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Buddhismo

Aperto da acquario69, 16 Febbraio 2017, 04:59:05 AM

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Apeiron

Ok sì concordo che anche un solo aspetto del Dhamma può dare "significato" alla vita. Per quanto riguarda il discorso di Ajahn Sumedho... qui la cosa si fa interessante. Il motivo per cui non è rimasto cristiano è stato che "voleva sparire", "voler esser niente", "liberarsi delle cose" ecc ecco qua si può vedere come questa filosofia sia vicina al "vibhava tanha", il desiderio di "non divenire". Ma a mio giudizio questa è una "razionalizzazione" di un "bhava tanha" (desiderio di venire), nel senso che si vuole divenire niente per il fatto che "tutto fa schifo". E questo in realtà è una cosa che accomuna buddismo, giainismo e induismo (e in realtà certe correnti cristiane)... non a caso se "tutto al mondo fa schifo" si vuole "altro" ed esso può essere Dio, il Nulla, il Nirvana, Brahman, il Dao ecc

Quello che però volevo mettere in luce io è che seppur è vero che i sutras non sono la Parola di Dio (e nemmeno lo sono gli scritti daoisti...) è però vero che in essi molte cose hanno senso solo se si accetta qualcosa di "analogo alla provvidenza, al Fato ecc". Per esempio la vita del Buddha ai "regni del mondo", i Buddha precedenti e futuri, il declino e restaurazione del Dhamma, la "caduta" nel samsara (non a caso l'ultima rinuncia è proprio al "delirio", quella cosa in "più" che causa la trasmigrazione - per questo il Nibbana è la purezza come l'oro è "puro" quando si tolgono le impurità), il tentatore Mara (che tra l'altro come parola richiama la Morte). A mio giudizio il "western buddhism" o lo "skeptical/secular buddhism" falliscono proprio perchè ignorano questa parte di buddismo, ossia la Storia della Liberazione, del Dhamma... ignorare questo aspetto a mio giudizio è come cercare di capire la civiltà greca senza considerare la mitologia del Fato perchè "superstizione". Fallisce, ne da un'immagine distorta proprio perchè non ti fa sentire "all'interno" di una Storia e quindi non da quel "significato in più" soteriologico alla pratica. Per come la vedo io il problema della scienza e della filosofia è anche questo: non fanno "vivere nella Storia". Ho quasi l'impressione che il tempo dell'oblio del Dhamma sia già arrivato (così come la Kali Yuga), non a caso in ogni tradizione il declino della spiritualità si manifesta con un "accorciamento" dell'orizzonte. Analogamente coloro che dicono che il Nibbana=Non-Esistenza non afferrano proprio questa storicità del buddismo. E già il theravada che sembra ignorare l'aspetto "cosmico/storico" al giorno d'oggi lo vedo meno coerente (mentre nei tempi che furono era più coerente proprio perchè le persone erano già "inserite" nella Storia - quindi di fatto non c'era) del mahayana in quanto quest'ultimo mette in luce l'aspetto "Storico" in modo maggiore.  

Per esempio nel Mahaparinibbana sutta si dice che il Buddha poteva rimanere un eone in vita ad aiutare se Ananda lo avesse chiesto "con cuore puro", ma Mara lo ha distratto. Ora a noi ci sembra un assurdo che il maestro della compassione abbia fatto una cosa simile solo perchè il suo discepolo prediletto era distratto dal Nemico, ma per chi è inserito nella Storia questo è solo un evento di "Mistero" e non assurdo, un evento che si accetta. La demitologizzazione delle religioni, buddismo compreso, rischia proprio di far perdere questi significati, di far uscire le persone dalle "storie cosmiche" e così via. Il risultato forse è anche quello che tu  trovi nel lamaismo (anche se devo dire che certe cose del buddismo tibetano, specie Dzogchen, Jonang e "vacuità come trasparenza/apertura" le ammiro molto). Il rischio di "praticare e basta" è proprio, secondo me, quello di non progredire nell'apertura degli orizzonti perchè non "viviamo la storia della liberazione", il "mito" ecc

P.S. Una cosa simile oggi la si vede nel cristianesimo. Per esempio il motivo dell'agnello (legato al fatto che nelle tradizioni pastorali si sacrificava un agnello per proteggere il gregge dai lupi...).
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#61
Citazione di: Apeiron il 15 Settembre 2017, 09:25:12 AMOk sì concordo che anche un solo aspetto del Dhamma può dare "significato" alla vita. Per quanto riguarda il discorso di Ajahn Sumedho... qui la cosa si fa interessante. Il motivo per cui non è rimasto cristiano è stato che "voleva sparire", "voler esser niente", "liberarsi delle cose" ecc ecco qua si può vedere come questa filosofia sia vicina al "vibhava tanha", il desiderio di "non divenire". Ma a mio giudizio questa è una "razionalizzazione" di un "bhava tanha" (desiderio di venire), nel senso che si vuole divenire niente per il fatto che "tutto fa schifo". E questo in realtà è una cosa che accomuna buddismo, giainismo e induismo (e in realtà certe correnti cristiane)... non a caso se "tutto al mondo fa schifo" si vuole "altro" ed esso può essere Dio, il Nulla, il Nirvana, Brahman, il Dao ecc Quello che però volevo mettere in luce io è che seppur è vero che i sutras non sono la Parola di Dio (e nemmeno lo sono gli scritti daoisti...) è però vero che in essi molte cose hanno senso solo se si accetta qualcosa di "analogo alla provvidenza, al Fato ecc". Per esempio la vita del Buddha ai "regni del mondo", i Buddha precedenti e futuri, il declino e restaurazione del Dhamma, la "caduta" nel samsara (non a caso l'ultima rinuncia è proprio al "delirio", quella cosa in "più" che causa la trasmigrazione - per questo il Nibbana è la purezza come l'oro è "puro" quando si tolgono le impurità), il tentatore Mara (che tra l'altro come parola richiama la Morte). A mio giudizio il "western buddhism" o lo "skeptical/secular buddhism" falliscono proprio perchè ignorano questa parte di buddismo, ossia la Storia della Liberazione, del Dhamma... ignorare questo aspetto a mio giudizio è come cercare di capire la civiltà greca senza considerare la mitologia del Fato perchè "superstizione". Fallisce, ne da un'immagine distorta proprio perchè non ti fa sentire "all'interno" di una Storia e quindi non da quel "significato in più" soteriologico alla pratica. Per come la vedo io il problema della scienza e della filosofia è anche questo: non fanno "vivere nella Storia". Ho quasi l'impressione che il tempo dell'oblio del Dhamma sia già arrivato (così come la Kali Yuga), non a caso in ogni tradizione il declino della spiritualità si manifesta con un "accorciamento" dell'orizzonte. Analogamente coloro che dicono che il Nibbana=Non-Esistenza non afferrano proprio questa storicità del buddismo. E già il theravada che sembra ignorare l'aspetto "cosmico/storico" al giorno d'oggi lo vedo meno coerente (mentre nei tempi che furono era più coerente proprio perchè le persone erano già "inserite" nella Storia - quindi di fatto non c'era) del mahayana in quanto quest'ultimo mette in luce l'aspetto "Storico" in modo maggiore. Per esempio nel Mahaparinibbana sutta si dice che il Buddha poteva rimanere un eone in vita ad aiutare se Ananda lo avesse chiesto "con cuore puro", ma Mara lo ha distratto. Ora a noi ci sembra un assurdo che il maestro della compassione abbia fatto una cosa simile solo perchè il suo discepolo prediletto era distratto dal Nemico, ma per chi è inserito nella Storia questo è solo un evento di "Mistero" e non assurdo, un evento che si accetta. La demitologizzazione delle religioni, buddismo compreso, rischia proprio di far perdere questi significati, di far uscire le persone dalle "storie cosmiche" e così via. Il risultato forse è anche quello che tu trovi nel lamaismo (anche se devo dire che certe cose del buddismo tibetano, specie Dzogchen, Jonang e "vacuità come trasparenza/apertura" le ammiro molto). Il rischio di "praticare e basta" è proprio, secondo me, quello di non progredire nell'apertura degli orizzonti perchè non "viviamo la storia della liberazione", il "mito" ecc P.S. Una cosa simile oggi la si vede nel cristianesimo. Per esempio il motivo dell'agnello (legato al fatto che nelle tradizioni pastorali si sacrificava un agnello per proteggere il gregge dai lupi...).

