "ipotesi" sulla realtà. Ergo: non confondiamo la chiusura dei "seguaci" (tra l'altro nati secoli o millenni dopo) con il comportamento dei "maestri" ;) ]
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

@Apeiron scrive:
Riguardo alla fisica. Anche qui c'è molta discussione su come interpretare il "vuoto quantistico". Alcuni ritengono che sia una "vuota" non esistenza. Altri invece ritengono che sia qualcosa di "reale". Le particelle sono "eccitazioni" dei campi e una volta "estinte" le particelle...   sono proprio questi "collegamenti" tra la filosofia indiana (e in minor parte greca e cinese) che mi sorprendono. Incredibile come idee che hanno avuto origine con l'introspezione tornano. E devo dire che a differenza di moltissimi altri fisici per me "il vuoto" è tutt'altro che la non-esistenza  

"Il vuoto è l'assenza del pieno?", chiese un monaco.
"Non precisamente" disse Joshu. "Il vuoto è una doppia assenza".
"Che vuoi dire?".
"L'assenza del vuoto è l'assenza dell'assenza", disse Joshu. **

 Ragionando con me stesso mi sono dunque chiesto: come può una persona interessata alla spiritualità pensarla in questo modo? Semplice: pensa di aver capito che è da "tempo immemore" che nasci, soffri e muori, rinasci, ri-soffri e ri-muori, a questo punto qualsiasi cosa che ti libera da questo "inferno" ti va bene. Un po' come Prometeo che è stato condannato da Zeus  per l'eternità ad essere torturato da un'aquila che gli mangia il fegato (che ogni notte ricresce) certamente "preferirebbe" riuscire a "non-esistere". 


Un monaco chiese: "Quante vite mi sono rimaste?".
"Tu non hai molte vite", disse Joshu, "tu sei molte vite".
"Questo significa che non le ho perdute?".
"Non puoi perdere quel che sei", disse Joshu.

@Green demetr scrive:
Infatti cosa è la meditazione se non la riflessione sui metodi di de-sogettivazione, fino a raggiungere l'animus del MONDO, che si presenta come VUOTO.
Ho già spiegato che questa sensazione è terrificante. Perchè se lo fai con dedizione e ingenuità come ancora bambino feci, ti arrischi in territori pericolosi.

@Apeiron commenta:
Riguardo al punto di vista esperienziale concordo che in genere la spiritualità è sia positiva che terrificante. Infatti è legata al senso del "numinoso" (ad esempio come diceva Otto) che è simile al "sublime" di Schopenhauer. La spiritualità, Dio, il Nirvana, la dissoluzione dell'io non sono solo piacevoli ma fanno anche paura.

Un praticante chiese a Joshu:
"Dimmi, maestro, perché mi sento così solo la notte? Ho la sensazione che solo la morte mi guardi":

E Joshu: "Tu non sei solo, tu sei nel cuore del mondo".
"Ma sono nel cuore del mondo, come dici tu" fece quello, "proprio perché sono solo, e questo è terribile".
"Tu non ami le cose terribili?" , disse Joshu. **

@Green demetr scrive:
(è alle note della cronaca come alcuni santoni siano chiaramente invasati, e come altri invece abbiamo un carisma difficile da trovarsi in occidente.).

Come è vero!  :(  :) 

@Apeiron chiede al Sari:
Ci si può chiedere se un "sotapanna" abbia davvero la comprensione completa del Nirvana (sul fatto che i sotapanna possono abbiano o meno una conoscenza infallibile di "cosa sia" il nirvana chiedo lumi al Sari...).

"Quando potrò comprendere che cos'è il Nirvana?", chiese un monaco.
"Quando cesserai di essere nel Samsara ", disse Joshu.
"Ma allora sarò già per questo nel Nirvana?", proseguì il monaco.
"No, sarai ancora nel Samsara ", disse Joshu.
"Ma tu hai detto che dovrò cessare di essere nel  Samsara per comprendere il Nirvana?", insistette quello.
"Infatti". **

Buon Natale a tutti !... :)

**  tratto da "Pensare il Buddha" di F. Masini.
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

@Sari, il fatto che da un punto di vista buddhista chi ha ottenuto la "corrente" non è "inerrante" nella sua comprensione della dottrina è qualcosa di molto liberante, ovvero lascia la possibilità che scuole buddhiste diverse (poniamo ad esempio Theravada e Dzogchen per esempio) riescono a condurre al risveglio anche se le dottrine sono chiaramente diverse. Così posso pensare che Nanavira abbia veramente ottenuto lo stadio di Sotapanna anche se magari il suo rifiuto dell'Abhidhamma, del Milindapanha e del Visuddhimaggha erano basati su un errore di comprensione. O viceversa se Nanavira nella sua interpretazione "nichilista" ha fatto giusto ciò non toglie che per esempio un buddhista che crede nella "Natura di Buddha" non possa arrivare ad "entrare nella corrente". Personalmente se il buddhismo è "vero" sono più propenso a considerare che differenti interpretazioni conducano alla "meta". Altrimenti il buddhismo diventa una sorta di "gnosticismo" in cui solo chi ha una particolare interpretazione "vince". Se, poniamo, Nanavira ha descritto l'unica "visione giusta" allora possiamo cestinare tutta la letteratura dei commentari Theravada e i Mahayana dovrebbero essere "cestinati". Oppure se l'unica letteratura giusta è quella, poniamo, Zen allora dovremmo "cestinare" il Milindapanha ecc. Questo del settarianismo è un problema che va avanti da millenni e pensare che solo un gruppo strettissimo di persone ha "la chiave della salvezza" mi rende molto perplesso. Una cosa simile la insegnavano a loro tempo gli gnostici. Personalmente una visione "nichilista" del Dhamma mi pare completamente fuori luogo anche se "compatibile con i suttas", ma - se il buddhismo è "vero" - di certo non mi metto a dire che chi la "possiede" non possa dare insegnamenti importanti e illuminanti (in realtà alcune cose di Nanavira le ho lette con interesse, per esempio). Però una tale visione mi dà un'immagine simile alla situazione di Prometeo che dicevo. E personalmente non ritengo che solo chi ritiene che "tutto ciò che esiste è futile e la non-esistenza è la cosa migliore di tutte" abbia capito veramente la realtà, anche se ammetto che anche uno che la pensa così possa avere una spiritualità molto sviluppata. Anzi per me è ovvio che questi si siano presi un "granchio" ma è anche vero che noto sempre di più che ciò che per me è ovvio non lo è per molti e viceversa  ;D  [e ovviamente la mia mente di scimmia potrebbe non aver capito una "cippa" né di Nanavira né del Buddha-Dhamma e nemmeno della fisica  ;D ]. Ad ogni modo so che anche tu non hai una visione "gnostica" del buddhismo - ovvero non credi che solo una interpretazione conduce al "progresso spirituale".
Comunque bellissime le tue citazioni, davvero :)

Riguardo alla questione dei "guru" indiani concordo con voi due (i.e. Sari e Green). Ed è la riprova che conoscenza e pratica senza la "bontà d'animo" non portano a nulla di buono!

Riguardo al vuoto quantistico... il motivo per cui non credo che il vuoto quantistico sia la non-esistenza è perchè credo che le leggi delle fisica e i campi quantistici descrivano qualcosa di tanto reale quanto la sedia su cui adesso sono seduto. Una realtà diversa che molti non riconoscono, ma pur sempre una realtà  :)

Comunque Buon Natale a tutti anche da parte mia   :)

