Bene assoluto o dicotomico?

Aperto da NiMo, 22 Dicembre 2019, 14:53:56 PM

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NiMo

Sulla Verità Subordinante

Descrivere un idea significa chiudere in una specifica oggettivazione la vastità dell'appartenenza alla propria generalità, o indeterminazione della fonte concettuale. L'idea infatti si esprime, ma non è chiudibile in una sua qualsivoglia estrinsecazione. Dispiegare un'idea è come esteriorizzare una fede (pregare), analizzare un'idea è come postulare i dogmi di una religione. Per tale motivo i cardini di un macrocosmo possono essere solo indeterminati e coesistenti, determinanti ramificazioni modali o di specie, ed intuibili attraverso pensieri sintetici e non analitici. La logica appartiene al fenomeno, l'unificazione delle parti alla metafisica.

L'aderenza della verità alla realtà è un fattore determinato dal dispiegamento di un ente universale (macrocosmo) in differenti estrinsecazioni particolari (microcosmi). Dal punto di vista universale la realtà è l'esistenza della verità; dal punto di vista del frammento la verità è l'esistenza della realtà. Questo è vero se per verità è individuata la legge statica che afferma la sussistenza della realtà. Radicalmente attribuita alla realtà è la condivisibilità delle esperienze dei diversi microcosmi, non tenendo conto che per il particolare differenti verità subordinanti implicano diverse esistenze. Un microcosmo si dice tale quando scinde se stesso dalle infinite leggi che lo permeano, come nella putativa analisi tra una pietra e la montagna a cui appartiene. Come per il macrocosmo, la realtà del microcosmo è una ramificazione di relazioni, tendente alla moltiplicità subitanea e/o dispiegata dei rapporti identificati in specificità estrinsecate o in generalità. L'inerzia di una struttura reale è detta vera quando è aderente alla sovrapposizione della legge subordinante ed il fenomeno attiguo, ed è detta propria del microcosmo quando il fenomeno è riflesso nell'identità estrinsecata ed incidentata.

L'essenza del rapporto cosciente dell'immediatezza è emanata dal continuo presentarsi di forme, declinate secondo la partecipazione dell'essere in estrinsecazione.
Se ad esempio, come principio cardine di verità reale della realtà dell'esistere stipulante l'infinita fenomenologia in ogni sua declinazione, esattamente come l'effettivo prevede in se l'armonia della sussistenza della possibilità in estrinsecazione, in quanto l'esistenza stessa, della sussistenza della possibilità del movimento dell'infinito e delle sue particolarità, è bene, sia posto il bene come ramificante delle relazioni ottimali – o giuste - delle relazioni, il bene sarebbe un attuarsi continuo di se stesso, un movimento proprio cardine di infinità, come del resto lo sarebbe il relativo mutamento postulato ed essenziale del bene di ogni microcosmo, questo inteso come relazione delle relazioni contingenti all'incidenza di tale gruppo relazionale.