Credo di capire cosa vuoi dire.  Personalmente non sento il bisogno di sentirmi all'interno di una storia, che in questo caso è millenaria, con tutte le sue contraddizioni. Il western buddhism, se fallisce, non è per questo aspetto, a mio parere, ma perché tende ad ottenere un riconoscimento "scientifico" e facendo così rischia di cadere nello psicologismo e di snaturare l'aspetto fondamentale, la pietra angolare su cui è basato l'intero edificio: la liberazione dalla sofferenza  tramite la realizzazione del Nirvana.
I testi mahayanici e vajrayanici sono ricolmi di elementi agiografici ( diz.:Biografia di un personaggio arricchita di elementi favolosi o leggendari a scopo celebrativo) che non devono mettere in secondo piano l'Insegnamento o che lo riducano ad una serie infinita di eventi "miracolosi" tesi ad andare incontro alle istanze fideistiche delle masse .
La tradizione theravada detta "della foresta"  ha tentato e tenta di riportare il buddhismo alla sua antica  essenzialità, quasi austerità filosofica e pratica. L'"essenzialità", da individure e introiettare in noi, mi sembra che vada cercata con un'opera quasi di scavo, che si faccia strada tra un'immensità di cose posteriori, appiccicate al Dhamma dai secoli e dalle culture diverse con cui è venuto a contatto.
Io lo vedo come un tornare all'interno di una storia, dalla quale , per il bisogno di credere in qualcosa di "divino" nel Dhamma di Siddhartha, ci si è allontanati.
Se leggo, per esempio, un romanzo di Dostoevskij, trovo senz'altro interessante la descrizione della vita moscovita o della campagna russa dell'ottocento, ma quel che rimane e che va ponderato è  la sua visione del significato essenziale del cristianesimo che troviamo in forma palese od occulta nel testo. Dopo molti anni che leggo dei testi sul buddhismo ( da giovane molto di più confesso...) ho sviluppato quasi una "sensibilità" immediata nel riconoscere ciò che è Dhamma e ciò che è agiografia, proprio perché confronto l'insegnamento con il mio vissuto, con la pratica stessa.
C'è sempre il rischio che una cosa diventi "la mia cosa". E' un pericolo reale...il mio buddhismo, il mio cristianesimo, il mio ateismo, ecc. Il confronto con i testi è quindi importante, ma non possiamo sfuggire alla responsabilità di "battere l'oro" e farne una corazza "per noi" . E' sicuramente una sfida, che a volte si preferisce evitare e allora...si pensa che "l'incommensurabile compassione del Buddha ci porterà automaticamente alla Liberazione, noi e l'intero chiliocosmo, deva ed asura e naga compresi". Non funziona purtroppo così, altrimenti Gotama non avrebbe mai pronunciato quelle parole. "Siate luce a voi stessi, non abbiate altra luce" e "Lottate senza tregua"....
Non so che traduzione del Mahaparinibbanasutta stai leggendo , probabilmente un versione mahayana.  Nella mia del De Lorenzo, sul testo di K.E.Neumann, non è riportato quell'aneddoto che citi. E' riportato invece che Siddhartha, durante la questua , fece ammirare ad Ananda la bellezza di Vesali e dei suoi incantevoli giardini ( Liberazione non significa quindi non percepire o apprezzare più la bellezza...) e, contemplando simile bellezza, sorse in lui il pensiero che forse  valeva la pena di continuare ancora per un pò la sua opera, per la salute di molti, per utile e compassione del mondo ( la Liberazione quindi non dà insensibilità o freddezza verso l'altrui dolore...). Ma questo gli apparve subito come un'attrazione dello "spirito del mondo" (spirito che prende il nome nella tradizione di Mara), come una seduzione della natura, ed egli respinse quel pensiero della durata, decidendo che, non più tardi di tre mesi si sarebbe estinto.
Sul fatto che ci si avvicina al Dhamma perché "schifati" dal mondo, che si ha questo desiderio inconscio di non esistere, di sparire, di sfuggire al divenire di tutte le cose e di noi stessi trova il suo significato nel desiderio. In questo caso è un desiderio che prende la forma di un'urgenza, di un confronto con la sofferenza e con la visione della stessa ( i famosi incontri , fuori dal palazzo paterno, dello stesso Siddhartha...). Il giudizio sul "mondo" (inteso come creatura dell'incontro tra noi, pensiero e coscienza, e gli oggetti sensibili) a mio parere resta negativo. Questo "mondo" è però qualcosa che, per il buddhista, è nato, divenuto, composto, soggetto al crescere e diminuire, ecc.ma , proprio per questo, può permetterci di attingere al non-nato, non-divenuto, non composto, ecc.. Il mondo non è "male", nel senso abramitico, per un buddhista, ma, per la stessa ragione, non è nemmeno "un bene". Si tenta quindi, a mio avviso, di "trascendere il "mondo" usando il "mondo"... :)


P.S. Però! Hai visto?...1849 visite...niente male  ;D  ;D

P.S. Mi piace tantissimo leggere testi mahayanici, non fraintendermi!  Anche solo per l'aspetto letterario, per la musicalità e per le profonde riflessioni ( Vimalakirtinirdesasutra su tutti...) :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

E pensa che qualcuno se la prende con la filosofia dei theravada thailandesi della tradizione della foresta perchè ci vedono dell'eternalismo (la "citta eterna")  ;D ovviamente non sono d'accordo.

Concordo su quanto hai scritto. Sì il Dhamma chiaramente trascende il mito e le agiografie e anche della vita personale del Buddha (un po' come Brahman esiste per gli induisti anche quando nessuno ne parla ecc). Però c'è anche scritto nello stesso Canone Pali che l'effetto dei discorsi del Buddha era alquanto miracoloso, alcuni ascoltavano e divenivano subito almeno "sotapanna". Idem per le vite precedenti di Sariputta (che era Krishna secondo le suttas), il Buddha principe ecc. A mio giudizio allora "prendevano" molta più presa proprio perchè la gente era meno scollegata dal mythos. Oggi noi deridiamo il mythos e vogliamo cancellarlo ma non siamo davvero pronti a farlo secondo me (credo che gente come Shinran e chi segue la scuola del Buddha Amitaba qualche cosa l'ha capita da questo punto di vista).  ;)


P.S. http://www.accesstoinsight.org/lib/authors/hecker/wheel273.html qui puoi leggere la frase "If Mara had not intervened, Ananda would have asked the Buddha to accept the burden of a prolonged life, out of compassion for the world. But Mara prevented it, because innumerable beings would have escaped his clutches in such an event." L'ho letta su questo sito che è della tradizione della foresta e mi pare anche su una delle loro traduzioni in inglese del Mahaparinibbana - se la trovo te la faccio leggere.

P.S. Sono molto contento delle visualizzazioni
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

#63
Citazione di: Apeiron il 15 Settembre 2017, 12:56:29 PME pensa che qualcuno se la prende con la filosofia dei theravada thailandesi della tradizione della foresta perchè ci vedono dell'eternalismo (la "citta eterna") ;D ovviamente non sono d'accordo. Concordo su quanto hai scritto. Sì il Dhamma chiaramente trascende il mito e le agiografie e anche della vita personale del Buddha (un po' come Brahman esiste per gli induisti anche quando nessuno ne parla ecc). Però c'è anche scritto nello stesso Canone Pali che l'effetto dei discorsi del Buddha era alquanto miracoloso, alcuni ascoltavano e divenivano subito almeno "sotapanna". Idem per le vite precedenti di Sariputta (che era Krishna secondo le suttas), il Buddha principe ecc. A mio giudizio allora "prendevano" molta più presa proprio perchè la gente era meno scollegata dal mythos. Oggi noi deridiamo il mythos e vogliamo cancellarlo ma non siamo davvero pronti a farlo secondo me (credo che gente come Shinran e chi segue la scuola del Buddha Amitaba qualche cosa l'ha capita da questo punto di vista). ;) P.S. http://www.accesstoinsight.org/lib/authors/hecker/wheel273.html qui puoi leggere la frase "If Mara had not intervened, Ananda would have asked the Buddha to accept the burden of a prolonged life, out of compassion for the world. But Mara prevented it, because innumerable beings would have escaped his clutches in such an event." L'ho letta su questo sito che è della tradizione della foresta e mi pare anche su una delle loro traduzioni in inglese del Mahaparinibbana - se la trovo te la faccio leggere. P.S. Sono molto contento delle visualizzazioni