Metta _/\_
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Citazione di: Apeiron il 23 Dicembre 2017, 18:31:52 PM@Sari, il fatto che da un punto di vista buddhista chi ha ottenuto la "corrente" non è "inerrante" nella sua comprensione della dottrina è qualcosa di molto liberante, ovvero lascia la possibilità che scuole buddhiste diverse (poniamo ad esempio Theravada e Dzogchen per esempio) riescono a condurre al risveglio anche se le dottrine sono chiaramente diverse. Così posso pensare che Nanavira abbia veramente ottenuto lo stadio di Sotapanna anche se magari il suo rifiuto dell'Abhidhamma, del Milindapanha e del Visuddhimaggha erano basati su un errore di comprensione. O viceversa se Nanavira nella sua interpretazione "nichilista" ha fatto giusto ciò non toglie che per esempio un buddhista che crede nella "Natura di Buddha" non possa arrivare ad "entrare nella corrente". Personalmente se il buddhismo è "vero" sono più propenso a considerare che differenti interpretazioni conducano alla "meta". Altrimenti il buddhismo diventa una sorta di "gnosticismo" in cui solo chi ha una particolare interpretazione "vince". Se, poniamo, Nanavira ha descritto l'unica "visione giusta" allora possiamo cestinare tutta la letteratura dei commentari Theravada e i Mahayana dovrebbero essere "cestinati". Oppure se l'unica letteratura giusta è quella, poniamo, Zen allora dovremmo "cestinare" il Milindapanha ecc. Questo del settarianismo è un problema che va avanti da millenni e pensare che solo un gruppo strettissimo di persone ha "la chiave della salvezza" mi rende molto perplesso. Una cosa simile la insegnavano a loro tempo gli gnostici. Personalmente una visione "nichilista" del Dhamma mi pare completamente fuori luogo anche se "compatibile con i suttas", ma - se il buddhismo è "vero" - di certo non mi metto a dire che chi la "possiede" non possa dare insegnamenti importanti e illuminanti (in realtà alcune cose di Nanavira le ho lette con interesse, per esempio). Però una tale visione mi dà un'immagine simile alla situazione di Prometeo che dicevo. E personalmente non ritengo che solo chi ritiene che "tutto ciò che esiste è futile e la non-esistenza è la cosa migliore di tutte" abbia capito veramente la realtà, anche se ammetto che anche uno che la pensa così possa avere una spiritualità molto sviluppata. Anzi per me è ovvio che questi si siano presi un "granchio" ma è anche vero che noto sempre di più che ciò che per me è ovvio non lo è per molti e viceversa ;D [e ovviamente la mia mente di scimmia potrebbe non aver capito una "cippa" né di Nanavira né del Buddha-Dhamma e nemmeno della fisica ;D ]. Ad ogni modo so che anche tu non hai una visione "gnostica" del buddhismo - ovvero non credi che solo una interpretazione conduce al "progresso spirituale". Comunque bellissime le tue citazioni, davvero :) Riguardo alla questione dei "guru" indiani concordo con voi due (i.e. Sari e Green). Ed è la riprova che conoscenza e pratica senza la "bontà d'animo" non portano a nulla di buono! Riguardo al vuoto quantistico... il motivo per cui non credo che il vuoto quantistico sia la non-esistenza è perchè credo che le leggi delle fisica e i campi quantistici descrivano qualcosa di tanto reale quanto la sedia su cui adesso sono seduto. Una realtà diversa che molti non riconoscono, ma pur sempre una realtà :) Comunque Buon Natale a tutti anche da parte mia :) Metta _/\_

Concordo. Per questo bisogna "andare a vedere" personalmente e non dipendere dall'autorità di un maestro, né da quella di chi dice di sapere. Possiamo leggere infinite etichette incollate sulla bottiglia, che ci descrivono le qualità del vino contenuto...ma se poi non lo assaggiamo come facciamo a sapere quanto è "buono"?... ;D
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

green demetr

cit sari "cit masini "pensare il buddha" :"L'assenza del vuoto è l'assenza dell'assenza", disse Joshu.""

Lo sapevo! Ci doveva per forza essere!! Ora deve recuperare chi sia questo Joshu.

Passaggi selezionati con grande intelligenza Sari, mi sono piaciuti tantissimo.

E' come se facessero eco a quello che stiamo dicendo.

cit apeiron
"Nonostante ciò ti posso fare un esempio di un monaco buddhista che ha affermato di essere un Sotapanna* ("primo grado del risveglio") che ha affermato che termini come "non-nato" non sono referenziali, bensì significano "libertà dalla nascita" e così via. Ergo Nirvana=Non-Esistenza e non "il vuoto quantistico". E non è l'unico. Termini come "dhuva" vengono intesi come "irreversibile" e non "permanente". 

Ma il nirvana samsara non è il samsara tutto.

Mi sembra che stai facendo un errore banalissimo.

E' la modalità mediana ricordi????

E' ciò che viene prima dell'esistenza! quindi è esente dalla nascita, perchè la nascita è parte della vita come appunto "una parte del tutto".

In questo caso certo possiamo intendere anche che Nirvana è "non esistenza", ma nel senso di qualcosa che non è qualcosa, appunto un campo (non ho idea di cosa sia il vuoto quantistico, io nelle conferenze ho sempre sentito parlare di campo. Nell'eccezione generale della fisica).
Che appunto tu intenda quel campo o vuoto quantistico come qualcosa secondo me è un intuizione corretta. :D  (o almeno lo è se cerchiamo un modo di unire quello che scaturisce dalla meditazione, o dalla riflessione, tra i rapporti tra pensiero antico e moderno).

Sulla questione di dhuva devo riflettere. E sopratutto informarmi. ;)


ps.

Ma non volevo certo scagliarmi contro Platone in toto, volevo far un pò di polemica goffa, rispetto all'amico Kobayashi.
Volevo semplicemente far notare che manca il pensiero sulla contemporaneità.
Ecco.
Tranquillo non sono uno che grida di bruciare i libri! ;=)

Auguri di buon natale a tutti. :)
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

#202
@Sari, sì e in questo senso il buddhismo è fantastico. Perfino nel buddhismo tibetano (tantrico o meno) ,che ho scoperto che in realtà da molta importanza alle speculazioni e ai dibattiti filosofici, dove la figura del "guru" è centrale, lo studente è obbligato a praticare lo scetticismo! Ovvero lo studente deve mettere in discussione ciò che gli viene detto.

@Green, sì posso ammettere che il Nirvana e il Tutto non coincidano e in tal caso posso anche ammettere che il nirvana sia la "non-esistenza". Ma c'è da dire che l'interpretazione "classica" Theravada - quella dei commentari canonici e post-canonici - sembra essere che "il nirvana è una realtà esistente", incondizionata, eterna (=dhuva), permanente (=nicca), priva di nascita e morte (ajati e amata). Inoltre in un certo senso è "pace", tranquillità, calma, felicità, rifugio ecc questa interpretazione è secondo me molto più attinente ai testi (vedi ad esempio: https://www.canonepali.net/2015/06/udana-8-1-nibbana-sutta-la-completa-liberazione-1/). L'interpretazione nichilistica invece non era presente in nessuna scuola antica, eccetto forse i Sautrantika. Credo che sia una innovazione moderna e non molto buona, in realtà nata in particolar modo dall'influenza "nichilistica" della nostra cultura. Se fosse "vera" non si spiega perchè non era "dominante" nell'antichità (eccetto forse in una sola scuola). Riguardo poi alla parola "dhuva" ho provato a cercare vari dizionari della lingua Pali online e le traduzioni sono "eterno", "permanente", "sicuro", "stabile" (non so come salti fuori "irreversibile", forse facendo violenza al testo  ;D ).  Ma è anche vero che nei tempi moderni in cui si è dato molto interesse allo studio delle suttas sono uscite molte interpretazioni che confliggono sia con i commentari Theravada. Precisamente è uscita l'interpretazione:

1) nichilistica, già discussa - ovvero che "tutto l'esistenza è "negativa", priva di significato e la massima aspirazione è la non-esistenza";
2) una conferma dell'ortodossia theravada;
3) l'interpretazione di Nagarjuna ovvero che la distinzione tra samsara e nirvana, tra "questo" e "quello" è meramente mentale. Ma a differenza dell'induismo questa rimande una "non-dualità" e non una "unità". Il Thatagatha è "profondo" perchè non è possibile in alcun modo "misurarlo". Ovvero i concetti di "esiste (= traduzione forse impropria di "bhava")", "non esiste", "esiste e non esiste", "non esiste e non non esiste" non si applicano. (https://suttacentral.net/it/snp5.6). Il Tathagatha non lascia alcuna traccia, non lo può trovare perfino la Morte (Mara). Non lascia più tracce come gli uccelli nel cielo (Dhammapada 92,93). In sostanza ogni concettualizzazione non cattura il Tathagatha (quindi in un certo senso è una "realtà" ed "esiste" ma è incomprensibile a noi "uomini mortali"  ;D )...;
4) un'interepretazione molto suggestiva tipica (credo) della filosofia Yogacara/Cittamatra e della tradizione della Foresta thailandese per cui il nirvana è una radicale "trasformazione" della coscienza: una coscienza senza "supporto", libera come il raggio di luce di pochi messaggi fa. Una coscienza (vijnana) che non è "fissata" su nulla, senza oggetto e soggetto. Inoltre è luminosa (=irradia "metta" ovunque) ecc questa interpretazione secondo me è quella più affascinante di tutte anche perchè ultimamente sto vedendo che prajna (= saggezza) e metta (=buona volontà/amore)/karuna (=compassione) vanno in realtà a braccetto e che la saggezza autentica è accompagnata dalla "buona volontà" e viceversa. Questa convinzione esposta anche da Sariputra un po' di messaggi fa mi sta aiutando moltissimo.