(1) Sul Macrocosmo e suoi microcosmi

Il Bene dell'Essere è l'esserci dell'Essere. Prima possibilità di frammentazione di questo macrocosmo è l'assenza, la possibilità dell'esser assenti dell'esserci dell'Essere, dunque la presenza dell'Essere declinata come essere assente, è l'esserci dell'essere assente: tale è la presenza dell'esserci dell'Essere nell'esserci dell'assenza. L'esserci dell'Essere oggettivatesi assente condivide dunque la costante iniziale del Bene, in quanto bene dell'essere assente è l'esserci dell'essere assente.
L'esserci del Bene è dunque la sussistenza dell'esistenza dell'Essere, nell'esserci della presenza e dell'assenza. Questo binomio dell'esserci dell'Essere compresente come presente ed assente porta alla distinzione dell'Essere in differenti manifestazioni peculiari di se stesso descritte in rapporto della specificità, o ramificazione, bilanciata dall'esserci dell'Essere, manifesto in presenza ed assenza.
L'essere particolare è quindi descritto dall'esserci dell'Essere nella propria presenza oggettivante, in tendenziale manifestazione, questa relativizzata dal divenire dell'unità specifica del momento-durata relativo alle proprie relazioni.
Il Bene dell'essere particolare è dunque l'esserci dell'Essere ramificante e ramificato in microcosmo, qual tende alla propria presenza nelle relazioni che lo pervadono nel momento-durata. L'essere del microcosmo è l'esserci della presenza dell'Essere e della sua assenza nella successione del particolare, descritta dall'esserci dell'Essere in partecipazione dell'esserci dell'assenza e della presenza, ovvero nelle proprie estrinsecazioni.
Nel momento in cui l'esserci del Bene sia l'essere del microcosmo, in quanto il Bene è sussistenza dell'esistenza dell'Essere, ogni relazione del suo estrinsecato condivide l'esserci della sussistenza dei propri frazionati in tendenziale unità delle relazioni ottimali specifiche del loro campo d'incidenza. Queste relatività dell'unità discerne l'incidenza relativa al proprio ambito di relazioni. Il non incidente ed il non incidentato restano come altro nella sintesi, attuato nel momento-durata, quest'ultimo oggettivato nella manifestazione specifica, la quale trova soluzione nel bene, o presenza in sè, attuata nel relativo per sè.
Nel momento in cui due microcosmi in relazione non si riconoscano come unico microcosmo, la relazione tra i due segue le stesse dinamiche della presenza e dell'assenza dell'esserci dell'Essere, ovvero si stabilisce quali frazioni dei due microcosmi entrino fenomenologicamente in relazione, questa relativa alla presenza del bene specifico del momento-durata dell'estrinsecazione del Bene nel microcosmo della relazione in tendenziale presenza dei microcosmi nella loro relazione parziale o unitaria, sempre a seconda della tendenziale relazione ottimale.
Tale bene specifico sarà condivisione delle relazioni incidenti di un microcosmo e delle assenze reciproche descritte dall'esistenza dell'assenza biunivoca del non partecipato in azione gravitazionale.