Non nasce una religione universale che dura da 25 secoli se non c'è davanti l'esperienza di un uomo eccezionale. Siddhartha lo era. E' giusto provare un senso di profonda ammirazione per il Buddha, al di là delle divisioni settaristiche sorte nel tempo all'interno del buddhismo. Mi ricordo che, da giovanissimo, ero attratto proprio dalla figura, dalla "forza" che esprimevano quei racconti  e spesso galoppavo con l'immaginazione dentro "boschetti di bambù notturni, illuminati da torce, in cui si ascoltava il Buddha e si discuteva il Dhamma"... :)  :)  Ah! Bei tempi... :'(
Questo ha a che fare con il mito ? Anche, sicuramente e la nostra eventuale venerazione lo alimenta. E' una cosa che, in fondo, scalda il cuore...almeno a me sembra che possa essere così.
I discorsi spesso provocavano "miracoli" interiori, nei presenti, perché qualcosa di profondo rispondeva, in un certo senso, soprattutto in personaggi che arrivavano,già carichi di un percorso spirituale  alle spalle, davanti a Gotama. Penso che qualcosa di simile succedeva nelle moltitudini che ascoltavano Yeoshwa. Un carisma, un'intrinseca "autorità" spirituale che emanava da questi uomini, la percezione del "vero" (inteso in senso non filosofico ma umano, con il proprio essere...) che colpiva nell'intimo...va beh! Riflessioni personale...
Sono d'accordo con te che è importante "anche" questa dimensione del mito, soprattutto all'inizio , quando ci si ...avvicina ad una figura come quella del Buddha. Il mito come attrazione verso...

P.S: Ti assicuro che, in una mia vita precedente, non ero Krshna... :D  ( Beh! Almeno non credo di esserlo stato...mumble...mumble...però, ora che mi ci fai pensare, perché ho scritto di Krshna e delle sue gopi? Coincidenza? ...Bisogna chiederlo a Jean, forse... :-\  )
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Apeiron

#64
Ma guarda sul discorso dei "miti" (si potrebbe aprire un interessantissimo argomento a riguardo  ;D ) mi ci ritrovo in quello che dici. Quando guardavo all'inizio dell'adolescenza il Signore degli Anelli rimanevo estasiato dalla "spiritualità" (anche se allora non avrei usato questo termine) e dalla vita molto "piena di significato" dei personaggi, specie quelli buoni. Non mi era venuto in mente che da piccolo anche io ero più inserito nel mito come i personaggi. Ora mi rendo conto della vera funzione dei miti: quella di essere la "base" su cui fondare una spiritualità.

Sono molto attratto e affascinato dalla figura del Buddha ma non riesco ad essere inserito nel mito, non riesco a viverlo. Allora forse era più facile progredire nella spiritualità proprio perchè si partiva da un senso di identità ben formato. Il grande peccato del buddismo "importato" è dimenticarsi proprio l'aspetto mitologico-sociale-collettivo e di mostrarci solo la versione "personale", "individuale". Lo stesso Buddha ha imparato molto dai suoi insegnanti. Credo che allora questi discorsi facessero più effetto perchè avevano un significato molto profondo per chi ascolta, sia a livello individuale sia a livello comunitario - e quindi facevano molta "presa". Quando li leggo io, dico "interessante" ma non vengo di certo "mosso" nemmeno lontanamente come i discepoli "laici" di Siddharta.
La filosofia occidentale non è in genere "spiritualità" anche perchè manca l'aspetto comunitario (per esempio il platonismo non è mai diventato un movimento "organizzato") e lo stesso succede per il "buddismo visto dall'occidente". Si comprende poi la Trascendenza del Dhamma quando si capisce che è un "qualcosa" che esiste anche quando non ci sono buddisti al mondo. Ma il mito come dici tu è la base della venerazione e questo scalda il cuore e aiuta nel progresso del Dhamma. Purtroppo quello che a noi manca è la capacità di "rientrare" (religione viene da "religo", "rilegare") nel mito e dare significato "superiore" alle nostre vite, a vedere noi come parte di qualcosa più grande e vivere secondo tale realizzazione.

P.S. Chi può dire che tu magari nella vita futura non sarai il braccio destro di Maitreya o il nuovo Krishna?  :P O addirittura magari eri il Sariputta storico che "per compassione" è rimasto come Bodhisattva e oggi enunci il Dhamma a noi occidentali  ;D
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Jean

Citazione di: Sariputra il 15 Settembre 2017, 17:36:36 PM
Citazione di: Apeiron il 15 Settembre 2017, 12:56:29 PME pensa che qualcuno se la prende con la filosofia dei theravada thailandesi della tradizione della foresta perchè ci vedono dell'eternalismo (la "citta eterna") ;D ovviamente non sono d'accordo. Concordo su quanto hai scritto. Sì il Dhamma chiaramente trascende il mito e le agiografie e anche della vita personale del Buddha (un po' come Brahman esiste per gli induisti anche quando nessuno ne parla ecc). Però c'è anche scritto nello stesso Canone Pali che l'effetto dei discorsi del Buddha era alquanto miracoloso, alcuni ascoltavano e divenivano subito almeno "sotapanna". Idem per le vite precedenti di Sariputta (che era Krishna secondo le suttas), il Buddha principe ecc. A mio giudizio allora "prendevano" molta più presa proprio perchè la gente era meno scollegata dal mythos. Oggi noi deridiamo il mythos e vogliamo cancellarlo ma non siamo davvero pronti a farlo secondo me (credo che gente come Shinran e chi segue la scuola del Buddha Amitaba qualche cosa l'ha capita da questo punto di vista). ;) P.S. http://www.accesstoinsight.org/lib/authors/hecker/wheel273.html qui puoi leggere la frase "If Mara had not intervened, Ananda would have asked the Buddha to accept the burden of a prolonged life, out of compassion for the world. But Mara prevented it, because innumerable beings would have escaped his clutches in such an event." L'ho letta su questo sito che è della tradizione della foresta e mi pare anche su una delle loro traduzioni in inglese del Mahaparinibbana - se la trovo te la faccio leggere. P.S. Sono molto contento delle visualizzazioni

Non nasce una religione universale che dura da 25 secoli se non c'è davanti l'esperienza di un uomo eccezionale. Siddhartha lo era. E' giusto provare un senso di profonda ammirazione per il Buddha, al di là delle divisioni settaristiche sorte nel tempo all'interno del buddhismo. Mi ricordo che, da giovanissimo, ero attratto proprio dalla figura, dalla "forza" che esprimevano quei racconti  e spesso galoppavo con l'immaginazione dentro "boschetti di bambù notturni, illuminati da torce, in cui si ascoltava il Buddha e si discuteva il Dhamma"... :)  :)  Ah! Bei tempi... :'(
Questo ha a che fare con il mito ? Anche, sicuramente e la nostra eventuale venerazione lo alimenta. E' una cosa che, in fondo, scalda il cuore...almeno a me sembra che possa essere così.
I discorsi spesso provocavano "miracoli" interiori, nei presenti, perché qualcosa di profondo rispondeva, in un certo senso, soprattutto in personaggi che arrivavano,già carichi di un percorso spirituale  alle spalle, davanti a Gotama. Penso che qualcosa di simile succedeva nelle moltitudini che ascoltavano Yeoshwa. Un carisma, un'intrinseca "autorità" spirituale che emanava da questi uomini, la percezione del "vero" (inteso in senso non filosofico ma umano, con il proprio essere...) che colpiva nell'intimo...va beh! Riflessioni personale...
Sono d'accordo con te che è importante "anche" questa dimensione del mito, soprattutto all'inizio , quando ci si ...avvicina ad una figura come quella del Buddha. Il mito come attrazione verso...

P.S: Ti assicuro che, in una mia vita precedente, non ero Krshna... :D  ( Beh! Almeno non credo di esserlo stato...mumble...mumble...però, ora che mi ci fai pensare, perché ho scritto di Krshna e delle sue gopi? Coincidenza? ...Bisogna chiederlo a Jean, forse... :-\  )

Anch'io sono contento del percorso di questa discussione, delle visualizzazioni che testimoniano l'interesse per l'argomento e ricompensano i relatori (Sari e Apeiron in primis e certamente Acquario che l'ha iniziato) per il loro impegno.