Comunque per dire quanto induismo e buddhismo (soprattutto mahayana) a volte si somigliano... Nel buddhismo mahayana a volte il nirvana viene visto come la "non-esistenza" ma solo finché si rimane nella mente discriminatoria. Il "realizzato" "sa" che l'unica vera realtà è il Dharmakaya e il Buddha storico stesso è una sua "manifestazione". Un po' come gli avatar insomma  ;)



Comunque sulla questione della non-esistenza credo d'essere d'accordo con te, in realtà. Ad ogni modo perfino Anassimandro in modo simile aveva intuito che la vera realtà è oltre ogni discriminazione ("apeiron" )...

Ultima cosa: su Platone ho ritenuto "necesario" puntualizzare ciò perchè secondo me oggi tendiamo a vedere Platone e Aristotele dogmatici anche per merito del trattamento fatto da Nietzsche. Immaginavo infatti che tu non la pensavi così su loro due. Comunque vale la frase: "Amicus Plato — amicus Aristoteles — magis amica veritas" (Platone è un amico - Aristotele è un amico - la verità è una amica migliore)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

@Green demetr scrive:
Lo sapevo! Ci doveva per forza essere!! Ora deve recuperare chi sia questo Joshu.

Maestro Joshu  è il maestro buddhista ch'an  Chao Chou  ( Ts'ung Shen, 778-897). 
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

green demetr

#204
Grazie Sari. Cercherò subito dopo la risposta, informazioni in rete.
Non voglio perdere l'intuizione.

Ciò detto l'enorme ammasso di informazioni che state mettendo a disposizione è insieme interessante, e per un neofita come, improntato ormai alle distinzioni della filosofia piuttosto confuso.
Ho bisogno di formarmi una corretta genealogia delle fonti.
(cosa che sto facendo anche per l'induismo).


Proviamoci lo stesso.

Allora Apeiron tu dici che praticamente nella tradizione theravada (quella socialista mi pare, quella del carro maggiore, ma potrei sbagliare.)

Il Nulla (come lo avevi definito) non sia affatto una via mediana di manifestazione dell'ente.
Ma un ente in sè e per sè (utilizzando la terminologia aristotelico-tomista, una "causa sui").
Perciò parli di via nichilista.

Riportiamo il canone pali cit

Un bramano disse al Benedetto: "Allora, Maestro Gotama, tutto esiste? "
"'Tutto esiste' è la forma più alta della cosmologia, bramano."
"Allora, Maestro Gotama, niente esiste? "
"'Niente esiste' è la seconda forma della cosmologia, bramano."
"Allora tutto è Unicità? "
"'Tutto è Unicità' è la terza forma della cosmologia, bramano."
"Allora, tutto è Molteplice? "
"'Tutto è Molteplice' è la quarta forma della cosmologia, bramano. Evitando questi due estremi, il Tathagata insegna la via di mezzo del Dhamma"


Allora ragioniamo: sì può essere benissimo che sia così, anche se non so a quale periodo o scuola appartenga l'illuminante dialogo riportato in incipit.
(NR: Ho controllato, il canone pali è usato dal theravada, quindi la tua distinzione è quantomeno strana. Critichi un testo theravada, dicendo che non è theravada in sostanza! non cambia comunque quando vado sotto esponendo ;-) ).

Il maestro infatti dice che il buddismo ignora gli estremi, e si concentra sulla via mediana.
Ossia appunto fa partire l'ontologia non dal tutto, ma dal nulla in sè.
"Nulla" ontologico esistente, e non "niente" come assenza ontologica, come negazione, come mi par di capire avevi voluto sottolineare anche tu nel primo intervento.

Infatti proseguendo citi il Nirvana è esistente.
E su questo se ho capito bene dunque entrambi siamo d'accordo.
(non siamo d'accordo semmai sulla genealogia di questa ontologia.Che tu leggi in maniera problematica, se non contradditoria, e che invece a me sembra chiara.Infatti sono discorsi diversi, uno vuole essere di carattere generale, e inevitabilmente si rifà alla tradizione indù, ma l'altro è invece peculiare. E quindi peculiarmente sceglie una via ARGOMENTATIVA, simbolica, diversa.
Simbologia che noi da bravi filosofi chiamiamo ontologia.Ma immagino Sari è lì sull'uscio di villa Sari ad aspettarci per tirarci le orecchie.

incondizionata (ovviamente una causa sui non può essere condizionata, questo è solo un corollario, una ripetizione).


eterna (=dhuva) dunque eterno e non irreversibile, se fosse irreversibile vorrebbe dire che accetta l'idea di tempo.
Ma come sappiamo non esiste il tempo, in questo senso eterno credo.

permanente (=nicca) è il corollario di dhuva, se non diviene dunque permane.

priva di nascita e morte (ajati e amata) altro corollario nel senso che non può avere in sè il concetto stesso di nascita e morte.
Se lo avesse non sarebbe eterna, e ben più grave, non sarebbe causa sui.
Che è poi l'argomentazione evidentemente più importante per un filosofo occidentale (Che crede nel divenire).

cit Apeiron
Inoltre in un certo senso è "pace", tranquillità, calma, felicità, rifugio ecc questa interpretazione è secondo me molto più attinente ai testi.

Invece per me è problematico, perchè se avesse tali connotati, allora sarebbe condizionabile da essi.
Ma ovviamente quella buddista, non è una ontologia pura.
Qua secondo me perdiamo le cordinate, se non introduciamo invece la componente letteraria, e i suoi scopi. La telelogia del testo, e non della teoria.

Sempre considerando che il testo che tu citi caro Apeiron non contiene niente di quella che hai citato.

citx
Nibbana Sutta - Vi è quella dimensione dove non c'è terra, né acqua, né fuoco, né vento; non vi è la dimensione dell'infinità dello spazio, né la dimensione dell'infinità della coscienza, né la dimensione del nulla, né la dimensione di 'né-percezione-né-non-percezione'; non vi è questo mondo, né un altro mondo, né sole, né luna. E lì, io dico, non vi è giungere, né andare, né rimanere; né scomparire né sorgere: non è fisso, né si evolve, senza sostegno (oggetti mentali). Questa, solo questa, è la fine della sofferenza."

Che invece mi pare complementare alla idea ontologica che abbiamo insieme condiviso.

Intanto probabilmente un errore di traduzione: ..."la dimensione del nulla".
Non può essere il nulla visto che parliamo del nulla, la traduzione di qualcuno un pò più attento dovrebbe essere "non vi è la dimensione del niente".

Sottolinerei anche la raffinatezza di negare anche la dimensione dell'infinito, che per noi occidentali è invece imprescindibile della causa sui.

E che condivido, se qualcosa è permanente e fuori dal tempo, non può essere infinito.
Infinito vuol dire che è non finitezza, ma in sè, il nulla non ha la dimensione del niente. NON-finito = Insieme complementare del finito.E questone è impossibile.
Non a caso gli indiani sono geni matematici. Ossia non vi è complementarità nel nulla.(ed è quello che Buddha cerca di comunicare!) (nessun complementare in fin dei conti è negazione di qualsiasi dualità, e come dicevi tu Apeiron, è peculiare del buddhismo, nella mia scuola invece il dualismo è importantissimo).

cit Apeiron
L'interpretazione nichilistica invece non era presente in nessuna scuola antica, eccetto forse i Sautrantika. Credo che sia una innovazione moderna e non molto buona, in realtà nata in particolar modo dall'influenza "nichilistica" della nostra cultura. Se fosse "vera" non si spiega perchè non era "dominante" nell'antichità (eccetto forse in una sola scuola)

Ascolta Apeiron, proprio perchè il Nulla non è il Niente, ossia non è negazione, e sei il primo a ipotizzarlo, poi perchè chiami il Nulla come "Nichilistico alla occidentale", ossia comprendente il concetto di Niente, di non, di negazione, che tu per primo avevi escluso?


cit Apeiron
"con i commentari Theravada "

Abbi pazienza come dicevo all'incipit, non ho ancora questa visione d'insieme.

Seguo comunque i tuoi passi


cit apeiron
"1) nichilistica, già discussa - ovvero che "tutto l'esistenza è "negativa", priva di significato e la massima aspirazione è la non-esistenza";"

Qua bisogna vedere se tu hai capito,o hai, come mi sembra travisato.

Di certo hai portato alla discussione due temi centrali anche per me.