(2) Sul Macrocosmo e suoi microcosmi

Il Bene (o sussistenza) del Sistema dei corpi è il relativo corpo unitario ed immanente. Prima possibilità di frammentazione di questo macrocosmo è l'assenza del sopragruppo unitario, la possibilità della relativa immanenza del sistema dei corpi come corpo tendenzialmente frammentato, dunque la presenza del corpo unitario immanente declinata come assente, è il sistema dei corpi frammentari sintetizzati in quanto scissioni specifiche delle ramificazioni particolari: l'esserci del corpo unitario ed immanente nella propria tendenziale frammentazione è presente nel suddetto sistema ramificato, ovvero nelle particolarità distinte in cui il sistema si estrinseca in modo tendenziale, in quanto ogni frammento è un successivo sotto e sopragruppo unitario. L'essere corpo frammentario e sintetico del sistema dei corpi oggettivatesi come corpi specifici relativi condivide dunque la costante iniziale della sussistenza del corpo generico sistematizzato, poichè il sussistere del Sistema dei corpi è la sua immanenza in quanto relativo corpo unitario.
L'esserci del sistema dei corpi è dunque sussistenza biunivoca dell'esistenza del corpo unitario e del suo apparato, sistema ramificato e corpo sovrapposto, in questo esserci della sua presenza – macrocosmo - e della sua frammentazione – microcosmo, o oggettivazione della specificità - declinata come relatività dell'oggettivazione immanente. Questo binomio dell'esserci nell'immanenza compresente come corpo relativo e/del sistema dei corpi estrinsecati porta alla distinzione del corpo in differenti manifestazioni peculiari di se stesso descritte in rapporto della specificità immanente, bilanciata dall'essere del sistema dei corpi, manifesto in corpo unico, universale o particolare.
Il sistema relativo al corpo particolare è quindi descritto dalla sussistenza del Corpo nella propria presenza oggettivante, in tendenziale manifestazione, questa relativizzata dal divenire della sintesi specifica del dispiegamento relativo alle proprie relazioni condizionate e condizionanti.
L'essere del corpo specifico è dunque la sussistenza del sistema dei corpi ramificante e ramificato in corpo relativo unitario, qual tende alla propria presenza nelle relazioni che lo pervadono. L'essere del corpo relativo è l'essere della presenza del sistema dei corpi e della sua assenza nella successione del particolare, descritta dalla sussistenza del Corpo come relazione dell'assenza e della presenza del gruppo relazionale, ovvero nelle proprie relative estrinsecazioni analitiche e sintetiche.
Nel momento in cui l'esserci del corpo unitario sia l'essere del microcosmo, o specificità estrinsecata, in quanto il corpo unitario è sussistenza dell'esistenza del sistema dei corpi, ogni relazione del suo estrinsecato condivide la sussistenza della presenza dei propri frazionati in tendenziale unità nell'insieme o sottoinsieme delle relazioni ottimali (o sussistenze che non negano sussistenze – che non negano sussistenze) specifiche del loro campo d'incidenza. Si attua dunque l'inversione tra frammento e sopragruppo sintetico (microcosmo come macrocosmo), in quanto entrambi sintesi unificatrici centrate nello sviluppo della tendenziale successione analitica tra sistemi di insiemi e sottoinsiemi tesi tra gli estremi di universalità e particolarità. La dimostrazione per la quale il particolare si rende universale è implicita nella tendenzialità analitica protesa verso l'infinito dell'oggettivazione dal corpo sintetico relativo al sistema degli accorpamenti del particolare: vi è sempre un particolare più netto ed un universale più vasto, tanto che è l'oggettivazione a determinarne i limiti.
Questa relatività dell'unità discerne l'incidenza relativa al proprio ambito di relazioni. Il non oggettivante ed il non oggettivato restano come altro dalla sintesi, questa determinata nel macrocosmo o nella manifestazione particolare, la quale trova soluzione nel bene, o sussistenza in sè, attuata nel relativo per sé, o inerzia della specificità.
Nel momento in cui due corpi particolari, o microcosmi, posti in relazione non si riconoscano come unico sistema, la relazione tra i due segue le stesse dinamiche della presenza e della frammentazione del corpo unitario, ovvero si stabilisce quali ramificazioni dei due microcosmi siano sintetizzate come corpo sintetico o frammento estrinsecato, questo relativamente alla presenza della sussistenza del particolare nell'estrinsecazione della sussistenza del corpo unitario nel microcosmo della relazione, in tendenziale presenza dei frazionati nella loro relazione unificatrice o scissa, sempre a seconda della tendenziale relazione ottimale, o di sussistenza d'identità specifica.
Tale sussistenza dello specifico sarà condivisione delle relazioni incidenti di un microcosmo e delle assenze reciproche descritte dall'esistenza dell'assenza biunivoca del non partecipato in azione gravitazionale.

Commento:
Il corpo relativo ha il ruolo di intermediario tra il sistema dei corpi ed il suo protendersi verso specifiche particolarità o generiche universalità, così da rendersi plausibile all'atto della riflessione il quale altrimenti resterebbe sospeso nell'indeterminazione del corpo oggettivante (il sistema dei corpi stesso). La qualità della riflessione è data dal rapporto tra la generalità, o macrocosmo, e la specificità, o microcosmo, i quali sono distinti come i versi di una retta, l'uno diretto verso il particellare, l'altro verso l'agglomerato indistinto: possibilità di emersione del corpo relativo è la sua solidità in quanto oggettivazione estrapolata dall'indeterminato, valida come distribuzione tra l'analisi direzionata verso il frammento e la sintesi protesa verso stadi planari di qualità tendenti all'universalità.