Dal mio punto di vista mi par bello che nel nostro Hotel Logos (1° piano con terrazza... filosofia...) vi sia codesta stanza che periodicamente ospita i vostri e altri interventi... dove si respira un'atmosfera non competitiva, se si può dir così...

Quando vengo qui a leggiucchiar qualcosa non mi preoccupo di capircene ben poco... e a dir il vero mi par secondario (per me) rispetto alla piacevole sensazione di tranquillità che ha permeato la stanza... un valore aggiunto, dipendente dall'intrinseca qualità delle persone, che alcuna preparazione, studio, esperienza, ecc. può garantire.

Ho sempre provato una forte attrazione per le raffigurazioni del Buddha (dipinti e soprattutto sculture) e mi ha sempre sorpreso la capacità di così tanti artisti di trasporre l'ineffabile Sorriso nelle loro opere... quel sorriso che noi europei abbiamo potuto vedere nel materiale riportato dal nostro grande veneziano, Marco Polo (1254-1324) che ...

... fu probabilmente il primo europeo (di cui si abbia notizia) a parlare per esperienza diretta del buddhismo, anche se con i limiti che vedremo.

Forse il primo contatto con la cultura buddhista Marco lo ebbe nel Chescimur, l'attuale Kashmir. 
Gli abitanti di questo territorio, dal quale si accede al cuore dell'India, vengono da lui definiti "idolatri", e questo è il termine che Polo usò per definire coloro che non erano né cristiani, né ebrei né islamici. 

Le religioni a lui note erano infatti le religioni abramitiche, anche nelle loro varianti, per esempio i cristiani nestoriani[4], presenti in molti dei territori dominati dai Mongoli, Cina compresa; gli "altri" erano da lui chiamati "idolatri", anche se non dimostrava nei loro confronti disprezzo, anzi era sicuramente incuriosito ed interessato alle differenze tra le diverse tradizioni.

Nel capitolo del Milione sul Chescimur[5] distingue "certi loro romiti che abitano in eremitaggi e digiunano severamente; fanno vita castissima e si guardano con ogni diligenza dal peccare contro la loro religione" (forse adepti dello Yoga?) da altri "monaci" che vivono "in abbazie e monasteri" dove "seguono regole rigidissime e portano tonsura come i nostri domenicani e i nostri frati minori". 

Che sia questo il racconto del primo incontro (documentato) della storia tra un occidentale e dei monaci buddhisti?
 
All'epoca del Milione il buddhismo era ormai scomparso dall'India, a causa delle invasioni islamiche, della rinascita dell'induismo e delle crisi interne del buddhismo stesso. Ma si era già diffuso in gran parte dell'Asia, in particolare nei territori toccati da Polo: la Mongolia, il Tibet, la Cina e, durante il ritorno, Sri Lanka. 

Il buddhismo da lui descritto, come si capirà secoli dopo, è quindi quello Mahayana (tranne a Sri Lanka), soprattutto nelle varianti del Vajrayana (un tempo chiamato Lamaismo).

http://zenvadoligure.blogspot.it/2015/01/il-buddhismo-nel-milione-di-marco-polo.html
 


... quel sorriso a cui son certo si rifece anche il nostro grande Leonardo (1452-1519) per la sua più celebre opera (opinione personale)...

... quel sorriso che a volte scorgo tra le righe degli interventi del Sari, il precettore del Piccolo Principe... (Apeiron)...

... e nelle raffigurazioni di Krishna...

 
... e quindi, alla domanda se Il Sari in una vita precedente fosse stato L'essere Supremo stesso ovviamente non so rispondere... ma almeno, scusate se è poco, rilevo delle analogie, delle affinità (elettive... vedi pastorelle...) e rimando a voi la palla per le conclusioni...
 


Un caro saluto
Jean

Apeiron

#66
Il Mahaparinibbana sutta (da questa fonte http://www.accesstoinsight.org/tipitaka/dn/dn.16.1-6.vaji.html) recita così: "[il Buddha disse:]" The Tathagata could, if he so desired, remain throughout a world-period or until the end of it.( mia traduzione: il Tathagata, se così desiderasse, potrebbe rimanere per un "eone" fino alla fine dello stesso)... But the Venerable Ananda was unable to grasp the plain suggestion, the significant prompting, given by the Blessed One. As though his mind was influenced by Mara, he did not beseech the Blessed One: "May the Blessed One remain, O Lord!. May the Happy One remain, O Lord, throughout the world-period, for the welfare and happiness of the multitude, out of compassion for the world, for the benefit, well being, and happiness of gods and men!" (Ma il Venerabile Ananda non fu in grado di comprendere il chiaro consiglio, il suggerimento significativo dato dal Beato. Siccome la sua mente era influenzata da Mara non supplicò il Beato [in questo modo]: "Possa il Beato rimanere, O signore! Possa il Felice rimanere, o signore, per tutto l'eone, per il benessere e la felicità della moltitudine, per la compassione per il mondo, per il beneficio, il benessere e la felicità dei deva e degli uomini")
And when for a second and a third time the Blessed One repeated his words, the Venerable Ananda remained silent. (E quando per una seconda e una terza volta il Beato ripetà le sue parole, il Venerabile Ananda rimase silenzioso.)
[Il Buddha disse: ]But you, Ananda, were unable to grasp the plain suggestion, the significant prompting given you by the Tathagata, and you did not entreat the Tathagata to remain. For if you had done so, Ananda, twice the Tathagata might have declined, but the third time he would have consented. Therefore, Ananda, the fault is yours; herein you have failed (Ma tu Ananda non sei stato capace di comprendere il chiaro consiglio, il suggerimento significativo dato a te dal Tathagatha e tu non hai supplicato il Tathagatha di rimanere. Perchè se tu avessi fatto così, Ananda, due volte il Tathagatha potrebbe aver rifiutato, ma la terza volta avrebbe acconsentito. Perciò, Ananda, l'errore è tuo; qui tu hai fallito.)

Chiaramente mi pare un bellissimo passo mitico vista anche l'importanza data dall'archetipo del numero "tre".  Ananda rimase silenzioso per tre volte (un po' come Pietro rinnegò Gesù tre volte). Poi il Mahaparinibbana sutta riporta un altro passo mitologico abbastanza frequente ossia quello dei terremoti:
"[Il Budddha disse:] "[The earthquakes also happen] Ananda, when the Bodhisatta departs from the Tusita realm and descends into his mother's womb, mindfully and clearly comprehending; and when the Bodhisatta comes out from his mother's womb, mindfully and clearly comprehending; and when the Tathagata becomes fully enlightened in unsurpassed, supreme Enlightenment; when the Tathagata sets rolling the excellent Wheel of the Dhamma; when the Tathagata renounces his will to live on; and when the Tathagata comes to pass away into the state of Nibbana in which no element of clinging remains." (Ananda quando il Bodhisatta - colui che cerca il Risveglio - diparte dal reame di Tusita e discende nel grembo di sua madre, concentrato e con chiara comprensione; e quando il Bodhisatta esce dal grembo di sua madre, concentrato e con chiara comprensione; quando il Tathagatha diviene completamente risvegliato nell'insuperabile, supremo Risveglio; quando il Tathagatha mette in rotazione l'eccellente Ruota del Dhamma; quando il Tathagatha rinuncia alla volontà di continuare a vivere; e quando il Tathagatha muore nello stato del Nibbana senza nessun elemento di attaccamento)"

Inoltre - ancora molto "mitologico" - trovo l'espressione secondo cui "il Tathagatha è designato il "corpo del Dhamma" (Dhammakaya)... "divenuto Dhamma""(Digha Nikaya, https://en.wikipedia.org/wiki/Dharmak%C4%81ya) e quando nella Garava sutta (http://www.accesstoinsight.org/tipitaka/sn/sn06/sn06.002.than.html) un deva esclama (dopo che al Buddha viene in mente di esprimere riverenza al Dhamma):
"Past Buddhas, future Buddhas, & he who is the Buddha now, removing the sorrow of many — all have dwelt, will dwell, he dwells, revering the true Dhamma." (trad: Buddha passati, futuri e quello presente ora che rimuove la sofferenza di molti - tutti loro hanno dimorato, dimoreranno e dimora riverendo il vero Dhamma). Ossia qui vediamo nel primo caso che il Buddha è visto quasi come una sorta di "incarnazione" (scusate il termine "cristiano" ma non sapevo quale usare anche perchè non c'entra nulla con la "incarnazione di una divinità") dei suoi insegnamenti e nel secondo caso si esprime la "superiorità" e la "trascendenza" del Dhamma (eterno) rispetto ai Risvegliati (temporanei...). Volevo solo far notare come gli elementi mitologici sono presenti già nel Canone Pali e, a mio giudizio, non si possono separare dalla spiritualità buddista - così come il mito indù, il mito daoista, il mito cristiano ecc non possono essere separati dalle rispettive spiritualità. Inoltre tra questi miti, pur essendoci differenze enormi, vedo tantissime affinità con temi presenti in moltissimi di essi. Questo mostra - a mio giudizio - che il mito è direi quasi fondamentale (o forse anche senza il "quasi") per la spiritualità. La tendenza alla "de-mitologizzazione" moderna a mio giudizio anche se ovviamente deve essere scientifica e chiarire cosa è superstizione e cosa non lo è non deve secondo me trascurare l'importanza del mito (proponendone una interpretazione coerente).