Il significato, che per me è anche il senso. Seguendo le citazioni fatte finora, effettivamente non si ha ancora riempito di significati, di connotati direbbe Peirce, la grammatica senza la semantica, che dovrebbe collegarsi alla "causa sui" del Nulla. Insomma la sua giustificazione.

La non-esistenza, ossia il non vivere, che è poi la cosa più disturbante non solo del Buddhismo (ammesso che sia così) ma anche e sicuramente dell'induismo.

Ma allora perchè si dice Buddhismo sociale????

cit Apeiron
2) una conferma dell'ortodossia theravada;

vabbè dai non è solo un problema buddista, ma di qualsiasi religione che diviene istituzione.

3) l'interpretazione di Nagarjuna ovvero che la distinzione tra samsara e nirvana, tra "questo" e "quello" è meramente mentale.

Non so chi sia Nagarjuna, mi sembra una interpretazione abbastanza difficile da condividere.
La traduzione poi è sospetta a dir poco, mentale non so nemmeno se esista nella tradizione Induista.


cit apeiron
Ma a differenza dell'induismo questa rimande una "non-dualità" e non una "unità".

Hai colto perfettamente.


cit Sutta Nipāta da Upasiva-manava-puccha

[Upasiva:]

Se rimane in quella dimensione, Onniveggente,
sereno per molti anni,
rettamente
sarà sereno e liberato?
Avrà una simile coscienza?

[Il Buddha:]

Come una fiamma spenta dalla forza del vento
si estingue
e non può più essere identificata,
così il saggio libero dal nome
estinguendosi
non può più essere identificato.

cit apeiron
Il Tathagatha non lascia alcuna traccia, non lo può trovare perfino la Morte (Mara). Non lascia più tracce come gli uccelli nel cielo (Dhammapada 92,93). In sostanza ogni concettualizzazione non cattura il Tathagatha (quindi in un certo senso è una "realtà" ed "esiste" ma è incomprensibile a noi "uomini mortali"  ;D )...;

Ma è proprio nel sutta da te citato che vi sono passaggi (che ahimè ho provato).
Ossia la distruzione del sè. (le tecniche meditative per arrivarvi.

Quindi non è vero che non possiamo comprenderla, semplicemente la sua comprensione coincide con la nostra dissoluzione.

Non so cosa sia il Tathagatha, immagino sia sempre il Nulla.

cit Sutta Nipāta da Upasiva-manava-puccha
Concentrato con presenza mentale sulla vacuità, [la dimensione della vacuità, uno dei quattro livelli di assorbimento mentale (jhana), dopo la dimensione dell'infinità della coscienza, concentrandosi sulla percezione del nulla.]

Anzitutto le correzioni grammatiche.
Ci si concentra sul propria presenza astenendosi dalle percezioni sensoriali esterne. Ossia si allena propriamente il soggetto, a riconoscersi come tale.
Non esiste meditazione senza che il soggetto si riconosca come tale.

Ossia come Coscienza (di mentale non vi è proprio niente, perchè si potrebbe pensare come fa la scemo-scienza che esistano proprietà alla cosidetta mente.
e quindi che la dimensione del vacuo equivalga a qualche confusione dei due cerebri, ipotesi già avanzata NDR da qualcuno)

Ossia che vi è qualcosa d'altro, oltre al sè sensibile.(l'io nella tradizione filosofica occidentale).
Questo qualcosa d'altro qui lo chiamano dimensione, come in India lo chiamano piano dell'esistente (e a volte anche MONDO, PIANETA).

Una volta entrati nella meditazione ci si percepisce esattamente come infiniti.
Infatti il cervello comincia ad entrare in fase oscillante. E mentalmente (ammesso di chiamare mente, il piano della coscienza) ci si attiva in quel modo.
Io stesso l'ho provato letteralmente centinaia di volte.
Io la chiamo come fase dell'ascolto. Si ascolta. E' propriamente la dimensione degli orizzonti, delle fantasie, e delle storie sapienziali. (come letto da una tesi tempo fa, è anche precisamente la via che Platone ha magistralmente descritto, non la dimensione del visibile, ma la dimensione dell'accoglimento, e della trasformazione, platonismo ermetico probabilmente).
E' lì il danno   :(  che quando ci si libera dalla dimensione per così dire simbolica, ed è un passaggio sottolineato anche nell'induismo, si entra nella dimensione del vuoto. Ossia quando il soggetto ha scelto di non essere più tale.
Per quanto possa parere strano, io posso solo dire che non è via mortifera.
Anzi percepisci direttamente Dio come tale, ossia come voce oltre l'assenza.
Ma  :( per accogliere quella voce, o meglio quello che sembra una voce, ma ovviamente non lo è, perchè quella sensazione è un tentativo disperato del soggetto, che sta andando verso una dissoluzione voluta.
A quel punto molti cadono, io compreso, perchè se non si ha abbastanza fede, allora quella voce, declina in maniera repentina come Pulsione di morte. E il soggetto per un processo naturale di vitalità, ossia di sopravvivenza, si defila, e si ripercuote anche sul fisico, a me con giramenti di testa, ma ho sentito di gente che è proprio uscita di testa. A essere cinici, c'è persino da chiedersi se questi santoni siano stati veramente in grado di entrare in quella dimensione ulteriore.
E come mai non descrivano come hanno fatto ritorno.

In questo senso, se è quello che ipotizzi, allora sono d'accordo, che anche il buddismo, almeno seguendo questo sutta, che copia spudoratamente dallo yoga, sia una religione pericolosamente nichilista. Di certo nega la vita.
E questo è difficile negarlo.



cit apeiron
4)4) un'interepretazione molto suggestiva tipica (credo) della filosofia Yogacara/Cittamatra e della tradizione della Foresta thailandese per cui il nirvana è una radicale "trasformazione" della coscienza: una coscienza senza "supporto", libera come il raggio di luce di pochi messaggi fa. Una coscienza (vijnana) che non è "fissata" su nulla, senza oggetto e soggetto. Inoltre è luminosa (=irradia "metta" ovunque) ecc questa interpretazione secondo me è quella più affascinante di tutte anche perchè ultimamente sto vedendo che prajna (= saggezza) e metta (=buona volontà/amore)/karuna (=compassione) vanno in realtà a braccetto e che la saggezza autentica è accompagnata dalla "buona volontà" e viceversa. Questa convinzione esposta anche da Sariputra un po' di messaggi fa mi sta aiutando moltissimo.


Non credo che il Nirvana, proprio per tutto quello che abbiamo detto sopra sia la trasformazione, ma di certo, la via che porta ad esso, porta a quella forma particolare di sapienza chiamata illuminazione.

A proposito giusto ieri ho ri-scoperto questo simbolo interessante. Il mandala degli 8 sentieri. (clicca per ingrandire, sul sentiero buddista c'è scritto "illuminazione"  :D (bravo Apeiron e bravo Sari che l'avete intuito).



ideato da Anthony Elenjimittam. (mi sono imbattuto su di lui cercando le novità di filosofia nel catalogo mursia.  ;D)

Come dire in fin dei conti credo che la dimensione più arricchente per la vita, sia proprio quella che compete alla vita, al simbolo, al soggetto. E anche su quello, se ho almeno vagamente inteso le tue aspirazioni, siamo d'accordo.

vabbè mi sembra di aver divagato abbastanza alla prossima.


ndr scusate il mandala originale è questo. (i traduttori italiani hanno fatto casino come al solito). Infatti non c'è la questione dell'illuminazione, che mi pare dal poco visto centrale comunque nel buddismo),
Vai avanti tu che mi vien da ridere

Apeiron

#205
Green ti rispondo in molto incompleto stasera (hai messo un sacco di informazione in questo tuo ultimo post... ti risponderò con calma su tutto in questi giorni). Anzitutto "Theravada" è la scuola degli "anziani" e quindi quella che in genere è pensata più "conservatrice" mentre la Mahayana è più "progressista" e del "carro maggiore". La prospettiva Mahayana in genere è simile alle posizioni "3" e "4". Classicamente la Theravada è la "2" dove il Nibbana (Nirvana) è vista come una realtà incondizionata. La "1", la "3" e la "4" sembra che siano entrate solo modernamente nella Theravada. La "1" era (forse) la posizione di una scuola ad oggi estinta, i Sautrantika.

Personalmente l'interpretazione "4" secondo me è abbastanza "terrificante". Voglio dire è comunque una "morte" dell'io: una "coscienza" senza né soggetto né oggetto... una coscienza senza "oggetto"? sinceramente a pensarci seriamente mi manca la terra sotto i piedi!