(3) Sul Macrocosmo e suoi microcosmi

Il Bene (o realtà) del divenire è l'esserci dell'immobilità legislatrice (o verità) delle leggi fisse che sorreggono il movimento. Prima possibilità di frammentazione di questo macrocosmo è la duttilità dell'ente immobile, la possibilità d'esser diveniente delle leggi sostanziali al divenire, dunque la presenza dell'immobile declinata come diveniente, è l'immobilità della legge del divenire in quanto diveniente: tale è la presenza dell'immobilità del divenire nelle leggi divenienti. L'esserci dell'immobile oggettivatesi diveniente condivide dunque la costante reale iniziale, in quanto realtà del diveniente è la legge immobile che permette a quest'ultimo di divenire: in altre parole, "il divenire diviene" è la legge immobile del diveniente.
L'esserci dell'immobilità è dunque la sussistenza dell'esistenza del divenire, nell'esserci delle leggi statiche e divenienti. Questo binomio del divenire compresente come statico e diveniente porta alla distribuzione del medesimo in differenti manifestazioni peculiari di se stesso descritte in rapporto alla subordinazione bilanciata dall'oggettivazione del divenire, manifesto in ente immobile e ente diveniente.
L'ente diveniente è quindi descritto dalla realtà del divenire nella propria presenza oggettivante, in tendenziale manifestazione, questa sorretta dall'immobilità, nell'unità delle proprie leggi statiche e mutevoli.
La legge del diveniente è dunque l'esserci dell'immobilità del divenire ramificante e ramificato in movimenti, quali tendono alla propria duttilità nelle condizioni che presentano il piano del diveniente come sorretto dalla sua subordinazione all'immobilità della legge che ne è causa, o alla duttilità delle leggi che ne sono l'effetto biunivocamente concomitante: le leggi mobili sono infatti sorrette dall'immobilità della legge referente e descritte dai fenomeni che ne sono l'effettualità.
L'essere del movimento è l'esserci del divenire e della sua legge immobile nella successione del diveniente, descritta dall'immobilità in partecipazione dei suoi subordinati, ovvero nelle proprie estrinsecazioni divenienti.
Nel momento in cui la legge immobile fosse medesima legge diveniente, in quanto l'immobile è sussistenza dell'esistenza del divenire, ogni relazione del suo estrinsecato condividerebbe la sussistenza dei propri movimenti in tendenziale unità delle leggi relazionali ottimali specifiche del loro campo d'incidenza, ovvero la sussistenza reciproca tra legge e applicazione della medesima. Queste relatività dell'unità tra diveniente e immobilità discerne l'incidenza relativa al proprio ambito di relazioni: il non incidente ed il non incidentato restano come altro nella sintesi, attuato nell'attimo coadiuvato, quest'ultimo oggettivato nella manifestazione specifica, la quale trova soluzione nel divenire reale, o presenza in sé immobile, attuata nel relativo per sé, o movimento particolare.
Nel momento in cui l'immobilità e il diveniente in relazione non si riconoscano come unica legge, la relazione tra i due segue le dinamiche della presenza e dell'assenza della subordinazione, ovvero si stabilisce quali frazioni dei due enti entrino in relazione, questo relativamente alla presenza dell'immobilità nel sottogruppo dell'estrinsecazione del diveniente nel microcosmo della relazione in tendenziale presenza delle leggi e dei moti, sempre a seconda della tendenziale relazione di coesistenza delle proprie sussistenze.
Tale sussistenza specifica sarà condivisione delle relazioni incidenti - tra un microcosmo (movimento e leggi divenienti) e il macrocosmo (legge immobile) - e delle assenze reciproche descritte dall'esistenza dell'assenza biunivoca del non partecipato in azione subordinata e/o subordinante.