P.S. Quando dicevo che "il buddismo ha una componente mitologica" ovviamente non usavo il termine "mito" in senso dispregiativo (come si fa spesso oggi), anzi... ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Sariputra

Sfrondare il Canone Pali da tutte le mitologiche e agiografiche aggiunte non solo è inutile ma va anche contro la dimensione culturale e poetica dei testi stessi. Ultimamente si è acceso un dibattito su cos'è il "vero Dharma". Ossia in che cosa consista effettivamente l'originario pensiero di Siddhartha. Sappiamo che il Canone Pali , questa sterminata raccolta di testi e discorsi, data tra il primo sec. a.C. e il secondo d.C. Abbiamo quindi quattrocento anni di trasmissione orale e tre o quattro concili prima della stesura dei testi.  Questo è un bel problema . Quei testi hanno il loro più genuino significato all'interno della cultura che li ha partoriti. Per questo il buddhismo, giunto in Occidente, rischia di diventare veramente qualcos'altro. Scrive Marta Sernesi:
Il Western Buddhism si propone pertanto come un nuovo buddhismo che pretende di sintetizzare il meglio dell'insegnamento religioso tradizionale, di porsi cioè al di sopra delle tradizioni regionali buddhiste, includendole, valorizzandole e superandole in efficacia in relazione agli adepti contemporanei. Ricompare qui la retorica dell'ekay≈na: il nuovo veicolo è la summa dei precedenti, i quali sono disposti in una scala gerarchica di progressiva approssimazione all'ideale. Seppur riconosciuti quali abili strumenti d'insegnamento nell'ambito delle varie culture del mondo, sono considerati inadatti alla nuova tipologia (o famiglia: gotra) di buddhisti, quella degli occidentali. Ancora più in generale si nota un afflato universalistico: il nuovo buddhismo è la religione più adatta all'uomo moderno, quella che meglio risponde alle necessità del mondo contemporaneo: ecco dunque che la retorica del modernist Buddhism mostra ancora tutta la sua vitalità.
Il buddhismo e i vari testi tramandati dalla tradizione, tradotti dal pali in una molteplicità di lingue dell'intero continente asiatico e poi ritradotti in inglese ,e da qui ritradotti in italiano rischia e rischiano di perdere  il loro autentico significato, ed io  sono convinto di questo. Non c'è una chiesa che impone quali siano i testi ufficiali e quali quelli da scartare. Insomma, diventa una specie di babele per noi , estranei a quelle culture, in cui è facilissimo perdersi o travisarne il senso.
Il buddhismo non è soltanto una religione, ma è anche una civiltà, una cultura che ha influenzato e permeato di sé la vita sociale, politica, la storia, il pensiero e l'arte di quasi tutti i popoli dell'estremo Oriente. Come ogni religione, anche il Buddhismo si rivolge ad una collettività fatti di individui e culture con sensibilità, psicologie e rituali diversi. Questo adattamento comporta che ogni cultura , dall'albero della bodhi, tragga differenti frutti e differenti interpretazioni. Sempre Sernesi:
Bisogna sottolineare come sia stato necessario ogni volta un lungo processo di dialogo, integrazione, traduzione ed esegesi dei testi, ri-negoziazione rituale e attuazione di strategie politiche per arrivare alla creazione di quelli attualmente noti come 'buddhismi regionali' . Gli studi degli specialisti nelle diverse aree geografiche evidenziano problematiche e dinamiche ricorrenti, anche se le necessità e le risposte locali variano sensibilmente; per questa ragione questi studi potrebbero illuminare, in comparazione diacronica, anche i processi di cambiamento in atto nel buddhismo durante la sua diffusione in Occidente. Una delle tematiche più interessanti in questa prospettiva –ma certamente non l'unica degna d'attenzione – è quella della legittimazione dei testi, delle dottrine e delle pratiche buddhiste, dell'individuazione e della definizione di criteri per individuare la religione buddhista 'corretta' o 'accettabile' e per orientarsi all'interno della moltitudine di insegnamenti differenti. 
Come fa il Sari ad orientarsi all'interno di questo sterminato universo di testi, correnti, veicoli, culture? Prende pochi testi di autori veramente importanti, li confronta con la propria pratica e la propria intuizione al riguardo... ;D  ;D Cerca di discernere ciò che gli sembra coerente con le semplice , essenziali verità formulata da Gotama e poi giudica i testi e gli elementi mitici o agiografici sulla base di quelle. Garanzie di accuratezza e di precisione ? Nessuna!... :( Rischio di fallire ? Altissimo!Però spesso si notano facilmente "incoerenze" nei vari testi. E qui il Sari fa uso dell'unica arma a disposizione...il sano "buon senso"! Per es. proprio usando la citazione dal M.Par:Nib.Sutra che riporti subito il Sari si chiede. "Ma se l'insegnamento ha come sua base l'impermanenza di ogni cosa, come fa il corpo di un uomo ( Siddhartha) a posticipare la morte per un'intero eone, o addirittura non morire mai, a piacimento? Non stanno qui deificando la figura del Buddha? Se prima viene affermato che il kamma invariabilmente giunge a  manifestarsi, anche nel corpo di un risvegliato per effetto delle azioni passate., com'è che adesso si sfugge a ciò?E' contraddittorio, pertanto questo non è Dharma autentico, ma abbellimento agiografico a scopo di impressionare le masse con racconti di carattere soprannaturale, miracolosi, ecc."
Certo che rischio anch'io di inserirmi in un approccio Western Buddhist ma me ne tengo alla larga comprendendo che la sottomissione del messaggio religioso all'esame di una supposta superiorità razionale dell'Occidente ripropone solamente datati schemi ideologici di opposizione tra Oriente e Occidente, subordinando il Buddhismo a modelli euristici scientifico-razionali.
Ben vengano quindi i miti , testimonianze di popoli e culture, purché non mi tengano avvolto in una specie di "nube" che mi impedisce di fatto di scorgere la sorgente...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

SARIPUTRA
Come fa il Sari ad orientarsi all'interno di questo sterminato universo di testi, correnti, veicoli, culture? Prende pochi testi di autori veramente importanti, li confronta con la propria pratica e la propria intuizione al riguardo...   Cerca di discernere ciò che gli sembra coerente con le semplice , essenziali verità formulata da Gotama e poi giudica i testi e gli elementi mitici o agiografici sulla base di quelle. Garanzie di accuratezza e di precisione ? Nessuna!...  Rischio di fallire ? Altissimo!Però spesso si notano facilmente "incoerenze" nei vari testi. E qui il Sari fa uso dell'unica arma a disposizione...il sano "buon senso"! Per es. proprio usando la citazione dal M.Par:Nib.Sutra che riporti subito il Sari si chiede. "Ma se l'insegnamento ha come sua base l'impermanenza di ogni cosa, come fa il corpo di un uomo ( Siddhartha) a posticipare la morte per un'intero eone, o addirittura non morire mai, a piacimento? Non stanno qui deificando la figura del Buddha? Se prima viene affermato che il kamma invariabilmente giunge a  manifestarsi, anche nel corpo di un risvegliato per effetto delle azioni passate., com'è che adesso si sfugge a ciò?E' contraddittorio, pertanto questo non è Dharma autentico, ma abbellimento agiografico a scopo di impressionare le masse con racconti di carattere soprannaturale, miracolosi, ecc."