Riguardo alla (1) e la (2) non ho travisato. Su questa puoi leggere questi topic del sito Dhammawheel https://dhammawheel.com/viewtopic.php?f=13&t=22409&start=1960 (in particolare il quinto post dall'alto - lo vedi che è lungo ;) ), https://dhammawheel.com/viewtopic.php?f=13&t=25336&p=364997&hilit=Unconditioned#p364885. Per Nanavira in particolare https://www.stephenbatchelor.org/index.php/en/existence-enlightenment-and-suicide "Nanavira firmly challenges the idea that the Buddha's Teaching is in any way life-affirming. ... For "Schweizer's philosophy is 'Reverence for Life', whereas the Buddha has said that just as even the smallest piece of excrement has a foul smell so even the smallest piece of existence is not to be commended." " (preferisco sinceramente non tradurre  ;D anche perchè Nanavira, che si è auto-dichiarato "vincitore della corrente", sinceramente credo che abbia male interpretato i suttas ) http://www.nanavira.org/notes-on-dhamma/shorter-notes/nibbana (dove si vede che lui diceva che la "mera estinzione" è il Summum Bonum - sorprendentemente non è l'unico "Thera" a sostenere ciò. Mi pare sinceramente che sia più vicino alla visione dell'estinta scuola Sautrantika visto che....)

Visto che la scuola Theravada Classica (Abhidhamma con o senza commentari post-canonici) afferma che il Nirvana è l'unica "realtà incondizionata" (come si legge nel secondo link del sito "Dhammawheel"). Le altre due recentemente sono entrate anche nella scuola Theravada ma sono in realtà più tipiche dei Mahayana: in particolare la "3" dei Madhyamaka (Nagarjuna) e la "4" Yogacara/Cittamatra.

Ad ogni modo la sutta di Upasiva è tradotta male dall'inglese all'italiano. La risposta conclusiva in realtà recita:
Inglese: "There is no measure of the one who has come to rest, Upasīva," said the Gracious One,
"there is nothing by which they can speak of him,
when everything has been completely removed,
all the pathways for speech are also completely removed.
""
Traduzione mia "Non c'è acuna misura per uno che si è estinto, Upasiva
non c'è niente che gli altri possano dire di lui,
quando ogni realtà è stata rimossa da lui,
tutte vie per parlarne sono completamente rimosse"
Ergo mi sembra chiaro che il Buddha qui non dice che il Realizzato semplicemente "muore" così come semplicemente non "muore" il fuoco spento (a differenza di come noi comprendiamo la metafora a causa del contesto culturale nostro). Semplicemente una mente che non ha più alcun attaccamento non può più essere nemmeno definita (se ci pensi ha anche senso). Non a caso le etichette come "bravo ragazzo", "lavoratore" ecc in fin dei conti tendono a "definire" l'uomo e quando uno ha rimosso ogni attaccamento e ogni avversione non è più definibile (c'è una sottile differenza rispetto a dire che "non esiste". Non a caso il "Thatagata è profondo, incommensurabile"). In modo simile considera questo passo:
["Do you see, bhikkhus, that cloud of smoke, that swirl of darkness, moving to the east, then to the west, to the north, to the south, upwards, downwards, and to the intermediate quarters?"
"Yes, venerable sir."
"That, bhikkhus, is Mara the Evil One searching for the consciousness of the clansman Godhika, wondering: 'Where now has the consciousness of the clansman Godhika been established?' However, bhikkhus, with consciousness unestablished, the clansman Godhika has attained final Nibbāna."]
Traduzione: ["Vedete monaci quella nuvola di fumo, quel vortice di oscurità, che si muove verso est, poi verso ovest, verso nord, verso sud, verso l'alto e verso il basso e verso le direzioni intremedie?"
Imonaci "sì, signore"
"Quello è Mara, il Maligno, che cerca la coscienza di Godhika, pensando "dove si è stabilita ora la coscienza di Godhika?" Tuttavia monaci, Godhika, con la coscienza che non si è stabilita da nessuna parte [traduzione di "unestabilished", lett. non-stabilita] ha ottenuto l'esitinzione finale"]
Vedi... a volte sembra proprio che lasci intendere che un tipo di "coscienza" rimane. Per certi versi chiaramente sia la fiamma che la "persona" sono estinte. Però mi pare chiaro che i testi qui lascino intendere che alla morte del "realizzato" non rimanga la sola non-esistenza. Quindi è scorretto dire che "il Tathagata non esiste" così come strettamente parlando non va bene nemmeno dire "il Tathagata esiste". Però per non sprfondare nel nichilismo ritengo più corretto pensare che il "Tathagata" esiste in un modo "indefinito" (e non bisogna poi confondere l'individuo con nirvana, nel senso che anche se si ammette l'esistenza del nirvana come "una realtà incondizionata" ciò non significa che il tathagata sia "immortale" ma anche in questo caso il suo status è "indefinito"... non chiedermi di spiegarti cosa significa  ;D credo che vige il "nobile silenzio")

Riguardo a Nagarjuna e alla posizione "3" se ci fai caso è semplicemente la "non-dualità che rimande non-duale e non diventa "uno"". Ovvero è "non-duale" e "non-uno". Ovvero appunto tutte le concettualizzazione alla realtà ultima sono "trascese". Curiosamente la scuola Theravada in genere opta per distinguere il Nirvana dal Samsara dicendo che il Nirvana è "una realtà permanente (dhuva)".

Sul resto ti risponderò il prima possibile

(Ovviamente se ho sparato cavolate se leggerà il Sari mi affido alla sua saggezza di correggermi...)

Sul termine "nichilista". Se intendi col termine "nichilismo" l'assenza di una Realtà Ultima, di un Summum Bonum (contrapposto ai "beni relativi") allora secondo me né Yoga né buddhismo lo sono (eccetto forse quello della posizione "1" a meno che non abbia veramente travisato). Se per "nichilismo" intendi invece la "negazione della storia" in questo caso direi invece "sì" visto che in entrambi i casi l'obbiettivo è di "svincolarsi"/"trascendere".  In ambo i casi non vedo in genere una "condanna" della realtà ciclica, quanto semmai una "consapevolezza" dell'esistenza del "dukkha", dell'insoddisfazione "di fondo". Comunque devo dire che sia le filosofie indiane che la cristianità non hanno una concezione molto "positiva" (Schopenhauer e Nietzsche avevano in realtà ragione secondo me a vedere analogie) dell'esistenza mondana: addirittura per secoli si è ritenuto in Europa che i bambini non battezzati finivano al Limbo o addirittura all'inferno - la filosofia indiana a confronto è "ottimisitica". A differenza ad esempio del taoismo le religioni/filosofie indiane e il cristianesimo mi pare che dicano che siamo in una situazione "non buona".  Anzi sinceramente non so quale tradizione manda il messaggio più "terrificante"... personalmente già la possibilità della rinascita se uno ci pensa seriamente non è molto "rassicurante"... anzi mi sembra che le spiritualità più complete abbiano anche all'interno di esse un elemento molto "terrificante" pur non negando a volte che il mondo "materiale" contiene anche "del bene".
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Apeiron

#206
Provo a risponderti sul resto...

GREEN DEMETR
Il maestro infatti dice che il buddismo ignora gli estremi, e si concentra sulla via mediana.
Ossia appunto fa partire l'ontologia non dal tutto, ma dal nulla in sè.
"Nulla" ontologico esistente, e non "niente" come assenza ontologica, come negazione, come mi par di capire avevi voluto sottolineare anche tu nel primo intervento.

Infatti proseguendo citi il Nirvana è esistente.
E su questo se ho capito bene dunque entrambi siamo d'accordo.
(non siamo d'accordo semmai sulla genealogia di questa ontologia.Che tu leggi in maniera problematica, se non contradditoria, e che invece a me sembra chiara.Infatti sono discorsi diversi, uno vuole essere di carattere generale, e inevitabilmente si rifà alla tradizione indù, ma l'altro è invece peculiare. E quindi peculiarmente sceglie una via ARGOMENTATIVA, simbolica, diversa.
Simbologia che noi da bravi filosofi chiamiamo ontologia.Ma immagino Sari è lì sull'uscio di villa Sari ad aspettarci per tirarci le orecchie.