Questi tre paragrafi offrono un'impronta al sistema deduttivo della dicotomia descritta come unione delle due parti in una sintesi che veda la tesi non opposta all'antitesi, ma gia comprendente il proprio presunto opposto. L'articolazione di successive dicotomie è solo un'applicazione metodica dello schema proposto sopracitato. La doppia tesi che vede coadiuvatesi le idee manifestanti l'indeterminato ed il Bene sono oggettivazione desunta dall'assoluta possibilità (indeterminazione) e dall'assoluta sussistenza delle parti possibili (il Bene). La terzina proposta nel sistema dei corpi (paragrafo 2), ovvero sussistenza che non nega sussistenza - che non nega sussistenza, è il sunto del sistema del macrocosmo dell'esserci dell'essere. Il Bene è infatti ciò che permette libertà (possibilità) li dove non venga negata libertà, ovvero (paragrafo 3) stabilità li dove non venga negata stabilità; il concetto sta a fondamento delle proprie manifestazioni, le quali prendono valore sia dall'applicazione specifica, sia dalla fonte (meglio, sistema generalizzato) da cui emergono.
Le parti sollecitate alla relazione sono così determinate dalla loro reciproca posizione ottimale, questa determinata dal confarsi della relazione alla sussistenza degli enti stessi, sia in quanto entità scisse, sia come ramificazioni di un macrocosmo, sia in quanto appartenenti al microcosmo della relazione.

Ipazia

Citazione di: Ludwig Wittgenstein - Tractatus Logicus-Philosophicus-5.4541
Le risoluzioni dei problemi logici devono essere semplici, poiché sono esse a porre il canone della semplicità. Gli uomini hanno sempre intuito che vi debba essere un campo di questioni le cui risposte - a priori - siano simmetriche e unite in una conformazione conclusa, regolare. Un campo ove valga la proposizione: Simplex sigillum veri.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

viator

#2
Salve NiMo. Citandoti parzialmente : "Il Bene dell'Essere è l'esserci dell'Essere. Prima possibilità di frammentazione di questo macrocosmo è l'assenza, la possibilità dell'esser assenti dell'esserci dell'Essere, dunque la presenza dell'Essere declinata come essere assente, è l'esserci dell'essere assente: tale è la presenza dell'esserci dell'Essere nell'esserci dell'assenza. L'esserci dell'Essere oggettivatesi assente condivide dunque la costante iniziale del Bene, in quanto bene dell'essere assente è l'esserci dell'essere assente".
Forse (ma non oso sperarlo) tu ci stai chiedendo se a parer nostro il concetto di bene (mia infantile definizione : "tutto ciò che soddisfa una necessità di ordine naturale oppure permette di evadere in modo innocuo una facoltà individuale") risulti assolutizzabile o rimanga comunque sempre relativo.

Sull'argomento ci siamo espressi in diversi all'interno di questo forum (vedere nostri archivi).

Dopo che ci avrai precisato che il quesito era quello soprastante, seguiranno (penso) eventuali ulteriori nostri punti di vista.

Ti dico ciò non perchè io sia autorizzato ad esprimere umori, volontà ed interpretazioni degli altri Iscritti ma solo perchè azzardo che il mancato chiarimento della tematica da te proposta (se ne stai proponendo una) produrrà una rapida e poco dolorosa morte degli interventi altrui dedicati al tuo scritto.