APEIRON
Ecco: anche secondo me l'agiografia e il mito contendono certe esagerazioni ma se esse sono presenti per lo meno hanno un certo significato. In modo simile si può leggendo la Bibbia ignorare la Genesi perchè è "falsificata" dalla scienza. Il problema è che si confonde il mito con la narrazione storica. Allo stesso modo ritengo che quando leggo un testo dei sutta e trovo assurdità come il prolungamento della vita di un eone e il "silenzio" di Ananda che ha fatto in modo che Buddha non usasse questo "potere" credo che sia necessario usare tre metodi interpretativi: uno è semplicemente quello che usiamo noi occidentali in genere ossia quello di "ignorarlo" perchè va contro il buon senso (e su questo fai conto che io lo uso proprio come te  ;) ),il secondo è quello del "credulone" o in altri casi del "fedele" (che non sono la stessa cosa), ossia accettare prima di vedere con i propri occhi, il terzo è quello di vedere se tali "miti"/agiografie hanno un significato simbolico o non letterale. Il secondo metodo ovviamente non lo uso nemmeno io perchè non credo che nella vita di Buddha ci sono stati così tanti terremoti, non credo che Gotama avesse i super-poteri ecc, ma questo è dovuto (anche) al fatto che sono di formazione scientifica e anche sono stato educato ad essere critico e non "credere a tutto". Rimane però la terza via interpretativa, ossia di "interpretare il testo". Non credo che quegli "spezzoni" siano stati aggiunti in mala fede. Ad esempio il fatto che Ananda non abbia chiesto al Buddha di rimanere lo vedo come una riflessione al fatto che "siamo talmente avvolti da Mara che anche se il Buddha fosse tra noi, saremmo come Ananda. E ciò ahimé è normale, siamo "umani", sbagliamo e anche se abbiamo il "salvatore" a due metri finiamo di non riconoscerlo". Il fatto che poi il Buddha non abbia prolungato artificialmente la vita lo vedo come "anche se avesse avuto il potere di vivere di più ha scelto la rinuncia". Il fatto dei terremoti mi da l'idea della connessione tra noi e la natura ecc. Il "mito" delle rinascite idem, l'unione tra gli esseri viventi (più o meno questa è l'interpretazione di Schopenhauer). Ovviamente mi rendo conto che quanto dico non è buddismo. Sulla questione del Buddha storico ad esempio nutro forti dubbi che siano esistiti veramente "uomini moralmente perfetti, privi da ogni "illusione" ecc" ma non posso di certo negare quanto sia importante tendere alla "perfezione morale" ecc. Ritengo Gotama una delle menti più brillanti e originali mai esistiti ma mi sembra l'incarnazione di moltissimi ideali umani, ossia dell'uomo "perfetto": senza attaccamenti, avversioni e illusioni. Ovviamente può essere tutto vero, può essere vero che il Buddha era veramente una mente infallibile. Già nel Mahayana però ci si è accorti di quanto sia impossibile (o quasi) essere un'"isola per se stessi" e si è tirata in ballo la figura del Bodhisattva che aiuta e ama il "fedele". E ciò ha senso perchè non credo che sia vero che si è davvero in senso ultimo un'"isola per se stessi" proprio per l'anatta, ossia l'assenza di un io separato.

Inoltre se usiamo il nostro "buon senso" nel leggere la descrizione dell'obbiettivo finale del Buddha ci sembra quanto più avverso all'esistenza ci sia. Ossia "Nibbana=Nulla=Oblio" proprio perchè nella nostra lettura razionalistica il Buddha che parlava solo dell'immediata esperienza non poteva dire realmente che il Nibbana è "quella dimensione/sfera (ayatana) che non è né..." (Udana) e infatti deve averlo detto solo perchè voleva invogliare i monaci a praticare (ho letto QUESTO qui https://www.dhammawheel.com/viewtopic.php?t=22409). Non posso essere buddista proprio perchè non mi riconosco pienamente nel "mito", vedo che il mio io (per quanto sia un delirio), la mia formazione e il mio "karma" mi rendono più simile ad un misto tra Platone e Pirrone. Non rinuncio però a prendere ispirazione dai testi che leggo, buddisti compresi. Nello Zhuangzi c'è scritto che "Liezi cavalcava il vento", io credo che sia una metafora. Ma può essere che veramente Zhuangzi (o chi per lui) credesse in quello che ha scritto. Idem per Buddha. L'importante è ammettere che è una nostra interpretazione. Per esempio per me Nibbana=Nulla è falso perchè trovo molte somiglianze tra il buddismo e le varie filosofie e religioni del mondo, trovo che "Nibbana=ayatana che non è" è una frase di natura "apofatica". Ma questo perchè io accetto la trascendenza mentre mi pare di vedere (anche nel forum che ho citato) molti "buddisti" vedono ogni trascendenza come eternalismo (ammetto che da un punto di vista testuale ciò potrebbe essere legittimo). Poi il Buddha ci parla di rinascite, deva, inferni ecc e viste tutte queste cose sinceramente mi sembra "plausibile" che credesse veramente nella possibilità di camminare sulle acque ecc. Ammettere che il Buddha fosse in errore per me, che non sono buddista, è possibile. Se però lo si vede come "infallibile" e si vuole "forzare" una intepretazione "compatibile con la scienza" sulle suttas di certo si finisce nel "Nibbana=Nulla=Eutanasia", le rinascite sono false, non esistono deva ecc. Tu sinceramente Sari sei un "libero pensatore" e non un "buddista"  ;)
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Phil

Credo che la contestualizzazione storico-antropologica ricordata da Sariputra sia fondamentale per l'esegesi dei testi e anche per cogliere il nocciolo del pensiero buddhista (ancora non ho capito se si scrive con l'h o no  ;D ):  se la funzione sociale di una religione (e di una filosofia che viene "adattata" per essere anche una religione) è quella di fornire risposte alle genti (plurale ecumenico!), spiegazioni e verità, allora ogni religione non può esimersi, per essere "credibile", dall'avere una cosmogonia, un'escatologia (anche se ciclica), una spiegazione del post-mortem, etc. per saper cosa rispondere ai "domandoni" che gli adepti porranno per saggiare la portata soteriologica e sapienziale del culto proposto... Tuttavia, proprio come entrambi osservate (se non vi ho frainteso), si tratta di un guscio che va infranto e superato per raggiungere ciò di cui ci si può davvero nutrire, ciò che può orientare, o almeno consigliare, la nostra vita immanente e contingente, qui ed ora...
I miti, le agiografie, i discorsi cosmologici, non sono forse ciò che ci attira sulla zattera, ma anche le prime corde da cui staccarci quando pensiamo di voler scendere? Augurandoci di essere davvero arrivati... altrimenti il pedalò di Patrick, in versione ONG, dovrà venire a raccoglierci in mare ;D

Sariputra

Citazione di: Phil il 17 Settembre 2017, 11:45:37 AMCredo che la contestualizzazione storico-antropologica ricordata da Sariputra sia fondamentale per l'esegesi dei testi e anche per cogliere il nocciolo del pensiero buddhista (ancora non ho capito se si scrive con l'h o no ;D ): se la funzione sociale di una religione (e di una filosofia che viene "adattata" per essere anche una religione) è quella di fornire risposte alle genti (plurale ecumenico!), spiegazioni e verità, allora ogni religione non può esimersi, per essere "credibile", dall'avere una cosmogonia, un'escatologia (anche se ciclica), una spiegazione del post-mortem, etc. per saper cosa rispondere ai "domandoni" che gli adepti porranno per saggiare la portata soteriologica e sapienziale del culto proposto... Tuttavia, proprio come entrambi osservate (se non vi ho frainteso), si tratta di un guscio che va infranto e superato per raggiungere ciò di cui ci si può davvero nutrire, ciò che può orientare, o almeno consigliare, la nostra vita immanente e contingente, qui ed ora... I miti, le agiografie, i discorsi cosmologici, non sono forse ciò che ci attira sulla zattera, ma anche le prime corde da cui staccarci quando pensiamo di voler scendere? Augurandoci di essere davvero arrivati... altrimenti il pedalò di Patrick, in versione ONG, dovrà venire a raccoglierci in mare ;D