APEIRON
Il fatto che il Buddha continua ad affermare la Via di Mezzo mi fa pensare che in un certo senso la "3" (madhyamaka) e la "4" siano delle buonissime interpretazioni (con la "3" ancora più "coerente" della "4"). D'altronde sappiamo che il Buddha ha rifiutato "tutto è uno", "tutto è molti", "tutto è", "tutto non è". Inoltre ha anche dato un'importanza centrale al principio della Coproduzione Condizionata, ovvero "quando [non c'è] c'è questo, [non c'è] c'è quello. Dal [cessare] sorgere di questo [cessa] cessa quello". In fin dei conti se togliamo l'alimentazione al fuoco, questo cessa. Tuttavia non possiamo dire che il fuoco non esista, visto che in fin dei conti toccarlo non è piacevole. Nagarjuna dice che questa "legge" è universale, ovvero che ogni fenomeno non si può dire che esista o che non esista e questa è la "vacuità". In fin dei conti dire che qualcosa "non esiste" è come affermare che possa esistere "in potenza" e quindi è ancora attaccarsi "ad un sé". Da qui la concezione del Nirvana per Nagarjuna come, in fin dei conti, un modo diverso di intendere il Samsara (da qui "non c'è la minima distinzione tra samsara e nirvana e viceversa"). Interpretazione molto affascinante, che ha "vinto" anche i "pragmatici cinesi". Motivo per cui a livello ultimo secondo la scuola Madhyamaka (quella di N.) in fin dei conti non nasce nulla e non perisce mai nulla (ergo: non-due e non-uno). Curiosamente però l'ortodossia della scuola Theravada pare dire altro...Io spero che il Sari ci dia una bella lezione se "spariamo" cavolate  ;)
Comunque il mio problema con questa ontologia non è tanto la sua coerenza (che lo è) tanto invece che mi pare che "manchi" qualcosa, ma questa potrebbe essere semplicemente la polvere nei miei occhi.

GREEN
incondizionata (ovviamente una causa sui non può essere condizionata, questo è solo un corollario, una ripetizione).


eterna (=dhuva) dunque eterno e non irreversibile, se fosse irreversibile vorrebbe dire che accetta l'idea di tempo.
Ma come sappiamo non esiste il tempo, in questo senso eterno credo.

permanente (=nicca) è il corollario di dhuva, se non diviene dunque permane.

priva di nascita e morte (ajati e amata) altro corollario nel senso che non può avere in sè il concetto stesso di nascita e morte.
Se lo avesse non sarebbe eterna, e ben più grave, non sarebbe causa sui.
Che è poi l'argomentazione evidentemente più importante per un filosofo occidentale (Che crede nel divenire).

APEIRON
Ecco questo è la versione "classica" Theravada, ovvero che il Nibbana è una "realtà incondizionata" (Abhidhamma - se sbaglio conto sul Sari). Questa interpretazione tende a rifiutare la versione della "mera cessazione" proprio perchè in tal caso il Nirvana non sarebbe incondizionato. Ma chi propone invece la versione "nichilistica" invece propende per leggere "ajati" come "a-jati", ossia "priva di nascita". Concordo con i classici che una tale interpretazione è in fin dei conti un sofismo. Fai conto che per i Theravada "ortodossi" il Nirvana però non è semplicemente un modo diverso di vedere il samsara (come per la Madhyamaka) ma proprio una "realtà" altra.

GREEN DEMETR
citx
Nibbana Sutta - Vi è quella dimensione dove non c'è terra, né acqua, né fuoco, né vento; non vi è la dimensione dell'infinità dello spazio, né la dimensione dell'infinità della coscienza, né la dimensione del nulla, né la dimensione di 'né-percezione-né-non-percezione'; non vi è questo mondo, né un altro mondo, né sole, né luna. E lì, io dico, non vi è giungere, né andare, né rimanere; né scomparire né sorgere: non è fisso, né si evolve, senza sostegno (oggetti mentali). Questa, solo questa, è la fine della sofferenza."

Che invece mi pare complementare alla idea ontologica che abbiamo insieme condiviso.

Intanto probabilmente un errore di traduzione: ..."la dimensione del nulla".
Non può essere il nulla visto che parliamo del nulla, la traduzione di qualcuno un pò più attento dovrebbe essere "non vi è la dimensione del niente".

Sottolinerei anche la raffinatezza di negare anche la dimensione dell'infinito, che per noi occidentali è invece imprescindibile della causa sui.

E che condivido, se qualcosa è permanente e fuori dal tempo, non può essere infinito.
Infinito vuol dire che è non finitezza, ma in sè, il nulla non ha la dimensione del niente. NON-finito = Insieme complementare del finito.E questone è impossibile.
Non a caso gli indiani sono geni matematici. Ossia non vi è complementarità nel nulla.(ed è quello che Buddha cerca di comunicare!) (nessun complementare in fin dei conti è negazione di qualsiasi dualità, e come dicevi tu Apeiron, è peculiare del buddhismo, nella mia scuola invece il dualismo è importantissimo).

APEIRON
Precisazione "la dimensione del Nulla" è un'esperienza meditativa condizionata, non è il "Nulla" di ci parliamo da un po' di tempo. Ciò causa confusione lo so  ;D qui lasciami però dirti due cosette. Per la versione Madhyamaka sì, la tua interpretazione è corretta, nel senso che si nega ogni concettualizzazione. Il problema è che se non erro il Nirvana stesso è definito come "ananta" - senza "fine", ovvero "senza confini" (apeiron  ;D ) - ergo puoi vederlo come un altro tipo di "infinito". Il problema infatti delle altre "dimensioni" è che c'è ancora il senso dell'io/mio, molto subdolo in verità. Come il caso del raggio di luce di prima... la differenza è che questo "infinito" non ha alcun "supporto", ovvero è infinito proprio perchè non si "identifica" con nulla.  Qui vorrei farti notare come la "2", la "3" e la "4" (quella della "coscienza che non si stabilisce" e non che "si stabilisce dovunque" - due infiniti diversi) vanno però tutte bene col passo che hai citato, o almeno credo. Curiosamente anche la "1" volendo ci può stare, visto che mentre le altre esperienze meditative terminano, la completa e irreversibile "nullità" è anch'essa incondizionata, nel senso che è libera dai condizionamenti e non si può tornare indietro. Però concordo che parrebbe un mero sofismo.

GREEN DEMETR  
Una volta entrati nella meditazione ci si percepisce esattamente come infiniti.
Infatti il cervello comincia ad entrare in fase oscillante. E mentalmente (ammesso di chiamare mente, il piano della coscienza) ci si attiva in quel modo.
Io stesso l'ho provato letteralmente centinaia di volte.
Io la chiamo come fase dell'ascolto. Si ascolta. E' propriamente la dimensione degli orizzonti, delle fantasie, e delle storie sapienziali. (come letto da una tesi tempo fa, è anche precisamente la via che Platone ha magistralmente descritto, non la dimensione del visibile, ma la dimensione dell'accoglimento, e della trasformazione, platonismo ermetico probabilmente).
E' lì il danno    che quando ci si libera dalla dimensione per così dire simbolica, ed è un passaggio sottolineato anche nell'induismo, si entra nella dimensione del vuoto. Ossia quando il soggetto ha scelto di non essere più tale.
Per quanto possa parere strano, io posso solo dire che non è via mortifera.
Anzi percepisci direttamente Dio come tale, ossia come voce oltre l'assenza.
Ma   per accogliere quella voce, o meglio quello che sembra una voce, ma ovviamente non lo è, perchè quella sensazione è un tentativo disperato del soggetto, che sta andando verso una dissoluzione voluta.
A quel punto molti cadono, io compreso, perchè se non si ha abbastanza fede, allora quella voce, declina in maniera repentina come Pulsione di morte. E il soggetto per un processo naturale di vitalità, ossia di sopravvivenza, si defila, e si ripercuote anche sul fisico, a me con giramenti di testa, ma ho sentito di gente che è proprio uscita di testa. A essere cinici, c'è persino da chiedersi se questi santoni siano stati veramente in grado di entrare in quella dimensione ulteriore.
E come mai non descrivano come hanno fatto ritorno.

In questo senso, se è quello che ipotizzi, allora sono d'accordo, che anche il buddismo, almeno seguendo questo sutta, che copia spudoratamente dallo yoga, sia una religione pericolosamente nichilista. Di certo nega la vita.
E questo è difficile negarlo.