(Perdona l'intrusione nei tuoi fatti personali ma............non è che tu scriva in questi modi perchè stai esercitandoti per superare la prova scritta di lingua italiana prevista per gli stranieri che hanno fatto domanda di cittadinanza ?). Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

paul11

ciao NiMo

Ciò che è ontologico e quindi segue la verità incontrovertibile, il luogo del Bene e dell'Essere, sono immutabili, eterni e in quanto tali non soggetti ad opinioni.
La relazione fra eterno e divenire è gnoseologica, è conoscenza. Essendo il divenire il luogo delle apparenze dei fenomeni naturali/fisici e dove l'esser-ci esiste, proprio perché apparenza dei corpi è negativo rispetto all'ontologia dell'Essere come verità incontrovertibile. Per cui necessariamente l'Essere nel divenire rispetto all' esser-ci, è nascondimento in quanto l'esser-ci essendo esistenza diveniente ed esperienziale soggetta al divenire è a sua volta negazione dell'Essere.
In parole povere significa che la nostra vita è nell'ignoranza (non sapere), per questo la conoscenza è svelamento se accetta che l'origine sia Essere, Bene e Verità, soggetta alle leggi divenienti. Ma essendo il divenire sottoposto alle regole eterne, si presenta come negazione in quanto divenitene rispetto all'Essere. L'esperienza dell' esser-ci non è nella soggettivazione e oggettivazione e quindi separazione nel dominio del divenire, è molto più sfumato il confine relazionale fra noi e il mondo.
Se così non fosse la conoscenza non avrebbe modo di esistere, le apparenze fenomeniche fisico/naturali sarebbero sempre e solo negazione, e l'Essere sarebbe inaccessibile.
Lo svelamento dell'Essere immutabile, avviene da parte dell'esser-ci diveniente, nel momento in cui la forma delle apparenze dei fenomeni divenienti, a loro volta sottoposte alla regola generale che l'Essere è e dichiara in quanto esistenze divenienti e quindi esperienziali esistenti, diventano prima conoscenza e poi sapere. La stessa scienza moderna, che crede nelle leggi fisico e naturali e ritiene nel divenire il luogo di una verità che non può che essere diveniente come storia e in quanto tale falsificabile e quindi relativa e opinabile, deve epistemologicamente a sua volta trovare le forme nel dominio naturale per costruire leggi, assiomi. La legge fisica è una forma che traduce il passaggio dal fenomeno nel pensiero, ma non è essenza dell'Essere, in quanto il dominio diveniente e se la verità è dimostrazione nel sensibile, ecco apparire le leggi come i fenomeni, nascono e muiono in contraddizione con l'Essere, con il Bene con la verità incontrovertibile.

Quindi il divenire offre la possibilità gnoseologica filosofica ed epistemologica diveniente, all'esser-ci. La differenza è che la meta-fisica crede necessariamente all'Essere come ente immutabile originario, invece la scienza crede al sensibile delle apparenze divenienti che comunque categorizza in sotto insiemi, classifica.
Muta il luogo della verità, poiché la scienza crede nel divenire e non all'eterno immutabile.

Ma perché necessariamente deve sussistere il dominio del divenire se già è il dominio dell'eterno immutabile dell'Essere, se già è verità?
Perchè devono apparire nel divenire i negativi del Bene vale a dire il Male, dell'Essere vale a dire il non- Essere? E così via.....?
Il nostro esistere, essendo esser-ci nel divenire, è esperienza pre-posta alla conoscenza nella vita fisica. Sono senso e significati delle forme anche nel divenire che possono svelare l' Essere e quando l'esser-ci vi riesce ,in quel momento diventa positivo in quanto correttamente relazionato all'Essere, per quanto continui a sussistere la negazione dell' esser-ci come divenire.
Il Bene nel divenire sta in questa corretta lettura armonica della forma che rompe i domini relazionando l'eterno e il divenire, divenendo immanente verità incontrovertibile.
Se ciò non fosse, a sua volta, il pensiero umano dell'esser-ci non avrebbe mai potuto pensare all'Essere, al Bene, alla verità incontrovertibile.

viator

Salve Paul11. Grazie per il tuo intervento con il quale ci ha fatto comprendere, in termini "casarecci", ciò che è stato espresso da NiMo, cioè che questi stesse parlando di qualcosa mentre tu ci hai parlato di tutt'altro. Saluti.
Esiste una sola certezza : non esiste alcuna certezza.

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