D'accordissimo con  Phil! Potremmo, con un esempio, paragonare i miti, le agiografie, la cosmogonia buddhista, ecc. con l'"abbelliomento " esteriore della zattera che ci dovrebbe portare all'altra riva. Sono i colori e le decorazioni esterne ai robusti tronchi che formano l'ossatura della zattera. Non sono inutili, se possiamo intenderli anche come un aiuto, intanto per avvicinarsi ( questo più per l'orientale che non per noi occidentali, penso...) ad un primo contatto con questa forma di filosofia/religione particolare che, non bisogna dimenticarlo, è ed è stata motivo di conforto e speranza per milioni di persone "semplici" ( quindi in difficoltà ad affrontare la speculazione filosofica insita nel buddhismo). "Semplici" detto senza presunzione ,in quanto vi è anche una profondità della "semplicità" stessa. I testi parlano anche a questi. Soprattutto considerando che questi testi vengono redatti quando già la diffusione del buddhismo è enorme nell'intero sub-continente indiano. Quindi presumo che le leggende popolari, i racconti e la filosofia si intrecciassero nel quotidiano di quei popoli. I testi ne diventarono probabilmente una trasposizione. Questo, a mio parere, ne aumenta il fascino e non lo diminuisce anche se, a noi occidentali, possono a volte sembrare ingenui, fantasmagorici quasi...noi vogliamo sempre qualcosa di razionale, di dimostrabile. Non pensiamo che i testi sono cose da "usare" in definitiva...
Son d'accordo anche con Apeiron che, coloro che supevisionarono quelle raccolte così "cariche" di Dharma e di credenze popolari nello stesso tempo, essendo all'interno di quella cultura specifica, non agirono in mala fede. Se leggiamo i grandi commentatori buddhisti ( da Nagarjuna a Buddhagosa, Chandrakirti, ecc.) non ritroviamo però tutti quegli elementi mitologici. Questo perché i commentari erano rivolti allo studio da parte dei monaci stessi e non erano testi di divulgazione alle masse. Poi, mettiamoci pure che il sangha dipendeva dall'offerta di cibo dei laici...non so se mi spiego...un pò presumo "bisognava" concedere ... ;) 
Il buddhismo, per secoli, è stato per l'orientale medio, semplicemente accumulazione di meriti in vista di un karma "felice" ( rinascita favorevole). Credo che teorie come l'anatta o la paticcasammupada fossero indigeste anche a loro... :) 
E' un problema comune a tutti i testi sacri di ogni religione, quello dell'interpretazione. Basti pensare al significato da dare al termine jihad nell'Islam...
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Apeiron

#71
Pratītyasamutpāda e anatta sono due "concetti" che il nostro intelletto comprende solo in parte, altrimenti se davvero fosse così probabilmente qui dentro, stando alle suttas e alle sutras saremmo tutti per lo meno "sotapanna" (ossia "salvati", destinati al NIrvana). Lo stesso "nirvana" proprio perchè "anatta" e "pratityasamutpada" non sono comprensibili completamente trascende la nostra comprensione. Sul fatto che essi siano il fulcro della "filosofia" budd(h)ista (Phil in italiano sia Buddha che Budda vanno bene  ;D ) sono d'accordo e infatti ritengo Buddha, Sariputta/Sariputra "storico", Nagarjuna, Buddhaghosa, i fratelli Ansanga & Vasubandhu (e il nostro Sariputra  ;D ) tutti filosofi. Ma "filosofo" è una caratterizzazione incompleta. E spiego subito il motivo: il filosofo è colui che usa il logos per tentare di "farsi strada" ("mappare il territorio"  ;D ) nella realtà. Ma ogni filosofo nella filosofia deve essere discusso, criticato ecc si deve cercare anche di confutarlo. E così Buddha rifiutò le filosofie a lui precedenti, arrivando addirittura a definirle "perniciose", "folli", "errate", "stupide" (Aristotele di certo non usa tali termini per descrivere il suo maestro Platone anche se non è d'accordo). Il "puro" filosofo è - secondo me - rappresentato da Socrate, ossia colui che mette tutto in discussione... ovviamente anche Socrate però ha il suo numero di "oracoli" e "daimon" che dubito possano essere pensati come genuina espressione del logos. Spero però di essermi fatto capire: nella filosofia si deve essere pronti a mettere in discussione TUTTO. Poi ovviamente anche i filosofi finiscono per fare le loro teorie, ma i successivi filosofi sono pronti a smontarle, correggerle ecc (se ci trovano errori, cose non chiare...).

Il Buddhismo è una filosofia? Leggo: "il tathagatha... non è destinato a future "nascite". Il tathagatha è profondo, senza confini, difficile da comprendere, come il mare.", "questo Dhamma che ho scoperto è difficile da vedere, difficile da comprendere, profondo, pacifico, eccellente, oltre ogni ragionamento, sottile e comprensibile dal saggio." ecc. Il Dhamma è l'Assoluto del Buddha (quello che d'altronde ha cercato fino alla notte (o alba?) del Risveglio) e la distinzione tra "ciò che è conforme al Dhamma" e "ciò che non è conforme al Dhamma" in ultima analisi lo si può solo vedere dalle parole del Buddha come ci sono tramandate dai suttas e dai sutras. Che non ci siano reami di rinascita permanenti è un atto di fede così come è un atto di fede che nessun "ente" sia eterno. Ma su cosa si basa la nostra fede, visto che almeno io non ho raggiunto il Nirvana? Sull'infallibilità del Buddha (e siamo a due assoluti). Nessuno lo ha mai dimostrato, nessuno. Quindi il buddismo è una religione sia per i "laici" sia per i "monaci". Il buddismo è una religione e una filosofia così come però il daoismo (per esempio) è una religione e una filosofia, così come è l'induismo ecc. Perchè io quando leggo "vi è monaci quella dimensione che non è... (riferito al Nirvana)" tendo a dire che il (Pari)Nirvana non è il Nulla/Oblio (ossia una semplice "privazione" della "zavorra") come sostengono alcuni? è la mia filosofia, il mio approccio alla realtà che mi suggeriscono che il Bene più Alto, il Massimo Valore ecc sia qualcosa di ineffabile e trascendente (cosa su cui penso che lui sarebbe d'accordo)e ciò condiziona la mia lettura (perchè allo stesso modo ritengo che l'oro puro è quello a cui si sono tolte le impurità, ma tolte le impurità rimango col mio oro in mano, non con niente...).  La mia formazione, i miei ragionamenti e l'idea che mi sono fatto della vita e del mondo non mi permettono di accettare una simile interpretazione del Nirvana. Ma visto che il Buddha non è qua a parlare, temo che non ne potremo mai essere sicuri. Perchè non credo che sia possibile dall'analisi testuale e dal confronto tra le attuali scuole stabilire cosa ha insegnato l'uomo Siddharta Gotama.

Ma sinceramente io dubito che ci sia stato un uomo davvero libero da ogni "impurità": che differenza ci sarebbe tra questo uomo e un dio (ok non ditemi che il dio è "eterno")? Pitagora diceva che lui non era "sofista" (ossia un saggio perchè solo gli dei sono saggi/perfetti ecc) ma un "filosofo", amante della saggezza. Il Buddha invece è il saggio - questa è la differenza tra religione e filosofia. Ciò non toglie che il buddismo sia una miniera di saggezza, che il Buddha sia un grande filosofo e che il buddismo potrebbe essere vero.