APEIRON
Ebbene io personalmente non mi considero un "mistico" nel senso che a parte certi momenti di pura "contemplazione" ("estetica" più che altro) non ho mai avuto esperienze come le descrivi tu*. Tuttavia siccome sono profondamente convinto che la realtà sia qualcosa di molto più complesso di quanto mi suggeriscono i mei sensi e le mie convinzioni... beh ecco sono convinto che ci siano effettivamente altri "reami" della realtà che possiamo in qualche modo percepire (la nostra situazione è come quella descritta da San Paolo (e prima di lui, curiosamente, Platone), ovvero che noi vediamo le cose in modo distorto, come attraverso uno specchio...). Ergo credo che il "misticismo" contenga qualcosa di reale, pur personalmente non avendo mai avuto esperienze di questo tipo. Platone in realtà è molto simile alla filosofia Vedanta e anzi usa spesso analogie estremamente simili (Sole e carro per esempio...) tuttavia curiosamente a differenza degli indiani non usa la meta-fisica come un pretesto per "abbandonare" la fisica, ma anzi nella Repubblica (per esempio) dice espressamente che i filosofi devono "tornare" nel mondo materiale e amministrarlo (almeno, dove idealmente i "concittadini" sono propensi ad accoglierli...). In questo senso buddhismo e induismo a differenza di Platone e curiosamente la filosofia daoista del DaoDeJing che invece non negano la necessità che il contemplativo "ritorni" a "guidare" il "popolo" (nel caso del DaoDeJing il popolo non deve nemmeno accorgersi dell'esistenza del governante, idealmente ;)). Tuttavia anche la filosofia indiana può essere vista in termini meno negativi, ovverosia che in realtà non nega che il mondo di maya contenga del bene, tuttavia non contiene IL BENE, il quale è l'unica cosa che ci "completa". In questo senso non è in realtà poi così "nichilista" (a meno che il Bene non sia semplicemente la "morte" intesa come la banale non-esistenza dell'interpretazione "1" di cui sopra). Comunque curiosamente il buddhismo sociale Mahayana pare essere cosciente di ciò con l'idea per cui dovremmo impegnarci con tutte le nostre forze a salvare anche gli altri...

Per il resto...
Riguardo alla "4" una volta che "cessazione" la interpreti non come distruzione ma come "stop" allora vedrai che l'idea di una coscienza "trasformata" non è poi così "incompatibile" con un linguaggio negativo.  

Infine per quanto riguarda i grafici della filosofia "perenne" che hai portato... sono in parte d'accordo, ovvero ritengo che le religioni siano espressioni della relazione dell'uomo con l'Assoluto... però non nego che una religione possa averci visto "meglio" di un'altra. Ovvero dire che tutte le religioni vedono l'Assoluto da diverse angolazioni secondo me è un po' fuorviante...

Spero di essere stato chiaro e completo...

*Tuttavia sono molto attratto dalle religioni nelle loro esperienze più profonde e autentiche. Non so se già questo mi renda un "mistico", può darsi. O forse il mio è un "misticismo" diverso, nel senso che in genere quando si manifesta è più una contemplazione dell'Ordine dell'universo, ovvero come la contemplazione estetica di quando si guarda una architettura estremamente ben fatta, dove tutto è "in ordine" (non a caso ho anche una forte propensione all'ossessione per la simmetria, per la sicurezza ecc - non posso farci niente.). Comunque mi ritrovo nelle parole del monologo che c'è fino al minuto 2 di questo video tratto dal film Wittgenstein (di Derek Jarman) https://www.youtube.com/watch?v=cnhBR1Uj-T0. Personalmente però questa è una "critica" alla "fascinazione del ghiaccio" che aveva Wittgenstein, mentre nel mio caso il monologo sarebbe stato, per così dire di approvazione. Forse è anche per questo che "in fondo" preferisco un sistema come il platonismo (e mi sento molto vicino anche al "misticismo euclideo" di Spinoza) rispetto al buddhismo, i.e. per mera causa psicologica.

**Per la filosofia buddhista di Vasubandhu ho trovato questo: https://discorsidelbuddha.wordpress.com/2017/09/30/trenta-versi-di-vasubandhu/
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

E' sempre molto ostico addentrarsi nei vari confronti tra le diverse interpretazioni filosofiche dell'Insegnamento di Siddhartha che si sono manifestate tra i suoi seguaci nel corso dei secoli . La scuola Cittamatra o Vijnanavada che dir si voglia venne confutata da Chandrakirti , esponente del Madhyamika, in particolare nel sesto capitolo del Madhyamakavatara. Questo confronto tra le due scuole, che facevano entrambe parte del Grande Veicolo bisogna precisare, culminò, secondo la storia, nel celebre dibattito tra Chandrakirti stesso e Chandragomin, esponente Vijnanavada, all'università di Nalanda, che durò sette anni, senza che nessuno dei due, a quel che si racconta, prevalesse. Da quel che ne ho capito direi che la discussione tra le due parti si basasse su questo: Chandrakirti obiettava ai Cittamatra che sostanziando la coscienza/vinnana si andava contro l'insegnamento del Buddha sull' anatta o vacuità di esistenza intrinseca che riguarda ogni cosa, compresa la coscienza ed anche la coscienza/non soggettiva postulata dal Cittamatra. Chandragomin e i Cittamatra invece sostenevano che il Madhyamika, ponendo il Dhamma stesso nella vacuità, manifestavano pericolose tendenze nichiliste. Ambedue le scuole hanno poi avuto grande influenza negli sviluppi posteriori del Mahayana, in particolare al di fuori dell'India. Già in tenera età, "a naso" e senza troppo approfondire invero, percepivo qualcosa 'che non tornava' ( buddhisticamente parlando... ;D ) nelle teorie di Vasubandhu e del fratello Asanga. Vasubandhu era un monaco di scuola Sarvastivada ( quindi Hinayana o Piccolo veicolo..) che venne 'convertito' alla scuola Cittamatra dal fratello. Nella pratica meditativa si fa esperienza di svariati stati di coscienza, ma non è possibile far esperienza di uno stato di coscienza senza oggetto di coscienza. E su questo punto verte la critica Madhyamika al Vijnanavada infatti, che sosteneva l'esistenza di una coscienza di-per-sé, priva dell'oggetto ( la coscienza veniva considerata originatrice dei vari contenuti dei suoi stati grazie alla sua potenzialità intrinseca (svasakti) , era auto-determinante e governata dalle proprie leggi di sviluppo; creava l'oggetto. Era inoltre considerata auto-luminosa e auto-conosciuta, come una lampada).
Chandrakirti e Santideva ribaltano questa posizione. La critica principale è che la coscienza conoscitrice senza l'oggetto non può funzionare; se l'oggetto è irreale, cosa si può conoscere? La mente (citta) è vuota, e non può conoscere se stessa. Deve 'lavorare' su qualcosa: "Neppure la spada più affilata può tagliare se stessa. Le punte delle dita non possono essere toccate dalle stesse punte delle dita. La mente non conosce se stessa."  Come può qualcosa essere allo stesso tempo il conoscitore e il conosciuto, senza dividersi in due? Chiede il Madhyamika al Cittamatrin...Se è conosciuto da un altro atto di conoscenza, quest'ultima sarà conosciuta da un'altra e così via, cosa che ovviamente conduce ad un regresso all'infinito.
Per il Madhyamika il fatto che alcuni testi parlino della realtà unica della coscienza è dovuto agli abili mezzi d'insegnamento del Risvegliato, come passo di prepazione alla dottrina della sunyata ( vacuità ), senza spaventare inutilmente chi ha una mente 'debole' (critica implicita ai seguaci del Cittamatra... ;)). Essi perciò vanno intesi come neyartha ( secondari)  e non nitartha (l'insegnamento finale).
Il Cittamatra, sostiene Chandrakirti, accetta l'esistenza di qualcosa ( la coscienza)  e nega l'esistenza di altri ( gli oggetti), e non può quindi esser considerato come negazione dei punti di vista dell' 'è' e del 'non è' che è la vera posizione di mezzo del Buddha (madhyama-pratipad). Ovviamente Chandrakirti e Santideva affermano che questo, cioè porsi lontano da ogni estremo, è compiuto solamente dal Madhyamika... :)
Nonostante le critiche che si sono rivolte, credo che le due scuole si siano sempre considerate come 'buddhiste'...

Sul Samsara e Nirvana è interessante la spiegazione che ne dà Buddhadasa, che introduce il concetto di corpo-mente come agente creatore e conoscitore dei due. Il nostro corpo-mente è composto di elementi naturali che, in termini di pura esistenza ontologica non sono né samsara nè nibbana, ma divengono il terreno per l'uno o per l'altro in presenza di un "agente di disturbo". Se il corpo-mente, sotto l'influsso dell'ignoranza, entra in agitazione in presenza di un agente di disturbo, si trasforma nel samsara, nell'incarnazione della sofferenza. In caso contrario, se si sottrae all'influsso dell'ignoranza e mantiene il normale stato di equilibrio, mantiene le qualità del nibbana. E' legittimo riportare il tutto alla mente, dato che il corpo viene condizionato dalla mente. Quando la mente è agitata, è il samsara; quando si mantiene nella pace originaria, è il nibbana. Citando il Buddha:" La mente è cristallina; solo l'insorgere delle contaminazioni la oscura". Se la mente accoglie e si aggrappa alle contaminazioni, si agita. Viceversa, se le rigetta e se ne distacca, mantiene la 'trasparenza' e chiarezza orginarie ( quella chiarezza che si manifesta con evidenza nei jhana...).
"Quando le condizioni si sciolgono si scioglie anche il samsara, fino alla prossima reazione di ignoranza a uno dei tanti stimoli sensoriali che ci bombardano durante la giornata. Il processo di costruzione ricomincia e il samsara è nuovamente evocato. Possiamo dire così: quando la mente costruisce sensazioni, desideri e opinioni, sperimenta il processo di co-originazione delle cose o paticcasamuppada, un giro della ruota del samsara. Se abbiamo una scarsa conoscenza del Dhamma, saremo ossessionati dal processo di costruzione e incontreremo il samsara in ogni situazione, compresi i sogni. Se reagiamo senza consapevolezza a uno stimolo sensoriale, immediatamente diamo origine a un momento di agitazione samsarica. Se gli effetti sono positivi, saranno chiamati meriti o azioni virtuose; se negativi, demeriti o colpe, Entrambi sono costruzioni, entrambi sono samsara, ciascuno è, a suo modo, sofferenza".
Buddhadasa, "Il Nibbana è nel Samsara".
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

#208
@Sariputra... concordo con te che il concetto di "mente senza oggetto" sembra contraddittorio perchè è come dire "soggetto senza oggetto" ovvero "pretendere" di eliminare un elemento di una dualità inscindibile. Però se interpreto termini come "cessazione dei condizionamenti", "cessazione della sofferenza", "cessazione delle discriminazione" non come la distruzione della mente ma come, appunto, la "cessazione" (un po' come quando il mare si calma, quello che viene distrutto non è il mare ma l'agitazione del mare) allora ecco che "coscienza che non si stabilisce", "cessazione della coscienza", "cessazione dell'esistenza/divenire" ecc cominciano ad essere interpretati in un modo diverso dalla distruzione della mente. La trovo una interpretazione plausibile.

Anzi la citazione di Buddhadhasa ne è quasi una prova di questa interpretazione "mentale". In fin dei conti si parla di "chiarezza originaria" ecc. Un po' come quando il mare smette di essere agitato a causa delle tempeste (= cause esterne).  Quello che rimane è una "mente" pacificata, ferma, "inattiva" ecc che non costruisce e non distrugge più nulla, che non si attacca e non è avversa a niente, che non ha più la limitazione dell'io e quindi "vuota". Posso concordare che è "strano" chiamarla mente ma in fin dei conti. Una mente che non costruisce e non distrugge più nulla ecc - perfetta calma.

Un vero problema potrebbe sorgere: qual è la differenza ultima tra ciò e l'Atman di alcune scuole indù? A cui posso rispondere: dobbiamo per forza trovare una differenza così "netta" tra quei "tipi" di atman e la mente libera buddhista?
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#209
Citazione di: Apeiron il 29 Dicembre 2017, 18:25:58 PM@Sariputra... concordo con te che il concetto di "mente senza oggetto" sembra contraddittorio perchè è come dire "soggetto senza oggetto" ovvero "pretendere" di eliminare un elemento di una dualità inscindibile. Però se interpreto termini come "cessazione dei condizionamenti", "cessazione della sofferenza", "cessazione delle discriminazione" non come la distruzione della mente ma come, appunto, la "cessazione" (un po' come quando il mare si calma, quello che viene distrutto non è il mare ma l'agitazione del mare) allora ecco che "coscienza che non si stabilisce", "cessazione della coscienza", "cessazione dell'esistenza/divenire" ecc cominciano ad essere interpretati in un modo diverso dalla distruzione della mente. La trovo una interpretazione plausibile. Anzi la citazione di Buddhadhasa ne è quasi una prova di questa interpretazione "mentale". In fin dei conti si parla di "chiarezza originaria" ecc. Un po' come quando il mare smette di essere agitato a causa delle tempeste (= cause esterne). Quello che rimane è una "mente" pacificata, ferma, "inattiva" ecc che non costruisce e non distrugge più nulla, che non si attacca e non è avversa a niente, che non ha più la limitazione dell'io e quindi "vuota". Posso concordare che è "strano" chiamarla mente ma in fin dei conti. Una mente che non costruisce e non distrugge più nulla ecc - perfetta calma. Un vero problema potrebbe sorgere: qual è la differenza ultima tra ciò e l'Atman di alcune scuole indù? A cui posso rispondere: dobbiamo per forza trovare una differenza così "netta" tra quei "tipi" di atman e la mente libera buddhista?

Una differenza importante sta proprio, a mio parere, nel sostanziare quella mente. Alla domanda:"Dove sta la mente?" un hindu forse risponderebbe:" In Brahman"; un buddhista invece:" In nessun luogo". L'atman 'è' , non ci sono dubbi per il rishi. Invece il buddhista non stabilisce in alcun luogo la mente, né in 'è' né in 'non è'. La 'mente' per il buddhista è vuota, galleggia in una grande vacuità, non viene da nessun luogo e non va in nessun luogo, è inafferrabile...non lascia tracce che si possano seguire, proprio " come un uccello in volo".
E' l'interpretazione stessa dell'esperienza meditativa che porta a divergere le due strade. Nel samadhi il devoto hindu ritiene di realizzare l'unione con l'anima del Tutto, con l'eterno Brahman. Ishvara dimora nel cuore  e nella sfera di luce che appare tra i due occhi: "Tu sei Quello". Dove Tu e Quello sono un'unica cosa, si realizza l'unione in satchitananda, nell' oceano di saggezza e beatitudine che trascende ogni dualità. Nel buddhismo samadhi non è altro che un cancello, non è la meta, bisogna ancora andare oltre, fino al sorgere di prajna, la visione profonda ...
Il rishi invece afferma:
Solo il Sè superiore (Atman) conosce il Sè superiore. Esso, Conoscenza assoluta, non può essere realizzato che da Lui stesso, Conoscenza assoluta.
L'anima differenziata, fintanto che resta differenziata e vive sui piani inferiori, non può, come tale, realizzare l'Assoluto Divino.
Soltanto il non-differenziato realizza il non-differenziato.
E ciò spiega il vero senso dell'espressione:" Dio è ignoto e inconoscibile". (Ramakrshna-La realizzazione del Divino)
Un giorno venne chiesto proprio a Sri Ramakrshna se Buddha era ateo e lui rispose: "Il Buddha non era ateo, ma non potè spiegare le sue realizzazioni. Sapete cosa vuol dire Buddha? Significa diventare una cosa sola con bodha , l'Intelligenza suprema, divenire la pura Intelligenza stessa, mediante una intensa meditazione. Un tale stato di realizzazione di sé sta fra asti e nasti, essere e non essere. L'essere e il non essere sono modifiche di Prakriti. La realtà li supera entrambi.".
Notare che , nel Vedanta, Prakriti indica la natura, l'energia attiva ed in esecuzione, che si oppone al Purusha che osserva e sostiene senza prender parte all'azione. Elementi attivi e passivi del Reale, materia e spirito, caldo e freddo, oggetto di coscienza e coscienza passiva, ecc...qui R. sembra intendere che la realizzazione della 'buddhità' è di grado relativo rispetto al Brahmajnana, in quanto ancora all'interno di Prakriti, mentra la realtà del Brahman supera questa posizione tra "asti e nasti"...ma è proprio nello stare in questa "vacuità di posizione"  che si manifesta il tratto caratteristico di ogni forma seria di Buddhismo, che non sostanzia, che non giunge a concludere:" Ma Dio trascende anche la vacuità"...perché questo lo farebbe ricadere nella posizione "atta", nell' "è", nell'essere che il Buddha ha definito come una concezione erronea della realtà...dibattito infinito tra Vedanta e Buddhismo, che per moltissimi aspetti, come Apeiron giustamente sottolinea, si rassomigliano...ma a me personalmente appare piuttosta chiara la diversità, che si fonda proprio nella concezione dell'anatta, il vero tratto che distingue il buddhismo da ogni altra forma religioso/filosofica, il 'cuore stesso del Dhamma' di Gotama Siddhattha...non c'è alcun atman risponderebbe con un sorriso il Buddha a Ramakrshna, sei ancora gabbato da Mara...ma il confronto continua... :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.