E qui torniamo alla questione mitica. Togliamo il buddismo di ogni cosa che "non ci quadra" con la nostra mentalità "scientifica"/critica: non ci sono rinascite, non ci sono cicli cosmici, non ci sono devas, non ci sono inferni, il Buddha non aveva una mente qualitativamente diversa dalla nostra e chi ha scritto di queste cose magari era in preda al delirio o voleva "ammaestrare" le genti. Bene rimane un "sano" simil-epicureismo in cui alla morte si muore ecc. Questo non è buddismo. Ora rimettiamoci le rinascite ma togliamo tutto il trascendente: PariNirvana=Nulla, ossia il buddhismo diventa un invito all'eutanasia, il Buddha era un saggio che si è liberato. Ora facciamo come i buddisti e... magia: il Buddha è "il Perfetto" e il Dhamma è vero in ultima analisi per fede nel Buddha (per averne una conferma devi arrivare almeno al Sotapanna, prima è fede così come nella Caverna di Platone per tutti coloro che non sono andati fuori, il fatto che il Sole ci sia o meno è questione di fede...).Ok oggi però siamo scientifici e non crediamo che un tempo l'uomo viveva molto più di oggi, non crediamo che al concepimento del Buddha ci sia stato un terremoto ecc. Che farsene di questi testi? 1) crederci per "sola scriptura" 2) crederci o meno dopo aver fatto uno studio "delle scritture" con le nostre menti "fallibili" che ci ha permesso di trovare il "vero insegnamento del Buddha", 3) avere "fede" nel Buddha e trattare questi "spezzoni" in modo analogo a quanto si fa col metodo storico-critico della Bibbia ossia si studia il testo, 4) cercare di interpretare il testo non avendo più la "schivitù" della intepretazione letterale ma essere ancora "fedeli", 5) intepretare il testo e trattarlo "da filosofi", 6) chiudere le suttas perchè sono contrarie alla scienza. Ci sono vari metodi ma quello che preferisco è pensare che anche questi spezzoni abbiano un significato ben maggiore dell'"adattamento" al popolino o di un mero invogliamento a praticare. Voglio pensare che dietro a queste che sono assurdità se interpretate letteralmente, in realtà ci sia un significato superiore, nascosto. Ebbene questo "significato" è proprio quello che (con altissima probabilità) ci sfugge se non viviamo nello stesso "mito di base" dell'indiano di 2500 anni fa. E il Buddha a quanto sembra non ha abbandonato la "zattera" del mito delle rinascite visto che in ogni discorso suo appare. E nemmeno il mito delle rinascite viene abbandonato per primo, visto che solo l'Arhat è libero da esse.

Perchè ho "tirato in ballo" Amitaba e i buddha cosmici? Semplice: ritengo più plausibile un Buddha "cosmico" di un Buddha in carne ed ossa perchè una mente perfetta non mi sembra possibile nell'umanità. E perchè questo probaiblmente risultò più plausibile anche ai pensatori di alcune scuole Mahayana che hanno "introdotto" quelle figure.
"[C]hi non pensa di trovarsi nell'indigenza non può desiderare quello di cui non pensa di aver bisogno" (Diotima - Simposio, Platone)

Carlo Pierini

#72
Citazione di: Apeiron il 18 Settembre 2017, 22:31:37 PM
Lo stesso "nirvana" proprio perchè "anatta" e "pratityasamutpada" non sono comprensibili completamente trascende la nostra comprensione.

"Nirvandva" significa "libero dagli opposti", cioè indica quello stato "tertium-Uno" nel quale gli opposti sono trascesi in quanto unificati.
http://3.bp.blogspot.com/-M-_lJ_424dg/TfR9NN8IxAI/AAAAAAAAACE/ZF5q_l3lzBs/s1600/Bosohli%2C+sec.+XVIII.jpg.

http://3.bp.blogspot.com/-KmJSU5w8FqA/TfR9YePtJNI/AAAAAAAAACQ/REeLN-S-DnY/s1600/ThreefoldFlam.jpg

Sariputra

@ Apeiron
Hai toccato tanti punti che però mi portano a considerare  il tuo come un tentativo di dare un'impronta "eternalistica" alla figura del Buddha. Siddhartha Gautama, il Buddha storico, è realmente esistito, i vari stupas con reliquie fatti edificare dall'imperatore Asoka ce ne danno testimonianza. Ed è un uomo che è morto . Morto pare a causa di un'intossicazione alimentare. Niente di particolare. Una fine che poteva capitare a chiunque in quell'epoca. Quest'uomo, dopo aver praticato una terribile ascesi e seguito per anni vari asceti famosi del tempo, raggiunge un'"illuminazione", un'intuizione profonda delle cause che portano sofferenza  e che costringono a far rinascere continuamente questa sofferenza, in questa e in successive forme d'esistenza, che si generano dall'attaccamento illusorio  ai fenomeni condizionati e alla sconsiderata assunzione dell'io personale come entità reale, duratura e permanente. La ri-nascita nel buddhismo non può essere intesa come un mito. essa è considerata terribilmente reale, ancorchè priva di esistenza intrinseca, ma che viene continuamente in essere per il nostro continuo ri-afferrarsi alle cause che la generano. 
Se pensiamo al Buddha, raffigurato seduto sotto un albero, che più tardi sarà chiamato albero della Bodhi (illuminazione), non possiamo non vederlo come un essere umano storico. Nei commentari si sottolinea questa umanità proprio per esaltare la figura dell'uomo Siddhartha. Infatti non ci sarebbe nulla di prodigioso nell'Illuminazione se fosse stato un dio. Dio o gli dèi, nelle religioni teiste, possono fare qualunque cosa con facilità . In effetti , a parer mio, una delle cose più belle riguardo al Buddha è proprio il fatto che egli sia nato, sia cresciuto e abbia raggiunto la conoscenza/saggezza attraverso i suoi sforzi come uomo , mostrandoci qual' è questa possibilità per tutti noi. Quindi diventa per noi una fonte di ispirazione che egli abbia indicato la via per giungere a questa comprensione/liberazione, se siamo disposti a compiere lo sforzo necessario ( il che non è facile ovviamente...). Gli insegnamenti buddhisti posteriori hanno perso , secondo me, questo sapore senza uguali dando rilievo all'aspetto meraviglioso,e costruendo su di esso una specie di teologia in cui il Buddha viene "divinizzato". Penso che lo stesso Siddhartha avrebbe condannato queste speculazioni.
Le opinioni e le speculazioni fanno parte delle orde di Mara ( lett. "Il distruttore") che indicano le contaminazioni. Nei templi vengono raffigurate tutte intorno al Buddha , mentre siede ai piedi dell'albero della Bodhi. Questa è una esteriorizzazione dell'ultima battaglia interiore che poi sfociò nell'Illuminazione. Questa "illuminazione" non viene concessa a Siddhartha da qualche entità superiore, ma fu il risultato dei suoi stessi sforzi. Infatti viene chiamata sambodhi, che vuol dire "illuminazione da se stessi". Però questo non sminuisce la figura del Buddha, che anzi dai buddhisti è molto più meritevole di riverenza rispetto a qualsiasi Dio, proprio perchè il suo è un conseguimento da essere umano che indica agli altri la via per fare altrettanto.
L'Illuminazione è stata descritta dal Buddha in molti modi diversi, come quando negò di possedere l'onniscienza, ossia di conoscere tutto in una sola volta, ma affermò che qualunque cosa verso cui si volga la mente illuminata può essere conosciuta. La "saggezza infinita" può essere intesa in questo modo: che tutto poteva essere conosciuto da Siddhartha, ma una parte di quella conoscenza era inutile ai fini pratici che il Dhamma si proponeva. L'Illuminazione veniva spesso descritta nei termini delle Tre Conoscenze:
-delle vite passate
-del kamma e dei suoi risultati
-dell'estinzione delle contaminazioni (asava) che sono il livello più profondo di "distorsione" nella mente.
Per un buddhista il termine "Supremo nell'universo" significa, per es., che non si può trovare in qualsiasi altro mondo un Maestro più grande del Buddha. Possono esserci altri risvegliati, altri Buddha pari a...ma non superiori. Perché il "livello" più alto di maestria è quello di aver sottomesso la brama, l'avversione e l'illusione come li aveva sottomessi Siddhartha.
La domanda che viene rivolta ad un buddhista: "Quindi tu prendi rifugio in un maestro morto più di 2.500 anni fa?" trova la sua risposta nella pratica. Più si pratica il Dhamma, l'insegnamento  di Siddhartha, più il Buddha viene trovato nel proprio cuore. Se nel cuore vengono sviluppati virtù, meditazione e saggezza (sila,samadhi, prajna), in quel preciso punto vi è il Buddha. Infatti la ha ben detto:
"Chi vede il Dhamma, vede me; chi vede me vede il Dhamma. Quindi è sempre nell'esperienza diretta che si consolida, prende forma questo "rifugio". :)
Sulla strada del bosco
Una ragazza in lacrime
Trattiene rondini nei capelli.

Carlo Pierini

Citazione di: Sariputra il 19 Settembre 2017, 00:06:50 AM
"Chi vede il Dhamma, vede me; chi vede me vede il Dhamma. Quindi è sempre nell'esperienza diretta che si consolida, prende forma questo "rifugio". :)

"Chi vede me, vede il Padre che mi ha mandato. Chi crede in me crede nel Padre". (Giovanni 12:47)